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Document 62004CC0341

    Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 27 settembre 2005.
    Eurofood IFSC Ltd.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supreme Court - Irlanda.
    Cooperazione giudiziaria in materia civile - Regolamento (CE) n. 1346/2000 - Procedure di insolvenza - Decisione di avvio della procedura - Centro degli interessi principali del debitore - Riconoscimento della procedura di insolvenza - Ordine pubblico.
    Causa C-341/04.

    Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-03813

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:579

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JACOBS

    Presentate il 27 settembre 2005 1(1)

    Causa C-341/04

    Eurofood IFSC Ltd






    1.     La presente causa, deferita dalla Supreme Court of Ireland, sorge dall’insolvenza del gruppo Parmalat. In particolare, concerne la questione se il regolamento relativo alle procedure di insolvenza (2) preveda che una controllata irlandese della holding italiana Parmalat SpA («Parmalat») debba essere messa in liquidazione in Irlanda o in Italia.

     Il regolamento relativo alle procedure di insolvenza

    2.     Il regolamento è succeduto alla Convenzione dell’Unione europea relativa alle procedure di insolvenza (la «Convenzione»), essa stessa culmine di oltre 25 anni di discussioni e trattative. La Convenzione non è mai entrata in vigore a causa della mancata firma da parte del Regno Unito entro il termine concordato del 23 maggio 1996 (3). Il testo del regolamento è, tuttavia, ai fini della presente causa, identico in tutti gli aspetti sostanziali a quello della Convenzione (4). In tali circostanze ritengo che la relazione esplicativa della Convenzione redatta dal Professor Virgós e dal Sig. Schmit (la «relazione Virgós-Schmit») (5) possa fornire un’utile guida nell’interpretazione del Regolamento (6).

    3.     Il regolamento è stato adottato sulla base degli artt. 61, lett. c, e 67, n. 1, CE, su iniziativa di Germania e Finlandia (7). Fondamentalmente, esso disciplina l’attribuzione della competenza giurisdizionale, la legge applicabile e il mutuo riconoscimento in materia di procedure di insolvenza ricadenti nel suo campo di applicazione, ossia le «procedure concorsuali fondate sull’insolvenza del debitore che comportano lo spossessamento parziale o totale del debitore stesso e la designazione di un curatore» (8). Il regolamento non contiene disposizioni concernenti i gruppi di società; ogni società soggetta ad una procedura di insolvenza è un «debitore» a titolo personale ai fini del regolamento (9).

    4.     Il ‘considerando’ 2 enuncia:

    «Per il buon funzionamento del mercato interno è necessario che le procedure di insolvenza transfrontaliera siano efficienti ed efficaci. L’adozione del presente regolamento è necessaria al raggiungimento di tale obiettivo».

    5.     Il ‘considerando’ 4 enuncia:

    «È necessario, per un buon funzionamento del mercato interno, dissuadere le parti dal trasferire i beni o i procedimenti giudiziari da uno Stato ad un altro al fine di ottenere una migliore situazione giuridica (“forum shopping”)».

    6.     La prima frase del ‘considerando’ 11 enuncia:

    «Il presente regolamento tiene conto del fatto che, in considerazione delle notevoli differenze fra i diritti sostanziali, non è realistico istituire un’unica procedura di insolvenza avente valore universale per tutta la Comunità».

    7.     Il ‘considerando’ 13 enuncia:

    «Per “centro degli interessi principali” si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi».

    8.     Il ‘considerando’ 16 enuncia:

    «Ai giudici competenti ad aprire una procedura principale di insolvenza dovrebbe essere consentito di imporre l’adozione di provvedimenti provvisori e conservativi sin dalla richiesta di apertura della procedura. (…) [U]n curatore provvisorio, designato anteriormente all’apertura della procedura principale di insolvenza negli Stati in cui si trova una dipendenza del creditore, in base al diritto di detto Stato, [dovrebbe poter] richiedere eventuali provvedimenti conservativi».

    9.     Il ‘considerando’ 22 enuncia:

    «Il presente regolamento dovrebbe prevedere l’immediato riconoscimento delle decisioni relative all’apertura, allo svolgimento e alla chiusura di una procedura di insolvenza che rientra nel suo ambito d’applicazione, nonché delle decisioni strettamente collegate con detta procedura d’insolvenza. Il riconoscimento automatico dovrebbe pertanto avere per conseguenza che gli effetti che il diritto dello Stato di apertura della procedura comporta per la stessa si estendono ai rimanenti Stati membri. Il riconoscimento delle decisioni pronunciate dai giudici degli Stati membri dovrebbe poggiare sul principio di fiducia reciproca. A tale riguardo i motivi del mancato riconoscimento dovrebbero essere ridotti al minimo necessario. Si dovrebbe risolvere secondo tale principio anche il conflitto che insorge quando i giudici di due Stati membri si ritengono competenti ad aprire una procedura principale di insolvenza. La decisione del giudice che apre per primo la procedura dovrebbe essere riconosciuta negli altri Stati membri, senza che questi ultimi abbiano la facoltà di sottoporre a valutazione la decisione del primo giudice».

    10.   Il ‘considerando’ 23 enuncia:

    «(…) Salvo disposizione contraria, dovrebbe applicarsi la legge dello Stato membro che ha aperto la procedura (lex concursus). (…) La lex concursus determina tutti gli effetti della procedura d’insolvenza, siano essi procedurali o sostanziali, sui soggetti e sui rapporti giuridici interessati. Essa disciplina tutte le condizioni di apertura, svolgimento e chiusura delle procedure d’insolvenza».

    11.   L’art. 1, n. 1, dispone:

    «Il presente regolamento si applica alle procedure concorsuali fondate sull’insolvenza del debitore che comportano lo spossessamento parziale o totale del debitore stesso e la designazione di un curatore».

    12.   L’art. 2 contiene le seguenti definizioni ai fini del regolamento:

    «a)      “Procedura di insolvenza”, le procedure concorsuali di cui all’articolo 1, paragrafo 1. L’elenco di tali procedure figura nell’allegato A;

    b)      “Curatore”, qualsiasi persona o organo la cui funzione è di amministrare o liquidare i beni dei quali il debitore è spossessato o di sorvegliare la gestione dei suoi affari. L’elenco di tali persone e organi figura nell’allegato C;

    (…)

    e)      “Decisione”, in relazione all’apertura di una procedura d’insolvenza o alla nomina di un curatore, la decisione di qualsiasi giudice competente a aprire tale procedura o a nominare un curatore;

    f)      “Momento in cui è aperta la procedura di insolvenza”, il momento in cui la decisione di apertura, sia essa definitiva o meno, comincia a produrre effetti».

    13.   L’allegato A include (sotto la voce «Irlanda») «Compulsory winding up by the court» (liquidazione coattiva ad opera del giudice). L’allegato C include (sotto la voce Irlanda) «Provisional liquidator» (curatore provvisorio) (10).

    14.   Per quanto qui interessa, l’art. 3 del regolamento prevede:

    «1.   Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria.

    2.     Se il centro degli interessi principali del debitore è situato nel territorio di uno Stato membro, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura di insolvenza nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro. Gli effetti di tale procedura sono limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio».

    15.   L’art. 3 comporta la distinzione tra due tipi di procedure di insolvenza. Quelle che ricadono nell’ambito dell’art. 3, n. 1, ossia quelle aperte dai giudici dello Stato membro dove è situato il centro degli interessi principali del debitore, sono generalmente indicate come «procedure principali [di insolvenza]». Quelle che ricadono nell’ambito dell’art. 3, n. 2, ossia quelle aperte dai giudici di un altro Stato membro dove il debitore possiede una dipendenza e limitate ai beni del debitore che si trovano in detto Stato, sono generalmente indicate come «procedure secondarie [di insolvenza]».

    16.   L’art. 4, n. 1, stabilisce la regola generale secondo cui «si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura (…)». L’art. 4, n. 2, precisa che la legge dello Stato di apertura «determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza».

    17.   L’art. 16, n. 1, dispone:

    «La decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro, competente in virtù dell’articolo 3, è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui la procedura è aperta».

    18.   L’art. 26 dispone:

    «Uno Stato membro può rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro o di eseguire una decisione presa nell’ambito di detta procedura, qualora il riconoscimento o l’esecuzione possano produrre effetti palesemente contrari all’ordine pubblico, in particolare ai principi fondament[al]i o ai diritti e alle libertà personali sanciti dalla costituzione».

    19.   L’art. 38 dispone:

    «Allorché, per garantire la conservazione dei beni del debitore, il giudice di uno Stato membro competente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, nomina un curatore provvisorio ai fini di garantire la conservazione dei beni del debitore, tale curatore provvisorio è legittimato a chiedere tutti i provvedimenti conservativi per i beni del debitore che si trovano in un altro Stato membro, previsti dalla legge di detto Stato, per il periodo che separa la richiesta dalla decisione di apertura di una procedura di insolvenza».

     Le disposizioni pertinenti della normativa irlandese

    20.   Ai sensi dell’art. 212 del Companies Act (legge sulle società) del 1963, la High Court è competente alla liquidazione di qualsiasi società

    21.   L’art. 215 di tale legge prevede che la richiesta al giudice di mettere in liquidazione una società sia effettuata per mezzo di una domanda presentata dalla società o da uno o più creditori.

    22.   L’art. 220 dispone quanto segue:

    «1.   Laddove, prima della presentazione di una domanda di liquidazione di una società ad opera del giudice, una decisione di liquidazione volontaria è stata adottata dalla società, si considera che la liquidazione inizi al momento dell’adozione della decisione e che tutte le misure prese nel corso della liquidazione volontaria siano state prese validamente, a meno che il giudice, in caso di dolo o colpa, ritenga opportuno disporre altrimenti.

    2.     In tutti gli altri casi, la liquidazione di una società ad opera del giudice inizia al momento della presentazione della domanda di liquidazione».

    23.   L’art. 226, n. 1, dispone che il giudice possa nominare provvisoriamente un curatore in qualsiasi momento dopo la presentazione di una domanda di liquidazione e prima della prima nomina dei curatori, che altrimenti, a norma dell’art. 225, è effettuata al momento della pronuncia dell’ordinanza di liquidazione. Ai sensi dell’art. 229, n. 1, un curatore provvisorio, una volta nominato, è obbligato a «prendere nella sua custodia o sotto il suo controllo tutti i beni e diritti che effettivamente possono farsi valere i quali appartengono alla società o di cui risulta essere titolare».

     Il contesto societario sottostante alla procedura di insolvenza

    24.   I seguenti fatti – e quelli riassunti nella sezione successiva – sono tratti dalla decisione di rinvio.

    25.   La Eurofood IFSC Ltd («Eurofood») è una società costituita e registrata in Irlanda. Essa è una società controllata, interamente di proprietà della Parmalat, una società registrata in Italia che operava attraverso filiali in più di trenta paesi in tutto il mondo. L’obiettivo principale della Eurofood era quello di procurare mezzi di finanziamento a società del gruppo Parmalat.

    26.   La sede statutaria della Eurofood è presso l’International Financial Services Centre («IFSC») a Dublino. L’IFSC venne istituito allo scopo di fornire una piazza commerciale a servizi finanziari negoziati a livello internazionale prestati soltanto a persone o enti non residenti. La Eurofood svolgeva la sua attività in seno all’IFSC, come imposto per legge.

    27.   La Bank of America NA («Bank of America»), una banca stabilita negli Stati Uniti d’America con filiali a Dublino e Milano, gestiva l’amministrazione quotidiana della Eurofood conformemente ai termini di un contratto di amministrazione.

    28.   La Eurofood si impegnò nelle tre vaste operazioni finanziarie seguenti:

    a)      il 29 settembre 1998 la Eurofood emise obbligazioni attraverso un collocamento privato per un importo globale di USD 80 000 000 (allo scopo di fornire una garanzia collaterale per un prestito da parte della Bank of America a società venezuelane del gruppo Parmalat);

    b)      il 29 settembre 1998 la Eurofood emise obbligazioni attraverso un collocamento privato per un importo globale di USD 100 000 000 (per finanziare un prestito da parte della Eurofood a società brasiliane del Gruppo Parmalat);

    c)      ci fu un accordo «swap» con la Bank of America datato 10 agosto 2001.

    29.   Le obbligazioni della Eurofood derivanti dalle prime due transazioni erano garantite dalla Parmalat.

    30.   I creditori della Eurofood in base alle prime due transazioni (i «titolari di certificati/obbligazioni») vantano attualmente un credito superiore a USD 122 milioni. La Eurofood non è in grado di rimborsare i suoi debiti.

     Il procedimento di insolvenza in Irlanda e in Italia

     Italia

    31.   Sul finire del 2003 si scoprì che la Parmalat versava in una profonda crisi finanziaria, che portò all’insolvenza di molte delle sue principali società.

    32.   Il 23 dicembre 2003 il Parlamento italiano convertiva in legge il decreto n. 347 che prevede l’amministrazione straordinaria delle società con più di 1000 dipendenti e debiti non inferiori a EUR 1 bilione.

    33.   Il 24 dicembre 2003 la Parmalat veniva ammessa al procedimento di amministrazione straordinaria dal Ministero delle Attività Produttive. Il Dott. Enrico Bondi era nominato commissario straordinario.

    34.   Il 27 dicembre 3003 il Tribunale civile e penale di Parma (il «Tribunale di Parma») confermava che la Parmalat era insovente e la collocava in amministrazione straordinaria.

     Irlanda

    35.   Il 27 gennaio 2004 la Bank of America ha presentato alla High Court of Ireland (il «giudice irlandese») una domanda di liquidazione della Eurofood asserendo che la società era insolvente e pretendendo che essa le era debitrice per un importo superiore a USD 3,5 milioni.

    36.   Lo stesso giorno la Bank of America chiedeva anche ex parte la nomina di un curatore provvisorio. In quella data il giudice irlandese nominò il sig. Pearse Farrell curatore provvisorio della Eurofood col potere di prendere possesso di tutti i suoi attivi, gestirne gli affari, aprire un conto a nome della stessa e ricorrere alle prestazioni di un solicitor.

     Italia

    37.   Il 9 febbraio 2004 il ministro italiano delle attività produttive ammetteva la Eurofood, quale società del gruppo, all’amministrazione straordinaria della Parmalat.

    38.   Il 10 febbraio il Tribunale di Parma emetteva un’ordinanza in cui riconosceva la presentazione di una domanda diretta a dichiarare l’insolvenza della Eurofood e fissava il giorno 17 febbraio 2004 come data per la discussione della domanda.

    39.   Il Sig. Farrell era legalmente rappresentato alla discussione dinanzi al Tribunale di Parma. Tuttavia, nonostante un’ordinanza del Tribunale e ciò che il Sig. Farrell ha descritto come «ripetute richieste verbali e scritte» al Dott. Bondi, egli non ha ricevuto alcuno dei documenti depositati presso il Tribunale, inclusi la domanda e i documenti su cui il Dott. Bondi intendeva fondarsi.

    40.   Il 20 febbraio 2004 il Tribunale di Parma pronunciava la sentenza che apriva il procedimento di insolvenza concernente la Eurofood, dichiarava quest’ultima insolvente, decideva che il suo centro degli interessi principali era in Italia e nominava il Dott. Bondi quale commissario straordinario.

     Irlanda

    41.   La domanda della Bank of America di liquidazione della Eurofood venne dibattuta dinanzi al giudice irlandese dal 2 al 4 marzo 2004. Erano rappresentati la Bank of America, il Sig. Farrell, i titolari di certificati/obbligazioni e il Director of Corporate Enforcement (Direttore incaricato dell’applicazione dei diritto societario) (11). Il 23 marzo 2004 il giudice irlandese decideva che:

    «1)      il procedimento di insolvenza era stato aperto in Irlanda alla data di presentazione della domanda;

    2)      il centro degli interessi principali della Eurofood era in Irlanda e pertanto il procedimento aperto in Irlanda il 27 gennaio 2004 costituiva il procedimento di insolvenza principale ai sensi del regolamento relativo alle procedure di insolvenza;

    3)      l’asserita apertura del procedimento di insolvenza principale da parte del Tribunale di Parma era incompatibile con il ‘considerando’ 22 e l’art. 16 del regolamento e non poteva modificare il fatto che il procedimento di insolvenza principale era già in essere in Irlanda;

    4)      l’omessa notifica, da parte del Dott. Bondi, ai creditori della Eurofood dell’udienza dinanzi al Tribunale di Parma, nonostante le istruzioni al riguardo di quest’ultimo, ed il fatto di non aver fornito al Sig. Farrel la domanda o altri documenti a suo sostegno fino a dopo che si era svolta l’udienza, costituivano una carenza di giusto processo, al punto da giustificare il rifiuto dei giudici irlandesi, in forza dell’art. 26 del regolamento, di riconoscere la decisione del Tribunale di Parma».

    42.   Alla luce di tali conclusioni e data la circostanza che la Eurofood versava in una situazione di grave insolvenza, il giudice irlandese emetteva un’ordinanza di liquidazione nei confronti della Eurofood e nominava come curatore il Sig. Farrell. Il giudice irlandese non riconosceva la decisione del Tribunale di Parma del 20 febbraio 2004.

     L’appello e le questioni pregiudiziali

    43.   Il Dott. Bondi ha proposto appello avverso la decisione del giudice irlandese dinanzi alla Supreme Court. I principali punti discussi nel corso del dibattimento d’appello erano se il procedimento di insolvenza fosse stato aperto dapprima in Irlanda o in Italia, se il centro degli interessi principali della Eurofood fosse in Irlanda o in Italia e se alla base della decisione del Tribunale di Parma vi fosse stata un’assenza di equo procedimento tale che la sua decisione non doveva essere riconosciuta.

    44.   La Supreme Court ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali relative ai suddetti tre punti controversi:

    «1)      Se, allorché ad un giudice competente viene presentata in Irlanda una domanda di liquidazione di una società insolvente e tale giudice emette, in pendenza dell’emissione di un’ordinanza di liquidazione, un’ordinanza di nomina di un curatore provvisorio munito del potere di prendere possesso degli attivi della società, amministrare i suoi affari, aprire un conto corrente bancario e nominare un solicitor, tutto ciò con la conseguenza sul piano giuridico di privare della capacità di agire gli amministratori della società, codesta ordinanza combinata con la presentazione della domanda costituisca una decisione di apertura della procedura di insolvenza ai fini dell’art. 16 del regolamento (CE) del Consiglio n. 1346/2000, interpretato alla luce degli artt. 1 e 2 dello stesso.

    2)      In caso di soluzione negativa della prima questione, se la presentazione, in Irlanda, dinanzi alla High Court di una domanda di liquidazione coattiva di una società ad opera del giudice costituisca l’apertura della procedura di insolvenza ai fini di tale regolamento in forza della disposizione legislativa irlandese (art. 220, n. 2 del Companies Act, 1963) (legge sulle società del 1963) ai sensi della quale la liquidazione di una società inizia alla data di presentazione della domanda.

    3)      Se l’art. 3 del suddetto regolamento, in combinato disposto con l’art. 16, abbia per effetto che un giudice di uno Stato membro, diverso da quello ove è situata la sede statutaria della società e diverso da quello ove la società esercita in modo abituale la gestione dei suoi affari secondo modalità riconoscibili da terzi, ma ove è stata inizialmente aperta la procedura di insolvenza, sia competente ad aprire la procedura di insolvenza principale.

    4)      Se, laddove:

    a)      la sede statutaria di una società madre e della sua controllata sono in due diversi Stati membri,

    b)      la controllata esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi secondo modalità riconoscibili da terzi ed in osservanza completa e regolare della sua stessa identità societaria nello Stato membro dove è situata la sua sede statutaria, e

    c)      la società madre, grazie al suo azionariato ed al potere di nominare gli amministratori, è in grado di controllare e di fatto controlla la politica della controllata,

             per determinare il “centro degli interessi principali”, i fattori rilevanti siano quelli menzionati alla lett. b) supra o, invece, quelli menzionati alla lett. c) supra.

    5)      Se, quando il fatto di consentire che una decisione giudiziaria o amministrativa produca effetti giuridici con riguardo a persone o enti i cui diritti ad un procedimento corretto e ad un dibattimento equo non siano stati osservati nel prendere una decisione siffatta sia manifestamente contrario all’ordine pubblico di uno Stato membro, tale Stato membro sia obbligato, a norma dell’art. 17 del suddetto regolamento, a riconoscere una decisione dei giudici di un altro Stato membro intesa ad aprire il procedimento di insolvenza nei confronti di una società, in una situazione in cui il giudice del primo Stato membro è convinto che la decisione in questione sia stata emessa nell’inosservanza di tali principi e, in particolare, laddove il ricorrente nel secondo Stato membro abbia rifiutato, nonostante sollecitazioni e contrariamente all’ordinanza del giudice del secondo Stato membro, di fornire al curatore provvisorio della società, debitamente nominato conformemente al diritto del primo Stato membro, copia dei documenti essenziali che sono alla base della domanda».

    45.   Il Dott. Bondi, il Sig. Farrell, il Direttore incaricato dell’applicazione dei diritto societario, la Bank of America, i titolari di certificati/obbligazioni, i governi austriaco, ceco, finlandese, francese, tedesco, ungherese, irlandese e italiano hanno presentato osservazioni scritte. Le suddette parti, ad eccezione dei governi austriaco, tedesco e ungherese, erano anche rappresentate all’udienza.

    46.   Il Sig. Farrell spiega che è convenzione che il curatore provvisorio, all’udienza sulla domanda di liquidazione, non partecipi ad alcuna discussione sul merito della causa; analogamente, laddove una decisione della High Court di procedere alla liquidazione è oggetto di appello alla Supreme Court, il curatore non prende posizione sul merito dell’appello. Conseguentemente, il Sig. Farrell non ritiene opportuno suggerire alcuna soluzione alla Corte di giustizia in relazione alle questioni proposte, sebbene presenti osservazioni per assistere la Corte su alcuni elementi di fatto che ritiene rilevanti per la quinta questione.

     La prima questione: la «decisione di apertura della procedura di insolvenza»

    47.   Con la sua prima questione il giudice del rinvio domanda se, allorché ad un giudice competente viene presentata in Irlanda una domanda di liquidazione di una società insolvente e detto giudice emette, in pendenza dell’emissione di un’ordinanza di liquidazione, un’ordinanza di nomina di un curatore provvisorio munito del potere di prendere possesso degli attivi della società, amministrare i suoi affari, aprire un conto corrente bancario e nominare un solicitor, tutto ciò con la conseguenza sul piano giuridico di privare della capacità di agire gli amministratori della società, codesta ordinanza combinata con la presentazione della domanda costituisca una «decisione di apertura della procedura di insolvenza» ai sensi dell’art. 16 del regolamento.

    48.   La questione sorge a causa della successione temporale delle prime fasi dei procedimenti in Irlanda e in Italia. Il 27 gennaio 2004 la Bank of America ha presentato al giudice irlandese una domanda di liquidazione della Eurofood e il giudice ha nominato il Sig. Farrell quale curatore provvisorio. Il 20 febbraio 2004 il Tribunale di Parma dichiarava la Eurofood insolvente e nominava il Dott. Bondi quale commissario straordinario. Il 23 marzo 2004 il giudice irlandese decideva che il procedimento di liquidazione era stato aperto in Irlanda alla data di presentazione della domanda. Se la nomina del Sig. Farrell combinata con la presentazione della domanda il 27 gennaio 2004 è una «decisione di apertura della procedura di insolvenza» ai sensi dell’art. 16 del regolamento, il Tribunale di Parma sarà tenuto a riconoscere tale decisione in virtù di detta disposizione.

    49.   Il Dott. Bondi e i governi austriaco, francese e italiano sostengono che alla questione si dovrebbe dare una soluzione negativa: la presentazione della domanda e la nomina di un curatore provvisorio non costituiscono una «decisione di apertura della procedura di insolvenza» ai sensi dell’art. 16. La Bank of America, il Direttore incaricato dell’applicazione dei diritto societario, i titolari di certificati/obbligazioni, i governi irlandese, ceco, finlandese e tedesco e la Commissione sono del parere contrario.

    50.   In primo luogo, prenderò in considerazione la posizione di questi ultimi secondo cui la prima questione dovrebbe essere risolta affermativamente. Successivamente, esaminerò le argomentazioni del Dott. Bondi e dei governi austriaco, francese e italiano secondo cui si dovrebbe dare una soluzione negativa.

    51.   Concordo con l’opinione secondo cui la prima questione richiede una soluzione affermativa. A mio parere, tale approccio discende dall’oggetto e dalle finalità, dalla struttura e dalla formulazione del regolamento.

    52.   Il ‘considerando’ 2 fa riferimento all’obiettivo che «le procedure di insolvenza transfrontaliera siano efficienti ed efficaci». Il ‘considerando’ 4 si riferisce alla necessità di «dissuadere le parti [di una procedura di insolvenza] dal trasferire i beni o i procedimenti giudiziari da uno Stato ad un altro al fine di ottenere una migliore situazione giuridica (“forum shopping”)». L’art. 16 dispone che la decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro competente sia riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui è stata emessa. Nel ‘considerando’ 22 si afferma che il riconoscimento delle decisioni «dovrebbe poggiare sul principio di fiducia reciproca».

    53.   In questa cornice, come sottolineato dal governo ceco e dalla Commissione, è necessario che il riconoscimento venga accordato nella fase iniziale del procedimento. Presumibilmente, è per tale ragione che l’art. 16 dispone che il riconoscimento avvenga non appena la decisione produce effetto secondo il diritto nazionale e che l’art. 2, lett. f, prevede che detta regola trovi applicazione, sia la decisione definitiva o meno (12).

    54.   In questo contesto, qualora un giudice nazionale che prende in considerazione una domanda di liquidazione per motivi di insolvenza nomini un curatore provvisorio «munito del potere di prendere possesso degli attivi della società, amministrare i suoi affari, aprire un conto corrente bancario e nominare un solicitor, tutto ciò con la conseguenza sul piano giuridico di privare della capacità di agire gli amministratori della società », sembrerebbe coerente con lo scopo del regolamento che tale nomina venga considerata come una decisione di apertura della procedura di insolvenza.

    55.   Per quanto riguarda la formulazione del regolamento, si rinvengono sia la definizione di «decisione» sia di «procedura di insolvenza».

    56.   Ai sensi dell’art. 2, lett. a, per «procedura di insolvenza» si intendono «le procedure concorsuali di cui all’articolo 1, paragrafo 1», e si specifica che: «L’elenco di tali procedure figura nell’allegato A». Per quanto concerne l’Irlanda, l’elenco delle procedure di insolvenza contenuto in detto allegato comprende «compulsory winding-up by the Court» (liquidazione coattiva ad opera del giudice).

    57.   Sembra, pertanto, che la procedura dinanzi al giudice nazionale possa essere considerata come l’apertura della «procedura di insolvenza» ai fini del regolamento.

    58.   A norma dell’art. 2, lett. e, la definizione di «“decisione”, in relazione all’apertura di una procedura di insolvenza o alla nomina di un curatore» comprende «la decisione di qualsiasi giudice competente ad aprire tale procedura o a nominare un curatore».

    59.   L’art. 2, lett. b, definisce un «curatore» come «qualsiasi persona o organo la cui funzione è di amministrare o liquidare i beni dei quali il debitore è spossessato o di sorvegliare la gestione dei suoi affari» e aggiunge che «L’elenco di tali persone e organi figura nell’allegato C». Per quanto riguarda l’Irlanda, tale elenco include un «provisional liquidator» (curatore provvisorio).

    60.   Sembra, pertanto, che una decisione di un giudice irlandese di nomina di un curatore provvisorio, elencato nell’allegato C del regolamento, nell’ambito di una liquidazione coattiva ad opera del giudice, elencata nell’allegato A, debba essere una «decisione di apertura della procedura di insolvenza» ai sensi dell’art. 16. Tale punto di vista acquista ancora più forza se si tiene presente che la nomina di un curatore provvisorio è la prima forma di ordinanza giudiziale che può essere pronunciata in un procedimento di liquidazione coattiva a norma del diritto irlandese.

    61.   Non ritengo che detta analisi basata sull’inclusione del «provisional liquidator» irlandese nell’allegato C comporti un ragionamento «a ritroso e illogico», come sostenuto nelle osservazioni del Dott. Bondi. Al contrario, la nomina di una persona titolare di tale mandato appare centrale nel concetto di «decisione di apertura della procedura di insolvenza».

    62.   Certamente, l’art. 2, lett. e, potrebbe essere interpretato in senso più stretto, intendendo che una «“decisione” in relazione all’apertura di una procedura di insolvenza» includa «la decisione di qualsiasi giudice competente ad aprire tale procedura» e, separatamente, che una «“decisione” in relazione (…) alla nomina di un curatore» includa «la decisione di qualsiasi giudice competente (…) a nominare un curatore». Se così fosse, si potrebbe sostenere che una decisione di nomina di un curatore non costituirebbe una decisione di apertura della procedura di insolvenza ai sensi di tale definizione.

    63.   Tuttavia, come sottolineato dal giudice nazionale nella decisione di rinvio, la definizione di cui all’art. 2, lett. e, della nomina di un curatore come «decisione» non pare essere rilevante ai fini del regolamento qualora non dovesse fruire del riconoscimento disposto dall’art. 16. Certo non vi sono disposizioni nel regolamento che trattino specificamente delle decisioni di nomina di un curatore. Inoltre - e come altresì evidenziato dal giudice del rinvio – la nomina di un curatore è un elemento essenziale della nozione di «procedure concorsuali» ai sensi dell’art. 1, n 1.

    64.   Infine su questo punto, e come sostenuto dal Direttore incaricato dell’applicazione dei diritto societario, la definizione di cui all’art. 2, lett. e, può essere interpretata nel senso che riflette la circostanza che in diversi ordinamenti una procedura di insolvenza può essere avviata in differenti modi, piuttosto che nel senso di comportare una distinzione tra la decisione di apertura di una procedura di insolvenza da parte di un giudice, da un lato, e la nomina di un curatore, dall’altra; lo scopo della definizione è dunque di assicurare che il regolamento accordi automatico riconoscimento alle procedure di insolvenza aperte in entrambi i modi.

    65.   Sembra pertanto più naturale intendere la definizione di cui all’art. 2, lett. e, di «“decisione” in relazione all’apertura di una procedura di insolvenza» come comprensiva della «decisione di qualsiasi giudice competente (…) a nominare un curatore», e quindi a sostegno dell’opinione delineata al paragrafo 60.

    66.   Contro detta opinione sono stati addotti svariati argomenti.

    67.   In primo luogo, il Dott. Bondi e il governo italiano sostengono che il regolamento distingua, in particolare, tra il concetto di «richiesta» e quello di «apertura», che corrispondono esattamente alle fasi irlandesi di «domanda» e «ordinanza di liquidazione». In tale contesto il Dott. Bondi e il governo italiano citano il ‘considerando’ 16 e l’art. 38 del regolamento.

    68.   Analogamente, dette parti sostengono che un «provisional liquidator» è semplicemente un «curatore provvisorio» di cui all’art. 38, anche descritto nel ‘considerando’ 16 come «un curatore provvisorio, designato anteriormente all’apertura della procedura principale di insolvenza»; la sua nomina non può pertanto aprire la procedura principale.

    69.   Analogamente, il governo austriaco sostiene che, poiché un «curatore provvisorio» ha solo limitati poteri ai sensi dell’art. 38 del regolamento, non può essere un «curatore» nel senso della definizione di cui all’art. 2, lett. b, che fa riferimento a «qualsiasi persona o organo la cui funzione è di amministrare o liquidare i beni dei quali il debitore è spossessato o di sorvegliare la gestione dei suoi affari».

    70.   Mi sembra, tuttavia, che queste argomentazioni trascurino le summenzionate disposizioni più generali del regolamento e la loro applicazione alla presente causa e fraintendano lo scopo più specifico dell’art. 38. Detta disposizione integra l’art. 29, che dispone che un curatore della procedura principale ai sensi del regolamento può chiedere l’apertura di una procedura secondaria (13). Allorché una richiesta di apertura di una procedura principale sia già stata presentata, ma non sia ancora stato nominato un curatore ai sensi del regolamento, l’art. 38 prevede che un «curatore provvisorio» nominato da un giudice competente ad aprire la procedura di insolvenza principale possa prendere i provvedimenti conservativi per i beni del debitore in un altro Stato membro «per il periodo che separa la richiesta dalla decisione di apertura di una procedura di insolvenza». Un curatore provvisorio nominato in un procedimento di liquidazione coattiva ad opera del giudice in Irlanda ricade comunque nell’ambito della definizione di «curatore» ai sensi del regolamento in generale e dell’art. 29 in particolare (14).

    71.   Inoltre, l’ordinanza di nomina del curatore provvisorio nella presente causa gli conferisce estesi poteri (di prendere possesso degli attivi della Eurofood, amministrarne gli affari, aprire un conto corrente bancario e ricorrere alle prestazioni di un solicitor); il ruolo del «provisional liquidator» è dunque molto più ampio rispetto a quello del curatore provvisorio apparentemente previsto nell’art. 38.

    72.   Qualora, inoltre, sia presentata una domanda per un tipo di procedura di insolvenza rientrante nell’elenco dell’allegato A del regolamento e nello stesso giorno il giudice nomini un tipo di curatore rientrante nell’elenco dell’allegato C, come nella presente causa, sembra chiaro che è stata aperta una «procedura di insolvenza» di cui all’art. 1, n. 1. Non vedo come l’art. 38 possa essere rilevante in tali circostanze.

    73.   Più in generale, a mio parere non si può dedurre che la presentazione di una domanda di liquidazione coattiva unita alla nomina di un curatore ai sensi del regolamento non possa essere una «decisione di apertura della procedura di insolvenza» ai sensi dell’art. 16 semplicemente perché tale domanda può essere vista come una «richiesta d’apertura di una procedura d’insolvenza».

    74.   In ogni caso non mi sembra che, come sostenuto nelle osservazioni scritte del Dott. Bondi, il regolamento «riveli uno schema molto chiaro» per quanto riguarda le «tre fasi» di «richiesta», «nomina temporanea» e «apertura». A parte l’art. 38, che come spiegato in precedenza concerne una specifica situazione che può sorgere nel contesto di una procedura secondaria (15), e un ulteriore riferimento nel terzo capoverso dell’art. 25, n. 1, che riguarda anch’esso i provvedimenti conservativi incidentali, nell’articolato del regolamento non vi è alcun altro suggerimento che la procedura comporterà necessariamente una separata «richiesta» di apertura, seguita dopo un certo lasso di tempo dalla «decisione di apertura della procedura di insolvenza».

    75.   Il Dott. Bondi indica inoltre che il «contrasto tra richiesta e apertura può ad esempio essere rilevato chiaramente dall’art. 3, n. 4». Detta disposizione, tuttavia, si riferisce meramente ad una richiesta di apertura di una procedura (secondaria) senza fare alcun cenno ad un necessario lasso di tempo tra le due fasi.

    76.   L’art. 38 è quindi l’unica disposizione nell’articolato del regolamento ad effettuare tale distinzione: evidentemente un’incidenza insufficiente da cui dedurre uno «schema molto chiaro». A mio parere, l’art. 38 disciplina una situazione che potrebbe sorgere nel contesto di un tipo nazionale di procedura di insolvenza che effettivamente implichi due fasi separate, tra le quali in certe circostanze può essere opportuno nominare un curatore provvisorio; dall’art. 38 non si può dedurre che tutti i tipi di procedure di insolvenza comportino necessariamente due fasi.

    77.   Risulta inoltre chiaramente dai ‘considerando’ che il regolamento non mira ad armonizzare i diritti nazionali. Al ‘considerando’ 11 si afferma che: «Il presente regolamento tiene conto del fatto che, in considerazione delle notevoli differenze fra i diritti sostanziali, non è realistico istituire un’unica procedura di insolvenza avente valore universale per tutta la Comunità». Né, infatti, una normativa fondata sugli artt. 61, lett. c, e 67, n. 1, CE, potrebbe armonizzare i diritti nazionali.

    78.   In secondo luogo, il Dott. Bondi sostiene che sotto la voce Irlanda dell’allegato A non vi è alcuna procedura di insolvenza elencata come «liquidazione provvisoria». A mio parere, ciò è tuttavia irrilevante per il presente procedimento, che riguarda la liquidazione coattiva ad opera del giudice, che ricade nell’ambito del regolamento in virtù della sua inclusione nell’elenco dell’allegato A.

    79.   Viene poi addotta una serie di argomenti per cui le procedure del tipo in questione non rientrano nell’ambito del regolamento perché per una ragione o per l’altra non soddisfano la definizione dell’art. 1, n. 1, che fa riferimento a «procedure concorsuali fondate sull’insolvenza del debitore che comportano lo spossessamento parziale o totale del debitore stesso e la designazione di un curatore».

    80.   Così, il Dott. Bondi sostiene che una liquidazione coattiva ad opera del giudice in Irlanda ricade nel campo di applicazione del regolamento solo se è una procedura di insolvenza ai sensi dell’art. 1, n. 1, e pertanto solo se il giudice nazionale è convinto che sia stata provata l’insolvenza che giustifica la competenza (16). Fintanto che non è emessa l’ordinanza di liquidazione, non sussiste alcun accertamento dell’insolvenza. Il governo italiano ha addotto simili argomentazioni in udienza.

    81.   A mio parere, tale tesi non può essere accettata. Nella presente causa, la prima questione del giudice del rinvio assume che la domanda proposta sia per la «liquidazione di una società insolvente». In tali circostanze, non sarebbe appropriato che questa Corte metta in discussione la premessa sottostante.

    82.   Il Dott. Bondi sostiene inoltre che nel contesto di una liquidazione coattiva ad opera del giudice in Irlanda, il sistema, previsto in via legislativa, di realizzazione e distribuzione degli attivi e di ricerca e esame delle pretese dei creditori entra in vigore solo dopo che è stata emessa l’ordinanza di liquidazione; pertanto, solo a quel punto sussiste una vera procedura di insolvenza «concorsual[e]» ai sensi dell’art. 1, n. 1, del regolamento.

    83.   Secondo me, tuttavia, questa teoria fraintende il sistema del regolamento. Mentre l’art. 1, n. 1, contiene certamente una definizione delle procedure di insolvenza rientranti nel campo di applicazione del regolamento, detta disposizione non può essere interpretata separatamente dalle definizioni dell’art. 2.

    84.   L’art. 2, lett. a, implica che «le procedure concorsuali di cui all’articolo 1» siano elencate «nell’allegato A». Sussiste consenso tra i commentatori del regolamento sul fatto che «una volta che la procedura è stata inclusa nell’elenco, il regolamento si applichi senza alcun ulteriore controllo da parte dei giudici di altri Stati membri» (17). Visto che la liquidazione coattiva ad opera del giudice in Irlanda è inclusa nell’allegato A, non ritengo che l’applicazione del regolamento a tale procedura possa essere messa in dubbio sulla base del fatto che alcuni elementi della definizione di cui all’art. 1, n. 1, non sono soddisfatti.

    85.   In ogni caso, nella decisione di rinvio il giudice a quo afferma che il curatore provvisorio «rappresenta ed ha l’obbligo di tutelare gli interessi di tutti i creditori e di prendere possesso degli attivi».

    86.   Infine, il governo francese fa riferimento alle quattro condizioni che, in base al dettato dell’art. 1, n. 1, devono essere soddisfatte affinché una procedura di insolvenza ricada nel campo di applicazione del regolamento: la procedura deve essere concorsuale, il debitore deve essere insolvente, deve esserci uno spossessamento parziale o totale del debitore e deve essere nominato un curatore. Il governo francese sostiene che, dato che la definizione di «procedura di insolvenza» di cui all’art. 2, lett. a, e all’allegato A non comprende la nomina di un curatore provvisorio, tale nomina non può essere una «procedura di insolvenza» ai sensi del regolamento.

    87.   Nuovamente, tuttavia, mi sembra che tale tesi riveli un fraintendimento del sistema del regolamento. La liquidazione coattiva ad opera del giudice in Irlanda è elencata nell’allegato A. Il curatore provvisorio, indicato nell’elenco dell’allegato C, è stato nominato nell’ambito di una tale procedura. A mio parere questi fattori sono sufficienti.

    88.   Conseguentemente, sulla prima questione proposta concludo che, allorché ad un giudice competente viene presentata in Irlanda una domanda di liquidazione di una società insolvente e detto giudice emette, in pendenza dell’emissione di un’ordinanza di liquidazione, un’ordinanza di nomina di un curatore provvisorio munito del potere di prendere possesso degli attivi della società, amministrare i suoi affari, aprire un conto corrente bancario e nominare un solicitor, tutto ciò con la conseguenza sul piano giuridico di privare della capacità di agire gli amministratori della società, codesta ordinanza combinata con la presentazione della domanda costituisce una decisione di apertura della procedura di insolvenza ai sensi dell’art. 16 del regolamento.

     La seconda questione: il momento di apertura della procedura

    89.   Con la seconda questione, che viene proposta solo in caso di soluzione negativa della prima questione, il giudice nazionale domanda se la presentazione, in Irlanda, dinanzi alla High Court di una domanda di liquidazione coattiva di una società ad opera del giudice costituisca l’apertura della procedura di insolvenza ai fini del regolamento, in forza della disposizione legislativa irlandese (art. 220, n. 2 della legge sulle società del 1963 (18)) ai sensi della quale la liquidazione di una società inizia alla data di presentazione della domanda.

    90.   Poiché a mio parere la prima questione richiede una risposta affermativa, non è necessario rispondere alla seconda questione proposta. Tuttavia, se sollevata, potrebbe essere trattata brevemente secondo le seguenti linee direttrici.

    91.   Il Dott. Bondi e i governi finlandese, francese, tedesco e italiano sostengono che la seconda questione dovrebbe essere risolta negativamente, mentre la Bank of America, il Direttore incaricato dell’applicazione dei diritto societario, i titolari di certificati/obbligazioni, i governi austriaco, ceco e irlandese e la Commissione ritengono che debba essere risolta affermativamente. Concordo con quest’ultima opinione.

    92.   L’art. 16, n. 1, del regolamento, che riguarda il riconoscimento delle decisioni di apertura delle procedure di insolvenza, dispone il riconoscimento non appena una decisione «produce effetto nello Stato in cui la procedura è aperta». Così, è il diritto nazionale che determina quando una decisione produce effetto. Ciò è coerente con l’art. 4 che prevede che in generale la legge dello Stato membro in cui si è aperta la procedura «si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti», inclusi l’apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura. Il ‘considerando’ 23 (19) chiarisce che tale legge comprende sia le norme procedurali che quelle sostanziali. Conseguentemente, non posso accettare l’affermazione del Dott. Bondi secondo cui il regolamento in certo qual modo «si sovrappone» alle disposizioni di diritto nazionale. Si deve altresì tenere a mente che il regolamento non mira ad essere una misura di armonizzazione (20).

    93.   L’art. 220, n. 2, della legge irlandese sulle società del 1963 dispone che in caso di liquidazione coattiva ad opera del giudice (come la procedura in questione nella presente causa) si ritiene che la liquidazione «inizia al momento della presentazione della domanda di liquidazione».

    94.   I termini di detta disposizione, applicabile in virtù del regolamento, mi sembrano risolvere in maniera concludente la seconda questione del giudice nazionale.

    95.   Si potrebbe aggiungere che, come sottolineato dai titolari di certificati/obbligazioni, la relazione Virgós-Schmit riconosce esplicitamente l’esistenza di dottrine nazionali di «rinvio indietro», secondo cui la legge dello Stato di apertura della procedura di insolvenza «determina i requisiti da rispettare, le modalità di funzionamento della revocatoria (automaticamente, attribuendo effetti retroattivi alla procedura, o in base ad un’azione esperita dal curatore, ecc.) e le conseguenze giuridiche della stessa (21).

     La terza questione: riesame della competenza

    96.   Con la terza questione il giudice del rinvio domanda se, qualora una procedura di insolvenza sia inizialmente aperta da un giudice di uno Stato membro dove è situata la sede statutaria della società e dove la società esercita in maniera abituale la gestione dei suoi affari secondo modalità riconoscibili da terzi, il giudice di un altro Stato membro sia competente ad aprire la procedura di insolvenza principale.

    97.   Detta questione sorge laddove, come nella presente causa, i giudici di due Stati membri affermano la propria competenza in merito all’insolvenza di una società. Il regolamento non contiene alcuna disposizione espressa per una tale situazione. Il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se in una simile situazione il giudice di uno Stato membro possa riesaminare la competenza del giudice di un altro Stato membro.

    98.   Il giudice del rinvio cita l’art. 3, n. 1, che prevede che siano competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, e l’art. 16, n. 1, che prevede che la decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro, competente in virtù dell’articolo 3, sia riconosciuta in tutti gli altri Stati membri.

    99.   La Bank of America, il Direttore incaricato dell’applicazione dei diritto societario, i titolari di certificati/obbligazioni e il governo irlandese ritengono che le procedure di insolvenza straniere debbano essere riconosciute solo se il giudice straniero è oggettivamente competente; pertanto, la terza questione dovrebbe essere risolta affermativamente.

    100. Dette parti sostengono che l’obbligo dei giudici degli altri Stati membri di riconoscere una decisione di apertura della procedura di insolvenza in un dato Stato membro ai sensi dell’art. 16, n. 1, si applica solo se lo Stato membro in cui la procedura di insolvenza è aperta è «competente in virtù dell’articolo 3», e pertanto solo se il centro degli interessi principali del debitore è situato in quello Stato membro. I giudici di un solo Stato membro sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza principale e sono tali i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore; risulta piuttosto chiaramente dal regolamento che una società può avere un solo centro di interessi principali. Il criterio per determinare dove è situato il centro degli interessi principali del debitore è un criterio oggettivo. Il giudice di uno Stato membro non può aprire una procedura di insolvenza principale nei confronti di un debitore societario se né la sede statutaria della società né il luogo dove la società amministra la gestione dei suoi affari su una base regolare secondo modalità riconoscibili da terzi sono situati in detto Stato membro. Pertanto, qualsiasi giudice che si trovi di fronte alla possibilità che una procedura di insolvenza sia stata aperta in un altro ordinamento deve accertare se l’altro giudice sia effettivamente competente ai sensi dell’art. 3 e, più specificatamente, se a) il giudice che afferma di aver determinato il locus del centro degli interessi principali abbia applicato i corretti criteri giuridici e se b) gli elementi di fatto siano in grado di sostenere tale conclusione. Sebbene il ‘considerando’ 22 del regolamento preveda che «la decisione del giudice che apre per primo la procedura dovrebbe essere riconosciuta», va rilevato il fatto che tale previsione non figuri nell’articolato del regolamento.

    101. Il Dott. Bondi, i governi austriaco, ceco, finlandese, francese, ungherese e italiano e la Commissione ritengono che la terza questione del giudice nazionale dovrebbe essere risolta negativamente. Concordo.

    102. A mio parere, tale conclusione discende in particolare dal principio di fiducia reciproca che sta alla base del regolamento e che è reso esplicito nel ‘considerando’ 22. In detto ‘considerando’ si afferma:

    «Il riconoscimento delle decisioni pronunciate dai giudici degli Stati membri dovrebbe poggiare sul principio di fiducia reciproca. A tale riguardo i motivi del mancato riconoscimento dovrebbero essere ridotti al minimo necessario. Si dovrebbe risolvere secondo tale principio anche il conflitto che insorge quando i giudici di due Stati membri si ritengono competenti ad aprire una procedura principale di insolvenza. La decisione del giudice che apre per primo la procedura dovrebbe essere riconosciuta negli altri Stati membri, senza che questi ultimi abbiano la facoltà di sottoporre a valutazione la decisione del primo giudice» (22).

    103. Certo, il testo del regolamento non contiene una disposizione con effetti analoghi al ‘considerando’ 22 (23). Tuttavia, l’importanza del principio enunciato in detto ‘considerando’ è confermata dalla relazione Virgós-Schmit, in cui si afferma che «i giudici degli Stati aditi non possono riesaminare la competenza del giudice dello Stato di origine, ma solo verificare che la decisione provenga da un giudice di uno Stato contraente che invochi la propria competenza ai sensi dell’art. 3», ed è accettata da numerosi commentatori (24).

    104. Il corretto mezzo di tutela per qualsiasi parte di una procedura di insolvenza che tema che il giudice che ha aperto la procedura principale abbia assunto erroneamente di essere competente a norma dell’art. 3, dovrebbe essere ricercato nell’ordinamento giuridico nazionale dello Stato membro dove è situato il giudice, con la possibilità di rinvio a questa Corte, se opportuno (25).

    105. Conseguentemente, concludo in risposta alla terza questione proposta che qualora una procedura di insolvenza sia inizialmente aperta da un giudice di uno Stato membro dove è situata la sede statutaria della società e dove la società esercita in modo abituale la gestione dei suoi affari secondo modalità riconoscibili da terzi, il giudice di un altro Stato membro non è competente ad aprire il procedimento di insolvenza principale.

     La quarta questione: il «centro degli interessi principali del debitore»

    106. Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede indicazioni in merito ai fattori rilevanti per determinare il «centro degli interessi principali del debitore» ai sensi dell’art. 3, n. 1 del regolamento.

    107. Si rammenta che l’art. 3, n. 1, attribuisce la competenza ad aprire la procedura di insolvenza ai «giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore» e aggiunge che per le società e le persone giuridiche «si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria». Detta disposizione prevede quindi una presunzione relativa. Il ‘considerando’ 13 aggiunge che per centro degli interessi principali «si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi».

    108. La quarta questione si basa sulla situazione in cui i) il debitore è una società controllata, ii) la sua sede statutaria e quella della sua società madre sono in due diversi Stati membri e (iii) la controllata esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi secondo modalità riconoscibili da terzi ed in osservanza completa e regolare della sua stessa identità societaria nello Stato membro dove è situata la sua sede statutaria. Il giudice nazionale domanda se in tali circostanze la presunzione che il centro degli interessi principali della controllata è nello Stato membro della sede statutaria sia vinta quando la società madre, grazie al suo azionariato ed al potere di nominare gli amministratori, è inoltre in grado di controllare, e di fatto controlla, la politica della controllata.

    109. Il Dott. Bondi e il governo italiano ritengono che quest’ultima circostanza sia sufficiente a vincere la presunzione; la Bank of America, il Direttore incaricato dell’applicazione dei diritto societario, i titolari di certificate/obbligazioni, i governi austriaco, ceco, finlandese, francese, tedesco, ungherese e irlandese e la Commissione sono del parere contrario.

    110. Concordo con il fatto il controllo da parte della società madre non sia sufficiente a vincere la presunzione dell’art. 3, n. 1, del regolamento, secondo cui il centro degli interessi principali di una società controllata è situato nello Stato membro dove si trova la sede statutaria. Mi sembra che tale opinione discenda dal sistema e dalla formulazione del regolamento. Prima di procedere all’analisi del regolamento, desidererei, tuttavia, rispondere ad una serie di argomentazioni addotte dal Dott. Bondi e dal governo italiano a sostegno dell’opinione contraria.

    111. Dette parti si basano principalmente sulla relazione Virgós-Schmit in cui si afferma: «Quando si tratta di società e persone giuridiche, la Convenzione presume che, salva prova contraria, il centro degli interessi principali del debitore è il luogo della sua sede statutaria. Tale luogo normalmente corrisponde alla sede principale del debitore» (26). Il Dott. Bondi e il governo italiano sostengono che se si deve dimostrare che il centro degli interessi principali è in un luogo diverso dallo Stato in cui è situata la sede statutaria della società, è necessario dimostrare che le funzioni caratteristiche della «sede principale» sono svolte altrove. L’attenzione deve concentrarsi sulle funzioni di sede principale, piuttosto che semplicemente sulla collocazione di tale sede, poiché una «sede principale» può essere nominale tanto quanto la sede statutaria se tali funzioni non sono svolte in quel luogo. Nelle attività transnazionali la sede statutaria è spesso scelta per ragioni fiscali o normative e non ha un reale collegamento con il luogo dove sono effettivamente svolte le funzioni tipiche della sede principale. Ciò è particolarmente vero nel caso di gruppi di società, dove le funzioni di sede principale per la controllata sono spesso svolte nel luogo dove sono effettuate le funzioni di sede principale della società madre del gruppo.

    112. Ritengo che tali affermazioni siano sensate e convincenti. Tuttavia, non mi sembrano di grande aiuto per risolvere la questione. In particolare, non dimostrano che il controllo della società madre sulla politica della controllata determini quel «centro degli interessi principali» della controllata ai sensi del regolamento.

    113. In secondo luogo, il Dott. Bondi sostiene che la «riconoscibilità da parte di terzi» del centro degli interessi principali non è fondamentale per il concetto di «centro degli interessi principali». Ciò risulta dallo stesso ‘considerando’ 13, in cui si afferma che per «centro degli interessi principali» «si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale (…) la gestione dei suoi interessi», in altre parole, nel caso di una società, il luogo dove sono esercitate le funzioni di sede principale. Il ‘considerando’ 13 continua «e pertanto riconoscibile dai terzi», in altre parole, è per il fatto che le funzioni di sede principale della società sono svolte in un particolare Stato membro che il centro degli interessi principali è ivi riconoscibile.

    114. Nuovamente, concordo con questa analisi. Tuttavia, non mi sembra di aiuto, visto che la quarta questione del giudice nazionale assume che la controllata «esercita in modo abituale (…) la gestione dei suoi interessi» nello Stato membro dove è situata la sua sede statutaria.

    115. In terzo luogo, il Dott. Bondi sostiene che vi è una rilevante differenza tra «riconoscibile» e «riconosciuto». La questione della riconoscibilità comporta l’individuazione del luogo dove sono effettivamente svolte le funzioni di sede principale: si tratta di un procedimento oggettivo e non dovrebbe essere confuso con la prova soggettiva da parte di singoli creditori del luogo in cui ritenevano fosse il centro degli interessi principali. A mio parere, tuttavia, la distinzione tra «riconoscibile» e «riconosciuto» non è rilevante ai fini del problema sollevato dalla quarta questione del giudice nazionale, in quanto sia il ‘considerando’ 13 sia la questione utilizzano il termine «riconoscibile».

    116. Passando al merito della quarta questione proposta, sono dell’opinione che, laddove la sede statutaria di una società madre e della sua controllata sono in due diversi Stati membri, il fatto (dato per assunto dal giudice del rinvio) che la controllata esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi secondo modalità riconoscibili da terzi ed in osservanza completa e regolare della sua stessa identità societaria nello Stato membro dove è situata la sua sede statutaria sarà normalmente decisivo per determinare il «centro [dei suoi] interessi principali».

    117. È evidente che non si può dedurre nulla dal fatto che la società debitrice sia una controllata di un’altra società. Il regolamento si applica alle singole società e non a gruppi di società; in particolare esso non disciplina il rapporto tra la società madre e la controllata. Nel sistema del regolamento, la competenza sussiste per ogni debitore con una separata entità giuridica. Sia la controllata che la società madre hanno separata identità giuridica. Ne consegue che ogni controllata nell’ambito di un gruppo deve essere considerata individualmente. Ciò è confermato dall’art. 3, n. 1, che dispone che «si presume che il centro [dei suoi] interessi principali sia, fino a prova contraria» il luogo della sede statutaria, e dal ‘considerando’ 13, in cui si afferma che per centro degli interessi principali «si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale (…) la gestione dei suoi interessi» (27).

    118. Sebbene detta definizione non faccia alcun riferimento agli elementi che costituiscono la «gestione», rilevanti nella presente causa dove si è sostenuto che il controllo della politica costituisce «gestione», si è suggerito che la scelta del «centro degli interessi principali» (28) come principale criterio di collegamento per determinare lo Stato membro competente su una società insolvente sia volta a fornire un criterio in cui i caratteri di trasparenza e riconoscibilità oggettiva sono dominanti (29). Questi concetti mi sembrano fattori del tutto adatti per la determinazione della competenza nel contesto di un’insolvenza, dove è chiaramente essenziale che i potenziali creditori debbano essere in grado di individuare ex ante l’ordinamento giuridico in cui si deciderà in merito a qualsiasi insolvenza riguardante i loro interessi. Nelle operazioni di debito transfrontaliere (come quelle di cui trattasi nella causa principale) è importante, mi pare, che l’ordinamento competente a determinare i diritti e i mezzi di tutela dei creditori sia chiaro agli investitori al momento in cui effettuano il loro investimento.

    119. Laddove la società debitrice, che è una controllata, «esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi secondo modalità riconoscibili da terzi ed in osservanza completa e regolare della sua stessa identità societaria nello Stato membro dove è situata la sua sede statutaria», i requisiti di trasparenza e riconoscibilità sono per definizione soddisfatti.

    120. Al contrario, a mio parere, il fatto (anch’esso dato per assunto nella questione del giudice nazionale) che la società madre di una società debitrice «grazie al suo azionariato ed al potere di nominare gli amministratori, è in grado di controllare e di fatto controlla la politica della controllata» non soddisfa i suddetti requisiti.

    121. Il semplice fatto che una società sia in grado, grazie al suo azionariato ed al potere di nominare gli amministratori, di controllare la politica di una controllata, anche se riconoscibile da parte di terzi (30), non dimostra che di fatto controlli tale politica. Se, d’altro canto, una società madre in effetti controlla la politica della propria controllata, tale fatto potrebbe non essere facilmente riconoscibile dai terzi (31). La questione del giudice nazionale non indica che la sussistenza del controllo sia così riconoscibile.

    122. Ciò non vuol dire che il criterio meramente formale del luogo della sede statutaria di una controllata determinerà necessariamente lo Stato membro i cui giudici sono competenti per qualsiasi insolvenza. Un aspetto intrinseco del concetto di «centro degli interessi principali» è quello di assicurare che realtà funzionali siano in grado di sostituire criteri meramente formali (32). Qualunque soggetto che cerchi di vincere la presunzione che la competenza in materia di insolvenza segue la sede statutaria deve comunque dimostrare che gli elementi addotti soddisfano i requisiti di trasparenza e riconoscibilità. Poichè l’insolvenza è un rischio prevedibile, è importante che la competenza internazionale (che comporta l’applicazione del diritto fallimentare di un determinato Stato) sia fondata su un luogo conosciuto ai potenziali creditori del debitore, permettendo così di calcolare i rischi giuridici che si dovrebbero assumere in caso di insolvenza (33).

    123. A mio parere, è significativo che nella presente causa la questione del giudice nazionale si fondi sulla premessa che «la controllata esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi secondo modalità riconoscibili da terzi». Questa descrizione soddisfa la definizione del ‘considerando’ 13. Ritengo che per dimostrare che il centro degli interessi principali di una società controllata è situato in un luogo diverso da quello che deriverebbe dall’espressa formulazione del ‘considerando’ 13, sarebbero necessarie prove evidenti del prevalente e riconoscibile controllo da parte della società madre.

    124. Se pertanto fosse dimostrato che la società madre del debitore controllava le politiche di quest’ultimo in tal modo e che la situazione era trasparente e riconoscibile alla data rilevante (e quindi non solo ex post), il criterio ordinario potrebbe essere sostituito.

    125. Aggiungerei infine che nel determinare il centro degli interessi principali di un debitore, ogni caso deve chiaramente essere risolto sulla base delle sue circostanze specifiche. Per questa ragione mi sembra che le decisioni dei giudici nazionali a cui si fa riferimento nelle osservazioni presentate da diverse parti non sono utili per stabilire regole di applicazione generale.

    126. Conseguentemente concludo che, laddove il debitore è una società controllata e la sua sede statutaria e quella della sua società madre sono in due diversi Stati membri e la controllata esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi secondo modalità riconoscibili da terzi ed in osservanza completa e regolare della sua stessa identità societaria nello Stato membro dove è situata la sua sede statutaria, la presunzione che il centro degli interessi principali della controllata è nello Stato membro della sede statutaria non è vinta semplicemente dal fatto che la società madre, grazie al suo azionariato ed al potere di nominare gli amministratori, è in grado di controllare, e di fatto controlla, la politica della controllata e tale controllo non è riconoscibile dai terzi.

     La quinta questione: l’ordine pubblico

    127. La quinta questione proposta riguarda l’art. 26 del regolamento, che prevede che uno Stato membro possa rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro qualora il riconoscimento possa produrre effetti «palesemente contrari all’ordine pubblico, in particolare ai principi fondamentali o ai diritti e alle libertà personali sanciti dalla costituzione».

    128. Più specificatamente, il giudice del rinvio chiede se, quando il fatto di consentire che una decisione giudiziaria o amministrativa di produca effetti giuridici con riguardo a persone o enti i cui diritti ad un procedimento corretto e ad un dibattimento equo non siano stati osservati nel prendere una decisione siffatta sia manifestamente contrario all’ordine pubblico di uno Stato membro, tale Stato membro sia obbligato a riconoscere una decisione dei giudici di un altro Stato membro intesa ad aprire il procedimento di insolvenza nei confronti di una società, in una situazione in cui il giudice del primo Stato membro è convinto che la decisione in questione sia stata emessa nell’inosservanza di tali principi e, in particolare, laddove il ricorrente nel secondo Stato membro ha rifiutato, nonostante sollecitazioni e contrariamente all’ordinanza del giudice del secondo Stato membro, di fornire al curatore provvisorio della società, debitamente nominato conformemente al diritto del primo Stato membro, copia dei documenti essenziali alla base della domanda.

    129. In principio vorrei rilevare che se la mia analisi della prima questione proposta è corretta, a mio parere la quinta questione non si pone, in quanto la procedura italiana è stata aperta successivamente a quella irlandese e pertanto non richiede in ogni caso un riconoscimento (almeno come procedura principale) ai sensi del regolamento.

    130. Il Dott. Bondi e il governo italiano sono del parere che la quinta questione dovrebbe essere risolta positivamente, nel senso che nelle circostanze delineate, il primo Stato membro è obbligato a riconoscere la decisione dei giudici del secondo Stato membro. La Bank of America, il Direttore incaricato dell’applicazione del diritto societario, i titolari di certificati/obbligazioni, i governi ceco, francese, tedesco, ungherese e irlandese e la Commissione sono sostanzialmente del parere opposto.

    131. A mio parere è chiaro, in primo luogo, e come il Dott. Bondi e il governo italiano sottolineano, che l’eccezione dell’ordine pubblico di cui all’art. 26 dovrebbe avere un ambito limitato. Ciò è avvalorato dall’inclusione in detta norma della previsione che gli effetti del riconoscimento debbano essere «palesemente» contrari all’ordine pubblico, dall’affermazione nel ‘considerando’ 22 del regolamento che «i motivi del mancato riconoscimento dovrebbero essere ridotti al minimo», e dalla relazione Virgós-Schmit, in cui si afferma: «L’eccezione dell’ordine pubblico dovrebbe operare solo in casi eccezionali» (34).

    132. Sorgono tuttavia delle difficoltà quando dette parti – come infatti fanno molte delle parti che hanno presentato osservazioni scritte sulla quinta questione – cercano di applicare le prescrizioni dell’art. 26 ai fatti della presente causa.

    133. A mio parere, considerata la formulazione della quinta questione, non è consentito alle parti, o per meglio dire a questa Corte, di discostarsi dalle assunzioni di fatto intessute nei termini in cui è formulata la questione.

    134. Detta questione assume esplicitamente che, quando i giudici di due Stati membri intendono aprire la procedura di insolvenza e si domanda il riconoscimento della decisione del giudice dello Stato membro B da parte dei giudici dello Stato A, i) è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro A consentire che una decisione giudiziaria o amministrativa produca effetti giuridici con riguardo a persone o enti i cui diritti ad un procedimento corretto e ad un dibattimento equo non siano stati osservati nel prendere una decisione siffatta e che ii) il giudice dello Stato membro A è convinto che la decisione dello Stato membro B è stata emessa nell’inosservanza di tali principi.

    135. Mi sembra pertanto che non sia rilevante discutere in merito alle differenti culture giuridiche dei due Stati membri interessati o cercare di dimostrare che i diritti del curatore provvisorio sono in effetti tutelati.

    136. Concordo altresì con il Dott. Bondi e con il governo italiano sul fatto che la sentenza della Corte nella causa Krombach (35) suggerisce che la Corte possa e debba controllare i limiti di ciò che può correttamente rientrare nell’ambito dell’eccezione dell’ordine pubblico al fine di non vanificare gli obiettivi fondamentali del riconoscimento e della cooperazione.

    137. La suddetta causa riguardava l’art. 27, n. 1, della Convenzione di Bruxelles, che prevede che i giudici di uno Stato contraente rifiutino di riconoscere la decisione resa dai giudici di un altro Stato contraente «se il riconoscimento è contrario all’ordine pubblico dello Stato richiesto» (36). Alla Corte era stato sostanzialmente domandato se, qualora un giudice si sia rifiutato di sentire un imputato, si possa negare il riconoscimento della decisione di quel giudice ai sensi dell’art. 27, n. 1, per la sola ragione dell’assenza dell’imputato dal dibattimento.

    138. La Corte ha dichiarato che l’art. 27, n. 1, deve essere interpretato restrittivamente, in quanto costituisce un ostacolo alla realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali della Convenzione, e che la clausola dell’ordine pubblico deve applicarsi soltanto in casi eccezionali (37). La Corte proseguiva:

    «Ne consegue che, sebbene gli Stati contraenti restino, in linea di principio, liberi di determinare (…), conformemente alle loro concezioni nazionali, le esigenze del loro ordine pubblico, i limiti di tale nozione rientrano nell’interpretazione della Convenzione.

    Pertanto, sebbene non spetti alla Corte definire il contenuto dell’ordine pubblico di uno Stato contraente, essa è però tenuta a controllare i limiti entro i quali il giudice di uno Stato contraente può ricorrere a tale nozione per non riconoscere una decisione emanata da un giudice di un altro Stato contraente.

    (…)

    [D]a una giurisprudenza elaborata dalla Corte (…) risulta che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento di cui trattasi» (38).

    139. Nella presente causa, il giudice del rinvio afferma che, nelle circostanze ivi delineate, consentire che una decisione presa in quel modo produca effetti giuridici sarebbe manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro interessato. Appare chiaro dalla decisione di rinvio che tale conclusione è stata raggiunta dopo un accurato e approfondito esame del comportamento del Tribunale di Parma da parte della Supreme Court of Ireland.

    140. Il Dott. Bondi e il governo italiano, citando la relazione Virgós-Schmit, sostengono che l’interpretazione di ordine pubblico data dal giudice del rinvio come espressa nella quinta questione è «irragionevolmente ampia» e «non coperta dall’art. 26» (39).

    141. Mentre concordo con le summenzionate parti che dalla sentenza Krombach si deduce che la Corte debba controllare i limiti dell’ordine pubblico nazionale, ritengo che le loro argomentazioni trascurino l’esatta portata di quella decisione e il significato essenziale della relazione Virgós-Schmit.

    142. Nella sentenza Krombach, l’affermazione della Corte secondo cui essa è tenuta a controllare i limiti entro i quali il giudice di uno Stato contraente può ricorrere alla nozione di ordine pubblico per non riconoscere una decisione emanata da un giudice di un altro Stato contraente (40) era seguita immediatamente dal richiamo al «principio generale di diritto comunitario in forza del quale ogni persona ha diritto a un processo equo», che si ispira ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza e che sono custoditi nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (41) L’importanza di quei diritti fondamentali permea la sentenza della Corte (42). In quell’ottica, ritengo che il requisito di un giusto processo ricada in linea di principio nell’ambito dell’eccezione dell’ordine pubblico di cui all’art. 26 del regolamento.

    143. La relazione Virgós-Schmit cerca di restringere le interpretazioni dell’ordine pubblico ai diritti e alle libertà costituzionalmente protetti e alle politiche fondamentali dello Stato richiesto, sia sostanziali che procedurali; infatti afferma che l’ordine pubblico può «proteggere i partecipanti o i soggetti coinvolti nel procedimento contro la mancata osservanza del principio del giusto processo. L’ordine pubblico non comporta un controllo generale della correttezza delle procedure seguite in un altro Stato contraente, ma piuttosto essenziali garanzie procedurali quali l’adeguata possibilità di essere sentiti e i diritti di partecipazione al procedimento». I creditori cui è impedito di partecipare sono espressamente menzionati (43).

    144. Il requisito del giusto processo può essere considerato particolarmente importante dato che il regolamento non consente il controllo del merito della decisione di cui si chiede il riconoscimento (44).

    145. Pertanto, a mio parere, l’ordine pubblico a cui si fa riferimento nell’art. 26 comprende chiaramente la mancata osservanza del principio del giusto processo laddove essenziali garanzie procedurali, quali il diritto ad essere sentiti e i diritti di partecipazione al procedimento, non siano stati adeguatamente tutelate. Ammesso che il comportamento che si adduce violare l’ordine pubblico rientri nell’ambito di detta disposizione, i suoi termini chiariscono che spetta a ciascuno Stato membro valutare se la decisione di un altro Stato membro sia contraria all’ordine pubblico del primo Stato membro. Se è così, la questione se la violazione addotta sia stata sufficientemente grave da permettere a quel giudice di rifiutare il riconoscimento ai sensi dell’art. 26 rientra nell’ambito del diritto nazionale (45).

    146. Il Dott. Bondi e il governo italiano sostengono altresì che l’art. 26 si applica solo laddove il riconoscimento in questione possa produrre degli «effetti palesemente contrari» all’ordine pubblico. Nella presente causa, l’«effetto» è che i giudici irlandesi sono obbligati a riconoscere che la loro procedura di insolvenza è una procedura «secondaria» e non «principale». Le suddette parti sostengono che è difficile comprendere perché tale limitato «effetto» dovrebbe essere palesemente contrario all’ordine pubblico irlandese.

    147. Ancora, mi sembra tuttavia che questo argomento trascuri i termini in cui è stata posta la questione. Il giudice nazionale afferma espressamente che è manifestamente contrario all’ordine pubblico di uno Stato membro il fatto di consentire che una decisione giudiziaria o amministrativa produca effetti giuridici con riguardo a persone o enti i cui diritti ad un procedimento corretto e ad un dibattimento equo non siano stati osservati nel prendere una decisione siffatta e che è convinto che la decisione in questione sia stata emessa nell’inosservanza di tali principi.

    148. Infine, il Dott. Bondi e il governo italiano sostengono che il giudice del rinvio sembra aver trascurato di tener conto del fatto che, anche qualora un caso rientri nell’ambito dell’art. 26, lo Stato membro il cui ordine pubblico è in questione non è obbligato a rifiutare il riconoscimento. Nell’art. 26 viene utilizzato il termine «può», che attribuisce una certa discrezionalità allo Stato membro nel decidere se rifiutare il riconoscimento. Ciò contrasta con l’utilizzo della locuzione «non sono» nell’art. 27 della Convenzione di Bruxelles. Se – come sostengono le suddette parti – in sostanza il Sig. Farrell ha ottenuto un dibattimento equo in Italia, e, in caso contrario, dato che questi avrebbe potuto cercare di rimediare alle addotte carenze procedurali con un appello, il giudice del rinvio non dovrebbe pregiudicare il sistema di riconoscimento previsto dal regolamento esercitando il proprio potere discrezionale di rifiutare il riconoscimento.

    149. Ancora, tuttavia, mi sembra che il primo punto sollevato, ovvero l’addotta equità del dibattimento, cerchi di rimettere in discussione i fatti accertati dal giudice del rinvio, che afferma nella questione proposta che è convinto che la decisione del Tribunale di Parma sia stata «emessa nell’inosservanza» dei «diritti ad un procedimento corretto e ad un dibattimento equo».

    150. Per quanto riguarda il secondo punto, ovvero la possibilità di proporre appello, si deve tenere a mente che nelle fasi iniziali di una procedura di insolvenza il tempo è spesso di estrema importanza, tanto che una data procedura deve essere valutata nello stato in cui si trova. Questo approccio è coerente con le osservazioni contenute nella relazione Virgós-Schmit concernenti simili situazioni di urgenza relative a provvedimenti cautelari ex parte. La relazione osserva che tutti gli Stati contraenti prevedono tali provvedimenti, e prosegue: «Naturalmente, perché tali provvedimenti siano costituzionali, nella maggior parte degli Stati membri essi sono soggetti a speciali condizioni volte a garantire il rispetto del giusto processo (ad esempio, cumulativamente, la dimostrazione del fumus boni iuris, del periculum in mora, la prestazione di una garanzia da parte del richiedente, l’immediata notifica alla persona interessata e l’effettiva possibilità di impugnare l’adozione dei provvedimenti)» (46). La previsione del fatto che tali condizioni siano cumulative indica che la mancata osservanza di una condizione, come l’immediata notifica alla persona interessata, non possa necessariamente essere sanata dal rispetto di un’altra, quale la possibilità di impugnazione (47). La relazione sottolinea che il fatto che tali provvedimenti siano riconosciuti «dipende dal fatto che siano o meno compatibili con l’ordine pubblico dello Stato interessato in cui la decisione produrrà i propri effetti» (48).

    151. Infine, per quanto riguarda la formulazione dell’art. 26, è vero che questa disposizione, a differenza dell’art. 27, n. 1, della Convenzione di Bruxelles, attribuisce un potere discrezionale al giudice a cui si domanda il riconoscimento. Il fatto che il giudice abbia la facoltà di riconoscere la procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro anche qualora il riconoscimento possa produrre effetti palesemente contrari al proprio ordine pubblico, non può tuttavia significare che ciò costituirà sempre la strada corretta, poiché una tale interpretazione priverebbe l’art. 26 di qualsiasi effetto. Nella presente causa, mi sembra che, sulla base dell’ipotesi posta nella questione, che a sua volta si fonda sull’accertamento dei fatti effettuato dal giudice del rinvio, non vi sia nulla che indichi che il giudice abbia esercitato erroneamente il proprio potere discrezionale nel rifiutare il riconoscimento.

     Conclusioni

    152. Conseguentemente, concludo che la prima, la terza, la quarta e la quinta questione della Supreme Court of Ireland debbano essere risolte come segue:

    1)      Allorché ad un giudice competente viene presentata in Irlanda una domanda di liquidazione di una società insolvente e detto giudice emette, in pendenza dell’emissione di un’ordinanza di liquidazione, un’ordinanza di nomina di un curatore provvisorio munito del potere di prendere possesso degli attivi della società, amministrare i suoi affari, aprire un conto corrente bancario e nominare un solicitor, tutto ciò con la conseguenza sul piano giuridico di privare della capacità di agire gli amministratori della società, codesta ordinanza combinata con la presentazione della domanda costituisce una decisione di apertura della procedura di insolvenza ai fini dell’art. 16 del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346 relativo alle procedure di insolvenza.

    2)      Qualora una procedura di insolvenza sia inizialmente aperta da un giudice di uno Stato membro dove è situata la sede statutaria della società e dove la società esercita in modo abituale la gestione dei suoi affari secondo modalità riconoscibili da terzi, il giudice di un altro Stato membro non è competente ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1346/2000 ad aprire la procedura di insolvenza principale.

    3)      Laddove il debitore è una società controllata e la sua sede statutaria e quella della sua società madre sono in due diversi Stati membri e la controllata esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi secondo modalità riconoscibili da terzi ed in osservanza completa e regolare della sua stessa identità societaria nello Stato membro dove è situata la sua sede statutaria, la presunzione dell’art. 3, n. 1, del regolamento che il centro degli interessi principali della controllata è nello Stato membro della sede statutaria non è vinta semplicemente dal fatto che la società madre, grazie al suo azionariato ed al potere di nominare gli amministratori, è in grado di controllare e di fatto controlla la politica della controllata e tale controllo non è riconoscibile dai terzi.

    4)      quando il fatto di consentire che una decisione giudiziaria o amministrativa produca effetti giuridici con riguardo a persone o enti i cui diritti ad un procedimento corretto e ad un dibattimento equo non siano stati osservati nel prendere una decisione siffatta sia manifestamente contrario all’ordine pubblico di uno Stato membro, tale Stato membro non è obbligato, a norma dell’art. 16 del regolamento n. 1346/2000, a riconoscere una decisione dei giudici di un altro Stato membro intesa ad aprire il procedimento di insolvenza nei confronti di una società, in una situazione in cui il giudice del primo Stato membro è convinto che la decisione in questione sia stata emessa nell’inosservanza di tali principi.


    1 – Lingua originale: l'inglese.


    2 – Regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346 relativo alle procedure di insolvenza (GU 2000 L 160, pag. 1).


    3 – La descrizione degli antefatti è rinvenibile nelle conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa C‑1/04 Staubitz-Schreiber, presentate il 6 settembre 2005. V. altresì M. Balz, ‘The European Union Convention on insolvency proceedings’, American Bankruptcy Law Journal 1996, pag. 485, a pag. 529; I. Fletcher, Insolvency in Private International Law (1999) (‘Fletcher’), pagg. 298-301, e P. Burbidge, ‘Cross border insolvency within the European Union: dawn of a new era’, European Law Review 2002, pag. 589, a pag. 591.


    4 – Per la descrizione e l’analisi delle differenze si vedano i paragrafi 1.22 e 1.23 di G. Moss, I. Fletcher e S. Isaacs, The EC Regulation on Insolvency Proceedings: A Commentary and Annotated Guide (2002) («Moss, Fletcher e Isaacs»). V. altresì M. Virgós e F. Garcimartín, The European Insolvency Regulation: Law and Practice (2004) («Virgós e Garcimartín»), paragrafo 48(a).


    5 – La relazione Virgós-Schmit, che è stata la fonte di molti ‘considerando’ del regolamento, non è mai stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, sebbene costituisca un documento del Consiglio dell'UE dell'8 luglio 1996 - 6500/1/96. La versione finale del testo completo in inglese può essere comunque reperita in Moss, Fletcher e Isaacs. V. altresì l’articolo di M. Balz citato alla nota 3 («Balz»). Balz presiedette il gruppo di lavoro del Consiglio UE in materia di fallimento che ha redatto la Convenzione. Balz afferma che la relazione Virgós-Schmit Report fu «ampiamente discussa e concordata dagli esperti delegati, ma, diversamente dalla Convenzione, non fu approvata formalmente dal Consiglio dei Ministri. Ciononostante, avrà notevole autorità per i giudici degli Stati membri» (nota 51) (traduzione libera).


    6 – In modo analogo, la Corte, in innumerevoli occasioni, ha fatto riferimento alle relazioni esplicative della Convenzione di Bruxelles (principalmente la relazione Jenard sulla Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1979 C 59, pag. 1, 27) e la relazione Schlosser sulla Convenzione relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla Convenzione di Bruxelles (GU 1979, C 59, pag. 71)).


    7 – Iniziativa della Repubblica federale di Germania e della Repubblica di Finlandia ai fini dell'adozione di un regolamento del Consiglio relativo alle procedure d'insolvenza, presentata al Consiglio il 26 maggio 1999 (GU 1999 C 221, pag. 8).


    8 – Art. 1, n. 1.


    9 – V. infra, paragrafo 117.


    10 – Dal tempo dei fatti che hanno dato luogo alla causa principale, gli allegati del regolamento sono stati modificati dal regolamento (CE) del Consiglio del 12 aprile 2005, n. 603/2005 (GU 2005 L 100, pag. 1); le modifiche non sono rilevanti per la presente causa. V. infra, nota 14.


    11 – L’Ufficio del Direttore incaricato dell’applicazione del diritto societario è stato istituito nel novembre 2001 conformemente a quanto previsto dal Company Law Enforcement Act (Legge per l’applicazione del diritto societario) del 2001. Ai sensi di detta legge, il Direttore incaricato dell’applicazione del diritto societario promuove il rispetto del diritto societario e conduce indagini e controlli su supposte violazioni della legislazione.


    12 – V. anche la relazione Virgós-Schmit, in cui si afferma che: «Tutte le procedure elencate nell’allegato A hanno due conseguenze fondamentali: lo spossessamento totale o parziale del debitore e la designazione di un curatore. Tuttavia, sorgerebbero delle distorsioni se la Convenzione fosse applicabile solo dal momento in cui si verificano tali conseguenze. Le fasi iniziali della procedura di insolvenza potrebbero essere escluse dal sistema di collaborazione internazionale della Convenzione. Dette conseguenze sono necessarie affinché una procedura compaia nell'elenco di cui all'allegato A. Tuttavia, una volta che la procedura è stata inclusa in detto elenco, è sufficiente l'apertura della procedura perché la Convenzione si applichi sin dall'inizio» (paragrafo 50) (traduzione libera). Balz sostiene altresì che: «Non vi è alcuna necessità che tutti gli elementi della procedura di insolvenza siano presenti al momento dell’apertura. Per esempio, se un curatore è generalmente nominato dopo l’apertura della procedura, la Convenzione si applica a detta procedure sin dall’inizio» (pag. 501) (traduzione libera).


    13 – V. supra, paragrafo 15.


    14 – Si può osservare che un commentatore britannico ha implicitamente assunto questa posizione nel contesto della Convenzione nel discutere le conseguenze della nomina di un curatore provvisorio nel Regno Unito. A quel tempo, l'elenco dell'allegato C non comprendeva un curatore provvisorio per il Regno Unito (esso è stato successivamente modificato dal regolamento n. 603/2005, citato alla nota 10). Fletcher afferma, in relazione alla definizione di cui all’art. 2, lett. f, «Così, una decisione di apertura della procedura di insolvenza può avere effetti extraterritoriali anche se non è una decisione definitiva, a condizione che i suoi effetti non siano stati sospesi dal giudice che l’ha accordata. Ciò può indurre a supporre che la nomina di un curatore provvisorio ad opera di un giudice nel Regno Unito potrebbe essere considerata produttiva di tali effetti. Tuttavia, si deve tenere a mente che il riconoscimento di cui all’art. 16 è accordato solo alle procedure di insolvenza nel campo di applicazione della Convenzione ed espressamente elencate negli allegati della stessa. Poiché tra i tipi di soggetti incaricati elencati nell’allegato C non rientra un curatore provvisorio, è escluso il riconoscimento automatico di tale nomina» (pagg. 283 e 284) (traduzione libera).


    15 – Si può rilevare che l’art. 38 si trova nel Capitolo III del regolamento, intitolato «Procedure secondarie di insolvenza».


    16 – Sembra che in diritto irlandese una società può in certe circostanze essere sottoposta a liquidazione coattiva ad opera del giudice anche qualora non sia insolvente.


    17 – Virgós e Garcimartín, paragrafi 36, (traduzione libera); v. altresì la relazione Virgós-Schmit, paragrafi 49 e 50; Moss, Fletcher e Isaacs, paragrafi 3.02 e 8.07; Balz, pag. 502. La situazione è leggermente differente per il requisito dell'insolvenza, in quanto nei casi in cui il tipo di procedura elencato nell’allegato A può essere utilizzato sia qualora vi sia insolvenza sia qualora non vi sia, deve essere soddisfatto anche il requisito dell’insolvenza. Nella presente causa, tuttavia, a mio parere il problema non si pone: v. supra, paragrafo 81.


    18 – Riportato supra al paragrafo 22.


    19 – Riportato supra al paragrafo 10.


    20 – V. supra, paragrafo 77.


    21 – Paragrafo 135 (il corsivo è mio) (traduzione libera).


    22 –      A meno che non venga invocata l’eccezione dell’ordine pubblico di cui all’art. 26. L’art. 26 costituisce oggetto della quinta questione del giudice del rinvio nella presente causa.


    23 – Ciò è in parte dovuto a ragioni storiche. Virgós e Garcimartín spiegano che nel negoziare la trasformazione della Convenzione in regolamento, gli Stati membri decisero di incorporare nei ‘considerando’ quegli aspetti della relazione Virgós-Schmit che erano ritenuti essere di particolare rilevanza al fine di assicurare la corretta comprensione delle sue regole (paragrafo 48(a)).


    24 – Relazione Virgós-Schmit, paragrafo 202(2), (traduzione libera); v. altresì i paragrafi 79, 215 e 220; Moss, Fletcher e Isaacs, paragrafi 5.38, 8.47, 8.48 e 8.205; Virgós e Garcimartín, paragrafi 70 e 402; Balz, pagg. 505 e 513, e Fletcher, pag. 288.


    25 – V. relazione Virgós-Schmit, paragrafo 202, e Fletcher, pagg. 288-9.


    26 – Paragrafo 75 (traduzione libera). Balz si esprime in termini un po’ differenti: «In caso di una mera registrazione di casella postale, la sede centrale verrà trattata come il centro degli interessi principali» (pag. 504) (traduzione libera).


    27 – Il corsivo è mio. V. altresì la relazione Virgós-Schmit, paragrafo 76, Virgós e Garcimartín, paragrafo 61, e Balz, pag. 503.


    28 – V. per un interessante resoconto del sostrato del concetto di «centro degli interessi principali», Virgós e Garcimartín, paragrafo 46.


    29 – Relazione Virgós-Schmit, paragrafo 75; Moss, Fletcher e Isaacs, paragrafo 3.10, e Virgós e Garcimartín, paragrafo 53.


    30 – Sussistono diversi obblighi, derivanti dalla legislazione comunitaria, relativi alla divulgazione da parte delle società sia delle procedure di nomina degli amministratori sia dell'esistenza di un rapporto di controllo tra società. Tuttavia, non tutti questi obblighi si applicano a tutte le società: la posizione varia a seconda che le società interessate siano pubbliche o private, e nel caso di società pubbliche, che siano quotate o meno. Inoltre, la divulgazione nei bilanci pubblicati di una società è inevitabilmente retrospettiva: visto che i conti sono necessariamente preparati e pubblicati successivamente al periodo cui si riferiscono, non aiutano i potenziali creditori di una società a stabilire il luogo attuale e futuro del centro degli interessi principali di quella società.


    31 – È forse per questo motivo che Virgós e Garcimartín sono del parere che «nel caso di società controllate, il collegamento rilevante sarà il luogo dove è situata la sede effettiva (cioè la sede principale) della società controllata. Il fatto che le decisioni di questa controllata siano prese in conformità delle istruzioni provenienti dalla società madre o da azionisti residenti altrove non modifica la regola di competenza internazionale su detta società» (paragrafo 51) (traduzione libera). V. altresì Virgós e Garcimartín, paragrafo 61.


    32 – Moss, Fletcher e Isaacs, paragrafo 3.11.


    33 – Relazione Virgós-Schmit, paragrafo 75.


    34 – Paragrafo 204 (traduzione libera).


    35 – Sentenza 28 marzo 2000, causa C‑7/98 (Racc. pag. I‑1935); v. infra, paragrafo 138. V. altrsì sentenza 11 maggio 2000, causa C‑38/98, Renault (Racc. pag. I‑2973).


    36 – La disposizione corrispondente nel regolamento 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in material civile e commerciale (GU 2001 L 12, pag. 1), è l’art. 34, n. 1; questa norma, tuttavia, differisce dall’art. 27, n. 1, della Convenzione nel fatto che, al pari dell'art. 26 del regolamento relativo alle procedure di insolvenza, il riconoscimento di una decisione deve essere «manifestamente contrario all’ordine pubblico» per poter essere negato sulla base di detto motivo.


    37 – Punto 21.


    38 –      Punti 22, 23 e 42.


    39 – Paragrafo 205 (traduzione libera).


    40 – Punto 23, riportato supra al paragrafo 138.


    41 – Punti 25-27.


    42 – V. in particolare i punti 38, 39 e 40-44.


    43 – Pargrafo 206 (traduzione libera).


    44 – V. Virgós e Garcimartín, paragrafo 406.


    45 – Relazione Virgós-Schmit Report, paragrafo 207 (traduzione libera).


    46 – Paragrafo 207.


    47 – Si può rilevare che il giudice del rinvio afferma, nella decisione di rinvio, che questo è infatti il caso nel diritto irlandese: «In una simile situazione questa Corte non permetterebbe ad alcun giudice o organo amministrativo di emettere una decisione analoga. Essa riterrebbe l’assenza di procedure corrette così manifestamente contraria in quanto tale all’ordine pubblico da considerare la decisione stessa come emessa in difetto di giurisdizione e, conseguentemente, nulla. Né potrebbe sanarsi un risultato siffatto grazie al fatto che il procedimento può essere riaperto dinanzi allo stesso giudice. Tale fondamentale carenza nell’osservanza di una procedura corretta vizierebbe l’intero procedimento».


    48 – Paragrafo 207.

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