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Document 62004CC0289

Conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed del 19 gennaio 2006.
Showa Denko KK contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Concorrenza - Intesa - Elettrodi di grafite - Art. 81, n. 1, CE - Ammende - Orientamenti per il calcolo dell'importo delle ammende - Comunicazione sulla cooperazione - Principio del non bis in idem.
Causa C-289/04 P.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-05859

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:52

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GEELHOED

presentate il 19 gennaio 2006 1(1)

Causa C-289/04 P

Showa Denko KK

contro

Commissione delle Comunità europee

(Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Elettrodi di grafite – Art. 81, n. 1, CE – Ammende – Orientamenti per il calcolo delle ammende – Comunicazione sulla cooperazione)





I –    Introduzione

1.        Con il presente ricorso, la Showa Denko KK (in prosieguo: la «SDK» o la «ricorrente»), chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado 29 aprile 2004, nelle cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon Co. Ltd/Commissione, Racc. pag. I‑0000 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), nella parte in cui non elimina completamente il «coefficiente moltiplicatore di dissuasione» applicato dalla Commissione all’ammenda inflitta alla ricorrente.

2.        Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha ridotto l’ammenda inflitta alla ricorrente con decisione della Commissione 18 luglio 2001, 2202/271/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE – Caso Comp/E-1/36.490 – Elettrodi di grafite (2) (in prosieguo: la «decisione contestata»).

II – Disposizioni pertinenti

Regolamento n. 17

3.        L’art. 15, n. 2, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (3) (in prosieguo: il «regolamento n. 17»), dispone quanto segue:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza:

a) commettano una infrazione alle disposizioni dell’articolo [81], paragrafo 1 o dell’articolo [82] del Trattato,

(…)

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

Orientamenti per il calcolo delle ammende

4.        Il preambolo della comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del Trattato CECA» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti») enuncia quanto segue:

«I principi indicati (…) dovrebbero consentire di assicurare la trasparenza ed il carattere obiettivo delle decisioni della Commissione, di fronte sia alle imprese che alla Corte di giustizia, ponendo l’accento, nel contempo, sul margine discrezionale lasciato dal legislatore alla Commissione nella fissazione delle ammende, entro il limite del 10% del volume d’affari globale delle imprese. La Commissione intende tuttavia inquadrare tale margine in una linea politica coerente e non discriminatoria, che sia funzionale agli obiettivi perseguiti con la repressione delle infrazioni alle regole della concorrenza.

La nuova metodologia applicabile per la determinazione dell’ammontare dell’ammenda si baserà ormai sullo schema seguente, che consiste nella fissazione di un importo di base, al quale si applicano maggiorazioni in caso di circostanze aggravanti e riduzioni in caso di circostanze attenuanti».

III – Fatti e genesi della decisione contestata

5.        Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha riassunto i fatti di causa nei termini seguenti:

«1.      Con decisione 18 luglio 2002, 2002/271 (…) la Commissione ha accertato la partecipazione di varie imprese ad una serie di accordi e di pratiche concordate, ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e dell’art. 53, n. 1, dell’accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: l’“accordo SEE”) nel settore degli elettrodi di grafite.

2.      Gli elettrodi di grafite sono utilizzati prevalentemente nella produzione d’acciaio in forni elettrici ad arco. La produzione d’acciaio mediante tali forni è sostanzialmente un processo di riciclaggio, nel quale rottami d’acciaio sono trasformati in acciaio nuovo, contrariamente al procedimento classico di produzione a partire dal minerale di ferro negli altiforni ad ossigeno. Per fondere i rottami d’acciaio si utilizzano nove elettrodi, raggruppati in colonne di tre. Per l’intensità del processo di fusione, si consuma all’incirca un elettrodo ogni otto ore. La produzione di un elettrodo richiede circa due mesi. Non esistono prodotti che possano sostituire gli elettrodi di grafite nell’ambito di questo processo produttivo.

3.      La domanda di elettrodi di grafite è direttamente legata alla produzione di acciaio nei forni elettrici ad arco; in clienti sono prevalentemente produttori di acciaio, che rappresentano l’85% della domanda. Nel 1998, la produzione mondiale d’acciaio grezzo è stata pari a 800 milioni di tonnellate, 280 milioni delle quali sono state prodotte in forni elettrici ad arco (…)

(…)

5.      Durante gli anni Ottanta, i progressi tecnologici hanno determinato una sostanziale riduzione del consumo di elettrodi per ogni tonnellata di acciaio prodotto. Nello stesso periodo, anche l’industria siderurgica ha attraversato una fase di profonda ristrutturazione. La riduzione della domanda di elettrodi ha cagionato un processo di ristrutturazione dell’industria mondiale degli elettrodi. Molte fabbriche sono state chiuse.

6.      Nel 2001, nove produttori occidentali hanno rifornito il mercato europeo di elettrodi di grafite (…)

7.      Il 5 giugno 1997, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio (…) [n. 17], taluni funzionari della Commissione hanno condotto, contemporaneamente e senza preavviso, accertamenti (…)

8.      Lo stesso giorno, agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI) hanno effettuato negli Stati Uniti perquisizioni presso le sedi di numerosi produttori. A seguito di tali accertamenti è stata avviata un’azione penale nei confronti della (…) SDK (…) per intesa illecita. Tutti gli imputati si sono riconosciuti colpevoli e hanno accettato di pagare le ammende, stabilite in una somma pari a (…) USD 32,5 milioni per la SDK (…).

(…)

10.      Negli Stati Uniti sono state intentate azioni civili di risarcimento danni (triple damages) nei confronti della (…) SDK per conto di un gruppo di acquirenti.

11.      (…) Azioni civili sono state intentate nel giugno 1998 in Canada da alcuni produttori d’acciaio nei confronti della (…) SDK per intesa illecita.

12.      Il 24 gennaio 2000 la Commissione ha inviato alle imprese censurate una comunicazione degli addebiti. Il procedimento amministrativo ha portato all’adozione, il 18 luglio 2001, della Decisione, con la quale si contesta alle imprese ricorrenti (…) di aver fissato i prezzi su scala mondiale e di aver ripartito i mercati nazionali e regionali del prodotto di cui trattasi secondo il principio del “produttore nazionale”: (…) la SDK (…) [era] responsabil[e] per il Giappone e per certe aree dell’Estremo Oriente (…).

13.      Sempre secondo la Decisione, i principi direttivi dell’intesa erano i seguenti:

–      i prezzi degli elettrodi di grafite dovevano essere fissati a livello mondiale;

–      le decisioni relative ai prezzi di ciascuna società dovevano essere prese esclusivamente dai presidenti o dai direttori generali;

–      il “produttore nazionale” doveva fissare il prezzo di mercato all’interno del suo “territorio”, e gli altri produttori si sarebbero adeguati;

–      per i mercati “non nazionali”, cioè i mercati sui quali non era presente un produttore “nazionale”, i prezzi sarebbero stati decisi di comune accordo;

–      i produttori “non nazionali” non dovevano farsi una concorrenza aggressiva e si ritiravano dai mercati “nazionali” degli altri;

–      non doveva esserci alcuna espansione della capacità (i produttori giapponesi avrebbero dovuto ridurre la propria);

–      non si doveva procedere a trasferimenti di tecnologia al di fuori della cerchia di produttori partecipanti al cartello.

14.      La Decisione prosegue esponendo che tali principi direttivi sono stati applicati mediante riunioni dell’intesa che si svolgevano a vari livelli: riunioni degli “alti dirigenti” e riunioni “di lavoro”, riunioni del gruppo di produttori europei (senza le imprese giapponesi), riunioni nazionali o regionali dedicate a mercati specifici e a contatti bilaterali tra le imprese.

(…)

16.      In base agli accertamenti fattuali e alle valutazioni giuridiche di cui alla Decisione, la Commissione ha condannato le imprese censurate al pagamento di ammende il cui importo è stato calcolato in conformità al metodo esposto negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’art. 65, paragrafo 5 del Trattato CECA (…), nonché nella comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (…).

17.      L’art. 3 del dispositivo della Decisione infligge le seguenti ammende:

(…)

SDK: EUR 17,4 milioni;

(…)

18.      L’art. 4 del dispositivo ingiunge alle imprese interessate di pagare le ammende entro tre mesi dalla data di notifica della Decisione, sotto pena di pagamento degli interessi pari all’8,04%».

IV – Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

6.        La Showa Denko, con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 ottobre 2001, e altre imprese destinatarie della decisione contestata hanno proposto ricorso contro la detta decisione.

7.        Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, tra l’altro, quanto segue:

«(…)

4)      Nella causa T-245/01, Showa Denko/Commissione:

–      l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente dall’art. 3 della decisione 2002/271 è stabilito in EUR 10 440 000;

–      il ricorso è respinto per il resto;

(…)».

V –    L’impugnazione

8.        La Showa Denko chiede che la Corte voglia:

–      annullare la sentenza del Tribunale nella causa T-245/01;

–      ridurre l’ammenda applicata alla ricorrente alla somma di EUR 6 960 000, ovvero a qualsiasi altra somma ritenuta congrua dalla Corte nell’esercizio del suo potere discrezionale;

–      assumere ogni altro provvedimento che la Corte ritenga opportuno;

–      condannare la Commissione alle spese.

9.        La Commissione chiede che la Corte voglia:

–      respingere il ricorso;

–      condannare la ricorrente alle spese.

VI – Motivi di impugnazione

10.      A sostegno del suo ricorso, la SDK deduce quattro motivi, alcuni dei quali possono essere ulteriormente suddivisi. Essa formula i motivi come segue: il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto, violato i principi di non discriminazione e di proporzionalità e non avrebbe fornito una motivazione adeguata in quanto non ha eliminato l’arbitrario «fattore dissuasivo» applicato alla ricorrente, ha basato detto fattore sul fatturato mondiale consolidato della ricorrente relativo a mercati non rilevanti, e ha fondato l’«ammenda di base» sulla quota di mercato e sul fatturato mondiali, senza adeguare l’ammenda tenendo conto delle multe e degli oneri imposti negli Stati Uniti.

11.      I motivi sono articolati nel modo seguente:

–      con il primo motivo si deduce un errore di diritto e una carenza di motivazione, in quanto il Tribunale ha ammesso che, in linea di principio, alla ricorrente era applicabile un fattore «dissuasivo» basato sul fatturato mondiale.

–      Il secondo motivo verte su un errore di diritto e sul fatto che il Tribunale ha omesso di motivare la sua decisione per quanto riguarda il fattore «dissuasivo» applicato alla ricorrente.

–      Con il terzo motivo si lamenta un errore di diritto e una carenza di motivazione, in quanto il Tribunale ha respinto l’argomento secondo cui la Commissione non era obbligata, al fine di determinare l’ammenda «di base», a tener conto delle multe e degli oneri imposti alla ricorrente negli Stati Uniti.

–      Il quarto motivo concerne la violazione del diritto fondamentale della ricorrente ad un processo equo.

VII – Analisi

Osservazioni preliminari

12.      Nelle conclusioni che ho presentato in data odierna nella causa C-308/04, ho già ricordato che la dissuasione, in quanto elemento legato alla gravità, costituisce uno dei fattori da prendere in considerazione al fine di determinare l’importo dell’ammenda.

13.      Secondo costante giurisprudenza (4), le ammende inflitte per le infrazioni all’art. 81 del Trattato CE, quali previste dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e attualmente dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 (5), sono volte a sanzionare la condotta illecita delle imprese interessate e a dissuadere sia queste ultime che altre imprese dal trasgredire in futuro le norme comunitarie sulla concorrenza.

14.      L’obbligo della Commissione di tenere conto dell’aspetto dissuasivo delle ammende è ora espressamente previsto anche dagli orientamenti.

15.      Nella fattispecie, la SDK non contesta che la Commissione abbia il diritto di far sì che le ammende abbiano un effetto dissuasivo, ma invoca alcuni principi che nel suo caso dovrebbero condurre ad una conclusione diversa.

16.      Prima di esaminare i singoli motivi, descriverò le modalità con cui la Commissione ha fissato le ammende dei membri dell’intesa in questione.

17.      Nella fattispecie, la Commissione ha determinato l’ammenda conformemente al metodo esposto negli orientamenti. Come è noto, tale metodo prevede varie fasi.

18.      In primo luogo, la Commissione fissa l’ammenda di base. L’ammenda di base viene determinata in funzione della gravità dell’infrazione e della sua durata. La Commissione valuta prima la gravità e quindi la durata.

19.      In secondo luogo, tale importo iniziale viene modificato in funzione delle eventuali circostanze aggravanti e attenuanti applicabili ad ogni singola impresa.

20.      In terzo luogo, qualora venga superato il limite massimo del 10% del fatturato a livello mondiale dell’impresa interessata, la Commissione riporta l’importo dell’ammenda così calcolato entro detto limite.

21.      In quarto luogo, qualora all’impresa interessata sia applicabile la comunicazione sulla cooperazione, la Commissione adegua l’ammenda verso il basso, in funzione del grado di cooperazione.

22.      Per completezza occore precisare che l’ammenda può essere adeguata, a seconda delle circostanze, anche per motivi quali, ad esempio, la limitata capacità contributiva dell’impresa o il vantaggio economico o finanziario realizzato dagli autori dell’infrazione [v. punto 5, lett. b), degli orientamenti].

23.      Per quanto riguarda la prima fase, con particolare riferimento alla gravità, la Commissione ha ritenuto che l’infrazione fosse molto grave. Benché nei casi di infrazione collettiva, quali le intese, in cui la gravità è dunque simile per ogni partecipante, si possa ritenere che debba essere fissato un importo di partenza comune per tutte le imprese partecipanti all’intesa, gli orientamenti ammettono che la Commissione può applicare trattamenti differenziati ai membri dell’intesa per tener conto della reale capacità economica dei trasgressori di cagionare un danno significativo alla concorrenza, e fissare l’ammenda a un livello tale da garantirle un effetto sufficientemente dissuasivo.

24.      Nella fattispecie, la Commissione ha ritenuto necessario tener conto del peso specifico e quindi della reale incidenza del comportamento costituente infrazione, considerata la notevole disparità di dimensioni tra le imprese. La Commissione ha pertanto suddiviso i membri del cartello in tre gruppi per fissare un importo di partenza adeguato per ciascun gruppo, sulla base del fatturato relativo al prodotto e della quota di mercato a livello mondiale. La Commissione ha calcolato l’ammenda di base applicando incrementi di [x] euro per ciascun punto percentuale [y] della quota di mercato mondiale. In tal modo ha ottenuto un importo di partenza pari a 40 milioni di euro per il primo gruppo, 16 milioni di euro per quello intermedio e 8 milioni di euro per l’ultimo.

25.      La SDK è stata collocata nel gruppo intermedio. La Commissione ha ritenuto che, per garantire all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, l’importo di partenza dovesse essere ancora adeguato verso l’alto e l’ha moltiplicato per un coefficiente di 2,5 (il «coefficiente moltiplicatore di dissuasione»), ottenendo una cifra pari a 40 milioni di euro. Tale importo è stato aumentato del 45% per tener conto della durata della partecipazione della SDK all’intesa, il che ha portato a un importo di base di 58 milioni di euro. Nel caso della SDK non sono state rilevate circostanze aggravanti o attenuanti. Dopo l’applicazione dei criteri contenuti nella comunicazione sulla cooperazione, l’importo finale dell’ammenda è stato fissato in 17,4 milioni di euro.

26.      L’importo dell’ammenda così definito è stato modificato dal Tribunale. Quest’ultimo ha dichiarato, in relazione al coefficiente di 2,5 applicato dalla Commissione all’ammenda della SDK per garantirle un effetto sufficientemente dissuasivo, che la decisione della Commissione non conteneva rilievi diversi da quelli relativi alle dimensioni ed alle risorse globali dell’impresa che giustificassero l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore superiore a quello di 1,5. In particolare, il Tribunale ha osservato che la Commissione non ha spiegato le ragioni per cui le circostanze della fattispecie avrebbero richiesto l’applicazione alla SDK di un coefficiente moltiplicatore sei volte superiore a quello applicato alla VAW (6), benché il fatturato rilevante della SDK per tale operazione fosse solo doppio rispetto a quello della VAW. Il Tribunale ha quindi applicato un coefficiente pari a 1,5, ottenendo un importo di partenza inferiore e pari a 24 milioni di euro (7).

27.      La presente impugnazione riguarda esclusivamente il coefficiente moltiplicatore di dissuasione. In sostanza, la SDK afferma che non vi erano motivi per distinguere il suo caso e applicarle un fattore di dissuasione speciale. La ricorrente sostiene che le dimensioni e le risorse complessive non sono pertinenti ai fini del calcolo di un qualsiasi aumento necessario a fini di dissuasione.

A –    Sul primo motivo

28.      Con questo motivo la SDK sostiene che le dimensioni dell’impresa e il suo fatturato a livello mondiale – e non il fatturato imputabile ai prodotti oggetto dell’accordo – sono stati presi in considerazione dalla Commissione allorché li ha utilizzati per ripartire le ammende di base in tre gruppi. La ricorrente afferma che, pertanto, tali fattori non possono giustificare un ulteriore aumento selettivo. A suo parere, il «coefficiente moltiplicatore di dissuasione» può essere applicato solo a scopo di dissuasione, e non in considerazione dell’«impatto reale».

29.      La SDK deduce che il Tribunale, ai punti 241, 242 e 370 della sentenza impugnata, aggiunge una serie di elementi che non sono menzionati negli orientamenti e non presentano alcun nesso con il fattore dissuasivo. A tale proposito, la SDK osserva, tra l’altro, che le risorse disponibili non sono correlate alla dissuasione, che la Commissione non avrebbe dovuto aumentare l’ammenda per il semplice fatto che la SDK disponeva dei fondi necessari per pagare l’ammenda e che se alcune imprese hanno difficoltà a reperire le risorse necessarie per far fronte all’ammenda, tale circostanza non può giustificare un aumento selettivo dell’ammenda applicata ad altre imprese.

30.      La Commissione afferma che il Tribunale era legittimato a dichiarare che l’ammenda inflitta alla SDK poteva essere basata sul suo fatturato mondiale.

Analisi

31.      Come ho già rilevato nelle osservazioni preliminari, nell’ottica di sensibilizzare le imprese circa le conseguenze derivanti da comportamenti contrari al diritto comunitario della concorrenza, la dissuasione costituisce un aspetto importante della prassi della Commissione in materia di ammende. Pertanto, la Commissione può fissare l’importo di base di un’ammenda ad un livello sufficientemente dissuasivo.

32.      La dissuasione è commisurata alla gravità dell’infrazione. La presente fattispecie rappresenta un’infrazione molto grave e la Commissione aveva fissato l’importo di partenza in funzione di tale circostanza. Essa ha applicato trattamenti differenziati suddividendo i trasgressori in tre gruppi per classificarli in base all’impatto reale. Tale classificazione non implica, tuttavia, che si sia tenuto pienamente conto di un sufficiente livello di dissuasione. Ciò non si è verificato nel caso di due degli otto trasgressori, in considerazione delle loro dimensioni e delle loro risorse complessive.

33.      La SDK fa valere che le dimensioni sono correlate all’impatto reale e non alla dissuasione e che la Commissione aveva già tenuto conto delle sue dimensioni e del suo fatturato complessivo nello stabilire le tre categorie. Si tratta tuttavia di un’affermazione errata.

34.      Come si è già rilevato, la Commissione ha tenuto conto del fatturato relativo al prodotto e della quota di mercato a livello mondiale ai fini della suddivisione e ha preso il fatturato mondiale complessivo come base per il coefficiente moltiplicatore di dissuasione. Ai fini della suddivisione, ha considerato il fatturato mondiale relativo al prodotto in quanto tale valore rispecchia meglio la capacità del trasgressore di causare danni e aiuta a valutare l’impatto del comportamento illecito sulla concorrenza. La Commissione ha considerato il fatturato mondiale come un indicatore indiretto delle dimensioni al fine di garantire un sufficiente effetto dissuasivo. Pertanto, la SDK sbaglia nell’affermare che il fatturato complessivo a livello mondiale o le dimensioni erano già stati presi in considerazione.

35.      L’argomento della SDK secondo cui la Commissione non può tener conto del fatturato mondiale per valutare l’effetto dissuasivo non può essere accolto.

36.      Come ha ricordato il Tribunale (8), secondo costante giurisprudenza, la Commissione, in sede di calcolo dell’ammenda, può prendere in considerazione, tra l’altro, le dimensioni e il potere economico dell’impresa interessata. Inoltre, in materia di quantificazione della capacità finanziaria dei membri di un’intesa, la giurisprudenza ha anche riconosciuto la rilevanza del fatturato mondiale. Pertanto, i dati relativi al fatturato mondiale complessivo possono fornire un’indicazione delle dimensioni e delle risorse globali delle varie imprese partecipanti all’intesa (9).

37.      Inoltre, è pacifico che una grande impresa con risorse diversificate si trovi in una posizione diversa rispetto a una piccola impresa la cui sopravvivenza dipende da un unico prodotto. Nel caso di una grande impresa a produzione diversificata, un’ammenda commisurata solo al mercato rilevante risulterebbe inferiore, date le sue risorse complessive, rispetto all’ammenda applicata a un’impresa i cui prodotti siano tutti coinvolti negli accordi di cartello. Di conseguenza, un’ammenda uguale per la stessa infrazione non produce un identico effetto dissuasivo.

38.      Il Tribunale ha riconosciuto, al punto 241, che risorse finanziarie diverse possono richiedere ammende diverse laddove ha dichiarato che la SDK, dato il suo fatturato mondiale, enorme rispetto a quello degli altri membri dell’intesa, avrebbe reperito più facilmente i fondi necessari per il pagamento della sua ammenda. Pertanto, la capacità di reperire fondi, che varia in funzione delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa considerata, può essere presa in considerazione al fine di valutare l’adeguatezza dell’effetto dissuasivo. Il Tribunale non si è contraddetto al punto successivo, in cui ha dichiarato che le mere dimensioni di un’impresa non sono automaticamente sinonimo della sua potenza finanziaria. Infatti, anche le imprese più grandi possono trovarsi in una cattiva situazione finanziaria o avere un flusso di cassa negativo. Tuttavia, il Tribunale ha concluso che la SDK non aveva affermato di trovarsi in una situazione del genere, e la stessa SDK non ha indicato con chiarezza in cosa consista l’errore di diritto del Tribunale.

39.      Per quanto riguarda gli altri argomenti dedotti dalla SDK e menzionati al precedente paragrafo 28, né dalla decisione, né dalla sentenza emerge che la Commissione abbia aumentato l’ammenda della SDK in considerazione delle difficoltà finanziarie di alcuni altri membri dell’intesa. Tale circostanza infatti non avrebbe giustificato un aumento dell’ammenda della SDK. Inoltre, non è vero che, poiché la Commissione non è obbligata a tener conto di una limitata capacità contributiva, che può essere presa in considerazione al termine del procedimento di determinazione dell’ammenda, lo stesso vale per la capacità contributiva (la capacità di reperire fondi), che viene valutata nella prima fase del suddetto procedimento.

40.      La SDK si è anche richiamata alla sentenza Parker Pen (10), in cui il Tribunale ha dichiarato che «la determinazione di un’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo». Tale sentenza avvertiva di non attribuire un’importanza eccessiva al fatturato complessivo, come avveniva nella sentenza Musique Diffusion française. Tuttavia, nella sentenza Parker Pen era in discussione l’importo definitivo e non, come nel caso ora in esame, l’importo di base determinato in funzione della gravità dell’infrazione. Come ha dichiarato il Tribunale (11), nella fattispecie la Commissione non ha basato l’importo finale delle ammende sul solo fatturato a livello mondiale, bensì ha tenuto conto di tutta una serie di elementi diversi dal fatturato.

B –    Sul secondo motivo

41.      La SDK osserva che il Tribunale non ha addotto alcun criterio pertinente atto a giustificare l’applicazione nei suoi confronti di un coefficiente moltiplicatore di dissuasione. Infatti, il Tribunale non avrebbe tenuto conto di alcuni principi generali rilevanti che erano applicabili. A tale proposito, la SDK suddivide il suo argomento in quattro parti.

42.      Nella prima parte, afferma che le ammende andrebbero aumentate a fini dissuasivi in misura moderata e solo qualora specifici validi motivi lo giustifichino, visto in particolare che la dissuasione non viene menzionata nel regolamento n. 17. La SDK rileva che, a tale riguardo, il Tribunale non ha fornito alcun motivo o spiegazione.

43.      Nella seconda parte, la SDK sostiene che il coefficiente moltiplicatore si giustifica solo alla luce del comportamento effettivo o comprovato dell’impresa, e non per le sue dimensioni. La SDK afferma che non è stata individuata alcuna circostanza che possa costituire un motivo per distinguere la sua posizione e aumentare l’ammenda a fini dissuasivi.

44.      Nella terza parte del motivo, la SDK osserva che l’analisi economica della dissuasione conferma che il coefficiente moltiplicatore di dissuasione è arbitrario e ingiustificato.

45.      Secondo la SDK, se un aumento dell’ammenda si giustifica con una finalità di dissuasione, l’importo necessario per ottenere l’effetto voluto non può essere fissato arbitrariamente, bensì va calcolato in funzione: i) dei vantaggi o profitti che l’impresa può attendersi di ricavare dall’infrazione, nel caso in cui la sua condotta illecita non venga scoperta (il che dipende dal fatturato dell’impresa su cui incide l’infrazione), e ii) della probabilità che l’impresa venga scoperta.

46.      La SDK afferma che il Tribunale, respingendo il suo argomento in tal senso al punto 242, non ha tenuto conto del fatto che le grandi imprese a produzione diversificata – dotate o meno di potere «finanziario» – non sono meno sensibili alle ammende rispetto alle imprese con un unico prodotto. Secondo la teoria economica, le grandi imprese sono attente a minimizzare i costi legali e di altra natura almeno quanto le imprese più piccole.

47.      La SDK sostiene che la sentenza non è coerente con il metodo adottato dalla Commissione in altri procedimenti, nei quali essa ha stabilito l’entità dei «profitti supplementari» e ne ha tenuto conto al fine di determinare l’ammenda.

48.      La SDK sostiene inoltre che è errato applicare un aumento a fini dissuasivi e successivamente aumentare la somma così ottenuta in funzione della durata, delle circostanze aggravanti o per qualsiasi altro motivo. A suo parere, la questione della necessità di un effetto dissuasivo andrebbe risolta alla fine del calcolo.

49.      Infine, nella quarta parte, la SDK afferma che l’entità dell’aumento è sproporzionata. A tale proposito, fa riferimento all’esiguità della sua quota di mercato a livello SEE. La ricorrente deduce inoltre che dall’analisi delle ammende risultanti dagli adeguamenti emerge che l’ammenda inflitta alla SDK è sproporzionata rispetto a quella applicata agli altri membri dell’intesa.

Analisi

50.      In sostanza, la SDK afferma che non è pertinente distinguere un’impresa esclusivamente in funzione delle sue dimensioni. La SDK ricorda che lo scopo della dissuasione generale consiste nel garantire che gli oneri e l’ammenda siano sufficientemente elevati da scoraggiare le violazioni delle norme. La SDK sostiene che le imprese, quando commettono un’infrazione, effettuano una scelta razionale basata su un’analisi ponderata. In altre parole, quali sono i costi e i profitti, quante le possibilità di essere scoperti? Il modo migliore per misurare il vantaggio che un’impresa può attendersi consiste nel considerare le dimensioni del mercato (quali profitti si possono ricavare aumentando il livello dei prezzi sul mercato) e l’entità della sua quota su tale mercato (quali profitti può sperare di ricavare la singola impresa). Le altre attività, al di fuori del mercato rilevante, non rientrano nell’analisi. Tali attività non generano profitti extra e quindi non occorre tenerne conto al fine di determinare l’ammenda. Inoltre, la SDK non condivide il presunto fondamento logico della tesi della Commissione e del Tribunale, ossia che le imprese più grandi sono meno sensibili e quindi vanno sanzionate più severamente. La SDK sostiene che le imprese con molte attività diverse non possono rimanere indifferenti, in quanto, sommando tutti i piccoli rischi inerenti alle varie attività, si potrebbero raggiungere somme notevoli.

51.      Infatti, la SDK afferma altresì che esistono circostanze in cui ad un grande gruppo di società dovrebbe essere applicata un’ammenda inferiore a fini dissuasivi rispetto a un’impresa più piccola, ad esempio perché una grande impresa ha più probabilità di essere citata per danni rispetto a una più piccola e quindi ha meno necessità di essere dissuasa.

52.      Quest’ultimo argomento va subito respinto. Quand’anche le imprese più grandi avessero più probabilità di essere citate rispetto a quelle più piccole, tale circostanza costituisce un rischio supplementare cui esse si espongono quando infrangono le regole di concorrenza e di per sé non è correlata all’obbligo di rispettare dette regole.

53.      Inoltre, in relazione alla prima parte, la SDK sembra distinguere tra «dissuasione generale» (definita dalla SDK quale azione intesa a scoraggiare tutte le imprese in generale, compresi i terzi e i possibili trasgressori, dal commettere l’infrazione di cui trattasi) e «dissuasione specifica» (per dissuadere un determinato interessato dal violare ancora le regole in futuro), precisando che solo la dissuasione specifica può giustificare un coefficiente moltiplicatore. Tuttavia, una distinzione di questo tipo non risulta né dalla decisione contestata né dalla sentenza. La SDK non viene distinta a fini di dissuasione specifica. La Commissione ha applicato un coefficiente moltiplicatore alla SDK e ad un altro membro che ha partecipato all’infrazione per dare espressione al principio secondo cui risorse finanziarie diverse richiedono ammende diverse se debbono produrre un effetto dissuasivo equivalente.

54.      Come si è rilevato, le ammende costituiscono un importante strumento di cui dispone la Commissione per mettere in atto la politica di concorrenza. Le ammende non presentano solo un aspetto retributivo, ma anche un aspetto dissuasivo. La ratio è evitare che (tutte) le imprese violino in futuro le regole di concorrenza.

55.      Pertanto, l’effetto dissuasivo dell’ammenda non può essere valutato solo in base alla situazione particolare dell’impresa sanzionata.

56.      Ciò mi porta ad esaminare le dimensioni di un’impresa e l’effetto dissuasivo.

57.      In termini di teoria economica, può essere vero che, per determinare la dissuasione ottimale, gli elementi decisivi pertinenti siano il danno causato o il vantaggio ottenuto, congiuntamente alle possibilità di essere scoperti. Il fatto è, tuttavia, che in realtà la teoria economica della dissuasione ottimale risulta di difficile applicazione, sia per i trasgressori che per la Commissione nella prassi quotidiana. Anzitutto, il calcolo dell’ammenda in base al «vantaggio ottenuto» può avere un effetto dissuasivo solo se quest’ultimo può essere valutato con assoluta precisione. La Commissione manca semplicemente delle informazioni necessarie per calcolare l’ammenda in tal modo. Lo stesso vale per la probabilità di essere scoperti e perseguiti. Come ha rilevato la Commissione, anche per un membro di un’intesa sarebbe estremamente difficile esprimere in termini quantitativi la probabilità di essere scoperto. La stima degli utili e delle perdite (attesi) effettuata da un’impresa quando decide di aderire a un’intesa non può che essere approssimativa.

58.      Inoltre, quand’anche si potesse effettuare un calcolo più preciso, esso costituirebbe solo una soglia al di sotto della quale le ammende sarebbero sicuramente prive di effetto dissuasivo. Pertanto, è probabile che sia necessario un adeguamento verso l’alto, un margine di sicurezza, per evitare il rischio che l’effetto dissuasivo non sia sufficiente.

59.      Inoltre, l’intesa ora in esame non consiste solo nella fissazione dei prezzi, ma riguarda anche la ripartizione del mercato e altre forme di collusione (v. paragrafo 13). Ciò può rendere ancora più complessa la valutazione dei vantaggi e delle perdite previsti.

60.      Incidentalmente, rilevo che le pochissime decisioni in cui la Commissione ha fatto riferimento ai «vantaggi conseguiti» dal trasgressore hanno posto in luce le difficoltà inerenti a tale valutazione. Alla luce degli orientamenti, è chiaro che i «vantaggi conseguiti» non costituiscono un elemento dell’importo di base. Conformemente agli orientamenti, la Commissione può tenerne conto in quanto circostanza aggravante («necessità di maggiorare la sanzione per superare l’importo degli utili illeciti realizzati grazie all’infrazione, quando la stima di tali utili sia obiettivamente possibile») (12), nonché come eventuale fattore da prendere in considerazione ai fini dell’adeguamento definitivo dell’ammenda (il «vantaggio economico o finanziario realizzato dagli autori dell’infrazione») (13), ma non ne tiene conto nel determinare l’importo di base.

61.      In secondo luogo, la teoria cui fa riferimento la SDK (14) si applica ad un singolo trasgressore che soppesi i costi, i vantaggi e il rischio di vedersi infliggere un’ammenda o altre sanzioni. Come ha rilevato la Commissione in udienza, tale teoria non tiene conto della complessità del procedimento nei casi di infrazione collettiva. Le dinamiche di gruppo richiedono un approccio diverso in materia di dissuasione. Ad esempio, può essere sufficiente dissuadere uno solo degli operatori (più importanti) per dissuadere i partecipanti all’intesa. Inoltre, nell’ipotesi di infrazione collettiva, quale un’intesa, a differenza di quanto avviene in caso di infrazione commessa da un unico trasgressore, la Commissione deve anche considerare gli effetti ulteriori delle ammende, nonché tenere conto delle dimensioni di una determinata impresa (15).

62.      Infine, per quanto riguarda l’argomento secondo cui le imprese più grandi non sono meno sensibili delle imprese di dimensioni minori riguardo ad importi modesti, questo presuppone anzitutto un’informazione e una razionalità perfette, il che è difficilmente concepibile sia per un singolo che valuti i rischi connessi a un comportamento illecito che per le imprese partecipanti a un’intesa. Inoltre, è innegabile che esista una differenza tra grandi e piccole imprese, nel senso che un’ammenda modesta può sfuggire al consiglio di amministrazione della controllante del gruppo, mentre ciò non accade nel caso di un’ammenda di importo molto elevato. È probabile che un’ammenda molto elevata attragga l’attenzione del consiglio di amministrazione e quindi induca l’impresa ad assumere in futuro un comportamento rispettoso delle regole di concorrenza.

63.      Per concludere, il Tribunale non ha commesso alcun errore dichiarando, al punto 242 della sentenza, che «nell’affermare che un’ammenda equa deve mirare unicamente alla compensazione del danno al libero gioco della concorrenza e che è necessario valutare, a tal fine, la probabilità di una scoperta dell’intesa come pure i profitti attesi dai membri di quest’ultima, la SDK invoca parametri ipotetici e troppo incerti ai fini di una valutazione delle risorse finanziarie effettive di un’impresa».

64.      Come si è già rilevato, secondo costante giurisprudenza, la Commissione può tener conto delle dimensioni e della potenza economica di un’impresa e i dati relativi al fatturato mondiale possono costituire un’indicazione delle dimensioni e delle risorse globali delle varie imprese partecipanti all’intesa. Pertanto, il Tribunale non ha commesso un errore neanche nel dichiarare che la Commissione, per garantire all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, poteva applicare un coefficiente moltiplicatore.

65.      La SDK afferma inoltre che un coefficiente moltiplicatore si giustifica solo alla luce del comportamento effettivo e comprovato di un’impresa. La ricorrente non era una capofila, non ha esercitato pressioni su altri affinché partecipassero all’intesa, non aveva una strategia intesa ad eliminare la concorrenza, non si è impegnata per dissimulare gli accordi, e così via. Tali argomenti non sono pertinenti in questo contesto, dal momento che tale comportamento viene preso in considerazione in quanto circostanza aggravante, in una fase successiva del procedimento di determinazione dell’ammenda, e non è rilevante al fine di stabilire la gravità.

66.      Il motivo della SDK, nella parte in cui fa valere che l’ammenda va aumentata anzitutto per motivi connessi alla durata, alle circostanze aggravanti o ad altro e solo in seguito può essere aumentata per garantirle un effetto sufficientemente dissuasivo, va respinto a norma dell’art. 113, n. 2, del regolamento di procedura. Tale argomento, infatti, non è stato sollevato nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale.

67.      Nella quarta parte, la SDK afferma che l’entità dell’aumento è sproporzionata rispetto alla sua quota modesta nel mercato SEE. La ricorrente deduce inoltre che dall’analisi dell’ammenda di base risultante dagli adeguamenti emerge che l’ammenda inflitta alla SDK è sproporzionata rispetto a quella applicata ad altri membri dell’intesa.

68.      Come rileva anche la Commissione, tale affermazione si fonda sul confronto con le ammende degli altri partecipanti sottoposte ad adeguamento e con il fatturato annuale della SDK nell’ambito del SEE. Tali confronti non sono pertinenti. I calcoli dedotti sono interamente basati sull’errata premessa secondo cui la potenza economica della SDK avrebbe dovuto essere valutata in base al suo fatturato SEE nel mercato del prodotto rilevante.

69.      Infatti, come ha osservato il Tribunale, se avesse calcolato l’importo di partenza in base al modesto fatturato della SDK in ambito SEE del prodotto di cui trattasi, la Commissione avrebbe ricompensato i produttori giapponesi, tra cui la SDK, per essersi conformati a uno dei principi fondamentali dell’intesa e per aver accettato di non agire con metodi concorrenziali sul mercato del SEE, mentre il loro comportamento conforme al citato principio dell’intesa ha permesso ai produttori «nazionali» europei di stabilire unilateralmente i prezzi nel SEE. Così facendo, le ricorrenti giapponesi, compresa la SDK, hanno ostacolato la concorrenza sul mercato del SEE, indipendentemente dal loro fatturato reale (16).

C –    Sul terzo motivo

70.      La SDK afferma che è ingiustificata la conclusione del Tribunale secondo cui la Commissione poteva, in primo luogo, basarsi sul fatturato a livello mondiale per calcolare l’importo di base e il fattore di dissuasione e, in secondo luogo, non tener conto del fatto che la SDK aveva già subito processi negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone e che detti paesi le avevano già inflitto delle ammende.

71.      Secondo la ricorrente, se il fatturato mondiale fosse rilevante ai fini della disuassione, un’applicazione coerente richiederebbe che le ammende e gli oneri imposti in altri paesi venissero presi in considerazione al fine di determinare l’ammenda supplementare necessaria per ottenere un effetto dissuasivo adeguato. La dissuasione dipende dal costo totale della condotta illecita, che comprende non solo le ammende inflitte in ambito SEE, ma anche quelle applicate altrove.

72.      Trascurando le ammende e i risarcimenti che la ricorrente ha dovuto pagare negli Stati Uniti e basando al contempo il fattore di dissuasione sul fatturato mondiale, il Tribunale ha inflitto un’ammenda che si basa su un doppio computo e risulta sproporzionata rispetto a qualsiasi giustificabile effetto dissuasivo.

73.      La Commissione sostiene che non sussiste alcuna violazione del principio del ne bis in idem.

Analisi

74.      Come ho già rilevato nelle conclusioni relative alla causa C‑308/04, le ammende già inflitte da autorità di paesi terzi sono correlate a violazioni delle loro regole di concorrenza, mentre quelle inflitte dalla Commissione sono correlate alle violazioni del diritto comunitario della concorrenza. Non sussiste sovrapposizione di competenze.

75.      Pertanto, la Commissione non è obbligata a tener conto delle ammende già inflitte in paesi terzi, neanche sotto il profilo dell’elemento dissuasivo dell’ammenda.

D –    Sul quarto motivo: diritti fondamentali al giusto processo

76.      Con questo motivo, la Showa Denko fa valere che il Tribunale, al punto 240 della sentenza impugnata, ha erroneamente respinto l’argomento della ricorrente relativo alla possibilità di essere sentita dalla Commissione in merito alla sua intenzione di distinguere la posizione della SDK e di applicarle un coefficiente moltiplicatore di dissuasione. Inoltre, il Tribunale non avrebbe fornito alcuna motivazione o spiegazione a tale proposito.

77.      La Commissione afferma che il Tribunale non ha omesso di prendere in considerazione i diritti di difesa della ricorrente e ha motivato adeguatamente l’applicazione del moltiplicatore all’ammenda.

Analisi

78.      Nel punto della sentenza impugnata cui fa riferimento la SDK, il Tribunale ha respinto l’argomento della SDK in quanto la Commissione aveva precedentemente dichiarato che intendeva «fissare le ammende ad un livello sufficientemente elevato da avere un effetto dissuasivo», che la SDK era «evidentemente al corrente (…) dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e del suo elevato fatturato complessivo» e che «dalla decisione [ABB del 21 ottobre 1998], in cui alla società [ABB] era stato applicato proprio un moltiplicatore pari a 2,5, la SDK poteva dedurre che non era escluso che la Commissione le avrebbe applicato un moltiplicatore di tale ordine». Il Tribunale ha concluso che nulla avrebbe dunque impedito alla SDK di fare riferimento, in sede di procedimento amministrativo, alle proprie dimensioni e alle proprie risorse finanziarie e di pronunciarsi in ordine all’effetto dissuasivo della sanzione applicata nei suoi confronti dalla Commissione.

79.      A mio parere, è evidente che il fatto di tener conto della dissuasione, ed eventualmente di applicare un coefficiente moltiplicatore allo scopo di ottenere un’ammenda dotata di un effetto sufficientemente dissuasivo, non può essere considerato di per sé come una nuova politica. Il Tribunale ha fatto correttamente riferimento al testo dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Ciò implica anche un riferimento alla giurisprudenza concernente tale disposizione. A partire dalla sentenza Musique Diffusion française, si è ammesso che la Commissione deve poter, in qualsiasi momento, adeguare il livello delle ammende all’esigenza di garantire l’attuazione delle norme comunitarie sulla concorrenza entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17.

80.      Come si può desumere dalla sentenza del Tribunale, la SDK sapeva che la Commissione aveva precisato nella comunicazione degli addebiti che intendeva fissare l’ammenda a un livello tale da garantirle un effetto dissuasivo. Tale precisazione è di per sé sufficiente, dal momento che sarebbe stato inopportuno che la Commissione indicasse l’importo esatto dell’ammenda che intendeva fissare (17).

81.      Inoltre, gli orientamenti pongono l’accento sull’effetto dissuasivo, al pari della giurisprudenza della Corte e del Tribunale.

82.      Pertanto, il Tribunale non ha violato i diritti di difesa della SDK nel respingere la censura.

VIII – Conclusione

83.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di:

–      respingere il ricorso;

–      condannare la SDK alle spese.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – GU 2002, L 100, pag. 1.


3 – GU n. 13, pag. 204.


4 – Sentenza 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française (Racc. pag. 1825, punti 105 e 106).


5 – Regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).


6 – Anche nel caso della VAW (la VAW è un altro membro dell'intesa), la Commissione ha ritenuto necessario adeguare l’ammenda verso l’alto a scopo di dissuasione. La VAW non ha impugnato la decisione contestata.


7 – V. punti 247-249 della sentenza.


8 – V. punto 239 della sentenza impugnata.


9 – Sentenza Musique Diffusion française, punti 119 e 121.


10 – Sentenza 14 luglio 1994, causa T-77/92 (Racc. pag. II-549, punto 94).


11 – V. punto 202 della sentenza impugnata.


12 – Punto 2, quinto trattino, degli orientamenti.


13 – V. punto 5, lett. b), degli orientamenti.


14 – La SDK fa riferimento alle teorie economiche del reato e della sanzione formulate da G. S. Becker.


15 – L’esempio fornito dalla Commissione è quello di un'intesa composta da un grande operatore e da vari operatori più piccoli. L’operatore più grande ha cooperato con la Commissione e beneficia dell'immunità ai sensi della comunicazione sulla cooperazione. In questo caso, ammende molto elevate avrebbero potuto mettere fuori mercato gli operatori più piccoli, con il risultato che l’intervento della Commissione avrebbe determinato la creazione di un monopolio.


16 – V. punto 198 della sentenza impugnata.


17 – Sentenza 9 novembre 1981, causa 322/81, Michelin/Commissione (Racc. pag. 3461, punto 19). V. anche sentenza Musique Diffusion française.

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