Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62004CC0226

    Conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro del 8 settembre 2005.
    La Cascina Soc. coop. arl e Zilch Srl contro Ministero della Difesa e altri (C-226/04) e Consorzio G. f. M. contro Ministero della Difesa e La Cascina Soc. coop. arl (C-228/04).
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Italia.
    Appalti pubblici di servizi - Direttiva 92/50/CEE - Art. 29, primo comma, lett. e) e f) - Obblighi dei prestatori di servizi - Pagamento dei contributi di sicurezza sociale nonché delle imposte e tasse.
    Cause riunite C-226/04 e C-228/04.

    Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-01347

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:524

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    M. Poiares Maduro

    presentate l’8 settembre 20051(1)

    Cause riunite C-226/04 e C-228/04

    La Cascina Soc. coop. arl,

    Zilch Srl

    contro

    Ministero della Difesa e Ministero dell’Economia e delle Finanze,

    Pedus Service,

    Cooperativa Italiana di Ristorazione Soc. coop. arl (CIR),

    Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)

    e

    Consorzio G.f.M.

    contro

    Ministero della Difesa,

    La Cascina Soc. coop. arl

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio]

    «Appalti pubblici – Procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi – Condizioni di esclusione di un prestatore di servizi – Art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50/CEE – Inosservanza degli obblighi relativi al pagamento dei contributi di sicurezza sociale nonché delle imposte e delle tasse»





    1.     Con due decisioni del 22 aprile 2004, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sottoposto alla Corte talune questioni relative all’interpretazione dell’art. 29, primo comma, lett. e) e f), della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), il quale consente di escludere dalla partecipazione ad un appalto i prestatori di servizi che non abbiano adempiuto i loro obblighi riguardanti, rispettivamente, il pagamento dei contributi di sicurezza sociale e il pagamento delle imposte e delle tasse. Le questioni formulate nelle due decisioni di rinvio sono identiche e per questo sono state riunite con ordinanza del presidente della Corte in data 30 giugno 2004.

    I –    Fatti, ambito normativo e questioni pregiudiziali

    2.     Le società La Cascina Soc. coop. arl (in prosieguo: la «Cascina»), Zilch Srl (in prosieguo: la «Zilch»), nell’ambito di associazioni temporanee di imprese, ed il Consorzio G.f.M. (in prosieguo: il «G.f.M.»), con sede in Italia, hanno partecipato ad una licitazione privata ristretta accelerata per l’attribuzione dei servizi di ristorazione degli enti e dei dipartimenti del Ministero della Difesa, dislocati su tutto il territorio in Italia, organizzata da tale Ministero, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle Finanze. Il bando di gara, suddiviso in sedici lotti, è stato pubblicato nel dicembre 2002. Il termine ultimo per il ricevimento delle domande di partecipazione è stato fissato al 15 gennaio 2003 e il termine per il ricevimento delle offerte al 3 marzo 2003.

    3.     Con una decisione del 4 dicembre 2003, l’amministrazione aggiudicatrice ha escluso dalla procedura di gara la Cascina, la Zilch e il G.f.M. Quanto alla causa C‑226/04, l’impresa capofila dell’associazione temporanea di imprese partecipante alla procedura, la Cascina, non era in regola con i suoi obblighi riguardanti il pagamento dei contributi di sicurezza sociale a favore dei lavoratori per il periodo dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2002. Un’altra impresa del gruppo, la Zilch, è stata esclusa con la medesima decisione per non aver provveduto al pagamento delle imposte per vari periodi compresi tra il 1997 e il 2001. Quanto alla causa C-228/04, il G.f.M avrebbe dato prova di irregolarità quanto ai suoi obblighi nei confronti dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (in prosieguo: l’«INAIL»).

    4.     La decisione di esclusione è intervenuta in applicazione dell’art. 12, lett. d) ed e), del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, come sostituito dall’art. 10 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 65 (2), il quale dispone che: «sono esclusi dalla partecipazione alle gare i concorrenti che non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti; che non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti».

    5.     La Cascina e la Zilch, da un lato, e il G.f.M., dall’altro, hanno chiesto l’annullamento della decisione di esclusione del 4 dicembre 2003 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. La Cascina e il G.f.M. hanno tra l’altro affermato, per quanto li riguarda, di essere stati semplicemente in ritardo e di aver successivamente effettuato il pagamento controverso. La Zilch ha contestato la comunicazione indirizzata alla commissione di gara dall’Ufficio fiscale centrale ed ha prodotto un certificato rilasciato dall’Ufficio periferico di Messina da cui risulta che, alla data del 1° gennaio 2003, essa aveva effettuato il pagamento delle imposte e delle tasse di cui era debitrice. Essa ha inoltre fatto presente di aver introdotto una domanda di applicazione di una legge che prevede la regolarizzazione dei debiti fiscali e di essere stata ammessa ad eseguire pagamenti rateali successivi.

    6.     Dinanzi al giudice nazionale, l’amministrazione aggiudicatrice ha invece rilevato che la regolarizzazione a posteriori non significava che le imprese ricorrenti, allo scadere del termine per la presentazione della loro domanda di partecipazione alla gara, cioè al 15 gennaio 2003, fossero in regola con i loro obblighi.

    7.     Il giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia, ha rilevato che l’art. 12, lett. d) ed e), del decreto legislativo n. 157/1995 traspone nel diritto italiano l’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50. Ai sensi di quest’ultimo, «[p]uò venir escluso dalla partecipazione ad un appalto qualunque prestatore di servizi il quale: (…) e) non abbia adempiuto obblighi riguardanti il pagamento dei contributi di sicurezza sociale conformemente alle disposizioni legislative del paese in cui è stabilito o di quello dell’amministrazione; f) non abbia adempiuto obblighi tributari conformemente alle disposizioni legislative del paese dell’amministrazione; (…). Quando l’amministrazione chiede al prestatore di servizi la prova che egli non si trova in nessuna delle situazioni di cui alle lettere a), b), c), e) ovvero f), essa accetta come prova sufficiente: (…) [nei] casi di cui alle lettere e) ovvero f) un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro interessato».

    8.     Rilevando divergenze interpretative nelle sentenze pronunciate da vari giudici italiani nell’applicazione dell’art. 12 del decreto legislativo n. 157/1995, e ritenendo che tale decreto dovesse essere interpretato con riferimento alla direttiva 92/50, il giudice italiano ha sospeso il giudizio e ha chiesto alla Corte:

    «1)      Se la direttiva in discorso, limitatamente alle previsioni sopra indicate, debba interpretarsi nel senso che, laddove il legislatore comunitario impiega le locuzioni “non abbia adempiuto obblighi riguardanti il pagamento dei contributi di sicurezza sociale conformemente alle disposizioni legislative del Paese in cui è stabilito o di quello dell’amministrazione”, ovvero “non abbia adempiuto obblighi tributari conformemente alle disposizioni legislative del Paese dell’amministrazione”, questi abbia inteso riferirsi – solo ed esclusivamente – alla circostanza che il soggetto stesso abbia – alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione ad una pubblica gara [ovvero, in epoca comunque anteriore all’aggiudicazione della gara (…)] – assolto, mediante integrale e tempestivo pagamento, gli obblighi stessi.

    2)      Se, conseguentemente, la norma nazionale italiana attuativa (…) – laddove, diversamente dalla norma comunitaria precedentemente citata, consente l’esclusione dalle gare per i soggetti che “non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”, ovvero che “non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti” – debba necessariamente essere interpretata con esclusivo riferimento al mancato adempimento – verificabile alla data di cui sopra (scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione; ovvero, momento immediatamente precedente l’aggiudicazione, anche provvisoria, della gara) – degli oneri rivenienti da tali obblighi, con esclusa rilevanza di ogni successiva “regolarizzazione” della propria posizione.

    3)      Ovvero se, diversamente (…), possa ritenersi consentita al legislatore nazionale, alla luce dei vincoli al medesimo rivenienti in sede di attuazione della normativa comunitaria integrata dalla direttiva in discorso, l’introduzione di ipotesi di ammissibilità alle gare anche di soggetti che, pur non essendo “in regola” al momento della scadenza del termine per la partecipazione alla gara, dimostrino tuttavia di poter mettere in regola la propria posizione (e di aver intrapreso positive azioni al riguardo) prima dell’aggiudicazione.

    4)      E, ancora, laddove dovesse ritenersi praticabile l’interpretazione di cui [alla terza questione] – e, per l’effetto, consentita l’introduzione di ipotesi normative maggiormente flessibili rispetto ad una più rigorosa accezione della nozione di “adempimento” espressa dal legislatore comunitario –, se tale disciplina normativa non si ponga in contrasto con fondamentali principi di carattere comunitario, quali quelli di trattamento paritario riservato a tutti i soggetti dell’Unione, ovvero – limitatamente alla materia delle pubbliche gare – di garanzia della par condicio in favore di tutti i soggetti che ad esse abbiano richiesto di essere ammessi».

    9.     Nella fase scritta dinanzi alla Corte sono intervenuti la Cascina e la Zilch, i governi austriaco e italiano e la Commissione delle Comunità europee. Il 30 giugno 2005 si è tenuta un’udienza nel corso della quale la Cascina, la Zilch, il G.f.M., il Pedus Service, il governo italiano e la Commissione hanno sostenuto le rispettive posizioni.

    10.   Occorre preliminarmente ricordare che, nell’ambito dell’art. 234 CE, la Corte non può pronunciarsi sull’interpretazione di disposizioni di legge o di regolamento nazionali né sulla conformità di tali disposizioni al diritto comunitario(3). Le questioni proposte dal giudice del rinvio devono pertanto essere riformulate. Le risposte fornite consentiranno al giudice del rinvio di interpretare la disposizione nazionale di recepimento in conformità all’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50. Infatti, «[l]’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale è inerente al sistema del Trattato [CE], in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie quando risolve la controversia ad esso sottoposta» (4). Ne deriva, quanto al caso in esame, che, ancorché le modalità specifiche dell’esclusione dei potenziali candidati debbano essere determinate dal diritto nazionale (5), come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, si deve tuttavia fornire al giudice nazionale un’interpretazione dell’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50.

    11.   Risulta che la prima e la quarta questione hanno ad oggetto il margine di discrezionalità riconosciuto al legislatore nazionale nella trasposizione dell’art. 29 della direttiva 92/50. Più precisamente, la prima questione riguarda due distinti punti interpretativi. Per un verso, il giudice nazionale si interroga sulle conseguenze della divergenza lessicale da esso rilevata tra il testo di tale direttiva e la sua trasposizione nel diritto nazionale. Per altro verso, solleva la questione volta a stabilire se la direttiva citata richieda un adempimento integrale e tempestivo degli obblighi citati all’art. 29, lett. e) e f), della stessa. I principi di diritto comunitario richiamati nella quarta questione posta dal giudice nazionale saranno utili per risolvere tali due punti. Con la sua seconda e terza questione il giudice del rinvio chiede fino a quando un’impresa partecipante ad una gara d’appalto sia ammessa a provare di aver adempiuto i propri obblighi fiscali nonché quelli relativi al pagamento dei contributi di sicurezza sociale. Esaminerò di seguito la portata della divergenza lessicale rilevata, l’interpretazione da darsi alla nozione di «adempiere i propri obblighi», quindi la questione volta a stabilire fino a quando un’impresa possa essere ammessa a fornire tale prova.

    II – Analisi

    A –    La portata della divergenza lessicale tra l’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50e la normativa italiana

    12.   Il giudice del rinvio ha rilevato una divergenza lessicale tra la locuzione utilizzata dalla direttiva 92/50, la quale si riferisce a qualunque impresa che «non abbia adempiuto obblighi» in materia fiscale ovvero in materia di contributi di sicurezza sociale, e l’espressione adottata dal diritto nazionale, la quale designa le imprese «che non sono in regola» con gli stessi obblighi. Secondo tale giudice, l’obbligo di essere in regola è più ampio rispetto a quello di adempiere i propri obblighi. In particolare, il giudice citato fa riferimento alla possibilità che un’impresa benefici di una regolarizzazione da parte delle autorità fiscali, che potrebbe avere effetti retroattivi.

    13.   Rilevo innanzi tutto che l’art. 29 della direttiva 92/50 offre agli Stati membri la facoltà di prevedere le cause di esclusione da essa elencate. Tuttavia, gli Stati membri non sono tenuti ad adottare siffatti criteri qualitativi di selezione(6). La Repubblica italiana ha fatto ricorso a tale possibilità prevedendo, nella sua legislazione nazionale, l’esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici delle imprese che non sono «in regola» con i loro obblighi relativi ai contributi di sicurezza sociale e fiscali.

    14.   In secondo luogo, ancorché il giudice a quo incentri la sua argomentazione sulla divergenza lessicale da esso rilevata tra la disposizione nazionale e il testo comunitario, tale divergenza non sembra significativa. Infatti, per definizione, una direttiva stabilisce i risultati da raggiungere, lasciando liberi gli Stati membri di scegliere i mezzi adatti al raggiungimento di tali obiettivi, come previsto dall’art. 249 CE. Inoltre, non sussiste alcuna differenza di portata tra le espressioni «essere in regola con» e «aver adempiuto» obblighi di natura regolamentare, che, come giustamente rilevato dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, sono utilizzati indifferentemente nelle direttive comunitarie relative agli appalti pubblici, sia nella versione italiana che in altre versioni linguistiche (7).

    15.   Si deve pertanto risolvere la prima questione, come riformulata, nel senso che l’espressione «adempiere obblighi», contenuta nel testo della direttiva 92/50, può essere interpretata come corrispondente all’espressione «essere in regola con gli obblighi», menzionata nella disposizione italiana di trasposizione, in quanto le due espressioni hanno lo stesso significato.

    B –    La nozione di «adempiere obblighi» ai sensi dell’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50

    16.    Il giudice del rinvio solleva tre questioni interpretative collegate: in primo luogo, l’incidenza di un ritardo nel pagamento, in secondo luogo, le conseguenze di una rateizzazione del pagamento concessa dall’amministrazione e, in terzo luogo, l’effetto dell’introduzione di un ricorso amministrativo o giurisdizionale volto a contestare l’esistenza ovvero l’importo di un obbligo di pagamento.

    1.      L’incidenza di un ritardo nel pagamento

    17.   Il giudice nazionale si chiede anzitutto se l’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50 debba essere interpretato nel senso che esige il pagamento degli obblighi da esso indicati in modo «integrale e tempestivo».

    18.   La Cascina afferma in proposito che un semplice ritardo nel pagamento non potrebbe comportare un’esclusione. La ricorrente solleva due argomenti sul punto. Per un verso, essa ritiene che l’obbligo di pagamento di cui all’art. 29 della direttiva 92/50 non avrebbe ad oggetto il pagamento effettivo, bensì il complesso di attività propedeutiche all’assolvimento dell’obbligo di pagamento. Un’interpretazione così manifestamente contraria alla lettera e allo spirito della disposizione che ne è oggetto deve essere esclusa.

    19.   Il secondo argomento sollevato dalla ricorrente è più serio. A suo parere, da un punto di vista sistematico, se si confrontano cioè le varie cause di esclusione elencate dall’art. 29 della direttiva 92/50, è assurdo autorizzare una società seriamente indebitata a partecipare ad una gara d’appalto, purché non sia in stato di fallimento, di liquidazione, di amministrazione controllata o di concordato preventivo [art. 29, lett. a) e b), della direttiva citata], rifiutando invece ad una società leggermente indebitata di concorrere alla stessa gara d’appalto col pretesto che è in ritardo nell’assolvimento dei suoi obblighi fiscali ovvero dei contributi di sicurezza sociale. La Cascina ne deduce che un ritardo nel pagamento, da distinguersi da un mancato pagamento, non può comportare un’esclusione ai sensi dell’art. 29, lett. e) o f), della direttiva 92/50.

    20.   Innanzi tutto, se è vero che l’interpretazione sistematica permette spesso alla Corte di chiarire il senso di una disposizione, va rilevato che l’interpretazione suggerita dalla ricorrente è contraria alla lettera dell’articolo in esame.

    21.   Inoltre, l’idea sostenuta dalla Cascina, secondo cui i debiti nei confronti dello Stato ovvero nei confronti di enti pubblici a titolo di imposte, tasse o contributi di sicurezza sociale, e i debiti nei confronti di altri creditori sarebbero da prendere in considerazione globalmente per determinare la solvibilità di un offerente, è erronea in quanto presuppone che tali due categorie di debiti abbiano la stessa natura, il che non corrisponde al vero.

    22.   Infine, l’argomentazione della ricorrente non può essere accolta in quanto basata su un’erronea valutazione degli obiettivi perseguiti dai criteri di selezione qualitativa nell’ambito del sistema della direttiva 92/50. A tal proposito, la Corte ha già stabilito, nella sentenza Holst Italia (8), che «i criteri di selezione qualitativa stabiliti al capitolo 2 del titolo VI della direttiva 92/50 hanno come unico scopo di definire le regole di valutazione oggettiva della capacità degli offerenti». Orbene, la capacità degli imprenditori non dipende solamente dalla loro solvibilità. Infatti, i criteri applicabili in base alla selezione qualitativa riuniscono criteri che riguardano la situazione personale dell’offerente, la sua capacità finanziaria ed economica, la sua competenza, la sua efficienza, la sua esperienza e la sua affidabilità. Come correttamente rilevato dal governo italiano, l’obiettivo perseguito dall’art. 29 della direttiva 92/50 sarebbe proprio quello di garantire l’affidabilità dei candidati (9).

    23.   Più precisamente, il citato art. 29, lett. e) e f), sollecita le imprese a versare le loro imposte, le tasse e i contributi sociali. Parallelamente, tale disposizione consente all’autorità aggiudicatrice di concedere contratti pubblici remunerativi solamente ad imprese che abbiano preliminarmente versato le varie tasse in questione, in modo da tutelare l’interesse dello Stato in qualità di esattore delle imposte.

    24.    È giocoforza rilevare che le cause di esclusione di cui all’art. 29 della direttiva 92/50 non sono destinate esclusivamente a garantire la solvibilità del prestatore di servizi in questione, che è presa in considerazione dall’art.  31 della citata direttiva, ma piuttosto ad evitare che quest’ultimo tragga dal mancato pagamento delle sue imposte o dei contributi di sicurezza sociale un indebito vantaggio rispetto ai suoi concorrenti nell’aggiudicazione di un appalto pubblico. L’esclusione di imprese che non hanno assolto i propri obblighi concernenti il pagamento di contributi di sicurezza sociale e di imposte e tasse è quindi giustificata dal rischio di compromettere la parità di opportunità tra concorrenti, rischio che potrebbe derivare dalla partecipazione ad una gara d’appalto di imprese che non sono in regola con tali obblighi regolamentari.

    25.   Il principio della parità di trattamento tra concorrenti costituisce la base della disciplina degli appalti pubblici (10) e consente di garantire che tutti i potenziali concorrenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro domande di partecipazione o delle loro offerte (11). Tale principio è espressamente contemplato dall’art. 3, n. 2, della direttiva 92/50, il quale dispone che «[l]e amministrazioni assicurano la parità di trattamento tra i prestatori di servizi».

    26.   Così, l’art. 29 della direttiva 92/50 dev’essere interpretato nel senso che compie un’elencazione di cause di esclusione di concorrenti dalla partecipazione ad una gara d’appalto in nome del principio della parità di trattamento. Una siffatta esclusione implica necessariamente l’introduzione di un limite all’obiettivo parallelamente perseguito dalla direttiva 92/50, cioè quello di promuovere la concorrenza (12). Tale limite è tuttavia intrinseco al sistema della direttiva, che mira a promuovere la concorrenza tra prestatori di servizi solo a condizione che essa si esplichi nel rispetto del principio della parità di trattamento tra candidati (13).

    27.   Poiché l’esclusione di un concorrente che non ha adempiuto al pagamento dei contributi di sicurezza sociale ovvero delle imposte e delle tasse è intervenuta per garantire la parità di trattamento tra offerenti, non va effettuata alcuna distinzione tra un mancato pagamento e un ritardo nel pagamento. Infatti, se per evitare un’esclusione dalla partecipazione all’appalto ai sensi dell’art. 29, lett. e) o f), della direttiva 92/50 un’impresa potesse invocare un siffatto ritardo, l’applicazione di tale disposizione risulterebbe significativamente limitata. Orbene, la prova richiesta da tale disposizione non è quella dell’intenzione, da parte dell’impresa interessata, di provvedere in una data successiva all’assolvimento degli obblighi regolamentari, prova del resto assai delicata da fornire, bensì quella dell’effettivo pagamento degli obblighi venuti a scadenza (14). Il carattere non discriminatorio della procedura di selezione dei prestatori di servizi può essere garantito solamente da un criterio definito in modo obiettivo. Di conseguenza, l’applicazione del citato art. 29, lett. e) e f), richiede la constatazione obiettiva dell’effettivo assolvimento degli obblighi da esso considerati da parte dell’impresa in questione.

    2.      Le conseguenze di una rateizzazione dei debiti

    28.   Il giudice nazionale si interroga, in secondo luogo, sull’incidenza di una rateizzazione concessa dall’amministrazione nello stabilire se un’impresa abbia adempiuto i propri obblighi ai sensi dell’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50. A tal proposito, il giudice del rinvio fa riferimento ad una sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, del 12 febbraio 2004, n. 1114, la quale ha interpretato l’art. 12 del decreto legislativo n. 157/1995 come applicabile non solo alle imprese che hanno commesso frodi, ma anche alle imprese che non hanno versato i contributi. Viceversa, le imprese che beneficiano di procedure di regolarizzazione che prevedono la concessione di termini suppletivi ovvero di pagamenti rateizzati, nonché le imprese che hanno formulato ricorsi amministrativi o giurisdizionali non ancora pervenuti ad un esito definitivo non potrebbero essere escluse ai sensi di tale articolo.

    29.   Va ricordato anzitutto che, in ogni caso, l’importo e la scadenza degli obblighi fiscali nonché di quelli riguardanti il pagamento di contributi di sicurezza sociale sono definiti dal diritto nazionale. Fatta salva l’interpretazione del diritto nazionale da parte del giudice a quo, sembra tuttavia che, dal momento che l’amministrazione fiscale ovvero l’autorità competente hanno accettato una rateizzazione del pagamento dei contributi di sicurezza sociale dovuti da un’impresa, quest’ultima non può più essere considerata in ritardo.

    30.   Inoltre, nell’ambito dell’applicazione dell’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50, l’onere della prova grava, come ricordato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, sull’impresa che intende partecipare alla gara d’appalto. Un’impresa che abbia ottenuto dall’amministrazione una rateizzazione del pagamento del suo debito fiscale, o che abbia regolarizzato la sua situazione presso l’amministrazione fiscale, per utilizzare la medesima espressione del giudice del rinvio, otterrà da questa stessa autorità un certificato da cui risulti che essa ha adempiuto i propri obblighi ai sensi dell’art. 29 della direttiva 92/50 (15).

    3.      Gli effetti della presentazione di un ricorso amministrativo o giurisdizionale

    31.   L’ultimo punto sollevato dal giudice a quo sull’interpretazione dell’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50 si riferisce al caso in cui un’impresa abbia presentato un ricorso amministrativo o giurisdizionale avverso una decisione dell’amministrazione con il quale si contesti l’importo dei contributi sociali ovvero delle imposte e delle tasse di cui è debitrice. Nella fattispecie, emerge dal fascicolo che la Cascina avrebbe presentato i ricorsi amministrativi con due lettere datate 6 febbraio 2002 indirizzate all’INAIL. Il giudice del rinvio cita in proposito una sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria del 30 novembre 2002, n. 890, la quale ha stabilito che, poiché l’obbligo fiscale era stato contestato dinanzi alla giurisdizione tributaria, l’impresa in questione non poteva essere esclusa dalla partecipazione all’appalto perché non sarebbe stata in regola con i suoi obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse. La stessa analisi sarebbe stata svolta, secondo il giudice del rinvio, dal Consiglio di Stato (16).

    32.   Il governo italiano ha affermato nelle sue osservazioni scritte che la presentazione di un ricorso giurisdizionale volto a contestare l’importo dovuto delle imposte, delle tasse o dei contributi di sicurezza sociale non dovrebbe impedire di constatare che l’impresa interessata non ha adempiuto i propri obblighi ai sensi dell’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50. Tuttavia, all’udienza, ha ammesso che se fosse presentato prima della domanda di partecipazione alla gara d’appalto, il ricorso potrebbe avere l’effetto di impedire l’esclusione dell’impresa, a condizione che l’amministrazione aggiudicatrice sia informata dell’esistenza del ricorso.

    33.   Anche la posizione assunta dalla Commissione all’udienza è sfumata, in quanto propone di distinguere l’ipotesi in cui il ricorrente invochi un errore dell’amministrazione da quella in cui il contribuente si limiti a sollecitare la clemenza dell’amministrazione fiscale. L’ammissione alla gara sarebbe concessa solo nel primo caso.

    34.   Al contrario, la Cascina e la Zilch affermano che il rispetto dei diritti della difesa, tutelato dall’art. 24 della Costituzione italiana, impedisce di ritenere che un’impresa che abbia presentato un ricorso giurisdizionale o amministrativo non sia in regola con i suoi obblighi fiscali o sociali.

    35.   Il diritto comunitario, nella fattispecie l’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50, si limita a prevedere l’esclusione di un’impresa che non abbia adempiuto gli obblighi citati in tale articolo. Spetta invece al diritto nazionale precisare l’importo dovuto da un’impresa a titolo di imposte, tasse o contributi di sicurezza sociale, nonché le conseguenze di un ricorso amministrativo o giurisdizionale sulla situazione di un’impresa nei confronti dell’amministrazione.

    36.   Orbene, è inconfutabile che la presentazione di un ricorso contro una decisione dell’amministrazione fiscale può avere effetti giuridici distinti secondo il diritto nazionale in questione. Così, ad esempio, l’effetto sospensivo o meno del ricorso, nonché le condizioni per la sua concessione da parte del giudice si differenziano da un sistema giuridico all’altro (17). Pertanto, la diversità dei diritti nazionali potrebbe far sì che talune imprese che hanno presentato un ricorso si vedano accordare la possibilità di partecipare alla gara, mentre altre, soggette ad imposizione fiscale in un altro Stato membro, sono escluse dalla stessa gara d’appalto, in quanto non considerate in regola con i loro obblighi fiscali e sociali.

    37.   Tuttavia, poiché corrisponde all’esercizio di un diritto, la presentazione di un ricorso non dovrebbe avere come conseguenza automatica l’esclusione della ricorrente da tutte le gare d’appalto, tanto più che essa non incide, di per sé, sull’affidabilità dell’impresa, di cui all’art. 29, lett. e) o f), della direttiva 92/50. Escludere un’impresa per il fatto che questa ha presentato ricorso sarebbe ancor più imbarazzante qualora, all’esito della procedura, essa ottenesse la vittoria della causa. In tal caso la sua esclusione potrebbe essere contestata e comportare la necessità di un risarcimento. In determinate circostanze, l’annullamento della decisione di esclusione potrebbe comportare l’annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto.

    38.   Tuttavia, se la semplice presentazione di un ricorso avesse come automatica conseguenza l’ammissione della ricorrente all’appalto, vi sarebbe il rischio di spingere le imprese a presentare ricorsi in modo abusivo o con intenti dilatori. Inoltre, qualora un’impresa dovesse soccombere nel ricorso, da essa presentato, dopo aver vinto la gara d’appalto, i suoi concorrenti sarebbero stati svantaggiati e non potrebbero mettere in discussione la procedura d’aggiudicazione.

    39.   Il diritto comunitario non impone una scelta nell’ambito di tale alternativa. Infatti, la direttiva 92/50 concede agli Stati un margine di discrezionalità nel valutare se le imprese che hanno presentato un ricorso si trovino o meno in una posizione fiscale regolare. Tale situazione fattuale è disciplinata dall’ordinamento giuridico nazionale d’origine delle imprese che intendono partecipare, mentre le conseguenze sull’ammissione alla gara d’appalto sono stabilite dal diritto dell’amministrazione aggiudicatrice, purché siano rispettati i diritti della difesa ed il principio di parità di trattamento tra le imprese. In tal modo, tutti i potenziali partecipanti ad una gara d’appalto sono soggetti a regole uniformi.

    40.   Le garanzie necessarie all’attuazione dei diritti della difesa con riferimento alla presentazione di un ricorso sono di competenza del diritto nazionale e delle modalità procedurali da esso definite, come applicate dai giudici nazionali (nel caso di specie, dal Consiglio di Stato), fatta salva l’osservanza dei principi fondamentali del diritto comunitario (18).

    41.   L’esigenza di parità di trattamento tra candidati impone che la situazione fiscale delle imprese, determinata dal loro diritto nazionale d’origine, sia riconosciuta in modo identico quanto alle conseguenze sulla loro ammissione alla gara d’appalto. Pertanto, l’ordinamento giuridico italiano, il quale stabilisce, segnatamente in applicazione di principi costituzionali, che le imprese che hanno presentato un ricorso contro un debito fiscale non possono per questo essere escluse dalla partecipazione ad un appalto pubblico, è conforme ai principi del diritto comunitario, a condizione che una regola identica si applichi a tutti i partecipanti alla gara d’appalto che abbiano presentato un analogo ricorso in un altro Stato membro.

    42.   Di conseguenza, l’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50 non osta ad una norma nazionale ovvero ad un’interpretazione delle norme nazionali secondo cui un’impresa che abbia presentato un ricorso amministrativo o giurisdizionale è considerata adempiente ai suoi obblighi fino alla pronuncia di una decisione definitiva.

    43.   Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve risolvere la seconda questione, come riformulata, nel senso che la nozione di «adempiere obblighi» ai sensi dell’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50 deve interpretarsi nel senso che richiede l’assolvimento effettivo degli obblighi in questione, il cui importo e la cui scadenza sono determinati dal diritto nazionale, e che non osta ad una norma nazionale ovvero a un’interpretazione delle norme nazionali secondo cui un’impresa che ha presentato un ricorso amministrativo o giurisdizionale è considerata adempiente ai suoi obblighi fino a quando non sia stata adottata una decisione definitiva.

    C –    Il termine per fornire la prova del rispetto dei criteri di selezione qualitativa

    44.   La terza questione sottoposta alla Corte riguarda il termine entro cui le imprese devono fornire la prova di essersi conformate ai criteri di selezione qualitativa di cui all’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50. Rilevo preliminarmente che, come affermato dal governo austriaco nelle sue osservazioni scritte, tale valutazione deve intervenire in un’unica data. Pertanto, potrebbero essere prese in considerazione, a priori, tre date: la scadenza del termine per la domanda di partecipazione, la scadenza del termine per il deposito delle offerte o ancora il momento di aggiudicazione dell’appalto.

    45.   Secondo la Commissione, la data rilevante dev’essere quella della scadenza per la domanda di partecipazione alla gara d’appalto. Secondo il governo austriaco, il prestatore di servizi può fornire la prova di aver adempiuto i propri obblighi di natura fiscale fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte. La Cascina e la Zilch, al contrario, affermano che un’impresa è libera di provare la sua osservanza dei criteri di selezione qualitativa fino a quando non sia intervenuta l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto.

    46.   È pacifico che il sistema d’aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi introdotto dalla direttiva 92/50 è strutturato in due fasi: da un lato, la selezione dei candidati ammessi a concorrere in funzione delle loro capacità tecniche, finanziarie e di altri criteri qualitativi, e, dall’altro, la selezione delle offerte presentate, in applicazione dei criteri di aggiudicazione (19). Tale separazione in due fasi della procedura d’aggiudicazione è comune a tutte le direttive relative agli appalti pubblici (20).

    47.   Nella maggioranza dei casi, la separazione concettuale in due fasi distinte corrisponderà ad una divisione temporale tra le stesse. Così, in un primo tempo, l’autorità aggiudicatrice inviterà gli operatori economici, entro un termine preciso, a manifestare il proprio interesse per una gara d’appalto e a fornire la prova che essi rispondono ai criteri qualitativi di selezione valevoli per la gara d’appalto in questione. All’esito di questa prima fase, agli offerenti selezionati sarà fissato un nuovo termine per presentare un’offerta completa. Infine, l’aggiudicazione finale dell’appalto avverrà in applicazione dei criteri di attribuzione dell’appalto definiti in precedenza.

    48.   La definizione di due fasi distinte nell’aggiudicazione risulta utile sia all’autorità aggiudicatrice, la quale esamina solamente le offerte di imprese di cui è stata provata l’idoneità, sia agli offerenti, i quali affronteranno gli sforzi necessari alla formulazione di un’offerta completa solo se la loro capacità corrisponde alle esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice.

    49.   Se la gara d’appalto è così organizzata, le imprese potranno essere ammesse a fornire la prova che soddisfano i criteri di selezione qualitativa solo fino allo scadere del termine stabilito per la domanda di partecipazione alla gara d’appalto. Infatti, protrarre il termine oltre tale data significherebbe, in pratica, impedire all’autorità aggiudicatrice di pronunciarsi sull’idoneità delle imprese a partecipare alla gara d’appalto prima di procedere ad un esame dettagliato delle offerte (21).

    50.   La procedura di aggiudicazione può, tuttavia, essere costituita da un’unica fase, senza con ciò violare la direttiva 92/50. Infatti, la distinzione tra i criteri di selezione degli operatori economici ed i criteri di attribuzione di un contatto d’appalto non implica che la valutazione dei detti criteri intervenga sempre in momenti distinti. Al contrario, nelle sentenze Beentjes e GAT, citate, si rileva che la direttiva 93/36 «non esclud[e] che l’accertamento dell’idoneità degli offerenti e l’aggiudicazione dell’appalto possano aver luogo simultaneamente» anche se «le due operazioni sono disciplinate da norme diverse» (22). Emerge da tale giurisprudenza, che può essere trasposta all’interpretazione della direttiva 92/50, che l’autorità aggiudicatrice è libera di verificare simultaneamente l’osservanza, da parte dei candidati, dei criteri di selezione qualitativa, attribuendo loro il diritto di partecipare alla gara d’appalto, e le loro offerte in funzione dei criteri di attribuzione dell’appalto.

    51.   In questo contesto, la prova dell’osservanza dei criteri di selezione qualitativa potrebbe essere fornita fino alla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle offerte. Infatti, poiché la verifica da parte dell’autorità aggiudicatrice del rispetto dei criteri di selezione e delle offerte presentate avviene in modo simultaneo, non è utile fissare due termini distinti riferiti, da un lato, alla presentazione delle informazioni relative all’osservanza dei criteri di selezione, e, dall’altro, alla presentazione delle informazioni relative all’offerta formulata. Non potrà invece essere ammessa in seguito alcuna prova del rispetto dei criteri di selezione qualitativa, in quanto qualsiasi successiva modifica del fascicolo relativo ad un’impresa dopo la scadenza del termine indicato implicherebbe una violazione della parità di trattamento tra i candidati (23).

    52.   Inoltre, se successivamente all’attribuzione dell’appalto un’impresa potesse essere ammessa a dimostrare di essersi conformata ai criteri di selezione qualitativa, si confonderebbero le due fasi della procedura d’attribuzione. Come rileva in proposito il governo italiano, vi è altresì il rischio che le imprese adempiano i loro obblighi fiscali solo dopo essere venute a conoscenza di uno sviluppo della procedura d’aggiudicazione in senso a loro favorevole. Orbene, sarebbe inaccettabile che le imprese considerassero i loro obblighi fiscali nel quadro di un’analisi costi – benefici, procrastinando indebitamente il pagamento dei loro debiti nei confronti dello Stato.

    53.   Deriva da quanto precede che la terza questione, come riformulata, dev’essere risolta nel senso che un’impresa può essere ammessa a fornire la prova di essersi conformata ai criteri di selezione qualitativa applicabili ad una gara d’appalto fino alla scadenza del termine per la domanda di partecipazione, salvo che l’autorità aggiudicatrice non verifichi contemporaneamente l’osservanza dei criteri di selezione e le offerte dei candidati, nel qual caso il termine applicabile sarà quello stabilito per la presentazione delle offerte.

    III – Conclusione

    54.   Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali proposte dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio nel modo seguente:

    «1)      L’espressione “adempiere obblighi”, contenuta nel testo della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, può essere interpretata come corrispondente all’espressione “essere in regola con gli obblighi”, menzionata nella disposizione italiana di trasposizione, in quanto le due espressioni hanno lo stesso significato.

    2)      La nozione di “adempiere obblighi” ai sensi dell’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50 deve interpretarsi nel senso che essa richiede l’assolvimento effettivo degli obblighi in questione, il cui importo e la cui scadenza sono determinati dal diritto nazionale, e che non osta ad una norma nazionale, ovvero ad un’interpretazione delle norme nazionali, secondo cui un’impresa che ha presentato un ricorso amministrativo o giurisdizionale è considerata adempiente ai suoi obblighi fino alla pronuncia di una decisione definitiva.

    3)      Un’impresa può essere ammessa a fornire la prova di essersi conformata ai criteri di selezione qualitativa applicabili ad una gara d’appalto, conformemente all’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50, fino alla scadenza del termine per la domanda di partecipazione, salvo che l’autorità aggiudicatrice non verifichi contemporaneamente l’osservanza dei criteri di selezione e le offerte dei candidati, nel qual caso il termine applicabile sarà quello stabilito per la presentazione delle offerte».


    1 – Lingua originale: il portoghese.


    2 – Decreti pubblicati rispettivamente nella GURI n. 104 del 6 maggio 1995 e nella GURI n. 24 del 24 marzo 2000 (in prosieguo: il «decreto n. 157/1995»).


    3 – V., segnatamente, sentenza 23 gennaio 2003, causa C‑57/01, Makedoniko Metro e Michaniki (Racc. pag. I-1091, punto 55, e giurisprudenza ivi citata).


    4 – Sentenza 5 ottobre 2004, causa C‑397/01, Pfeiffer (Racc. pag. I-0000, punto 114). L’obbligo di interpretazione conforme era originariamente fondato, in parte, sull'art. 10 CE: v. punto 26 della sentenza 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann (Racc. pag. 1891): «È tuttavia opportuno precisare che l'obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato, come pure l'obbligo loro imposto dall'art. 5 del Trattato di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l'adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri ivi compresi, nell'ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali»; sentenza 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing (Racc. pag. I‑4135, punto 8). V., su questo argomento, Prechal, S., Directives in EC Law, 2ª edizione, Oxford, 2005.


    5 – Sulla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54), come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE (GU L 285, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 93/37»), v. sentenza 12 dicembre 2002, causa C‑470/99, Universale-Bau (Racc. pag. I‑11617), il cui punto 88 così recita: «[d]al titolo e dal secondo ‘considerando’ della direttiva 93/37 risulta infatti che quest'ultima ha semplicemente per oggetto il coordinamento delle procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, cosicché essa non prevede un sistema completo di norme comunitarie in materia (v., segnatamente, sentenza 27 novembre 2001, cause riunite C‑285/99 e C‑286/99, Lombardini e Mantovani, Racc. pag. I‑9233, punto 33)».


    6 – L’art. 29 della direttiva 92/50 dispone infatti che «[p]uò venir escluso […]» (il corsivo è mio).


    7 – Per gli appalti di lavori, l’art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50 ha come equivalente l'art. 24, lett. e) e f), della direttiva 93/37. La versione italiana di quest'ultimo articolo ricorre all'espressione «che non sia in regola»; le altre versioni linguistiche usano le espressioni seguenti: (francese) «qui n’est pas en règle», (spagnolo) «que no esté al corriente», (portoghese) «não tenham cumprido», (inglese) «has not fulfilled», (tedesco) «nicht erfüllt haben». L’art. 20, n. 1, lett. e) e f), della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 199, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2001/78, utilizza del pari l'espressione «qui n’est pas en règle» per la versione francese, mentre in italiano l'espressione scelta è «non abbia adempiuto» ed in portoghese «não tenham cumprido». L’art. 45, n. 2, lett. e) ed f), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), è significativo in quanto mira ad unificare le disposizioni vigenti in varie direttive, e segnatamente le direttive 92/50 e 93/37. La versione francese utilizza l'espressione «qui n’est pas en règle»; le altre versioni linguistiche usano le espressioni seguenti: (italiano) «che non sia in regola», (spagnolo) «que no esté al corriente», (portoghese) «não tenham cumprido», (inglese) «has not fulfilled», (tedesco) «nicht erfüllt haben».


    8 – Sentenza 2 dicembre 1999, causa C‑176/98 (Racc. pag. I‑8607, punto 25).


    9 – A tal proposito, si può rinviare al paragrafo 26 delle conclusioni dell'avvocato generale Léger nella causa Holst Italia, citata, secondo cui i criteri di selezione qualitativa hanno altresì lo scopo di tutelare l'interesse dell'amministrazione aggiudicatrice.


    10 – Sentenze 18 novembre 1999, causa C‑275/98, Unitron Scandinavia e 3-S (Racc. pag. I‑8291, punto 31); 7 dicembre 2000, causa C‑94/99, ARGE (Racc. pag. I‑11037, punto 24); 7 dicembre 2000, causa C‑324/98, Telaustria e Telefonadress (Racc. pag. I‑10745, punto 61); 18 giugno 2002, causa C‑92/00, HI (Racc. pag. I‑5553, punto 45), e 19 giugno 2003, causa C‑315/01, GAT (Racc. pag. I‑6351, punto 73). Per un richiamo della costante giurisprudenza su questo punto, v. i paragrafi 20 e 21 delle conclusioni dell'avvocato generale Tizzano nella causa HI, citata. V. altresì il secondo ‘considerando’ della direttiva 2004/18, che così recita: «L'aggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico è subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché ai principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza».


    11 – Con riferimento alla direttiva 93/37, v. sentenza Universale-Bau, cit., punto 93.


    12 – Tale obiettivo è contemplato dal ventesimo ‘considerando’ della direttiva 92/50, secondo cui «per eliminare pratiche che restringono la concorrenza in generale e limitano, in particolare, la partecipazione di cittadini di altri Stati membri agli appalti, occorre migliorare l'accesso dei fornitori di servizi alle procedure di aggiudicazione». Esso è del pari espresso dall'art. 13, n. 5, di tale direttiva, il quale prevede che «[c]omunque, per quanto riguarda il numero di candidati invitati a partecipare ai concorsi di progettazione, si deve tener conto della necessità di garantire un'effettiva concorrenza», e dall'art. 27, n. 2, secondo comma, della stessa direttiva, secondo cui «[i]n ogni caso il numero di candidati invitati a presentare offerte deve essere sufficiente a garantire una concorrenza effettiva». Con riferimento alla direttiva 93/37, v. anche sentenza 7 ottobre 2004, C‑247/02, Sintesi (Racc. pag. I‑9215, punto 35).


    13 – Cassia, P., «Contrats publics et principe communautaire d’égalité de traitement», RTDE, 2002, pagg. 413, 420, secondo cui «[i]l principio comunitario di uguaglianza contribuisce a garantire lo sviluppo di una concorrenza effettiva nell'attribuzione e nell'esecuzione degli appalti pubblici».


    14 – La periodicità dell'adempimento degli obblighi relativi ai contributi di sicurezza sociale, alle imposte e alle tasse impedisce peraltro che i prestatori di servizi riconosciuti iscritti in elenchi ufficiali possano beneficiare di una presunzione quanto al rispetto dei criteri di selezione qualitativa di cui all'art. 29, lett. e) e f), come emerge dall'art. 35, n. 3, primo e secondo comma, della direttiva 92/50.


    15 – Se la domanda di rateizzazione del debito fiscale o sociale non ha ancora avuto esito positivo presso l'amministrazione nel momento in cui l'impresa è tenuta a dimostrare l'adempimento dei propri obblighi, non si potrà logicamente ritenere che essa si trovi in posizione conforme all’art. 29 della direttiva 92/50.


    16 – V sezione, sentenza 1° dicembre 2003, n. 7836. Sentenza riprodotta nell'allegato 3 alle osservazioni scritte depositate dalla Cascina dinanzi alla Corte.


    17 – Se il diritto nazionale attribuisce un effetto sospensivo alla presentazione di un ricorso, l'impresa che ha presentato un ricorso siffatto dovrà essere considerata adempiente ai propri obblighi, ai sensi dell'art. 29, lett. e) e f), della direttiva 92/50, fino al momento in cui una sentenza definitiva statuisca in merito alle sue pretese. Viceversa, in assenza di effetto sospensivo dell'obbligo di pagamento nel diritto nazionale, per conformarsi a tale articolo, la ricorrente rimarrà tenuta ad eseguire i propri obblighi di pagamento, fatto salvo un successivo rimborso a suo favore. Tale presentazione schematica non è certamente esaustiva, in quanto la sospensione dell'obbligo di pagamento potrebbe, ad esempio, essere sottoposta alla condizione che l'impresa presti una garanzia.


    18 – V. sentenza 10 novembre 1993, causa C‑60/92, Otto (Racc. pag. I‑5683, punto 14).


    19 – Sentenza Beentjes, cit., che al punto 15 così dispone: «l'accertamento dell' idoneità degli imprenditori ad eseguire i lavori da dare in appalto e l'aggiudicazione del contratto sono due operazioni diverse nell'ambito del procedimento per la conclusione di un contratto di appalto di lavori pubblici». V. del pari le conclusioni dell'avvocato generale Darmon nella stessa causa, il quale, al paragrafo 36, afferma che «[i]n tal modo, la direttiva distingue nettamente i criteri di accertamento dell'idoneità, che riguardano le qualità dell'imprenditore, da quelli di aggiudicazione dell'appalto, relativi alle qualità della prestazione da lui offerta, del lavoro ch'egli intende eseguire». V. anche sentenza GAT, cit., punto 59.


    20 – Sistema comune a tutte le direttive sugli appalti pubblici e mantenuto nella direttiva 2004/18. L'art. 45 di tale direttiva riprende i criteri qualitativi cui possono essere sottoposti gli operatori economici candidati ad una gara d'appalto.


    21 – L'autorità aggiudicatrice mantiene invece la possibilità, sino all'aggiudicazione del contratto d'appalto, di rilevare che un'impresa non soddisfa i criteri di selezione qualitativa.


    22 – Citate sentenze Beentjes, punto 16, e GAT, punto 60.


    23 – V., per analogia, sentenza Makedoniko Metro e Michaniki, cit., che interpreta la direttiva 93/37 nel senso che non osta al divieto, previsto dal diritto nazionale, di modificare la composizione di un gruppo di imprenditori che partecipa ad una procedura di assegnazione di un appalto pubblico di lavori successivamente alla presentazione delle offerte.

    Top