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Document 62004CC0221

Conclusioni dell'avvocato generale Kokott del 15 dicembre 2005.
Commissione delle Comunità europee contro Regno di Spagna.
Inadempimento di uno Stato -Direttiva 92/43/CEE - Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche - Tutela delle specie - Caccia tramite l'uso di lacci con dispositivo di arresto in riserve private di caccia - Castiglia e Leon.
Causa C-221/04.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-04515

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:777

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 15 dicembre 2005 1(1)

Causa C-221/04

Commissione delle Comunità europee

contro

Regno di Spagna

«Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Caccia con lacci a scatto – Castiglia e León – Definizione di intenzione»





I –    Introduzione

1.     Nel presente procedimento è controverso tra le parti se sia conciliabile con la direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (in prosieguo: la «direttiva Habitat») (2), autorizzare la caccia alla volpe mediante l’utilizzo di lacci a scatto in determinate riserve di caccia.

2.     La direttiva Habitat proibisce tra l’altro l’uccisione deliberata e la cattura deliberata della lontra (Lutra lutra). La Commissione teme che nei lacci autorizzati restino intrappolate non solo – come previsto – volpi, ma anche lontre.

II – Contesto normativo

A –    Le regole della direttiva Habitat

3.     L’art. 12, n. 1 lett. a), della direttiva Habitat dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di:

a)       qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale;

b)       perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;

…»

4.     L’art. 12, n. 4, della direttiva Habitat integra la tutela come segue:

«Gli Stati membri instaurano un sistema di sorveglianza continua delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell’allegato IV, lettera a). In base alle informazioni raccolte, gli Stati membri intraprendono le ulteriori ricerche o misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione.»

5.     La lontra è menzionata nell’allegato IV, lett. a), della direttiva Habitat, non così la volpe.

B –    La Convenzione di Berna

6.     Disposizioni simili all’art. 12 della direttiva Habitat sono contenute nell’art. 6 della Convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa (3):

«Ogni Parte contraente adotterà necessarie e opportune leggi e regolamenti onde provvedere alla particolare salvaguardia delle specie di fauna selvatica enumerate all’allegato II. Sarà segnatamente vietato per queste specie:

a.      qualsiasi forma di cattura intenzionale, di detenzione e di uccisione intenzionale;

b.      il deterioramento o la distruzione intenzionali dei siti di riproduzione o di riposo;

c.      il molestare intenzionalmente la fauna selvatica, specie nel periodo della riproduzione, dell’allevamento e dell’ibernazione, nella misura in cui tali molestie siano significative in relazione agli scopi della presente Convenzione;

…» (4).

III – Fatti, procedimento precontenzioso e domande giudiziali

7.     Oggetto del procedimento per inadempimento è l’autorizzazione della caccia alla volpe mediante l’utilizzo di lacci a scatto. Si tratta di autorizzazioni del 10 gennaio 2000 e del 13 dicembre 2002, concernenti la riserva di caccia SA-10.328 nella zona di Aldeanueva de la Sierra nella provincia di Salamanca, e del 24 maggio 2001, concernente la riserva di caccia AV-10.198 nella zona di Mediana de la Voltoya nella provincia di Avila. Entrambe le province fanno parte della regione della Castiglia e León.

8.     Nel dettaglio le autorizzazioni prevedono che possano essere cacciate solo le volpi. Il dispositivo a scatto dei lacci evita che gli animali catturati vengano strangolati. I lacci devono essere controllati quotidianamente, di preferenza al mattino presto.

9.     L’autorizzazione del 24 maggio 2001, concernente la riserva di caccia AV-10.198 nella zona di Mediana de la Voltoya, è rimasta in vigore dal 3 maggio al 15 giugno 2001.

10.   Per la riserva di caccia SA-10.328 nella zona di Aldeanueva de la Sierra era in aggiunta previsto già nell’autorizzazione del 10 gennaio 2000 l’obbligo di liberare immediatamente gli altri animali che non fossero volpi, qualora venissero catturati. I lacci potevano venire collocati o rimossi solo in presenza di una guardia forestale («agente forestal» (5)). L’autorizzazione del 13 dicembre 2002 modifica quest’autorizzazione e contiene ulteriori condizioni. In virtù di queste i lacci possono venire collocati o rispettivamente rimossi solo dai cosiddetti guardiacaccia («guarda de caza» (6)). Non possono venire collocati lacci nelle zone degli argini. La posizione dei lacci va comunicata all’autorità preposta alla caccia entro 10 giorni dal rilascio dell’autorizzazione.

11.   A seguito di denunce la Commissione è venuta a conoscenza delle autorizzazioni e, il 19 aprile 2001 ed il 21 dicembre 2001, ha invitato il governo spagnolo a prendere posizione. Il 3 aprile 2003 è seguito un parere motivato.

12.   Con il suo ricorso la Commissione chiede che la Corte voglia:

–       dichiarare che, avendo le autorità della Castiglia e León consentito la collocazione di lacci a scatto in diverse riserve private di caccia, il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi dell’art. 12, n. 1, e dell’allegato VI della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;

–       condannare il Regno di Spagna alle spese.

13.   Il Regno di Spagna chiede che la Corte voglia:

–       dichiarare il ricorso irricevibile per mancanza di determinazione dell’oggetto, mancanza di prove e mancanza di qualificazione delle violazioni contestate;

–       in subordine, respingere il ricorso presentato;

–       condannare la Commissione alle spese.

IV – Valutazione

A –    Ricevibilità

14.   Il governo spagnolo solleva diverse obiezioni alla ricevibilità del ricorso.

15.   In primo luogo il governo spagnolo contesta il fatto che il ricorso sia stato esteso alle autorizzazioni del 24 maggio 2001, concernente la riserva di caccia AV-10.198 nella zona di Mediana de la Voltoya nella provincia di Avila, e del 13 dicembre 2002, concernente la riserva di caccia SA-10.328 nella zona di Aldeanueva de la Sierra nella provincia di Salamanca. La prima autorizzazione sarebbe stata revocata dagli uffici competenti già il 29 maggio 2001. La seconda autorizzazione sarebbe stata menzionata per la prima volta nel parere motivato.

16.   Per quanto concerne l’autorizzazione del 24 maggio 2001, è irrilevante se essa sia stata revocata già il 29 maggio 2001, fatto di cui la Commissione nega la conoscenza. Essa infatti, ai sensi del termine previsto al punto 7 dell’autorizzazione, non era più in vigore al più tardi a partire dal 15 giugno 2001.

17.   In virtù dell’art. 226 CE, la Commissione può adire la Corte di giustizia qualora lo Stato in causa non si conformi al parere motivato nel termine fissato dalla Commissione. Tuttavia l’autorizzazione del 24 maggio 2001 aveva cessato di produrre effetti giuridici già molto tempo prima dell’invio del parere motivato del 3 aprile 2003. Di conseguenza la Spagna non poteva più prendere alcun provvedimento per conformarsi al parere motivato relativo a tale autorizzazione. A questo riguardo il ricorso è quindi irricevibile (7).

18.   Per quanto concerne l’autorizzazione del 13 dicembre 2002, la Commissione in effetti in un primo momento sostiene nel ricorso che questa sarebbe stata citata nel parere motivato solo a titolo di esempio, poi però ne fa concretamente oggetto del ricorso. Ciò viene motivato con il fatto che tale autorizzazione costituirebbe solamente una proroga dell’autorizzazione del 10 gennaio 2000.

19.   Al riguardo la Commissione fa un appropriato rimando alla giurisprudenza secondo la quale essa può, in un ricorso per inadempimento, contestare fatti verificatisi successivamente al parere motivato, ma aventi la stessa natura di quelli considerati in detto parere e costitutivi dello stesso comportamento (8). Non è infatti ammissibile che uno Stato membro, modificando durante il procedimento precontenzioso i provvedimenti contestati, continui a rallentare il procedimento stesso. L’autorizzazione del 13 dicembre 2002 effettivamente modifica ed integra le condizioni della caccia mediante l’utilizzo di lacci nella riserva in questione, tuttavia non pone fine ad essa.

20.   Le argomentazioni che la Commissione svolge nel ricorso con riferimento a quest’autorizzazione non sono in effetti prive di contraddizioni, tuttavia mostrano chiaramente che la Commissione la include nell’oggetto del ricorso. Dal momento che l’autorizzazione è anche stata menzionata il prima possibile – nel parere motivato – anche questa censura non giunge in modo inaspettato per la Spagna.

21.   Laddove il governo spagnolo sostiene, nella controreplica, che la Commissione non potrebbe far oggetto di un procedimento per inadempimento singole autorizzazioni senza allo stesso tempo mettere in discussione la trasposizione della direttiva, che in esse trova applicazione, esso disconosce la discrezionalità concessa alla Commissione nell’avviare procedimenti per inadempimento. La Commissione, tenuto conto del suo ruolo di custode del Trattato, può chiedere alla Corte di dichiarare un inadempimento per il motivo che non è stato raggiunto, in un caso specifico, il risultato perseguito da una direttiva (9).

22.   Il governo spagnolo eccepisce inoltre che la Commissione, nel corso del procedimento precontenzioso, avrebbe sollevato censure relative alla concordanza del diritto spagnolo con la direttiva Habitat, ai pericoli corsi da altre specie faunistiche oltre la lontra e alla caccia con le tagliole, ma avrebbe poi limitato il ricorso al pericolo derivante per la lontra dall’autorizzazione della caccia con i lacci. Tali eccezioni non possono però mettere in discussione la ricevibilità del ricorso. La necessaria coincidenza tra il procedimento precontenzioso ed il ricorso non esclude infatti la possibilità di ridurre l’oggetto della controversia (10).

23.   Dal complesso delle eccezioni concernenti l’insieme delle autorizzazioni e delle censure non più perseguite, il governo spagnolo deduce tuttavia che l’intero procedimento precontenzioso è affetto da gravi vizi. Invece di definire l’oggetto della controversia nella lettera di diffida, la Commissione avrebbe utilizzato il procedimento precontenzioso allo scopo di definire per gradi l’oggetto del ricorso.

24.   Con tale censura il governo spagnolo disconosce tuttavia la funzione ed il meccanismo del procedimento precontenzioso ai sensi dell’art. 226 CE. È vero che l’invito a prendere posizione – la «lettera di diffida» – ha lo scopo di circoscrivere l’oggetto del contendere (11). È altresì vero che la Commissione deve indicare con precisione, nel parere motivato, le censure da essa già fatte valere in maniera più generale nella lettera di diffida e da essa sollevate nei confronti dello Stato membro interessato, previa visione delle osservazioni eventualmente presentate da quest’ultimo, sulla base dell’art. 226, primo comma, CE (12). Come già esposto, ciò non esclude tuttavia né la possibilità di circoscrivere l’oggetto del contendere, né di estenderlo a provvedimenti successivi che coincidano essenzialmente con quelli contestati. Una funzione centrale del procedimento precontenzioso è proprio quella di concretizzare le censure che all’inizio del procedimento erano ancora relativamente generiche e di individuare i punti che non devono essere ulteriormente fatti valere.

25.   Il governo spagnolo ritiene inoltre che il ricorso non rispetti i requisiti dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura. Con ciò intende probabilmente l’art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte, ai sensi del quale il ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti (13). Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali un ricorso si basa devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo di ricorso (14).

26.   Nel presente caso il ricorso rispetta tali requisiti. La Commissione critica tre autorizzazioni precisamente indicate, poiché a suo parere, a causa della minaccia che costituiscono per la lontra, violano l’art. 12, n. 1, e l’allegato VI della direttiva Habitat.

27.   Il governo spagnolo afferma infine che il ricorso sarebbe irricevibile per mancanza di base giuridica. Quest’eccezione sarebbe fondata qualora la Commissione non facesse valere una violazione del diritto comunitario. Tuttavia qui la Commissione sostiene che la Spagna ha violato l’art. 12, n. 1, e l’allegato VI della direttiva Habitat, quindi disposizioni di diritto comunitario. Il governo spagnolo contesta in effetti la motivazione del ricorso. Questa non è però una questione di ricevibilità, bensì di fondatezza del ricorso. Va di conseguenza respinta anche questa eccezione.

28.   In conclusione va stabilito che il ricorso è irricevibile nella parte in cui è diretto contro l’autorizzazione del 24 maggio 2001, concernente la riserva di caccia AV-10.198 nella zona di Mediana de la Voltoya nella provincia di Avila. Per il resto è ricevibile.

B –    Nel merito

29.   Va quindi esaminato se l’autorizzazione alla caccia alla volpe mediante l’utilizzo di lacci nella riserva di caccia SA-10.328 nella zona di Aldeanueva de la Sierra nella provincia di Salamanca violi l’art. 12, n. 1, e l’allegato VI della direttiva Habitat.

1.      Sull’allegato VI della direttiva Habitat

30.   L’allegato VI della direttiva Habitat contiene un elenco dei metodi e mezzi di cattura, uccisione e trasporto vietati. Relativamente ai mammiferi, la lett. a), decimo trattino, menziona trappole non selettive quanto al principio o alle condizioni d’uso.

31.   I metodi e mezzi elencati non sono tuttavia vietati necessariamente ed in ogni caso, bensì solo in base a quanto stabilito dall’art. 15 della direttiva Habitat. È questa la sola disposizione della direttiva Habitat che fa riferimento all’allegato VI. Essa vieta l’uso di tutti i mezzi non selettivi, in particolare di quelli menzionati nell’allegato VI, in riferimento alla cattura o all’uccisione delle specie faunistiche selvatiche elencate nell’allegato V, lett. a), così come nei casi in cui siano applicate deroghe conformi all’art. 16 per il prelievo, la cattura o l’uccisione delle specie di cui all’allegato IV, lett. a). Perfino in questi casi gli strumenti non selettivi sono vietati solo qualora siano suscettibili di provocare localmente la disparizione o di perturbare gravemente la tranquillità delle popolazioni di tali specie.

32.   L’autorizzazione oggetto della controversia si riferisce alla volpe, la quale non viene menzionata né nell’allegato IV, lett. a), né nell’allegato V della direttiva Habitat. Non è pertanto applicabile il divieto di mezzi non selettivi. Non può quindi essere accertata una violazione dell’allegato VI della direttiva Habitat.

2.      Sull’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat

33.   Va quindi esaminato se l’autorizzazione violi l’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat. In virtù di esso gli Stati membri sono tenuti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lett. a), nella loro area di ripartizione naturale. Tale regime deve proibire ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. a), qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale e, ai sensi della lett. b), il perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione.

34.   Per quanto concerne la portata del divieto di cui all’art. 12, n. 1, lett. a), va precisato che il termine «deliberata» qui utilizzato si riferisce sia alla cattura sia all’uccisione delle specie faunistiche protette. Ciò contraddice in effetti la versione francese, nella quale il termine «intentionnelle», utilizzato al singolare, è riferito solamente all’uccisione, ma risulta dalle altre versioni linguistiche nelle quali la direttiva è stata approvata. In spagnolo, tedesco, greco e portoghese il «deliberata» si riferisce senza alcun dubbio ad entrambe le azioni. In inglese, olandese e danese si potrebbe riferire o solo alla cattura o ad entrambe le azioni. Solo la versione italiana potrebbe essere interpretata come quella francese, ma anche in italiano è possibile riferire il «deliberata» ad entrambe le azioni. È del resto conforme anche alla Convenzione di Berna, la quale trova applicazione all’interno della Comunità per mezzo della direttiva Habitat e della direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici (15) (16), riferire il «deliberata» dal punto di vista grammaticale ad entrambe le azioni.

35.   Va pertanto esaminato se l’autorizzazione sia conciliabile con il regime di rigorosa tutela richiesto dall’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat, il quale vieta la cattura o uccisione deliberata della lontra ed il perturbare deliberatamente tale specie.

a)      Sulla minaccia «deliberata» (in tedesco: «absichtlich») per la lontra

36.   L’autorizzazione sarebbe incompatibile con l’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat già qualora, nell’esercizio dell’autorizzazione, potessero essere arrecati deliberatamente (17) eventuali pregiudizi alla lontra.

37.   Nel diritto penale tedesco ci sarebbe «carattere deliberato» (Absicht) solo se l’uccisione o la cattura delle specie protette fosse il fine dell’azione. In tal senso si orientano anche i termini usati nelle versioni francese («intentionnelle») e inglese («deliberate») della direttiva Habitat. Il termine intentionnelle corrisponde a intention, termine che nel diritto penale francese indica il dolo (in tedesco: «Vorsatz») (18). Nel diritto francese il dolo presuppone sia la consapevolezza che la volontà di realizzare l’azione. Al contrario il dolo eventuale (dolus eventualis,dol éventuel), cioè la consapevolezza del possibile risultato dell’azione e la sua accettazione, non è equiparato al dolo, salvo espressa previsione legislativa (19). L’inglese deliberate non ha un significato comparabile nel linguaggio giuridico. Il termine inglese corrispondente al dolo è intention. Ciononostante anche deliberate dovrebbe implicare gli elementi della consapevolezza e del volere.

38.   Seguendo quest’interpretazione letterale – ispirata soprattutto all’uso del termine nel diritto penale – dell’art. 12, n. 1, lett. a) e b), della direttiva Habitat, le azioni dovrebbero essere vietate solo qualora esse venissero condotte con la consapevolezza e la volontà di nuocere alle specie protette. Praticamente violerebbero questi divieti solo poche azioni indirizzate direttamente contro le specie faunistiche protette, ad esempio la caccia, la disinfestazione o il maltrattamento di animali.

39.   D’altra parte la risoluzione 1/89 del 9 luglio 1989 (20) del comitato permanente della Convenzione di Berna indica che almeno i termini intentionnelle/deliberate in questa Convenzione debbano eventualmente venire interpretati anche in senso estensivo. Riguardo ai siti di riproduzione e di riposo ai sensi dell’art. 6, lett. b), della Convenzione, tali termini vanno infatti intesi in modo da ricomprendere anche azioni che vengano compiute senza il fine di danneggiare i siti di riproduzione e di riposo, bensì solamente con la consapevolezza che esse probabilmente provocheranno tali danni.

40.   Dal punto di vista sistematico va tenuto presente che il regime di rigorosa tutela ai sensi dell’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat viene integrato dall’art. 12, n. 4, della direttiva Habitat e dalla direttiva del Parlamento e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (21), in particolare dal suo art. 5.

41.   L’art. 12, n. 4, della direttiva Habitat prevede che gli Stati membri instaurino un sistema di sorveglianza delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche protette e, se del caso, adottino particolari misure di conservazione (22).

42.   Ai sensi dell’art. 5 della direttiva 2004/35 i danni prevedibili alle specie protette devono essere evitati, qualora essi abbiano significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie. Si deve quindi di regola trattare di eventi riguardanti una grossa quantità di esemplari. Quest’obbligo vale in principio per le attività professionali in caso di comportamento doloso o colposo e per determinate attività – perlopiù di tipo industriale – addirittura indipendentemente da dolo o colpa.

43.   La Corte si è occupata della definizione di intenzione nell’ambito dell’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat in occasione del procedimento per inadempimento relativo alla tartaruga marina protetta Caretta caretta (23). Questa specie estremamente bisognosa di tutela utilizza ormai solo poche spiagge del Mediterraneo per la riproduzione. Le spiagge più importanti si trovano nel golfo di Laganas sull’isola greca di Zante. L’utilizzo di queste spiagge per la riproduzione delle tartarughe viene pregiudicato dalla circolazione di ciclomotori sulla spiaggia, dalla presenza di sedie a sdraio e ombrelloni e di costruzioni abusive e dal movimento di pedalò e di altre piccole imbarcazioni nella zona marittima antistante. Tutte queste attività erano pertanto vietate da cartelli segnaletici.

44.   Avendo la Commissione, in occasione di missioni effettuate sull’isola, accertato che tali fattori di disturbo erano presenti in gran numero, essa ha presentato un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat.

45.   L’avvocato generale Léger, nelle sue conclusioni relative a questa causa, si è basato sul fatto che la circolazione di ciclomotori e la presenza di sedie a sdraio ed ombrelloni e di costruzioni abusive erano intenzionali ed atte a perturbare la specie di cui trattasi in un periodo in cui essa è, secondo il diritto comunitario, particolarmente bisognosa di tutela (24). Egli ha quindi riferito l’intenzione di ciascuno degli agenti in primo luogo al suo rispettivo comportamento, ma non al pregiudizio della specie.

46.   Tuttavia questo parere non è convincente. Il concetto di intenzione all’art. 12, n. 1, lett. a) e b), della direttiva Habitat si riferisce ai pregiudizi delle specie faunistiche protette che vanno vietati. Esso verrebbe pressoché svuotato di ogni funzione, qualora fosse sufficiente che un pregiudizio venisse arrecato solo in occasione di un’azione dettata da un’intenzione orientata in altro senso. Inoltre anche le disposizioni supplementari di tutela di cui all’art. 12, n. 4, della direttiva Habitat e all’art. 5 della direttiva 2004/35 verrebbero in larga misura private della loro efficacia pratica, qualora già ogni pregiudizio previsto all’art. 12, n. 1, lett. a) e b), della direttiva Habitat fosse vietato nella misura in cui esso venisse arrecato solo tramite un comportamento intenzionale.

47.   La sentenza è basata su un altro concetto di intenzione. Poiché nonostante i cartelli segnaletici sulla spiaggia circolavano ciclomotori ed erano presenti degli ormeggi, la Corte li ha giudicati atti che perturbano deliberatamente la tartaruga marina durante il periodo di riproduzione ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. b), della direttiva Habitat (25).

48.   Questa conclusione potrebbe venire intesa nel senso che l’intenzione è già presente, se colui che ha compiuto l’azione avrebbe dovuto sapere, in base alle circostanze del fatto, che il suo comportamento avrebbe messo in pericolo specie protette. In questo modo la semplice colpa costituirebbe già un’intenzione ai sensi dell’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat.

49.   Non va però ritenuto che la Corte volesse estendere il concetto di intenzione in modo così ampio che essa possa essere presente indipendentemente dal volere di colui che compie l’azione. In tutte e tre le versioni linguistiche esaminate il concetto di intenzione racchiude infatti un elemento di volontà molto forte. La rappresentazione dei fatti deve pertanto essere intesa nel senso che, in considerazione dei cartelli segnaletici, era da presupporre da parte degli utilizzatori di motorini e barche la consapevolezza della minaccia per le tartarughe. Da questa consapevolezza andava allo stesso tempo fatto derivare che essi avevano perlomeno messo in conto un danno alle tartarughe protette. Metro di valutazione dell’intenzione è quindi se la minaccia per le specie faunistiche protette era nota e ciononostante era stata messa in conto.

50.   Un’ulteriore riduzione del concetto di intenzione al suo significato nell’ambito del diritto penale sarebbe in contrasto con la definizione del «regime di rigorosa tutela» da realizzarsi per mezzo dei divieti di cui all’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat. Non può considerarsi «rigoroso» un regime di tutela che vieti l’uccisione, la cattura o la perturbazione delle specie di interesse comune solo limitatamente a poche azioni direttamente indirizzate contro queste specie, ma tolleri che il danneggiamento di tali specie venga consapevolmente messo in conto in una molteplicità di altre azioni.

51.   Diversamente dall’interpretazione proposta dall’avvocato generale Léger, l’interpretazione della Corte non porta nemmeno a privare di efficacia l’art. 12, n. 4, della direttiva Habitat e la direttiva 2004/35.

52.   L’art. 12, n. 4, della direttiva Habitat include infatti in quest’interpretazione del concetto di intenzione i casi in cui il pericolo per le specie protette non viene messo in conto. Le misure di conservazione eventualmente necessarie possono in particolare consistere nel rendere consapevoli della minaccia in modo adeguato tramite informazioni o avvisi.

53.   Per quanto concerne la direttiva 2004/35, la tutela di cui all’art. 5 è più restrittiva relativamente ai danni da evitare, mentre è decisamente più estensiva per quanto concerne gli elementi soggettivi necessari. Vanno infatti evitati solo i significativi effetti negativi sul raggiungimento o sul mantenimento dello stato di conservazione favorevole, mentre i divieti di cui all’art. 12, n. 1, valgono anche per pregiudizi con effetti meno intensi, poiché riguardanti solo singoli esemplari. Il dovere di prevenzione previsto dalla direttiva 2004/35 vale però in principio anche per i comportamenti colposi e in caso di determinate attività – essenzialmente industriali – addirittura indipendentemente dal dolo o dalla colpa. L’interpretazione del concetto di intenzione data dalla Corte evita con ciò che si crei un vuoto di tutela tra la protezione dei singoli esemplari offerta dall’art. 12 della direttiva Habitat e quella delle popolazioni offerta dalla direttiva 2004/35, ma lascia ancora un proprio ambito di applicazione alla direttiva 2004/35.

54.   Si deve pertanto considerare deliberato un pregiudizio delle specie faunistiche protette, qualora chi ha compiuto l’azione da cui esso è derivato fosse stato a conoscenza della minaccia per le specie protette e l’avesse messa in conto.

55.   In questo concetto di intenzione si inquadrano anche gli argomenti della Commissione. Essa ritiene che, in un territorio nel quale sia provata la presenza della lontra, la caccia con mezzi non selettivi non possa essere vista come caccia non deliberata di una specie protetta. Il riferimento alla volpe sarebbe un mero formalismo.

56.   La Commissione si attiene perciò al rischio oggettivo legato all’utilizzo di metodi di caccia non selettivi. Da ciò essa fa implicitamente derivare l’accettazione del pregiudizio delle specie faunistiche protette. Questa conclusione è tuttavia ammissibile solo nel caso in cui i cacciatori sapessero che esemplari di queste specie erano presenti nelle zone in cui erano applicati i diversi metodi di caccia.

57.   Nel presente caso non vi sono tuttavia sufficienti indizi per affermare che i cacciatori, nel collocare i lacci, fossero a conoscenza della minaccia che questi costituivano per la lontra. Mentre era noto che le spiagge di Zante sono uno dei pochi siti di riproduzione della tartaruga marina Caretta caretta nel Mediterraneo, è tuttora controverso tra le parti addirittura se la lontra sia presente nella riserva di caccia in questione. Ancora durante il procedimento amministrativo la Commissione ha menzionato la lontra solo come un’ulteriore specie colpita e ha messo in primo piano soprattutto la lince iberica (Lynx pardinus). Fino a prova contraria non può pertanto essere imputato ai cacciatori di avere saputo che la lontra fosse presente, e quindi in pericolo, nelle loro riserve.

58.   Inoltre sulla spiaggia di Zante si trovavano dei cartelli di divieto che proibivano esplicitamente il comportamento in questione. Viceversa, la collocazione di lacci, nel presente caso, era stata addirittura autorizzata. I cacciatori dovevano pertanto presupporre di non violare alcuna norma giuridica.

59.   Di conseguenza non potrebbe venire qualificato come deliberato un eventuale pregiudizio arrecato alla lontra dalla caccia mediante l’utilizzo di lacci.

b)      Sui requisiti di un’autorizzazione

60.   È tuttavia anche dubbio se un’autorizzazione statale sia compatibile con il rigoroso regime di tutela di cui all’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat solo per il fatto che le azioni autorizzate non violano necessariamente gli espliciti divieti delle lettere a)‑d).

61.   Anche in questo senso la sentenza relativa alla tartaruga marina Caretta caretta contiene preziosi suggerimenti. In base a questa sentenza la Grecia ha infatti violato l’art. 12 della direttiva Habitat anche in quanto le disposizioni di tutela in loco a Zante non erano sufficienti a garantire un’efficace protezione della tartaruga durante il periodo di riproduzione (26). La Grecia è stata inoltre condannata per non aver fatto rispettare efficacemente, di fronte a continue violazioni, le regole esistenti a tutela della tartaruga (27).

62.   Gli Stati membri non possono pertanto limitarsi a stabilire divieti generali ispirati alla lettera dell’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat. Al contrario essi devono, se del caso, anche adottare e far rispettare regole specifiche tese a tutelare una specie protetta in determinati luoghi, qualora tali luoghi siano di preminente rilevanza per la conservazione della specie e quest’ultima sia in essi esposta a particolari rischi (28).

63.   In effetti nel presente caso la Commissione non pretende che vengano stabilite o imposte disposizioni di tal genere collegate al luogo a tutela della lontra, bensì contesta l’autorizzazione della caccia mediante l’utilizzo di lacci.

64.   Se però gli Stati membri possono addirittura venire obbligati ad adottare e a far rispettare attivamente particolari disposizioni locali a tutela delle specie faunistiche protette, allora essi sono tenuti, nell’ambito della loro attività di autorizzazione, in primo luogo a considerare attentamente se i provvedimenti autorizzati danneggino le specie faunistiche protette.

65.   Per quanto concerne questo impiego preventivo dell’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat, non rileva il fatto che gli individui che rispettivamente compiono l’azione danneggino deliberatamente le specie protette. Piuttosto è decisivo stabilire se le autorità competenti debbano presupporre che il comportamento autorizzato provocherà i danni che vanno vietati ai sensi dell’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat. In questo caso l’autorizzazione in questione potrà venire concessa solo nell’ambito delle deroghe previste all’art. 16 della direttiva Habitat. Se non facessero così, le autorità competenti violerebbero indirettamente i divieti imposti dall’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat.

66.   Quest’obbligo delle autorità competenti non presuppone un dolo nel senso del diritto penale. L’elemento soggettivo del dolo non è applicabile ad un organo pubblico. Tali autorità devono piuttosto utilizzare i migliori elementi di prova scientifici a disposizione (29). Può essere eventualmente necessario acquisire ulteriori elementi al fine di applicare le conoscenze generali al singolo caso concreto.

67.   Va pertanto esaminato se le autorità spagnole, nell’autorizzare la caccia con i lacci, potevano presupporre senza bisogno di ulteriori chiarimenti che le lontre non ne sarebbero state danneggiate.

68.   Per la valutazione di questa questione va considerato l’insieme del materiale sottoposto alla Corte. In effetti il governo spagnolo sostiene per la prima volta in maniera esplicita nella controreplica che i torrenti rappresentati nella cartografia all’interno della riserva di caccia SA-10.328 nella zona di Aldeanueva de la Sierra sarebbero spesso in secca, tuttavia quest’affermazione non rappresenta un nuovo mezzo di prova la cui presentazione tardiva andrebbe motivata ai sensi dell’art. 42, n. 1, del regolamento di procedura. Piuttosto il governo spagnolo, già nella sua risposta alla prima lettera di diffida, ha sostenuto che la presenza della lontra appare improbabile a causa delle caratteristiche del terreno. Tale argomento è chiarito nell’indicazione relativa all’inaridirsi dei corsi d’acqua. Inoltre la Commissione ha menzionato per la prima volta nella replica i torrenti in questione.

69.   Per quanto concerne le pubblicazioni presentate dal governo spagnolo nella controreplica e dalla Commissione dopo la conclusione del procedimento scritto, esse non rappresentano un mezzo di prova in senso proprio. Si tratta solamente di segnalazioni di fatti notori a sostegno del rispettivo parere.

70.   I dubbi che persistono dopo l’esame di questo mezzo di prova vanno a scapito della Commissione, poiché spetta ad essa, nell’ambito di un procedimento per inadempimento, provare la violazione del diritto comunitario (30).

71.   È controverso tra le parti se la lontra sia presente nella riserva di caccia SA‑10.328. La Commissione si basa su un formulario con dati standard redatto dalle autorità spagnole per una proposta di classificazione della regione spagnola di «Quilamas» ai fini della rete Natura 2000. Secondo questo formulario la lontra dovrebbe essere presente nella regione oggetto della proposta. «Quilamas» ha una superficie di oltre 10 000 ettari. La riserva di caccia si trova in effetti nelle immediate vicinanze di questa regione, a nord-ovest, ma i maggiori corsi d’acqua all’interno di «Quilamas», ad esempio l’«Arroyo de las Quilamas», sembrano scorrere verso sud-est. Tra questi corsi d’acqua e la riserva di caccia si trovano catene montuose con diverse centinaia di metri di dislivello (31). È pertanto improbabile che le lontre delle popolazioni di questi sistemi idrografici visitino la riserva di caccia.

72.   La Commissione richiama tuttavia l’attenzione anche sul fatto che il torrente Mina attraversa la riserva e che i torrenti Zarzosa e Media scorrono nelle vicinanze di essa. Questi torrenti sembrano appartenere a sistemi idrografici situati ad ovest di Quilamas, nei quali pure è stata provata la presenza della lontra (32). Il governo spagnolo obietta però all’argomento della Commissione, senza contestazioni da parte di questa, che tali torrenti sarebbero regolarmente in secca. A questo riguardo risulta dagli studi presentati che la lontra può a volte trovarsi in torrenti che sono periodicamente in secca, ma che è sostanzialmente difficile che ciò avvenga (33).

73.   Pertanto, secondo gli elementi in nostro possesso, la presenza della lontra nella riserva di caccia non è in effetti da escludere, ma risulta piuttosto improbabile.

74.   Oltre alla probabile presenza della lontra andavano considerati, nella valutazione dei rischi legati all’autorizzazione della caccia con i lacci, anche il rischio oggettivo rappresentato dal metodo di caccia, nonché l’importanza di eventuali danni.

75.   Contrariamente a quanto addotto dal governo spagnolo, esiste effettivamente il rischio che le lontre si impiglino nei lacci e subiscano di conseguenza ferite che possono rivelarsi mortali (34). Tuttavia il governo spagnolo ha richiamato l’attenzione su una pubblicazione che permette di concludere che la cattura di lontre per mezzo di trappole in terraferma è relativamente improbabile (35). Sembra che molto più spesso le lontre vengano travolte da imbarcazioni o anneghino dopo essere rimaste impigliate in nasse e simili strumenti di pesca (36). La collocazione dei lacci con l’aiuto di personale competente ed il divieto di collocare lacci nelle zone degli argini riducono ulteriormente il rischio rappresentato dai lacci.

76.   Appare inoltre innegabile che la popolazione di lontre nella regione di Salamanca –come pure nella maggior parte delle altre regioni spagnole e in altre parti d’Europa – dopo una forte diminuzione in passato, è attualmente di nuovo in aumento o perlomeno stabile (37).

77.   In conclusione va pertanto constatato che già la presenza della lontra nella riserva di caccia SA-10.328 è poco probabile. Il livello di rischio per le lontre che eventualmente visitassero la riserva di caccia sarebbe inoltre piuttosto basso. Qualora infine venissero effettivamente catturate delle lontre, ciò sarebbe in effetti spiacevole, tuttavia non costituirebbe un danno rilevante in considerazione della consistenza delle popolazioni di lontra nella regione di Salamanca (38). Sulla base delle informazioni di cui dispone la Corte, si deve quindi partire dal presupposto che le autorità preposte alla caccia abbiano potuto ritenere senza bisogno di ulteriori chiarimenti che l’autorizzazione della caccia con i lacci non mettesse in pericolo la lontra.

c)      Conclusione

78.   Non può pertanto essere accertata una violazione dell’art. 12, n. 1, della direttiva Habitat da parte della Spagna. Il ricorso va quindi respinto.

V –    Spese

79.   Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione risulta soccombente nel suo ricorso, essa va condannata alle spese come richiesto dal governo spagnolo.

VI – Conclusione

80.   Alla luce delle suesposte considerazioni suggerisco alla Corte di decidere nel seguente modo:

1.     Il ricorso viene respinto.

2.     La Commissione sosterrà le spese del procedimento.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 206, pag. 7.


3 – Adottata il 19 settembre 1979, ETS n. 104, ratificata dalla Comunità con decisione del Consiglio 3 dicembre 1981, 82/72/CEE, concernente la conclusione della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, GU L 38, pag. 1.


4 –      La Convenzione è vincolante solo in lingua inglese e francese. La versione inglese utilizza sia per «absichtlich» che per «mutwillig» il termine «deliberate», la versione francese utilizza il termine «intentionnelle».


5 – Pare trattarsi al riguardo di un funzionario statale.


6 – Per i guardiacaccia pare trattarsi di privati particolarmente qualificati nel settore della caccia, i quali offrono servizi di sorveglianza.


7 – V. sentenza 27 ottobre 2005, causa C‑525/03, Commissione/Italia (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 12 e segg.). In questo caso la Corte ha contraddetto le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs del 2 giugno 2005 (v. paragrafi 28 e segg. e i richiami ivi alla nota 24), il quale riteneva ricevibile il ricorso basandosi in particolare sulla sentenza 10 marzo 1987, causa 199/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 1039, punti 7 e segg.). In quest’ultima sentenza la Corte aveva eccezionalmente ritenuto ricevibile il ricorso nonostante fosse stato posto rimedio alla violazione, poiché lo Stato membro interessato insisteva sulla propria interpretazione giuridica. Casi di questo tipo si comprendono però meglio attraverso la prova di una prassi degli Stati membri, prova che la Commissione può basare anche su violazioni di diritti alle quali sia già stato posto rimedio (v. sentenza 26 aprile 2005, causa C‑494/01, Commissione/Irlanda [non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32]). Nonostante alcuni cenni al riguardo, nel corso dell’udienza, la Commissione non fa tuttavia valere l’esistenza di una simile prassi.


8 – Sentenze 22 marzo 1983, causa 42/82, Commissione/Francia (Racc. pag. 1013, punto 20) e 4 febbraio 1988, causa 113/86, Commissione/Italia (Racc. pag. 607, punto 11). V. anche, sui provvedimenti di legge, le sentenze 17 novembre 1992, causa C‑105/91, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑5871, punto 13) e 1 dicembre 1965, causa 45/64, Commissione/Italia (Racc. pagg. 1126, 1137 e seg.).


9 – Sentenza 9 novembre 1999, causa C‑365/97, Commissione/Italia [San Rocco] (Racc. pag. I‑7773, punto 60).


10 – Sentenze 16 settembre 1997, causa C‑279/94, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑4743, punto 25), 11 luglio 2002, causa C‑139/00, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑6407, punto 19) e 14 luglio 2005, causa C‑433/03, Commissione/Germania (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 28).


11 – Sentenza 15 febbraio 2001, causa C‑230/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑1169, punto 31).


12 – Sentenza 24 giugno 2004, causa C‑350/02, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑6213, punto 21).


13 – Una regola simile è contenuta all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, la cui giurisprudenza viene citata dal governo spagnolo in questo contesto.


14 – Sentenza 9 gennaio 2003, causa C‑178/00, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑303, punto 6).


15 – Direttiva del consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, GU L 103, pag. 1.


16 – Rapporto sulla Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa (1997-1998) (art. 9, n. 2) (presentato dalla Commissione europea), SEC (2001) 515 finale. V. già anche la risoluzione del Consiglio delle Comunità europee, del 19 ottobre 1987, concernente il proseguimento della politica della Comunità europea e l’attuazione di un programma d’azione in materia ambientale (1987-1992), GU C 328, n. 5.1.6. La sentenza 13 febbraio 2003, causa C‑75/01, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑1585, punto 57) non osta alla presa in considerazione della suddetta convenzione, poiché la Corte, in tale sentenza, ha solo dichiarato che la trasposizione della convenzione non vale trasposizione della direttiva, laddove la convenzione è meno rigorosa della direttiva.


17 – Il termine «deliberata» non è rilevante solo per le azioni vietate dall’art. 12, n. 1, lett. da a) a c), della direttiva Habitat in riferimento alle specie protette ai sensi dell’allegato IV, lett. a). Oltre a ciò, anche l’art. 5 delle direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici richiede, per quanto riguarda le specie di uccelli viventi nel territorio europeo, il divieto di ucciderli o di catturarli deliberatamente (lett. a) e rispettivamente di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva (lett. d) e di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi (lett. b).


18 – V. art. 121-3, n. 1, del code pénal francese.


19 – V. art. 121-3, n. 2 del code pénal francese. La messa in pericolo consapevole di altre persone qui regolata vale come codificazione del dolo eventuale.


20 – Accessibile attraverso la pagina web del Consiglio d’Europa, http://www.coe.int.


21 – GU L 143, pag. 56.


22 – Un esempio di una simile misura di conservazione, che, in modo atipico, è stata adottata dalla Comunità, è il regolamento (CE) del Consiglio 21 aprile 2004, n. 812, che stabilisce misure relative alla cattura accidentale di cetacei nell’ambito della pesca e che modifica il regolamento (CE) n. 88/98, GU L 150, pag. 12 (versione rettificata: GU L 185, pag. 4). La Comunità ha dovuto adottare questa regola perché ha competenza esclusiva nel settore della pesca.


23 – Sentenza 30 gennaio 2002, causa C‑103/00, Commissione/Grecia [Caretta caretta] (Racc. pag. I‑1147). V. anche già la sentenza 17 dicembre 1987, causa 412/85, Commissione/Germania (Racc. pag. 3503, punti 14 e seg.): l’intenzione di utilizzare il terreno, ad esempio in agricoltura, non esclude allo stesso tempo il fatto di uccidere o catturare deliberatamente le specie di uccelli, di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di disturbarli deliberatamente ai sensi dell’art. 5 della direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici.


24 – Conclusioni 25 ottobre 2001, causa C‑103/00, Commissione/Grecia [Caretta caretta] (Racc. 2002, pag. I‑1147, paragrafo 57).


25 – Sentenza Caretta caretta (citata alla nota 23, punto 36).


26 – Sentenza Caretta caretta (citata alla nota 23, punti 27 e segg.).


27 – Sentenza Caretta caretta (citata alla nota 23, punto 39).


28 – La Corte dovrà interpretare, a questo riguardo, la sentenza Caretta caretta (citata alla nota 23) nella causa C‑518/04, Commissione/Grecia [Vipera schweizeri] (comunicazione in GU 2005 C 57, pag. 15).


29 – V. sentenze 17 gennaio 1991, causa C‑157/89, Commissione/Italia [periodi di caccia] (Racc. pag. I‑57, punto 15), 19 maggio 1998, causa C‑3/96, Commissione/Paesi Bassi [elenco IBA] (Racc. pag. I‑3031, punti 69 e seg.) e 9 dicembre 2004, causa C‑79/03, Commissione/Spagna [quote di caccia] (Racc. pag. I‑11619, punto 41).


30 – V. sentenza 20 ottobre 2005 causa C‑6/04, Commissione/Regno Unito (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 75 con ulteriori richiami).


31 – V. la mappa alla pagina Internet http://www.dipsanet.es/provin/MapaSalamanca2003.pdf.


32 – Lizana e altri, in: Ruiz-Olmo e Delibes, La nutria en España, 1998, pag. 118.


33 – Lizana e altri, in: Ruiz-Olmo e Delibes, La nutria en España, 1998, pag. 118. Ruiz-Olmo e Delibes, ibidem, pag. 215, sottolineano tuttavia che la presenza della lontra in corsi d’acqua che vanno esaurendosi è osservabile sempre più spesso in molte zone della Spagna.


34 – V. la notizia della BBC del 3 maggio 2005 sulla morte di una lontra presa in un laccio, http://news.bbc.co.uk/1/hi/england/cornwall/4511053.stm, ed il rapporto dell’International Otter Survival Fund del 3 maggio 2003, http://www.otter.org/Update.html, sulla morte per dilatazione cardiaca di una lontra che si era sforzata per ore di liberarsi da un laccio.


35 – Palazón e Ruiz-Olmo, in: II Jornadas SECEM 1995, pag. 67.


36 – V. Saavedra e altri., in: V Jornadas SECEM 2001, pag. 125.


37 – Ruiz-Olmo e Delibes, in: Ruiz-Olmo e Delibes, La nutria en España, 1998, pagg. 212 e seg.


38 – In ciò la lontra si distingue per esempio dalla tartaruga marina Caretta caretta, la quale utilizza ormai solo pochissime spiagge del Mediterraneo per la riproduzione, e dall’estremamente rara lince iberica, presente solo in Spagna.

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