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Document 62003CJ0177

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 dicembre 2004.
    Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese.
    Inadempimento di uno Stato - Direttiva 89/618/Euratom - Informazione della popolazione in caso di emergenza radioattiva - Mancato recepimento.
    Causa C-177/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-11671

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2004:784

    Arrêt de la Cour

    Causa C-177/03

    Commissione delle Comunità europee

    contro

    Repubblica francese

    «Inadempimento di uno Stato — Direttiva 89/618/Euratom — Informazione della popolazione in caso di emergenza radioattiva — Mancato recepimento»

    Massime della sentenza

    1.        Ricorso per inadempimento — Diritto d’azione della Commissione — Esercizio discrezionale — Limiti

    (Art. 141 EA)

    2.        Ricorso per inadempimento — Oggetto della lite — Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso — Cambiamento fondamentale delle disposizioni nazionali pertinenti fra la scadenza del termine fissato per l’osservanza del parere motivato e la proposizione del ricorso — Nuovo parere motivato

    (Art. 141 EA)

    1.        Nel sistema istituito dall’art. 141 EA, la proposizione di un ricorso per inadempimento rientra nel potere discrezionale della Commissione, il cui esercizio non può essere oggetto di valutazione di opportunità da parte della Corte. Al contrario, spetta a quest’ultima valutare, all’occorrenza, se un ricorso ai sensi di detto articolo sia irricevibile in quanto presentato tardivamente o possa essere considerato come uno sviamento di procedura.

    (v. punti 16-17)

    2.        La regolarità del procedimento precontenzioso di cui all’art. 141 EA costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato non soltanto a tutela dei diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per garantire che l’eventuale procedimento precontenzioso verta su una controversia chiaramente definita.

    Pertanto, quando le pertinenti disposizioni nazionali cambino sostanzialmente tra il momento in cui è scaduto il termine per ottemperare al parere motivato e quello in cui è stato proposto il ricorso per inadempimento, tale cambiamento può privare di una parte significativa della sua utilità la sentenza che la Corte deve pronunciare. In una situazione del genere, sarebbe preferibile che la Commissione non presentasse un ricorso, bensì emettesse un nuovo parere motivato, precisando gli addebiti che intende mantenere alla luce delle circostanze modificate.

    (v. punti 20-21)




    SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
    9 dicembre 2004(1)

    «Inadempimento di uno Stato – Direttiva 89/618/Euratom – Informazione della popolazione in caso di emergenza radioattiva – Mancato recepimento»

    Nella causa C-177/03,avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell'art. 141 EA, proposto il 16 aprile 2003,

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Grunwald e B. Stromsky, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    Repubblica francese, rappresentata dai sigg. G. de Bergues e E. Puisais, in qualità di agenti,

    convenuta,



    LA CORTE (Prima Sezione),,



    composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. K. Lenaerts, J. N. Cunha Rodrigues (relatore), M. Ilešič e E. Levits, giudici,

    avvocato generale: sig.  L. A. Geelhoed
    cancelliere: sig. R. Grass

    vista la fase scritta del procedimento,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 1° luglio 2004,

    ha pronunciato la seguente



    Sentenza



    1
    Con il ricorso in oggetto la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica francese, non avendo adottato i provvedimenti necessari per conformarsi agli artt. 2, 3, 5, 6, 7 e 8 della direttiva del Consiglio 27 novembre 1989, 89/618/Euratom, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva (GU L 357, pag. 31; in prosieguo: la «direttiva»), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.


    Contesto normativo

    2
    L’art. 1 della direttiva dispone quanto segue:

    «La presente direttiva si propone di definire, a livello comunitario, obiettivi comuni circa le misure e procedure di informazioni della popolazione volte a rafforzare la protezione sanitaria operativa di quest’ultima per i casi di emergenza radioattiva».

    3
    L’art. 2 della direttiva così recita:

    «Ai fini della presente direttiva, per “caso di emergenza radioattiva” si intende ogni situazione:

    1)
    risultante:

    a)
    da un incidente sopravvenuto nel territorio di uno Stato membro in impianti o nel quadro di attività contemplate al punto 2), il quale provochi o rischi di provocare una considerevole emissione di materiali radioattivi, o

    b)
    dal rilevamento, nel proprio territorio o al di fuori di questo, di tassi anormali di radioattività che possono nuocere alla sanità pubblica in tale Stato membro, o

    c)
    da incidenti diversi da quelli previsti alla lettera a) e sopravvenuti in impianti o nel quadro di attività contemplate al punto 2), i quali provochino o rischino di provocare una considerevole emissione di materiali radioattivi, o

    d)
    da altri incidenti che provochino o rischino di provocare una considerevole emissione di materiali radioattivi;

    2)
    imputabile agli impianti e attività menzionati al punto 1), lettere a) e c) e qui indicati:

    a)
    reattore nucleare, di qualsiasi tipo e ovunque sia installato;

    b)
    qualsiasi altro impianto del ciclo del combustibile nucleare,

    c)
    qualsiasi impianto di gestione di residui radioattivi,

    d)
    trasporto e stoccaggio di combustibili nucleari o di residui radioattivi,

    e)
    produzione, utilizzazione, stoccaggio, evacuazione e trasporto di radioisotopi a scopo agricolo, industriale, medico o a scopi scientifici e di ricerca connessi

    e

    f)
    utilizzazione di radioisotopi per la produzione di energie nelle macchine spaziali».

    4
    L’art. 3 della direttiva stabilisce quanto segue:

    «Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, le espressioni “considerevole emissione di materie radioattive” e “tassi anormali di radioattività che possono nuocere alla sanità pubblica” si riferiscono a situazioni suscettibili di provocare il superamento dei limiti di dose prescritti, per le persone del pubblico, dalle direttive che determinano le norme fondamentali comunitarie in materia di radioprotezione (…)».

    5
    L’art. 5 della direttiva così dispone:

    «1. Gli Stati membri vigilano affinché la popolazione che rischia di essere interessata dall’emergenza radioattiva sia informata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili, nonché sul comportamento che deve adottare in caso di emergenza radioattiva.

    2. Le informazioni fornite devono comprendere almeno gli elementi di cui all’allegato I.

    3. Le informazioni sono comunicate alla popolazione indicata al paragrafo 1 senza che essa ne debba fare richiesta.

    4. Gli Stati membri aggiornano le informazioni, le comunicano regolarmente e anche quando si verificano cambiamenti significativi nelle misure descritte. Dette informazioni sono in permanenza accessibili al pubblico».

    6
    L’art. 6 della direttiva dispone quanto segue:

    «1. Gli Stati membri vigilano affinché, nell’eventualità di una emergenza radioattiva, la popolazione effettivamente interessata sia immediatamente informata sui fatti relativi all’emergenza, sul comportamento da adottare e sui provvedimenti di protezione sanitaria ad essa applicabili nella fattispecie.

    2. Le informazioni fornite riguardano i punti di cui all’allegato II che sono pertinenti secondo il caso di emergenza radioattiva».

    7
    L’art. 7 della direttiva così recita:

    «1. Gli Stati membri vigilano affinché i soggetti non facenti parte del personale degli impianti e/o non partecipanti alle attività definite all’articolo 2, punto 2), che però potrebbero intervenire nell’organizzazione dei soccorsi in caso di emergenza radioattiva ricevano un’informazione adeguata e regolarmente aggiornata sui rischi che l’intervento comporterebbe per la loro salute e sulle precauzioni da prendere in un caso simile; tale informazione tiene conto dei vari casi di emergenza radioattiva che potrebbero verificarsi.

    2. Dette informazioni sono completate da informazioni appropriate, nel caso si verifichi un’emergenza radioattiva, considerate le circostanze particolari».

    8
    Ai sensi dell’art. 8 della direttiva:

    «Le informazioni di cui agli articoli 5, 6 e 7 contengono anche l’indicazione delle autorità incaricate di applicare le misure previste in questi stessi articoli».

    9
    A norma dell’art. 161, terzo comma, EA, la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.


    Fase precontenziosa

    10
    Dopo avere invitato la Repubblica francese a presentare le sue osservazioni, il 27 luglio 2000 la Commissione le ha inviato un parere motivato in cui constatava che tale Stato membro non aveva adottato le misure necessarie per conformarsi a talune disposizioni della direttiva e le ingiungeva di prendere tali misure entro un termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica. Tale termine è stato prorogato, su richiesta delle autorità francesi, fino al 27 ottobre 2000.

    11
    La Repubblica francese ha poi adottato diversi provvedimenti legislativi per il recepimento della direttiva. Non ritenendo soddisfacenti tali provvedimenti, la Commissione, con atto depositato il 16 aprile 2003, ha proposto il ricorso in esame.


    Posizione delle parti

    12
    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    dichiarare che la Repubblica francese, non avendo adottato i provvedimenti necessari per conformarsi agli artt. 2, 3, 5, 6, 7 e 8 della direttiva, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della detta direttiva;

    condannare la Repubblica francese alle spese.

    13
    A sostegno del suo ricorso, la Commissione fa valere sei censure, tratte rispettivamente da ciascuna delle suddette disposizioni.

    14
    Nelle conclusioni formali del suo controricorso il governo francese afferma che la Commissione dovrebbe rinunciare alle sue prime quattro censure e alla sesta censura. Nondimeno, nella controreplica, esso chiede che tali censure siano respinte. Per contro, esso ammette la fondatezza della quinta censura.


    Sulle conclusioni presentate in subordine dal governo francese

    15
    Il governo francese, pur avendo concluso, in via principale, per il rigetto delle prime quattro censure e della sesta censura presentate dalla Commissione, ha anche ritenuto che quest’ultima dovrebbe rinunciare a tali censure.

    16
    In proposito, occorre ricordare che la Corte non può pronunciarsi su una domanda diretta a chiedere che la Commissione rinunci ad una censura nell’ambito di un ricorso per inadempimento. Infatti, nel sistema istituito dall’art. 141 EA, la proposizione di un ricorso per inadempimento rientra nel potere discrezionale della Commissione, il cui esercizio non può essere oggetto di valutazione di opportunità da parte della Corte (v., in questo senso, sentenze 6 luglio 2000, causa C‑236/99, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑5657, punto 28, e 14 maggio 2002, causa C‑383/00, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑4219, punto 19).

    17
    Al contrario, all’occorrenza, spetta alla Corte valutare se un ricorso ai sensi dell’art. 141 EA sia irricevibile in quanto presentato tardivamente o possa essere considerato come uno sviamento di procedura (v. sentenza 14 dicembre 1971, causa 7/71, Commissione/Francia, Racc. pag. 1003, punti 2-13).

    18
    Nel caso di specie, il termine fissato nel parere motivato è scaduto il 27 ottobre 2000, mentre il ricorso è stato proposto il 16 aprile 2003, vale a dire quasi due anni e sei mesi più tardi. Durante questo periodo, lo Stato membro interessato ha adottato numerose misure significative nel settore in questione. Il governo francese e la Commissione hanno dedicato una parte notevole delle loro memorie a discutere se tali provvedimenti nazionali, adottati dopo il 27 ottobre 2000, fossero adeguati ad attuare la direttiva, allorché è palese che la Corte non può prendere in considerazione tale discussione.

    19
    Dalla costante giurisprudenza si evince infatti che l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenza 6 marzo 2003, causa C‑211/02, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑2429, punto 6).

    20
    In tali circostanze, la presentazione di un ricorso per inadempimento è difficilmente compatibile con il sistema istituito dall’art. 141 EA. Infatti, la regolarità del procedimento precontenzioso di cui a tale articolo costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato CE non soltanto a tutela dei diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per garantire che l’eventuale procedimento contenzioso verta su una controversia chiaramente definita (v., in questo senso, ordinanza 11 luglio 1995, causa C‑266/94, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑1975, punto 17, e sentenza 10 aprile 2003, causa C‑392/99, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑3373, punto 133).

    21
    Quando le pertinenti disposizioni nazionali sono cambiate sostanzialmente tra il momento in cui è scaduto il termine per ottemperare al parere motivato e quello in cui è stato proposto il ricorso per inadempimento, tale evoluzione può privare di una parte significativa della sua utilità la sentenza che la Corte deve pronunciare. In una situazione del genere, sarebbe preferibile che la Commissione non presentasse un ricorso, bensì emettesse un nuovo parere motivato, precisando gli addebiti che intende mantenere alla luce delle circostanze modificate (v., in questo senso, ordinanza Commissione/Spagna, cit., punto 24).

    22
    Tuttavia, nonostante le circostanze in cui la Commissione ha proposto il presente ricorso complichino l’esame della controversia che la Corte deve svolgere, occorre riconoscere che esse non giustificano una dichiarazione di irricevibilità del ricorso.


    Sulla prima censura, relativa all’art. 2 della direttiva

    23
    La Commissione ha articolato questa censura in quattro parti. In primo luogo, essa afferma che la Repubblica francese non ha completamente recepito la definizione di «caso di emergenza radioattiva» enunciata all’art. 2 della direttiva, dato che il decreto 6 maggio 1988, n. 88-622, relativo ai piani d’emergenza, adottato in applicazione della legge 22 luglio 1987, n. 87-565, relativa all’organizzazione della sicurezza civile, alla tutela delle foreste contro gli incendi e alla prevenzione delle catastrofi (JORF dell’8 maggio 1988, pag. 6636), riguarda solo una parte delle situazioni previste da tale articolo. Infatti le attività menzionate al detto art. 2, n. 2, lett. d), e) e f), non sarebbero considerate in tale decreto. In secondo luogo, l’art. 6, n. 1, del detto decreto riguarderebbe solo reattori nucleari con una capacità termica superiore a dieci megawatt, diversamente dalla direttiva, che sarebbe applicabile a tutti i reattori nucleari. In terzo luogo, secondo la Commissione, l’art. 6, n. 2, dello stesso decreto non includerebbe gli impianti di cui all’art. 1, n. 2, della direttiva. Infine, il detto decreto riguarderebbe solo impianti situati in Francia, diversamente da quanto richiesto dall’art. 2, n. 1, lett. b) e c), della direttiva.

    24
    Il governo francese risponde che si è ovviato alle mancanze lamentate dalla Commissione mediante le modifiche introdotte con i decreti 13 marzo 2002, n. 2002-367 (JORF del 20 marzo 2002, pag. 4955), e 31 marzo 2003, n. 2003-295 (JORF del 2 aprile 2003, pag. 5776).

    25
    Come ricordato al punto 19 di questa sentenza, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione esistente nel momento in cui scade il termine fissato per ottemperare al parere motivato, mentre le modifiche intervenute in seguito non possono essere prese in considerazione. Nel caso di specie, è pacifico che il termine fissato in tale parere, prorogato su richiesta delle autorità francesi, è scaduto il 27 ottobre 2000. Quindi, l’esistenza o meno dell’inadempimento va valutata alla luce dello stato della normativa francese vigente in tale data.

    26
    Nella versione vigente in tale data, l’art. 6 del decreto n. 88-622 disponeva quanto segue:

    «I piani individuali d’intervento sono stabiliti per far fronte a rischi particolari relativi all’esistenza o al funzionamento di opere o impianti la cui area d’influenza è localizzata e ben determinata.

    Sono oggetto di un piano individuale d’intervento:

    1
    o I siti che contengono almeno un impianto nucleare di base del seguente tipo:

    a)
    un reattore nucleare con una capacità termica superiore a dieci megawatt;

    b)
    un impianto di ritrattamento di combustibili nucleari irradiati;

    c)
    un impianto di separazione isotopica di combustibili nucleari;

    d)
    un impianto per la conversione chimica di combustibili nucleari;

    e)
    un impianto di fabbricazione di combustibili nucleari.

    (…)».

    27
    Per quanto riguarda la prima parte di questa censura, il decreto n. 88‑622 non menziona espressamente alcuna delle attività elencate all’art. 2, n. 2, lett. d), e) e f), della direttiva. Le fattispecie contemplate dal detto decreto possono eventualmente essere attinenti ad alcune di queste attività, ma solo in modo parziale. Per questo motivo occorre dichiarare che il detto decreto non è interamente conforme alla direttiva.

    28
    Relativamente alla seconda parte di questa censura, l’art. 6, n. 1, lett. a), del decreto n. 88-622 concerne i reattori nucleari con una capacità termica superiore a dieci megawatt, mentre la direttiva, segnatamente il suo art. 2, n. 2, lett. a), è applicabile a tutti i reattori nucleari. Anche per questa ragione, il detto decreto non è conforme alla direttiva.

    29
    Nella terza parte di questa censura la Commissione afferma che:

    «(…) gli impianti classificati di cui all’art. 6, n. 2, del decreto n. 88-622 non includono gli impianti oggetto dell’art. 1, n. 2, della direttiva. Infatti, con il suo iniziale riferimento al decreto previsto dall’art. 7-1 della legge n. 76-663 e, come modificato dal decreto n. 2002-367, con il suo riferimento attuale all’art. 515-8 del codice dell’ambiente, l’art. 6, n. 2, del decreto n. 88-622 concerne in realtà tali impianti classificati per i quali è stata istituita una servitù pubblica. Alla luce della nomenclatura degli impianti classificati che è stata trasmessa (e che, risalendo all’aprile 2000, è stata comunicata dalle autorità francesi con lettera 18 ottobre 2000), occorre osservare che le rubriche da 1700 a 1721, che corrispondono alle sostanze radioattive, non contengono in alcun caso la menzione ‘S’, che significa ‘servitù pubblica’ e non sono quindi contemplate dall’art. 6, n. 2, del decreto n. 88-622».

    30
    La formulazione di questa parte della censura è di difficile comprensione. La natura della nomenclatura addotta e il suo collegamento con la direttiva non sono spiegati. Il decreto n. 2002-367 non può essere preso in considerazione dalla Corte per le ragioni esposte ai punti 19 e 25 di questa sentenza. Infine, nonostante la Commissione menzioni più volte l’art. 1, n. 2, della direttiva, quest’ultima non contiene siffatta disposizione.

    31
    Ne consegue che, non essendo sufficientemente chiara, la terza parte della prima censura deve essere respinta.

    32
    Per quanto concerne la quarta parte di questa censura, dal decreto n. 88-622 emerge che esso riguarda solo impianti situati in Francia, mentre l’art. 2, n. 1, lett. b) e c), della direttiva concerne incidenti verificatisi fuori dal territorio nazionale dello Stato membro interessato. Pertanto, sotto questo profilo, il detto decreto non è conforme alla direttiva.

    33
    Ne consegue che, alla data del 27 ottobre 2000 e nei termini precisati ai punti 27, 28 e 32 di questa sentenza, la vigente legislazione francese non attuava adeguatamente l’art. 2 della direttiva.


    Sulla seconda censura, relativa all’art. 3 della direttiva

    34
    La Commissione afferma che la normativa francese non contiene definizioni dei termini «considerevole emissione di materie radioattive» e «tassi anormali di radioattività che possono nuocere alla sanità pubblica» ai sensi dell’art. 3 della direttiva. Tale definizione sarebbe necessaria per individuare con precisione e con un sufficiente grado di certezza del diritto le situazioni cui si applicano i provvedimenti nazionali di recepimento.

    35
    Il governo francese risponde che nella normativa francese è stata introdotta una definizione adeguata mediante il citato decreto n. 2003-295 e con il decreto 2 giugno 2003 (in realtà 17 ottobre 2003), vertente sull’organizzazione di una rete nazionale per la misura della radioattività nell’ambiente (JORF del 28 ottobre 2003, pag. 18382).

    36
    Per le ragioni già menzionate ai punti 19 e 25 della presente sentenza, tali atti non possono essere presi in considerazione dalla Corte e l’esistenza dell’inadempimento addotto va valutata alla luce della legislazione dello Stato membro convenuto quale si presentava il 27 ottobre 2000.

    37
    Orbene, il governo francese non contesta che, a tale data, nella sua legislazione non esisteva alcuna definizione delle nozioni menzionate dalla Commissione.

    38
    In base agli elementi sottoposti all’attenzione della Corte, le disposizioni francesi vigenti al 27 ottobre 2000 non contenevano alcuna indicazione dei limiti di dose il cui rischio di superamento deve far scattare le misure d’informazione previste dalla direttiva.

    39
    Ne deriva che, a tale data e nei termini precisati, la legislazione francese in vigore non aveva recepito adeguatamente l’art. 3 della direttiva.


    Sulla terza censura, relativa all’art. 5 della direttiva

    40
    La Commissione afferma quanto segue:

    «Dato che [la prima e la seconda censura sono state accolte], l’art. 5 della direttiva (...), che disciplina l’informazione preventiva della popolazione che rischia di essere interessata da un’emergenza radioattiva, non risulta completamente recepito per tutti gli impianti e per tutte le attività precisate all’art. 2 della stessa direttiva, per le ragioni già esposte ai 29-38 [punti che illustrano la seconda e la terza censura] del presente ricorso. Infatti, i provvedimenti nazionali di recepimento della direttiva non coprono la totalità della popolazione interessata».

    41
    Ne consegue che la terza censura rappresenta una mera conseguenza dell’esistenza degli inadempimenti addotti nel contesto della prima e della seconda censura. Essa, pertanto, non ha un’esistenza autonoma.

    42
    Nell’ambito di un ricorso per inadempimento, non si può far valere due volte la stessa censura contro lo Stato membro convenuto.

    43
    Pertanto, la terza censura dev’essere respinta.


    Sulla quarta censura, relativa all’art. 6 della direttiva

    44
    La Commissione sostiene che le modalità per l’informazione della popolazione effettivamente interessata previste dalle disposizione legislative o regolamentari francesi differiscono da quelle contenute nell’art. 6 della direttiva. Quest’ultimo richiederebbe che tale popolazione sia «immediatamente informata». Ora, gli artt. 7, terzo comma, e 9, secondo comma, del decreto 11 maggio 1990, n. 90-394, relativo al codice di allerta nazionale (JORF del 15 maggio 1990, pag. 9585), disporrebbero che la popolazione sia informata nei tempi previsti, rispettivamente dal ministro o dal prefetto.

    45
    Il governo francese, nel controricorso, fa valere il decreto 25 aprile 2001, n. 2001‑368, relativo all’informazione sui rischi e sui comportamenti da adottare in caso di emergenza, che modifica il decreto 11 maggio 1990, n. 90-394, relativo al codice nazionale d’allerta (JORF del 28 aprile 2001, pag. 6737), ed il decreto 30 novembre 2001, relativo all’istituzione di un dispositivo di avvertimento d’emergenza attorno ad un impianto nucleare di base dotato di un piano individuale d’intervento (JORF del 14 dicembre 2001, pag. 19848). Nella controreplica, il governo francese richiama inoltre gli artt. L.1333-3 e L.1333-8 del codice della sanità pubblica, come risultano dall’ordinanza 28 marzo 2001, n. 2001-270 (JORF del 31 marzo 2001, pag. 5057), e della legge 9 maggio 2001, n. 2001-398 (JORF del 10 maggio 2001, pag. 7325).

    46
    Dato che tali disposizioni sono state adottate dopo il 27 ottobre 2000, per le ragioni esposte ai punti 19 e 25 di questa sentenza la Corte non può prenderle in considerazione.

    47
    L’esame della Corte deve quindi limitarsi al decreto n. 90-394. Gli artt. 7, terzo comma, e 9, secondo comma, del detto decreto prevedevano che i messaggi trasmessi per radio o per televisione per confermare l’allarme e per indicare alla popolazione il comportamento da tenere fossero diffusi nei termini previsti rispettivamente dal ministro incaricato della sicurezza civile o dal prefetto responsabile della direzione dei soccorsi e fossero ripresi, se del caso, ad intervalli da esso precisati.

    48
    È palese che tale disposizione non attuava pienamente l’art. 6 della direttiva, secondo il quale la popolazione effettivamente interessata deve essere immediatamente informata sui fatti relativi all’emergenza e sul comportamento da adottare.

    49
    Ne consegue che, sotto questo profilo, la legislazione nazionale vigente al giorno della scadenza del termine fissato per il rispetto del parere motivato non aveva recepito adeguatamente l’art. 6 della direttiva.


    Sulla quinta censura, relativa all’art. 7 della direttiva

    50
    La Commissione afferma che l’art. 7 della direttiva, relativo all’informazione delle squadre d’intervento, non è stato recepito in modo completo nella legislazione francese. La circolare 1102 del 29 settembre 1987, relativa all’organizzazione di cure mediche il primo giorno in caso di incidente radioattivo o nucleare (soccorso medico d’emergenza) non sarebbe sufficiente per il conseguimento degli obiettivi posti dal detto articolo. Essa non soddisfarebbe i requisiti di certezza del diritto imposti dalla costante giurisprudenza della Corte.

    51
    Il governo francese non contesta la fondatezza di tale censura. Esso rende nota la sua volontà di modificare al più presto l’art. R.1333-85 del codice della sanità pubblica per garantire il completo recepimento dell’art. 7 della direttiva.

    52
    Occorre evidenziare che la detta circolare non contiene alcuna disposizione in materia di informazione delle squadre di soccorso.

    53
    Peraltro, il decreto 21 novembre 1994, relativo alla formazione dei vigili del fuoco professionisti (JORF del 7 gennaio 1995, pag. 319) nella versione originale, si applica solo ai vigili del fuoco e non ad altri soggetti che possano intervenire nell’organizzazione dei soccorsi.

    54
    Inoltre, anche se tale decreto prevede una formazione specialistica in materia di rischi legati alla radioattività, dai suoi artt. 23, secondo comma, e 27, secondo comma, risulta che tale formazione è prevista solo facoltativamente, ai fini dell’avanzamento della carriera. Per questo motivo essa non corrisponde alla formazione adeguata e regolare prevista obbligatoriamente dall’art. 7 della direttiva.

    55
    Ne consegue che, nei limiti precisati, la normativa francese in vigore al 27 ottobre 2000 non aveva attuato adeguatamente l’art. 7 della direttiva.


    Sulla sesta censura, relativa all’art. 8 della direttiva

    56
    La Commissione ricorda che, ai sensi dell’art. 8 della direttiva, le informazioni di cui ai suoi artt. 5, 6 e 7 «contengono anche l’indicazione delle autorità incaricate di applicare le misure previste in questi stessi articoli». La prassi delle autorità francesi, che consisterebbe nell’indicare le autorità responsabili sui mezzi usati per informare il pubblico, non può ritenersi sufficiente a garantire il corretto e completo recepimento del detto art. 8. Essa, infatti, non soddisfarebbe i requisiti della certezza del diritto.

    57
    Occorre ricordare che, secondo il disposto stesso dell’art. 161, terzo comma, EA, gli Stati membri possono scegliere la forma e i mezzi di attuazione delle direttive che meglio permettono di garantire il risultato che devono raggiungere. Da tale disposizione risulta che la trasposizione in diritto interno di una direttiva non esige necessariamente un’azione legislativa in ciascuno Stato membro. Per questo la Corte ha dichiarato a più riprese che non è sempre richiesta una riproduzione formale delle disposizioni di una direttiva in una disposizione legale espressa e specifica (v., in questo senso, sentenze 26 giugno 2003, causa C‑233/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑6625, punto 76, e 20 novembre 2003, causa C‑296/01, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑13909, punto 55).

    58
    La sesta censura della Commissione deve essere valutata alla luce di tale giurisprudenza.

    59
    Nel caso di specie, quest’ultima non ha affatto dimostrato che l’osservanza dell’obbligo previsto all’art. 8 della direttiva richieda l’adozione di specifici provvedimenti di recepimento nell’ordinamento giuridico nazionale.

    60
    La Commissione riconosce inoltre l’esistenza di una prassi delle autorità francesi consistente nell’indicare le autorità responsabili sui mezzi usati per informare il pubblico, senza dimostrare sotto quale profilo detta prassi sarebbe in contrasto con l’obbligo previsto al detto art. 8.

    61
    Pertanto, la sesta censura deve essere respinta.

    62
    Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che la Repubblica francese, non avendo adottato, alla data del 27 ottobre 2000, tutti i provvedimenti necessari per conformarsi agli artt. 2, 3, 6 e 7 della direttiva, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di quest’ultima.


    Sulle spese

    63
    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a norma dell’art. 69, n. 3, del medesimo regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Poiché nella specie ciascuna delle parti è rimasta parzialmente soccombente, ciascuna di esse sopporterà le proprie spese.

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

    1)
    La Repubblica francese, non avendo adottato, alla data del 27 ottobre 2000, tutti i provvedimenti necessari per conformarsi agli artt. 2, 3, 6 e 7 della direttiva del Consiglio 27 novembre 1989, 89/618/Euratom, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva.

    2)
    Il ricorso è respinto per il resto.

    3)
    Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

    Firme


    1
    Lingua processuale: il francese.

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