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Document 62003CJ0086

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 15 dicembre 2005.
    Repubblica ellenica contro Commissione delle Comunità europee.
    Ricorso d'annullamento - Rifiuto della Commissione di autorizzare l'uso di oli combustibili pesanti aventi un tenore massimo di zolfo del 3% in peso massa su parte del territorio greco - Direttiva 1999/32/CE - Tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi.
    Causa C-86/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-10979

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:769

    Causa C-86/03

    Repubblica ellenica

    contro

    Commissione delle Comunità europee

    «Ricorso di annullamento — Rifiuto della Commissione di autorizzare l’uso di oli combustibili pesanti aventi un tenore massimo di zolfo del 3% in peso massa su parte del territorio greco — Direttiva 1999/32/CE — Tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi»

    Conclusioni dell’avvocato generale A. Tizzano, presentate il 16 giugno 2005 

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) 15 dicembre 2005 

    Massime della sentenza

    1.     Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 1999/32 — Riduzione del tenore di zolfo di taluni combustibili liquidi — Tenore massimo di zolfo di oli combustibili pesanti — Deroga — Presupposti per la concessione — Rifiuto della Commissione di autorizzare l’utilizzo di oli combustibili pesanti aventi un tenore massimo di zolfo del 3% in peso massa — Contributo delle emissioni al superamento dei carichi critici in uno Stato membro — Dimensione di tale contributo e ruolo dello stesso nel detto superamento — Assenza di incidenza — Principio di tutela del legittimo affidamento — Violazione — Assenza

    (Trattato CE, artt. 189 A e 189 C (divenuti artt. 250 CE e 252 CE); direttiva del Consiglio 1999/32, art. 3, n. 2; decisione della Commissione 2003/3)

    2.     Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 1999/32 — Riduzione del tenore di zolfo di taluni combustibili liquidi — Tenore massimo di zolfo di oli combustibili pesanti — Deroga — Presupposti per la concessione — Assenza di contributo delle emissioni al superamento degli oneri critici negli Stati membri — Principio di proporzionalità — Violazione — Assenza

    (Direttiva del Consiglio 1999/32, art. 3, n. 2)

    1.     Non viola l’art. 3, n. 2, della direttiva 1999/32, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi, né il principio della tutela del legittimo affidamento, la decisione della Commissione con cui viene respinta una domanda presentata da uno Stato membro per poter autorizzare l’utilizzo di oli combustibili pesanti aventi un tenore di zolfo compreso tra 1% e 3% in peso massa in una parte del suo territorio.

    Infatti, da un lato, secondo la formulazione stessa del detto art. 3, n. 2, l’autorizzazione all’uso di tali oli combustibili pesanti è sottoposta non solo alla condizione del rispetto delle norme di qualità dell’aria relative all’anidride solforosa stabilite nella legislazione comunitaria rilevante, ma anche ad una seconda condizione, e cioè che le emissioni di anidride solforosa «non contribuiscano in modo significativo al superamento» dei carichi critici in altri Stati membri, senza che tale disposizione contenga una precisazione relativa all’importanza di tale contributo ovvero al ruolo dello stesso nell’ambito del superamento. Nulla, nel testo di tale disposizione, consente di concludere che potrebbe essere concessa una deroga nel caso in cui il contributo non sia decisivo ai fini del superamento ovvero quando il contributo stesso, pur essendo rilevabile, non superi una soglia determinata.

    D’altra parte, per quanto riguarda il principio di tutela del legittimo affidamento, non si può ammettere che una comunicazione presentata dalla Commissione unitamente a una proposta di direttiva, ancorché citata nei ‘considerando’ di quest’ultima, abbia potuto far sorgere un legittimo affidamento quanto al mantenimento degli orientamenti ivi contenuti, dal momento che, a norma degli artt. 189 A e 189 C del Trattato (divenuti artt. 250 CE e 252 CE), la Commissione può modificare in qualsiasi momento la propria proposta e il Consiglio può adottare un atto che ne costituisca un emendamento.

    (v. punti 58, 72)

    2.     Non si può addebitare al Consiglio di aver violato il principio di proporzionalità assoggettando la concessione di un’autorizzazione all’impiego degli oli combustibili pesanti il cui tenore in zolfo superi la soglia autorizzata dell’1% in massa a condizioni rigorose, quali quelle previste dall’art. 3, n. 2, della direttiva 1999/32, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi.

    Infatti, tenuto conto del fatto che lo zolfo presente nel petrolio è stato riconosciuto da decenni come la fonte principale delle emissioni di anidride solforosa che sono una delle grandi cause delle piogge acide e dell’inquinamento atmosferico registrato in molte zone urbane e industriali e del carattere transfrontaliero del problema di acidificazione, questa misura è idonea a realizzare l’obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia la riduzione delle emissioni di anidride solforosa derivanti dalla combustione di alcuni tipi di combustibili liquidi.

    Per quanto riguarda più in particolare la necessità di una rigida applicazione della condizione di cui al detto art. 3, n. 2, e relativa al contributo delle emissioni al superamento dei carichi critici negli Stati membri, il Consiglio, in considerazione in particolare degli effetti delle emissioni di zolfo sulla salute umana e sull’ambiente nonché dell’importante ruolo di tali emissioni nel fenomeno transfrontaliero di acidificazione, ha potuto, senza incorrere in un manifesto errore di valutazione, ritenere che fosse necessario subordinare la concessione di deroghe all’utilizzo di oli combustibili pesanti il cui tenore di zolfo superi l’1% in massa all’assenza di qualsivoglia contributo delle emissioni di zolfo di uno Stato membro al superamento dei carichi critici sul territorio degli altri Stati membri, anche se i costi economici di una tale misura possono risultare considerevoli e anche se tale contributo non concorre in maniera significativa all’aggravamento della situazione negli Stati membri. L’importanza degli scopi perseguiti può giustificare restrizioni aventi conseguenze economiche negative, anche notevoli, per taluni operatori economici, tanto più che la tutela dell’ambiente rappresenta uno degli obiettivi essenziali della Comunità.

    (v. punti 90-93, 95-96)




    SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    15 dicembre 2005 (*)

    «Ricorso d’annullamento – Rifiuto della Commissione di autorizzare l’uso di oli combustibili pesanti aventi un tenore massimo di zolfo del 3% in peso massa su parte del territorio greco – Direttiva 1999/32/CE – Tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi»

    Nella causa C‑86/03,

    avente ad oggetto un ricorso d’annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 26 febbraio 2003,

    Repubblica ellenica, rappresentata dal sig. P. Mylonopoulos e dalla sig.ra A. Samoni-Rantou, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. Konstantinidis e G. Valero Jordana, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    convenuta,

    sostenuta da:

    Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dalla sig.ra S. Kyriakopoulou e dal sig. B. Hoff‑Nielsen, in qualità di agenti,

    interveniente,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), M. Ilešič e E. Levits, giudici,

    avvocato generale: sig. A. Tizzano

    cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto,

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 28 aprile 2005,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 giugno 2005,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1       Col suo ricorso, la Repubblica ellenica chiede l’annullamento della decisione della Commissione 17 dicembre 2002, 2003/3/CE, sulla richiesta di deroga avanzata dalla Grecia per poter autorizzare l’uso di oli combustibili pesanti dal tenore massimo di zolfo del 3% in peso massa su parte del suo territorio nazionale (GU 2003, L 4, pag. 16, in prosieguo: la «decisione impugnata»). In via subordinata, essa chiede alla Corte, in base all’art. 241 CE, di dichiarare inapplicabile la direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/32/CE, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e che modifica la direttiva 93/12/CEE (GU L 121, pag. 13; in prosieguo: la «direttiva»).

     Contesto normativo e fattuale

     La direttiva

    2       L’art. 1, nn. 1 e 2, della direttiva, che è stata adottata in base all’art. 130 S del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 175 CE), così dispone:

    «1.      Scopo della presente direttiva è ridurre le emissioni di anidride solforosa derivanti dalla combustione di alcuni tipi di combustibili liquidi, diminuendo così gli effetti nocivi di tali emissioni per le persone e l’ambiente.

    2.      La riduzione delle emissioni di anidride solforosa dovute alla combustione di alcuni combustibili liquidi derivati dal petrolio deve essere realizzata stabilendo limiti per il tenore di zolfo di tali combustibili, come condizione per il loro uso sul territorio degli Stati membri.

    […]»

    3       Ai sensi dell’art. 3, nn. 1, 2 e 5, della direttiva:

    «1.      Gli Stati membri prendono tutte le iniziative necessarie affinché, a decorrere dal 1° gennaio 2003, non siano usati sul loro territorio oli combustibili pesanti il cui tenore di zolfo superi l’1,00% in massa.

    2.      Nel rispetto delle norme di qualità dell’aria relative all’anidride solforosa stabilite nella direttiva 80/779/CEE […] o in qualsiasi atto legislativo della Comunità che abroghi e sostituisca tali norme e nelle altre pertinenti disposizioni comunitarie, e purché le emissioni non contribuiscano in modo significativo al superamento dei carichi critici in altri Stati membri, uno Stato membro può autorizzare, su tutto il suo territorio o su una parte di esso, l’uso di oli combustibili pesanti aventi un tenore di zolfo compreso tra 1,00 e 3,00% in peso massa. Tale autorizzazione si applica soltanto se le emissioni di uno Stato membro non contribuiscono al superamento dei carichi critici in qualsiasi Stato membro.

    (…).

    5.      Lo Stato membro che intende avvalersi della facoltà di cui al paragrafo 2 ne informa la Commissione e il pubblico con almeno dodici mesi di anticipo. Alla Commissione devono essere fornite le informazioni necessarie per valutare se i criteri previsti al paragrafo 2 siano stati rispettati. La Commissione informa gli altri Stati membri.

    Entro sei mesi dalla data di ricezione delle suddette informazioni dello Stato membro, la Commissione esamina i provvedimenti previsti e, secondo la procedura di cui all’articolo 9, prende una decisione e la comunica agli Stati membri. Tale decisione è riesaminata ogni otto anni sulla base delle informazioni che gli Stati membri interessati forniscono alla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 9».

    4       Ai sensi dell’art. 2, punto 6, della direttiva, ai fini della medesima si intende per «carico critico, l’esposizione quantitativa stimata a una o più sostanze inquinanti al di sotto della quale non si verificano secondo le conoscenze attuali effetti nocivi significativi su elementi ambientali sensibili».

    5       L’art. 9 della direttiva dispone:

    «La Commissione è assistita da un comitato a carattere consultivo, composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.

    Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato, entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame, formula il suo parere sul progetto, eventualmente procedendo a votazione.

    Il parere è iscritto a verbale; inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri a verbale.

    La Commissione tiene in massima considerazione il parere formulato dal comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere».

     La decisione impugnata

    6       Dai ‘considerando’ della decisione impugnata emerge che il procedimento che ha condotto alla sua adozione si è svolto come segue.

    7       Il 17 dicembre 2001 la Repubblica ellenica ha chiesto, sulla base dell’art. 3, n. 2, della direttiva, il consenso della Commissione per l’utilizzo di oli combustibili pesanti dal tenore massimo di zolfo del 3% in peso massa su tutto il suo territorio nazionale, ad eccezione del bacino dell’Attica (terzo ‘considerando’).

    8       Il 23 gennaio 2002, la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni alle autorità greche, che le hanno trasmesse il 19 febbraio 2002. Il 4 giugno dello stesso anno il governo ellenico ha modificato la propria richiesta, chiedendo una deroga temporanea valevole fino al 2008, da sottoporre a riesame per il periodo restante (quarto ‘considerando’).

    9       Secondo il settimo ‘considerando’, la Repubblica ellenica ha sostenuto di contribuire in misura pressoché nulla al deposito di zolfo o al superamento dei carichi critici di acidità negli altri Stati membri. Essa ha riconosciuto di essere responsabile dell’1% dei depositi di zolfo in Italia.

    10     La Commissione ha richiesto l’assistenza del programma concertato di sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa (in prosieguo: l’ «EMEP»). In tal senso, l’Istituto norvegese di meteorologia (Metereological Synthesizing Centre‑West, in prosieguo: l’«istituto») ha effettuato un’analisi approfondita del contributo greco al deposito di zolfo, in particolare in Italia, dove i carichi critici di acidità sono superati nel 5% degli ecosistemi vulnerabili all’acidificazione (ottavo ‘considerando’).

    11     I risultati di detta analisi, presentati nell’ambito di due relazioni rispettivamente datate 22 febbraio e 22 marzo 2002, dimostrano che le emissioni greche contribuiscono al superamento dei carichi critici di acidità in almeno sei quadrati della griglia in cui si è individuato un superamento dei carichi critici. In tali quadrati della griglia il contributo della Grecia non supera lo 0,5% e l’EMEP ha concluso che l’analisi condotta concorda con i calcoli che attribuiscono alla Grecia l’1% del deposito totale di zolfo presente in Italia (nono e decimo ‘considerando’).

    12     Il comitato consultivo di cui all’art. 9 della direttiva (in prosieguo: il «comitato consultivo») si è riunito una prima volta il 15 aprile 2002. È pacifico che in tale occasione il detto comitato si è dichiarato favorevole al progetto della Commissione di rigetto della domanda del governo ellenico.

    13     Secondo l’undicesimo ‘considerando’, il 5 luglio 2002 tale governo ha chiesto il riesame della sua domanda, in quanto la notifica già presentata era incompleta, e ha comunicato che avrebbe trasmesso informazioni supplementari entro la fine di luglio. Con lettera 15 luglio 2002 la Commissione ha chiesto alle autorità greche di fornire quanto prima tali informazioni, indicando che il periodo di sei mesi di cui all’art. 3, n. 5, della direttiva avrebbe cominciato a decorrere al momento del ricevimento di tali informazioni.

    14     Il 30 luglio 2002 le autorità greche hanno presentato dati sulle emissioni di anidride solforosa in Grecia nel 2000 e chiesto che la loro domanda fosse esaminata sulla base di tali dati. Il 3 ottobre 2002 le medesime autorità hanno trasmesso una valutazione recente del livello di protezione degli ecosistemi in Italia con riferimento al contributo della Grecia al superamento dei carichi critici di acidità (dodicesimo ‘considerando’).

    15     Dal tredicesimo ‘considerando’ emerge che l’EMEP, con il supporto del centro di coordinamento degli effetti sulla mappatura dei carichi e dei livelli critici (in prosieguo: il «CCE»), ha confermato la conclusione precedente, secondo cui le emissioni greche di anidride solforosa, come dichiarate dalla Repubblica ellenica nel 2000, contribuiscono al superamento dei carichi critici di acidità in Italia. Tali risultati sono riassunti in una relazione del 19 novembre 2002, secondo la quale è provato con ragionevole certezza che le emissioni greche contribuiscono effettivamente ad eccessi di depositi che superano i carichi critici di acidificazione in altri Stati membri, in particolare in Italia.

    16     Alla luce delle informazioni presentate dalla Repubblica ellenica sulla qualità dell’aria ambiente e dell’analisi dell’EMEP sostenuta dal CCE sul contributo della Grecia al superamento dei carichi critici, la Commissione, con la decisione impugnata, si è rifiutata di concedere la deroga chiesta dalla Repubblica ellenica, in quanto non risultava soddisfatta la condizione relativa al superamento dei carichi critici (quattordicesimo ‘considerando’).

    17     Emerge infine dal quindicesimo ‘considerando’ che la decisione impugnata è conforme al parere reso dal comitato consultivo in occasione di una riunione svoltasi il 10 dicembre 2002.

     Conclusioni delle parti

    18     Il governo ellenico chiede che la Corte voglia:

    –       annullare la decisione impugnata;

    –       dichiarare inapplicabile la direttiva in base all’art. 241 CE, laddove fosse accolta l’interpretazione della direttiva sostenuta dalla Commissione;

    –       condannare la Commissione alle spese.

    19     La Commissione conclude che la Corte voglia:

    –       respingere il ricorso;

    –       condannare la Repubblica ellenica alle spese.

    20     Con ordinanza 10 settembre 2003, il Consiglio dell’Unione europea è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Esso chiede alla Corte di dichiarare irricevibile la domanda della Repubblica ellenica di dichiarare inapplicabile la direttiva in base all’art. 241 CE, e di condannare la ricorrente alle spese.

     Sul ricorso

    21     A sostegno del suo ricorso di annullamento, il governo ellenico invoca in sostanza quattro motivi, basati, rispettivamente, sulla violazione dei diritti della difesa, su una violazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva, sull’inosservanza del principio della tutela del legittimo affidamento nonché sul mancato rispetto del principio di proporzionalità.

     Sul primo motivo, basato sulla violazione dei diritti della difesa

     Argomenti delle parti

    22     Il governo ellenico osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte, il rispetto dei diritti della difesa rappresenta un principio fondamentale del diritto comunitario. In particolare, preliminarmente all’adozione di una decisione, la parte interessata dovrebbe essere informata in modo tale da disporre di un termine ragionevole per preparare la sua difesa, dovrebbe ricevere un resoconto dettagliato e completo degli addebiti che le sono mossi e dovrebbe essere informata con precisione dei fatti e delle considerazioni sui quali si deve basare la decisione. Ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie, con particolare riferimento alla procedura svoltasi dinanzi al comitato consultivo in occasione della riunione del 10 dicembre 2002.

    23     Innanzi tutto, poiché la convocazione alla riunione citata e il progetto di decisione della Commissione, per un verso, e i documenti sui quali tale istituzione basava il suo progetto, per altro verso, sono stati trasmessi alle delegazioni nazionali, rispettivamente, solo il mercoledì 4 dicembre 2002, alle ore 14:30, e la mattina dopo verso le 11, il governo ellenico avrebbe avuto a disposizione solamente due giorni liberi lavorativi per preparare la sua difesa. Così, il comitato consultivo non avrebbe rispettato i termini previsti dal suo stesso progetto di regolamento interno, ai sensi del quale la convocazione, ivi compreso qualsiasi documento di lavoro, deve essere inviata almeno 14 giorni prima della riunione, salvo in caso di urgenza e quando le misure previste devono essere applicate immediatamente, nel qual caso il termine è ridotto a cinque giorni prima della data della riunione. Nella fattispecie, nulla avrebbe giustificato il ricorso a una simile procedura d’urgenza.

    24     In secondo luogo, la documentazione sottoposta al comitato consultivo non avrebbe contenuto l’aggiornamento di una nota informativa della direzione generale dell’ambiente della Commissione datata 10 dicembre 2002 (in prosieguo: la «nota 10 dicembre 2002»), in cui tale istituzione riconoscerebbe che il contributo greco al superamento dei carichi critici in altri Stati membri potrebbe dipendere dal modello matematico impegnato nell’analisi.

    25     In terzo luogo, la composizione del comitato consultivo sarebbe stata sostanzialmente modificata tra la riunione tenutasi il 15 aprile 2002 e quella tenutasi il 10 dicembre successivo. Solo due membri avrebbero partecipato a entrambe le riunioni. Secondo il governo ellenico, i membri che hanno partecipato alla seconda riunione non avrebbero avuto modo di conoscere pienamente i fatti esaminati, cosicché la procedura sarebbe viziata anche per questa ragione.

    26     In quarto luogo, il verbale della riunione del comitato consultivo del 10 dicembre 2002 sarebbe stato trasmesso per osservazioni alle autorità elleniche solamente in data 20 dicembre 2002, cioè tre giorni dopo l’adozione della decisione impugnata, e tale verbale conterrebbe un certo numero di inesattezze e/o di omissioni sostanziali in diretto rapporto, segnatamente, con i dati presentati dall’EMEP. Orbene, in conformità al progetto di regolamento interno del comitato consultivo, qualsiasi eventuale dissenso dovrebbe essere dibattuto ed eventualmente inserito in forma di allegato al verbale, in modo che la Commissione sia pienamente informata dei vari punti di vista prima di assumere la sua decisione. Questo sarebbe ancor più vero in quanto la Commissione deve tenere in massima considerazione il parere formulato dal comitato.

    27     La Commissione sostiene che la procedura di cui all’art. 3, n. 5, della direttiva è avviata su domanda di uno Stato membro e che, con tale domanda, questo ha tutto il tempo di esprimersi sulla decisione di cui chiede l’adozione, come emerge espressamente dalla disposizione stessa. Del resto, il governo ellenico avrebbe chiesto ed ottenuto un secondo esame della sua domanda in base a nuovi dati da esso stesso presentati alla Commissione. Trattandosi di una procedura di tal genere, il principio del contraddittorio non sarebbe applicabile. In tali circostanze, il motivo basato sulla violazione dei diritti della difesa sarebbe infondato.

    28     In ogni caso, le censure relative alla convocazione del comitato consultivo, alla sua composizione e al contenuto dei verbali della sua riunione dovrebbero essere respinte.

    29     La Commissione rileva in proposito che, a seguito della domanda delle autorità greche del mese di giugno 2002, in vista di un riesame della sua posizione, essa ha trasmesso loro la convocazione, l’ordine del giorno ed il progetto di decisione rivisto il 4 dicembre 2002, nonché la valutazione scientifica delle informazioni fornite dal governo il giorno dopo, cioè cinque giorni prima della data della riunione del 10 dicembre 2002, in conformità al progetto di regolamento interno del comitato. L’urgenza sarebbe stata giustificata, in particolare, dal fatto che una decisione doveva entrare in vigore entro il 1° gennaio 2003. Le autorità greche avrebbero potuto presentare le loro repliche scritte alla riunione del 10 dicembre 2002.

    30     Quanto alla nota del 10 dicembre 2002, si tratterebbe di un documento interno redatto a seguito della riunione avvenuta quel giorno e non conterrebbe alcun elemento nuovo tale da modificare lo svolgimento della riunione.

    31     Per quanto concerne la composizione del comitato consultivo, essa rientrerebbe nell’ambito discrezionale degli Stati membri.

    32     Infine, quanto alle affermazioni relative al verbale della riunione del comitato consultivo, la Commissione replica che il progetto di verbale rivisto, distribuito alle delegazioni nazionali, non è stato oggetto di obiezioni, che le altre osservazioni formulate dalla delegazione greca il 17 febbraio 2003 non riguardavano «inesattezze sostanziali » e che, in ogni caso, il punto di vista espresso dal parere del comitato consultivo, di cui essa tiene conto, è quello della maggioranza e non quello della minoranza nell’ambito del comitato.

     Giudizio della Corte

    33     Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, le censure sollevate dal governo ellenico nell’ambito del suo primo motivo non riguardano l’applicazione del principio del rispetto dei diritti della difesa dello Stato membro interessato nei suoi rapporti con la Commissione, ma riguardano in realtà la regolarità della procedura seguita dinanzi al comitato consultivo, cosicché non è necessario esaminare se e in quale misura tale principio trovi applicazione nell’ambito di una procedura quale quella prevista dall’art. 3, n. 5, della direttiva.

    34     Quanto alla prima censura, avente ad oggetto il termine, ritenuto troppo breve, intercorso tra la convocazione alla riunione del comitato consultivo, nonché la trasmissione dei relativi documenti, ricevuti rispettivamente il 4 e il 5 dicembre 2002, e lo svolgimento della riunione stessa, il 10 dicembre successivo, va rilevato che l’art. 9 della direttiva non impone il rispetto di un termine preciso di trasmissione della convocazione, dell’ordine del giorno, dei progetti di provvedimenti sui quali è richiesto un parere e di qualsiasi altro documento di lavoro ai membri del comitato consultivo prima dello svolgimento delle riunioni dello stesso. Tale articolo prevede solamente che quest’ultimo formuli il suo parere sul progetto di provvedimenti sottopostogli dalla Commissione «entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame».

    35     Peraltro, il progetto di regolamento interno del comitato, richiamato dal governo ellenico a sostegno della sua tesi, oltre a non essere vigente, prevedeva comunque, esso stesso, la possibilità in casi urgenti di ridurre a cinque giorni il termine di convocazione e di trasmissione dei documenti di lavoro.

    36     Contrariamente a quanto sostenuto da tale governo, nella fattispecie sussisteva una situazione d’urgenza, in quanto gli operatori economici in Grecia dovevano sapere se il 1° gennaio 2003, data dalla quale la direttiva obbligava gli Stati membri a vietare l’utilizzo di combustibili pesanti dal tenore di zolfo superiore all’1%, essi avrebbero o meno potuto continuare ad utilizzare combustibili il cui tenore di zolfo non rispondeva ai requisiti di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva.

    37     Infatti, dal momento che le autorità greche avevano sottoposto alla Commissione in data 3 ottobre 2002 le informazioni supplementari da questa richieste, e che la relazione dell’EMEP, che riassumeva la valutazione di tali informazioni, era giunta alla Commissione il successivo 21 novembre, risultava necessario ricorrere a termini abbreviati di trasmissione, affinché la decisione della Commissione, che doveva tenere in massima considerazione il parere del comitato, potesse essere adottata prima della fine del 2002.

    38     La prima censura è quindi infondata.

    39     Per quanto riguarda la seconda censura, basata sulla mancata trasmissione della nota 10 dicembre 2002 ai membri del comitato consultivo, così da consentire a questi ultimi di preparare utilmente la riunione del comitato consultivo prevista per tale data, è sufficiente rilevare che il governo ellenico non ha contestato che si tratta di un documento puramente interno, che è stato redatto a seguito della riunione stessa nell’ambito della procedura decisionale della Commissione. Anche tale censura, pertanto, risulta infondata.

    40     Quanto alla terza censura, basata sul cambiamento nella composizione del comitato consultivo tra la prima e la seconda riunione dello stesso, va rilevato che, ai sensi dell’art. 9, primo comma, della direttiva, la designazione dei rappresentanti degli Stati membri nell’ambito del comitato consultivo rientra nel potere discrezionale di questi ultimi, mentre niente li obbliga a far sì che le stesse persone partecipino alle varie riunioni aventi ad oggetto una stessa richiesta di parere.

    41     Per quanto riguarda la quarta censura, relativa alla presunta trasmissione tardiva alla delegazione greca del verbale della riunione 10 dicembre 2002, si deve sottolineare, per un verso, che l’art. 9, terzo e quarto comma, della direttiva, precisa semplicemente che il parere del comitato consultivo è iscritto al verbale, che ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri nell’ambito dello stesso e che la Commissione deve tenere in massima considerazione tale parere. Per altro verso, il progetto di regolamento interno del comitato consultivo, invocato dal governo ellenico a sostegno della sua censura, oltre a non essere vigente, si limitava a prevedere che i verbali fossero trasmessi ai membri del comitato stesso entro un termine di 15 giorni lavorativi decorrenti dalla data della riunione e che i membri informassero il presidente per iscritto delle loro eventuali osservazioni, che sono discusse dal comitato consultivo e, in caso di persistente dissenso, allegate al verbale.

    42     In ogni caso, anche a supporre che l’invio alle delegazioni nazionali del progetto di verbale della riunione del 10 dicembre 2002 tre giorni dopo l’adozione della decisione impugnata rappresenti una irregolarità procedurale, una siffatta irregolarità non comporterebbe l’annullamento di tale decisione, in quanto non è dimostrato che in assenza di tale irregolarità la decisione, assunta in piena conformità con il parere rilasciato dal comitato, avrebbe potuto condurre a un diverso risultato (v., in particolare, in tal senso, sentenza 25 ottobre 2005, cause riunite C‑465/02 e C‑466/02, Germania e Danimarca/Commissione, Racc. pag. I‑9115, punto 37).

    43     Alla luce di quanto sopra, anche tale censura risulta infondata.

    44     Poiché nessuna delle censure sollevate dal governo ellenico a sostegno del suo primo motivo risulta fondata, quest’ultimo deve essere respinto.

     Sul secondo motivo, basato sulla violazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva

     Argomenti delle parti

    45     Il governo ellenico afferma in primo luogo che il contributo greco al superamento dei carichi critici risulta da una proiezione che non è stata verificata e che i risultati delle analisi svolte dall’EMEP non dimostrano che il secondo presupposto per la concessione di una deroga ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva non sia soddisfatto. Secondo tale governo, contrariamente a quanto sostenuto nel tredicesimo ‘considerando’ della decisione impugnata, non emerge chiaramente dalla relazione dell’EMEP del 19 novembre 2002 e non risulta provato «con ragionevole certezza» che le emissioni greche contribuiscano effettivamente ad eccessi di depositi che superano i carichi critici di acidificazione in Italia. Tale affermazione non sarebbe contenuta nella relazione in questione, ma comparirebbe solamente nella lettera di accompagnamento di quest’ultima e riporterebbe l’opinione personale dell’autore di tale lettera, ossia il direttore generale dell’istituto.

    46     Nel corso del procedimento di adozione della direttiva, le relazioni dell’EMEP degli anni 1997 e 1998 avrebbero valutato come pari a zero il tasso di contributo greco ai depositi di zolfo in Italia. Quanto ai contributi per l’anno 2002, attualmente considerati «esistenti» benché «trascurabili», essi avrebbero un tasso compreso tra 0,1% e 0,2% in ragione del metodo di calcolo utilizzato da quel momento in poi dall’EMEP e dalla Commissione. Applicando il metodo di calcolo utilizzato nel 1998 ai dati attuali disponibili, il contributo greco al superamento dei carichi critici nei quadrati della griglia nel Nord Italia sarebbe pari allo 0%. Orbene, il meccanismo derogatorio potrebbe funzionare correttamente solo se si tiene conto del contesto scientifico nel quale è stata adottata la direttiva e la possibilità di deroga dovrebbe essere interpretata alla luce delle informazioni, dei dati, dei modelli e delle metodologie scientifiche e tecniche utilizzati nel corso del procedimento d’adozione della direttiva.

    47     Il governo ellenico afferma del pari che, applicando un metodo di calcolo diverso da quello impiegato nel 1998, la Commissione ha sostanzialmente modificato l’ambito di applicazione della direttiva, il che non poteva essere attuato senza rispettare la procedura di cooperazione di cui all’art. 189 C del Trattato CE (divenuto art. 252 CE), in base alla quale è stata adottata la direttiva.

    48     In ogni caso, un deposito, nel senso tecnico del termine, di così scarsa importanza (inferiore a 0,5%) non può equivalere ad un «contributo» ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva. Peraltro, la Commissione avrebbe torto nel sostenere che non è necessario che tale contributo sia decisivo per il superamento, e che il semplice accertamento di un contributo è sufficiente a giustificare il diniego della deroga. Per un verso, l’obiettivo della direttiva sarebbe principalmente di proteggere gli ecosistemi dalle conseguenze nocive delle emissioni di anidride solforosa. Per altro verso, dalla lettera di tale disposizione emergerebbe che essa riguarda le emissioni che contribuiscono al superamento dei carichi critici in un ecosistema determinato, cosicché il rigetto di una domanda presupporrebbe la dimostrazione, al di là di ogni dubbio, che i depositi di zolfo di tale Stato membro in un quadrato della griglia EMEP, in cui sia stato osservato un superamento dei carichi critici, sono determinanti nel superamento degli stessi.

    49     Un’interpretazione coerente della direttiva dimostrerebbe che il beneficio della deroga prevista dall’art. 3, n. 2, di quest’ultima deve essere rifiutato solo a condizione che tale rifiuto determini l’aumento del numero degli ecosistemi protetti. Orbene, nessuno tra gli ecosistemi non protetti corrispondenti ai sei quadrati della griglia dell’EMEP nei quali è stato rilevato un superamento dei carichi critici e che potrebbero essere eventualmente interessati da depositi di anidride solforosa provenienti dalla Grecia risulterebbe protetto a seguito del rigetto della domanda di deroga. Inoltre, l’accoglimento della domanda non avrebbe nemmeno per effetto di eliminare la tutela di un ecosistema protetto nei quadrati della griglia.

    50     Oltretutto, la norma EMEP cui fa riferimento la Commissione sarebbe un modello matematico con il quale non vi sarebbe una soglia al di sotto della quale il deposito teorico è «indeterminabile». Secondo il governo ellenico, è necessario garantire un’effettiva applicazione delle possibilità di deroga, la cui importanza emergerebbe dalla direttiva. L’interpretazione sostenuta dalla Commissione escluderebbe qualsiasi Stato membro dal beneficio della deroga, qualora le sue emissioni contribuissero, in una qualsiasi maniera, a depositi in regioni di uno Stato membro nelle quali sono superati i carichi critici.

    51     La Commissione afferma che la direttiva fa riferimento a un «contributo», sia esso minimo o elevato. La direttiva non conterrebbe la nozione di «deposito tecnico inferiore a 0,5%» in opposizione alla nozione di «contributo». Non sarebbe necessario che tale contributo risulti decisivo per il superamento, in quanto l’accertamento di un contributo sarebbe sufficiente a giustificare il rifiuto di una deroga. La comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento 12 marzo 1997, COM/97/088 finale, relativa a una strategia comunitaria di lotta contro l’acidificazione (in prosieguo: la «comunicazione sull’acidificazione»), citata al nono ‘considerando’ della direttiva in merito alla deroga prevista dall’art. 3, n. 2, della direttiva, non farebbe parte del diritto vigente, mentre il Consiglio avrebbe deliberatamente reso più severi i criteri per la concessione delle deroghe nel testo conclusivamente adottato. Pertanto, il governo ellenico non potrebbe utilmente richiamare tale comunicazione a sostegno della propria tesi.

    52     Il contributo greco sarebbe dimostrato da risultati attualizzati di proiezioni basate sulla generale conoscenza dei processi atmosferici di trasferimento su grandi distanze acquisita dalla comunità scientifica nel corso degli ultimi trent’anni. Una proiezione sarebbe indispensabile per calcolare il contributo all’inquinamento di ciascuno Stato membro, ai sensi della direttiva. L’istituto sarebbe il centro scientifico più adatto a pronunciarsi sull’esistenza di un contributo delle emissioni di anidride solforosa provenienti da uno Stato membro al superamento dei carichi critici osservato in un altro Stato membro.

    53     Le conclusioni delle relazioni EMEP rivelerebbero l’esistenza di un deposito di zolfo proveniente da emissioni greche, che contribuirebbe a far superare i carichi critici di acidificazione sul territorio di altri Stati membri, e segnatamente in Italia. La decisione impugnata si sarebbe basata sui dati relativi alle emissioni per gli anni 2000 e 2001. Il contributo greco ai depositi di zolfo in Italia sarebbe certamente ridotto, ma non trascurabile. Per tre Stati membri, cioè il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, il deposito di zolfo in Italia risulterebbe pari a zero.

    54     Secondo la Commissione, l’interpretazione da essa sostenuta non compromette l’efficacia della disposizione in questione e rispetta la lettera e la finalità perseguita dalla direttiva. La deroga potrebbe applicarsi se il contributo dello Stato richiedente è pari a zero, in ragione di un deposito inferiore ai limiti di rilevazione della norma EMEP, oppure quando non vi sia alcun superamento dei carichi critici negli altri Stati membri, ipotesi questa che non sarebbe né teorica, né infondata.

    55     Infine, la Commissione rileva di essersi limitata ad applicare le disposizioni della direttiva, cosicché non sarebbe neppure prospettabile una violazione dell’art. 252 CE.

     Giudizio della Corte

    56     Con la sua argomentazione, la Repubblica ellenica contesta, in sostanza, per un verso, l’interpretazione sostenuta dalla Commissione del secondo presupposto per la concessione di una deroga ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva, secondo cui le «emissioni […] non contribuiscono al superamento» dei carichi critici negli Stati membri e, per altro verso, il metodo valutativo utilizzato dalla Commissione per rilevare un siffatto contributo e, dunque, l’esistenza stessa di qualsivoglia deposito di zolfo d’origine greca che contribuisca al superamento dei carichi critici in Italia.

    57     Per quanto riguarda, innanzi tutto, l’interpretazione del criterio relativo al mancato contributo al superamento dei carichi critici, ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva, la tesi sostenuta dal governo ellenico dev’essere respinta.

    58     Secondo il tenore stesso di tale disposizione, l’autorizzazione all’uso di oli combustibili pesanti aventi un tenore di zolfo compreso tra 1,00 e 3,00% in peso massa è sottoposta non solo alla condizione del rispetto delle norme di qualità dell’aria relative all’anidride solforosa stabilite nella legislazione comunitaria rilevante, ma anche ad una seconda condizione, e cioè che le emissioni di anidride solforosa «non contribuiscano in modo significativo al superamento» dei carichi critici in altri Stati membri, senza che tale disposizione contenga una precisazione relativa all’importanza di tale contributo ovvero al ruolo dello stesso nell’ambito del superamento. Nulla, nel testo di tale disposizione, consente di concludere che potrebbe essere concessa una deroga nel caso in cui il contributo non sia decisivo ai fini del superamento ovvero quando il contributo stesso, pur essendo rilevabile, non superi una soglia determinata.

    59     Un’interpretazione restrittiva dell’art. 3, n. 2, della direttiva è confortata, oltre che dalla regola secondo cui le eccezioni sono di stretta interpretazione, anche dall’analisi dei lavori preparatori della direttiva, da cui emerge che, se nella proposta di direttiva del Consiglio la Commissione aveva proposto che la deroga fosse concessa a condizione che il contributo all’inquinamento transfrontaliero fosse «trascurabile», il Consiglio, nella direttiva, ha subordinato la concessione della deroga alla condizione che le emissioni non «contribuiscano» al superamento dei carichi critici, senza distinguere il caso in cui il contributo sia o meno significativo e senza richiedere che esso sia decisivo ai fini del superamento di cui trattasi.

    60     È vero che, nelle versioni spagnola e italiana dell’art. 3, n. 2, della direttiva, si precisa, nella stessa frase, che le emissioni non devono contribuire «in modo significativo» al superamento dei carichi critici in altri Stati membri. Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al punto 63 delle sue conclusioni, tale precisazione non può avere alcuna conseguenza, in quanto nessuna delle altre versioni linguistiche contiene una precisazione di tal genere e in quanto, anche nelle versioni spagnola e italiana della direttiva, l’art. 3, n. 2, seconda frase, della stessa prevede che una tale autorizzazione sia concessa soltanto se le emissioni di uno Stato membro «non contribuiscono al superamento dei carichi critici» negli altri Stati membri, senza ripetere l’espressione «in modo significativo», precedentemente utilizzata.

    61     Né tale conclusione priva di effetto utile l’art. 3, n. 2, della direttiva, in quanto una deroga all’utilizzo di oli combustibili pesanti aventi un tenore di zolfo compreso tra 1% e 3% in peso massa può essere ottenuta quando, come osservato dalla Commissione, i risultati delle analisi consentano di concludere nel senso di un contributo pari a zero al superamento dei carichi critici negli altri Stati membri, ovvero nell’ipotesi in cui non venga più rilevato alcun superamento dei carichi critici negli Stati membri a seguito, segnatamente, dell’attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2001, 2001/80/CE, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (GU L 309, pag. 1).

    62     Per quanto poi concerne la contestazione del metodo utilizzato dall’EMEP e dalla Commissione per valutare il contributo al superamento dei carichi critici, va rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dal governo ellenico, nessuna disposizione della direttiva obbliga la Commissione a ricorrere a un determinato metodo di valutazione, né, a maggior ragione, a far sì che il metodo impiegato a seguito dell’entrata in vigore della direttiva sia quello utilizzato come riferimento nell’ambito dei lavori preparatori della direttiva stessa.

    63     In tali circostanze, non può rimproverarsi alla Commissione il fatto di essersi basata sui risultati delle analisi svolte dall’istituto in applicazione di un metodo di valutazione di cui, peraltro, il governo ellenico non contesta la validità scientifica.

    64     Tale governo non ha infatti dimostrato che il contributo greco al superamento dei carichi critici, segnatamente in Italia, non sia confermato da risultati attualizzati di proiezioni basate, come rilevato dal direttore generale dell’istituto nella sua lettera accompagnatoria del 19 novembre 2002, sulla generale conoscenza dei processi atmosferici di trasferimento su grandi distanze acquisita dalla comunità scientifica nel corso degli ultimi trent’anni.

    65     Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica ellenica, l’affermazione di cui al tredicesimo ‘considerando’ della decisione impugnata, secondo cui è provato con ragionevole certezza che le emissioni greche contribuiscono effettivamente ad eccessi di depositi che superano i carichi critici di acidificazione in altri Stati membri, particolarmente in Italia, contenuta nella lettera del direttore generale dell’istituto che ha compiuto le analisi di cui trattasi, proviene dall’autore di tale lettera il quale si esprime nella sua qualità di direttore generale e con riferimento alle analisi stesse. Lungi dal rappresentare un’opinione personale di quest’ultimo, tale affermazione riproduce quella dell’istituto con riferimento alle analisi effettuate.

    66     A questo si aggiunge il fatto che, in ogni caso, la decisione impugnata è stata assunta in conformità al parere del comitato consultivo, cosicché il giudice comunitario può censurare una siffatta decisione solamente in caso di errore manifesto di fatto o di diritto o di sviamento di potere (v., in tal senso, segnatamente, sentenza 27 settembre 1983, causa 216/82, Universität Hamburg, Racc. pag. 2771, punto 14). Orbene, non è stata fornita la prova di un simile errore o di un simile sviamento di potere.

    67     Da quanto sopra, risulta che la Commissione ha potuto assumere la decisione impugnata, in conformità al parere del comitato consultivo, senza violare l’art. 3, n. 2, della direttiva, né l’art. 252 CE, basandosi sui risultati delle analisi dell’istituto, secondo cui i depositi provenienti dalla Grecia contribuivano al superamento dei carichi critici in talune regioni italiane, e ciò ancorché tale contributo non fosse superiore allo 0,5% dei depositi di zolfo in questione e non fosse decisivo ai fini del superamento dei carichi critici.

    68     Di conseguenza, anche il secondo motivo deve essere respinto.

     Sul terzo motivo, basato su una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

     Argomenti delle parti

    69     La Repubblica ellenica afferma che poteva legittimamente contare sul beneficio di una deroga ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva, tenendo conto in particolare della comunicazione sull’acidificazione presentata dalla Commissione unitamente alla proposta iniziale di direttiva. Tale comunicazione avrebbe infatti lasciato chiaramente capire che la Repubblica ellenica doveva beneficiare di una simile deroga per le parti del suo territorio che non contribuivano significativamente al problema dell’acidificazione. I depositi di zolfo in Italia imputabili alla Repubblica ellenica avrebbero rappresentato globalmente, per il periodo 1985-1996, un contributo che, al momento dell’adozione della direttiva, in base alla relazione dell’EMEP per l’anno 1998, era considerato pari a zero in termini di tasso di contribuzione al bilancio globale dello zolfo in Italia, elemento questo che avrebbe rafforzato ancora più il legittimo affidamento della Repubblica ellenica nel poter beneficiare della disposizione derogatoria.

    70     La Commissione replica che i lavori preparatori e la comunicazione sull’acidificazione che hanno condotto all’elaborazione della proposta di direttiva del Consiglio non possono essere considerati come garanzie concrete, tali da far sorgere nella ricorrente fondate speranze quanto alla creazione di una situazione determinata. Sarebbe pacifico che le proposte di direttiva sono frequentemente modificate durante le negoziazioni, come peraltro sarebbe avvenuto nel caso di specie.

     Giudizio della Corte

    71     La possibilità di invocare la tutela del legittimo affidamento è aperta a qualunque operatore economico nel quale un’istituzione abbia ingenerato fondate aspettative. Nulla si oppone, poi, a che uno Stato membro faccia valere, nell’ambito di un ricorso di annullamento, che un atto delle istituzioni pregiudica il legittimo affidamento di taluni operatori economici (sentenza 10 marzo 2005, causa C‑342/03, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I‑1975, punto 47).

    72     Tuttavia, non può ammettersi che una comunicazione presentata dalla Commissione unitamente a una proposta di direttiva, ancorché citata nei ‘considerando’ di quest’ultima, abbia potuto far sorgere un legittimo affidamento quanto al mantenimento degli orientamenti ivi contenuti, dal momento che, a norma dell’art. 189 A del Trattato CE (divenuto art. 250 CE) e dell’art. 189 C del Trattato CE, la Commissione può modificare in qualsiasi momento la propria proposta e il Consiglio può adottare un atto che ne costituisca un emendamento (v., in particolare, in tal senso, sentenza 5 ottobre 1993, cause riunite da C‑13/92 a C‑16/92, Driessen e a., Racc. pag. I‑4751, punto 33), come effettivamente avvenuto nella fattispecie quanto alle condizioni per la concessione di una deroga nell’utilizzo di oli combustibili pesanti il cui tenore di zolfo superi l’1% in massa.

    73     Di conseguenza, poiché la decisione impugnata non viola il principio della tutela del legittimo affidamento, il motivo basato su una tale violazione dev’essere respinto.

     Sul quarto motivo, basato sulla violazione del principio di proporzionalità

     Argomenti delle parti

    74     Il governo ellenico sostiene che il principio di proporzionalità impone di dar prova di flessibilità nella concessione della deroga di cui all’art. 3, n. 2, della direttiva. Data l’imprecisione delle nozioni di carichi critici, di superamento e di contributo al superamento, l’interpretazione assai stretta applicata dalla Commissione sarebbe contraria a qualsiasi flessibilità che tenga conto «della complessità della struttura territoriale dei fenomeni ambientali considerati», cui fa riferimento la Commissione nella comunicazione sull’acidificazione.

    75     Lo squilibrio tra i costi di un rifiuto e i trascurabili vantaggi per l’ambiente avrebbe dovuto condurre la Commissione ad accettare la richiesta. Il costo sostenuto dalla Repubblica ellenica sarebbe 50 volte superiore a quello che dovrebbe addossarsi la Repubblica italiana per giungere al medesimo risultato di tutela dell’ambiente sul suo territorio. La tesi della Commissione obbligherebbe uno Stato membro a farsi carico di costi rilevanti e sproporzionati per ridurre il tenore di zolfo degli oli combustibili pesanti, anche quando la riduzione ottenuta non contribuirebbe in alcun modo alla realizzazione degli obiettivi ambientali perseguiti dalla direttiva, in quanto rimarrebbe invariato il numero di ecosistemi esposti in ciascun quadrato della griglia in cui è stato rilevato un superamento dei carichi critici. Infatti, nessun ecosistema non protetto della regione italiana in questione otterrebbe alcun miglioramento della sua tutela qualora dovessero venir meno le emissioni di anidride solforosa provenienti dalla combustione di oli combustibili pesanti o di qualsiasi altra origine in Grecia. Inoltre, nessuno degli ecosistemi protetti in tale area sarebbe reso vulnerabile dalla semplice concessione della deroga. Non essendo né opportuna, né necessaria, la decisione impugnata contrasterebbe col principio di proporzionalità.

    76     Il governo ellenico aggiunge che se l’interpretazione assai restrittiva della Commissione fosse coerente con lo spirito della direttiva, allora sarebbe la direttiva stessa a non rispettare il criterio di opportunità e a violare il principio di proporzionalità.

    77     La Commissione sostiene che il fatto che il Consiglio abbia reso più severe le condizioni per la concessione della deroga, eliminando dall’art. 3 la nozione di contributo «trascurabile», proposta dalla Commissione, conferma che essa non dispone di alcun potere discrezionale in sede di esame di una richiesta di deroga.

    78     Il Consiglio, da parte sua, avrebbe già tenuto conto del principio di proporzionalità. La giustificazione dell’opportunità della disposizione controversa sarebbe rintracciabile nell’ottavo ‘considerando’ della direttiva. La necessità della misura sarebbe anch’essa fondata sul nono, decimo e quindicesimo ‘considerando’ della direttiva.

    79     Peraltro, secondo la giurisprudenza della Corte, l’importanza degli obiettivi perseguiti potrebbe giustificare conseguenze economiche negative, anche rilevanti, per taluni operatori. Solamente il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento adottato nell’ambito della politica ambientale in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire può inficiare la legittimità del provvedimento medesimo, il che non si verificherebbe nel caso di specie.

     Giudizio della Corte

    80     Dall’esame del motivo basato su una violazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva emerge che la Commissione non dispone di alcun potere discrezionale quanto alla concessione di una deroga ai sensi di tale disposizione, qualora venga rilevato un contributo al superamento dei carichi critici, e ciò indipendentemente dalle dimensioni di tale contributo e dal suo ruolo nel citato superamento. In tali circostanze, come peraltro rilevato dalla Commissione, domandarsi se il principio di proporzionalità sia stato rispettato nella fattispecie equivale in realtà a mettere in discussione la direttiva stessa.

    81     È peraltro in questo stesso senso che il governo ellenico sostiene, in via subordinata, che, nell’ipotesi in cui l’interpretazione della direttiva sostenuta dalla Commissione sia accolta dalla Corte, sarebbe la direttiva stessa a violare il principio di proporzionalità, così che tale direttiva dovrebbe essere dichiarata inapplicabile ai sensi dell’art. 241 CE.

    82     La Commissione e il Consiglio, da parte loro, ritengono che l’eccezione di illegittimità della direttiva sollevata dal governo ellenico sia irricevibile in assenza di motivi giuridici invocati nel ricorso a sostegno di tale eccezione.

    83     Detta tesi non può essere accolta.

    84     Infatti, nel ricorso introduttivo, il governo ellenico afferma in via subordinata che il legislatore comunitario ha violato il principio di proporzionalità in quanto le condizioni previste dalla direttiva ai fini della deroga non rispettano i criteri di razionalità economica cui la Commissione fa riferimento nella sua comunicazione sull’acidificazione.

    85     Il ricorso cita in modo sufficientemente chiaro le ragioni per le quali risulterebbe violato il principio di proporzionalità. L’eccezione di illegittimità non può quindi essere dichiarata irricevibile in base a tale motivo.

    86     Tuttavia, anche a supporre che uno Stato membro sia autorizzato, nell’ambito di un ricorso di annullamento dinanzi al giudice comunitario, a eccepire l’illegittimità di una direttiva comunitaria di cui è destinatario e contro la quale non abbia esperito il ricorso di annullamento entro il termine previsto a tal fine dall’art. 230, quinto comma, CE, tale motivo è comunque infondato.

    87     In conformità alla giurisprudenza della Corte (v., segnatamente, sentenza 14 aprile 2005, causa C‑110/03, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑2801, punto 61), la violazione del principio di proporzionalità presuppone che l’atto comunitario imponga ai singoli un obbligo che ecceda i limiti di quanto è idoneo e necessario per conseguire il fine che il detto atto intende conseguire.

    88     Tuttavia, in ragione della necessità di prendere in considerazione alcuni obiettivi e principi enunciati all’art. 130 R del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 174 CE), in quanto la direttiva ha come base normativa l’art. 130 S, n. 1, del Trattato, il quale è destinato a realizzare gli obiettivi del suddetto art. 130 R, e tenuto conto della complessità dell’attuazione dei criteri che il legislatore comunitario deve osservare nell’attuazione della politica ambientale, il controllo giurisdizionale deve necessariamente limitarsi a verificare se il Consiglio, nell’adottare la direttiva, abbia commesso un errore di valutazione manifesto (v., in tal senso, segnatamente, sentenza 14 luglio 1998, causa C‑284/95, Safety Hi-Tech, Racc. pag. I‑4301, punto 37).

    89     Si deve innanzi tutto rilevare che, laddove le censure del governo ellenico si basano su dichiarazioni contenute nella comunicazione sull’acidificazione, è pacifico che il Consiglio ha deliberatamente reso maggiormente restrittive le condizioni per la concessione di una deroga all’utilizzo di oli combustibili pesanti il cui tenore in zolfo superi l’1% in massa. Pertanto, tale comunicazione non può essere validamente invocata a sostegno di una violazione del principio di proporzionalità da parte del legislatore comunitario.

    90     Ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva, scopo della stessa è ridurre le emissioni di anidride solforosa derivanti dalla combustione di alcuni tipi di combustibili liquidi. A tal fine, l’art. 3, n. 1, della direttiva dispone che gli oli combustibili pesanti il cui tenore di zolfo superi l’1% in massa non devono più essere utilizzati sul territorio degli Stati membri a partire dal 1° gennaio 2003.

    91     Così come emerge segnatamente dal terzo, dal quarto e dall’ottavo ‘considerando’ della direttiva, lo zolfo presente nel petrolio è stato riconosciuto da decenni come la fonte principale delle emissioni di anidride solforosa che sono una delle grandi cause delle «piogge acide» e dell’inquinamento atmosferico registrato in molte zone urbane e industriali. Peraltro, come emerge dal quinto ‘considerando’ della direttiva, il problema dell’acidificazione rappresenta un problema transfrontaliero.

    92     Il fatto di sottoporre un’autorizzazione all’impiego degli oli combustibili pesanti il cui tenore in zolfo superi l’1% in massa a condizioni rigorose, quali quelle previste dall’art. 3, n. 2, della direttiva, rappresenta pertanto una misura idonea a realizzare l’obiettivo perseguito dalla direttiva.

    93     Quanto alla necessità di una rigida applicazione della condizione relativa al contributo delle emissioni al superamento dei carichi critici negli Stati membri, il decimo ‘considerando’ della direttiva rileva che «degli studi hanno indicato che i vantaggi che si ottengono riducendo le emissioni di anidride solforosa mediante riduzioni del tenore di zolfo dei combustibili saranno spesso, nel quadro della presente direttiva, notevolmente superiori ai costi stimati per l’industria e che la tecnologica necessaria per ridurre il tenore di zolfo dei combustibili liquidi esiste ed è ben consolidata». Come rilevato dalla Commissione, tale ‘considerando’ è stato inserito dal Consiglio al fine di spiegare che il principio di proporzionalità è stato preso in considerazione in sede di modifica della proposta della Commissione in un senso maggiormente restrittivo.

    94     Il quindicesimo ‘considerando’ della direttiva precisa che è opportuno prevedere deroghe all’obbligo di rispettare il tenore massimo di zolfo dell’olio combustibile pesante consentito dalla direttiva, per gli Stati membri o alcune loro regioni, quando lo consentano le condizioni ambientali.

    95     Tenuto conto, in particolare, degli effetti delle emissioni di zolfo sulla salute umana e sull’ambiente, nonché dell’importante ruolo di tali emissioni nel fenomeno transfrontaliero di acidificazione, il Consiglio ha potuto, senza incorrere in un manifesto errore di valutazione, ritenere che fosse necessario subordinare la concessione di deroghe all’utilizzo di oli combustibili pesanti il cui tenore di zolfo superi l’1% in massa all’assenza di qualsivoglia contributo delle emissioni di zolfo di uno Stato membro al superamento dei carichi critici sul territorio degli altri Stati membri, anche se i costi economici di una tale misura possono risultare considerevoli e anche se tale contributo non concorre in maniera significativa all’aggravamento della situazione negli Stati membri.

    96     L’importanza degli scopi perseguiti può giustificare restrizioni aventi conseguenze economiche negative, anche notevoli, per taluni operatori economici (v., in tal senso, segnatamente, sentenze 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 17, e 17 luglio 1997, causa C‑183/95, Affish, Racc. pag. I‑4315, punto 42), tanto più che la tutela dell’ambiente rappresenta uno degli obiettivi essenziali della Comunità (v., in particolare, sentenze 13 settembre 2005, causa C‑176/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑7879, punto 41, e 15 novembre 2005, causa C‑320/03, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑9871, punto 72).

    97     Di conseguenza, il motivo basato sull’illegittimità della direttiva dev’essere disatteso in quanto, anch’esso, infondato.

    98     Alla luce di tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto nella sua totalità.

     Sulle spese

    99     A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica ellenica, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese. Ai sensi del n. 4 dello stesso articolo, il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese.

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      Il ricorso è respinto.

    2)      La Repubblica ellenica è condannata alle spese.

    3)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese.

    Firme


    * Lingua processuale: il greco.

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