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Document 62003CJ0072

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 settembre 2004.
Carbonati Apuani Srl contro Comune di Carrara.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara - Italia.
Tasse di effetto equivalente ad un dazio doganale - Tassa riscossa sui marmi estratti nel territorio di un comune a seguito del loro trasporto oltre i confini comunali.
Causa C-72/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-08027

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2004:506

Arrêt de la Cour

Causa C-72/03

Carbonati Apuani Srl

contro

Comune di Carrara

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara)

«Tasse di effetto equivalente ad un dazio doganale — Tassa riscossa sui marmi estratti nel territorio di un comune a causa del loro trasporto oltre i confini comunali»

Massime della sentenza

Libera circolazione delle merci — Dazi doganali — Tassa di effetto equivalente — Nozione — Tributo riscosso in un comune di uno Stato membro e gravante su una categoria di merci a causa del loro trasporto oltre i confini comunali — Inclusione

(Art. 23 CE)

Un tributo commisurato al peso di una merce, riscosso soltanto in un comune di uno Stato membro e gravante su una categoria di merci a causa del loro trasporto oltre i confini comunali, costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all’esportazione, ai sensi dell’art. 23 CE, malgrado la tassa gravi anche sulle merci la cui destinazione finale si trova all’interno dello Stato membro interessato.

Infatti, in primo luogo, il principio stesso dell’unione doganale, quale deriva dall’art. 23 CE, esige che sia garantita in generale la libera circolazione delle merci non solo nell’ambito del commercio fra Stati, ma più ampiamente su tutto il territorio dell’unione doganale e l’assenza di tasse – sia tra gli Stati che all’interno degli Stati – che presentino le caratteristiche di un dazio doganale o di una tassa di effetto equivalente costituisce un presupposto indispensabile alla realizzazione di tale unione doganale. In secondo luogo, poiché il tributo di cui trattasi si applica a tutte le merci della categoria contemplata che superano i confini del comune nel quale sono state prodotte, senza distinguere tra le merci la cui destinazione finale è nello Stato membro di produzione e quelle destinate ad altri Stati membri, esso pregiudica per la sua natura e per il suo tenore il commercio tra Stati membri.

(v. punti 22, 24, 26, 35, dispositivo 1)





SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
9 settembre 2004(1)

«Tasse di effetto equivalente ad un dazio doganale – Tassa riscossa sui marmi estratti nel territorio di un comune a causa del loro trasporto oltre i confini comunali»

Nel procedimento C-72/03,avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE,dalla Commissione Tributaria Provinciale di Massa Carrara con decisione 11 dicembre 2002, registrata in cancelleria il 18 febbraio 2003, nella causa tra

Carbonati Apuani Srl

e

Comune di Carrara,



LA CORTE (Prima Sezione),,



composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. A. Rosas e S. von Bahr, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dal sig. K. Lenaerts (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

visto il procedimento scritto e a seguito dell'udienza del 17 marzo 2004,viste le osservazioni presentate:

per la Carbonati Apuani, dai sigg. G. Andreani e R. Diamanti, avvocati;

per il Comune di Carrara, dai sigg. A. Calamia, F. Batistoni Ferrara, L. Buselli, G. M. Roberti e A. Franchi, avvocati;

per il governo italiano, dal sig.  M. Fiorilli, avvocato dello Stato;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg.  X. Lewis e R. Amorosi, in qualità di agenti, assistiti dal sig. G. Bambara, avvocato,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 6 maggio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 23 CE, 81 CE, 85 CE e 86 CE.

2
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento nel quale è stata posta in dubbio la compatibilità con il diritto comunitario di una tassa riscossa dal Comune di Carrara (in prosieguo: il «Comune di Carrara») sui marmi estratti nel suo territorio e originata dal loro trasporto oltre i confini comunali.


Contesto normativo italiano

3
L’articolo unico della legge 15 luglio 1911, n. 749, come modificata dall’art. 55, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (GURI n. 302 del 30 dicembre 1997), stabilisce quanto segue:

«È istituita a favore del comune di Carrara una tassa sui marmi escavati nel suo territorio e trasportati fuori di esso. Detta tassa è applicata e riscossa dal comune all’uscita dei marmi dai suoi confini in base ad apposito regolamento da deliberarsi dal Consiglio comunale sentite le parti sociali.

Ogni anno il Consiglio comunale, nel deliberare il bilancio preventivo del comune, stabilirà la misura in cui la tassa stessa dovrà essere percetta per l’anno successivo. Tuttavia quando il comune dovesse assumere impegni continuativi da fronteggiasi o da garantirsi col gettito della tassa, il Consiglio comunale potrà in anticipazione fissare per più anni la misura della tassa stessa.

Potrà il comune, con deliberazione consigliare, secondo le forme della legge comunale e provinciale e da approvarsi dalla Giunta provinciale amministrativa, disporre che una parte del provento della tassa sia erogata a far fronte alle spese o agli impegni da incontrarsi per la costruzione ed esercizio del porto alla Marina di Carrara, accordandosi l’eventuale applicazione della legge 12 febbraio 1903, n. 50; ed una parte in contributi alla iscrizione degli operai dell’industria marmifera alla Cassa nazionale di previdenza per gli operai (…)».

4
L’art. 2, comma 2 ter, del decreto legge 26 gennaio 1999, n. 8, convertito, con modifiche, nella legge n. 75/1999 (GURI n. 72 del 27 marzo 1999), dispone quanto segue:

«L’articolo unico della legge 15 luglio 1911, n. 749 (…) si interpreta nel senso che la tassa (…) è applicata ai marmi e loro derivati ed è determinata in relazione alle esigenze della spesa comunale inerente direttamente o indirettamente alle attività del settore marmifero locale».

5
In base a tali disposizioni il Comune di Carrara applica, mediante regolamento comunale, una tassa sui marmi estratti nel suo territorio e trasportati oltre i confini di quest’ultimo. All’epoca dei fatti di cui alla causa principale l’importo della tassa era fissato per i blocchi di marmo in 8 000 lire italiane (LIT) per tonnellata.

6
Per contro, i marmi estratti e utilizzati nel territorio del comune sono esentati dalla tassa. L’ordinanza di rinvio precisa inoltre che possono essere previste esenzioni altresì per i marmi utilizzati o lavorati nei comuni limitrofi al Comune di Carrara.


Causa principale e questione pregiudiziale

7
La ricorrente nella causa principale ha impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Massa Carrara l’avviso d’imposta con il quale il Comune di Carrara ha liquidato la tassa sui marmi posta a suo carico per il mese di maggio 2001. Essa ha sollevato dinanzi a questa Corte la questione della compatibilità di tale tassa con le disposizioni del Trattato CE.

8
La Commissione Tributaria Provinciale di Massa Carrara – ritenendo che la tassa sui marmi potrebbe essere qualificata come un dazio doganale o una tassa di effetto equivalente a tale dazio e che l’applicazione di tale tassa potrebbe falsare la concorrenza – ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la normativa italiana di cui alle leggi 15 luglio 1911, n. 749, 27 dicembre 1997, n. 449, e al decreto legge 26 gennaio 1999, n. 8, come convertito con modifiche nella legge n. 75 del 1999 – Istituzione della tassa marmi nel Comune di Carrara – [sia compatibile] con gli artt. 23, 81, 85 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea, nella versione in vigore a seguito del Trattato di Amsterdam, ratificato in Italia con la legge n. 209/98».


Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

9
Secondo la Commissione l’ordinanza di rinvio non indica in modo sufficientemente preciso il contesto di fatto e di diritto nel quale s’inserisce la questione sollevata. Essa ritiene pertanto che la domanda sia irricevibile.

10
Al riguardo si deve ricordare che l’esigenza di giungere ad un’interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca il contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno l’ipotesi di fatto su cui tale questione è fondata (v., in particolare, sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite C‑320/90, C‑321/90 e C‑322/90, Telemarsicabruzzo e a., Racc. pag. I‑393, punto 6; ordinanze 19 marzo 1993, causa C‑157/92, Banchero, Racc. pag. I‑1085, punto 4; 30 aprile 1998, cause riunite C‑128/97 e C‑137/97, Testa e Modesti, Racc. pag. I‑2181, punto 5, e 8 luglio 1998, causa C‑9/98, Agostini, Racc. pag. I‑4261, punto 4).

11
La Corte ha altresì dichiarato indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi che lo hanno indotto a chiedere l’interpretazione di quelle determinate disposizioni comunitarie e sul nesso che intercorre tra le disposizioni medesime e la normativa nazionale applicabile alla controversia (ordinanza 28 giugno 2000, causa C‑116/00, Laguillaumie, Racc. pag. I‑4979, punto 16).

12
Nel caso di specie si deve constatare che la Corte dispone degli elementi sufficienti a consentirle di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, dal momento che la questione sollevata riguarda l’interpretazione dell’art. 23 CE. Infatti, da un lato, l’ordinanza di rinvio espone in modo preciso il contesto normativo relativo alla tassa sui marmi che, secondo il giudice del rinvio, potrebbe essere qualificata come un dazio doganale o una misura di effetto equivalente. Dall’altro, quanto al contesto di fatto, dall’ordinanza di rinvio risulta che la ricorrente nella causa principale, che ha trasportato marmo di Carrara oltre i confini comunali, contesta dinanzi al giudice nazionale la legittimità dell’avviso d’imposta con il quale detto comune ha liquidato la tassa sui marmi posta a suo carico per il mese di maggio 2001.

13
Il giudice del rinvio non fornisce, invece, come sottolinea l’avvocato generale nei paragrafi 18‑21 delle conclusioni, alcuna indicazione utile circa il nesso che egli stabilisce tra gli artt. 81 CE, 85 CE e 86 CE e la legislazione nazionale applicabile alla controversia. Esso rileva unicamente che la tassa «può incidere sul gioco della libera concorrenza», senza tuttavia spiegare la possibile relazione fra la tassa sui marmi e comportamenti asseritamente anticoncorrenziali di imprese.

14
Date siffatte circostanze, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile unicamente con riferimento all’interpretazione dell’art. 23 CE.


Sulla questione pregiudiziale

15
Con la sua questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se una tassa come quella sui marmi – riscossa soltanto in un comune di uno Stato membro e gravante su una categoria di merci, ossia i marmi estratti nel territorio di tale comune a causa del loro trasporto oltre i confini del detto comune – costituisca una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale.

16
Il governo italiano e il Comune di Carrara sostengono che la tassa sui marmi è indistintamente applicabile ai marmi esportati in altri Stati membri e a quelli indirizzati verso altre zone del territorio italiano. Poiché la tassa non colpisce esclusivamente i beni destinati all’esportazione, essa non potrebbe essere considerata rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 23 CE. Al più la tassa controversa costituirebbe un’imposizione interna ai sensi dell’art. 90 CE, compatibile con il Trattato, in quanto graverebbe allo stesso modo e nella stessa fase di commercializzazione sui marmi lavorati e commercializzati sul territorio italiano e sui marmi esportati in altri Stati membri (sentenze 17 luglio 1997, causa C‑90/94, Haahr Petroleum, Racc. pag. I‑4085, e 23 aprile 2002, causa C‑234/99, Nygård, Racc. pag. I‑3657).

17
Al riguardo, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che un onere non costituisce una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale, ma un’imposizione interna, ai sensi dell’art. 90 CE, purché rientri in un regime generale di tributi interni che gravano sistematicamente su categorie di prodotti secondo criteri obiettivi applicati indipendentemente dall’origine o dalla destinazione del prodotto (v., in tal senso, sentenze 3 febbraio 1981, causa 90/79, Commissione/Francia, Racc. pag. 283, punto 14, e 16 luglio 1992, causa C‑163/90, Legros e a., Racc. pag. I‑4625, punto 11).

18
Nel caso di specie, occorre rilevare che la tassa controversa si applica ai marmi di Carrara quando sono trasportati oltre i confini del Comune di Carrara. Il fatto che genera l’imposizione è quindi costituito dal superamento di tali confini. I marmi utilizzati nel Comune di Carrara sono esentati dalla tassa proprio a causa di tale destinazione locale e non in base a criteri oggettivi che potrebbero altresì applicarsi ai marmi trasportati fuori dal comune. Tali elementi escludono che la tassa controversa sia qualificata come imposizione interna ai sensi dell’art. 90 CE (v. sentenza Legros e a., cit., punto 12).

19
Occorre quindi accertare se una tassa come quella sui marmi costituisca una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi dell’art. 23 CE.

20
Come la Corte ha già più volte dichiarato, un onere pecuniario, anche se minimo, imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, e gravante sulle merci nazionali o estere a causa del fatto che varcano una frontiera, se non è un dazio doganale vero e proprio, costituisce una tassa di effetto equivalente ai sensi dell’art. 23 CE (v. sentenze 9 novembre 1983, causa 158/82, Commissione/Danimarca, Racc. pag. 3573, punto 18; Legros e a., cit., punto 13; 22 giugno 1994, causa C‑426/92, Deutsches Milch-Kontor, Racc. pag. I‑2757, punto 50; 14 settembre 1995, cause riunite C‑485/93 e C‑486/93, Simitzi, Racc. pag. I‑2655, punto 15, e 17 settembre 1997, causa C‑347/95, UCAL, Racc. pag. I‑4911, punto 18).

21
Tuttavia, il governo italiano e il Comune di Carrara sostengono che il divieto stabilito nell’art. 23 CE, ribadito altresì nell’art. 25 CE, dovrebbe riguardare soltanto i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente a siffatti dazi negli scambi «tra gli Stati membri».

22
Al riguardo si deve ricordare che la giustificazione del divieto di dazi doganali e di tasse di effetto equivalente va ricercata nell’ostacolo che oneri pecuniari imposti a causa del passaggio di una frontiera costituiscono per la circolazione delle merci (v., in particolare, sentenze 1° luglio 1969, cause riunite 2/69 e 3/69, Brachfeld e Chougol, Racc. pag. 211, punto 14, e 9 agosto 1994, cause riunite C‑363/93, da C‑407/93 a C‑411/93, Lancry e a., Racc. pag. I‑3957, punto 25). Il principio stesso dell’unione doganale, quale deriva dall’art. 23 CE, esige che sia garantita in generale la libera circolazione delle merci non solo nell’ambito del commercio tra Stati, ma più ampiamente su tutto il territorio dell’unione doganale. Gli artt. 23 CE e 25 CE contemplano espressamente solo gli scambi tra Stati membri, perché gli autori del Trattato hanno presupposto l’assenza di tasse che abbiano il carattere di dazi doganali all’interno di tali Stati (v. sentenza Lancry e a., cit., punto 29).

23
Si deve inoltre rilevare che, nel 1986, l’Atto unico europeo ha inserito nel Trattato CEE un art. 8 A (divenuto art. 7 A del Trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 14 CE) che stabiliva come obiettivo l’instaurazione di un mercato interno entro il 31 dicembre 1992. Orbene, l’art. 14, n. 2, CE definisce il mercato interno come «uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali», senza distinguere tra frontiere fra gli Stati e frontiere all’interno degli Stati.

24
Poiché gli artt. 23 CE e seguenti devono essere letti in combinazione con l’art. 14, n. 2, CE, l’assenza di tasse – sia tra gli Stati che all’interno degli Stati – che presentino le caratteristiche di un dazio doganale o di una tassa di effetto equivalente costituisce un presupposto indispensabile alla realizzazione di un’unione doganale nella quale sia assicurata la libera circolazione delle merci.

25
Per questo la Corte nelle sue sentenze Legros e a. (cit., punto 18), Lancry e a. (cit., punto 32) e Simitzi (cit., punto 17) ha già dichiarato che una tassa imposta all’atto del superamento di un confine all’interno di uno Stato membro costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale.

26
Occorre altresì sottolineare che il problema posto dalla causa principale non si presenta come una situazione i cui elementi sono interamente circoscritti all’interno di uno Stato membro. Infatti, è pacifico che la tassa sui marmi si applica a tutti i marmi di Carrara che superano i confini di tale comune, senza distinguere tra i marmi la cui destinazione finale è in Italia e quelli destinati ad altri Stati membri. La tassa sui marmi pregiudica dunque per la sua natura e per il suo tenore il commercio tra Stati membri (v. sentenza Lancry e a., cit., punto 30; v., nello stesso senso, per quanto riguarda le misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, sentenze 15 dicembre 1982, causa 286/81, Oosthoek’s Uitgeversmaatschappij, Racc. pag. 4575, punto 9; 15 dicembre 1993, cause riunite C‑277/91, C‑318/91 e C‑319/91, Ligur Carni e a., Racc. pag. I‑6621, punti 36 e 37; 13 gennaio 2000, causa C‑254/98, TK-Heimdienst, Racc. pag. I‑151, punti 27‑31, e 5 dicembre 2000, causa C‑448/98, Guimont, Racc. pag. I‑10663, punti 21‑23).

27
Il Comune di Carrara rileva tuttavia che diverse circostanze ostano alla qualificazione della tassa sui marmi quale tassa di effetto equivalente a un dazio doganale. Esso rileva al riguardo che, a differenza del tributo oggetto delle citate sentenze Legros e a., Lancry e a. e Simitzi, la tassa controversa nella causa principale è riscossa da una collettività territoriale di dimensione ridotta e riguarda una categoria di prodotti, vale a dire i marmi di Carrara, e non tutti i prodotti che superano i confini del comune.

28
Tali argomenti non possono essere accolti. Infatti si deve ricordare che l’art. 23 CE, esattamente come l’art. 25 CE, vieta qualsiasi onere pecuniario che costituisca, seppur minimo, un ostacolo tariffario agli scambi, unilateralmente imposto da un’autorità pubblica di uno Stato membro (v. supra, punto 20). Ai fini della qualificazione di tassa di effetto equivalente a un dazio doganale la dimensione della collettività territoriale che la riscuote è quindi irrilevante, dal momento che la detta tassa costituisce un ostacolo agli scambi nel mercato interno.

29
Inoltre, poiché gli artt. 23 CE e 25 CE mirano ad eliminare ogni ostacolo tariffario agli scambi, è indifferente che la tassa controversa nella causa principale colpisca una determinata categoria di prodotti (v. sentenze 22 aprile 1999, causa C‑109/98, CRT France International, Racc. pag. I‑2237, e 21 settembre 2000, cause riunite C‑441/98 e C‑442/98, Michaïlidis, Racc. pag. I‑7145) o qualsiasi prodotto che superi i confini della collettività interessata (v. citate sentenze Legros e a. e Lancry e a.).

30
La convenuta nella causa principale sottolinea inoltre la finalità particolare della detta tassa. I proventi derivanti da quest’ultima sarebbero destinati a coprire le spese che il Comune di Carrara sopporta a causa dell’esercizio dell’industria del marmo sul suo territorio. La tassa risponderebbe ad un interesse proprio di tutti gli operatori di tale industria, compresi quelli che commercializzano all’estero i prodotti interessati.

31
La Corte ha già dichiarato che i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente a tali dazi sono vietati a prescindere da qualsiasi considerazione circa lo scopo per il quale sono stati istituiti, come pure circa la destinazione dei proventi che ne derivano (v. sentenze 1° luglio 1969, causa 24/68, Commissione/Italia, Racc. pag. 193, punto 7, e Simitzi, cit., punto 14). Tuttavia, la Corte ha ammesso che un onere che rappresenti la remunerazione di un servizio effettivamente reso all’operatore economico che è tenuto a pagare tale onere, di importo proporzionato al detto servizio, non costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale (sentenze 26 febbraio 1975, causa 63/74, Cadsky, Racc. pag. 281, punto 8; 9 novembre 1983, causa 158/82, Commissione/Danimarca, Racc. pag. 3573, punto 19, e CRT France International, cit., punto 17).

32
Sennonché, ciò non è il caso nella fattispecie. Infatti, esiste al più un rapporto indiretto fra la tassa controversa nella causa principale e i servizi resi agli operatori interessati da quest’ultima. Dalle osservazioni del Comune di Carrara risulta invero che tale tassa è diretta in particolare a coprire le spese sopportate dal comune per la riparazione e il mantenimento della rete stradale, la realizzazione di un’infrastruttura portuale, il mantenimento di un museo, le ricerche sulla sicurezza nelle cave, l’attività formativa nel genio minerario, o ancora l’aiuto sociale a favore degli operai. Orbene, parecchie di tali attività non vanno specificamente a beneficio degli operatori che trasportano marmo oltre i confini del Comune di Carrara.

33
Quanto all’argomento relativo al fatto che gli operatori «locali» che pagano imposte comunali contribuiscono già alle spese derivanti al comune dall’industria del marmo, si deve ricordare che il fatto generatore della tassa è costituito dal superamento da parte dei marmi dei confini comunali, senza che rilevi se l’operatore interessato sia soggetto alle imposte comunali.

34
In ogni caso, il fatto che una tassa riscossa a causa del superamento di un confine tra gli Stati o all’interno degli Stati sia stata istituita al fine di compensare un onere locale che colpisce il prodotto interno analogo non è sufficiente a sottrarla alla qualificazione di tassa di effetto equivalente a un dazio doganale. Infatti, se così fosse, si svuoterebbe di contenuto e di efficacia il divieto di tasse di effetto equivalente a dazi doganali (v., in tal senso, sentenze 31 maggio 1979, causa 132/78, Denkavit, Racc. pag. 1923, punto 8, e Michaïlidis, cit., punto 23).

35
Da quanto precede risulta dunque che un tributo commisurato al peso di una merce, riscosso soltanto in un comune di uno Stato membro e gravante su una categoria di merci a causa del loro trasporto oltre i confini comunali, costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all’esportazione, ai sensi dell’art. 23 CE, malgrado essa gravi anche sulle merci la cui destinazione finale si trova all’interno dello Stato membro interessato.


Sugli effetti nel tempo della presente sentenza

36
Il Comune di Carrara domanda alla Corte, qualora quest’ultima giudichi una tassa come quella controversa nella causa principale incompatibile con le disposizioni pertinenti del Trattato, di limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza. Esso deduce, da un lato, le incertezze relative al complesso normativo applicabile alla tassa in questione e, dall’altro, le gravi conseguenze finanziarie che discenderebbero per il bilancio del Comune di Carrara da una mancata limitazione nel tempo degli effetti della sentenza.

37
Si deve rilevare che solo in via eccezionale, applicando il principio generale della certezza del diritto insito nell’ordinamento giuridico comunitario, la Corte può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede (sentenze Legros e a., cit., punto 30, e 23 maggio 2000, causa C‑104/98, Buchner e a., Racc. pag. I‑3625, punto 39).

38
Al riguardo la Corte, nella sentenza Legros e a. (cit., punti 30‑36), ha dichiarato che, per condizioni tassative di certezza del diritto, le disposizioni del Trattato relative a tasse di effetto equivalente a dazi doganali all’importazione non potevano essere invocate a sostegno di richieste di rimborso di un tributo come il dazio di mare, pagato anteriormente alla data di tale sentenza, vale a dire il 16 luglio 1992, salvo dai richiedenti che, prima di tale data, avessero agito in giudizio o contestato l’imposizione con un’impugnativa equivalente (v. sentenza Simitzi, cit., punto 30).

39
Ebbene, la tassa controversa – quale tributo imposto a causa del superamento di un confine interno di uno Stato membro – dev’essere qualificata quale tassa avente la stessa natura del dazio di mare di cui alla causa Legros e a., cit. Si può pertanto accogliere la tesi secondo la quale, fino al 16 luglio 1992, il Comune di Carrara poteva ritenere a ragione che la tassa controversa fosse conforme al diritto comunitario.

40
Occorre quindi tener conto delle medesime considerazioni in tema di certezza del diritto e, pertanto, decidere che la limitazione nel tempo enunciata nella sentenza Legros e a., cit., si applica parimenti a richieste di rimborso di importi riscossi a titolo della tassa controversa nella causa principale.

41
Di contro, non c’è ragione di limitare gli effetti della presente sentenza successivamente al 16 luglio 1992, data della citata sentenza Legros e a. Infatti, dopo tale data il Comune di Carrara non poteva ignorare che la tassa controversa era incompatibile con il diritto comunitario.

42
In conclusione, occorre precisare che le disposizioni del Trattato relative a tasse di effetto equivalente a dazi doganali non possono essere invocate a sostegno di richieste di rimborso di importi riscossi anteriormente al 16 luglio 1992 a titolo della tassa sui marmi, salvo dai richiedenti che, prima di tale data, abbiano agito in giudizio o contestato l’imposizione con un’impugnativa equivalente.


Sulle spese

43
Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)
Un tributo commisurato al peso di una merce, riscosso soltanto in un comune di uno Stato membro e gravante su una categoria di merci a causa del loro trasporto oltre i confini comunali, costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all’esportazione, ai sensi dell’art. 23 CE, malgrado la tassa gravi anche sulle merci la cui destinazione finale si trova all’interno dello Stato membro interessato.

2)
L’art. 23 CE non può essere invocato a sostegno di richieste di rimborso di importi riscossi anteriormente al 16 luglio 1992 a titolo della tassa sui marmi, salvo dai richiedenti che, prima di tale data, abbiano agito in giudizio o contestato l’imposizione con un’impugnativa equivalente.


1
Lingua processuale: l'italiano.

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