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Document 62003CC0513

    Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 30 giugno 2005.
    Eredi di M. E. A. van Hilten-van der Heijden contro Inspecteur van de Belastingdienst/Particulieren/Ondernemingen buitenland te Heerlen.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Gerechtshof te 's-Hertogenbosch - Paesi Bassi.
    Movimenti di capitali - Art. 73 B, n. 1, del Trattato CE (divenuto, art. 56, n. 1, CE) - Imposta sulle successioni - Finzione giuridica secondo cui un cittadino di uno Stato membro deceduto entro dieci anni da quando ha lasciato tale Stato membro viene considerato ivi domiciliato al momento del suo decesso - Stati terzi.
    Causa C-513/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-01957

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:416

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    PHILIPPE LÉGER

    presentate il 30 giugno 2005 1(1)

    Causa C-513/03

    Eredi di M. E. A. van Hilten-van der Heijden

    contro

    Inspecteur van de Belastingdienst/Particulieren/Ondernemingen buitenland te Heerlen

    [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch (Paesi Bassi)]

    «Legislazione fiscale – Imposte di successione – Cittadino di uno Stato membro che al momento del decesso aveva il domicilio in un paese terzo – Normativa di uno Stato membro in base alla quale, ai fini dell’imposta di successione, un cittadino di tale Stato membro viene considerato ancora domiciliato nel territorio nazionale al momento del decesso, qualora questo avvenga entro dieci anni dal trasferimento del suo domicilio all’estero – Libera circolazione dei capitali – Art. 73 B del Trattato CE, divenuto art. 56 CE»





    1.     Il presente procedimento pregiudiziale mira a consentire al giudice nazionale di appurare la compatibilità con le norme del Trattato CE sulla libera circolazione di capitali di una norma del diritto successorio dei Paesi Bassi, la quale prevede che un cittadino olandese che abbia trasferito il proprio domicilio al di fuori di tale Stato membro, viene considerato, ai fini dell’imposta di successione, ancora domiciliato nel territorio nazionale, qualora siano trascorsi meno di dieci anni tra il decesso ed il momento in cui ha lasciato i Paesi Bassi.

    2.     Il procedimento trae l’origine della controversia che oppone gli eredi della sig.ra Van Hilten‑van der Heijden (2) all’amministrazione tributaria olandese, avente ad oggetto le imposte di successione reclamate dalla detta amministrazione sull’eredità della defunta.

    3.     La sig.ra Van Hilten, cittadina olandese che aveva vissuto nei Paesi Bassi fino al 1988, aveva trasferito il proprio domicilio prima in Belgio, e poi, dal 1991, in Svizzera, paese nel quale, a partire da quest’ultima data, si considera avesse stabilito il suo domicilio fiscale.

    4.     La sig.ra Van Hilten è deceduta il 22 novembre 1997, ossia a meno di dieci anni dal momento in cui aveva lasciato i Paesi Bassi. Conformemente alla fictio del domicilio prevista dal diritto di successione olandese, essa è stata considerata residente nei Paesi Bassi all’epoca del decesso ed i suoi quattro eredi si sono visti applicare dall’amministrazione tributaria olandese le tasse di successione sull’intera eredità da essi ricevuta a norma del diritto successorio di tale Stato membro.

    5.     I detti eredi hanno proposto un ricorso dinanzi al Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch [Corte d’appello di ’s‑Hertogenbosch] (Paesi Bassi) contro la decisione dell’amministrazione tributaria olandese che aveva respinto il loro reclamo. Il giudice nazionale, ritenendo che la fictio del domicilio prevista dal diritto olandese costituisca un ostacolo alla libera circolazione dei capitali, ha posto alla Corte due questioni pregiudiziali, che dovranno consentirgli di stabilire se la suddetta disposizione nazionale possa essere giustificata in base agli articoli del Trattato che autorizzano gli Stati membri a mantenere o a prendere determinate misure suscettibili di restringere l’esercizio di tale libertà.

    I –    Ambito normativo

    A –    Il diritto comunitario

    6.     La libera circolazione dei capitali ha ottenuto un progressivo riconoscimento nell’ordinamento comunitario. Infatti, l’art. 67, n. 1, del Trattato CEE (3), a differenza delle disposizioni riguardanti la libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi, imponeva agli Stati membri di sopprimere le restrizioni ai movimenti di capitali soltanto «nella misura necessaria al buon funzionamento del mercato comune».

    7.     E’ stata la direttiva del Consiglio 88/361/CEE (4) a stabilire il principio della libera circolazione dei capitali all’interno della Comunità europea, prevedendo, all’art. 1, la soppressione delle restrizioni ai movimenti di capitali effettuati tra le persone residenti negli Stati membri, fatte salve le altre disposizioni ivi contenute.

    8.     Allo scopo di facilitare l’attuazione di tale libertà di circolazione, la direttiva 88/361 riportava, nell’allegato I, una nomenclatura non esaustiva dei movimenti di capitali. Tale nomenclatura comprende tredici rubriche, tra le quali figura la XI, intitolata «Movimenti di capitali a carattere personale», che, a sua volta, annovera numerose operazioni, incluse le donazioni e le dotazioni nonché, alla lettera D, le successioni e i legati. Da parte sua, la rubrica XIII, dal titolo «Altri movimenti di capitali», alla lettera A, contempla le imposte di successione.

    9.     Il Trattato sull’Unione ha sostituito, a partire dal 1° gennaio 1994, gli articoli del Trattato CE riguardanti la libera circolazione dei capitali, in particolare con gli artt.  73 B – 73 D del Trattato (5), che costituiscono le disposizioni applicabili ratione temporis nella presente causa.

    10.   L’art.  73 B del Trattato sancisce il principio della libera circolazione dei capitali stabilito dalla direttiva 88/361, e ne estende la portata ai paesi terzi, superando così il campo d’applicazione delle altre libertà di circolazione. Il detto articolo, al n. 1, dispone:

    «Nell’ambito delle disposizioni previste nel presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi».

    11.   Il Trattato tuttavia apporta alcune deroghe a tale principio, che sono contenute negli art. 73 C e 73 D CE, sulla cui interpretazione vertono sostanzialmente le questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio.

    12.   Così, l’art. 73 C del Trattato consente agli Stati membri di mantenere alcune restrizioni a determinati movimenti di capitali effettuati tra gli Stati membri ed i paesi terzi. Esso enuncia, al n. 1:

    «Le disposizioni di cui all’articolo 73 B lasciano impregiudicata l’applicazione ai paesi terzi di qualunque restrizione in vigore alla data del 31 dicembre 1993 in virtù delle legislazioni nazionali o della legislazione comunitaria per quanto concerne i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che implichino degli investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari».

    13.   A sua volta, l’art.  73 D del Trattato consente agli Stati membri di applicare o di introdurre determinate misure restrittive dei movimenti di capitali in generale, che vengano effettuati con gli Stati membri ovvero con i paesi terzi. Esso così dispone:

    «1.      Le disposizioni dell’articolo 73 B non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

    a)      di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale,

    b)      di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

    2.      Le disposizioni del presente capo non pregiudicano l’applicabilità di restrizioni in materia di diritto di stabilimento compatibili con il presente trattato.

    3.      Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 73 B».

    14.   La portata della deroga contenuta nell’art.  73 D del Trattato è stata oggetto di una dichiarazione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri (6), formulata nei seguenti termini:

    «La conferenza afferma che il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni delle rispettive legislazioni tributarie di cui all’articolo 73 D, paragrafo 1, lettera a) del presente trattato si applica soltanto per quanto riguarda le pertinenti disposizioni vigenti alla fine del 1993. Tuttavia, la presente dichiarazione si applica soltanto ai movimenti di capitali ed ai pagamenti tra Stati membri».

    15.   Dato che, nelle sue questioni pregiudiziali, il Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch menziona gli artt.  57, n. 1, CE e 58, n. 3, CE e poiché tale nuova numerazione degli articoli risulta applicabile soltanto a partire dal 1° maggio 1999, data di entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, considero che le dette questioni vertano sulle identiche disposizioni degli artt.  73 C, n. 1, e 73 D, n.  3, del Trattato.

    B –    La normativa nazionale

    16.   Le disposizioni applicabili alla fattispecie sono contenute nella legge sulle successioni del 1956 (Successiewet 1956) (7). Ai sensi dell’art. 1 della SW, le imposte esigibili a titolo di successione vengono calcolate sul valore di tutto ciò che si riceve a norma del diritto successorio olandese in seguito al decesso di una persona che al momento della morte risiedeva nei Paesi Bassi.

    17.   L’art. 3, n 1, della SW, così dispone:

    «Un cittadino olandese che abbia avuto il domicilio nel territorio nazionale e che entro i dieci anni dal momento in cui ha abbandonato tale domicilio sia deceduto o abbia fatto una donazione, viene considerato domiciliato nel territorio nazionale al momento del decesso o al momento della donazione».

    18.   Inoltre, come risulta implicitamente dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio, e come espongono in particolare il governo olandese e la Commissione delle Comunità europee, da un lato, il Regno dei Paesi Bassi ha concluso accordi bilaterali con svariati Stati membri con l’intenzione di evitare la doppia imposizione in materia di imposte di successione, tra i quali, in particolare, figura la Convenzione del 1951 con la Confederazione Svizzera (8). Il protocollo allegato alla Convenzione contiene una dichiarazione, a termini della quale «lo Stato di cui il defunto possedeva la cittadinanza al momento della morte potrà riscuotere l’imposta sulle successioni come se il defunto avesse avuto in quel momento il domicilio anche in questo Stato, a condizione che il defunto vi abbia effettivamente avuto il domicilio nel corso dei dieci anni precedenti la morte e ne possedesse la cittadinanza al momento in cui aveva rinunciato al suo domicilio; in tal caso la parte dell’imposta che questo Stato non avrebbe riscosso se il defunto non avesse avuto la cittadinanza di detto Stato al momento della rinuncia al suo domicilio o al momento della sua morte sarà dedotta dall’imposta dovuta nell’altro Stato a motivo del domicilio».

    19.   Dall’altro lato, quando la fattispecie non è contemplata da un accordo bilaterale, trovano applicazione le disposizioni del decreto 1989 per la prevenzione della doppia imposizione (Besluit ter voorkoming dubbele belasting 1989). A norma dell’art. 13 del detto decreto, le imposte di successione da versare al Regno de Paesi Bassi vengono decurtate degli importi versati all’estero a titolo di imposta di successione. Ciò implica che, se le imposte di successione versate all’estero sono superiori alle imposte olandesi, queste ultime vengono ridotte a zero. In caso contrario, la quota di imposte spettante ai Paesi Bassi è limitata alla differenza tra le imposte dovute in questo Stato membro e la quota versata dagli eredi all’estero.

    II – Questioni pregiudiziali

    20.   Il giudice del rinvio muove dalla premessa secondo la quale, come risulta dal riferimento alle operazioni «Eredità e legati» di cui alla rubrica XI della nomenclatura contenuta nell’allegato I della direttiva 88/361, nella causa a qua si tratta effettivamente di un movimento di capitali tra un paese terzo ed uno Stato membro.

    21.   Esso indica tuttavia di nutrire dubbi circa la questione se una disposizione come quella contenuta nell’art. 3 della SW possa rientrare nell’eccezione prevista dall’art. 73 C, n. 1, del Trattato, in particolare tenuto conto del fatto che quest’ultima disposizione non contempla le successioni. Il giudice nazionale rammenta che, conformemente alla sentenza 14 dicembre 1995, Sanz de Lera e a. (9), agli Stati membri non è concesso di estendere il campo di applicazione della suddetta eccezione.

    22.   Esso rileva, di seguito, che l’art. 3 della SW potrebbe sì ricadere nell’ambito dell’art.  73 D, n. 1, del Trattato, ma che, tuttavia, ai sensi del n. 3 della stessa disposizione, quest’ultima non può coprire né una discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata alla libertà di movimento dei capitali.

    23.   A tal riguardo, la giurisdizione di rinvio espone di aver già stabilito, in una sua pronuncia del 12 dicembre 2002, che la fictio del domicilio prevista dall’art. 3 della SW ostacola o disincentiva la libera circolazione dei capitali. Tale fictio ostacolerebbe infatti l’«uscita» di capitali, in quanto, in caso di emigrazione della «massa ereditaria» verso un altro Stato membro, comporterebbe svantaggi nel caso in cui il patrimonio venisse devoluto agli eredi entro dieci anni dalla detta emigrazione. Perciò, nei dieci anni successivi all’emigrazione dei cittadini olandesi, il Regno dei Paesi Bassi percepirebbe dei diritti, ogniqualvolta l’imposta sulle successioni o sulle donazioni riscossa all’estero sia inferiore a quella olandese, mentre non concederebbe alcuna restituzione o conguaglio per l’eccedenza dell’imposta di successione pagata all’estero. L’art. 3 della SW costituirebbe pertanto una restrizione dissimulata nei confronti delle successioni a carattere transfrontaliero, risultando perciò contraria al diritto comunitario.

    24.   Il giudice del rinvio indica poi di avere altresì dichiarato, nella medesima sentenza, che, l’art. 3 della SW costituisce anche una discriminazione arbitraria, in quanto comporta una distinzione tra i cittadini olandesi ed i cittadini di altri Stati membri. Infatti, i primi potrebbero sottrarsi agli effetti della detta disposizione solo rinunciando alla propria cittadinanza. Per di più, tale disposizione non potrebbe venire giustificata in base a ragioni imperative di interesse pubblico, poiché avrebbe l’unico scopo di impedire che al Regno dei Paesi Bassi venga a mancare il gettito dell’imposta di successione in conseguenza del trasferimento all’estero dei propri cittadini.

    25.   Il giudice del rinvio precisa che, secondo la giurisprudenza della Corte, sono vietate le misure che possono porre a carico delle persone che lasciano lo Stato membro di origine un onere più gravoso rispetto alle persone che rimangono in tale paese. Tale divieto di ostacolare l’uscita da uno Stato membro attraverso gli oneri fiscali sarebbe stato sancito in relazione ad ognuna delle libertà di circolazione e, per quanto attiene alla libera circolazione di capitali, con la sentenza 6 giugno 2000, Verkooijen (10).

    26.   Il giudice nazionale si chiede inoltre quali conseguenze dovrebbero trarsi dal fatto che la defunta era una cittadina dell’Unione europea e che il Trattato vieta ogni discriminazione basata sulla cittadinanza. Orbene, nella fattispecie sussisterebbe una tale discriminazione, in quanto la successione ereditaria di un cittadino olandese sarebbe sempre soggetta ad una tassazione gravosa rispetto alla successione di un cittadino di un altro Stato membro.

    27.   Infine, il giudice del rinvio si chiede se la dichiarazione relativa all’art. 73 D del Trattato, in particolare nella frase in cui si afferma che tale documento si applica soltanto ai movimenti di capitali e ai pagamenti tra Stati membri, comporti che la normativa applicabile ai movimenti di capitali tra gli Stati membri e i paesi terzi esuli completamente dall’ambito di applicazione dell’art. 73 D, n. 1, del Trattato, o se, invece, quest’ultima disposizione contempli sempre e comunque la normativa applicabile ai movimenti di capitali di questo tipo, non essendo quindi limitata alle disposizioni in materia vigenti alla fine del 1993.

    28.   Alla luce delle dette considerazioni, il Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      Se l’art. 3, n. 1, della SW sia una limitazione ammessa ai sensi dell’art.  57, n. 1, CE.

    2)      Se l’art. 3, n. 1, della SW costituisca un mezzo vietato di discriminazione arbitraria ovvero una restrizione dissimulata della circolazione di capitali ai sensi dell’art. 58, n. 3, CE, qualora sia applicato ai movimenti di capitali tra uno Stato membro e uno Stato terzo, anche in considerazione della Dichiarazione sull’articolo 58 del Trattato che istituisce la Comunità europea (ex articolo 73 D) adottata in occasione della firma dell’Atto finale e delle dichiarazioni della Conferenza intergovernativa riguardo all’Unione europea del 7 febbraio 1992».

    III – Analisi

    A –    Sull’oggetto del rinvio pregiudiziale

    29.   Occorre rilevare che il Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch non sottopone alla Corte alcuna questione relativa all’interpretazione dell’art. 73 B del Trattato, che gli permetta di stabilire se la disposizione controversa costituisca o meno una restrizione alla libera circolazione di capitali ai sensi di tale disposizione. Come emerge dall’ordinanza di rinvio, il giudice nazionale considera acquisito questo dato, avendo emesso una decisione in tal senso il 12 dicembre 2002 (11).

    30.   Se è vero che, conformemente ad una giurisprudenza costante, spetta al giudice nazionale valutare, tenuto conto delle circostanze particolari della causa che deve risolvere, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale, sia la rilevanza delle questioni che intende sottoporre alla Corte, è altrettanto vero che quest’ultima ha il compito di interpretare tutte le norme di diritto comunitario che possano essere utili al giudice nazionale al fine di dirimere la controversia di cui è stato adito (12).

    31.   Nel presente caso, l’esame delle questioni sollevate dal giudice del rinvio, che mirano ad appurare se la norma nazionale controversa possa trovare legittimazione nelle disposizioni contenute negli artt. 73 C, n. 1 e 73 D del Trattato, richiede che venga preliminarmente accertato se la norma di cui trattasi costituisca una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 73 B, n.  1, del Trattato (13). Comincerò pertanto dall’esame di tale questione.

    B –    Sull’applicazione dell’art.  73 B, n.  1, del Trattato

    32.   Nella causa in esame, il giudice del rinvio si trova di fronte ad una norma della legislazione fiscale olandese in base alla quale un cittadino dei Paesi Bassi che lasci il proprio domicilio in tale Stato membro per stabilirsi in un altro Stato membro o in uno Stato terzo e che muoia entro dieci anni dal momento in cui aveva lasciato il domicilio nel paese di origine, si reputa, ai fini dell’imposta di successione, abbia conservato il domicilio nei Paesi Bassi.

    33.   Dall’ordinanza di rinvio risulta altresì che le imposte di successione dovute in base alla normativa olandese vengono calcolate sul valore totale dell’intero patrimonio ricevuto dagli eredi, che include i beni immobili, a prescindere dalla loro ubicazione, nonché i beni mobili, gli investimenti finanziari ed i conti correnti bancari (14). Infine, risulta acquisito, alla luce dell’insieme degli elementi contenuti nel fascicolo di causa, che, in forza sia di accordi bilaterali, come la Convenzione stipulata dal Regno dei Paesi Bassi con la Confederazione svizzera, sia della legislazione di tale Stato membro intesa ad evitare la doppia imposizione, le imposte di successione versate all’estero dagli eredi vengono detratte dagli importi dovuti ai Paesi Bassi.

    34.   Come indicano il governo olandese e la Commissione nelle loro osservazioni scritte (15), la fictio del domicilio di cui all’art. 3 della SW, applicata congiuntamente alle suddette disposizioni, comporta che l’eredità di un cittadino olandese che ha trasferito il proprio domicilio all’estero non venga tassata nei Paesi Bassi in misura maggiore di quanto lo sarebbe stata se l’interessato avesse mantenuto il proprio domicilio in questo Stato membro.

    35.   Tale normativa avrebbe tuttavia l’effetto di privare il detto cittadino olandese, per dieci anni a partire dalla data in cui ha trasferito il suo domicilio in un altro Stato, della possibilità di beneficiare di un’imposizione fiscale totale sulla sua successione eventualmente più favorevole, in applicazione della normativa vigente nel suo nuovo Stato di residenza e negli Stati che assoggettano a imposta i beni situati nel loro territorio. Così, nel caso che ci occupa, in conseguenza dell’applicazione della normativa controversa i quattro eredi della defunta si vedono reclamare dall’amministrazione olandese la somma di NLG 79 624, al netto delle imposte di successione di cui sono debitori in Svizzera.

    36.   L’imposta sulle successioni può essere considerata appartenere all’ambito della fiscalità diretta, che rientra nella competenza degli Stati membri. Si tratta, infatti, di un tipo di imposta che, in via generale, viene percepita direttamente sul patrimonio del contribuente, tenuto conto della sua situazione personale per quanto riguarda il suo legame di parentela con il defunto. In ogni caso, anche qualora il detto tributo dovesse essere interpretato come un’imposta indiretta ai sensi dell’art. 99 CE (16), occorre segnalare che tale materia, tuttavia, non è stata sottoposta ad armonizzazione in applicazione della detta disposizione. Spetta dunque agli Stati membri stabilire le condizioni e le aliquote relative a tali imposte, essendo altresì compito degli Stati membri prendere le misure necessarie – se occorre, avviando negoziati tra loro –, al fine di evitare che i cittadini vengano assoggettati ad una doppia imposizione. E’ giurisprudenza costante, tuttavia, che gli Stati membri devono esercitare le loro competenze in materia di imposte dirette, anche nel caso in cui stipulino delle convenzioni volte ad evitare la doppia imposizione, nel rispetto del diritto comunitario e, in particolare, delle libertà di circolazione che contribuiscono alla realizzazione del mercato interno (17).

    37.   Nella fattispecie, sappiamo che la defunta era domiciliata in Svizzera. Sappiamo inoltre che la signora è deceduta in Svizzera il 22 novembre 1997, vale a dire, anteriormente alla data in cui è stato concluso e, a fortiori, è entrato in vigore, l’Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone (18).

    38.   Di conseguenza, anche supponendo che tale accordo conferisca ai cittadini degli Stati contraenti diritti che essi possono far valere dinanzi al giudice nazionale del loro paese, è giocoforza constatare che esso non trova applicazione nel caso di specie, talché l’unica libertà di circolazione di cui gli eredi della sig.ra Van Hilten possono legittimamente avvalersi, in quanto si applica alle relazioni tra Stati membri e paesi terzi, risulta essere la libertà di circolazione dei capitali (19).

    39.   E’ quindi assai logico che, nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale, il Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch citi unicamente le disposizioni del Trattato relative a tale libertà.

    40.   Si tratta quindi di appurare se la disposizione in oggetto costituisca una restrizione alla libera circolazione di capitali, ai sensi dell’art. 73 B, n. 1, del Trattato. In altre parole, dobbiamo stabilire se il detto art. 73 B, n. 1, del Trattato debba essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale l’eredità di un cittadino di tale Stato che abbia trasferito il proprio domicilio dal paese di origine all’estero e che muoia meno di dieci anni dopo tale trasferimento, è tassata come se egli avesse mantenuto il domicilio in quello Stato membro.

    41.   Alla stregua dei governi olandese e tedesco, nonché della Commissione, ritengo che l’art. 73 B, n. 1, non osti ad una normativa come questa.

    42.   Per giustificare la mia posizione, inizierò col precisare la natura del movimento di capitali è l’argomento su cui verte la disposizione controversa, per poi passare a spiegare le ragioni per cui, a mio parere, essa non comporta restrizioni a tale movimento.

    1.      Sul movimento di capitali in questione

    43.   L’art. 73 B, n. 1, del Trattato vieta le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri e tra questi ultimi ed i paesi terzi. Occorre pertanto stabilire quale movimento di capitali sia interessato dalla normativa controversa. Tale questione è decisamente rilevante, poiché da essa dipende la possibilità di stabilire in che misura la detta normativa rientri nel campo di applicazione dell’art. 73 B del Trattato, e altresì per il fatto che, come ho indicato in precedenza, non vi è altra libertà di circolazione se non quella di capitali che sia suscettibile di applicazione nella fattispecie.

    44.   Il giudice del rinvio espone che, nella fattispecie, si tratta indubbiamente di movimento di capitali, poiché le successioni sono contemplate dall’allegato I della direttiva 88/361. Esso ritiene altresì che la normativa controversia sia contraria alla libertà di circolazione dei capitali, poiché avrebbe l’effetto di ostacolare il trasferimento della «massa» («de boedel») dei beni destinati a formare l’eredità (20); infatti, secondo il giudice nazionale, in caso di devoluzione dell’eredità entro i dieci anni dalla data di tale trasferimento, la fictio del domicilio contenuta in tale normativa comporterebbe uno svantaggio.

    45.   Dalle dette considerazioni si deduce che, secondo il giudice a quo, i movimenti di capitali che vengono pregiudicati dalla disposizione controversa sono, da una parte, la successione, ossia la trasmissione del patrimonio agli eredi, e, dall’altra, il trasferimento di tale patrimonio in un altro Stato, che sembrerebbe derivare dal fatto che il cittadino olandese interessato ha trasferito il proprio domicilio fiscale all’estero.

    46.   Il governo olandese sostiene che nella fattispecie non si tratta di un movimento di capitali, in quanto, in base alla detta disposizione, l’elemento di collegamento al diritto olandese sarebbe il momento del decesso, cioè l’apertura della successione ed il valore del patrimonio a quell’epoca. In tale fase, non si sarebbe ancora verificato alcun movimento di capitali. La direttiva 88/361 si applicherebbe a tutti gli atti necessari all’effettivo regolamento della successione tra gli eredi dei beni che compongono il patrimonio e l’eventuale suddivisione di questo, il che implicherebbe un movimento di capitali. Ma, nella fattispecie, anche prendendo a riferimento il momento in cui la defunta ha lasciato i Paesi Bassi, non vi sarebbe stato alcun atto riconducibile alla libera circolazione di capitali, dal momento che il cambio di domicilio dell’interessata non avrebbe minimamente inciso sulla composizione del suo patrimonio.

    47.   La Commissione, dal canto suo, sostiene che, poiché la normativa controversa non opera distinzioni in funzione del luogo in cui sono situati i beni che compongono l’eredità del defunto, non vi è la possibilità di alcuna restrizione della libera circolazione di capitali. Secondo tale istituzione, la detta normativa rientrerebbe piuttosto nell’ambito di applicazione della libera circolazione delle persone, e in particolare, della libertà di stabilimento – semmai tali libertà fossero state applicabili alla fattispecie.

    48.   Da parte mia, ritengo che la normativa controversa potrebbe ricadere nell’ambito dell’art.  73 B, n. 1, del Trattato, nella misura in cui disciplina le imposte sulla successione dei cittadini olandesi che hanno trasferito il proprio domicilio all’estero e che sono deceduti entro i dieci anni dalla data del trasferimento. Per contro, come sostenuto dalle summenzionate parti intervenienti, non credo che il trasferimento del domicilio all’estero possa essere considerato costituire, di per sé, un movimento di capitali. Tale analisi si fonda sulle seguenti considerazioni.

    49.   Se è vero che il Trattato non definisce la nozione di «movimento di capitali», è altrettanto vero che la giurisprudenza ha fornito numerose indicazioni che permettono di tracciarne i contorni. Anzitutto, la sentenza 31 gennaio1984, Luisi e Carbone (21), ha affermato che i movimenti di capitali sono operazioni finanziarie che riguardano essenzialmente la collocazione o l’investimento dell’importo considerato. Perciò, in via di principio, si tratta di operazioni finanziarie, e queste ultime si distinguono dai pagamenti correnti in quanto sono dirette alla costituzione di averi. Da ciò possiamo dedurre che il principio della libera circolazione di capitali stabilito dal diritto comunitario mira così a permettere che i cittadini comunitari usufruiscano delle condizioni più favorevoli che possono venir loro offerte all’interno della Comunità e negli Stati terzi per investire e collocare i propri capitali.

    50.   E’ poi giurisprudenza costante che la nomenclatura contenuta nell’allegato I della direttiva 88/361 conserva il valore indicativo che le era proprio per definire la nozione di movimenti di capitali contemplata dalla detta direttiva e che deve pertanto essere presa in considerazione nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 73 B, n. 1, del Trattato (22).

    51.   Analizzando le rubriche di tale nomenclatura, si osserva che esse coprono un certo numero di operazioni cui si pensa spontaneamente in relazione ai movimenti finanziari che sono diretti a realizzare investimenti, come l’acquisto di immobili nonché di titoli di borsa, di valute, o ancora le operazioni di conto corrente effettuate presso enti finanziari.

    52.   Tuttavia, la detta nomenclatura non si limita a tale tipo di operazioni e ai connessi trasferimenti finanziari. Come precisato nella sua parte introduttiva, tale strumento è inteso ad avere un contenuto assai ampio, per non limitare «la portata del principio della completa liberalizzazione dei movimenti di capitali». Ai sensi di tale parte introduttiva, la nomenclatura copre l’insieme delle operazioni necessarie alla realizzazione dei movimenti di capitali, quali la conclusione e l’esecuzione della transazione che condiziona il corrispondente trasferimento finanziario. Questa nomenclatura contempla, inoltre, tanto le transazioni che avvengono tra due parti, quanto le operazioni effettuate da una sola persona per proprio conto, e comprende altresì le operazioni di liquidazione o di cessione di attività costituite.

    53.   Così, all’interno della rubrica XI, dal titolo «Movimenti di capitali a carattere personale», la nomenclatura elenca tra l’altro gli atti con cui una persona può disporre la trasmissione del proprio patrimonio in tutto o in parte, sia inter vivos, mediante prestiti, donazioni, dotazioni o doti, sia mortis causa, a mezzo di eredità e legati. La trasmissione della proprietà di un bene costituisce quindi un movimento di capitali. Come ha affermato la Corte nella sentenza 11 dicembre 2003, nella causa, Barbier (23), la trasmissione del patrimonio per successione costituisce un movimento di capitali ai sensi del Trattato.

    54.   Inoltre, non ritengo che possa essere accolto l’argomento del governo olandese secondo cui l’art. 3 della SW non implicherebbe, in questa fase, movimenti di capitali. Tale argomento poggia, a mio parere, su un’analisi parziale o incompleta della detta disposizione. Prevedendo l’assoggettamento al diritto successorio dei Paesi Bassi dei cittadini olandesi che, al momento del decesso, risiedono all’estero da meno di dieci anni, tale normativa ha altresì l’effetto di determinare l’importo dell’imposta sulle successioni dei detti cittadini. Questo è precisamente il suo l’obiettivo. Come emerge dalle osservazioni del governo olandese, la detta normativa è intesa a lottare contro una forma di evasione fiscale che consiste nel trasferimento del domicilio all’estero in previsione della propria morte.

    55.   Per di più, salvo che io abbia interpretato male la legislazione olandese, il pagamento delle imposte di successione può essere chiesto agli eredi solo se questi non rinunciano all’eredità in questione. Così, come risulta dalla presentazione del diritto nazionale effettuata dal giudice del rinvio, le imposte di successione vengono calcolate sul valore di tutto ciò che si riceve per successione (24) in base al diritto nazionale. Appare quindi discutibile l’affermazione secondo cui, nella fattispecie, non vi sarebbe stato un movimento di capitali, poiché, se i ricorrenti nella causa principale contestano l’accertamento delle imposte che sono state loro addebitate, ciò avviene proprio perché essi hanno ricevuto la loro quota di eredità della defunta. Vi è dunque stata effettivamente trasmissione della proprietà del patrimonio della defunta ai suoi eredi.

    56.   Di conseguenza, sono del parere che la disposizione controversa possa ricadere nel campo di applicazione dell’art. 73 B, n. 1, del Trattato, in quanto ha l’effetto di determinare le imposte di successione cui sono assoggettati i cittadini olandesi che abbiano trasferito all’estero il proprio domicilio e che siano deceduti nell’arco di dieci anni da tale trasferimento.

    57.   Per contro, non ritengo che il solo trasferimento del domicilio possa, di per sé, risolversi anch’esso in un movimento di capitali o interpretarsi come se fosse accompagnato da un concomitante movimento di capitali, ai sensi dell’art.  73 B, n.  1, del Trattato. L’analisi del giudice a quo, secondo cui la normativa controversa porrebbe un ostacolo all’«uscita» della massa dei beni destinati a costituire l’eredità nel momento in cui un cittadino olandese trasferisce il proprio domicilio all’estero, equivale a sostenere, mi pare, che la partenza del cittadino interessato per l’estero implichi il trasferimento automatico del suo patrimonio nello Stato in cui lo stesso ha stabilito il nuovo domicilio. In altre parole, il trasferimento del proprietario di un patrimonio comporterebbe un concomitante movimento dell’insieme di tale patrimonio. Non ritengo che tale analisi possa essere accolta.

    58.   I movimenti di capitali, come appaiono descritti nella nomenclatura, comprendono, l’abbiamo visto, gli investimenti effettuati sul territorio nazionale da una persona non residente e quelli effettuati all’estero da un residente, nonché le operazioni che vi sono connesse. Essi devono pertanto accompagnarsi a movimenti finanziari. Orbene, il trasferimento del domicilio da uno Stato membro ad un altro Stato non costituisce, di per sé, un movimento finanziario. Se analizziamo il patrimonio della defunta come si presentava al momento del trasferimento del domicilio fuori dai Paesi Bassi, risulta che esso includeva beni immobili situati sia in tale Stato membro, sia in Belgio ed in Svizzera, nonché titoli quotati nei Paesi Bassi, in Germania, in Svizzera e negli Stati Uniti, così come conti correnti bancari aperti presso agenzie olandesi e belghe di istituti bancari stabiliti nella Comunità europea (25). Non sarebbe esatto, secondo me, sostenere che tale patrimonio è stato trasferito Svizzera nello stesso momento in cui la defunta ha trasferito il proprio domicilio in tale paese. La consistenza del detto patrimonio, sia per quanto riguarda il luogo in cui erano situati gli immobili, sia per quanto attiene alla composizione del portafoglio dei titoli ed alla localizzazione dei conti correnti della defunta nei vari istituti bancari, non è stata modificata per il solo fatto che essa aveva cambiato domicilio. Non vi è stata nemmeno, in questa fase, trasmissione della proprietà del patrimonio. Ne consegue che, nel momento in cui la de cuius aveva trasferito il proprio domicilio, prima in Belgio, e poi in Svizzera, non si è verificato alcun movimento di capitali per effetto del solo trasferimento.

    59.   Di conseguenza, l’unico movimento di capitali che può essere riscontrato nella fattispecie è limitato, a mio parere, alla trasmissione per successione del patrimonio della defunta ai suoi eredi.

    60.   Infine, a questo stadio dell’analisi, non risulta necessario verificare se tale movimento di capitali abbia effettivamente carattere transfrontaliero poiché, come vedremo, la normativa controversa non comporta restrizioni alla libera circolazione di capitali.

    2.      Sull’assenza di restrizioni

    61.   L’art. 73 B, n. 1, del Trattato ha una portata assai ampia, poiché ricomprende, lo ricordiamo, «tutte le restrizioni» ai movimenti di capitali. Come risulta dalla giurisprudenza, vengono in tal modo vietate non soltanto le restrizioni dirette, ossia le disposizioni nazionali che vietano un determinato investimento (26) o che sottomettono quest’ultimo ad un regime di previa autorizzazione (27), ma altresì le misure che, per loro natura, sono capaci anche soltanto di dissuadere i beneficiari della libertà di circolazione così instaurata dal Trattato dall’usufruire delle prerogative che da essa traggono (28). E’ ugualmente assodato che, come nel caso delle altre libertà di circolazione garantite dal Trattato, la libertà di movimento dei capitali vieta non solo le misure discriminatorie, vale a dire quelle misure prese da uno Stato membro che si applicano unicamente agli investitori residenti in un altro Stato membro (29), ma anche le misure prese da uno Stato membro che sono di natura tale da dissuadere i propri cittadini o residenti dall’effettuare determinati investimenti in altri Stati membri (30).

    62.   Nella sentenza Barbier, citata supra, la Corte ha fornito alcune indicazioni che consentono di capire quando una disposizione fiscale nazionale in materia di successioni è tale da costituire un ostacolo alla libera circolazione di capitali. Essa ha considerato che, sebbene le imposte di successione siano versate dagli eredi, esse sono elementi di cui tiene conto ogni persona interessata allorché decide di effettuare un investimento.

    63.   La suddetta causa verteva su alcune disposizioni del diritto olandese che accordavano un trattamento differenziato, sul piano dei diritti di successione e delle imposte afferenti, ai beni immobili ubicati nei Paesi Bassi, a seconda che il defunto fosse o meno residente in tale Stato. Conformemente a tali disposizioni, al momento di effettuare la valutazione dell’eredità ai fini del calcolo della base imponibile, poteva venire detratto il valore dei beni immobili la cui proprietà economica era stata precedentemente ceduta ad un’altra persona giuridica solo se il defunto era residente nei Paesi Bassi, mentre tale possibilità rimaneva esclusa qualora il defunto non avesse la qualità di residente (31).

    64.   La Corte ha considerato che tali disposizioni costituivano una restrizione alla libera circolazione di capitali, per le seguenti ragioni: da un lato, esse erano di natura tale da dissuadere dall’acquisto di beni immobili ubicati nello Stato membro interessato, così come dalla vendita della proprietà economica di tali beni ad un altro soggetto da parte di un residente di un altro Stato membro; dall’altro lato, le dette disposizioni avevano l’effetto di diminuire il valore di una successione di un residente in uno Stato membro diverso da quello in cui erano ubicati i beni.

    65.   Nella fattispecie, è pacifico che la disposizione controversa, contrariamente a quella contestata nella causa Barbier poc’anzi citata, non prevede per i cittadini olandesi che abbiano trasferito il domicilio all’estero condizioni di imposizione diverse da quelle applicabili agli olandesi che sono rimasti nei Paesi Bassi per quanto riguarda i beni situati in tale Stato. Come abbiamo visto, essa ha l’effetto di tassare l’insieme dei beni che costituiscono la successione ereditaria dei cittadini olandesi che, al momento del decesso, abbiano trasferito il proprio domicilio all’estero da meno dieci anni, come se avessero conservato il domicilio nei Paesi Bassi. Tale normativa non prevede nemmeno condizioni di imposizione diverse in funzione del luogo in cui si trovano i beni immobili del defunto o della sede degli enti presso i quali sono stati investiti i suoi capitali. Essa è quindi diversa dalla normativa controversa nella causa che ha dato luogo alla sentenza Verkooijen, citata supra, cui si riferisce il giudice nazionale nell’ordinanza di rinvio, ai sensi della quale l’esenzione dall’imposta sul reddito, cui erano assoggettati i dividendi versati a persone fisiche, era subordinata alla condizione che i detti dividendi fossero versati da società aventi sede nello Stato membro interessato.

    66.   Poiché una siffatta distinzione non sussiste nella normativa controversa, non ravviso, di conseguenza, in che modo questa potrebbe dissuadere un cittadino olandese dall’effettuare degli investimenti a partire dai Paesi Bassi in direzione di altri Stati o viceversa. Perciò, a mio parere, tale disposizione non comporta restrizioni alla libera circolazione di capitali ai sensi dell’art. 73 B, n. 1, del Trattato.

    67.   I motivi in base ai quali il giudice del rinvio è giunto ad una conclusione opposta non sembrano capaci di mettere in discussione la mia analisi. Il Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch ha ritenuto che la detta norma fosse contraria alla citata disposizione del Trattato poiché, da una parte, costituirebbe un «ostacolo all’uscita» della massa dei beni destinati a costituire l’attivo dell’eredità e, d’altra parte, avrebbe carattere discriminatorio ai danni dei cittadini olandesi. Non mi sembra che tali motivi possano essere condivisi.

    68.   Per quanto riguarda, anzitutto, l’esistenza di un «ostacolo all’uscita», come abbiamo visto in precedenza, l’unico movimento di capitali che viene interessato dalla normativa controversa è la trasmissione per successione del patrimonio della defunta ai suoi eredi. Il trasferimento di domicilio non costituisce di per sé un movimento di capitali. Di conseguenza, se, come indica il giudice a quo, la normativa controversa comportasse un «ostacolo all’uscita» dei capitali nel momento in cui viene trasferito il domicilio, tale ostacolo non inciderebbe tanto sull’uscita della massa dei beni destinati a comporre il patrimonio ereditario, quanto piuttosto su quella della persona interessata in sé stessa. In una tale situazione, come rileva la Commissione, l’incompatibilità della disposizione controversa con il diritto comunitario non dovrebbe essere accertata con riguardo alle norme del Trattato sulla libera circolazione dei capitali, le uniche applicabili alla fattispecie. Essa potrebbe venire accertata soltanto con riguardo alla libertà di circolazione delle persone, o, se del caso, alla luce del diritto di soggiornare in un altro Stato membro, conferito dallo status di cittadino dell’Unione europea, conformemente all’art. 8 A del Trattato CE (32) ­ il che, nella fattispecie, implicherebbe il presupposto che la sig.ra Van Hilten, al momento del decesso, fosse domiciliata non in Svizzera, ma in un altro Stato membro.

    69.   Tuttavia, anche supponendo che ciò sia esatto, non ritengo che nella disposizione controversa avrebbe potuto ravvisarsi un ostacolo all’esercizio del diritto dei cittadini olandesi di esercitare un’attività economica in un altro Stato membro, né una limitazione del diritto di soggiorno, garantito dal loro status di cittadini dell’Unione.

    70.   Come abbiamo visto, ciò che i ricorrenti nella causa principale e il giudice del rinvio rimproverano alla disposizione controversa è, in realtà, l’effetto di privare i cittadini olandesi che trasferiscano il proprio domicilio all’estero, qualora muoiano entro un lasso di tempo di dieci anni dalla data di tale trasferimento, della possibilità di beneficiare di un’imposizione fiscale globale sulla loro successione eventualmente più favorevole, in applicazione della legislazione in vigore nel nuovo Stato di residenza e negli Stati che assoggettano ad imposta i beni situati nel loro territorio. Sappiamo infatti che tale disposizione ha l’effetto di applicare a tali cittadini lo stesso trattamento che avrebbero ricevuto se fossero rimasti nei Paesi Bassi (33).

    71.   La normativa controversa è quindi conforme agli attuali requisiti del diritto comunitario, come emergono dalla giurisprudenza citata dal giudice del rinvio. Secondo tale giurisprudenza, gli Stati membri non devono applicare ai loro cittadini che fanno esercizio delle libertà di circolazione conferite dal diritto comunitario un trattamento meno favorevole di quello di cui avrebbero beneficiato se non avessero usufruito di tali libertà. In materia fiscale, agli Stati membri è fatto divieto di applicare ai contribuenti che intendano esercitare un’attività economica in un altro Stato membro, sia nell’ambito del lavoro dipendente, sia come lavoratori autonomi, oppure per effettuarvi prestazioni di servizi o ancora nell’ambito della libertà di stabilimento, un trattamento meno favorevole di quello che sarebbe loro spettato se avessero esercitato le proprie attività sul territorio nazionale (34). Tale giurisprudenza può applicarsi anche al caso di un cittadino di uno Stato membro il quale eserciti i propri diritti di circolazione e di soggiorno in un altro Stato membro, che gli viene garantito dal suo status di cittadino dell’Unione (35).

    72.   Tuttavia, allo stato attuale, il diritto comunitario non impone allo Stato membro di origine un obbligo di accordare ai propri cittadini che facciano uso delle libertà di circolazione e di soggiorno garantite dal Trattato un trattamento più favorevole rispetto a quello di cui avrebbero beneficiato se avessero continuato ad abitare nel territorio nazionale  (36). Nella fattispecie, poiché il Regno dei Paesi Bassi, vuoi per mezzo di accordi bilaterali, vuoi attraverso la propria legislazione, assicura la detrazione delle imposte di successione versate all’estero dalle imposte che gli sono dovute, esso rispetta, a mio parere, il proprio obbligo di far sì che i cittadini olandesi che trasferiscono il domicilio in un altro Stato membro nell’ambito dell’esercizio di una libertà circolazione o del diritto di soggiornare in un altro Stato membro in qualità di cittadini dell’Unione non siano svantaggiati rispetto ai cittadini che sono rimasti nel territorio nazionale.

    73.   In sintonia con tale giurisprudenza, non ritengo neppure che si possa contestare alla normativa olandese il fatto di non prevedere il rimborso del surplus delle imposte di successione che può essere dovuto allorché l’importo delle imposte dovute all’estero sia superiore all’imposta esigibile nei Paesi Bassi. Anche se, in una situazione come questa il trasferimento del domicilio può effettivamente presentare un carattere sfavorevole, tale svantaggio è tuttavia dovuto principalmente alla mancanza di misure di armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di imposte sulle successioni. A fronte di tale mancanza di armonizzazione, il Trattato non può assicurare ad un cittadino dell’Unione che il trasferimento delle sue attività o semplicemente del suo domicilio in uno Stato diverso da quello in cui risiedeva precedentemente sia perfettamente neutrale sotto il profilo fiscale (37).

    74.   Perciò, il fatto che le successioni dei cittadini olandesi, che abbiano trasferito il domicilio all’estero da meno di dieci anni al momento del decesso, vengano tassate nei Paesi Bassi come se gli interessati avessero conservato il proprio domicilio in tale Stato, non può essere considerato un ostacolo al loro esercizio delle libertà di circolazione e di soggiorno, che sono loro garantite dal Trattato.

    75.   Per quanto riguarda, poi, il carattere discriminatorio della normativa controversa, questo risulterebbe, secondo il giudice a quo, dal fatto che essa si applica esclusivamente ai cittadini olandesi. Questi ultimi sarebbero pertanto svantaggiati rispetto ai cittadini di altri Stati membri che siano stati anch’essi residenti nei Paesi Bassi e che abbiano successivamente trasferito il proprio domicilio all’estero. Vi sarebbe quindi una discriminazione fondata sulla nazionalità, contraria all’art. 6 del Trattato CE (38) e all’art.  8 A del Trattato, in quanto i cittadini olandesi sarebbero cittadini dell’Unione, come i cittadini degli altri Stati membri, e tale status di cittadino dell’Unione è destinato a diventare il loro status fondamentale. Secondo il giudice del rinvio, la giurisprudenza relativa alla nozione di discriminazione, elaborata nell’ambito degli artt. 6 e 8 A del Trattato, dovrebbe essere applicata per analogia all’ambito contemplato dall’art. 73 B del Trattato, che costituisce un’espressione particolare del principio di non discriminazione.

    76.   Al pari dei governi olandese e tedesco, nonché della Commissione, non credo che questa tesi possa essere accolta. Come abbiamo visto, la fiscalità diretta fa ancora parte delle competenze degli Stati membri. Questi ultimi conservano quindi il potere di definire i criteri di ripartizione tra di essi del loro potere impositivo al fine di eliminare le doppie imposizioni (39), a condizione che si rispetti il diritto comunitario. E’ stato affermato che, in mancanza di misure dirette ad unificare o ad armonizzare le competenze degli Stati membri ai fini di eliminare la doppia imposizione tra loro, il criterio della cittadinanza può essere ammesso come criterio di collegamento ai fini fiscali senza per questo avere carattere discriminatorio (40). Tale giurisprudenza è destinata a trovare applicazione nell’ambito particolare delle imposte di successione, che rientra anch’esso nelle competenze degli Stati membri in materia fiscale e che non ha formato l’oggetto di misure di unificazione o di armonizzazione volte ad eliminare la doppia imposizione.

    77.   Alla luce di tali elementi, il Regno dei Paesi Bassi ha quindi il diritto di stabilire le norme applicabili ai propri cittadini per quanto riguarda l’imposizione sulle loro successioni, ivi compreso il caso in cui gli interessati lascino il territorio nazionale, a condizione però che eserciti tale diritto nel rispetto del diritto comunitario, ossia, come abbiamo visto in precedenza, senza pregiudicare le disposizioni del Trattato relative alle libertà di circolazione e di soggiorno sul territorio degli altri Stati membri.

    78.   Non ritengo che la cittadinanza dell’Unione e l’interpretazione che la Corte ha dato dei diritti da essa conferiti siano di natura tale da rimettere in discussione la summenzionata competenza di uno Stato membro e i limiti ad essa connessi. Certamente, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri e rafforza il divieto di discriminazione, in quanto consente a chi, tra tali cittadini, si trovi nella medesima situazione di ottenere nell’ambito di applicazione ratione materiae del Trattato, indipendentemente dalla cittadinanza e fatte salve le eccezioni espressamente previste a tale riguardo, il medesimo trattamento giuridico (41).

    79.   Tuttavia, tale status non sostituisce la cittadinanza degli Stati membri. Poiché il possesso della cittadinanza di uno degli Stati membri è una condizione sine qua non della qualità di cittadino dell’Unione, tale qualità comune a tutti i cittadini dell’Unione non fa venir meno il legame specifico che collega ognuno di essi allo Stato membro di cui possiede la nazionalità. D’altra parte, la qualità di cittadino dell’Unione può conferire soltanto i diritti che le sono connessi, come vengono annoverati dal Trattato. Allo stato del diritto comunitario vigente, lo status di cittadino dell’Unione impone agli Stati membri, nei riguardi dei loro cittadini, gli stessi limiti in materia di imposte dirette che risultano dalle libertà di circolazione enunciate dal Trattato. Tale status impone quindi agli Stati membri di non applicare ai loro cittadini che fanno uso delle libertà di circolazione e di soggiorno garantite dall’art. 8 A del Trattato un trattamento meno favorevole di quello che sarebbe stato loro accordato se non avessero esercitato tali libertà.

    80.   Come abbiamo visto in precedenza, lo status di cittadino dell’Unione non porterebbe a riconoscere ai cittadini olandesi, che abbiano trasferito il proprio domicilio in un altro Stato membro, un diritto di vedere le proprie successioni tassate unicamente in applicazione della legislazione, eventualmente più favorevole, del nuovo Stato di residenza.

    81.   Ne consegue che la cittadinanza dell’Unione non incide sul potere del Regno dei Paesi Bassi di fissare i criteri di collegamento alla sua legislazione nazionale in materia di imposte sulle successioni. La circostanza che la normativa controversa si applichi solamente ai cittadini olandesi che siano stati residenti nei Paesi Bassi e non ai cittadini di altri Stati membri che siano anch’essi stati domiciliati in tale paese non costituisce, quindi, una discriminazione fondata sulla nazionalità ai sensi dell’art.  6 del Trattato.

    82.   Infine, è stato altresì riconosciuto che, nell’ambito dell’esercizio della loro sovranità in materia tributaria, non è illogico che gli Stati membri si ispirino alla prassi internazionale e al modello di convenzione elaborato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) (42). Al riguardo, rilevo che la normativa olandese corrisponde al sistema descritto nel commento agli articoli contenuti nel modello di convenzione sulla doppia imposizione riguardante le successioni e le donazioni, del 1982, redatto dal comitato degli affari fiscali dell’OCSE (43).

    83.   In base a tali considerazioni, propongo di rispondere al giudice del rinvio che l’art. 73 B, n. 1, del Trattato deve essere interpretato nel senso che non osta alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale la successione ereditaria di un cittadino di tale Stato, che, al momento del decesso, risulti aver trasferito da meno di dieci anni il proprio domicilio da questo stesso paese all’estero, viene gravata da imposta come se tale cittadino avesse conservato il domicilio nel detto Stato.

    84.   In quanto la normativa controversa non costituisce, a mio parere, una restrizione ai movimenti di capitali, non occorre appurare se essa possa essere giustificata ai sensi degli artt.  73 C e 73 D del Trattato. Tali questioni non sono utili ai fini della soluzione della causa principale. Ritengo pertanto che non sia necessario esaminare le questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio.

    IV – Conclusione

    85.   Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di giustizia di risolvere nel seguente modo le questioni poste dal Gerechtshof te ’s‑Hertogenbosch (Paesi Bassi):

    «L’art. 73 B, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 56, n. 1, CE) deve essere interpretato nel senso che non osta alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale la successione ereditaria di un cittadino di tale Stato, che, al momento del decesso, risulti aver trasferito da meno di dieci anni il proprio domicilio da questo stesso Stato all’estero, viene gravata da imposta come se tale cittadino avesse conservato il domicilio nel detto Stato».


    1 – Lingua originale: il francese.


    2 – In prosieguo «la sig.ra Van Hilten».


    3 – Divenuto art. 67, n. 1, del Trattato CE, a sua volta abrogato dal Trattato di Amsterdam.


    4 – Direttiva 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (GU L 178, p. 5).


    5 – Divenuti, rispettivamente, artt. 56 CE‑58 CE.


    6 – Trattato sull’Unione europea – Dichiarazione sull’articolo 73 D del Trattato che istituisce la Comunità europea allegata all'atto finale del Trattato sull'Unione europea (GU 1992, C 191, pag. 99).


    7 – Stbl. 1956, pag. 362, in prosieguo : «la SW».


    8 – Convenzione firmata all’Aja il 12 novembre 1951 tra la Confederazione Svizzera e il Regno dei Paesi Bassi intesa ad evitare i casi di doppia imposizione in materia di imposte sulle successioni, con il relativo protocollo (Trb. 1951, 149, e 1952, 34)


    9 – Cause riunite C‑163/94, C‑165/94 e C‑250/94 (Racc. pag. I‑4821, punto 44).


    10 – Causa C‑35/98 (Racc. pag. I‑4071).


    11 – Nelle osservazioni scritte, il governo olandese informa che lo Staatssecretaris van Financiën [Ministro delle Finanze] è ricorso in appello contro tale decisione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden, suggerendo a quest’organo giurisdizionale di ricorrere, se necessario, ad un rinvio pregiudiziale (punto 33 delle osservazioni scritte).


    12 – Sentenze 18 marzo 1993, causa C‑280/91, Viessmann (Racc. pag. I‑971, punto 17), e 8 febbraio 2001, causa C‑350/99, Lange (Racc. pag. I‑1061, punti 20-25).


    13 – Per applicazioni analoghe di tale principio, v. sentenze 6 maggio 2003, causa C‑104/01, Libertel (Racc. pag. I‑3793, punto 22), e 1° marzo 2005, causa C‑281/02, Owusu (Racc. pag. I‑0000, punto 23).


    14 – Il patrimonio ereditario comprende, nella fattispecie, alcuni beni immobili situati nei Paesi Bassi, in Belgio ed in Svizzera, dei titoli quotati negli Stati membri e in paesi terzi e i saldi attivi di conti correnti bancari aperti in agenzie dei Paesi Bassi e del Belgio.


    15 – Punto 29 delle osservazioni scritte del governo olandese e punto 21 delle osservazioni scritte della Commissione.


    16 – Divenuto art.  93 CE.


    17 – V., segnatamente, sentenze 14 febbraio 1995, causa C‑279/93, Schumacker (Racc. pag. I‑225, punto 21), e Verkooijen, cit. (punto 32, nonché giurisprudenza ivi citata). V., per quanto riguarda l’obbligo degli Stati membri di rispettare il diritto comunitario quando stipulano convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione fiscale, sentenza 12 dicembre 2002, C‑385/00, De Groot (Racc. pag. I‑11819, punto 94).


    18 – GU 2002, L 114, pag. 6. L’accordo è stato concluso il 21 giugno 1999, ed è entrato in vigore il 1° giugno 2002. Esso mira a realizzare la libera circolazione delle persone tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall’altra, facendo leva sulle disposizioni vigenti nella Comunità europea.


    19 – In proposito, giova qui ricordare che le disposizioni dell’art.  73 B, n. 1, del Trattato hanno effetto diretto, anche nella parte in cui riguardano le relazioni con i paesi terzi (sentenza Sanz de Lera e a., cit., punto 48).


    20 – V. ordinanza di rinvio, punto 4.7.


    21 – Cause riunite 286/82 e 26/83 (Racc. pag. 377, punto 21).


    22 – Sentenze 16 marzo 1999, causa C‑222/97, Trummer e Mayer (Racc. pag. I‑1661, punto 21); 11 gennaio 2001, causa C‑464/98, Stefan (Racc. pag. I‑173, punto 5), e 5 marzo 2002, cause riunite C‑515/99, da C‑519/99 a C‑524/99 e da C‑526/99 a C‑540/99, Reisch e a. (Racc. pag. I‑2157, punto 30).


    23 – Causa C‑364/01 (Racc. pag. I‑15013, punto 58).


    24 – Il corsivo è mio.


    25 – Ordinanza di rinvio, punto 2.5.


    26 – A proposito di un provvedimento nazionale che emette un prestito pubblico escludendo dall’acquisto dei titoli di prestito le persone residenti nel territorio dello Stato membro considerato, v., sentenza 26  settembre 2000, causa C‑478/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑7587, punto  19), e, con riguardo a misure nazionali di privatizzazione che vietano ai cittadini di altri Stati membri di acquistare partecipazioni nelle società privatizzate oltre un determinato importo, v. sentenza 4 giugno 2002, causa C‑367/98, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I‑4731, punti 40-42).


    27 – V., per quanto riguarda una disposizione nazionale che subordina gli investimenti diretti stranieri ad un regime di previa autorizzazione, sentenza 14 marzo 2000, causa C‑54/99, Église de scientologie (Racc. pag. I‑1335, punto 14), e, con riguardo all’acquisto di beni immobili, sentenze 1° giugno 1999, causa C‑302/97, Konle (Racc. pag. I‑3099, punto 39), e Reisch e a., cit. (punto 32).


    28 – V., a proposito di un provvedimento nazionale che riserva il beneficio di un abbuono di interessi relativo ad un mutuo sottoscritto in vista della costruzione o del miglioramento di un alloggio ai soli mutuatari che abbiano contratto il mutuo con un istituto di credito approvato dallo Stato membro, sentenza 14 novembre 1995, causa C‑484/93, Svensson e Gustavsson (Racc. pag. I‑3955, punto 10); e con riguardo ad una normativa di uno Stato membro che assoggetti ad un’imposta di bollo i mutui contratti senza la redazione di un atto scritto solo quando vengono contratti al di fuori del territorio nazionale, v. sentenza 14 ottobre 1999, causa C‑439/97, Sandoz (Racc. pag. I‑704, punto 31).


    29 – V. sentenza Konle, cit. (punto 23) con riferimento al caso di una legislazione di uno Stato membro che esenti i soli cittadini di tale Stato dall’obbligo di ottenere una autorizzazione per l’acquisto di terreni edificati e, in questo stesso senso, v. sentenza 13 luglio 2000, causa C‑423/98, Albore (Racc. pag. I‑5965, punto 16). Si vedano inoltre le citate sentenze Église de scientologie (punto 14) e Commissione/Portogallo (punti 40-42).


    30 – V., segnatamente, le sentenze cit. supra, Svensson e Gustavsson (punto 10), Sandoz (punto 19) e Commissione/Belgio (punto 18).


    31 – Nel 1970, il sig. Barbier, cittadino olandese, aveva lasciato il proprio domicilio nei Paesi Bassi per stabilirsi in Belgio. Tra il 1970 ed il 1988, anni in cui risiedeva ancora in Belgio, egli aveva acquistato alcuni immobili nei Paesi Bassi e nel 1988 ne aveva ceduto la proprietà cosiddetta «economica» ad alcune società olandesi da lui controllate. Nel calcolo delle imposte di successione, l’amministrazione tributaria ha preso in considerazione il valore d’insieme di tali immobili.


    32 – Divenuto, in seguito a modifica, art. 18 CE.


    33 – Abbiamo visto che l’art. 3 della SW, se applicato congiuntamente alla Convenzione stipulata dai Paesi Bassi con la Confederazione Svizzera, o alla normativa olandese in materia di doppia imposizione, ha come conseguenza che l’importo dell’imposta esigibile dai Paesi Bassi sulla successione di tali cittadini olandesi è identico all’importo che questi avrebbero dovuto versare qualora avessero conservato il domicilio in tale Stato membro.


    34 – V., come esempio recente di ostacolo all’ «uscita» in ambito fiscale, sentenza 11 marzo 2004, causa C‑9/02, De Lasteyrie du Saillant (Racc. pag. I‑2409, punto 45), relativamente ad una normativa nazionale che assoggetta i contribuenti che intendano trasferire il proprio domicilio al di fuori dello Stato membro interessato al pagamento di un’imposta su talune plusvalenze mobiliari non ancora realizzate.


    35 – V., in tal senso, sentenze 29 aprile 2004, causa C‑224/02, Pusa (Racc. pag. I‑5763, punti 18-20), e 15 luglio 2004, causa C‑365/02, Lindfors (Racc. pag. I‑0000, punto 35).


    36 – Tale affermazione non sminuisce affatto l’obbligo gravante sullo Stato di stabilimento o di soggiorno di accordare ai detti cittadini le stesse facilitazioni di cui beneficiano i loro cittadini che si trovano in una situazione identica.


    37 – V., in tal senso, sentenze 12 maggio 1998, causa C‑336/96, Gilly (Racc. pag. I‑2793, punto 47), e Lindfors, cit. supra (punto 34).


    38 – Divenuto, in seguito a modifica, art. 12 CE.


    39 – Sentenza Gilly, cit. supra (punto 30).


    40 – Ibidem.


    41 – V., in particolare, sentenze 20 settembre 2001, causa C‑184/99, Grzelczyk (Racc. p. I‑6193, punto 31); 11 luglio 2002, causa C‑224/98, D’Hoop (Racc. pag. I‑6191, punto 28); 2 ottobre 2003, causa C‑148/02, Garcia Avel (Racc. pag. I‑11613, punti 22 e 23), e Pusa, cit. supra (punto 16).


    42 – Sentenza Gilly, cit. supra (punto 31).


    43 – Da tale commento emerge che il regime in base al quale alcuni Stati – al fine di evitare che i propri cittadini, in previsione della loro morte, trasferiscano il domicilio in un altro Stato al solo scopo di eludere le imposte di successione nel loro Stato di origine – prevedono la tassazione dell’insieme dell’eredità dei loro cittadini, anche se residenti all’estero, appare giustificato al fine di prevenire l’evasione fiscale. È tuttavia necessario prevedere un periodo massimo di dieci anni tra il trasferimento del domicilio all’estero ed il decesso. Inoltre, in tale situazione, lo Stato che riscuote le imposte in virtù della cittadinanza del de cuius, deve accordare sul calcolo delle imposte lo sgravio delle imposte prelevate tanto nello Stato in cui il defunto aveva preso la residenza quanto negli Stati che tassano i beni che si trovano sul loro territorio. (Modello di convenzione contro le doppie imposizioni in materia di successioni e donazioni, OCSE, Parigi, 1983, commento agli artt.  4, 7, 9 A e 9 B).

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