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Document 62003CC0459

Conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro del 18 gennaio 2006.
Commissione delle Comunità europee contro Irlanda.
Inadempimento di uno Stato - Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare - Parte XII - Protezione e conservazione dell'ambiente marino - Disciplina di soluzione delle controversie prevista da tale convenzione - Procedura arbitrale avviata nell'ambito di tale disciplina dall'Irlanda contro il Regno Unito - Controversia relativa allo stabilimento Mox di Sellafield (Regno Unito) - Mare d'Irlanda - Artt. 292 CE e 193 EA - Impegno di non sottoporre una controversia relativa all'interpretazione o all'applicazione del Trattato a una modalità di soluzione diversa da quelle ivi previste - Accordo misto - Competenza della Comunità - Artt. 10 CE e 192 EA - Dovere di cooperazione.
Causa C-459/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-04635

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:42

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

POIARES MADURO

presentate il 18 gennaio 2006 1(1)

Causa C-459/03

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica d’Irlanda

(Controversia tra la Repubblica d’Irlanda e il Regno Unito – Tribunale arbitrale costituito conformemente all’Allegato VII della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 – Giurisdizione della Corte di giustizia – Articolo 292 CE – Articolo 193 Euratom – Dovere di cooperazione – Articolo 10 CE – Articolo 192 Euratom)





1.     Con il presente procedimento per infrazione viene chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi per la prima volta sulla presunta violazione degli artt. 292 CE e 193 Euratom da parte di uno Stato membro. La Commissione ritiene che la Repubblica d’Irlanda, sottoponendo la controversia esistente con un altro Stato membro (il Regno Unito) ad un tribunale arbitrale costituito ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (in prosieguo: la «UNCLOS»), sia venuta meno alle predette disposizioni, nonché agli artt. 10 CE e 192 Euratom.

2.     A termini dell’art. 292 CE, ricalcato con identico tenore letterale dall’art. 193 Euratom, «Gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione del presente trattato a un modo di composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso». Al fine di accertare se tali disposizioni siano state, o meno, violate, la Corte dovrà stabilire se le questioni sottoposte al Tribunale arbitrale dalla Repubblica d’Irlanda ricadano nella sfera di applicazione del diritto comunitario.

I –    I fatti e la fase precontenziosa del procedimento

3.     Il procedimento de quo è scaturito da una controversia sorta tra la Repubblica d’Irlanda e il Regno Unito relativamente alla messa in funzione di uno stabilimento MOX ubicato a Sellafield, nel nord-est dell’Inghilterra, sulla costa del Mare d’Irlanda. Lo stabilimento è stato concepito per riciclare il plutonio contenuto nel carburante nucleare combusto, tramite miscelazione del biossido di plutonio con biossido di uranio impoverito e riconversione in MOX (mixed oxide fuel, plutonio combustibile riutilizzabile), utilizzabile come fonte energetica in centrali nucleari.

4.     Il Regno Unito rilasciava alla British Nuclear Fuel plc (in prosieguo: la «BNFL») l’autorizzazione alla realizzazione dello stabilimento MOX in seguito ad uno studio di valutazione sull’impatto ambientale pubblicato dalla BNFL nel 1993. Lo stabilimento veniva ultimato nel 1996. Il 3 ottobre 2001, dopo aver condotto cinque indagini pubbliche sulle giustificazioni economiche del medesimo, il Regno Unito rilasciava a BNFL l’autorizzazione alla messa in funzione dello stabilimento, nonché alla produzione di MOX.

5.     Il 25 ottobre 2001, la Repubblica d’Irlanda, eccependo varie violazioni delle disposizioni UNCLOS da parte del Regno Unito, avviava nei confronti del medesimo un procedimento di risoluzione delle controversie, relativamente allo stabilimento MOX, dinanzi al tribunale arbitrale costituito conformemente all’Allegato VII UNCLOS (2).

6.     Il 20 giugno 2002 si teneva un incontro tra la Repubblica d’Irlanda e i servizi della Commissione relativamente alla controversia insorta in merito allo stabilimento MOX (3). Il 15 maggio 2003, la Commissione inviava una lettera di diffida alla Repubblica d’Irlanda, a termini della quale l’Irlanda, avendo promosso nei confronti del Regno Unito un’azione ai sensi della UNCLOS, sarebbe venuta meno ai propri obblighi ai sensi degli artt. 10 CE e 292 CE, nonché ai sensi degli artt. 192 e 193 Euratom.

7.     Con lettera del 15 luglio 2003, la Repubblica d’Irlanda esprimeva il proprio dissenso dal parere espresso dalla Commissione. Il 19 agosto seguente, la Commissione notificava alla Repubblica d’Irlanda un parere motivato in ordine all’azione promossa contro il Regno Unito dinanzi al detto tribunale arbitrale, relativamente allo stabilimento MOX. Il 16 settembre 2003 l’Irlanda replicava, affermando di non ritenere persuasivi gli argomenti dedotti dalla Commissione. La Commissione adiva la Corte il 15 ottobre seguente.

II – Sul merito

8.     La Corte è stata raramente chiamata a pronunciarsi su di una controversia tra due Stati membri (4). Purtuttavia, in virtù del combinato disposto degli artt. 220 e 227 CE e degli artt. 136 e 142 Euratom, la Corte ha competenza giurisdizionale a conoscere delle controversie tra Stati membri relativamente all’applicazione o all’interpretazione del Trattato CE o del Trattato Euratom (5).

9.     A termini degli artt. 292 CE e 193 Euratom, tale giurisdizione è esclusiva. Il combinato disposto dei suddetti articoli costituisce il fondamento del cosiddetto «monopolio giurisdizionale» della Corte di giustizia in materia di controversie tra Stati membri concernenti l’applicazione e l’interpretazione del diritto comunitario (6).

10.   La competenza giurisdizionale esclusiva della Corte a conoscere delle controversie tra Stati membri concernenti il diritto comunitario rappresenta un mezzo per garantire l’autonomia dell’ordinamento giuridico comunitario (7), facendo sí che in capo agli Stati membri non sorgano obblighi di diritto internazionale privato che possano porsi in conflitto con i rispettivi obblighi di diritto comunitario. Gli artt. 292 EC e 193 Euratom costituiscono essenzialmente espressione del dovere di lealtà nei confronti del sistema giurisdizionale istituito dai trattati comunitari. Gli Stati membri si sono impegnati a comporre le controversie secondo le modalità previste dai Trattati, astenendosi dall’applicare modalità di composizione diverse alle controversie relative ai trattati stessi (8).

11.   La Commissione contesta alla Repubblica d’Irlanda una violazione di tale principio per aver sottoposto la controversia con il Regno Unito relativamente allo stabilimento MOX all’arbitrato del tribunale istituito in base alla UNCLOS. La questione essenziale sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi è se la detta controversia riguardi il diritto comunitario. La Corte è tenuta ad esaminare e porre a raffronto, da un lato, la portata della propria competenza giurisdizionale e, dall’altro, il merito della controversia sottoposta al tribunale arbitrale.

12.   Dinanzi al tribunale arbitrale la Repubblica d’Irlanda contesta al Regno Unito la violazione di un triplice ordine di obblighi. In primo luogo, l’obbligo di procedere ad un corretto accertamento dei potenziali effetti sull’ambiente marino del Mare dell’Irlanda conseguenti all’autorizzazione di uno stabilimento MOX, richiamandosi, a tal riguardo, all’art. 206 UNCLOS. In secondo luogo, l’obbligo di cooperazione con la Repubblica d’Irlanda, stato costiero del mare semichiuso d’Irlanda, al fine di varare i necessari provvedimenti volti a salvaguardare il relativo ambiente marino. L’Irlanda invoca in merito gli artt. 123 e 197 UNCLOS. In terzo luogo, l’obbligo di prendere tutte le misure del caso per proteggere e salvaguardare l’ambiente marino del Mare d’Irlanda. A tale riguardo l’Irlanda si richiama agli artt. 192, 193, 194, 207, 211, 213 e 217 UNCLOS.

13.   La Repubblica d’Irlanda e la Commissione si schierano su posizioni diametralmente opposte in merito alla portata della competenza giurisdizionale della Corte in ordine controversia relativa allo stabilimento MOX. Secondo la Repubblica d’Irlanda, nessuna delle questioni controverse rientrerebbe nella giurisdizione della Corte. A parere della Commissione, invece, la Corte sarebbe competente a conoscere dalla controversia in toto. Ai fini del presente procedimento non è, tuttavia, necessario stabilire se la controversia relativa allo stabilimento MOX ricada interamente nella competenza giurisdizionale della Corte. È sufficiente accertare se, quanto meno, parte del merito della controversia sia disciplinata dal diritto comunitario, nel quale caso risulterebbe acclarata la violazione dell’art. 292 CE ovvero dell’art. 193 Euratom.

14.   Con ciò non si intende affermare che la giurisdizione della Corte abbracci l’intera controversia semplicemente perché parte di essa è disciplinata dal diritto comunitario. È possibile che una controversia ricada in gran parte o prevalentemente al di fuori della competenza giurisdizionale della Corte e che solamente una o alcune delle questioni controverse rientrino nella sua giurisdizione. In tale ipotesi, l’art. 292 CE – ovvero l’art. 193 Euratom – preclude, tuttavia, che l’intera controversia, inclusi gli elementi che rientrano nell’ambito del diritto comunitario, venga assoggettata a modalità di composizione diverse da quelle previste dai trattati comunitari. In definitiva, le norme che stabiliscono il monopolio giurisdizionale della Corte non prevedono soglie minime. Gli Stati membri sono tenuti a comporre le rispettive controversie nell’ambito della Comunità (9).

15.   La Commissione articola il proprio ricorso su un triplice ordine di motivi. In primo luogo, sostiene che le disposizioni UNCLOS invocate dalla Repubblica d’Irlanda dinanzi al Tribunale arbitrale costituiscano parte integrante del diritto comunitario e ricadano, pertanto, nella giurisdizione esclusiva della Corte a conoscere delle controversie tra Stati membri. Di conseguenza, il fatto di avviare nei confronti di altro Stato membro la procedura d’arbitrato ai sensi delle menzionate disposizioni dell’UNCLOS costituirebbe violazione dell’art. 292 CE. In secondo luogo, la Commissione ritiene che la Repubblica d’Irlanda, avendo chiesto al tribunale arbitrale di applicare le disposizioni di talune direttive comunitarie, abbia violato gli artt. 292 CE e 193 Euratom. In terzo luogo, sostiene che, l’Irlanda avviando tale procedura, sia venuta meno all’obbligo di leale cooperazione risultante dagli artt. 10 CE e 192 Euratom.

16.   Valuterò in successione i tre suddetti motivi.

III – La competenza giurisdizionale della Corte in merito alle disposizioni UNCLOS

17.   La UNCLOS rappresenta un accordo misto. All’epoca in cui la Repubblica d’Irlanda si rivolse al tribunale arbitrale, relativamente alla lite insorta con il Regno Unito, aderivano alla UNCLOS, oltre alla Comunità europea, anche 14 degli allora Stati membri (10). Alla Comunità e agli Stati membri contraenti della UNCLOS incombevano, all’epoca di cui è causa, gli obblighi assunti in forza della UNCLOS nelle rispettive sfere di competenza (11). Alla Comunità incombevano, ad esempio, gli obblighi in materia di conservazione e gestione delle risorse alieutiche, mentre agli Stati membri incombono gli obblighi in materia di delimitazione dei confini marittimi (12).

18.   A parere della Commissione, le disposizioni UNCLOS invocate dalla Repubblica d’Irlanda contro il Regno Unito ricadrebbero nella giurisdizione della Corte, rientrando nella competenza della Comunità ed essendo state emanate dalla medesima. La Commissione sottolinea, al riguardo, che la tutela dell’ambiente rappresenta un preciso obiettivo della Comunità, per il quale la Comunità stessa dispone di competenza esterna. La Commissione rileva, inoltre, che la decisione del Consiglio del 23 marzo 1998, 98/392/CE, concernente la conclusione da parte della Comunità europea della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, si fonda anch’essa sull’art. 130, lett. s), del Trattato CE (ora art. 175 CE).

19.   Per contro, la Repubblica d’Irlanda ritiene che non ci sia stato alcun trasferimento di competenze dagli Stati membri alla Comunità relativamente alle materie per cui l’Irlanda chiama in causa il Regno Unito. L’Irlanda deduce, al riguardo, che la Comunità sarebbe parte contraente alla UNCLOS solo per quanto riguarda i settori ricompresi nella sua competenza esterna esclusiva. Laddove esistano strumenti comunitari per le questioni oggetto della controversia relativa allo stabilimento MOX, tali strumenti fisserebbero prescrizioni minime e non sarebbero interessate dalle disposizioni UNCLOS. La Repubblica d’Irlanda sostiene, pertanto, che le disposizioni UNCLOS non siano state incorporate nel diritto comunitario e che la Corte non sia pertanto competente a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla Repubblica d’Irlanda nei confronti del Regno Unito in base alla UNCLOS.

20.   Prima di procedere all’esame di tali argomenti, ritengo opportuno richiamare brevemente la giurisprudenza attinente alla portata della competenza giurisdizionale della Corte in tema di accordi misti.

21.   La Corte ha ripetutamente affermato che la propria giurisdizione abbraccia le disposizioni degli accordi misti (13). In particolare, nella sentenza Haegeman la Corte ha dichiarato che le disposizioni ivi in questione costituivano parte integrante dell’ordinamento comunitario (14). La Corte è pertanto competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla interpretazione di tali disposizioni, nonché a dichiarare l’eventuale inadempimento di uno Stato membro agli obblighi ad esso incombenti in virtù delle disposizioni medesime (15). Dall’esame della giurisprudenza non è tuttavia possibile trarre la conclusione che la Corte sia automaticamente competente a pronunciarsi su tutte le disposizioni degli accordi misti. L’impostazione seguita della Corte è più complessa. Essa ha affermato che «gli accordi misti conclusi dalla Comunità, dai suoi Stati membri e da paesi terzi hanno nell’ordinamento comunitario la stessa disciplina giuridica degli accordi puramente comunitari, trattandosi di disposizioni che rientrano nella competenza della Comunità» (16).

22.   Laddove la Comunità abbia assunto obblighi in virtù di un accordo misto, le norme che vincolano la Comunità divengono parte del diritto comunitario (17). In tale guisa, esse diventano vincolanti per la Comunità e per i rispettivi Stati membri (18), e rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte (19). È indubbio che la Comunità abbia assunto obblighi in forza di una disposizione di un accordo misto, laddove tale disposizione riguardi fattispecie di competenza esclusiva della Comunità – come nel caso delle disposizioni sul commercio oggetto della sentenza Haegeman. Per contro, laddove la disposizione riguardi unicamente settori di competenza esclusiva degli Stati membri, gli obblighi assunti in virtù di siffatta disposizione incombono agli Stati membri e non alla Comunità (20).

23.   La questione si complica nei casi in cui la disposizione di un accordo misto disciplini settori di competenza concorrente tra Comunità e gli Stati membri. Va ricordato che in materia di politica ambientale, area per la quale il Trattato prevede una competenza concorrente (21) sia la Comunità che gli Stati membri hanno facoltà di contrarre individualmente obblighi con stati terzi. Tuttavia, laddove la Comunità abbia assunto obblighi di tal genere o adottato provvedimenti interni, agli Stati membri è precluso contrarre obblighi che possano incidere sulle norme comuni così sancite (22).

24.   Sia la Repubblica d’Irlanda sia il governo svedese deducono al riguardo che con la conclusione della UNCLOS la Comunità europea avrebbe esercitato la propria competenza esterna esclusiva solo nell’area della tutela dell’ambiente marino. La Repubblica d’Irlanda sostiene, inoltre, le disposizioni pertinenti nella controversia relativa allo stabilimento MOX non rientrerebbero nella sfera di competenza esclusiva della Comunità, in quanto stabilirebbero mere prescrizioni minime che, in quanto tali, non inciderebbero sulle norme comuni comunitarie (23). A sostegno di tale tesi, la Repubblica d’Irlanda rimanda alla Dichiarazione sulla competenza, resa dalla Comunità all’atto della ratifica della UNCLOS (24).

25.   Qualora la tesi della Repubblica d’Irlanda, secondo cui la Comunità avrebbe meramente esercitato la sua competenza esterna esclusiva, risultasse corretta, la Corte dovrebbe invero procedere ad un attento esame della portata di siffatta competenza – analogamente a quanto operato nella sentenza Open Skies (25) – al fine di accertare se le disposizioni UNCLOS de quibus soggiacciano alla competenza giurisdizionale della Corte in quanto parte integrante dell’ordinamento comunitario.

26.   Ritengo tuttavia errata la premessa secondo cui, all’atto della conclusione della UNCLOS, la Comunità avrebbe agito meramente nell’ambito della propria competenza esclusiva.

27.   La UNCLOS è stata conclusa per conto della Comunità europea per mezzo della decisione del Consiglio 98/392 (26). Come giustamente rilevato dalla Commissione, il fondamento normativo di tale decisione è costituito, inter alia, dall’art. 130, lett. s), del Trattato. Conseguentemente, per quanto attiene alle disposizioni UNCLOS attinenti alla tutela dell’ambiente marino, all’atto dell’adesione all’UNCLOS la Comunità sembrerebbe aver esercitato nel settore della tutela ambientale sia la propria competenza esterna esclusiva, sia la propria competenza esterna non esclusiva.

28.   Ciò trova ulteriore conferma nel fatto che, all’atto della conclusione della UNCLOS, esisteva già una larga gamma di provvedimenti comunitari in materia.

29.   La Commissione ritiene al riguardo possibile tracciare un’analogia con due precedenti procedimenti per inadempimento concernenti accordi misti: la sentenza Commissione contro Irlanda (27), causa C-13/00, e la sentenza Commissione contro Repubblica francese, causa C-239/03 (28). In entrambe le cause, la Corte ha affermato la propria giurisdizione, rilevando che, nella specie, gli accordi disciplinavano «un settore ampiamente rientrante nella competenza comunitaria» (29).Orbene, l’analogia formulata dalla Commissione non appare del tutto convincente. A mio avviso, un parallelo può essere operato con la sentenza Commissione/Repubblica francese, ma non con la sentenza Commissione/Irlanda.

30.   Nella menzionata sentenza Commissione contro Irlanda, causa C-13/00, la Corte ha affrontato la questione della sussistenza della sua giurisdizione in un procedimento per inadempimento afferente la mancata adesione dell’Irlanda, nel termine prescritto, alla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi). La Corte ha affermato la propria giurisdizione sulla base del rilievo che la convenzione di Berna disciplina una materia che «rientra ampiamente nella competenza comunitaria» (30). Tale affermazione deve essere tuttavia considerata a fronte della particolare circostanza che la causa concerneva il mancato adempimento dell’obbligo di aderire alla convenzione di Berna (31). Come osservato dall’Avvocato generale Mischo, ancorché la convenzione di Berna non ricada in toto nella competenza comunitaria, gli obblighi sanciti dalla medesima sono indivisibili, ragion per cui uno Stato non può aderirvi solo in parte. Allo stesso modo, è pertanto indivisibile l’obbligo previsto dalla normativa comunitaria di aderire alla convenzione di Berna (32).

31.   La causa Commissione contro Repubblica francese, d’altra parte, non verteva sull’obbligo di aderire ad un accordo internazionale. Essa riguardava un ricorso per inadempimento proposto nei confronti della Francia per aver mancato di adempiere agli obblighi ad essa incombenti in virtù di talune disposizioni della convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento, nonché di un protocollo della convenzione medesima. La Corte ha ivi affermato che «poiché il ricorso per inadempimento può avere ad oggetto solamente l’inosservanza di obblighi derivanti dal diritto comunitario, prima di pronunciarsi sull’esistenza materiale dell’inadempimento è necessario verificare se gli obblighi gravanti sulla Francia, che sono oggetto del ricorso, facciano parte del diritto comunitario» (33). La Corte, osservando che Convenzione e protocollo coincidevano, nel merito, «ampiamente» con diversi atti legislativi promulgati dalla Comunità, ha concluso affermando la sussistenza di «un interesse comunitario a che la Comunità e i suoi Stati membri rispettino gli impegni assunti in forza [della convenzione e del protocollo]» (34). La Corte ha quindi affermato la propria giurisdizione, ancorché il ricorso per inadempimento nella specie concernesse lo scarico di acqua dolce e sedimenti in ambiente marino e, pertanto, una materia non ancora oggetto di una disciplina comunitaria interna (35).

32.   La causa Commissione contro Repubblica francese, analogamente a quella ora in esame, riguardava un accordo internazionale stipulato congiuntamente dalla Comunità e dai rispettivi Stati membri. Inoltre, nella causa Commissione contro Repubblica francese gli Stati membri convenuti avevano eccepito il difetto di giurisdizione della Corte, atteso che gli obblighi de quibus non ricadevano nella competenza esterna della Comunità. La Corte ha respinto tale eccezione, interpretando la portata della propria competenza alla luce dell’interesse di proteggere l’integrità dell’ordinamento comunitario esistente.

33.   Il rilievo formulato dalla Corte al punto 27 della sentenza, secondo cui le disposizioni ivi in questione ricadevano in «un settore ampiamente rientrante nella competenza comunitaria» (36), può essere facilmente frainteso nel senso che la Corte si sia pronunciata su un ricorso per inadempimento vertente su obblighi sorti al di fuori della sfera di applicazione del diritto comunitario. Certamente ciò non può essere avvenuto (37). Interpreto la sentenza nel senso che la Corte abbia ritenuto che, nel settore dello scarico di acque dolci e sedimenti in ambiente marino, la Comunità abbia esercitato, con la conclusione dell’accordo, la propria competenza non esclusiva. In altre parole, la conclusione di un accordo internazionale può costituire di per sé una forma di esercizio di una competenza non esclusiva della Comunità, indipendentemente dalla previa adozione di normative comunitarie interne. Come nella causa ora in esame, ciò significa che, con la conclusione dell’accordo, la Comunità ha esercitato tale competenza, nella misura in cui sussistesse un fondamento normativo che ne fondasse la competenza esterna, in settori tanto di competenza esclusiva quanto di competenza non esclusiva (38). La Comunità ha pertanto assunto obblighi internazionali nei detti settori, obblighi che, di conseguenza, ricadono nella competenza giurisdizionale della Corte, quali obblighi fondati sul diritto comunitario (39).

34.   Contrariamente a quanto affermato dalla Repubblica d’Irlanda, la dichiarazione «sulle competenze della Comunità europea per quanto riguarda le materie che rientrano nella convenzione» non consente di giungere conclusioni differenti.

35.   Nella sezione intitolata «Settori di competenza congiunta della Comunità e degli Stati membri» la dichiarazione così recita:

«Per quanto riguarda le disposizioni relative al trasporto marittimo, alla sicurezza del traffico marittimo e alla prevenzione dell’inquinamento marino (...), la Comunità dispone di una competenza esclusiva soltanto nella misura in cui le disposizioni della convenzione o gli strumenti giuridici adottati per applicarla concernono norme comunitarie esistenti. Nel caso in cui esistano norme comunitarie, ma queste non siano interessate in maniera diretta, segnatamente nel caso di norme comunitarie minime, la competenza è condivisa tra la Comunità e gli Stati membri. Negli altri casi, la competenza appartiene a questi ultimi.

L’appendice riporta un elenco degli atti comunitari pertinenti. L’entità delle competenze comunitarie derivante dai testi citati deve essere valutata rispetto alle disposizioni precise del contenuto e, in particolare, alla misura in cui queste disposizioni stabiliscono norme comuni».

36.   A mio parere, tale formulazione cerca di rispecchiare la giurisprudenza della Corte di giustizia, in particolare quella contenuta nella sentenza Commissione/Consiglio (ERTA) nonché nel parere della Corte 19 marzo 1993, n. 2/91. Il testo può essere forse considerato poco elegante e poco chiaro, ma non consente di avvalorare l’interpretazione secondo cui, nel settore della tutela dell’ambiente marino, la Comunità avrebbe esercitato unicamente la propria competenza esterna esclusiva.

37.   La Commissione afferma pertanto correttamente che la Repubblica d’Irlanda ha invocato delle disposizioni UNCLOS divenute parte integrante del diritto comunitario e, conseguentemente, ricomprese nella competenza giurisdizionale della Corte.

38.   La Repubblica d’Irlanda sostiene che, ove risultasse confermata l’esclusività della competenza giurisdizionale della Corte per le materie disciplinate dalla UNCLOS, la Repubblica d’Irlanda verrebbe privata di un adeguato rimedio giurisdizionale ai sensi della detta convenzione.

39.   Non concordo con tale affermazione. Occorre fare nuovamente riferimento alla procedura prevista all’art. 227 CE ed alla possibilità di disporre provvedimenti provvisori ex art. 243 CE. Appare utile rilevare, inoltre, che l’art. 282 UNCLOS autorizza espressamente il ricorso ad altre forme di composizione oltre a quelle previste dalla stessa UNCLOS (40). Inoltre, gli Stati membri, anche a fronte di reali difficoltà, non sono autorizzati ad agire fuori dal contesto comunitario semplicemente in virtù del fatto che tale corso d’azione sembri essere loro più adeguato (41).

40.   In subordine, la Repubblica d’Irlanda rileva che, laddove le disposizioni UNCLOS fossero state incorporate nel diritto comunitario, lo sarebbero anche le disposizioni UNCLOS attinenti alla composizione delle controversie. Le modalità di composizione previste dall’UNCLOS costituirebbero pertanto modalità di composizione previste nel «presente trattato», nel senso di cui all’art. 292 CE.

41.   Non condivido la tesi secondo cui il regime di composizione delle controversie UNCLOS sarebbe stato incorporato nell’ordinamento giuridico comunitario, modificandolo di conseguenza. L’art. 292 CE esclude l’attribuzione della giurisdizione esclusiva della Corte ad un altro giudice per effetto di un accordo internazionale (42). Non è pertanto possibile che la conclusione dell’UNCLOS abbia implicato il trasferimento della competenza giurisdizionale della Corte in ordine alla composizione delle controversie sorte tra gli Stati membri della Comunità e concernenti l’interpretazione o l’applicazione del diritto comunitario ad un giudice costituito ai sensi dell’UNCLOS.

42.   Per tali motivi suggerisco alla Corte di dichiarare che, avendo avviato un procedimento di risoluzione delle controversie contro il Regno Unito, relativamente allo stabilimento MOX, dinanzi al tribunale arbitrale di cui all’Allegato VII della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la Repubblica d’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 292 CE.

43.   Non essendo l’Euratom parte contraente alla UNCLOS, il predetto ragionamento non può condurre alle medesime conclusioni con riguardo all’art. 193 Euratom. Allo scopo di valutare la censura secondo cui l’Irlanda avrebbe mancato di osservare gli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 193 Euratom, occorre esaminare il secondo motivo dedotto dalla Commissione.

IV – Il riferimento dell’Irlanda al diritto comunitario dinanzi al tribunale arbitrale

44.   A parere della Commissione, la Repubblica d’Irlanda, demandando ad un giudice non comunitario l’interpretazione e l’applicazione di strumenti di diritto comunitario sarebbe venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 292 CE e 193 Euratom. Il Regno Unito concorda con tale tesi. La Commissione e il Regno Unito osservano che, negli argomenti dedotti dinanzi al tribunale arbitrale, la Repubblica d’Irlanda si richiama alle direttive 85/337/EEC (43), 90/313/EEC (44), 80/836/Euratom (45), 92/3/Euratom (46) e 96/29/Euratom (47), nonché a disposizioni della convenzione OSPAR (48).

45.   La Repubblica d’Irlanda sostiene di non aver chiesto al detto tribunale di applicare la normativa comunitaria, bensì di aver fatto riferimento alle direttive come mero ausilio interpretativo degli obblighi UNCLOS. Il detto Stato membro rileva, peraltro, di essersi solennemente impegnato, nella lettera 16 settembre 2003 indirizzata alla Commissione, a continuare a fare riferimento agli strumenti normativi comunitari al solo scopo di agevolare l’interpretazione della UNCLOS, astenendosi dal chiedere al tribunale medesimo di verificare l’eventuale inadempimento da parte del Regno Unito di qualsivoglia norma o strumento di diritto comunitario. La Repubblica d’Irlanda sostiene di non aver agito in violazione degli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 292 CE o 193 Euratom, in quanto non contesta al Regno Unito alcun inadempimento degli obblighi ad esso incombenti in forza della normativa comunitaria.

46.   Non ritengo possibile condividere tale argomento.

47.   Dalle osservazioni dedotte dalla Repubblica d’Irlanda dinanzi al tribunale arbitrale si evince che i riferimenti agli strumenti di diritto comunitario sono stati fatti alla luce dell’art. 293, par. 1, UNCLOS. Ai sensi di tale disposizione, il tribunale arbitrale «applica le disposizioni della presente convenzione e le altre norme del diritto internazionale non incompatibili con la presente convenzione».

48.   Al paragrafo 3 della propria dichiarazione di ricorso del 25 ottobre 2001, la Repubblica d’Irlanda indica che «chiederà altresì al tribunale arbitrale di tenere in debito conto le disposizioni di altri strumenti di diritto internazionale, incluse le convenzioni internazionali e le normative della Comunità europea». Al successivo paragrafo 34, la Repubblica d’Irlanda si richiama all’art. 293, par. 1, UNCLOS, deducendo al riguardo che «le disposizioni UNCLOS devono essere interpretate alla luce di altre norme internazionali vincolanti per il Regno Unito, inclusa la convenzione OSPAR del 1992 per la protezione dell’ambiente marino dell’Atlantico nordorientale, la direttiva 85/337/CEE e le direttive e 96/239/Euratom».

49.    Per di più, nella memoria presentata al tribunale UNCLOS, la Repubblica d’Irlanda afferma che «le norme di diritto internazionale che il tribunale istituito in forza dell’allegato VII è chiamato ad applicare (...) sono contenute sia nelle pertinenti disposizioni UNCLOS, sia nelle «altre norme di diritto internazionale che non sono incompatibili» con la convenzione» (49). La Repubblica d’Irlanda sostiene peraltro che «in tal modo – vale a dire interpretando le disposizioni generali UNCLOS alla luce del più ampio corpus del diritto internazionale, e dando applicazione ad altre norme, prescrizioni e prassi internazionali – l’UNCLOS assume una funzione coesiva, capace di coniugare norme convenzionali e consuetudinarie, regionali e globali» (50).

50.   Al paragrafo 6.19 della propria memoria, la Repubblica d’Irlanda osserva che il riferimento alle pertinenti disposizioni di diritto comunitario non viene operato per chiedere al tribunale di darvi applicazione in quanto tali, ma «in quanto mostrano come interpretare ed applicare gli obblighi generali previsti dalla UNCLOS». Tuttavia, in tutti i successivi argomenti dedotti dinanzi al tribunale arbitrale, la Repubblica d’Irlanda opera numerosi riferimenti alle norme comunitarie sulla scorta dell’art. 293, par. 1, UNCLOS. Ad esempio, nella sezione della memoria dell’Irlanda concernente l’obbligo di effettuare un congruo studio di valutazione sull’impatto ambientale, sotto l’intestazione «Fondamento dell’obbligazione», la Repubblica d’Irlanda fa riferimento, oltre che ad altri strumenti, alla direttiva 85/337, affermando che «tali strumenti hanno rilevanza in quanto possono fungere da guida all’interpretazione degli obblighi previsti dall’art. 206 UNCLOS, nonché da esempi di [altre norme di diritto internazionale] cui il presente tribunale è tenuto a dare applicazione nella controversia che è chiamato a comporre ai sensi dell’art. 293, par. 1 UNCLOS» (51). Nella propria comparsa di risposta, la Repubblica d’Irlanda sostiene che, «in merito a controversie sull’ambiente marino concernenti l’inadempimento di certe norme e prescrizioni internazionali promulgate da organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche competenti», il tribunale arbitrale «è tenuto a considerare, nonché applicare, siffatte norme e prescrizioni internazionali» (52).

51.   Alla luce di tali argomenti, mi è difficile ammettere che l’Irlanda non lamenti l’inosservanza degli obblighi incombenti al Regno Unito in virtù del diritto comunitario (53). Resta fermo che l’Irlanda chiede al tribunale di dichiarare il mancato adempimento da parte del Regno Unito agli obblighi ad esso incombenti ai sensi della UNCLOS, obblighi che, nella stessa interpretazione dell’UNCLOS sostenuta dall’Irlanda, coincidono con quelli previsti dalla normativa comunitaria. In tal senso, l’Irlanda chiede al tribunale arbitrale di procedere ad un’interpretazione degli obblighi incombenti al Regno Unito alla luce della normativa CE e Euratom (54).

52.   Alla luce delle suesposte considerazioni non resta che constatare che la Repubblica d’Irlanda, avendo avviato un procedimento di risoluzione delle controversie concernente l’interpretazione e l’applicazione del Trattato CE e Euratom dinanzi al tribunale arbitrale previsto dall’Allegato VII della Convenzione delle Nazioni Unite, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 292 CE e 193 Euratom.

V –    Il dovere di leale cooperazione

53.   La Commissione sostiene che, oltre ad essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 292 CE e 193 Euratom, la Repubblica d’Irlanda avrebbe violato gli artt. 10, n. 2, CE e 192, n. 2, Euratom. Entrambi gli articoli dispongono che gli Stati membri «si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato». La Commissione adduce due argomenti.

54.   In primo luogo, la Commissione sostiene che, in materia di accordi misti, gli Stati membri soggiacciono ad un dovere di cooperazione in virtù dell’art. 10, n. 2, CE. La Commissione ritiene che la Repubblica d’Irlanda non avrebbe adempiuto a tale dovere, avendo avviato un procedimento di risoluzione delle controversie relativamente a disposizioni ricomprese nella giurisdizione della Comunità; un siffatto modus operanti rischierebbe di ingenerare confusione negli Stati terzi in ordine alla rappresentanza esterna e alla coesione interna della Comunità quale parte contraente, con conseguenze nefaste per l’efficienza e la coerenza dell’azione comunitaria esterna.

55.   Non ritengo necessario che la Corte proceda all’esame di tale questione. L’oggetto della censura della Commissione coincide sostanzialmente con quello della censura fondata sull’art. 292 CE. Ritengo che l’art. 292 CE costituisca specifica espressione del principio generale di lealtà sancito dall’art. 10, n. 2, CE (55). L’analisi condotta alla luce dell’art. 292 CE è pertanto sufficiente.

56.   La Commissione deduce anche un secondo argomento a sostegno della pretesa violazione dell’obbligo di leale cooperazione da parte dell’Irlanda. Essa sostiene che, in virtù degli artt. 10 CE e 192 Euratom, l’Irlanda avrebbe dovuto informare e consultarsi con le istituzioni comunitarie preposte prima di avviare un procedimento di composizione delle controversie ai sensi dell’UNCLOS.

57.   Concordo al riguardo con la Commissione. Gli artt. 10 CE e 192 Euratom impongono un reciproco obbligo di leale collaborazione tra le istituzioni della Comunità e i rispettivi Stati membri (56). Tale obbligo è di particolare importanza per quanto attiene alle relazioni esterne (57), e tanto più in circostanze in cui Comunità e Stati membri abbiano assunto congiuntamente degli obblighi nei confronti di stati terzi (58).

58.   Il dovere di leale cooperazione può, in talune circostanze, importare per gli Stati membri un obbligo di consultazione con la Commissione, al fine di evitare un rischio di infrazione delle norme comunitarie o un ostacolo per le politiche comunitarie (59). A mio avviso, nelle circostanze del caso in esame, sussiste in capo alla Repubblica d’Irlanda un siffatto obbligo. L’Irlanda ha deciso di ricorrere avverso un altro Stato membro ai sensi di un accordo internazionale al quale ha aderito anche la Comunità europea e in merito ad una materia che, possibilmente, è di competenza esclusiva della Corte. Come fa giustamente rilevare la Commissione, il ricorso a consultazioni avrebbe potuto contribuire a chiarire in quale misura la controversia riguardasse il diritto europeo ed avrebbe peraltro dato la possibilità di esaminare se sarebbe stato possibile avviare un procedimento di inadempimento contro la presunta inadempienza di un accordo internazionale da parte di uno Stato membro. La Repubblica d’Irlanda ha, invero, chiesto il parere della Commissione solo dopo aver avviato il procedimento di composizione della controversia.

59.   Per tutti i suesposti motivi ritengo che la Repubblica d’Irlanda sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 10 CE e 192 Euratom.

VI – Sulle spese

60.   Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della parte soccombente alle spese ed essendo la Repubblica d’Irlanda la parte soccombente nella causa a quo, suggerisco di condannare la Repubblica d’Irlanda alle spese conformemente a quanto disposto all’art. 69, n. 2 del regolamento di procedura.

VII – Conclusione

61.   Suggerisco pertanto alla Corte di:

–       dichiarare che la Repubblica d’Irlanda, avendo avviato un procedimento di risoluzione delle controversie contro il Regno Unito relativamente allo stabilimento MOX ubicato a Sellafield, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 292 CE e 193 Euratom;

–       dichiarare che la Repubblica d’Irlanda, avendo avviato il predetto procedimento senza previa consultazione della Commissione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 10 CE e 192 Euratom;

–       condannare la Repubblica d’Irlanda alle spese.


1 – Lingua originale: il portoghese.


2 – Il 9 novembre 2001, ai sensi dell'art. 290, par. 5, UNCLOS, la Repubblica d’Irlanda ricorreva dinanzi all’International Tribunal for the Law of the Sea (ITLOS) per ottenere un provvedimento cautelare concernente la sospensione dell’autorizzazione rilasciata allo stabilito MOX, nonché l'arresto di tutti i movimenti internazionali di materiali radioattivi connessi al funzionamento dello stabilimento MOX. L'ITLOS emanava taluni provvedimenti cautelari, peraltro diversi da quelli richiesti dalla Repubblica d'Irlanda: V. ITLOS, ordinanza del 3 dicembre 2001 nella sentenza No. 10, The MOX Plant Case (Repubblica d’Irlanda contro Regno Unito), Provvedimenti cautelari, Reports of Judgments, Advisory Opinions and Orders 5 (2001), Parte II, pagg. 51-54.


3 – La Repubblica d’Irlanda ha avviato un relativo procedimento di composizione delle controversie contro il Regno Unito in forza della convenzione sulla protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico nordorientale (convenzione OSPAR). A parere della Repubblica d’Irlanda, il Regno Unito avrebbe violato l’art. 9 della convenzione OSPAR. Il tribunale OSPAR respingeva la domanda dell’Irlanda: Decisione conclusiva del 2 luglio 2003 in merito alla controversia concernente la comunicazione di informazioni ai sensi dell’art. 9 della convenzione OSPAR (Repubblica d’Irlanda contro Regno Unito). Il procedimento per inadempimento concerne esclusivamente l'avvio di un procedimento di risoluzione delle controversie ai sensi dell'UNCLOS.


4 – Ad oggi, sono cinque le controversie analoghe per cui è stata adita la Corte. In due casi il procedimento si è concluso con sentenza: sentenza del 4 ottobre 1979, causa 141/78 Repubblica francese contro Regno Unito di Gran Bretagna (Racc. pag. 2923) e sentenza del 16 maggio 2000, causa C‑388/95, Regno del Belgio contro Regno di Spagna (Racc. pag. I‑3123). Due cause sono state ritirate e cancellate dal ruolo (ordinanza del 15 febbraio 1977, concernente la causa 58/77 Repubblica d’Irlanda contro Repubblica di Francia, non pubblicata; e ordinanza del 27 novembre 1992, concernente la causa C‑349/92 Regno di Spagna contro Regno Unito di Gran Bretagna, non pubblicata). Una causa è attualmente pendente: causa C‑145/04, Regno di Spagna contro Regno Unito di Gran Bretagna.


5 – Altre disposizioni del Trattato CE e del Trattato Euratom che consentono di adire direttamente la Corte di giustizia per controversie sorte tra gli Stati membri sono gli artt. 88, n. 2 CE, 95, n. 9 CE, 239 CE, 298 CE e 154 Euratom.


6 – Mackel, N., «Article 292 (ex-article 219)», in: Léger, P. (ed.), Commentaire article par article des traités UE et CE, Dalloz/Bruylant, Paris/Bruxelles, 2000, pag. 1874. Con trattazione analoga: Lasok, K., e Lasok, D., Law and institutions of the European Union, Reed Elsevier, 2001, pag. 371. Il trattato CECA conteneva una disposizione analoga, l'art. 87 CECA. Sulle differenze di formulazione tra detta disposizione e gli artt. 292 CE/193 Euratom, vedi Herzog, P., «Article 219», in: Smit/Herzog, The law of the European Community: a commentary on the EEC Treaty, Bender, New York (1976-), pagine 6-170.1-2.


7 – Parere della Corte 14 dicembre 1991, 1/91 (Racc. Pag. 6079, punto 35).


8 – Van Panhuys, H.F., «Conflicts between the law of the European Communities and other rules of international law», 3 Common Market Law Review 420 (1966), pag. 445.


9 – Ciò non significa necessariamente che gli Stati membri siano sempre tenuti ad estrapolare accuratamente gli elementi comunitari dalle controversie pendenti tra gli stessi, adendo la Corte solo per tali elementi e sottoponendo gli altri elementi della controversia a modalità di composizione diverse. Benché in teoria siffatta soluzione sarebbe in linea con gli artt. 292 CE o 193 Euratom, nella pratica è preferibile adire la Corte anche per «controversie ibride» pendenti tra gli Stati membri e concernenti tanto materie ricomprese nella competenza giurisdizionale della Corte, quanto materie che esulino in toto dalla stessa, ai sensi degli artt. 239 CE o 154 Euratom.


10 – Allora, la UNCLOS era stata ratificata da ogni Stato membro, ad eccezione del Regno di Danimarca. Attualmente, la UNCLOS è stata ratificata da tutti gli Stati membri.


11 – V. artt. 4 e 5 dell’Allegato IX della UNCLOS; e la Dichiarazione del 1° aprile 1998, rilasciata dalla Comunità europea ai sensi dell’art. 5, par. 1 dell’Allegato IX UNCLOS e dell’art. 4, par. 4, dell’accordo concernente l’interpretazione della Parte XI UNCLOS. La dichiarazione sarà trattata infra ai paragrafi 35 e 36.


12 – Tutte le dette materie ricadono, in definitiva, nella competenza esclusiva rispettivamente, della Comunità e degli Stati membri.


13 – Conclusioni dell’avvocato generale Tesauro 13 novembre 1997, nella causa C‑53/96, Hermès/FHT (Racc. pag.  I‑3603, paragrafo 8).


14 – Nella sentenza Haegeman era stato chiesto alla Corte, con domanda di pronuncia pregiudiziale, di interpretare talune clausole commerciali contenute nell'accordo di associazione concluso con la Grecia. In merito alla questione della propria competenza giurisdizionale, la Corte ha affermato: «Le disposizioni [dell'accordo] formano, dal momento della sua entrata in vigore, parte integrante dell’ordinamento comunitario. La Corte è perciò competente, nell’ambito del suddetto ordinamento, a pronunziarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’accordo». [Sentenza 30 aprile 1974, causa 181/73, Haegeman (Racc. pag. 449, punti 5 e 6)]. V. anche sentenza 26 ottobre 1982, causa 104/81, Kupferberg, (Racc. pag. 3641, punto 13); e parere della Corte 14 dicembre 1991, 1/91 (Racc. pag.  6079, punti 37 e 38.)


15 – Parere 1/91, punto 38, cit. supra.


16 – Sentenza 7 ottobre 2004, causa C‑239/03, Commissione contro Repubblica francese [Racc. pag. I‑9325, punto 25 (il corsivo è mio)]. V. anche la sentenza 19 marzo 2002, causa C‑13/00, Commissione contro Irlanda (Racc. pag.  2943, punto 14); e, sempre in merito, la sentenza 30 settembre 1987, causa 12/86, Demirel (Racc. pag. 3719, punto 9).


17 – Sentenza 14 dicembre 2000, causa C‑300/98, Dior e a. (Racc. pag. I‑11307, punto 33). V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Reischl nella causa 65/77, Razanatsimba [Racc. pag. 2229, at 2243: «The only condition (for the Court of Justice to have jurisdiction to deal with the questions which have been raised)] is that the Community must be bound by the agreement in question and that it must also be bound by the provision whose interpretation is requested».


18 – In merito, v. la sentenza 19 novembre 1975, causa 38/75 Nederlandse Spoorwegen (Racc. pag. 1450, punto 16).


19 – In virtù degli artt. 300, n. 2 CE e 220 CE. Vedi anche: Schermers, H.G., e Waelbroeck, D.F., Judicial protection in the European Union, Kluwer Law International, The Hague/London/New York, 2001, pagg. 296-297.


20 – In tal caso, la relativa disposizione esula dalla competenza giurisdizionale della Corte (v., in proposito, le conclusioni dell’avvocato generale Tesauro nella causa Hermès/FHT, cit. supra, paragrafo 19). Non è, purtuttavia, da escludere che una disposizione di un accordo misto possa altresì valere tanto per fattispecie ricompresa nella sfera di applicazione dell'ordinamento nazionale quanto per fattispecie ricomprese nella sfera di applicazione dell'ordinamento comunitario. Va rilevato che, in tal caso, la Corte è competente ad interpretare tale disposizione nel contesto di una pronuncia pregiudiziale, anche in merito a fattispecie che ricadano nell'ambito di applicazione dell'ordinamento nazionale (Hermès/FHT, cit. supra, punti 32-33); v. anche la sentenza del 13 settembre 2001, causa C‑89/99, Schieving-Nijstad e a. (Racc. pag. I‑5851, punto 30). Il fondamento per questo aspetto della competenza della Corte risiede nell’obbligo di leale cooperazione sussistente tra gli Stati membri e le istituzioni delle Comunità (sentenza 14 dicembre 2000, cause riunite C‑300/98 e C‑392/98, Dior e a. (Racc. pag. I‑11307, punto 38). Su tale argomento vedi Heliskoski, J., «The Jurisdiction of the European Court of Justice to Give Preliminary Rulings on the Interpretation of Mixed Agreements», [2000] 4 Nordic Journal of International Law 395-412; Koutrakos, P., «The Interpretation of Mixed Agreements under the Preliminary Reference Procedure», [2002] 7 European Foreign Affairs Review 25-52.


21 – Titolo XIX del Trattato. La competenza della Comunità a concludere accordi con soggetti terzi è espressamente sancita dall’art. 174, n. 4 CE.


22 – Sentenza 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione contro Consiglio (Racc. pag.  263, punto 17). Vedi anche la sentenza 5 novembre 2002, causa C‑466/98, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑9427); sentenza 5 novembre 2002, causa C‑467/98, Commissione/Regno di Danimarca (Racc. pag. I‑9519); sentenza 5 novembre 2002, causa C‑468/98, Commissione/Regno di Svezia (Racc. pag. I‑9575); sentenza 5 novembre 2002, causa C‑472/98, Commissione/Granducato del Lussemburgo (Racc. pag. I‑9741); sentenza 5 novembre 2002, causa C‑475/98, Commissione/Repubblica d’Austria (Racc. pag. I‑9797; e sentenza 5 novembre 2002, causa C‑476/98, Commissione/Repubblica federale di Germania (Racc. pag. I‑9855).


23 – Nel merito, l'Irlanda si richiama al parere della Corte del 19 marzo 1993, 2/91 (Racc. pag. I‑1061) e segnatamente al punto 18 dello stesso.


24 – Dichiarazione del 1° aprile 1998 resa dalla Comunità europea ai sensi dell’art. 5, par. 1, dell’Allegato IX UNCLOS e dell’art. 4, par. 4, dell’Accordo sull’interpretazione della Parte XI UNCLOS (in prosieguo: la «Dichiarazione»).


25 – Cit. supra, nota 22.


26 – Decisione del Consiglio del 23 marzo 1998, 98/392/CE, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 e dell'accordo del 28 luglio 1994 relativo all'attuazione delle parte XI della convenzione (GU 1998, L 179, pag. 1).


27 – Sentenza Commissione/Irlanda, cit. supra.


28 – Sentenza Commissione/Repubblica francese, cit. supra.


29 – Sentenza Commissione/Repubblica francese, cit. supra, punto 27; sentenza Commissione/Irlanda, cit. supra, punto 16.


30 – Sentenza Commissione/Irlanda, cit. supra, punto 16.


31 – V., in particolare, i punti 19 e 23 della sentenza.


32 – Conclusioni dell’avvocato generale Mischo del 27 novembre 2001, causa C‑13/00, Commissione/Irlanda, paragrafo 52.


33 – Sentenza Commissione/Repubblica francese, cit. supra, punto 23.


34 – Punto 29 della sentenza.


35 – Punti 30 e 31 della sentenza. V. anche la pronuncia pregiudiziale della Corte (sentenza 15 luglio 2004) nella causa C‑213/03, Pêcheurs de l’étang de Berre (Racc. pag. I‑7357), concernente la medesima convenzione. La Corte, senza peraltro esaminare espressamente la questione della propria giurisdizione in merito alle disposizioni della convenzione e del protocollo, si è pronunciata sulle questioni sottoposte dal giudice nazionale.


36 – Il corsivo è mio.


37 – Al punto 23 della sentenza la Corte ha affermato che un ricorso per inadempimento «può avere ad oggetto solamente l'inosservanza di obblighi derivanti dal diritto comunitario» e ha proceduto pertanto a verificare «se gli obblighi gravanti sulla Francia, che sono oggetto del ricorso, fanno parte del diritto comunitario». È certamente possibile che, soprattutto per quanto concerne gli accordi misti, la mancata osservanza da parte di uno Stato membro di un obbligo ad esso incombente in virtù dell’accordo, ma che esuli dalla competenza della Comunità, possa compromettere il raggiungimento delle finalità comunitarie, nonché pregiudicare gli interessi comunitari. In tali situazioni, la Corte è competente a pronunciarsi sul ricorso per inadempimento. Il ricorso per inadempimento non può tuttavia essere proposto direttamente per l’inosservanza degli obblighi posti in essere dall’accordo misto. Il ricorso deve invece essere proposto a fronte della mancata osservanza dell'obbligo comunitario sancito dall'art. 10 CE. Vedi anche Hillion, C., The evolving system of European Union external relations as evidenced in the EU Partnerships with Russia and Ukraine, thesis, Leyden 2005, pag. 130.


38 – La convenzione per la protezione del Mare Mediterraneo dall'inquinamento e il protocollo relativo alla protezione del mare Mediterraneo dall'inquinamento di origine tellurica sono stati adottati, rispettivamente, in forza della decisione del Consiglio 25 luglio 1977, 77/585/CE e della decisione del Consiglio 28 febbraio 1983, 83/101/CE, emanate entrambe sulla base dell’art. 235 del Trattato CE (ora art. 308 CE).


39 – Dior e a., punto 33. V. anche supra, nota 22.


40 – L’art. 282 UNCLOS, intitolato «Obblighi risultanti da accordi generali, regionali o bilaterali», così recita: «Se gli Stati contraenti, che sono parti in una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione della presente convenzione, hanno concordato, nell’ambito di un accordo generale, regionale o bilaterale o in altro modo, che tale controversia deve essere sottoposta, su istanza di una delle parti della controversia, ad una procedura sfociante in una decisione obbligatoria, tale procedura si applica in luogo delle procedure previste nella presente parte, salvo che le parti della controversia non convengano altrimenti».


41 – V., per analogia, sentenza 25 settembre 1979, causa 232/78, Commissione/Repubblica francese (Racc. pag. 2729, punti 7-9).


42 – Parere 1/91, cit. supra, punto 35.


43 – Direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE (GU 1997, L 73, pag. 5). La direttiva è stata successivamente modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE (GU 2003, L 156, pag. 17).


44 – Direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all’informazione in materia di ambiente (GU 1990, L 158, pag. 56).


45 – Direttiva del Consiglio 15 luglio 1980, 80/836/Euratom, che modifica le direttive che fissano le norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (GU 1980, L 246, pag. 1).


46 – Direttiva del Consiglio 3 febbraio 1992, 92/3/Euratom, relativa alla sorveglianza ed al controllo delle spedizioni di residui radioattivi tra Stati membri e di quelle verso la Comunità e fuori da essa (GU 1992, L 35, pag. 24).


47 – Direttiva del Consiglio 13 maggio 1996, 96/29/Euratom, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (GU 1996, L 159, pag. 1)


48 – Convenzione per la protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico nordorientale conclusa per conto delle Comunità con l’adozione della decisione del Consiglio 7 ottobre 1997, 98/249/CE (GU 1998, L 104, pag. 1).


49 – Punto 6.1 della memoria della Repubblica d’Irlanda. Corsivo nell’originale.


50 – Punto 6.7 della memoria della Repubblica d’Irlanda.


51 – Punto 7.6 della memoria della Repubblica d’Irlanda.


52 – Replica della Repubblica d’Irlanda, punto 5.14. V. anche il punto 5.36: «Il tribunale costituito ai sensi dell'allegato VII ha il compito di accertare, alla luce di ragioni obiettive, la portata degli obblighi che incombono ad uno stato in forza della UNCLOS. Tale accertamento obbliga il tribunale a valutare se, ad esempio, uno stato abbia, o meno, adottato le misure necessarie per dare attuazione alle norme e prescrizioni internazionali applicabili, cui la UNCLOS rinvia. Il Regno Unito, aderendo all'UNCLOS, ha espresso il proprio consenso a che il tribunale di cui all'Allegato VII proceda a tale accertamento».


53 – Come rilevato peraltro anche da uno dei membri del tribunale arbitrale. V.: The Mox Plant Case, Proceedings Day Two, page 44 in fine (quesiti posti da Sir Arthur Watts KCMG QC al Prof. Vaughan Lowe, consulente legale per la Repubblica d’Irlanda).


54 – V., ad esempio, l’argomento dedotto dalla Repubblica d’Irlanda in merito all’obbligo incombente al Regno Unito in virtù della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337, ai punti 7.28, 8.102 e 8.114 della memoria dell’Irlanda.


55 – V. la nota 10 supra.


56 – V., ad esempio, sentenza 10 febbraio 1983, causa 230/81, Lussemburgo/Parlamento europeo (Racc. pag.  255, punto 37); sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite C‑36/97 e C‑37/97, Kellinghusen e Kelsen (Racc. pag. I‑6337, punto 30); sentenza 4 marzo 2004, causa C‑344/01, Germania/Commissione (Racc. pag. I‑2081, punto 79; e sentenza 13 luglio 2004, causa C‑82/03, Commissione/Repubblica italiana (Racc. pag. I‑6635, punto 15).


57 – V., ad esempio, la sentenza 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio (ERTA), cit. supra, punti 21 e 22; sentenza 14 luglio 1976, cause riunite 3/76, 4/76 e 6/76, Kramer (Racc. pag. 1279, punti dal 42 al 45); deliberazione della Corte 14 novembre 1978, 1/78 (Racc. pag. 2151, punto 33); sentenza 12 ottobre 1982, causa 104/81, Kupferberg, cit. supra, al punto 13; e sentenza 2 giugno 2005, causa C‑266/03, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑4805, punti 57-66).


58 – Nel merito: parere della Corte 19 marzo 1993, 2/91 cit. supra, punto 36; parere della Corte 15 novembre 1994, 1/94 (Racc. pag. I‑5267, punto 108); sentenza 19 marzo 1996, causa C‑25/94, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I‑1469, punto 48).


59 – In merito ad esempi in cui la Corte ha stabilito che l'art. 10 CE implica un obbligo di consultazione con la Commissione, v. sentenza 4 ottobre 1979, causa 141/78, Repubblica francese/Regno Unito, cit. supra, punti 8 e 9; sentenza 5 maggio 1981, causa 804/79, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. 1045, punto 31); sentenza 7 maggio 1987, causa 186/85, Commissione/Regno del Belgio (Racc. pag. 2029, punto 40); sentenza 2 giugno 2005, causa C‑266/03, Commissione/Lussemburgo, cit. supra, punti 61-66; e sentenza 14 luglio 2005, causa C‑433/03, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑6985, punti 68-73).

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