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Document 62003CC0432

    Conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed del 8 settembre 2005.
    Commissione delle Comunità europee contro Repubblica portoghese.
    Inadempimento di uno Stato - Artt. 28 CE e 30 CE - Direttiva 89/106/CEE - Decisione 3052/95/CE - Procedimento nazionale di omologazione - Mancata presa in considerazione dei certificati di omologazione redatti in altri Stati membri - Prodotti da costruzione.
    Causa C-432/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-09665

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:514

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    GEELHOED

    presentate l’8 settembre 2005 1(1)

    Causa C-432/03

    Commissione delle Comunità europee

    contro

    Repubblica portoghese

    (Inadempimento da parte di uno Stato membro – Artt. 28 CE e 30 CE – Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 13 Dicembre 1995, 3052/95/CE, che istituisce una procedura d’informazione reciproca sulle misure nazionali che derogano al principio di libera circolazione delle merci all’interno della Comunità – Tubi di polietilene importati da altri Stati membri – Normativa nazionale che istituisce una procedura di omologazione che non tiene in considerazione i certificati di omologazione emessi da altri Stati membri)





    I –    Introduzione

    1.     La questione principale sollevata in questa controversia è se una procedura di omologazione nazionale concernente i prodotti da costruzione che non tiene in considerazione i certificati di omologazione emessi da organismi di certificazione in altri Stati membri debba essere considerata come un atto di esecuzione dell’obbligo previsto per gli Stati membri dall’art. 2, n. 1, della direttiva 89/106 sui prodotti da costruzione (2) di far sì che tali prodotti siano idonei all’impiego previsto o se, al contrario, costituisca una restrizione all’importazione vietata dall’art. 28 CE.

    II – Contesto normativo

    A –    Diritto comunitario

    2.      fissa il quadro normativo necessario per la libera circolazione dei prodotti da costruzione all’interno della Comunità. Il termine «prodotti da costruzione» è definito all’art. 1, n. 2, della direttiva come «qualsiasi prodotto fabbricato al fine di essere permanentemente incorporato in opere di costruzione, le quali comprendono gli edifici e le opere di ingegneria civile».

    3.     Ai sensi dell’art. 2, n. 1, , gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie per far sì che i prodotti da costruzione possano essere immessi sul mercato solo se idonei all’impiego previsto, se hanno cioè caratteristiche tali che le opere in cui devono essere inglobati, montati, applicati o installati possano, se adeguatamente progettate e costruite, soddisfare i requisiti essenziali di cui all’art. 3. Questi requisiti essenziali, suscettibili di influenzare le caratteristiche tecniche dei prodotti da costruzione, sono enunciati in termini oggettivi nell’allegato I della direttiva. Ai fini del caso in esame, è sufficiente tener presente il requisito che le opere di costruzione devono essere concepite e costruite in modo da non compromettere l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini, in particolare in conseguenza di inquinamento o tossicità dell’acqua (3).

    4.     Ai sensi dell’art. 4, n. 1, della , ai fini della direttiva in questione per «specificazioni tecniche» si intendono le norme e i benestare tecnici. L’art. 4, n. 2, della direttiva dispone che gli Stati membri presumono idonei al loro impiego i prodotti che consentono alle opere in cui sono utilizzati, sempre che queste ultime siano adeguatamente progettate e costruite, di soddisfare i requisiti essenziali di cui all’art. 3 qualora rechino il marchio CE, che attesta la loro conformità alle relative norme nazionali in cui sono state trasposte le norme armonizzate, con un benestare tecnico europeo o con le specificazioni tecniche nazionali di cui al n. 3 della previsione in esame nella misura in cui non esistano specificazioni armonizzate. Detto n. 3 fornisce agli Stati membri la possibilità di comunicare alla Commissione i testi delle rispettive specificazioni tecniche nazionali che essi considerano conformi ai requisiti essenziali di cui all’art. 3. La Commissione trasmette agli Stati membri le specificazioni tecniche nazionali che si presumono conformi ai requisiti essenziali di cui all’art. 3.

    5.     L’art. 6, n. 1 e n. 2, della recita:

    «1. Gli Stati membri non ostacolano la libera circolazione, l’immissione sul mercato o l’utilizzazione nel proprio territorio di prodotti che soddisfano le previsioni della presente direttiva.

    Gli Stati membri provvedono affinchè l’utilizzazione di tali prodotti, ai fini cui sono stati destinati, non venga proibita da norme o condizioni imposte da organismi pubblici o privati, che agiscono sotto forma di impresa pubblica o di organismo pubblico in base ad una posizione di monopolio.

    2. Gli Stati membri consentono tuttavia che i prodotti non contemplati nell’articolo 4, paragrafo 2, siano immessi sul mercato nel proprio territorio, se soddisfano le prescrizioni nazionali conformi al trattato, fintantoché le specificazioni tecniche europee di cui ai capitoli II e III dispongano diversamente. La Commissione ed il comitato di cui all’articolo 19 seguono e rivedono periodicamente l’evoluzione delle specificazioni tecniche europee […]».

    6.     L’art. 16 della contiene le seguenti procedure speciali per situazioni in merito alle quali non vi sono specificazioni tecniche per un prodotto da costruzione:

    «1. Se, per un determinato prodotto, non esistono le specificazioni tecniche di cui all’articolo 4, lo Stato membro di destinazione, agendo a richiesta ed in singoli casi, considera come conformi alle disposizioni nazionali in vigore i prodotti che hanno superato le prove e i controlli effettuati, nello Stato membro di produzione, da un organismo riconosciuto secondo i metodi in vigore nello Stato membro di destinazione o riconosciuti come equivalenti da tale Stato membro.

    2. Lo Stato membro di produzione comunica allo Stato membro di destinazione, la cui regolamentazione è applicabile alle prove ed ai controlli da effettuare, quale organismo esso intenda riconoscere a tale fine. Lo Stato membro di destinazione e lo Stato membro produttore si scambiano tutte le informazioni necessarie. Finito tale scambio di informazioni, lo Stato membro produttore riconosce l’organismo in tal modo designato. Se uno Stato membro nutre dubbi, esso provvede a motivarli e ad informarne la Commissione.

    3. Gli Stati membri provvedono a che gli organismi designati si forniscano mutua assistenza.

    4. Qualora uno Stato membro constati che un organismo riconosciuto non effettua i collaudi e i controlli regolarmente secondo le sue disposizioni nazionali, esso lo comunica allo Stato membro in cui l’organismo è riconosciuto. Quest’ultimo, entro un termine appropriato, informa lo Stato membro che ha effettuato la comunicazione circa i provvedimenti presi. Qualora lo Stato membro che ha effettuato la comunicazione non ritenga sufficienti detti provvedimenti, esso può vietare o subordinare a particolari condizioni l’immissione sul mercato e l’utilizzazione del prodotto in questione. Esso ne informa l’altro Stato membro e la Commissione».

    7.     In base all’art. 17 della :

    «Gli Stati membri di destinazione attribuiscono alle relazioni e ai certificati di conformità rilasciati dallo Stato membro produttore in base alla procedura di cui all’art. 16 lo stesso valore dei documenti nazionali corrispondenti».

    8.     La istituisce una procedura d’informazione sulle misure adottate dagli Stati membri che restringono la libera circolazione delle merci all’interno della Comunità (4). L’art. 1 di questa decisione dispone quanto segue:

    «Quando uno Stato membro si oppone alla libera circolazione o all’immissione in commercio di un certo modello o di un certo tipo di prodotto fabbricato o commercializzato legalmente in un altro Stato membro, esso notifica alla Commissione tale misura, qualora questa abbia, quale effetto diretto o indiretto:

    –       un divieto generale,

    –       un diniego di autorizzazione di immissione in commercio,

    –       la modifica del modello o tipo di prodotto in causa ai fini dell’immissione o del mantenimento in commercio, o

    –       un ritiro dal commercio».

    9.     L’art. 3, n. 2, della , stabilisce che l’obbligo di notifica alla Commissione non si applica, inter alia, a misure adottate esclusivamente in applicazione di disposizioni comunitarie di armonizzazione e a misure che sono notificate alla Commissione in virtù di disposizioni specifiche.

    10.   L’art. 4, n. 1 e n. 2, della , stabilisce che la notifica di cui all’art. 1 deve essere compiuta in modo sufficientemente dettagliato e in forma chiara e comprensibile, e che le informazioni necessarie devono essere comunicate entro un termine di 45 giorni a decorrere dalla data in cui la misura in causa è stata adottata.

    B –    Diritto nazionale

    11.   In virtù dell’art. 17 della legge portoghese Regolamento generale sulle costruzioni urbane (Regulamento Geral das Edificações Urbanas; in prosieguo: il «decreto legge n. 38/382»), adottata con il decreto legge 7 agosto 1951, n. 38/382, l’utilizzo di nuovi materiali o metodi di costruzione per i quali non siano previste specificazioni ufficiali, né vi siano sperimentazioni pratiche, è soggetto al previo parere favorevole od omologazione del Laboratorio Nazionale di Ingegneria Civile (Laboratório Nacional de Engenharia Civil; in prosieguo: lo «LNEC»).

    12.   In applicazione di due decreti ministeriali, del 2 novembre 1970 e del 7 aprile 1971 (in prosieguo: i «decreti ministeriali»), solo i materiali plastici omologati dallo LNEC possono essere utilizzati nella rete di distribuzione idrica.

    III – Fatti e procedura

    13.   Nell’aprile del 2000 la Commissione ha ricevuto un ricorso da una società portoghese a cui non era stata concessa l’autorizzazione richiesta all’organismo di controllo, la Empresa Pública de Águas de Lisboa (in prosieguo: la «EPAL»), per l’installazione di tubi di polietilene, importati da Italia e Spagna, nel sistema di tubature di un edificio, con la motivazione che i tubi non erano stati omologati dallo LNEC. Secondo la ricorrente i tubi erano già stati omologati in entrambi gli Stati membri in questione e recavano i certificati di omologazione, rilasciati, rispettivamente, dall’Istituto Italiano dei Plastici (in prosieguo: lo «IIP») e dall’Asociación Española de Normalización y Certificación (in prosieguo: la «AENOR»). La ricorrente si è pertanto rivolta allo LNEC per ottenere un’attestazione dell’equivalenza di tali certificati. Tuttavia, con lettera del 26 maggio 2000, lo LNEC comunicava alla ricorrente che la sua richiesta doveva essere rifiutata, in quanto l’IIP non era membro dell’Associazione Europea per il Benestare Tecnico nelle Costruzioni (in prosieguo: la «UEATC»), né apparteneva agli altri organismi con cui lo LNEC aveva concluso un accordo di cooperazione in tale settore (5).

    14.   Con diffida del 12 settembre 2000, e successivamente con parere motivato del 16 maggio 2001, la Commissione comunicava alle autorità portoghesi che, assoggettando, in virtù dell’art. 17 del decreto legge n. 38/382, i tubi di polietilene importati da altri Stati membri ad una procedura di omologazione senza tenere in considerazione i certificati emessi da un organismo di certificazione di altri Stati membri, erano venute meno agli obblighi loro incombenti in virtù degli artt. 28 CE e 30 CE. A ciò si aggiunga che, omettendo di notificare questa misura alla Commissione, esse erano altresì venute meno agli obblighi loro incombenti in virtù degli artt. 1 e 4, n. 2, della . Ritenendo insoddisfacenti le illustrazioni sulla compatibilità di questa procedura con gli obblighi comunitari, la Commissione introduceva il presente procedimento in forza dell’art. 226 CE con ricorso del 2 ottobre 2003.

    15.   La Commissione chiede che la Corte voglia:

    1.      dichiarare che assoggettando, in virtù dell’art. 17 del decreto legge n. 38/382 del 7 agosto 1951, i tubi di polietilene importati da altri Stati membri ad una procedura di omologazione senza tenere in considerazione i certificati di omologazione emessi da tali Stati, e omettendo di informare la Commissione di tale misura, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE, nonché degli artt. 1 e 4, n. 2, della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 13 dicembre 1995, 3052/95/CE, che istituisce una procedura d’informazione reciproca sulle misure nazionali che derogano al principio di libera circolazione delle merci all’interno della Comunità;

    2.      condannare la Repubblica portoghese alle spese.

    16.   La Commissione e il governo portoghese hanno ulteriormente specificato le rispettive posizioni nell’udienza del 9 giugno 2005.

    IV – Analisi

    17.   La prima questione da affrontare nella presente controversia è se la procedura di omologazione per i tubi di polietilene da rispettare per gli impianti idraulici o reti idrauliche fissata nell’art. 17 del decreto legge n. 38/382 in combinato con i decreti ministeriali sia contemplata dalle disposizioni della . Nel caso in cui tale questione sia risolta in senso negativo, va in seguito considerato se tale procedura sia conforme agli artt. 28 CE e 30 CE. La questione della conformità con la procedura d’informazione reciproca della sarà trattata in un secondo tempo.

    A –    La

    18.   A questo proposito la Commissione osserva che, sebbene siano «prodotti da costruzione» ai sensi dell’art. 1, n. 2, della , i tubi di polietilene in causa non sono contemplati dalle norme armonizzate ai sensi dell’art. 4 di tale direttiva. Posto che questi prodotti non sono contemplati da norme o specificazioni tecniche in Portogallo, e che la certificazione eseguita dallo LNEC riguarda il sistema d’impianto idraulico nel suo insieme e non i singoli tubi, le condizioni per l’applicazione della procedura speciale istituita dall’art. 16 della non sono state soddisfatte. I requisiti procedurali disposti dall’art. 17 del decreto legge n. 38/382 e dai decreti ministeriali relativamente ai tubi in questione devono quindi essere esaminati alla luce degli artt. 28 CE e 30 CE.

    19.   Il governo portoghese sostiene che le disposizioni nazionali considerate in questo caso si propongono di dare attuazione agli obiettivi fissati nell’art. 2 della . Dato che tubi in questione non sono soggetti a norme armonizzate o a benestare tecnici europei, né ad una specificazione tecnica nazionale riconosciuta a livello europeo, la Repubblica portoghese può assoggettarli ad una procedura di omologazione come quella prevista dall’art. 17 del decreto legge n. 38/382 e dai decreti ministeriali.

    20.   Laddove, secondo la giurisprudenza della Corte, uno Stato membro non può imporre analisi o prove nel caso in cui queste siano già state effettuate in un altro Stato membro ed i relativi risultati siano a sua disposizione, il governo portoghese sostiene che, in merito ai prodotti da costruzione, questi principi hanno trovato espressione nella procedura speciale di cui all’art. 16 della . Orbene, in questo caso, la Repubblica italiana, quale Stato membro di produzione, non ha applicato la procedura dell’art. 16. L’Italia non ha provveduto a chiedere informazioni sui metodi e criteri applicati in Portogallo per omologare tubi di polietilene e impianti idraulici, né ha comunicato al governo portoghese quale organismo italiano ritenesse competente per certificare la conformità di questi prodotti con la regolamentazione portoghese. In simili circostanze lo LNEC non era in grado di poter cooperare con l’IIP. Ritenere che i tubi in questione dovessero essere autorizzati unicamente sulla base del certificato rilasciato dall’IIP sarebbe come obbligare la Repubblica portoghese ad accettare qualsiasi certificato rilasciato da qualunque organismo, indipendentemente da qualsiasi garanzia circa l’idoneità dei prodotti in causa. Ciò è precisamente quanto la mira ad evitare.

    21.   Cionondimeno, il governo portoghese sostiene di avere il diritto, ai sensi dell’art. 16 della direttiva, di opporsi all’immissione sul mercato di prodotti da costruzione non contemplati da specificazioni tecniche nazionali, nel caso in cui questi non siano stati omologati conformemente alla procedura prevista in tale disposizione.

    22.   Il governo portoghese aggiunge che, in base all’art. 17 della , non è tenuto ad accettare relazioni e attestati rilasciati da altri Stati membri, salvo che siano stati emessi da organismi competenti in tali Stati membri e siano stati riconosciuti dal Portogallo quale Stato membro di destinazione, e siano stati stilati osservando le sue disposizioni nazionali in vigore o disposizioni riconosciute come equivalenti.

    23.   Occorre dapprima considerare il rilievo del governo portoghese secondo cui la procedura di omologazione si propone di dare attuazione all’art. 2 della , la quale impone agli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per far sì che i prodotti da costruzione possano essere immessi sul mercato solo se idonei all’impiego previsto, se hanno cioè caratteristiche tali che le opere in cui devono essere inglobati, montati, applicati o installati possano, se adeguatamente progettate e costruite, soddisfare i requisiti essenziali di cui all’art. 3 della direttiva. A suo parere, ciò rappresenta l’obiettivo primario della , pur riconoscendo che il provvedimento cerca anche di conciliare la garanzia del rispetto dei requisiti essenziali per gli edifici e le opere di costruzione con la libera circolazione delle merci.

    24.   Non trovo quest’argomento convincente e, piuttosto, ritengo che l’obiettivo principale della è di realizzare il contesto necessario al fine di permettere il libero commercio dei prodotti da costruzione all’interno della Comunità.

    25.   La è stata adottata sulla base dell’art. 100A del Trattato CE (divenuto art. 95 CE), dichiaratamente come parte del programma diretto al completamento del mercato interno entro il 1992 (6). Come esposto nel preambolo alla direttiva, i requisiti previsti negli Stati membri relativamente a edifici e opere d’ingegneria civile per aspetti quali sicurezza, durabilità e risparmio energetico, hanno un’influenza diretta sulle caratteristiche dei prodotti da costruzione e sono ripresi nelle norme nazionali. Differenze nelle norme applicabili negli Stati membri ostacolano il commercio intracomunitario di questi prodotti (7).

    26.   L’obiettivo principale della è di eliminare queste restrizioni, creando le condizioni per far sì che i prodotti da costruzione siano commercializzati liberamente all’interno della Comunità. Il metodo per realizzare tale intento è creare una base condivisa a livello comunitario riguardo ai requisiti essenziali applicabili a edifici e opere in cui saranno utilizzati i prodotti da costruzione. Questi requisiti sono fissati nell’art. 3, combinato con l’allegato I della direttiva. Formulati in termini generali, i requisiti essenziali sono resi operativi attraverso specificazioni tecniche per i prodotti da costruzione. Queste includono (a) norme armonizzate e le relative norme nazionali in cui sono state trasposte, (b) benestare tecnici europei e (c) specificazioni tecniche nazionali riconosciute a livello comunitario (in prosieguo: le «specificazioni tecniche») considerate conformi ai requisiti essenziali (art. 4 della ). Gli Stati membri presumono che i prodotti da costruzione conformi con tali specificazioni tecniche e che, di conseguenza, recano il marchio CE, consentono alle opere in cui sono utilizzati di soddisfare i requisiti essenziali, se adeguatamente progettate. In base all’art. 6, n. 1, della , gli Stati membri non devono ostacolare la libera circolazione, l’immissione sul mercato o l’utilizzazione nel proprio territorio di prodotti che soddisfano le disposizioni della direttiva in questione.

    27.   Relativamente ai prodotti non ricompresi nell’ambito di questo sistema in quanto non conformi alle specificazioni tecniche di cui all’art. 4, n. 2, della , l’art. 6, n. 2, della direttiva stabilisce che gli Stati membri consentono che tali prodotti siano immessi sul mercato nel proprio territorio se soddisfano prescrizioni nazionali conformi al Trattato, fintantochè le specificazioni tecniche europee dispongano diversamente. Inoltre, l’art. 16 della direttiva stabilisce una procedura speciale per questi prodotti, precisando le condizioni in base alle quali gli Stati membri di destinazione considerano tali prodotti originari di un altro Stato membro come conformi con le disposizioni nazionali in vigore.

    28.   Questa descrizione del meccanismo contemplato dalla si propone di dimostrare che la direttiva non mira principalmente ad assicurare la conformità con i requisiti essenziali previsti dall’art. 3 in quanto tali. La finalità di dettare questi requisiti per edifici e opere è piuttosto di creare una base comune relativamente agli interessi da proteggere, eliminando così restrizioni al commercio di prodotti da costruzione che altrimenti potrebbero sorgere da disparità nel livello di protezione nei vari Stati membri. L’esigenza di assicurare l’osservanza dei requisiti essenziali non può essere invocata per giustificare di per sé misure nazionali che limitano l’importazione e l’utilizzo di prodotti da costruzione non contemplati dal meccanismo descritto al paragrafo 26. Tali misure, inclusa la procedura di omologazione per i tubi di polietilene applicata in Portogallo, deve pertanto essere vagliata alla luce degli artt. 6, n. 2, e 16 della .

    29.   In quanto disposizione più specifica, si tratterà dapprima l’art. 16 della . La procedura speciale contenuta in questa disposizione relativamente ai prodotti non contemplati da specificazioni tecniche impone allo Stato membro di destinazione di considerare come conformi alle disposizioni nazionali in vigore i prodotti che hanno superato le prove e i controlli effettuati, nello Stato membro di produzione, da un organismo riconosciuto secondo i metodi in vigore nello Stato membro di destinazione o riconosciuti come equivalenti da tale Stato membro. Lo Stato membro di produzione comunica allo Stato membro di destinazione, la cui regolamentazione è applicabile alle prove e ai controlli da effettuare, quale organismo esso intenda riconoscere a tal fine. Entrambi gli Stati membri si scambiano tutte le informazioni necessarie ai fini di questa procedura.

    30.   Nelle circostanze della presente controversia, la Commissione e la Republica portoghese paiono concordare sul fatto che questa procedura speciale non è pertinente, o in quanto non applicabile o poichè, molto semplicemente, non è stata applicata. La Commissione sottolinea che in Portogallo non esistono specificazioni relative ai tubi di polietilene in questione che avrebbero potuto servire come riferimento per le prove da effettuare in Italia e Spagna. Il governo portoghese a sua volta riconosce tale fatto ed osserva che il certificato presentato per il riconoscimento riguardava solo i tubi e non l’impianto idrico. Il governo portoghese rileva altresì che, laddove spettava allo Stato membro di produzione comunicare allo Stato membro di destinazione gli organismi autorizzati ad effettuare le prove e ispezioni del caso, nessun contatto del genere è stato stabilito fra le autorità nazionali interessate.

    31.   Stanti le ragioni addotte da entrambe le parti, non ritengo necessario soffermarmi ulteriormente sulla rilevanza dell’art. 16 della per valutare la compatibilità con il diritto comunitario del diniego delle autorità portoghesi di consentire l’utilizzo dei tubi di polietilene in questione.

    32.   Sebbene non segnalata dalla Commissione nel ricorso alla Corte, in udienza è stata sollevata la questione se le autorità portoghesi non dovessero, in virtù dell’art. 6, n. 2, della , consentire l’utilizzo dei tubi di polietilene omologati sia in Italia, sia in Spagna. Come menzionato in precedenza, questo articolo dispone che «Gli Stati membri […] consentono che i prodotti non contemplati dall’articolo 4, paragrafo 2, siano immessi sul mercato nel proprio territorio, se soddisfano prescrizioni nazionali conformi al trattato, fintantochè le specificazioni tecniche europee […] dispongano diversamente».

    33.   Ad un esame più approfondito questa disposizione mostra una certa ambiguità, non risultando totalmente chiaro a quali «prescrizioni nazionali conformi al trattato» si faccia riferimento. Questo concetto si riferisce alle disposizioni dello Stato membro di produzione (Italia e Spagna), a quelle dello Stato membro di destinazione (Portogallo) o, piuttosto, ad entrambe?

    34.   Qualora fossero da considerare solo le disposizioni dello Stato membro di produzione, ciò si risolverebbe in un regime più permissivo per i prodotti non regolamentati che per i prodotti conformi alle specificazioni tecniche e che recano il marchio CE. Questa lettura darebbe altresì luogo ad un’incoerenza con la procedura speciale dell’art. 16 della direttiva che stabilisce le prove e i controlli da effettuare nello Stato membro di produzione secondo i metodi in vigore nello Stato membro di destinazione.

    35.   Se, d’altra parte, ci si riferisse alle disposizioni dello Stato membro di destinazione, ciò equivarrebbe a dichiarare un’ovvietà, vale a dire, che i prodotti che sono conformi alle disposizioni nazionali in vigore potranno essere immessi sul mercato nazionale.

    36.   Ritengo, pertanto, che il concetto «prescrizioni nazionali conformi al trattato» di cui all’art. 6, n. 2, della , vada inteso come riferito a qualsiasi prescrizione nazionale a cui un prodotto possa essere assoggettato. Queste includono le disposizioni nel diritto nazionale dello Stato membro produttore relative alla produzione ed all’immissione sul mercato in tale Stato membro e le disposizioni nel diritto nazionale dello Stato membro di destinazione relativamente alla commercializzazione e utilizzo del prodotto in causa in tale Stato membro. Tali disposizioni si applicano ai prodotti non contemplati da specificazioni tecniche, sempre che siano conformi agli obblighi di cui agli artt. 28 CE e 30 CE.

    B –    Articoli 28 CE e 30 CE

    37.   La Commissione afferma che il requisito della previa omologazione costituisce una misura equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione ai sensi dell’art. 28 CE. Nel tentativo di giustificare tale misura le autorità portoghesi non precisano le ragioni per cui i tubi in questione rappresenterebbero un pericolo per la salute e la vita umane. Esse segnalano solamente che gli additivi presenti nel materiale plastico di cui i tubi sono composti potrebbero contaminare l’acqua trasportata attraverso i tubi.

    38.   Anche se gli Stati membri hanno la facoltà di sottoporre ad un nuovo procedimento di esame e di omologazione i prodotti già autorizzati in un altro Stato membro, la Commissione indica che sono tenuti a contribuire allo snellimento dei controlli nel commercio intracomunitario. Ne consegue che le autorità nazionali non possono esigere senza necessità analisi tecniche o chimiche nè prove di laboratorio nel caso in cui le stesse analisi e le stesse prove siano già state effettuate in un altro Stato membro ed i relativi risultati siano a loro disposizione o possano, a loro richiesta, essere messi a loro disposizione (8). Secondo la giurisprudenza della Corte, le autorità nazionali sono tenute a considerare i certificati rilasciati da organismi di certificazione riconosciuti in altri Stati membri, anche se questi non sono affiliati all’UEATC e, qualora ritengano di non avere sufficienti informazioni per valutare tali certificati, a contattare tali organismi.

    39.   La Commissione, inoltre, afferma che è sproporzionato rifiutare di autorizzare i tubi in questione con la motivazione che le disposizioni nazionali dispongono solo in merito all’omologazione di impianti idraulici piuttosto che di singoli tubi. Una procedura di omologazione applicabile unicamente ai tubi consentirebbe ugualmente di rilevare ogni pericolo di contaminazione originato dalla composizione dei tubi. Infine, la procedura applicata dalle autorità portoghesi non è conforme alle condizioni stabilite dalla giurisprudenza della Corte secondo cui, per risultare giustificato, un regime di previa autorizzazione amministrativa che deroga ad una libertà fondamentale, quale la libera circolazione delle merci, deve essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali affinchè esso non sia usato in modo arbitrario (9).

    40.   Al governo portoghese è nota la giurisprudenza della Corte per cui, in assenza di norme armonizzate nazionali, gli ostacoli alla libera circolazione all’interno della Comunità originati da disparità nelle normative nazionali relativamente alla alla commercializzazione dei prodotti in questione devono essere acettati nella misura in cui queste disposizioni possano essere riconosciute necessarie per soddisfare esigenze imperative, quali sanità pubblica, protezione del consumatore e protezione dell’ambiente. Tuttavia, la non solo dispone in merito alla necessaria armonizzazione in questo ambito, essa impone altresì obblighi addizionali agli Stati membri affinchè garantiscano la sicurezza degli edifici vigilando sull’idoneità dei materiali da utilizzare in tali edifici. La direttiva, quindi, è la concreta espressione del principio generale di cui agli artt. 28 CE e 30 CE che gli Stati membri non possono adottare misure restrittive della libera circolazione delle merci prodotte legalmente in un altro Stato membro, salvo nel caso in cui queste siano necessarie ed opportune per proteggere adeguatamente determinati requisiti essenziali. I requisiti stabiliti dalla normativa portoghese relativamente all’utilizzo dei tubi di polietilene non sono sproporzionati né costituiscono una discriminazione dissimulata dei prodotti da costruzione provenienti da altri Stati membri.

    41.   Ciò di cui sostanzialmente si dibatte nella presente controversia è che l’organismo di certificazione portoghese LNEC ha rifiutato di attestare l’equivalenza del certificato rilasciato, per lo meno, dall’IIP per i tubi di polietilene in oggetto. Questo diniego si basava principalmente sul fatto che l’IIP non era affiliato all’UEATC e che nemmeno aveva un altro accordo di cooperazione con lo LNEC. Il ricorso della Commissione non verte sui metodi adottati dallo LNEC per omologare i prodotti in questione, né sulle norme che tale organismo applica in simile contesto. Nel fascicolo di causa, infatti, non vi è nemmeno indicazione dell’esistenza di tali norme.

    42.   È utile ricordare che i prodotti in causa nella presente controversia non rientrano nel quadro normativo di cui all’art. 4 della , così che, in virtù dell’art. 6, n. 2, della direttiva, i principi generali sviluppati in base agli artt. 28 CE e 30 CE sulla libera circolazione delle merci si applicano alle misure nazionali adottate relativamente a quei prodotti. Questi principi sono saldamente affermati e sono ripresi e sintetizzati nell’esposizione delle osservazioni della Commissione e del governo portoghese che precede.

    43.   L’assunto di base sottostante all’art. 28 CE è che i prodotti legittimamente fabbricati e commercializzati in uno Stato membro devono, in linea di principio, essere ammessi ai mercati di tutti gli Stati membri. Cionondimeno, è altresì riconosciuto che gli Stati membri sono legittimati, in presenza di determinate condizioni, ad adottare ed applicare misure a tutela di interessi pubblici fondamentali che possono costituire restrizioni al commercio intracomunitario. Spetta alle autorità nazionali competenti dimostrare, in ciascun caso, che la loro normativa o prassi amministrativa è necessaria per tutelare efficacemente gli interessi di cui all’art. 30 CE o esigenze imperative e, se del caso, che la commercializzazione del prodotto in questione presenta un rischio per la salute umana (10).

    44.   È chiaro che il requisito della previa omologazione di un certo prodotto e del riconoscimento dell’equivalenza dei certificati rilasciati in un altro Stato membro che attestino la qualità di tale prodotto o la sua idoneità per un determinato utilizzo limitano l’accesso al mercato dello Stato membro importatore. Eo ipso, questo caso si verifica quando le richieste di omologazione o riconoscimento dell’equivalenza sono respinte. Tali requisiti rappresentano pertanto misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione ai sensi dell’art. 28 CE (11).

    45.   La procedura di omologazione di cui all’art. 17 del decreto legge n. 38/382 si propone di garantire la sicurezza dei materiali impiegati in edifici e opere di costruzione e, quindi, è anche funzionale alla protezione della salute delle persone. Sotto quest’aspetto appare ammissibile che il requisito dell’omologazione di materiali da costruzione e metodi di costruzione nuovi o non sperimentati trovi giustificazione in base all’art. 30 CE.

    46.   Tali misure nazionali, tuttavia, devono anche soddisfare le condizioni di necessità e proporzionalità. La Commissione ha richiamato la giurisprudenza della Corte secondo cui gli Stati membri sono tenuti a contribuire al conseguimento dello snellimento dei controlli in vigore nel commercio intracomunitario (12). Quest’obbligo, implicito anche nell’art. 10 CE, comporta che le autorità nazionali non possano esigere la duplicazione di prove o analisi e che debbano tenere in considerazione i risultati delle procedure di omologazione eseguite da organismi riconosciuti ed autorizzati in altri Stati membri. Un’adeguata osservanza di quest’obbligo richiede un atteggiamento attivo sia da parte dell’organismo nazionale a cui è stata presentata una richiesta di omologazione per un prodotto o per il riconoscimento dell’equivalenza di un certificato, sia da parte dell’organismo di certificazione che ha già autorizzato il prodotto e rilasciato un certificato per quel prodotto. Questi organismi, dopo tutto, si trovano in una posizione migliore ripsetto ai singoli richiedenti che desiderano commercializzare i prodotti in causa od utilizzarli per ottenere le informazioni necessarie. Non solo tali organismi hanno mezzi più adeguati per instaurare i contatti del caso con organismi analoghi negli Stati membri, spetta altresì loro valutare le informazioni necessarie in merito allo status dell’organismo di certificazione che ha omologato i prodotti in causa e rilasciato un certificato, e i metodi e le norme adottati.

    47.   In altre parole, gli organismi di certificazione devono fornirsi mutua e costruttiva collaborazione al fine di facilitare le procedure da seguire per ottenere l’accesso al mercato nazionale dello Stato membro d’importazione, a prescindere dall’affiliazione ad organizzazioni globali unificanti o dall’esistenza di accordi formali di cooperazione. Qualora un prodotto sia già stato omologato da un organismo riconosciuto in uno Stato membro, l’onere della prova non può gravare sugli operatori del mercato affinchè dimostrino l’equivalenza dei metodi utilizzati e delle norme applicati.

    48.   Nella presente controversia, risulta dal fascicolo di causa che lo LNEC ha rifiutato di riconoscere l’equivalenza del certificato rilasciato dall’IIP in base a motivazioni puramente formali. Esso ha addotto l’argomento che l’IIP non era membro dell’UEATC, a cui lo LNEC è invece affiliato, e che non aveva alcun accordo di cooperazione con l’IIP. Lo LNEC, tuttavia, non ha contattatto di sua iniziativa l’istituzione italiana per acquisire le informazioni che gli avrebbero permesso di valutare la natura del certificato presentato dalla società ricorrente. Ciò rappresenta in sé una violazione dell’obbligo di cooperazione descritto in precedenza.

    49.   A ciò si aggiunga che il fatto che le disposizioni nazionali in oggetto consentono unicamente l’omologazione di interi impianti idraulici e non di singoli tubi, va ben al di là di quanto è necessario per realizzare gli obiettivi di sicurezza degli edifici e di sanità pubblica. Pur potendosi accettare che vi è un’esigenza di far sì che l’intero sistema di un impianto idraulico funzioni correttamente e in maniera sicura, ciò non deve essere vincolato alla possibilità di determinare se gli elementi costitutivi siano idonei all’uso previsto. Quest’ultimo aspetto non deve dipendere dalla loro omologazione nel contesto di un sistema globale.

    50.   Infine, come sottolineato dalla Commissione, la Corte ha spesso ritenuto che «un regime di previa autorizzazione amministrativa, perchè sia giustificato anche quando deroghi ad una libertà fondamentale, deve essere fondato in ogni caso su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali affinchè esso non sia usato in modo arbitrario» (13). L’art. 17 del decreto legge n. 38 /382, il quale dispone l’assoggettamento all’omologazione da parte dello LNEC unicamente per i materiali da costruzione e metodi nuovi e non sperimentati, palesemente non è conforme a tali requisiti procedurali.

    51.   Alla luce delle considerazioni esposte nei tre paragrafi precedenti ritengo che l’art. 17 del decreto legge n. 38/382 costituisca una violazione del principio di proporzionalità e che pertanto è incompatibile con l’art. 28 CE.

    C –    La procedura d’informazione reciproca della

    52.   La Commissione osserva che il diniego di omologazione da parte dell’EPAL dell’impianto idraulico in mancanza di un certificato rilasciato dallo LNEC ed il diniego di quest’ultimo di riconoscere l’equivalenza del certificato emesso dall’IIP rappresentano una ‘misura’ ai sensi dell’art. 1 della e, di conseguenza, avrebbero dovuto essere notificati alla Commissione entro un termine di 45 giorni a decorrere dalla data di adozione.

    53.   Il governo portoghese replica che, essendo questa misura adottata per dare attuazione ai suoi obblighi ai sensi della , in base all’art. 3, n. 2, della , la procedura di notifica non è ad essa applicabile.

    54.   Ai sensi dell’art. 1 della , «quando uno Stato membro si oppone alla libera circolazione o all’immissione in commercio di un certo modello o di un certo tipo di prodotto fabbricato o commercializzato legalmente in un altro Stato membro, esso notifica alla Commissione tale misura, qualora questa abbia, quale effetto diretto o indiretto, un divieto generale, un diniego di autorizzazione di immissione in commercio, la modifica del modello o del tipo di prodotto in causa ai fini dell’immissione o del mantenimento in commercio, o un ritiro dal commercio». Nell’interpretazione della Corte «tale nozione comprende (…) tutti i provvedimenti adottati da uno Stato membro, ad eccezione delle decisioni giudiziarie, che abbiano l’effetto di limitare la libera circolazione delle merci legalmente fabbricate o commercializzate in un altro Stato membro, qualunque sia la loro forma o l’autorità che li ha emanati» (14).

    55.   Nella presente controversia, le decisioni prese unitamente dall’EPAL e dallo LNEC vietano di fatto l’utilizzo dei tubi di polietilene in questione e devono essere considerate come una misura ai sensi dell’art. 1 della . Poiché tali provvedimenti non possono essere ritenuti costituire una misura adottata in applicazione della , essi non risultano esenti dall’obbligo di notifica.

    56.   Pertanto, omettendo di notificare alla Commissione la misura adottata per i tubi di polietilene in questione entro 45 giorni, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 1 della .

    V –    Spese

    57.   Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poichè la Commissione ne ha fatto domanda, il governo portoghese, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

    VI – Conclusioni

    58.   Propongo dunque alla Corte di:

    1)      dichiarare che assoggettando, in virtù dell’art. 17 del decreto legge n. 38/382 del 7 agosto 1951, i tubi di polietilene importati da altri Stati membri ad una procedura di omologazione senza tenere in considerazione i certificati di omologazione emessi da tali Stati, e non avendo informato la Commissione di tale misura, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE, nonché degli artt. 1 e 4, n. 2, della , che stabilisce una procedura d’informazione reciproca sulle misure nazionali che derogano al principio di libera circolazione delle merci all’interno della Comunità;

    2)      condannare la Repubblica portoghese alle spese.


    1 – Lingua originale: l'inglese.


    2 – Direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/106/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione (GU 1989 L 40, pag. 12), come modificata dalla Direttiva del Consiglio 22 luglio 1993, 93/68/CEE che modifica le direttive del Consiglio 87/404/CEE (recipienti semplici a pressione), 88/378/CEE (sicurezza dei giocattoli), 89/106/CEE (prodotti da costruzione), 89/336/CEE (compatibilità elettromagnetica), 89/392/CEE (macchine), 89/686/CEE (dispositivi di protezione individuale), 90/384/CEE (strumenti per pesare a funzionamento non automatico), 90/385/CEE (dispositivi medici impiantabili attivi), 90/396/CEE (apparecchi a gas), 91/263/CEE (apparecchiature terminali di telecomunicazione), 92/42/CEE (nuove caldaie ad acqua alimentate con combustibili liquidi o gassosi) e 73/23/CEE (materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni limiti di tensione) (GU 1993 L 220, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 89/106»).


    3 – I requisiti essenziali per le opere riguardano gli aspetti seguenti: resistenza meccanica e stabilità; sicurezza in caso d’incendio; igiene, salute e ambiente; sicurezza nell’impiego; protezione contro il rumore; risparmio energetico e ritenzione di calore.


    4 – Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 13 dicembre 1995, 3052/95/CE, che istituisce una procedura d’informazione reciproca sulle misure nazionali che derogano al principio di libera circolazione delle merci all’interno della Comunità, GU L 321, pag. 1 (in prosieguo: la «decisione 3052/95»).


    5 – Lo LNEC, evidentemente, non faceva riferimento ai certificati emessi dall’AENOR. Secondo il governo portoghese questo certificato non era stato presentato allo LNEC.


    6 – Si veda al riguardo il quarto considerando della direttiva: «Considerando che il Libro bianco per il completamento del mercato interno, approvato dal Consiglio europeo del giugno 1985, precisa al punto 71 che nell’ambito della politica generale si porrà particolarmente l’accento su alcuni settori ed in particolare su quello della costruzione; che l’eliminazione degli ostacoli tecnici nel settore della costruzione, nella misura in cui questi non possono essere eliminati con il reciproco riconoscimento dell’equivalenza tra tutti gli Stati membri, deve conformarsi ai nuovi orientamenti previsti dalla risoluzione del Consiglio del 7 maggio 1985 la quale comporta la definizione di requisiti essenziali alla sicurezza ed altri aspetti importanti ai fini del benessere generale, senza ridurre i giustificati livelli di protezione in vigore negli Stati membri».


    7 – Cfr. il secondo e terzo ‘considerando’ alla direttiva.


    8 – Sentenza 17 dicembre 1981, causa C-272/80, Frans‑Nederlandse Maatschappij voor Biologische Producten (Racc. pag. I-3277, punto 14).


    9 – Sentenza 22 gennaio 2002, causa C‑390/99, Canal Satélite Digital (Racc. pag. I‑607, punto  35).


    10 – Sentenza 19 giugno 2003, causa C‑421/01, Commissione delle Comunità europee e Repubblica italiana (Racc. pag. I‑6445, punto 30)


    11 – Si veda a riguardo sentenza 8 maggio 2003, causa C‑14/02, ATRAL (Racc. pag. I‑4431, punti 62 e 63).


    12 – V. il paragrafo 38, supra.


    13 – Sentenza Canal Satélite Digital, cit. alla nota 9, punto 35.


    14 – Sentenza 20 giugno 2002, cause riunite C‑388/00 e C‑429/00, Radiosistemi Srl (Racc. pag. I‑5845, punto 68).

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