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Document 62003CC0266

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 25 novembre 2004.
Commissione delle Comunità europee contro Granducato del Lussemburgo.
Inadempimento di uno Stato - Negoziazione, conclusione, ratifica ed entrata in vigore di accordi bilaterali da parte di uno Stato membro - Trasporti di merci o di persone per via navigabile - Competenza esterna della Comunità - Art. 10 CE - Regolamenti (CEE) n. 3921/91 e (CE) n. 1356/96.
Causa C-266/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-04805

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2004:750

Conclusions

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
PHILIPPE LÉGER
presentate il 25 novembre 2004(1)



Causa C-266/03



Commissione delle Comunità europee
contro
Granducato di Lussemburgo



«Inadempimento di uno Stato – Trasporti per via navigabile – Competenza esterna esclusiva della Comunità – Condizioni – Negoziazione, conclusione, ratifica ed entrata in vigore di accordi bilaterali sulla navigazione fluviale – Art. 10 CE»






1.        Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di giustizia di dichiarare che il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in virtù dell’art. 10 CE nonché del regolamento (CEE) del Consiglio 16 dicembre 1991, n. 3921, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro  (2) , e, infine, del regolamento (CE) del Consiglio 8 luglio 1996, n. 1356, riguardante regole comuni applicabili ai trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri al fine di realizzare in tali trasporti la libera prestazione dei servizi  (3) .

2.        La Commissione addebita infatti al Granducato di Lussemburgo di aver individualmente negoziato, concluso, ratificato, fatto entrare in vigore e rifiutato di denunciare accordi bilaterali relativi alla navigazione fluviale che lo vincolano alla Repubblica federativa ceca e slovacca, alla Romania ed alla Polonia.

3.        La trasgressione rimproverata viene negata nel merito dal governo lussemburghese, sebbene quest’ultimo abbia manifestato la sua intenzione di denunciare gli accordi bilaterali controversi.

4.        Si avrà modo di constatare che la presente causa costituisce il seguito logico, in materia di trasporti per via navigabile, delle sentenze rese dalla Corte nelle cause c.d. «di cielo aperto»  (4) , che riguardavano accordi bilaterali conclusi da numerosi Stati membri con gli Stati Uniti d’America in materia di trasporto aereo.

I – Quadro giuridico

A – Il diritto comunitario

1. L’art. 10 CE

5.        A termini di quest’articolo:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti.

Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato».

2. Le norme comunitarie in materia di trasporti per via navigabile

6.        Il titolo V del trattato CE è dedicato alla materia dei trasporti. All’art. 70 CE si prevede che, per questa materia, «gli Stati membri perseguono gli obiettivi del trattato (…) nel quadro di una politica comune dei trasporti».

7.        Ai fini dell’esecuzione di tale politica comune, l’art. 71, n. 1, CE dispone che «il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, stabilisce:

a)

norme comuni applicabili ai trasporti internazionali in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri,

b)

le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali in uno Stato membro,

c)

le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti,

d)

ogni altra utile disposizione».

8.        L’art. 80, n. 1, CE precisa che «[l]e disposizioni del presente titolo si applicano ai trasporti ferroviari, su strada e per vie navigabili».

9.        La politica comunitaria dei trasporti per via navigabile comprende diversi aspetti, tra cui il risanamento strutturale del settore della navigazione interna, l’armonizzazione dei requisiti per il conseguimento ed il riconoscimento reciproco delle patenti nautiche nazionali per la navigazione interna, i servizi di trasporto per via navigabile prestati in uno Stato membro da vettori non residenti e il trasporto di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri.

10.      A questi due ultimi aspetti della politica comunitaria dei trasporti per via navigabile è stata data esecuzione, rispettivamente, con i regolamenti nn. 3921/91 e 1356/96.

11.      Il regolamento n. 3921/91 ha per obiettivo l’eliminazione delle restrizioni che esistono nei confronti dei prestatori di servizi di trasporto per via navigabile, motivate dalla loro cittadinanza o dal fatto che siano stabiliti in uno Stato membro diverso da quello in cui la prestazione deve essere fornita. Conformemente al principio generale della parità di trattamento, i vettori non residenti devono quindi essere autorizzati, secondo il predetto regolamento, ad effettuare trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile alle stesse condizioni di quelle che lo Stato membro interessato impone ai propri vettori.

12.      Tale facoltà, di cui beneficiano, a decorrere dal 1° gennaio 1993, tutti i vettori di merci o di persone, di effettuare, a titolo temporaneo, trasporti nazionali per conto terzi in uno Stato membro dove non si è stabiliti, pratica denominata «cabotaggio», è soggetta a condizioni relative al vettore ed ai battelli utilizzati da quest’ultimo.

13.      Per quanto riguarda le condizioni relative al vettore, risulta dall’art. 1 del regolamento n. 3921/91 che il cabotaggio in uno Stato membro può essere effettuato da qualsiasi vettore che sia stabilito in uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest’ultimo ed, eventualmente, sia ivi abilitato ad effettuare trasporti internazionali di merci o di persone per via navigabile.

14.      Con riferimento alle condizioni relative ai battelli utilizzati dal vettore per effettuare il cabotaggio in uno Stato membro, l’art. 2, n. 1, precisa che si deve trattare di battelli il cui proprietario o i cui proprietari siano persone fisiche che hanno il loro domicilio in uno Stato membro e sono cittadini di uno Stato membro, o persone giuridiche che abbiano la loro sede sociale in uno Stato membro e appartengano in maggioranza a cittadini degli Stati membri.

15.      Infine, l’art. 6 del regolamento n. 3921/91 precisa che le sue disposizioni «non pregiudicano i diritti esistenti ai sensi della convenzione modificata per la navigazione sul Reno (convenzione di Mannheim)»  (5) .

16.      Quanto al regolamento n. 1356/96, questo ha per obiettivo la realizzazione della libera prestazione di servizi nel settore dei trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri. A questo fine, esso mira, proprio come il regolamento n. 3921/91, all’eliminazione delle restrizioni nei confronti dei prestatori di servizi basate sulla cittadinanza ovvero sul fatto che essi siano stabiliti in uno Stato membro diverso da quello nel quale la prestazione deve essere fornita.

17.      Secondo il primo ‘considerando’ del regolamento n. 1356/96, «l’instaurazione di una politica comune dei trasporti comporta, tra l’altro, l’introduzione di regole comuni applicabili all’accesso al mercato dei trasporti internazionali di merci e di persone per via navigabile sul territorio della Comunità; (…) tali regole devono essere stabilite in modo da contribuire al completamento del mercato interno dei trasporti».

18.      Inoltre, il terzo ‘considerando’ del detto regolamento espone il contesto nonché le ragioni della sua adozione. Ne risulta che, in seguito all’adesione di nuovi Stati membri, i regimi divergenti, derivanti da accordi bilaterali tra Stati membri e nuovi Stati aderenti, hanno reso necessario stabilire «regole comuni per assicurare il buon funzionamento del mercato interno dei trasporti e, più in particolare, per evitare distorsioni della concorrenza e perturbazioni nell’organizzazione del mercato in questione».

19.      Risulta, in sostanza, dagli artt. 1 e 2 del regolamento n. 1356/96 che qualsiasi vettore di merci o di persone per via navigabile è autorizzato ad effettuare le operazioni di trasporto tra Stati membri e in transito attraverso questi, senza discriminazioni motivate dalla sua cittadinanza e dal suo luogo di stabilimento, purché rispetti le seguenti condizioni: essere stabilito in uno Stato membro nel rispetto della legislazione di quest’ultimo, essere ivi autorizzato a effettuare trasporti internazionali di merci o di persone per via navigabile, utilizzare per tali operazioni di trasporto battelli per la navigazione interna immatricolati in uno Stato membro oppure muniti di un’attestazione di appartenenza alla flotta di uno Stato membro e, infine, soddisfare le condizioni previste all’art. 2 del regolamento n. 3921/91  (6) .

20.      Infine, l’art. 3 del regolamento n. 1356/96 precisa che le disposizioni di quest’ultimo «non pregiudicano i diritti esistenti per i vettori dei paesi terzi a titolo della convenzione modificata sulla navigazione del Reno (Convenzione di Mannheim), della convenzione sulla navigazione del Danubio (Convenzione di Belgrado) [  (7) ], né i diritti che derivano da obblighi internazionali della Comunità».

B – Gli accordi bilaterali firmati ed approvati dal Granducato di Lussemburgo

21.      Tre accordi bilaterali relativi ai trasporti per via navigabile sono stati firmati dal Granducato di Lussemburgo, rispettivamente, con:

la Repubblica federativa ceca e slovacca, il 30 dicembre 1992; questo accordo è stato approvato dalla Camera dei deputati del Granducato di Lussemburgo il 10 aprile 1994 ed è entrato in vigore il 6 giugno 1994;

la Romania, il 10 novembre 1993; questo accordo è stato approvato dalla Camera dei deputati del Granducato di Lussemburgo il 6 gennaio 1995 ed è entrato in vigore il 3 febbraio 1995;

la Polonia, il 9 marzo 1994; questo accordo è stato approvato dalla Camera dei deputati del Granducato di Lussemburgo il 24 luglio 1995 ed è entrato in vigore il 1° ottobre 1995.

22.      Questi accordi bilaterali stabiliscono regole relative ai trasporti di persone e di merci per via navigabile tra le parti contraenti nonché all’utilizzo reciproco delle vie navigabili di ciascuna parte ad opera dei battelli dell’altra parte. Essi prevedono anche che il traffico dei battelli di una parte tra i porti dell’altra parte e i porti di uno Stato terzo a questi accordi, che implichi l’imbarco e/o lo sbarco di passeggeri ed il carico e/o lo scarico di merci (traffico con gli Stati terzi), è soggetto alla previa autorizzazione delle autorità competenti.

C – Il progetto di accordo multilaterale tra la Comunità europea e diversi paesi terzi

23.      Sul piano delle relazioni esterne della Comunità con i paesi terzi, il Consiglio, nella sessione tenuta il 7 dicembre 1992, ha deciso di autorizzare la Commissione «a negoziare un accordo tra la Comunità economica europea, da una parte, e la Polonia e gli Stati contraenti della Convenzione del Danubio (Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, ex‑URSS, ex‑Iugoslavia e Austria), dall’altra»  (8) [traduzione libera del francese]. L’obiettivo generale delle negoziazioni era di concludere un accordo multilaterale unico tra la Comunità ed i paesi citati concernente le norme applicabili al trasporto fluviale di viaggiatori e di merci tra le parti interessate.

24.      Queste negoziazioni erano motivate, in particolare, dalla necessità di stabilire un’efficace rete paneuropea di trasporti per via navigabile al fine di ridurre la congestione delle reti di trasporto est-ovest, soprattutto dopo l’apertura del canale Reno-Meno-Danubio nel 1992.

25.      Tenuto conto, in particolare, dei rivolgimenti politici ed economici di cui erano teatro, all’epoca, certi Stati della regione del Danubio, il Consiglio ha deciso, l’8 aprile 1994, che una priorità dovesse essere accordata alla conduzione delle negoziazioni con l’Ungheria, la Polonia, la Repubblica ceca e la Slovacchia.

26.      In seguito a tali negoziazioni, la Commissione ha presentato al Consiglio, il 13 dicembre 1996, una proposta di decisione relativa alla conclusione di una convenzione che stabilisce le condizioni per il trasporto di merci e passeggeri per via navigabile interna tra la Comunità europea da un lato e la Repubblica ceca, la Repubblica di Polonia e la Repubblica slovacca dall’altro  (9) .

27.      A tutt’oggi, tale proposta di decisione non è stata adottata dal Consiglio.

II – Procedimento precontenzioso

28.      A seguito della citata decisione del Consiglio, datata 7 dicembre 1992, che autorizzava la Commissione a negoziare con certi paesi terzi dell’Europa centrale ed orientale un accordo multilaterale in materia di trasporto fluviale, la Commissione, con lettera del 24 aprile 1993, ha chiesto a diversi Stati membri, tra cui il Granducato di Lussemburgo, «di astenersi da ogni iniziativa suscettibile di compromettere il buon andamento delle negoziazioni intraprese a livello comunitario e, in particolare, di rinunciare alla ratifica degli accordi [bilaterali] già siglati o firmati nonché all’apertura di nuove negoziazioni con paesi dell’Europa centrale ed orientale in materia di navigazione interna»[traduzione libera del francese].

29.      Dopo l’invio di una nuova lettera, in data 12 aprile 1994, a cui le autorità lussemburghesi hanno risposto ufficialmente in data 9 maggio 1994, la Commissione, in conformità all’art. 169 del trattato CE (divenuto art. 226 CE), ha avviato un procedimento precontenzioso con lettera di diffida del 10 aprile 1995. Essa riteneva infatti che il proseguimento delle procedure di conclusione di accordi bilaterali con la Repubblica ceca e la Slovacchia da parte del Granducato di Lussemburgo pregiudicasse il diritto comunitario.

30.      Con lettera del 2 dicembre 1998, la Commissione ha notificato al governo lussemburghese una lettera di diffida integrativa con cui essa, in particolare, estendeva le sue censure agli accordi bilaterali conclusi dal Granducato di Lussemburgo con la Romania e la Polonia.

31.      Non soddisfatta delle risposte fornite da questo governo, la Commissione ha indirizzato ad esso, il 28 febbraio 2000, un parere motivato. Il governo lussemburghese ha risposto a questo parere motivato con lettera del 17 maggio 2000.

32.      Questa risposta non ha convinto la Commissione, che ha introdotto il presente ricorso, ai sensi dell’art. 226 CE, con istanza depositata presso la cancelleria della Corte il 18 giugno 2003.

III – Ricorso

33.      A sostegno del suo ricorso, la Commissione formula tre censure dirette contro il Granducato di Lussemburgo.

34.      La prima censura verte sulla violazione da parte di questo Stato membro della competenza esterna esclusiva della Comunità, ai sensi della giurisprudenza «AETS»  (10) .

35.      La seconda censura è relativa all’inosservanza da parte del Granducato di Lussemburgo degli obblighi ad esso derivanti dall’art. 10 CE.

36.      La terza censura verte sull’incompatibilità degli accordi bilaterali conclusi tra il Granducato di Lussemburgo, da una parte, e la Repubblica federativa ceca e slovacca, la Romania e la Polonia, dall’altra, con il regolamento n. 1356/96.

A – Sulla prima censura relativa alla violazione della competenza esterna esclusiva della Comunità ai sensi della giurisprudenza AETS

1. Argomenti delle parti

37.      La Commissione addebita al Granducato di Lussemburgo di aver violato la competenza esclusiva comunitaria, ai sensi della giurisprudenza AETS, negoziando, concludendo, ratificando e facendo entrare in vigore accordi bilaterali con la Repubblica federativa ceca e slovacca, la Romania e la Polonia. Infatti, a suo parere, questi accordi inciderebbero sulle norme comuni adottate dalla Comunità con il regolamento n. 3921/91, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro.

38.      In particolare, la Commissione ritiene che gli accordi bilaterali in questione e, in particolare, le disposizioni di questi che permettono, mediante un’autorizzazione speciale, l’accesso al cabotaggio nel Granducato di Lussemburgo ai vettori dei paesi terzi interessati, incidano sulle norme comunitarie contenute nel regolamento n. 3921/91, in quanto queste ultime armonizzerebbero compiutamente, a partire dal 1° gennaio 1993, le condizioni relative al cabotaggio negli Stati membri della Comunità. Così, riservandosi il diritto di concedere unilateralmente diritti di accesso a vettori di paesi terzi estranei al contesto comunitario, il Granducato di Lussemburgo avrebbe violato la competenza esterna esclusiva della Comunità.

39.      Facendo riferimento alle sentenze rese dalla Corte nelle citate cause «di cielo aperto», la Commissione ritiene che il regolamento n. 3921/91 non riguardi solamente i vettori comunitari, ma anche i vettori di paesi terzi; ciò sarebbe confermato dall’art. 6 del suddetto regolamento, il quale riconoscerebbe i diritti di accesso dei vettori svizzeri al cabotaggio negli Stati membri in virtù della convenzione di Mannheim  (11) .

40.      In risposta a tali argomenti, il governo lussemburghese fa valere, in primo luogo, che la conclusione degli accordi bilaterali controversi è stata motivata dalla duplice necessità di evitare, da una parte, qualsiasi discriminazione tra gli operatori economici lussemburghesi e gli operatori economici di altri Stati membri che hanno concluso accordi bilaterali con paesi terzi e, dall’altra, una lacuna giuridica nell’attesa della conclusione di un ipotetico accordo comunitario.

41.      Così, in attesa della conclusione di un accordo multilaterale da parte della Comunità, quest’ultima non avrebbe il diritto d’interdire ai suoi Stati membri di munirsi di strumenti bilaterali provvisori.

42.      Il governo lussemburghese rileva pure che l’ammissione di vettori non residenti al diritto di cabotaggio nel Granducato di Lussemburgo è soggetta, in virtù dell’art. 7 degli accordi bilaterali, all’autorizzazione del Ministro dei Trasporti lussemburghese, e che una tale autorizzazione del resto non è mai stata rilasciata.

43.      Inoltre, esso sostiene che il regolamento n. 3921/91 riguarda solo gli Stati membri della Comunità, e non i paesi terzi.

44.      Esso argomenta infine che, a partire dal 1° maggio 2004, data dell’adesione della Repubblica ceca, della Polonia e della Slovacchia all’Unione europea, gli accordi conclusi, controversi in questa sede, avranno perso ogni valore giuridico.

2. Valutazione

45.      In primo luogo, osservo che l’argomento della perdita di valore giuridico degli accordi bilaterali provocata dall’adesione delle parti interessate all’Unione europea il 1° maggio 2004 è in ogni caso irrilevante per la valutazione del presente ricorso. Infatti, è giurisprudenza costante che «l’esistenza o meno di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tener conto dei mutamenti successivi»  (12) . Ora, nella fattispecie, tale termine giungeva a scadenza il 28 aprile 2000.

46.      Al fine di valutare la prima censura sollevata dalla Commissione, è opportuno ricordare le condizioni in presenza delle quali la Comunità può vantare una competenza esterna esclusiva, ai sensi della giurisprudenza generata dalla citata sentenza AETS.

47.     È noto che in questa sentenza la Corte ha posto le basi di quella che per convenzione si chiama la «teoria delle competenze esterne implicite della Comunità». Così, la Corte ha ammesso che il principio delle competenze di attribuzione previste esplicitamente dal trattato non impedisce l’esistenza di competenze implicite sorte dal sistema del trattato. Ma, a parte il modo di attribuzione – espresso o tacito – delle competenze esterne della Comunità, la Corte ha anche definito le condizioni per l’esclusività di tali competenze. Ed è unicamente quest’ultimo aspetto che qui esamino, in quanto la dimensione esterna della competenza della Comunità in materia di trasporti per via navigabile non viene contestata dal governo lussemburghese.

48.      Secondo la Corte, «tutte le volte che (per la realizzazione di una politica comune prevista dal trattato) la Comunità ha adottato (…) disposizioni contenenti, sotto qualsivoglia forma, norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere – né individualmente, né collettivamente – di contrarre con gli Stati terzi obbligazioni che incidano su dette norme». Infatti, «man mano che queste norme comuni vengono adottate (…) si accentra nella Comunità la competenza ad assumere e ad adempiere – con effetto per l’intera sfera in cui vige l’ordinamento comunitario – [gli] impegni nei confronti degli Stati terzi»  (13) .

49.      Con queste due considerazioni di principio, la Corte già indicava che l’acquisizione di una competenza esterna esclusiva da parte della Comunità è per sua natura progressiva, in quanto dipende strettamente dal grado di copertura di una materia da parte della regolamentazione comunitaria interna  (14) . Peraltro, la Corte metteva in evidenza quanto la sua ulteriore giurisprudenza ha confermato come criterio centrale dell’esclusività delle competenze esterne comunitarie, e cioè il criterio dell’incidenza sulle norme comunitarie degli obblighi internazionali contratti dagli Stati membri con paesi terzi.

50.      La giurisprudenza seguente, che consiste principalmente in una serie di pareri resi dalla Corte ai sensi dell’art. 228 del trattato CEE (divenuto art. 228 del trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 300 CE)  (15) , ha permesso di precisare ciò che questo criterio dell’incidenza implica. Così, la Corte ha rilevato che incidenza non significa contraddizione, ossia che sulle norme comuni stabilite sul piano comunitario possono certamente incidere disposizioni di accordi internazionali, anche nel caso in cui questi ultimi non siano affatto in contraddizione con le prime. L’incidenza deriva allora dalla constatazione che un accordo internazionale «si occupa di un settore già in gran parte disciplinato da norme comunitarie, gradualmente emanate (…)»  (16) .

51.      La Corte ha realizzato la sintesi di questi elementi nelle sue citate sentenze «di cielo aperto», a proposito di accordi bilaterali vincolanti gli Stati membri implicati nei confronti degli Stati Uniti d’America  (17) . Essa è stata portata a ricordare a quali condizioni gli accordi internazionali possono incidere sulla portata delle norme comuni o alterare la stessa e, di conseguenza, a quali condizioni la Comunità acquisisce una competenza esterna esclusiva grazie all’esercizio della sua competenza interna. Secondo la Corte, «questo si verifica quando gli accordi internazionali rientrano nell’ambito di applicazione delle norme comuni (…) o comunque [in] un settore già in gran parte disciplinato da tali norme»  (18) .

52.      La Corte ne ha dedotto che, «allorché la Comunità include nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi o conferisce espressamente alle proprie istituzioni una competenza a negoziare con i paesi terzi, essa acquista una competenza esterna esclusiva in misura corrispondente ai suddetti atti (…)»  (19) .

53.      E, a suo parere, «[l]o stesso vale, anche in mancanza di clausola espressa che autorizzi le istituzioni a negoziare con i paesi terzi, quando la Comunità realizza un’armonizzazione completa in un determinato settore, poiché il mantenimento da parte degli Stati membri di una certa libertà di negoziare coi paesi terzi potrebbe incidere, ai sensi della precitata sentenza AETS, sulle norme comuni così adottate (…)»  (20) .

54.      Sulla base di tali elementi relativi alla definizione da parte della Corte del carattere esclusivo della competenza esterna della Comunità, si deve adesso determinare se gli impegni internazionali contratti dal Granducato di Lussemburgo possano incidere sulle norme comuni invocate dalla Commissione nell’ambito del presente ricorso, ossia quelle risultanti dal regolamento n. 3921/91.

55.      Risulta dall’argomentazione sviluppata dalla Commissione che quest’ultima fa conseguire la competenza esterna esclusiva della Comunità dalla circostanza che, così come ha giudicato la Corte, «la Comunità [ha incluso] nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi»  (21) .

56.      Ora, ritengo, così come suggerisce il governo lussemburghese, che il regolamento n. 3921/91 non comprenda per l’appunto nessuna clausola che definisca il trattamento da riservare ai vettori di paesi terzi.

57.     È opportuno, infatti, ricordare che questo regolamento, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro, riguarda solo i vettori che sono stabiliti in uno Stato membro e che utilizzano battelli il cui proprietario o i cui proprietari sono persone fisiche aventi il loro domicilio in uno Stato membro e cittadini di uno Stato membro, o persone giuridiche che hanno la loro sede sociale in uno Stato membro e appartengono in maggioranza a cittadini degli Stati membri  (22) .

58.      Osservo, peraltro, che il fatto che l’art. 6 del regolamento n. 3921/91 stabilisca che le sue disposizioni «non pregiudicano i diritti esistenti ai sensi della convenzione modificata per la navigazione sul Reno (convenzione di Mannheim)» conferma, a mio parere, la tesi che il legislatore comunitario non ha regolato l’accesso dei vettori dei paesi terzi al mercato intracomunitario dei trasporti per via navigabile. Con tale articolo, la Comunità, secondo me, non fa che prendere atto dei diritti derivanti a favore della Svizzera dalla convenzione di Mannheim. Sostenere il punto di vista contrario finirebbe, del resto, per privare di ogni utilità le negoziazioni intraprese a livello comunitario, per iniziativa del Consiglio, al fine della conclusione di un accordo multilaterale destinato, in particolare, a regolare la situazione dei vettori dei paesi terzi interessati.

59.      Pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte, come precisata da ultimo nelle sue sentenze «di cielo aperto», ritengo che sulle norme comuni che figurano nel regolamento n. 3921/91, in quanto riguardano solo i vettori comunitari, non possano incidere accordi bilaterali concernenti, loro sì, i vettori dei paesi terzi che vi partecipano.

60.      Inoltre, e conformemente a quanto la Corte ha precisato nelle sue sentenze «di cielo aperto», il fatto stesso che il regolamento di cui si avvale la Commissione non regoli la situazione dei vettori di paesi terzi che operano all’interno della Comunità è tale da dimostrare che l’armonizzazione realizzata da questo regolamento non ha un carattere completo  (23) .

61.      Secondo me, da questi elementi risulta che la Comunità non può vantare una competenza esterna esclusiva, ai sensi della giurisprudenza AETS, motivata dal fatto che gli obblighi internazionali sottoscritti dal Granducato di Lussemburgo negli accordi bilaterali chiamati in causa dalla Commissione inciderebbero sulle norme comunitarie contenute nel regolamento n. 3921/91.

62.      Alla luce di ciò, e attenendomi alla censura così come è stata motivata dalla Commissione nel suo ricorso, sono dell’opinione che la negoziazione, la conclusione, la ratifica e l’entrata in vigore degli accordi bilaterali tra il Granducato di Lussemburgo, da una parte, e la Repubblica federativa ceca e slovacca, la Romania e la Polonia, dall’altra, non costituiscano violazione di una competenza esterna esclusiva della Comunità.

63.      Per questo propongo alla Corte di giudicare infondata la prima censura sollevata dalla Commissione.

B – Sulla censura relativa alla violazione dell’art. 10 CE

1. Argomenti delle parti

64.      Con questa seconda censura, la Commissione ritiene che il Granducato di Lussemburgo non abbia rispettato gli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 10 CE. Infatti, continuando a negoziare, a firmare, a ratificare ed a fare entrare in vigore gli accordi bilaterali in questione dopo che il Consiglio aveva deciso, il 7 dicembre 1992, di autorizzare la Commissione a negoziare un accordo a nome della Comunità, il Granducato di Lussemburgo avrebbe messo in pericolo la realizzazione di questa decisione del Consiglio. Così, la negoziazione da parte della Commissione di un accordo a nome della Comunità come anche la successiva conclusione di un tale accordo da parte del Consiglio si troverebbero inevitabilmente complicati dall’interferenza di iniziative individuali di uno Stato membro. La posizione negoziale della Comunità sarebbe inoltre indebolita di fronte ai paesi terzi, se la Comunità ed i suoi Stati membri si presentassero in ordine sparso.

65.      Oltre agli argomenti esposti ai paragrafi 40 e 41 delle presenti conclusioni, il governo lussemburghese fa valere che gli accordi bilaterali controversi sono stati negoziati prima del 7 dicembre 1992, data in cui il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare un accordo multilaterale tra la Comunità, da una parte, e la Polonia e gli Stati contraenti della convenzione del Danubio, dall’altra.

66.      Esso ritiene peraltro che la decisione del Consiglio 8 aprile 1994, con cui si invitava la Commissione ad accordare un’attenzione particolare alle negoziazioni con l’Ungheria, la Polonia, la Repubblica ceca e la Slovacchia, costituisca, in realtà, un nuovo mandato a negoziare che sostituirebbe quello previsto nella decisione del Consiglio 7 dicembre 1992.

67.      Infine, il governo lussemburghese ricorda di essersi dichiarato pronto a denunciare tutti i suoi accordi bilaterali in materia di navigazione interna, immediatamente dopo l’entrata in vigore di un accordo multilaterale.

2. Valutazione

68.      In primo luogo, preciso che risulta dal fascicolo che, se gli accordi bilaterali in causa sono stati probabilmente negoziati in parte prima della decisione del Consiglio 7 dicembre 1992, che autorizzava la Commissione a negoziare un accordo multilaterale, non di meno resta il fatto che essi sono stati tutti firmati ed approvati posteriormente alla suddetta decisione comunitaria. Inoltre, le negoziazioni relative agli accordi bilaterali conclusi con la Romania e la Polonia sono verosimilmente proseguite dopo la decisione del Consiglio 7 dicembre 1992, dal momento che la loro firma è intervenuta, rispettivamente, il 10 novembre 1993 e il 9 marzo 1994.

69.      Inoltre, ritengo che nulla nel fascicolo permetta di sostenere, come fa il governo lussemburghese, che la decisione del Consiglio 8 aprile 1994, che invitava la Commissione ad accordare un’attenzione particolare alle negoziazioni con l’Ungheria, la Polonia, la Repubblica ceca e la Slovacchia, costituisce, in realtà, un nuovo mandato a negoziare che sostituiva quello previsto nella decisione del Consiglio 7 dicembre 1992. È opportuno, secondo me, ritenere che questa decisione del 1994 precisasse solamente le direttive di negoziazione iniziali, quali espresse nella decisione del 1992.

70.      Fatte queste precisazioni, ritengo, come la Commissione, che il comportamento rimproverato al Granducato di Lussemburgo costituisca proprio una violazione del suo dovere di cooperazione leale, qual è espresso all’art. 10 CE.

71.      Infatti, quest’articolo impone in particolare agli Stati membri, affermativamente, di facilitare l’adempimento dei compiti della Comunità e, negativamente, di astenersi «da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato».

72.      Così, penso che, indipendentemente dalla questione se la competenza comunitaria esterna abbia o meno un carattere esclusivo, gli Stati membri siano tenuti a rispettare doveri particolari di azione e di astensione, una volta che il Consiglio ha deciso di avviare una precisa azione comunitaria  (24) .

73.      Nella fattispecie, l’effettiva realizzazione della decisione del Consiglio 7 dicembre 1992, che autorizzava la Commissione a negoziare un accordo multilaterale in nome della Comunità, si opponeva così ad un’azione statale consistente nella negoziazione, firma, ratifica ed entrata in vigore di accordi bilaterali concorrenti vertente sulla stessa materia.

74.      Infatti, si può ritenere che la negoziazione, la firma, la ratifica nonché l’entrata in vigore di tali accordi bilaterali, rientrante tutte nel campo coperto dall’autorizzazione espressa a negoziare di cui ha beneficiato la Commissione, abbiano potuto compromettere l’adozione di un accordo multilaterale a livello comunitario. Si aggiunga persino che la lacuna giuridica in materia di trasporti fluviali che il governo lussemburghese dichiara di aver voluto evitare è stata, al contrario, probabilmente aggravata a livello comunitario per l’effetto paralizzante degli accordi bilaterali così conclusi.

75.      Inoltre, risulta dal fascicolo che il governo lussemburghese non ha in alcun modo cercato di collaborare con la Commissione, né l’ha consultata in merito ai propri progetti di accordo bilaterale, ma che, al contrario, ha dato prova di un comportamento isolato e parallelo alla negoziazione condotta dalla Commissione a livello comunitario.

76.      A tal riguardo, ritengo che la circostanza che il governo lussemburghese si sia dichiarato pronto a denunciare tutti i suoi accordi bilaterali in materia di navigazione interna immediatamente dopo l’entrata in vigore di un accordo multilaterale che impegni la Comunità, e che esso abbia incluso clausole in tal senso nei suoi accordi bilaterali, non sia tale da dimostrare che l’art. 10 CE sia stato rispettato.

77.      Tenuto conto di tali elementi, propongo alla Corte di considerare fondata la censura della Commissione relativa ad una violazione dell’art. 10 CE da parte del Granducato di Lussemburgo.

C – Sulla censura relativa all’incompatibilità degli accordi bilaterali conclusi tra il Granducato di Lussemburgo, da una parte, e la Repubblica federativa ceca e slovacca, la Romania e la Polonia, dall’altra, con il regolamento n. 1356/96

1. Argomenti delle parti

78.      La Commissione sostiene che gli accordi bilaterali conclusi tra il Granducato di Lussemburgo, da una parte, e la Repubblica federativa ceca e slovacca, la Romania e la Polonia, dall’altra, siano incompatibili con il regolamento n. 1356/96, riguardante regole comuni applicabili ai trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri al fine di realizzare in tali trasporti la libera prestazione dei servizi.

79.      Precisamente, la Commissione ritiene che il mantenimento, in tali accordi bilaterali, dopo l’adozione del regolamento n. 1356/96, delle disposizioni che prevedono la possibilità per i battelli immatricolati in paesi terzi di effettuare servizi tra il Granducato di Lussemburgo ed altri Stati membri della Comunità mediante un’autorizzazione speciale dell’autorità competente, sia incompatibile con il suddetto regolamento. Infatti, quest’ultimo si applica ai vettori di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri e in transito attraverso questi (art. 1) e fissa le condizioni che qualsiasi vettore di merci o di persone per via navigabile deve soddisfare per essere autorizzato ad effettuare le operazioni di transito tra Stati membri e in transito attraverso questi.

80.      La Commissione ritiene che, per effetto delle disposizioni criticate degli accordi bilaterali, il Granducato di Lussemburgo modifichi unilateralmente e senza controlli da parte della Comunità, la natura e la portata delle norme relative alla libera prestazione di servizi intracomunitari di navigazione interna che vengono definite dal diritto comunitario. Di conseguenza, la concessione unilaterale di diritti di accesso da parte di questo Stato membro, o almeno il fatto che esso si riservi il diritto di concedere unilateralmente diritti di accesso, su collegamenti all’interno della Comunità, a battellieri diversi da quelli che soddisfano le condizioni previste dal regolamento n. 1356/96, sarebbe incompatibile con il sistema instaurato dal suddetto regolamento. Infatti, secondo la Commissione, è evidente che i battellieri e le imprese di navigazione polacche, rumene, ceche e slovacche, suscettibili di essere autorizzate, in applicazione degli accordi bilaterali, ad effettuare un trasporto tra il Granducato di Lussemburgo e gli altri Stati membri delle Comunità non soddisfacevano alcuna di tali condizioni all’epoca considerata dal presente ricorso.

81.      Il governo lussemburghese risponde che risulta dalla lettera del regolamento in questione che quest’ultimo concerne unicamente i vettori comunitari, mentre i vettori dei paesi terzi sono esclusi ovvero sono soggetti ad altre disposizioni comunitarie.

2. Valutazione

82.      Reputo che questa ultima censura sollevata dalla Commissione sia infondata, per le ragioni che seguono.

83.      In primo luogo, è opportuno prestare attenzione all’obiettivo principale del regolamento n. 1356/96, ossia la realizzazione della libera prestazione dei servizi in materia di trasporto di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri . A tal fine, esso mira all’eliminazione delle restrizioni, ivi inclusa qualsiasi discriminazione nei confronti dei prestatori di servizi basate sulla loro cittadinanza ovvero sulla circostanza che siano stabiliti in uno Stato membro diverso da quello nel quale la prestazione deve essere fornita.

84.      Secondo l’art. 2 del suddetto regolamento, il beneficio di tale regime di libera prestazione dei servizi di trasporto fluviale tra gli Stati membri è soggetto a diverse condizioni: essere stabilito in uno Stato membro nel rispetto della legislazione di quest’ultimo, essere ivi autorizzato a effettuare trasporti internazionali di merci o di persone per via navigabile, utilizzare per tali operazioni di trasporto battelli per la navigazione interna immatricolati in uno Stato membro o muniti di un’attestazione di appartenenza alla flotta di uno Stato membro e, infine, soddisfare le condizioni previste all’art. 2 del regolamento n. 3921/91  (25) .

85.      La definizione e l’inquadramento di un tale regime di libera prestazione di servizi di trasporto fluviale tra gli Stati membri della Comunità, e a beneficio dei vettori stabiliti in uno di questi Stati membri, non devono, a mio parere, essere intesi come un’interdizione assoluta per i battelli immatricolati nei paesi terzi ad effettuare servizi tra diversi Stati membri della Comunità.

86.      Sono dell’opinione infatti che, benché il regolamento n. 1356/96 possa essere letto, come suggeriscono le osservazioni della Commissione, come strumento organizzativo di una preferenza comunitaria in materia di trasporti fluviali nel territorio della Comunità, questa preferenza sembra che riguardi unicamente il beneficio di un regime di libertà di prestazione di servizi a favore, come si è visto, dei soli vettori strettamente legati ad uno Stato membro. In compenso, nulla nel contenuto del detto regolamento indica che esso avrebbe per oggetto o per effetto di impedire in modo generale ai battelli immatricolati nei paesi estranei alla Comunità europea di effettuare servizi tra diversi Stati membri di quest’ultima.

87.      La Commissione non sostiene del resto che gli accordi bilaterali avrebbero organizzato un sistema parallelo di libera prestazione di servizi a beneficio dei battelli immatricolate nella Repubblica federativa ceca e slovacca, in Romania ed in Polonia. Essa prende invero in considerazione, nelle sue osservazioni, la circostanza che tali accordi bilaterali prevedono solamente la possibilità, e non il diritto, per questi battelli immatricolati in tali paesi terzi di effettuare servizi tra diversi Stati membri della Comunità. Infatti, essa indica che tale possibilità di prestare i servizi è soggetta ad un’autorizzazione speciale dell’autorità competente.

88.      Gli accordi bilaterali in causa non organizzano quindi la libera prestazione di servizi di trasporto fluviale di merci o di persone tra gli Stati membri della Comunità per i vettori cechi, slovacchi, rumeni e polacchi, ma istituiscono solamente un regime restrittivo per cui tali prestazioni di servizi sono possibili in casi strettamente definiti e soggetti ad autorizzazione.

89.      Così, se ci si richiama alla lettera degli accordi bilaterali, si può rilevare che, ai sensi del loro art. 1, n. 2, lett. d), «il termine “traffico con gli Stati terzi” [ (26) ] designa il traffico effettuato tramite battelli di una parte tra i porti della controparte e i porti di uno Stato terzo con imbarco e/o sbarco di passeggeri e carico e/o scarico di merci»  (27) . In quest’ambito, l’art. 6 degli accordi bilaterali prevede, in sostanza, che il traffico con gli Stati terzi è soggetto all’autorizzazione delle autorità competenti delle parti e/o non può svolgersi solo nei casi determinati dalla commissione mista incaricata dell’esecuzione degli accordi. Non si tratta quindi di un regime di libertà di prestazione di servizi.

90.      Quindi, tenuto conto della differenza di natura tra il regime comunitario e i regimi bilaterali relativi ai servizi di trasporto di merci o di persone per via navigabile, ritengo che, tramite il complesso delle criticate disposizioni degli accordi bilaterali, il Granducato di Lussemburgo, contrariamente a quanto adduce la Commissione, non abbia modificato la natura e la portata delle norme concernenti la libera prestazione di servizi intracomunitari di navigazione interna che sono definite nel regolamento n. 1356/96.

91.      L’insieme di questi elementi mi induce quindi a ritenere che la Commissione non abbia dimostrato la fondatezza della censura relativa all’incompatibilità degli accordi conclusi tra il Granducato di Lussemburgo, da una parte, e la Repubblica federativa ceca e slovacca, la Romania e la Polonia, dall’altra, con il regolamento n. 1356/96.

92.      Infine, conformemente all’art. 69, n. 3, del regolamento di procedura della Corte, e poiché propongo di accogliere solo parzialmente il ricorso della Commissione, ciascuna parte dovrebbe sopportare le proprie spese.

IV – Conclusione

93.      Di conseguenza, propongo alla Corte di:

«1)
dichiarare che il Granducato di Lussemburgo, avendo negoziato, firmato, ratificato e fatto entrare in vigore alcuni accordi bilaterali relativi ai trasporti per via navigabile con la Repubblica federativa ceca e slovacca, la Romania e la Polonia, dopo la decisione del Consiglio 7 dicembre 1992, relativa all’apertura di negoziazioni tra la Comunità e i paesi terzi concernenti le norme applicabili ai trasporti fluviali di viaggiatori e di merci tra le parti interessate, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 10 CE;

2)
per il resto, rigettare il ricorso;

3)
condannare ciascuna delle parti alle proprie spese».


1
Lingua originale: il francese.


2
GU L 373, pag. 1.


3
GU L 175, pag. 7.


4
Sentenze 5 novembre 2002, causa C-466/98, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑9427), causa C-467/98, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑9519), causa C-468/98, Commissione/Svezia (Racc. pag. I‑9575), causa C-469/98, Commissione/Finlandia (Racc. pag. I‑9627), causa C-471/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑9681), causa C-472/98, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑9741), causa C-475/98, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑9797), e causa C-476/98, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑9855).


5
Tale convenzione, che è stata firmata il 17 ottobre 1868 a Mannheim, stabilisce i principi della libera navigazione sul Reno e della parità di trattamento dei battellieri e delle flotte. Essa vincola il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord e la Confederazione svizzera.


6
V. paragrafo 14 delle presenti conclusioni.


7
Questa convenzione relativa al regime della navigazione sul Danubio è stata firmata il 18 agosto 1948, a Belgrado, dalla Bulgaria, dall’Ungheria, dalla Romania, dalla Cecoslovacchia, dall’Ucraina, dall’Unione sovietica e dalla Iugoslavia. Essa ha, in particolare, per scopo di garantire la libera navigazione sul Danubio.


8
Doc. 10828/92 Trans 178 Relex 72. Dato che il periodo da prendere in considerazione per la valutazione del presente ricorso è anteriore al 1° maggio 2004, data dell’adesione di alcuni di questi paesi all’Unione europea, questi ultimi vengono designati come «paesi terzi» nel seguito della trattazione.


9
COM (96)634 def.


10
Sentenza 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio, detta «sentenza AETS» (Racc. pag. 263).


11
V. paragrafo  15 delle presenti conclusioni.


12
V., in particolare, sentenza 2 maggio 1996, causa C-133/94, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑2323, punto 17).


13
Rispettivamente punti 17 e 18 della sentenza AETS, citata.


14
Perciò «la competenza esterna esclusiva della Comunità non discende ipso facto dal suo potere di adottare norme interne». Parere 15 novembre 1994, 1/94 (Racc. pag. I‑5267, punto 77) (accordi GATS e TRIP).


15
Si citano, in particolare, i seguenti pareri: 11 novembre 1975, 1/75 (Racc. pag. I-1355) (accordo riguardante una norma per le spese locali); 26 aprile 1977, 1/76 (Racc. pag. I‑741) (Fondo europeo d’immobilizzazione della navigazione interna); 19 marzo 1993, 2/91 (Racc. pag. I‑1061) (Convenzione n. 170 dell’Organizzazione internazionale del lavoro); 1/94, citato; e 24 marzo 1995, 2/92 (Racc. pag. I‑521) (terza decisione modificata del Consiglio dell’OCSE relativa al trattamento nazionale).


16
V., in particolare, parere 2/91, cit., punto 25.


17
V. nota 4.


18
V., in particolare, sentenza Commissione/Danimarca, cit., punti 81 e 82.


19
Ibidem, punto 83.


20
Ibidem, punto 84.


21
Ibidem, punto 83.


22
V. i paragrafi 13 e 14 delle presenti conclusioni.


23
V., in particolare, sentenza Commissione/Danimarca, citata, punto 93.


24
V. sentenza 5 maggio 1981, causa 804/79, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑1045, punto 28). Questa sentenza s’inserisce nello specifico contesto della competenza esclusiva della Comunità in materia di provvedimenti per la conservazione delle risorse marine. Ciononostante, il principio secondo cui l’art. 10 CE impone doveri particolari di azione e di astensione agli Stati membri una volta che la Comunità ha preso la decisione di avviare un’azione comunitaria dev'essere, a mio parere, di applicazione generale.


25
V., a tale proposito, il paragrafo 14 delle presenti conclusioni.


26
Si tratta degli Stati estranei agli accordi bilaterali in causa.


27
Per quanto riguarda l’accordo bilaterale con la Romania, occorre richiamarsi all’art. 1, lett. k).

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