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Document 62003CC0173

    Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 11 ottobre 2005.
    Traghetti del Mediterraneo SpA contro Repubblica italiana.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunale di Genova - Italia.
    Responsabilità extracontrattuale degli Stati membri - Danni arrecati ai singoli da violazioni del diritto comunitario imputabili ad un organo giurisdizionale di ultimo grado - Limitazione, da parte del legislatore nazionale, della responsabilità dello Stato ai soli casi di dolo e colpa grave del giudice - Esclusione di ogni responsabilità connessa all'interpretazione delle norme giuridiche e alla valutazione degli elementi di fatto e di prova compiute nell'ambito dell'esercizio dell'attività giurisdizionale.
    Causa C-173/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-05177

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:602

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    PHILIPPE LÉGER

    presentate l’11 ottobre 2005 1(1)

    Causa C‑173/03

    Fallimento Traghetti del Mediterraneo SpA

    contro

    Repubblica italiana

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Genova)

    «Responsabilità di uno Stato membro per i danni arrecati ai singoli in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo – Condizioni di base – Normativa nazionale che esclude la sussistenza della responsabilità dello Stato quando la violazione di cui trattasi deriva dall’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione dei fatti e delle prove e che limita la sussistenza della detta responsabilità ai casi di dolo o colpa grave»





    1.        Il diritto comunitario osta a che la responsabilità di uno Stato membro per i danni arrecati ai singoli in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo sia, da un lato, esclusa quando la violazione di cui trattasi è connessa all’interpretazione delle norme di diritto o alla valutazione dei fatti e delle prove e, d’altro lato, sia limitata – al di fuori della detta ipotesi – ai casi di dolo o colpa grave?

    2.        Questa è, essenzialmente, la questione proposta dal Tribunale di Genova nell’ambito di una controversia che vede opposti un’impresa di trasporto marittimo (attualmente in liquidazione) e lo Stato italiano a seguito della concessione da parte di quest’ultimo di sussidi diretti a favore di un’impresa concorrente.

    3.        La detta questione invita la Corte a precisare la portata del principio della responsabilità di uno Stato membro per i danni arrecati ai singoli in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo, che è stato sancito dalla Corte nella sentenza 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler (2).

    I –    Quadro normativo

    A –    La normativa comunitaria

    4.        La normativa comunitaria vigente all’epoca dei fatti all’origine della causa principale è quella che disciplina, nell’ambito del Trattato CE, gli aiuti di Stato e l’abuso di posizione dominante.

    5.        Per quanto riguarda gli aiuti di Stato, essi sono oggetto di un divieto di principio. L’art. 92, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 87, n. 1, CE) prevede infatti che «[s]alvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

    6.        Dal Trattato sono previste numerose deroghe a tale divieto di principio. Solo alcune di esse possono presentare un interesse nell’ambito della causa principale.

    7.        Si tratta, anzitutto, di quella prevista all’art. 92, n. 3, lett. a) e c), del Trattato, a favore degli aiuti con finalità regionale (3). Questi ultimi possono essere considerati compatibili con il mercato comune.

    8.        L’art. 77 del Trattato CE (divenuto art. 73 CE) prevede un altro tipo di deroga, specifica per il settore dei trasporti, riguardante gli aiuti richiesti dalle necessità del coordinamento dei trasporti ovvero corrispondenti al rimborso di taluni oneri inerenti alla nozione di pubblico servizio. Tali aiuti sono compatibili con il Trattato.

    9.        Un’ulteriore deroga compare all’art. 90, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 86, n. 2, CE) a favore delle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale. Queste ultime sono infatti «sottoposte alle norme del presente Trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata». Siffatta deroga si applica unicamente laddove «[l]o sviluppo degli scambi non (...) [sia] compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità».

    10.      In linea di principio, a pronunciarsi sulla compatibilità degli aiuti è competente unicamente la Commissione delle Comunità europee, escludendosi così la competenza dei giudici nazionali (4). In proposito, la vigilanza esercitata dalla Commissione è retta da norme diverse a seconda che si tratti di aiuti esistenti o di nuovi aiuti. Mentre gli aiuti esistenti sono assoggettati ad un controllo permanente, successivamente alla loro concessione, al fine di verificare se essi permangano compatibili con il mercato comune, i nuovi aiuti sono per contro oggetto di una verifica previa alla loro concessione, in una fase in cui sono ancora allo stato di progetti.

    11.      Per consentire alla Commissione di effettuare siffatto controllo previo, l’art. 93, n. 3, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 3, CE) impone agli Stati membri l’obbligo di comunicare alla Commissione i loro progetti di nuovi aiuti. Oltre a tale obbligo di notifica, gli Stati membri sono tenuti, a norma dello stesso articolo, a non dare esecuzione ai loro progetti di nuovi aiuti finché la Commissione non abbia emanato una decisione definitiva che ne ammetta la compatibilità. Questi due obblighi sono cumulativi. Così, deve essere considerato illegittimo un nuovo aiuto che è stato concesso senza essere stato notificato alla Commissione o che è stato regolarmente notificato ma sia stato elargito prima che la Commissione si sia pronunciata sulla sua compatibilità entro i termini prescritti (5).

    12.      Le dette disposizioni dell’art. 93, n. 3, del Trattato hanno efficacia diretta e attribuiscono quindi, ai singoli, diritti che i giudici nazionali devono tutelare (6).

    13.      Per quanto riguarda l’abuso di posizione dominante, esso è oggetto di un divieto generale e sistematico. L’art. 86, primo comma, del Trattato CE (divenuto art. 82, primo comma, CE) prevede infatti che «[è] incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o una parte sostanziale di questo». Anche tali disposizioni hanno effetto diretto (7).

    14.      Le norme del Trattato in materia di aiuti di Stato e di abuso di posizione dominante sono applicabili al settore dei trasporti, ivi compreso il settore dei trasporti marittimi (8).

    B –    Normativa nazionale

    15.      In Italia la responsabilità dello Stato derivante dall’attività giudiziaria è disciplinata dalla legge 13 aprile 1988, n. 117, [sul] risarcimento dei danni causati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (9).

    16.      La normativa nazionale controversa è stata adottata dal legislatore a seguito di un referendum, tenutosi nel novembre 1987, con il quale sono state abrogate le disposizioni legislative che in precedenza disciplinavano la materia (10).

    17.      L’art. 2, n. 1, della normativa nazionale controversa sancisce il principio secondo cui «[c]hi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato (11) con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale».

    18.      In deroga a tale principio, il n. 2 del detto articolo prevede che «[n]ell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove». Siffatta esclusione della responsabilità dello Stato, sembra essere stata ispirata dall’intento di salvaguardare l’indipendenza dei giudici che costituisce un principio di valenza costituzionale (12).

    19.      La nozione di «colpa grave» ai sensi dell’art. 2, n. 1, della normativa controversa, contempla diverse ipotesi che sono enumerate nel n. 3 del detto articolo. Così «[c]ostituiscono colpa grave:

    a)      la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;

    b)      l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;

    c)      la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;

    d)      l’emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione».

    20.      La nozione di «diniego di giustizia», del pari prevista all’art. 2, n. 1, della normativa nazionale controversa, è definita all’art. 3, n. 1, della stessa legge come «il rifiuto, l’omissione o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria. (...)».

    21.      L’azione tesa ad accertare la responsabilità dello Stato derivante dall’attività giudiziaria è proposta contro il presidente del Consiglio dei Ministri (13). La domanda di risarcimento, proposta nell’ambito della detta azione, è sottoposta ad esame preliminare da parte del giudice competente che si pronuncia sulla sua ammissibilità. Ai sensi dell’art. 5, n. 3, della legge nazionale controversa, siffatta domanda è dichiarata inammissibile quando non sono rispettati i termini o i presupposti di cui agli artt. 2, 3 e 4 della legge ovvero quando è manifestamente infondata. La decisione di inammissibilità è impugnabile in appello o con ricorso per cassazione (14).

    II – I fatti e il procedimento principale

    22.      Nel 1981 l’impresa di trasporti marittimi Traghetti del Mediterraneo (in prosieguo: la «TDM»), all’epoca in concordato preventivo, aveva convenuto dinanzi al Tribunale di Napoli la Tirrenia di Navigazione (in prosieguo: la «Tirrenia»), impresa concorrente, per ottenere il risarcimento del danno che quest’ultima le avrebbe provocato, dal 1976 al 1980, per effetto della politica di prezzi bassi (tariffe sottocosto) che avrebbe praticato nel mercato del cabotaggio marittimo, tra l’Italia continentale e le isole Sardegna e Sicilia, grazie ai sussidi pubblici ottenuti.

    23.      A sostegno della sua azione, la TDM ha affermato che tale comportamento costituiva un atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n. 3, del codice civile italiano, nonché un abuso di posizione dominante, vietato dall’art. 86, n. 1, del Trattato. La ricorrente ha inoltre dedotto l’asserita violazione degli articoli 85 (divenuto art. 81 CE), 90 e 92 del Trattato.

    24.      La detta domanda di risarcimento è stata respinta con sentenza del Tribunale di Napoli 22 aprile 1993. Tale sentenza, impugnata dalla ricorrente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza 7 gennaio 1997, perché i sussidi in questione rispondevano ad un obiettivo di sviluppo regionale e, in ogni caso, non compromettevano l’esercizio di attività marittime diverse e concorrenti con quelle esercitate dalla convenuta, cosicché la concessione dei detti sussidi non sarebbe stata contraria al Trattato.

    25.      Così facendo, il detto giudice d’appello non ha ritenuto utile, contrariamente a quanto richiesto dalla TDM, sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte sull’interpretazione delle norme del Trattato in materia di aiuti di Stato per accertare se queste ultime ostassero alla concessione dei sussidi controversi.

    26.      Essendo stata allora posta in liquidazione la TDM, il suo curatore fallimentare (che noi indicheremo del pari come la «TDM») ha proposto ricorso per cassazione contro la detta sentenza. Nell’ambito di tale ricorso la ricorrente ha nuovamente fatto domanda per un rinvio pregiudiziale.

    27.      Con sentenza 8 ottobre 1999 la Corte Suprema di Cassazione ha respinto il ricorso senza sollevare una questione pregiudiziale. Benché non sia stato richiesto alla Corte di esaminare il contenuto della detta decisione per fornire lumi al giudice del rinvio sulla valutazione della fondatezza dell’azione di risarcimento in questione, che rientra nella competenza esclusiva di quest’ultimo, non mi sembra inutile ricordare la decisione considerata in quanto quest’ultima è al centro della causa principale.

    28.      Con riferimento all’asserita violazione delle norme del Trattato in materia di aiuti di Stato, la Corte Suprema di Cassazione ha giudicato che gli artt. 90 e 92 del detto Trattato consentivano di sottrarsi in taluni casi, quali la fattispecie, al divieto in linea di principio degli aiuti di Stato, al fine di favorire lo sviluppo economico di regioni svantaggiate o di rispondere a domande di beni e servizi che non possono essere pienamente soddisfatte dal gioco della libera concorrenza.

    29.      In questo senso essa ha sottolineato che, nel periodo in cui sono stati concessi i sussidi di cui trattasi, il trasporto di massa tra le isole maggiori e il continente italiano, in ragione dei costi che esso rappresentava, poteva essere assicurato solo per via marittima cosicché era necessario affidare tale attività ad un concessionario pubblico che praticava una tariffa imposta. A parere della Cassazione, la distorsione della concorrenza che ne derivava non rimetteva in discussione la compatibilità degli aiuti considerati con il Trattato in quanto, in particolare, la TDM non sarebbe pervenuta a dimostrare che la Tirrenia aveva tratto profitto dai detti sussidi per realizzare utili connessi a attività diverse da quelle per le quali essi erano stati concessi.

    30.      Con riferimento al motivo relativo all’asserita violazione degli artt. 85 e 86 del Trattato, la Corte Suprema di Cassazione lo ha giudicato infondato in quanto all’epoca dei fatti della controversia l’attività di cabotaggio marittimo non era ancora stata liberalizzata e in quanto la natura limitata e il modesto contesto geografico di tale attività non consentivano di individuare chiaramente il mercato pertinente ai sensi dell’art. 86 del Trattato.

    31.      Quanto alla domanda di rinvio pregiudiziale formulata dalla TDM, anche il detto organo giurisdizionale supremo ha considerato che non fosse necessario procedere a tale rinvio giacché la soluzione cui era pervenuta la Corte d’appello di Napoli, nella sentenza impugnata con ricorso per cassazione, sarebbe stata conforme alla giurisprudenza della Corte, in particolare alla sentenza 22 maggio 1985, Parlamento/Consiglio, in materia di trasporti (15).

    32.      A seguito della pronuncia di siffatta sentenza della Corte Suprema di Cassazione, la TDM ha avviato dinanzi al Tribunale di Genova un’azione per l’accertamento della responsabilità della Repubblica italiana (proposta contro il presidente del Consiglio dei Ministri) al fine di ottenere il risarcimento dei danni ad essa arrecati dalla detta sentenza.

    33.      A sostegno della detta azione essa fa valere che la sentenza di cui trattasi si basa su un’inesatta interpretazione delle norme del Trattato in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, nonché sull’errata presunzione che esista una giurisprudenza costante della Corte in materia. Ne conseguirebbe che con tale sentenza la Corte Suprema di Cassazione avrebbe, in pari tempo, commesso una violazione di diritto comunitario sostanziale e un inadempimento dell’obbligo di rinvio pregiudiziale che incombe agli organi giurisdizionali supremi, ai sensi dell’art. 177, terzo comma, del Trattato CE (divenuto art. 234, terzo comma, CE).

    34.      In proposito la TDM sostiene che, qualora fosse stato proposta una domanda di pronuncia pregiudiziale, verosimilmente la Corte avrebbe fornito un’interpretazione delle norme pertinenti del Trattato che avrebbe portato la Corte Suprema di Cassazione a pronunciarsi in senso favorevole alle sue richieste. Ne sarebbe prova, a suo avviso, la circostanza che, a seguito di un procedimento di controllo dei sussidi concessi alla Tirrenia successivamente al periodo interessato dalla controversia principale (avviato dalla Commissione nel corso del procedimento che ha dato luogo alla sentenza di cui trattasi), quest’ultima ha emanato una decisione che avrebbe evidenziato la dimensione comunitaria del cabotaggio marittimo nonché le difficoltà di valutare la compatibilità di tali sussidi con le norme del Trattato CE in materia di aiuti di Stato (16). Secondo la TDM i criteri di valutazione utilizzati dalla Commissione nella detta decisione, che dovrebbero essere presi in considerazione per esaminare la compatibilità dei sussidi controversi, sarebbero tali da smentire l’analisi effettuata dalla Corte Suprema di Cassazione nella sentenza di cui trattasi.

    35.      Il presidente del Consiglio dei Ministri contesta la domanda di risarcimento proposta dalla TDM in quanto, in particolare, l’art. 2, n. 2, della normativa controversa osta a che sussista la responsabilità dello Stato nell’ipotesi in esame, giacché l’attività giudiziaria di cui trattasi è connessa all’interpretazione di norme di diritto.

    36.      In risposta al detto argomento la TDM sostiene che la detta normativa renderebbe eccessivamente difficile ovvero praticamente impossibile il risarcimento dei singoli per i danni provocati dallo Stato nell’esercizio dell’attività giudiziaria. Tale situazione sarebbe contraria ai principi posti dalla Corte nelle sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C‑6/90 e C‑9/90, Francovich e a. (17), e 5 marzo 1996, cause riunite C‑46/93 e C‑48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame (18).

    III – La questione pregiudiziale

    37.      Tenuto conto delle tesi prospettate dalle parti e dei propri dubbi riguardo all’eventuale possibilità di estendere all’attività giurisdizionale il principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario, il Tribunale di Genova ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      Se uno Stato nazionale risponda a titolo di responsabilità extracontrattuale nei confronti dei singoli cittadini degli errori dei propri giudici nell’applicazione del diritto comunitario o della mancata applicazione dello stesso e in particolare del mancato assolvimento da parte di un giudice di ultima istanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 234 co 3 del Trattato.

    2)      Nel caso in cui debba ritenersi che uno Stato membro risponda degli errori dei propri giudici nell’applicazione del diritto comunitario e in particolare dell’omesso rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia da parte di un giudice di ultima istanza ai sensi dell’art. 234 co 3 del Trattato, se osti all’affermazione di tale responsabilità e sia quindi incompatibile con i principi del diritto comunitario una normativa nazionale in tema di responsabilità dello Stato per errori dei giudici che:

    –      esclude la responsabilità in relazione all’attività di interpretazione delle norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove resa nell’ambito dell’attività giudiziaria,

    –      limita la responsabilità dello Stato ai soli casi di dolo e colpa grave del giudice».

    38.      A seguito della pronuncia della sentenza Köbler, citata (in data successiva alla decisione di rinvio), che la Corte ha trasmesso al Tribunale di Genova, quest’ultimo ha deciso, sentite le parti della causa principale, di ritirare la prima questione pregiudiziale in quanto la detta sentenza aveva già fornito soluzione affermativa per tale questione, e di mantenere la seconda, cosicché resta una sola questione pregiudiziale, diretta a sapere se «una normativa nazionale in tema di responsabilità dello Stato per errori dei giudici osti all’affermazione di tale responsabilità – e sia quindi, per tale fatto, incompatibile con i principi del diritto comunitario – quando esclude la responsabilità in relazione all’attività di interpretazione delle norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove resa nell’ambito dell’attività giurisdizionale e limita la responsabilità dello Stato ai soli casi di dolo e colpa grave del giudice».

    IV – Il senso e la portata della questione pregiudiziale

    39.      Nel modo in cui è stata formulata, la questione pregiudiziale ha ampia portata poiché si estende a tutta l’attività giurisdizionale, vale a dire tanto quella degli organi giurisdizionali supremi quanto quella dei giudici ordinari. Orbene, si deve constatare che l’azione per responsabilità dello Stato, che è oggetto della causa principale, mette in discussione unicamente una decisione di un organo giurisdizionale supremo avverso le cui decisioni non è proponibile ricorso, e non quelle dei giudici ordinari che si sono in precedenza pronunciati nel medesimo senso nella stessa causa (19). Occorre quindi riformulare la questione pregiudiziale nel senso di limitare la portata della soluzione fornita dalla Corte a quanto strettamente necessario per la risoluzione della controversia di cui è investito il giudice del rinvio.

    40.      Inoltre, per precisare ulteriormente la portata della questione pregiudiziale, è importante fornire talune indicazioni sul senso della normativa nazionale controversa, la cui asserita incompatibilità con il diritto comunitario è all’origine del rinvio pregiudiziale.

    41.      Secondo il Tribunale di Genova se la detta normativa dovesse essere applicata nella fattispecie, certamente la domanda proposta dalla TDM andrebbe considerata inammissibile (come sostiene il convenuto) giacché essa si fonda su un asserito errore di interpretazione di norme di diritto da parte di un giudice, posto che tanto il mancato rinvio pregiudiziale quanto l’applicazione delle norme comunitarie nella situazione controversa sono il risultato di siffatto esercizio interpretativo (20).

    42.      Tale affermazione si fonda sul postulato secondo cui, in base alla normativa nazionale controversa, l’attività interpretativa del giudice «condivisibile o meno nel merito, è da ritenere di per sé lecita» cosicché, per sua natura, è escluso che possa dar luogo alla responsabilità dello Stato (21).

    43.      All’udienza il governo italiano ha propugnato un’interpretazione della normativa nazionale controversa sensibilmente diversa da quella fatta propria dal giudice del rinvio. A suo parere l’esclusione della sussistenza della responsabilità dello Stato, prevista all’art. 2, n. 2, della detta legge, per quanto riguarda l’interpretazione delle norme di diritto, non può entrare in gioco nell’ipotesi in cui tale esercizio interpretativo abbia condotto ad una violazione grave della legge risultante da una negligenza inescusabile, ai sensi delle disposizioni di cui al n. 3, lett. a), dello stesso articolo. Queste ultime disposizioni conterrebbero, infatti, una deroga alla regola dell’esclusione della responsabilità di cui all’art. 2, n. 2, che, di per sé, costituisce una deroga al principio della responsabilità sancito al n. 1 dello stesso articolo.

    44.      È vero che, di primo acchito, ci si può chiedere in che misura i casi di violazione della legge contemplati dall’art. 2, n. 3, lett. a), della normativa nazionale controversa possano non essere collegati all’attività di interpretazione delle norme di diritto che rientra nell’ipotesi del n. 2 dello stesso articolo, cosicché il detto n. 3 non introdurrebbe alcuna deroga alla regola dettata con tale n. 2. E’ solo se così fosse che tale normativa procederebbe, nel contempo, ad un’esclusione della sussistenza della responsabilità dello Stato in certi settori dell’attività giurisdizionale (che rientrano nell’ambito del detto n. 2) e ad una limitazione di tale responsabilità in altri settori dell’attività giudiziaria (che rientrerebbero nel detto n. 3). In effetti, nell’ipotesi in cui i settori di attività rientranti in ciascuno dei detti numeri non fossero affatto distinti, ma coincidessero completamente tra loro, potremmo effettivamente intendere la normativa nazionale controversa solo in termini di limitazione della sussistenza della responsabilità dello Stato e non anche in termini di esclusione di tale responsabilità.

    45.      Ciò posto, risulta dalla giurisprudenza costante che nell’ambito della ripartizione delle funzioni tra la Corte e i giudici nazionali, che regola il procedimento di rinvio pregiudiziale, spetta unicamente ai giudici nazionali e non alla Corte di interpretare il diritto nazionale (22).

    46.      Conformemente all’interpretazione dell’art. 2, n. 2, della normativa nazionale controversa che è stata prospettata dal giudice del rinvio, suppongo che, ai sensi del detto articolo, la sussistenza della responsabilità dello Stato derivante dall’attività giurisdizionale sia esclusa quando il comportamento addebitato ad un organo giurisdizionale è connesso ad un’operazione di interpretazione delle norme di diritto, anche laddove tale operazione abbia condotto a commettere una violazione grave della legge risultante da una negligenza inescusabile. In altri termini, suppongo che l’art. 2, n. 3, lett. a), della normativa nazionale controversa sia destinato ad essere applicato ad ipotesi di violazione della legge diverse da quelle previste al n. 2 dello stesso articolo.

    47.      Di conseguenza considero che, con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto comunitario osti a che l’affermazione della responsabilità di uno Stato membro per i danni arrecati ai singoli in caso di violazione del diritto comunitario commessa da un organo giurisdizionale supremo sia, da un lato, esclusa nell’ipotesi in cui la violazione di cui trattasi è connessa all’interpretazione delle norme di diritto o alla valutazione dei fatti e delle prove e, d’altro lato, sia limitata – al di fuori di tale ipotesi – ai soli casi di dolo o colpa grave.

    V –    Analisi

    48.      Per risolvere la detta questione, esamineremo la compatibilità con il diritto comunitario dei casi di esclusione, quindi di limitazione, della sussistenza della responsabilità dello Stato imputabile ad un organo giurisdizionale supremo, che sono presi in considerazione, uno dopo l’altro, dal giudice del rinvio nella formulazione della sua questione.

    A –    Sull’esclusione della sussistenza della responsabilità dello Stato quando la violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo è connessa all’interpretazione di norme di diritto

    49.      Ricordo che, nella citata sentenza Köbler, la Corte ha giudicato che il principio secondo cui gli Stati membri sono obbligati a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario che sono ad essi imputabili si applica anche allorché la violazione di cui trattasi deriva da una decisione di un organo giurisdizionale supremo. E ciò per esigenze relative alla tutela dei diritti dei singoli che fanno valere il diritto comunitario (23).

    50.      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione da argomenti attinenti, in particolare, all’indipendenza dei giudici o al principio dell’autorità della cosa definitivamente giudicata, che la Corte ha espressamente respinto (24). Infatti, se la specificità della funzione giurisdizionale nonché le legittime esigenze della certezza del diritto sono state prese in considerazione dalla Corte e l’hanno così portata a limitare la responsabilità dello Stato al «caso eccezionale in cui il giudice [vale a dire un organo giurisdizionale supremo] ha violato in maniera manifesta il diritto vigente» (25), resta pur sempre il fatto che essa ha considerato che né il principio dell’indipendenza dei giudici né quello dell’autorità della cosa definitivamente giudicata possono giustificare l’esclusione generale di qualsiasi responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile a siffatto organo giurisdizionale.

    51.      A mio parere, tali principi, anche quando rivestono valenza costituzionale, non possono neppure giustificare l’esclusione della responsabilità di uno Stato nell’ipotesi specifica in cui la violazione del diritto comunitario ad opera di un organo giurisdizionale supremo sia connessa all’interpretazione di norme di diritto (26).

    52.      Ammettere il contrario equivarrebbe a privare di sostanza o di effetto utile il principio della responsabilità dello Stato per fatto degli organi giurisdizionali supremi che è stato sancito dalla Corte nella citata Köbler.

    53.      L’interpretazione delle norme di diritto svolge infatti un ruolo essenziale nell’attività giurisdizionale. Ciò vale a maggior ragione con riguardo agli organi giurisdizionali supremi in quanto a questi ultimi è tradizionalmente demandato il compito di uniformare, a livello nazionale, l’interpretazione del diritto.

    54.      Inoltre è appunto in considerazione di tale ruolo eminente degli organi giurisdizionali supremi, le cui decisioni non sono passibili di ricorsi di diritto interno, che questi ultimi sono tenuti, ai sensi dell’art. 234 CE, a rivolgere alla Corte questioni pregiudiziali sull’interpretazione del diritto comunitario, al fine di evitare che, all’interno della Comunità, si producano divergenze giurisprudenziali in materia (27).

    55.      Nell’esercizio delle loro tradizionali funzioni di unificazione ed interpretazione delle norme di diritto, è possibile che tali organi giurisdizionali commettano una violazione del diritto comunitario applicabile di natura tale da far sorgere la responsabilità dello Stato, a condizione che la detta violazione risulti manifesta (28). Siffatta violazione, derivante dall’attività di interpretazione delle norme di diritto, può intervenire in diverse situazioni, di cui fornirò alcuni esempi, che possono presentarsi autonomamente o congiuntamente.

    56.      Anzitutto la violazione di cui trattasi potrebbe risultare da un’interpretazione del diritto nazionale in un senso non conforme al diritto comunitario applicabile, contrariamente all’obbligo di interpretazione conforme che incombe, secondo una giurisprudenza costante, a tutti gli organi giurisdizionali nazionali e la cui importanza è stata recentemente ribadita nella sentenza 5 ottobre 2004, cause riunite da C‑397/01 a C‑403/01, Pfeiffer e a. (29), nell’ambito di una causa che vedeva opposti alcuni singoli riguardo all’applicazione di disposizioni di diritto interno adottate per trasporre una direttiva che conferisce diritti ai singoli.

    57.      La situazione esaminata dalla Corte nella sentenza 9 dicembre 2003, causa C‑129/00, Commissione/Italia (30) (pronunciata poco dopo la citata sentenza Köbler) può essere avvicinata a tale ipotesi di violazione del diritto comunitario (che, ben inteso, presuppone che alla normativa nazionale interessata sia possibile dare un’interpretazione conforme).

    58.      Ricordo che in tale causa la Commissione contestava alla Repubblica italiana di aver mantenuto in vigore una normativa nazionale che, come interpretata dagli organi giurisdizionali italiani, ivi compresa la Corte Suprema di Cassazione, e come applicata dall’amministrazione, rendeva praticamente impossibile o eccessivamente difficile il rimborso dei tributi percepiti in violazione del diritto comunitario, tenuto conto delle esigenze di prova imposte ai singoli per ottenere tale rimborso.

    59.      Tale normativa nazionale non era, di per sé, contraria al diritto comunitario giacché, come ha sottolineato la Corte, era neutra sia per quanto riguardava l’onere di provare che i tributi erano stati trasferiti su altri soggetti, sia quanto alle modalità di prova a tal fine ammissibili (31). Nondimeno la detta normativa nazionale era oggetto di interpretazione divergente da parte dei giudici, giacché taluni giungevano ad un’applicazione di tale normativa compatibile con il diritto comunitario, altri ad un’applicazione incompatibile con quest’ultimo. Poiché quest’ultima rappresentava una tendenza giurisprudenziale significativa e non isolata, la Corte l’ha presa in considerazione per determinare la portata della normativa nazionale di cui trattasi. In proposito, essa ha riservato un’attenzione particolare alle sentenze della Corte Suprema di Cassazione (32), la quale interpretava la normativa nazionale in modo non conforme al diritto comunitario e non tenendo manifestamente conto della giurisprudenza della Corte in materia (33).

    60.      In considerazione delle dette divergenze giurisprudenziali e della prassi seguita dall’amministrazione in materia, dimostranti che la normativa nazionale considerata non era sufficientemente chiara da garantire una sua applicazione compatibile con il diritto comunitario, di modo che il legislatore nazionale avrebbe dovuto apportarvi le modifiche o i chiarimenti necessari (34), la Corte ha ritenuto fondato il ricorso per inadempimento.

    61.      Pur se la violazione del diritto comunitario considerata era imputabile a tutte le autorità nazionali (giurisdizionali, amministrative e legislative) e non alla sola Corte Suprema di Cassazione, e se essa è stata esaminata nell’ambito specifico del procedimento per inadempimento, resta pur sempre il fatto che tale causa fornisce un esempio interessante di violazione del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale supremo, atta a far sorgere la responsabilità dello Stato in ragione di un’interpretazione non conforme (del diritto nazionale rispetto alle esigenze del diritto comunitario) che è stata adottata in manifesta inosservanza della giurisprudenza della Corte in materia (35).

    62.      Sulla scia di tale caso di specie, possiamo anche prospettare l’ipotesi in cui un organo giurisdizionale supremo applichi una normativa nazionale che esso ritenga conforme all’ordinamento giuridico comunitario, pur se avrebbe dovuto disapplicarla in forza del principio della preminenza del diritto comunitario rispetto al diritto nazionale, in ragione della sua irriducibile contrarietà con il diritto comunitario (escludente qualunque possibilità di interpretazione conforme). La violazione del diritto comunitario che ne consegue può essere connessa ad un esercizio interpretativo del diritto nazionale e/o del diritto comunitario consistente, per esempio, nell’interpretare il diritto nazionale al fine di renderne l’applicazione compatibile con il diritto comunitario, allorché quest’ultimo è probabilmente mal interpretato giacché, nell’ipotesi in esame, sarebbe appunto impossibile conciliarli.

    63.      A tale ipotesi, come a quella precedente, possiamo affiancare il caso di specie in cui la violazione del diritto comunitario risulti da un’errata interpretazione di una norma di diritto comunitario applicabile, sia che si tratti di una norma sostanziale sia che si tratti di una norma procedurale.

    64.      Escludere la responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto, per il solo fatto che la violazione di cui trattasi è connessa all’interpretazione delle norme di diritto, equivale ad escludere la responsabilità dello Stato in ciascuna delle dette tre ipotesi di violazione del diritto comunitario. Manifestamente siffatta esclusione della responsabilità dello Stato, allorché la violazione del diritto comunitario sia imputabile ad un organo giurisdizionale supremo, compromette seriamente il principio che è stato formulato dalla Corte nella citata sentenza Köbler.

    65.      A tali diverse ipotesi di violazione del diritto comunitario va collegata la situazione in cui un organo giurisdizionale supremo non ottemperi all’obbligo di rinvio pregiudiziale per chiedere l’interpretazione del diritto comunitario, ad esso incombente a norma dell’art. 234, terzo comma, CE.

    66.      L’inadempimento di siffatto obbligo rischia infatti di condurre il giudice di cui trattasi a commettere un errore che rientra in una delle dette ipotesi, indipendentemente dal fatto che si tratti di errore nell’interpretare il diritto comunitario applicabile o nel dedurre le conseguenze che se ne devono trarre per l’interpretazione conforme del diritto interno o per la valutazione della compatibilità di quest’ultimo con il diritto comunitario.

    67.      Tale incidenza dell’inadempimento dell’obbligo di rinvio pregiudiziale sulla commissione di una violazione del diritto comunitario è stata presa in considerazione dalla Corte nel definire i criteri alla luce dei quali si deve valutare se un organo giurisdizionale supremo abbia violato in maniera manifesta il diritto applicabile, al fine di stabilire se ricorra il primo presupposto per far sorgere la responsabilità dello Stato, attinente alla sussistenza di una violazione sufficientemente caratterizzata del diritto comunitario.

    68.      Al punto 55 della citata sentenza Köbler, la Corte ha infatti precisato che si deve prendere in considerazione, in particolare, «il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale della violazione, la scusabilità o l’inescusabilità dell’errore di diritto, la posizione adottata eventualmente da un’istituzione comunitaria nonché la mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE».

    69.      Così, l’inadempimento dell’obbligo di rinvio pregiudiziale costituisce uno dei criteri da prendere in considerazione per stabilire se sussista una violazione sufficientemente caratterizzata del diritto comunitario, imputabile ad un organo giurisdizionale supremo, che si aggiunge a quelli che la Corte aveva già formulato nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, e nella successiva giurisprudenza, riguardo alla responsabilità dello Stato per fatto del legislatore o dell’amministrazione (36).

    70.      Benché la Corte si sia astenuta dallo stabilire una gerarchia tra tali diversi criteri, nei confronti di alcuni dei quali nutro riserve circa la pertinenza (37), considero che quello riguardante l’obbligo di rinvio pregiudiziale rivesta un’importanza particolare.

    71.      Per stabilire infatti se l’errore di diritto di cui trattasi sia scusabile o inescusabile (permanendo, a mio avviso, tale elemento il criterio centrale attorno al quale si dispongono gli altri criteri) (38), occorre prestare particolare attenzione all’atteggiamento tenuto dall’organo giurisdizionale supremo considerato rispetto all’obbligo di rinvio ad esso incombente.

    72.      Così quando la norma di diritto violata è poco chiara e poco precisa, l’errore di diritto di cui trattasi non è tuttavia scusabile in quanto, proprio in tal caso, l’organo giurisdizionale supremo avrebbe dovuto sollevare una questione pregiudiziale, dal momento che non poteva considerare che la soluzione da fornire per il punto di diritto considerato non desse luogo ad alcun ragionevole dubbio, ai sensi della citata sentenza Cilfit (39), a fortiori nell’ipotesi in cui non esista alcuna giurisprudenza della Corte atta a fornirgli lumi al riguardo (40).

    73.      Per contro, allorché la norma di diritto violata sia chiara e precisa, l’errore di diritto di cui trattasi è ancor meno scusabile in quanto, laddove, per caso, l’organo giurisdizionale supremo avesse inteso discostarsene, ad esempio nell’ipotesi in cui, a suo parere, la detta regola fosse contraddetta da altre norme la cui interpretazione o applicazione combinata con la norma violata fosse poco agevole, esso avrebbe dovuto parimenti porre una questione pregiudiziale, dal momento che, coerentemente alla propria analisi, non poteva neppure ritenere che la soluzione che intendeva apportare al punto di diritto da esso esaminato non desse luogo ad alcun ragionevole dubbio, soprattutto nell’ipotesi in cui tale organo giurisdizionale avesse anche inteso discostarsi dalla giurisprudenza della Corte in materia (41).

    74.      A mio parere tali esempi dimostrano quanto l’inosservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale da parte di un organo giurisdizionale supremo può pesare sulla delicata valutazione del carattere scusabile o inescusabile dell’errore di diritto di cui trattasi, che è destinata a determinare se la violazione considerata sia sufficientemente caratterizzata da essere idonea a far sorgere la responsabilità dello Stato.

    75.      A mio parere, la sorte che la Corte ha riservato, nel punto 55 della citata sentenza Köbler, all’inosservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, di cui ho appena sottolineato la rilevanza ai fini della valutazione del carattere scusabile o inescusabile dell’errore di cui trattasi, osta a che sia esclusa la sussistenza della responsabilità dello Stato allorché la violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo sia abbinata all’inadempimento dell’obbligo di rinvio pregiudiziale.

    76.      Orbene tale è, a quanto pare, il senso di una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale. L’inosservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale presenta, infatti, numerosi punti di collegamento con l’attività di interpretazione delle norme di diritto. Non solo, come ho già indicato, tale inadempimento rischia di portare ad una violazione del diritto comunitario connessa all’interpretazione di tali norme, ma può, inoltre, derivare esso stesso da un’errata interpretazione del diritto comunitario o da un’inesatta interpretazione della giurisprudenza della Corte in materia. Ne consegue che, ai sensi di siffatta normativa nazionale, la violazione del diritto comunitario commessa da un organo giurisdizionale supremo non ottemperando all’obbligo di rinvio ad esso incombente non potrebbe far sorgere la responsabilità dello Stato.

    77.      Se ci si attiene al solo punto 55 della citata sentenza Köbler, che mira a precisare la portata del principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo, se ne deve concludere che tale principio osta a che, ai sensi di una legislazione nazionale (quale, apparentemente, quella controversa nella causa principale), sia esclusa la sussistenza della responsabilità dello Stato allorché la violazione di cui trattasi è abbinata ad un inadempimento dell’obbligo di rinvio pregiudiziale.

    78.      A mio parere, ciò varrebbe anche nell’ipotesi specifica (probabilmente rara (42)) in cui la violazione del diritto comunitario che sia imputata all’organo giurisdizionale supremo, da parte di un singolo che non ha visto accolte le proprie richieste, consista nel solo inadempimento dell’obbligo di rinvio pregiudiziale.

    79.      In effetti, come ho già indicato al paragrafo 144 delle mie conclusioni nella causa conclusasi con la citata sentenza Köbler, non può escludersi a priori che la responsabilità dello Stato sorga per il solo fatto di una manifesta inosservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, anche se, come ho del pari già sottolineato (nei paragrafi 149 e 150 delle dette conclusioni), in tale ipotesi mettere in causa la responsabilità dello Stato rischia di scontrarsi con serie difficoltà per apportare la prova del nesso di causalità diretta tra l’inadempimento dell’obbligo di rinvio pregiudiziale e l’asserito danno.

    80.      A mio avviso, tutti questi sviluppi dimostrano a che punto il principio di responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo, che è stato formulato nella citata sentenza Köbler, sarebbe compromesso nell’ipotesi in cui fosse esclusa (in forza di una normativa nazionale) la sussistenza di siffatta responsabilità quando la violazione di cui trattasi è collegata all’interpretazione delle norme di diritto.

    81.      Ne concludo che il principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo osta a che sia esclusa, in forza di una normativa nazionale, la sussistenza della detta responsabilità per la sola ragione che la violazione di cui trattasi sarebbe connessa all’interpretazione di norme di diritto.

    B –    Sull’esclusione della sussistenza della responsabilità dello Stato allorché la violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo è connessa alla valutazione dei fatti e delle prove

    82.      Di primo acchito ci si può chiedere se l’esclusione della sussistenza della responsabilità dello Stato, allorché l’attività giurisdizionale di cui trattasi è connessa con la valutazione dei fatti e delle prove, abbia un’incidenza sul principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo.

    83.      È infatti comunemente ammesso che gli organi giurisdizionali supremi, al contrario dei giudici ordinari statuiscono solo in diritto, e non in fatto e in diritto. Così, in linea di principio, essi non sono tenuti a valutare né la materialità dei fatti addotti, né la pertinenza, il senso o la portata degli elementi di prova prodotti per accertarli, in quanto tale esercizio di valutazione incombe, per sua natura, ai soli giudici del merito. Ne consegue che, in linea di principio, solo l’errore di diritto, e non l’errore di fatto, rientra nell’ambito del controllo esercitato dagli organi giurisdizionali supremi sulle decisioni dei giudici ordinari (43).

    84.      Ciò detto, l’apprezzamento dei fatti e delle prove effettuato da questi ultimi non sfugge completamente al controllo degli organi giurisdizionali supremi in quanto, in particolare, questi ultimi vegliano sul rispetto delle norme in materia di prova (relative all’ammissibilità dei modi di prova o all’onere della prova) e sono condotti a verificare l’esattezza della qualificazione giuridica dei fatti, vale a dire ad esaminare se i fatti della causa, quali sono stati enunciati nella sentenza impugnata, rientrino effettivamente nella categoria giuridica alla quale li hanno collegati i giudici del merito, da cui risulta il loro assoggettamento ad un regime giuridico determinato (44). Ciascuna di tali operazioni si inserisce nell’ambito del controllo dell’errore di diritto, indipendentemente dal fatto che si tratti dell’accertamento regolare dei fatti constatati dai giudici di merito o della deduzione delle conseguenze giuridiche che questi ultimi ne hanno tratto (deduzione che può peraltro risultare da un’interpretazione errata della nozione corrispondente alla categoria giuridica di cui trattasi).

    85.      Il diritto comunitario non è estraneo a siffatto controllo.

    86.      Anzitutto, se le modalità procedurali, destinate a garantire, nel diritto interno, la salvaguardia dei diritti che i singoli traggono dal diritto comunitario, restano ampiamente disciplinate dal principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, con riserva del rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, vigono nondimeno talune norme di diritto comunitario in materia di prova. Ad esempio, ciò è il caso con riferimento alle norme previste in diverse direttive riguardo all’onere della prova in materia di discriminazione (45). È compito degli organi giurisdizionali supremi garantire il rispetto di tali norme da parte dei giudici del merito.

    87.      Inoltre e soprattutto, numerose nozioni di diritto comunitario si prestano ad un controllo della qualificazione giuridica dei fatti. Ciò avviene, in particolare, in materia di aiuti di Stato.

    88.      Infatti, come ho già indicato (con riserva delle modifiche derivanti dal regolamento n. 994/98) (46), l’attuazione del sistema di vigilanza sugli aiuti di Stato incombe tanto alla Commissione quanto al giudice nazionale, essendo entrambi investiti di funzioni distinte e complementari. Così mentre la Commissione è incaricata di esaminare la compatibilità di un aiuto con il mercato comune, il giudice nazionale è tenuto a salvaguardare (fino alla decisione definitiva della Commissione quanto alla compatibilità del detto aiuto con il mercato comune) i diritti che i singoli traggono dall’effetto diretto delle disposizioni di cui all’art. 93, n. 3, del Trattato.

    89.      In tale ambito è compito del giudice nazionale procedere a diverse operazioni di qualificazione giuridica dei fatti. Anzitutto deve esaminare se il provvedimento controverso costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 92, n. 1, del Trattato, vale a dire se esso procuri al suo beneficiario o ai suoi beneficiari un vantaggio mediante risorse pubbliche (47). Successivamente deve stabilire se il detto aiuto di Stato rientri nella categoria degli aiuti vietati dall’art. 92, n. 1, del Trattato, cioè se, da un lato, esso sia idoneo a falsare la concorrenza e, d’altro lato, possa incidere sugli scambi fra gli Stati membri. Una volta che il giudice nazionale sia pervenuto alla conclusione che l’aiuto controverso rientra nel divieto di principio previsto al detto articolo, gli resta da stabilire se esso rientri nella procedura di controllo dettata all’art. 93, n. 3, del Trattato, il che lo porta, eventualmente, ad esaminare se si tratti di nuovo aiuto (che è assoggettato a tale procedura) e non di un aiuto esistente (che vi si sottrae).

    90.      È solo al termine di questa serie di operazioni di qualificazione che il giudice nazionale può pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento controverso e trarne tutte le conseguenze che si impongono in caso di violazione dell’art. 93, n. 3, del Trattato (48).

    91.      Operazioni di qualificazione giuridica di fatti che rientrano tutte, in una materia come quella di cui trattasi nella causa principale, nel controllo effettuato dagli organi giurisdizionali supremi.

    92.      Orbene, è possibile che, nell’ambito di siffatto controllo dell’errore di diritto, gli organi giurisdizionali supremi commettano essi stessi un eventuale errore di diritto idoneo a far sorgere la responsabilità dello Stato, nell’ipotesi in cui, conformemente ai criteri posti dalla citata sentenza Köbler, da esso derivi una manifesta inosservanza del diritto comunitario applicabile.

    93.      Da ciò concludo che il principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo osta a che, in forza di una normativa nazionale, sia esclusa, in maniera generale, la sussistenza della detta responsabilità per la sola ragione che la violazione di cui trattasi sarebbe connessa alla valutazione dei fatti e delle prove.

    94.      Va ora esaminato se siffatto principio osti del pari a che, in forza di una normativa nazionale, la sussistenza della responsabilità dello Stato sia limitata (ove non sia esclusa) ai soli casi di dolo o di colpa grave.

    C –    Sulla limitazione della sussistenza della responsabilità dello Stato derivante da una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo ai casi di dolo o colpa grave

    95.      Ricordo che, al punto 53 della citata sentenza Köbler, la Corte ha limitato la sussistenza della responsabilità dello Stato per effetto della violazione del diritto comunitario derivante da una decisione di un organo giurisdizionale supremo al «caso eccezionale in cui [quest’ultimo] ha violato in maniera manifesta il diritto vigente» (49).

    96.      Tale formulazione si differenzia da quella che la Corte aveva utilizzato nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, allorché uno Stato membro agisce in un ambito nel quale dispone di un ampio margine discrezionale. La Corte aveva infatti statuito che, in siffatta ipotesi, la responsabilità dello Stato può sorgere solo in caso di «violazione manifesta e grave, da parte di uno Stato membro (...), dei limiti posti al [suo] potere discrezionale» (50).

    97.      Ci si può chiedere quale sia il senso di un cambiamento di formulazione in quanto, nella citata sentenza Köbler (punti 55 e 56), la Corte ha nondimeno ripreso, per esteso, l’elenco dei criteri da essa formulati nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame (punti 56 e 57), per stabilire se ricorresse tale presupposto attinente alla natura della violazione di cui trattasi. Come ho già indicato, essa si è limitata ad aggiungervi il criterio attinente all’inosservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale.

    98.      Il mancato riferimento espresso al carattere grave della violazione di cui trattasi è forse in relazione con l’abbandono, a partire dalla sentenza 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione (51), del presupposto per la sussistenza della responsabilità attinente al carattere superiore della norma di diritto violata, criterio che era stato formulato dalla Corte già da un certo numero di anni riguardo alla responsabilità extracontrattuale della Comunità? Benché, nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, tale presupposto per la sussistenza della responsabilità della Comunità non sia stato esteso al regime della responsabilità degli Stati membri, pur avendo la Corte ripreso, nella stessa sentenza, l’esigenza attinente alla gravità della violazione di cui trattasi (che era stata ugualmente posta nell’ambito della responsabilità della Comunità), ci si può domandare se, nella citata sentenza Köbler, la Corte non sia stata guidata dall’intento di evitare che tale esigenza relativa alla gravità della violazione di cui trattasi fosse interpretata come un’esigenza attinente alla natura della norma di diritto violata, in quanto il carattere cosiddetto superiore o fondamentale della detta norma potrebbe contribuire a conferire alla violazione di cui trattasi un carattere di gravità. La questione resta aperta.

    99.      Ciò detto, indipendentemente da quale sia l’interpretazione che si deve dare a tale evoluzione della terminologia nel corso della giurisprudenza, ripeto che, per valutare se ricorra il presupposto per la sussistenza della responsabilità dello Stato riguardante la natura della violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo, secondo la Corte, si deve prendere in considerazione, in particolare, «il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale della violazione, la scusabilità o l’inescusabilità dell’errore di diritto, la posizione adottata eventualmente da un’istituzione comunitaria nonché la mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE» (52). Ricordo che, secondo la Corte, «[i]n ogni caso, una violazione del diritto comunitario è sufficientemente caratterizzata allorché la decisione di cui trattasi è intervenuta ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in questa materia» (53).

    100. Benché le nozioni di dolo e di colpa grave possano assumere significati considerevolmente diversi nei sistemi giuridici dei diversi Stati membri, si può considerare, sulla scia della giurisprudenza Brasserie du pécheur e Factortame (54), che taluni degli elementi che possono essere collegati a tali nozioni nell’ambito di un sistema giuridico nazionale, presentano un interesse, alla luce della detta serie di criteri enunciati ai punti 55 e 56 della citata Köbler, per valutare se un organo giurisdizionale supremo abbia violato in modo manifesto il diritto applicabile.

    101. Orbene, anche se la responsabilità dello Stato può sorgere, in base al diritto nazionale, in condizioni meno restrittive rispetto a quelle definite dalla Corte nella citata sentenza Köbler (55), per contro, l’imposizione di una condizione supplementare, e quindi più restrittiva, equivarrebbe a rimettere in discussione il diritto al risarcimento che trova il suo fondamento nell’ordinamento giuridico comunitario (56).

    102. Al pari della Commissione, e senza abbandonare le mie riserve riguardo alla pertinenza del criterio attinente all’intenzionalità della violazione di cui trattasi, che è stato per ultimo ripreso dalla Corte nella citata sentenza Köbler (di cui prendo atto) (57), deduco dall’insieme di questi sviluppi giurisprudenziali che la sussistenza della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo non può essere subordinata ad una condizione attinente alla nozione di dolo o di colpa grave che vada oltre la violazione manifesta del diritto applicabile (nel senso di cui ai punti 55 e 56 della citata sentenza Köbler) (58).

    103. Di conseguenza si deve risolvere la questione pregiudiziale mantenuta dal giudice del rinvio nel senso che, se il principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo osta a che in forza di una normativa nazionale sia esclusa, in modo generale, la sussistenza della detta responsabilità per la sola ragione che la violazione di cui trattasi sarebbe connessa all’interpretazione delle norme di diritto o alla valutazione dei fatti e delle prove, per contro, questo stesso principio non osta a che il sorgere della detta responsabilità sia subordinato alla sussistenza di dolo o colpa grave da parte dell’organo giurisdizionale supremo considerato, purché tale condizione non vada oltre la manifesta violazione del diritto applicabile.

    VI – Conclusione

    104. Alla luce del complesso di queste considerazioni, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale mantenuta dal Tribunale di Genova nel modo seguente:

    «Pur se il principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo osta a che in forza di una normativa nazionale sia esclusa, in modo generale, la sussistenza della detta responsabilità per la sola ragione che la violazione di cui trattasi sarebbe connessa all’interpretazione delle norme di diritto o alla valutazione dei fatti e delle prove, per contro, questo stesso principio non osta a che il sorgere della detta responsabilità sia subordinato alla sussistenza di dolo o colpa grave da parte dell’organo giurisdizionale supremo considerato, purché tale condizione non vada oltre la manifesta violazione del diritto applicabile».


    1 – Lingua originale: il francese.


    2 – Racc. pag. I‑10239.


    3 – Più precisamente sono menzionati all’art. 92, n. 3, lett. a), del Trattato «gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione» e all’art. 92, n. 3, lett. c), dello stesso Trattato gli «aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse».


    4 – Non prendo in considerazione l'evoluzione dei rispettivi ruoli della Commissione e dei giudici nazionali risultante dal regolamento (CE) del Consiglio 7 maggio 1998, n. 994, sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato che istituisce la comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (GU L 142, pag. 1), poiché tale regolamento è entrato in vigore in epoca successiva ai fatti della causa principale.


    5 – Tale sintesi delle norme procedurali del Trattato in materia di aiuti di Stato non è rimessa in discussione dal regolamento del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del Trattato CE (GU L 83, pag. 1), che è entrato in vigore in epoca successiva ai fatti della causa principale e che si limita a riprendere, in larga misura, la giurisprudenza della Corte esistente in materia.


    6 – V., in particolare, sentenza 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa (Racc. pag. 1129); 19 giugno 1973, causa 77/72, Capolongo (Racc. pag. 611, punto 6); 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz (Racc. pag. 1471, punto 8); 21 novembre 1991, causa C‑354/90, Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e Syndicat national des négociants et transformateurs de saumon (Racc. pag. I‑5505, in prosieguo: la «sentenza Saumon», punto 11), e 11 luglio 1996, causa C‑39/94, SFEI e a. (Racc. pag. I‑3547, punto 39).


    7 – V., in particolare, sentenza 11 aprile 1989, causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen e Silver Line Reisebüro (Racc. pag. I‑803, punto 32).


    8 – Con riguardo alle norme in materia di aiuti di Stato, v., in particolare, sentenza 12 ottobre 1978, causa 156/77, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1881, punti 10 e 11). Con riferimento all'art. 86 CE in materia di abuso di posizione dominante, v., in particolare, sentenza 30 aprile 1986, cause riunite da 209/84 a 213/84, Asjes e a. (Racc. pag. 1425, punti 39, 42 e 45).


    9 – GURI n. 88, del 15 aprile 1988, pag. 3, in prosieguo: la «normativa nazionale controversa».


    10 – Le disposizioni di cui trattasi comparivano agli artt. 55, 56 e 74 del codice di procedura civile. Da essi risultava che la responsabilità dello Stato per effetto dell'attività giurisdizionale poteva sorgere unicamente in caso di dolo, frode o concussione.


    11 – Ai sensi dell’art. 1 della normativa controversa, quest'ultima si applica «a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali che esercitano l'attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria».


    12 – V. sentenza della Corte Costituzionale 19 giugno 1989, n. 18, punto 10 (Giustizia civile, 1989, I, pag. 769).


    13 – V. art. 4, n. 1, della normativa nazionale controversa.


    14 – V. art. 5, n. 4, della normativa nazionale controversa.


    15 – Racc. pag. 1513.


    16 – Si tratta della decisione della Commissione 21 giugno 2001, 2001/851/CE, relativa agli aiuti di Stato corrisposti dall'Italia alla compagnia marittima Tirrenia di Navigazione (GU L 318, pag. 9). Preciso che con la detta decisione, la Commissione ha dichiarato compatibili con il mercato comune gli aiuti versati a tale impresa, dal 1º gennaio 1990 al 31 dicembre 2000, a titolo di compensazione del servizio pubblico e ha autorizzato, nel rispetto di talune condizioni, gli aiuti versati dal 1º gennaio 2001 al 31 dicembre 2004. Tali aiuti, qualificati come nuovi aiuti, sono stati considerati rientranti nella deroga prevista all'art. 86, n. 2, CE, con esclusione di quelle previste all’art. 87, nn. 2 e 3, CE.


    17 – Racc. pag. I‑5357.


    18 – Racc. pag. I‑1029.


    19 – Come ho già sottolineato nelle mie conclusioni nella citata causa Köbler, (paragrafo 38), se, in mancanza di possibilità di ricorso interno contro una decisione emessa dall'organo giurisdizionale supremo, l’azione per responsabilità dello Stato è l'unico rimedio che consente – in ultima ratio – di garantire il ripristino del diritto leso e, infine, di assicurare un livello adeguato all'effettiva tutela giurisdizionale dei diritti che i singoli derivano dall'ordinamento giuridico comunitario, ciò non vale per quanto attiene alle decisioni emanate dai giudici ordinari giacché queste ultime sono impugnabili mediante i ricorsi interni.


    20 – V. ordinanza di rinvio, pagg. 4 e 6.


    21 – Ibidem pag. 4.


    22 – V., in particolare, sentenze 13 marzo 1986, causa 296/84, Sinatra (Racc. pag. 1047, punto 11), e 26 settembre 1996, causa C‑341/94, Allain (Racc. pag. I‑4631, punto 11).


    23 – V. sentenza Köbler, cit. (punto 36).


    24 – Ibidem (punti 37‑43).


    25 – Ibidem (punto 53).


    26 – In proposito, ricordo che, come ho già indicato al paragrafo 18, l'esclusione della responsabilità dello Stato prevista all’art. 2, n. 2, della normativa controversa (che si applica a tale specifica ipotesi) è stata, a quanto pare, prevista per preservare l'indipendenza dei giudici che costituisce un principio di valenza costituzionale.


    27 – Tale finalità dell'obbligo di rinvio pregiudiziale è stata precisata dalla Corte nella sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit (Racc. pag. 3415, punto 7).


    28 – Esaminerò in prosieguo il senso di tale presupposto per la sussistenza della responsabilità dello Stato, che è stato precisato nei punti 54‑56 della citata sentenza Köbler.


    29 – Racc. pag. I‑0000, punti 110‑115.


    30 – Racc. pag. I‑4637.


    31 – V. sentenza Commissione/Italia, cit. (punto 31).


    32 – Ibidem (punti 34 e 35).


    33 – V., in particolare, sentenza 9 febbraio 1999, causa C‑343/96, Dilexport (Racc. pag. I‑579, punti 52 e 54), proprio con riguardo alla normativa nazionale di cui trattasi, nonché le sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio (Racc. pag. 3595, punto 14), e 24 marzo 1988, causa 104/86, Commissione/Italia (Racc. pag. 1799, punti 7 e 11), con riferimento ad una normativa nazionale precedente, infine abrogata, che prevedeva espressamente le medesime esigenze di prova imposte da taluni giudici e dall'amministrazione nell'ambito dell'interpretazione e dell'applicazione della normativa nazionale considerata che le è succeduta.


    34 – V., in questo senso, sentenza 9 dicembre 2003, Commissione/Italia, cit., (punto 33).


    35 – Rilevo che la Corte Suprema di Cassazione, apparentemente, si è discostata dalla detta giurisprudenza a seguito della pronuncia della sentenza della Corte nella detta causa. V., in tal senso, sentenza 14 luglio 2004, n. 13054, Soc. Sief e a./Ministero dell’Economia e delle Finanze e a. (Foro italiano 2004, I, pag. 2700).


    36 – A proposito di tali sviluppi della giurisprudenza, v. paragrafi 131‑137 delle mie conclusioni nella causa conclusasi con la citata sentenza Köbler.


    37 – Tale è il caso, a mio parere, del criterio relativo al carattere intenzionale o meno della violazione, nonché di quello attinente all'atteggiamento delle istituzioni comunitarie (fatta eccezione per l'ambito specifico del diritto della concorrenza e degli aiuti di Stato in cui è detto criterio può essere pertinente). V., in proposito, paragrafi 154‑156 delle mie conclusioni nella causa conclusasi con la citata sentenza Köbler.


    38 – V., in tal senso, paragrafi 139 delle mie conclusioni nella causa conclusasi con la citata sentenza Köbler.


    39 – V. punti 16‑20 della sentenza.


    40 – A mio parere, questa analisi non può essere rimessa in discussione da quella esposta nella citata sentenza Köbler, (punti 120‑124), a proposito della violazione di talune norme di diritto comunitario che la Corte ha considerato poco chiare o poco precise. Certamente, secondo la Corte, tenuto conto dello spirito di cooperazione giudiziaria che regola il meccanismo del rinvio pregiudiziale, il ritiro di una questione pregiudiziale può apparire meno grave rispetto all'assenza di qualsiasi rinvio, cosicché l'errore di diritto in questione (che molto probabilmente sarebbe stato evitato mantenendo la detta questione) sarebbe più scusabile rispetto all'ipotesi in cui non ci sia stato alcun rinvio. Nondimeno, da un punto di vista strettamente giuridico e di politica giurisprudenziale, ci si può interrogare sulla pertinenza di una siffatta distinzione allorché, come era il caso nella fattispecie, l’organo giurisdizionale supremo considerato ha ritirato la sua questione pregiudiziale per un'errata lettura di una sentenza che gli è stata trasmessa dalla Corte dopo che quest'ultima aveva ricevuto la detta questione, mentre una mera attenta lettura della detta sentenza (priva di ambiguità) avrebbe consentito di evitare siffatto errore nella lettura (nonché, probabilmente, un errore nella deduzione delle conseguenze da trarne per la risoluzione della controversia). Ciò posto, tale analisi della Corte, che tende ad attenuare l'importanza del criterio attinente all'inadempimento dell'obbligo di rinvio, sembra largamente ispirata da considerazioni proprie alle circostanze particolari della fattispecie, cosicché si può ipotizzare che essa non possa essere estesa al di là delle dette circostanze.


    41 – Come ho già indicato al paragrafi 141 delle mie conclusioni nella causa conclusasi con la citata sentenza Köbler, le sentenze pronunciate dalla Corte, in particolare nell'ambito del procedimento pregiudiziale, vincolano necessariamente i giudici nazionali quanto all'interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario, cosicché, laddove intendano discostarsi dalla giurisprudenza della Corte, essi non hanno altra possibilità che di proporre una domanda pregiudiziale alla Corte, sottoponendole nuovi elementi di riflessione idonei a condurla a risolvere in maniera diversa una questione su cui si è già pronunciata.


    42 – Si può immaginare il caso in cui un singolo preferisca fondare la propria azione per responsabilità contro lo Stato su un asserito inadempimento dell'obbligo di rinvio pregiudiziale piuttosto che su un’asserita violazione di una norma di diritto comunitario la cui interpretazione avrebbe dovuto dar luogo a tale rinvio, nell'ipotesi in cui sia più facile dimostrare l'esistenza di un manifesto inadempimento dell'obbligo di rinvio pregiudiziale piuttosto che la manifesta violazione della norma di diritto sostanziale di cui trattasi.


    43 – V., in proposito, in particolare, per il sistema francese:, Boré, J., e Boré, L., La cassation en matière civile, Dalloz, terza edizione, 2003, pag. 223 e pagg. 262‑278; per uno studio di diritto comparato dei sistemi francese e tedesco: Ferrand, F., Cassation française et Révision allemande, PUF, 1993, pagg. 42 e 161; per il sistema italiano, Di Federico, G., Manuale di ordinamento giudiziario, CEDAM, 2004, pagg. 83‑85. Per un sistema analogo, v. Wathelet, M., e Van Raepenbusch, S., «Le contrôle sur pourvoi de la Cour de justice des Communautés européennes, dix ans après la création du Tribunal de première instance», Mélanges en l’honneur de M. Schockweiler, 1999, pagg. 605‑633.


    44 – V., in particolare, per il sistema francese: Boré, J., e Boré, L., cit., pagg. 274 e 275, nonché pagg. 279‑294; per i sistemi francese e tedesco: Ferrand, F., cit., pagg. 135 e 163; e per il sistema italiano, Ascarelli, T., «Le fait et le droit devant la Cour de cassation italienne», Le Fait et le droit, Etudes de logique juridique, Bruylant, Bruxelles, 1961, pagg. 113 e segg., nonché Mazzarella, F., Analisi del giudizio civile di cassazione, CEDAM, terza edizione, 2003, pag. 86.


    45 – V. art. 8 della direttiva del Consiglio 29 giugno 2000, 2000/43/CE, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (GU L 180, pag. 22), nonché art. 10 della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16), che si inserisce nello sviluppo della direttiva del Consiglio 15 dicembre 1997, 97/80/CE, riguardante l'onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso (GU 1998, L 14, pag. 6).


    46 – V. paragrafi 10‑12 delle conclusioni, nonché le note a piè di pagina che vi si riferiscono.


    47 – Tale esercizio di qualificazione può risultare arduo per il giudice nazionale, in particolare laddove si tratti di sovvenzioni di origine statale accordate al fine di compensare i costi degli obblighi di servizio pubblico imposti ad un'impresa, tenuto conto della portata che la Corte ha attribuito, nella sentenza 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Racc. pag. I‑7747, punti 83‑94), al criterio del vantaggio consentito al beneficiario di siffatto provvedimento. Detto ciò, ricordo che, nella citata sentenza SFEI e a. (punto 50), la Corte ha sottolineato che «[q]ualora abbia dubbi sul carattere di aiuto di Stato dei provvedimenti in causa, il giudice nazionale può chiedere alla Commissione chiarimenti in merito», precisando nel contempo che «[n]ella sua comunicazione 23 novembre 1995 relativa alla cooperazione tra i giudici nazionali e la Commissione in materia di aiuti di Stato (....), la Commissione ha apertamente invitato i giudici nazionali a contattarla ove l'applicazione dell'art. 93, n. 3, [del Trattato] dia luogo a difficoltà, e ha spiegato che tipo di assistenza essa può fornire». Nello stesso senso la Corte ha aggiunto che «[i]noltre, il giudice nazionale può o deve, in conformità all’art. 177, secondo e terzo comma, del Trattato, sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sull'interpretazione dell' art. 92 del Trattato » (punto 51).


    48 – Per una disamina di tali conseguenze, vedi paragrafi 125 delle mie prime conclusioni nella causa conclusasi con la citata sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg. In proposito sottolineo che la necessità per il giudice nazionale di pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento controverso non è rimessa in discussione da una decisione definitiva della Commissione che dichiari tale aiuto compatibile con il mercato comune. Secondo giurisprudenza costante, infatti, siffatta decisione della Commissione non ha l'effetto di sanare l'esecuzione data a provvedimenti di aiuto non notificati, in violazione dell'art. 93, n. 3, del Trattato. V., in particolare, la citata sentenza Saumon (punti 16 e 17); nonché sentenza 21 ottobre 2003, causa C‑261/01, Van Calster e a. (Racc. pag. I‑2249, punti 62 e 63), e 21 luglio 2005, causa C‑71/04, Xunta de Galicia (Racc. pag. I‑0000, punto 31).


    49 – Il corsivo è mio.


    50 – Punto 55, il corsivo è mio.


    51 – Racc. pag. I‑5291 (v. punti 13 e 39-47).


    52 – V. sentenza Köbler, cit. (punto 55).


    53 – Ibidem (punto 56).


    54 – V. punto 78 della citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, a proposito della possibilità di subordinare il sorgere della responsabilità di uno Stato alla sussistenza di un illecito. Non si può fare a meno di collegare tale direzione di illecito a quella di dolo (nel senso di atto intenzionale o deliberato) o di colpa grave (nel senso di atto non intenzionale).


    55 – V. punto 57 della citata sentenza Köbler, che si inserisce nella linea di cui al punto 66 della citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame.


    56 – Idem.


    57 – V. le riserve da me espresse nel paragrafi 156 delle conclusioni nella causa conclusasi con la citata sentenza. Pur se mantengo le dette riserve, non arrivo al punto di proporre una virata della giurisprudenza in proposito.


    58 – V., per un ragionamento analogo, punto 79 della citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame.

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