Conclusions
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
POIARES MADURO
presentate il 2 dicembre 2004(1)
Cause riunite C-96/03 e C-97/03
A. Tempelman
e
T.H.J.M. van Schaijk
contro
Directeur van de Rijksdienst voor de keuring van Vee en Vlees
(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla College van Beroep voor het bedrijfsleven – Paesi Bassi)
«Lotta contro l'afta epizootica – Uccisione di animali sospettati di essere infetti o contaminati»
1.
La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal College van Beroep voor het bedrijfsleven (tribunale commerciale
dei Paesi Bassi), è sorta nell’ambito di due procedimenti di appello interposti dal sig. Tempelman e dai coniugi Van Schaijk
contro il Directeur van de Rijksdienst voor de keuring van Vee en Vlees (direttore del servizio governativo per il controllo
delle carni e del bestiame; in prosieguo: l’«RVV»). Entrambe le cause sono sorte in conseguenza dell’apparizione di un focolaio
di afta epizootica (in prosieguo: l’«afta») nel 2001 e riguardano le misure di abbattimento preventivo disposte dalle autorità
olandesi. Il giudice del rinvio non è sicuro che i provvedimenti controversi nelle cause principali siano stati presi in conformità
al diritto comunitario e solleva alcune questioni circa il potere discrezionale degli Stati membri di decidere misure di sradicamento
che sembrano eccedere i provvedimenti espressamente previsti dalla direttiva del Consiglio 18 novembre 1985, 85/511/CEE, che
stabilisce misure comunitarie di lotta contro l’afta epizootica
(2)
.
I – Normativa comunitaria di riferimento
2.
La normativa comunitaria rilevante nella cause in esame comprendeva, all’epoca dei fatti, i seguenti strumenti normativi:
la direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE
(3)
, la direttiva 85/511come modificata dalla direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/423/CEE
(4)
e la decisione della Commissione 27 marzo 2001, 2001/246/CE, che stabilisce le condizioni di lotta e di eradicazione dell’afta
epizootica nei Paesi Bassi in applicazione dell’articolo 13 della direttiva 85/511
(5)
.
3.
L’art. 10 della direttiva 90/425, per quanto rileva ai fini della domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, così dispone:
«1. Ogni Stato membro segnala immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione, oltre all’insorgere nel suo territorio
delle malattie contemplate dalla direttiva 82/894/CEE, il manifestarsi di casi di zoonosi, malattie o fenomeni che possano
comportare gravi rischi per gli animali o la salute umana.
Lo Stato membro di spedizione mette immediatamente in vigore le misure di lotta o di prevenzione previste dalla normativa
comunitaria, segnatamente la determinazione delle zone di protezione ivi previste, o adotta qualsiasi altra misura che ritenga
appropriata.
Lo Stato membro destinatario o di transito che, al momento di un controllo ai sensi dell’articolo 5, abbia constatato una
delle malattie o fenomeni di cui al primo comma può, se del caso, prendere misure di prevenzione previste dalla normativa
comunitaria, compresa la messa in quarantena degli animali.
In attesa delle misure che dovranno essere prese in conformità del paragrafo 4, lo Stato membro destinatario può, per motivi
gravi di salvaguardia della sanità pubblica o di salute animale, adottare provvedimenti cautelari nei confronti delle aziende,
dei centri e degli organismi interessati o, in caso di epizoozia, nei confronti della zona di protezione prevista dalla normativa
comunitaria.
Le misure prese dagli Stati membri sono comunicate senza indugio alla Commissione e agli altri Stati membri.
(…)
4. In tutti i casi, la Commissione procede senza indugio ad un esame della situazione in sede di comitato veterinario permanente.
Essa adotta, secondo la procedura prevista all’articolo 17, le misure necessarie per gli animali e prodotti di cui all’articolo 1
e, se la situazione lo richiede, per i prodotti derivati da tali animali. La Commissione segue l’evoluzione della situazione
e, secondo la stessa procedura, modifica o abroga, in funzione di detta evoluzione, le decisioni adottate».
4.
Gli artt. 1, 2, 4, 5 e 13 della direttiva 85/511, come modificata dalla direttiva 90/423, si leggono come segue:
«Articolo 1
La presente direttiva stabilisce le misure comunitarie di lotta da applicare in caso di apparizione di focolai di afta epizootica,
indipendentemente dal tipo di virus in causa.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva (...) si intende per:
(...)
(c)
animale infetto da afta epizootica: ogni animale delle specie sensibili:
- –
- sul quale siano stati constatati sintomi clinici o lesioni post mortem riconducibili all’afta epizootica,
ovvero
- –
- sul quale la presenza della malattia sia stata ufficialmente constatata mediante esame di laboratorio;
(d) animale sospetto di essere infetto da afta epizootica: qualsiasi animale delle specie sensibili che presenti sintomi clinici
o lesioni post mortem tali da far sospettare in modo fondato la presenza di afta epizootica;
(e) animale sospetto di essere contaminato: ogni animale delle specie sensibili che, in base alle informazioni epizootologiche
raccolte, possa essere stato esposto direttamente o indirettamente al contatto del virus dell’afta.
Articolo 4
1. Gli Stati membri provvedono affinché, qualora in un’azienda si trovino uno o più animali sospetti di essere infetti da
afta epizootica o sospetti di esserne contaminati, si faccia immediatamente ricorso ai mezzi d’indagine ufficiali atti a confermare
o ad escludere la presenza della malattia e, in particolare, che il veterinario ufficiale effettui o faccia effettuare adeguati
prelevamenti in vista degli esami di laboratorio.
Appena il sospetto è stato notificato, l’autorità competente dispone che l’azienda sia sottoposta a sorveglianza ufficiale
e ordina, in particolare, che:
- –
- si proceda al censimento di tutte le categorie animali delle specie sensibili, precisando per ciascuna di esse il numero di
animali già morti, infetti o suscettibili di essere infetti o contaminati; il censimento deve essere aggiornato per tener
conto anche degli animali nati o morti durante il periodo di sospetto; i dati di tale censimento debbono essere esibiti a
richiesta e possono essere controllati ad ogni visita;
- –
- tutti gli animali delle specie sensibili dell’azienda siano trattenuti nei loro locali di stabulazione, o confinati in altri
luoghi che ne permettano l’isolamento;
- –
- siano vietate l’entrata nell’azienda e l’uscita dall’azienda di animali delle specie sensibili;
- –
- siano vietate, salvo autorizzazione rilasciata dall’autorità competente, l’entrata nell’azienda e l’uscita dall’azienda di
animali di altre specie;
- –
- sia vietata, salvo autorizzazione rilasciata dall’autorità competente, l’uscita dall’azienda di carni o carcasse di animali
delle specie sensibili, nonché di alimenti per animali, di utensili, di oggetti o altre materie, quali lane o rifiuti, che
possano trasmettere l’afta epizootica;
(…)
2. L’autorità competente può estendere le misure di cui al paragrafo 1 alle aziende situate nelle immediate vicinanze qualora
il loro impianto, la configurazione dei luoghi o i contatti con gli animali dell’azienda in cui si sospetta la presenza della
malattia lascino temere l’eventualità di una contaminazione.
(…)
Articolo 5
Gli Stati membri provvedono affinché, una volta confermata la presenza in un’azienda di uno o più degli animali di cui all’articolo 2,
lettera c), l’autorità competente ordini che:
1) il veterinario ufficiale effettui o faccia effettuare adeguati prelevamenti per gli esami di laboratorio previsti nell’allegato,
qualora detti prelevamenti ed esami non siano stati effettuati nel periodo di sospetto conformemente all’articolo 4, paragrafo 1,
primo comma;
2) l’autorità competente, oltre alle misure enumerate all’articolo 4, paragrafo 1, ordini senza indugio che:
- –
- tutti gli animali delle specie sensibili dell’azienda siano abbattuti in loco, sotto controllo ufficiale ed in modo da evitare
ogni rischio di diffusione del virus dell’afta epizootica;
- –
- dopo l’abbattimento, le carcasse degli animali di cui sopra siano distrutte sotto controllo ufficiale, in modo da evitare
ogni rischio di diffusione del virus dell’afta epizootica;
(…)
4) l’autorità competente può estendere le misure di cui al punto 1 alle aziende situate nelle immediate vicinanze qualora
il loro impianto, la configurazione dei luoghi o i contatti con gli animali dell’azienda dove la malattia è stata accertata
lascino temere l’eventualità di una contaminazione.
(…)
Articolo 13
1. Gli Stati membri provvedono affinché:
- –
- sia vietato l’impiego di vaccini antiaftosi,
(…)
3. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1 concernenti l’impiego del vaccino antiaftoso, può essere deciso di effettuare
una vaccinazione d’emergenza secondo modalità tecniche che garantiscano la totale immunità degli animali se sia stata confermata
la presenza di afta epizootica ed essa minacci di propagarsi. In tal caso, le misure da prendere riguardano in particolare
gli elementi seguenti:
- –
- limiti della zona geografica in cui deve essere attuata la vaccinazione d’emergenza;
- –
- specie e età degli animali da vaccinare;
- –
- durata della campagna di vaccinazione;
- –
- regime d’immobilizzazione applicabile in modo specifico agli animali vaccinati ed ai loro prodotti;
- –
- identificazione e registrazione particolari degli animali vaccinati;
- –
- altri aspetti relativi alla situazione di emergenza.
La decisione di effettuare una vaccinazione d’emergenza viene presa dalla Commissione che delibera secondo la procedura di
cui all’articolo 16, in collaborazione con lo Stato membro interessato. Tale decisione tiene conto in particolare del grado
di concentrazione degli animali in determinate regioni e della necessità di proteggere razze specifiche.
Tuttavia, in deroga al primo comma, la decisione di effettuare una vaccinazione di emergenza intorno ad un focolaio può essere
presa dallo Stato membro interessato, previa notifica alla Commissione, purché non siano compromessi gli interessi fondamentali
della Comunità. Questa decisione verrà immediatamente riesaminata nell’ambito del comitato veterinario permanente, secondo
la procedura prevista all’articolo 16».
5.
Gli artt. 1 e 2 della decisione della Commissione 2001/246/CE, che è stata adottata sulla base dell’art. 10 della direttiva
90/425 e dell’art. 13 della direttiva 85/511, così dispongono:
«Articolo 1
Ai fini della presente decisione si applicano le definizioni seguenti:
1. Per “abbattimento preventivo” si intende l’abbattimento degli animali sensibili detenuti nelle aziende situate entro un
certo raggio dalle aziende sottoposte alle restrizioni stabilite agli articoli 4 o 5 della direttiva 85/511/CEE.
Esso ha come obiettivo la rapida riduzione del numero di animali delle specie sensibili in una zona infetta.
2. Per “vaccinazione soppressiva” si intende la vaccinazione d’emergenza degli animali delle specie sensibili di determinate
aziende situate in una zona definita, la cosiddetta zona di vaccinazione; tale vaccinazione è effettuata esclusivamente in
combinazione con l’abbattimento preventivo descritto al paragrafo 1.
Essa ha come obiettivo la rapida riduzione della carica virale e del rischio di diffusione del virus oltre il perimetro della
zona, senza ritardare l’abbattimento preventivo.
Essa è effettuata unicamente quando l’abbattimento preventivo degli animali delle specie sensibili deve essere ritardato per
un periodo di tempo stimato superiore al tempo necessario a ridurre efficacemente la diffusione del virus mediante immunizzazione
per almeno uno dei seguenti motivi:
- –
- limitazioni nell’esecuzione degli abbattimenti degli animali delle specie sensibili in conformità alle disposizioni della
direttiva 93/119/CEE del Consiglio,
- –
- limitazioni delle capacità esistenti di distruzione delle carcasse in conformità con l’art. 5, paragrafo 2, secondo trattino,
della direttiva 85/511/CEE.
Articolo 2
1. Fatta salva la direttiva 85/511/CEE del Consiglio, in particolare gli articoli 4, 5 e 9, i Paesi Bassi possono decidere
di ricorrere alla vaccinazione soppressiva alle condizioni stabilite nell’allegato.
2. Prima di procedere alle misure di cui al paragrafo 1, i Paesi Bassi provvedono affinché gli Stati membri e la Commissione
siano informati ufficialmente dei dati concernenti la delimitazione geografica e amministrativa della zona di vaccinazione,
il numero di aziende interessate, la data di inizio e di conclusione della vaccinazione e il motivo per cui tale misura è
stata presa.
Successivamente i Paesi Bassi provvedono affinché i dati presentati conformemente al primo comma siano completati senza ritardo
ingiustificato dalle informazioni concernenti l’abbattimento degli animali vaccinati, segnatamente il numero di animali abbattuti,
il numero di aziende interessate, la data in cui gli abbattimenti sono stati ultimati e le modifiche delle restrizioni vigenti
nelle zone in questione».
II – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale
6.
I coniugi Van Schaijk conducevano un’azienda dedita all’allevamento biodinamico del bestiame nella località di Ravenstein.
Con decisione 26 marzo 2001 – un giorno prima che la Commissione adottasse la decisione 2001/246 –, l’RVV li informava che
tutti gli animali artiodattili presenti nella loro azienda erano sospettati di aver contratto l’afta e di conseguenza sarebbero
stati abbattuti, poiché in un’azienda situata a meno di un chilometro di distanza (772 metri) da quella dei coniugi Van Schaijk
si trovavano uno o più animali che facevano sospettare in modo fondato di essere infetti dall’afta. Il 27 marzo i coniugi
Van Schaijk presentavano reclamo contro la decisione dell’RVV. Con lettera della stessa data essi chiedevano un provvedimento
ingiuntivo al presidente del College van Beroep voor het Bedrijfsleven, ossia la sospensione della decisione. Tale domanda
veniva respinta con decisione 28 marzo 2001 e gli animali artiodattili appartenenti ai coniugi Van Schaijk venivano abbattuti
(6)
. Con decisione 15 novembre 2001, l’RVV ha respinto il reclamo proposto dai coniugi Van Schaijk contro la decisione 26 marzo
2001. I coniugi Van Schaijk si sono successivamente appellati al College van Beroep voor het bedrijfsleven.
7.
Il sig. Tempelman allevava pecore angora in Wenum, un piccolo centro nelle vicinanze di Oene. Il 3 aprile 2001, il Ministro
per l’Agricoltura, la Gestione del patrimonio naturale e la Pesca decretava che tutti gli animali artiodattili presenti nella
regione di Oene dovevano essere sottoposti a vaccinazione e, successivamente, abbattuti. Venuto a conoscenza delle pecore
angora del sig. Tempelman, l’RVV informava quest’ultimo, in data 23 maggio 2001, che le sue pecore erano sospettate di aver
contratto l’afta, poiché nelle vicinanze del luogo in cui si trovavano tali animali erano stati accertati diversi casi di
afta. Le pecore angora sono state abbattute lo stesso giorno. Con lettera 12 giugno 2001 il sig. Tempelman presentava reclamo
contro la decisione dell’RVV. Con decisione 15 novembre 2001, l’RVV respingeva il reclamo presentato dal sig. Tempelman. Contro
tale decisione il sig. Tempelman si è appellato al College van Beroep voor het Bedrijfsleven.
8.
Con ordinanza 7 gennaio 2003, il College van Beroep ha respinto l’impugnazione interposta dal sig. Tempelman, se e in quanto
fondata sulla normativa nazionale. Nell’ordinanza emessa lo stesso giorno nel procedimento tra i coniugi Van Schaijk e l’RVV,
il College van Beroep è giunto ad una conclusione analoga: la normativa nazionale pertinente offriva all’RVV una base giuridica
sufficiente per decidere, il 26 marzo 2001, l’abbattimento degli animali dei coniugi Van Schaijk. Tuttavia, esso ha ritenuto
che rimanesse da stabilire se le decisioni controverse fossero compatibili con il diritto comunitario.
9.
Il College van Beroep ha quindi deciso di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se uno Stato membro possa trarre dal diritto comunitario il potere di decidere l’abbattimento di animali che sono sospettati
di essere infetti o contaminati dal virus dell’afta.
2) Se la direttiva 85/511/CEE, come modificata dalla direttiva 90/423/CEE, offra agli Stati membri la possibilità di (far)
adottare misure nazionali supplementari per la lotta all’afta.
3) Quali limiti ponga il diritto comunitario ad uno Stato membro riguardo all’adozione di misure nazionali supplementari,
diverse da quelle previste nella direttiva 85/511/CEE, come modificata dalla direttiva 90/423/CEE».
10.
Dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte sia il sig. Tempelman che i coniugi Van Schaijk, la Commissione e
i governi olandese, ellenico, irlandese, italiano e del Regno Unito. All’udienza del 29 settembre 2004 sono stati sentiti
i coniugi Van Schaijk, la Commissione e i governi ellenico, olandese, irlandese e del Regno Unito.
III – Valutazione
11.
Nell’ordinanza di rinvio il College van Beroep rileva che la soluzione delle questioni pregiudiziali così formulate può dipendere
dall’interpretazione da dare all’art. 10 della direttiva 90/425. Esso ritiene che questo punto non sia completamente chiaro
e che ciò possa incidere sull’interpretazione da dare alla direttiva 85/511. Di conseguenza dovrò, in primo luogo, cercare
di esplicitare la correlazione tra la direttiva 85/511 e la direttiva 90/425, con particolare riguardo all’art. 10 di quest’ultima.
In seguito, procederò ad esaminare ogni singola questione posta dall’organo di rinvio.
A –
La correlazione tra le direttive 90/425 e 85/511
12.
Le direttive 90/425 e 85/511 hanno obiettivi concorrenti. Entrambe riguardano la tutela della salute degli animali alla luce
della libera circolazione degli animali e dei prodotti agricoli. La direttiva 90/425 e la direttiva 90/423, che ha modificato
la direttiva 85/511, sono state adottate lo stesso giorno ed hanno come fondamento l’art. 43 del Trattato CE (divenuto, in
seguito a modifica, art. 37 CE).
13.
Nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, la direttiva 90/425 mira a garantire che i controlli veterinari
vengano effettuati soltanto al luogo di partenza e non più alle frontiere, obiettivo che implica un’armonizzazione degli obblighi
essenziali relativi alla protezione della salute animale
(7)
. Per il caso in cui si manifesti una malattia che possa essere fonte di grave rischio per la salute degli animali o delle
persone, l’art. 10 della direttiva 90/425 stabilisce un sistema di misure di prevenzione con il fine di impedire la propagazione
della malattia. Ai sensi dell’art. 10, n. 1, gli Stati membri interessati possono o devono immediatamente mettere in atto
misure di prevenzione o cautelari. In base all’art. 10, n. 4, la Commissione deve, senza indugio, adottare misure definitive,
quali ad esempio, in questo caso specifico, la decisione 2001/246.
14.
Quanto agli Stati membri di destinazione o di transito, l’art. 10 stabilisce che essi possono prendere misure di prevenzione
previste dalla normativa comunitaria. Per motivi gravi di salvaguardia della sanità pubblica o per esigenze veterinarie, essi
possono adottare provvedimenti cautelari, in attesa delle misure che dovranno essere prese dalla Commissione in conformità
al n. 4 dello stesso articolo. Nella sentenza pronunciata il 26 maggio 1993 nella causa Commissione/Portogallo, la Corte ha
detto esplicitamente che, allorché la Commissione ha adottato una decisione ai sensi dell’art. 10, n. 4, gli Stati membri
perdono la competenza ad adottare misure diverse da quelle ivi espressamente previste
(8)
.
15.
L’art. 10, n. 1, secondo comma, riguarda lo Stato membro di spedizione. Esso stabilisce che, nel caso di insorgenza di una
malattia, «lo Stato membro di spedizione mette immediatamente in vigore le misure di lotta o di prevenzione previste dalla
normativa comunitaria (...) o adotta qualsiasi altra misura che ritenga appropriata».
16.
I coniugi Van Schaijk ed il governo olandese suggeriscono interpretazioni diametralmente opposte della congiunzione “o” contenuta
in questo comma. Ambedue le interpretazioni sono volte a chiarire se la normativa comunitaria relativa al controllo delle
malattie degli animali lasci spazio ad un intervento supplementare degli Stati membri e, conseguentemente, incida sul modo
in cui deve leggersi la direttiva 85/511 allo scopo di risolvere le questioni pregiudiziali formulate dal College van Beroep.
17.
Secondo i coniugi Van Schaijk, dall’uso della congiunzione «o» discende che, ogniqualvolta esista una normativa comunitaria,
si deve ritenere che essa precluda un intervento supplementare da parte dello Stato membro.
18.
Il governo olandese sostiene che «o» debba essere interpretato come «e»; tale disposizione dovrebbe essere letta nel senso
che lascia sempre agli Stati membri la facoltà di adottare misure nazionali in aggiunta a quelle imposte da qualsiasi regolamentazione
comunitaria vigente. Il governo olandese si basa sulla versione della direttiva in lingua tedesca, che usa il termine «
sowie » (nonché) al posto di «o».
19.
Per la verità, nessuna di queste due interpretazioni appare del tutto convincente rispetto allo scopo della direttiva 90/425.
Ritengo improbabile che l’art. 10, n. 1, di questa direttiva aspiri a risolvere completamente la questione se tutte le norme
comunitarie precedenti e successive, relative al controllo delle malattie degli animali, siano o meno tassative. Peraltro,
quando esiste un’evidente discrepanza tra la formulazione di una disposizione in una lingua e nelle altre versioni linguistiche,
è preferibile giungere ad una soluzione del punto controverso senza dare la preferenza all’una o all’altra versione
(9)
.
20.
Ritengo che la clausola in oggetto stia a significare che, in assenza di disposizioni comunitarie che regolamentano un evento,
ovvero se ed in quanto tali norme non siano tassative, lo Stato membro di spedizione deve mettere in atto le misure che considera
appropriate. Naturalmente, le disposizioni comunitarie di cui trattasi possono essere stabilite, per esempio, con una decisione
della Commissione adottata sulla base dell’art. 10, n. 4, con una direttiva in materia, oppure con una combinazione di diversi
strumenti di diritto comunitario. Si può dire che l’art. 10, n. 1, crea la presunzione che gli Stati membri debbano prendere
tutte le ulteriori misure appropriate al caso, ma che tale presunzione vige solo qualora le norme comunitarie non siano tassative.
Vista in tale luce, la clausola in esame vuole riaffermare due punti. Primo, che per realizzare lo scopo della direttiva deve
essere applicata la normativa comunitaria pertinente. Secondo, che gli Stati membri devono nondimeno adottare altri provvedimenti
che ritengano appropriati
(10)
. Il secondo punto deriva dalla premessa che le norme comunitarie possono essere assenti o non tassative e che, pertanto,
può rendersi necessario adottare provvedimenti nazionali a complemento delle misure comunitarie di controllo.
21.
All’epoca dei fatti, le misure comunitarie per il controllo dell’afta erano prescritte dalla direttiva 85/511. Di conseguenza,
l’insorgenza di un focolaio di afta nel 2001 suggeriva l’applicazione del meccanismo di cui all’art. 10 della direttiva 90/425
e la messa in atto delle misure di controllo previste dalla direttiva 85/511.
22.
Ne consegue che, al fine di accertare se la normativa comunitaria impedisca agli Stati membri di adottare misure supplementari
di controllo, occorre esaminare la direttiva 85/511. Come riconosce il giudice del rinvio, si tratta qui di stabilire se tale
direttiva, pur non facendone esplicita menzione, impedisca l’adozione di misure supplementari come quelle messe in atto dai
Paesi Bassi nei casi del sig. Tempelman e dei coniugi Van Schaijk.
B –
Se l’abbattimento preventivo sia previsto dalla direttiva 85/511
23.
Nell’ordinanza di rinvio il College van Beroep ritiene che l’art. 5 della direttiva 85/511 preveda unicamente l’abbattimento
degli animali delle specie a rischio quando si tratti di un’azienda nella quale è stata accertata la presenza di uno o più
animali infetti secondo la definizione di cui all’art. 2, lett. c)
(11)
.
24.
Il governo olandese osserva che un obbligo di sopprimere gli animali che potrebbero essere stati contaminati deriva nondimeno
dall’art. 5 della direttiva 85/511. Tale conclusione discenderebbe dall’art. 5, punto 4, che stabilisce che «l’autorità competente
può estendere le misure di cui al punto 1 alle aziende situate nelle immediate vicinanze qualora il loro impianto (...) [lasci]
temere l’eventualità di una contaminazione». Il punto 1 riguarda l’effettuazione di prelevamenti adeguati per gli esami di
laboratorio. Tuttavia, il governo olandese ritiene che il riferimento all’art. 5, punto 1, sia errato e che debba invece leggersi
come un riferimento all’art. 5, punto 2, che contempla misure come la macellazione degli animali e la distruzione delle loro
carni. Esso sostiene che una diversa lettura non avrebbe alcun senso, poiché già l’art. 4, n. 2, della direttiva prevede l’effettuazione
di prelevamenti sugli animali che si trovano nelle aziende situate nelle vicinanze qualora esista il sospetto di una loro
contaminazione. A sostegno di tale argomento, il detto governo effettua un parallelismo tra la direttiva 85/511 e numerose
altre direttive nel settore veterinario
(12)
, richiamando altresì il punto 124 della sentenza pronunciata nella causa
Jippes , dove la Corte ha dichiarato: «L’abbattimento preventivo degli animali che si trovano in un’azienda in cui sono stati scoperti
uno o più animali infetti nonché nelle aziende situate nelle immediate vicinanze che lascino temere l’eventualità di una contaminazione
è prescritto dall’art. 5 della direttiva 85/511»
(13)
. All’udienza che si è tenuta dinanzi alla Corte nel presente procedimento, anche la Commissione ha dichiarato di ritenere
che il riferimento al punto 1, contenuto nell’art. 5, punto 4, costituisca un errore.
25.
Per iniziare, è importante notare che il riferimento al punto 1, di cui all’art. 5, punto 4, è identico in tutte le versioni
linguistiche della direttiva 85/511
(14)
.
26.
Inoltre, nella sentenza pronunciata nella causa
Met-Trans e Sagpol, la Corte ha dichiarato di non essere autorizzata a sostituirsi al legislatore comunitario e ad interpretare una disposizione
contro il suo contenuto espresso
(15)
. La Corte ha altresì affermato, al punto 19 della sentenza pronunciata nella causa 348/85,
Danimarca/Commissione , che «la normativa comunitaria deve essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti»
(16)
.
27.
Anche qualora fosse vero che il riferimento al punto 1 rende superfluo l’art. 5, punto 4, non spetta alla Corte sostituire
ad un rinvio in sé inequivocabile un riferimento ad un diverso punto. In proposito si deve notare che, riguardo agli animali
infetti, l’art. 5, punto 1, ribadisce quanto già stabilito dall’art. 4, n. 1, relativamente agli animali sospettati di essere
infetti o contaminati; l’art. 5, punto 4, può similmente essere interpretato come una disposizione analoga, volta a confermare
che il disposto dell’art. 4, n. 2, si applica anche al caso in cui sia stata accertata la presenza di animali infetti.
28.
Quanto dichiarato dalla Corte nella causa
Jippes appare indubbiamente in contrasto con il testo dell’art. 5. Tuttavia, innanzi tutto, tale dichiarazione riguarda solo le
aziende poste nelle vicinanze di un allevamento nel quale uno o più animali
siano stati trovati infetti . Almeno per quanto concerne l’azienda dei coniugi Van Schaijk, non era questo il caso. Gli animali presenti nella loro azienda
siano stati abbattuti preventivamente poiché nei pressi si trovava un’azienda
sospetta di essere contaminata .
29.
Inoltre, merita ricordare che la dichiarazione di cui alla sentenza
Jippes è contenuta in un punto che riguarda i fondamenti normativi della decisione della Commissione 2001/246. Al punto 127 della
detta sentenza, la Corte è giunta alla conclusione che le disposizioni di diritto comunitario costituivano un fondamento normativo
adeguato per l’adozione di tale decisione. Secondo me, tale conclusione può trarsi semplicemente dalle due disposizioni cui
la Corte si riferiva nel caso specifico: l’art. 13, n. 3, della direttiva 85/511, e l’art. 10, n. 4, della direttiva 90/425,
riguardanti ambedue le decisioni che la Commissione deve prendere nel caso in cui si manifesti l’afta. Tale conclusione non
viene né smentita né suffragata dal testo dell’art. 5 della direttiva 85/511, anch’esso richiamato dalla Corte, ma che riguarda
le misure di lotta all’afta che devono essere prese dagli Stati membri.
30.
Sono dell’opinione che il College van Beroep abbia correttamente rilevato che la direttiva 85/511 non prevede l’abbattimento
preventivo di animali sospettati di essere infetti o contaminati dall’afta.
C –
Se la direttiva 85/511 precluda l’abbattimento preventivo
31.
Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede se la direttiva 85/511 consenta di adottare misure nazionali supplementari
per la lotta all’afta. Per poter rispondere al giudice nazionale, occorre verificare se la normativa comunitaria vigente all’epoca
dei fatti recasse una disciplina tassativa per la gestione dei focolai di afta all’interno della Comunità, ciò che vieterebbe
misure nazionali supplementari.
32.
La direttiva 85/511 non autorizza espressamente gli Stati membri a prendere misure più severe di quelle ivi stabilite. Tuttavia,
una tale libertà può nondimeno risultare in maniera implicita; secondo una giurisprudenza costante, si deve tener conto della
lettera, degli scopi e del contesto della direttiva
(17)
.
33.
In proposito, il governo olandese, così come i governi ellenico, irlandese, italiano e del Regno Unito, ritiene che l’obiettivo
della direttiva, di combattere con mezzi immediati ed efficaci ogni focolaio di afta, implichi la libertà per gli Stati membri
di prendere misure quali l’abbattimento preventivo. La Commissione appoggia sostanzialmente tale argomento e sottolinea che
la direttiva 90/423 ha sì comportato una scelta tra una politica di vaccinazione ed una politica di abbattimento, senza però
impedire l’adozione di altre misure per la lotta all’afta.
34.
Il sig. Tempelman e i coniugi Van Schaijk adducono una serie di ragioni per sostenere che la direttiva 85/511 pone una normativa
tassativa. In primo luogo, essi segnalano la differenza tra la formulazione dell’art. 1 di tale direttiva prima e dopo la
sua modifica introdotta con la direttiva 90/423. Essi rilevano che, prima della modifica, tale disposizione indicava esplicitamente
che la direttiva stabiliva misure comunitarie minime di lotta; con la modifica, il termine «minime» è stato soppresso. Inoltre,
essi richiamano il preambolo della direttiva 90/423, in particolare il punto in cui si dichiara che «è essenziale attuare
una politica uniforme in tutta la Comunità».
35.
Non trovo convincenti tali argomenti. Prima della modifica introdotta con la direttiva 90/423, l’art. 1 della direttiva 85/511
disponeva che «la presente direttiva stabilisce le misure comunitarie minime di lotta da applicare in caso di apparizione
di afta epizootica, indipendentemente dal tipo di virus in causa (...). La presente direttiva non pregiudica le politiche
di vaccinazione profilattica praticate dagli Stati membri». La direttiva 85/511 è stata modificata per introdurre nella Comunità
un divieto di vaccinazione, e per imporre regole e condizioni restrittive per le vaccinazioni di emergenza da effettuarsi
in situazioni di emergenza
(18)
. La direttiva di modifica 90/423 respinge a chiare lettere le politiche di vaccinazione profilattica e impone un divieto
di vaccinazione, uniforme per l’intera Comunità, che si accompagna ad una politica di abbattimento e distruzione totali degli
animali infetti
(19)
. L’art. 1 della direttiva 85/511 è stato sostituito e i riferimenti alle misure «minime» ed alle politiche di vaccinazione
degli Stati membri sono stati soppressi. Come rileva il governo olandese nelle osservazioni scritte presentate alla Corte,
la modifica dell’art. 1 dovrebbe essere letta principalmente nell’ottica di abolire la vaccinazione a livello comunitario.
Si deve interpretare la direttiva 85/511, come modificata dalla direttiva 90/423, nel senso che essa mira ad instaurare il
mercato interno dei prodotti agricoli, obiettivo per il conseguimento del quale, come si legge nello stesso preambolo di quest’ultima
direttiva, l’attuazione di una politica di vaccinazione uniforme era considerato essenziale. Come ha osservato il Comitato
economico e sociale nel suo parere in merito alla proposta di modifica della direttiva 85/511, il sistema esistente, basato
sulle diverse politiche nazionali di vaccinazione non poteva essere mantenuto, se si voleva realizzare la liberalizzazione
degli scambi zootecnici all’interno della Comunità
(20)
. Né dalla modifica dell’art. 1 né dal preambolo della direttiva 90/423 si può dedurre che la direttiva 85/511 impedisca l’adozione
di misure che non pregiudichino il divieto comunitario di vaccinazione
(21)
.
36.
Il sig. Tempelman e i coniugi Van Schaijk pongono in rilievo come la direttiva 85/511 predisponga una serie di misure precise,
applicabili a situazioni specifiche. In particolare, essi segnalano l’art. 4, che stabilisce misure particolareggiate relativamente
agli animali sospetti, ma non il loro abbattimento; l’art. 5, che prevede misure per il caso di animali contaminati, incluso
il loro abbattimento; e l’art. 6, che contiene una deroga all’art. 5 applicabile in situazioni specifiche.
37.
Al riguardo, occorre anzitutto sottolineare come il fatto che la direttiva non preveda l’abbattimento di animali sospetti
di essere contaminati non significa automaticamente che tali misure siano vietate. Ciò detto, non credo che il grado di precisione
della direttiva 85/511 possa permettere di ricavare, a contrario, che è ammessa la possibilità di adottare misure supplementari.
L’argomentazione a contrario è ammissibile soltanto quando nessun’altra interpretazione si riveli idonea
(22)
. Non è questo il caso nella fattispecie.
38.
Anzitutto, come ho già detto nei paragrafi che precedono, tale formulazione dell’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425 deriva
in parte dalla premessa che la normativa comunitaria riguardante la lotta alle malattie degli animali può non essere tassativa
(23)
.
39.
In secondo luogo, a tenore dell’art. 249 CE, una direttiva fa salva «la competenza degli organi nazionali in merito alla forma
e ai mezzi», ciò che in via di principio significa libertà per gli Stati membri in proposito. Il risultato che la direttiva
85/511 impone di raggiungere consiste nell’eliminazione effettiva dell’afta nel contesto dell’abolizione della vaccinazione.
Ciò significa che alcune misure di lotta all’afta vengono prescritte, mentre altre sono espressamente vietate. Ciò nondimeno,
questo non preclude la possibilità di adottare altre misure di lotta, purché esse non interferiscano con gli scopi e le disposizioni
della direttiva – e, in particolare, con l’uniforme abolizione della vaccinazione. Mi pare allora, in considerazione del risultato
che la direttiva 85/511 impone di raggiungere, che se il legislatore comunitario avesse inteso vietare l’adozione di misure
intese a combattere l’afta, come quelle in oggetto, ne avrebbe fatto espressa menzione
(24)
.
40.
Infine, la direttiva del Consiglio 2003/85/CE, che ha abrogato la direttiva 85/511, instaura un sistema di misure di lotta
contro l’afta ancora più ampio e particolareggiato – che comprende un programma di sradicamento preventivo – ma, ciò nonostante,
lascia gli Stati membri liberi di adottare misure più restrittive
(25)
.
41.
Secondo i coniugi Van Schaijk, bisogna tener conto del fatto che l’abbattimento di animali è considerato una misura inopportuna
all’interno della Comunità, come conferma la direttiva del Consiglio 2003/85, che è stata adottata in seguito all’apparizione
del focolaio del 2001
(26)
.
42.
Certamente, non possiamo non trovarci d’accordo sul fatto che la protezione della vita e del benessere degli animali meriti
di essere attentamente presa in considerazione. Tuttavia, l’argomento dedotto dai coniugi Van Schaijk, secondo cui l’abbattimento
di animali è generalmente considerato inopportuno all’interno della Comunità, non porta a concludere che la direttiva 85/511
non lasci spazio alla macellazione preventiva. In realtà, la direttiva 2003/85, cui i coniugi Van Schaijk si riferiscono,
menziona i programmi di sradicamento preventivo
(27)
, alla stregua di numerose altre direttive in materia di lotta contro le malattie degli animali
(28)
.
43.
Pertanto, sono dell’opinione che la direttiva 85/511 non impedisca agli Stati membri di adottare misure supplementari di lotta
contro l’afta, come l’abbattimento preventivo degli animali sospetti di essere infetti o contaminati dall’afta.
D –
Limiti al potere degli Stati membri di adottare misure di controllo supplementari
44.
Con la terza questione, il College van Beroep chiede quali limiti siano posti dalla normativa comunitaria al potere degli
Stati membri di adottare misure di lotta contro l’afta diverse da quelle previste dalla direttiva 85/511.
45.
Come ho detto poc’anzi, la direttiva 85/511 deve essere analizzata nell’ambito della procedura stabilita dall’art. 10 della
direttiva 90/425, che è volta a scongiurare l’eventualità che gli Stati membri adottino o mantengano misure unilaterali di
prevenzione che ostacolino gli scambi intracomunitari. Dalla sentenza pronunciata nella causa
Commissione/Portogallo discende che gli Stati membri non hanno il potere di attuare misure di prevenzione dell’afta al di fuori del sistema previsto
dall’art. 10 della direttiva 90/425
(29)
. Di conseguenza, le dette misure nazionali devono essere adottate in conformità alle condizioni stabilite da tale disposizione
(30)
. Ciò significa che esse devono essere comunicate senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione, come prescritto
dall’art. 10, n. 1, ultimo comma, della direttiva 90/425. La Commissione e lo Stato membro interessato, in forza dell’obbligo
di leale cooperazione che informa l’art. 10 CE, devono collaborare in buona fede quando vengono adottate misure cautelari
(31)
.
46.
Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, le misure nazionali che ricadono nell’ambito del diritto comunitario devono
rispettare i principi generali di quest’ultimo quali, ad esempio, il principio di proporzionalità
(32)
. In forza di tale principio, i provvedimenti adottati dallo Stato membro devono essere necessari e idonei al conseguimento
degli scopi perseguiti in conformità alla legge; qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere
alla meno restrittiva e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti
(33)
.
47.
Come hanno sostenuto i coniugi Van Schaijk in udienza, i principi generali del diritto comunitario comprendono diritti fondamentali
tra i quali figura il diritto di proprietà
(34)
. A tal riguardo, è compito del giudice nazionale accertare se, tenuto conto degli obiettivi perseguiti, le restrizioni del
diritto di proprietà derivanti dalle misure nazionali supplementari per combattere l’afta non costituiscano un intervento
sproporzionato e inammissibile, tale da pregiudicare la sostanza stessa del diritto di proprietà
(35)
.
IV – Conclusione
48.
Di conseguenza, sono dell’opinione che la Corte dovrebbe risolvere le questioni poste dal College van Beroep voor het bedrijfsleven
nel seguente modo:
- 1)
- La direttiva 18 novembre 1985, 85/511/CEE, che stabilisce misure comunitarie di lotta contro l’afta epizootica, non prevede
l’abbattimento preventivo degli animali sospetti di essere infetti o contaminati dall’afta.
- 2)
- La direttiva 85/511 non impedisce agli Stati membri di adottare misure supplementari di lotta contro l’afta epizootica, come
l’abbattimento preventivo degli animali sospetti di essere infetti o contaminati dall’afta.
- 3)
- Le misure di lotta contro l’afta epizootica adottate dagli Stati membri in aggiunta a quelle stabilite dalla direttiva 85/511
devono essere prese in conformità alle condizioni di cui all’art. 10 della direttiva 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa
ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine
animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, rispettando il dovere di leale collaborazione con la Commissione
e devono altresì essere compatibili con i principi generali del diritto comunitario, come il principio di proporzionalità
ed il diritto di proprietà.
- 1 –
- Lingua originale: il portoghese.
- 2 –
- GU L 315, pag. 11 (in prosieguo: la «direttiva 85/511»). Tale direttiva è stata abrogata dalla direttiva del Consiglio 29
settembre 2003, 2003/85/CE (GU L 306, pag. 1).
- 3 –
- Relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di
origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 224, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva
90/425»).
- 4 –
- Direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/423/CEE, recante modifica della direttiva 85/511/CEE, della direttiva 64/432/CEE
relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina e della
direttiva 72/462/CEE relativa a problemi sanitari e di polizia sanitaria all'importazione di animali della specie bovina e
suina e di carni fresche o di prodotti a base di carne in provenienza dai paesi terzi (GU L 224, pag. 13; in prosieguo la
«direttiva 90/423»).
- 5 –
- GU L 88, pag. 21. Modificata con decisione del Consiglio 5 aprile 2001, 2001/279/CE (GU L 96, pag. 19).
- 6 –
- Diverse settimane più tardi, da esami di laboratorio effettuati sui campioni di sangue prelevati prima dell’abbattimento,
è risultata assente ogni traccia del virus dell’afta negli animali dell’azienda principale, nonché nell’area ad essa circostante
compresa nel raggio di un chilometro.
- 7 –
- V. preambolo della direttiva.
- 8 –
- Causa C‑52/92 (Racc. pag. I‑2961, punto 19). V., inoltre, sentenza 5 luglio 1990, causa C‑304/88, Commissione/Belgio (Racc.
pag. I‑2801, punto 19).
- 9 –
- Sentenza 3 marzo 1977, causa 80/76, Kerry Milk (Racc. pag. 425, punto 11).
- 10 –
- L’uso del termine «shall» [ᆱdeve», non tradotto nella versione italiana, che usa il semplice «mette», n.d.t.], all’art. 10,
n. 1, secondo comma, deve essere interpretato nel senso che si fa obbligo agli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie
per combattere la malattia; tuttavia gli Stati hanno un margine di discrezionalità quanto alla definizione delle misure che
«ritenga[no] appropriat[e]».
- 11 –
- V. supra, paragrafo 4.
- 12 –
- Direttive del Consiglio 29 aprile 1992, 92/35/CEE, che fissa le norme di controllo e le misure di lotta contro la peste equina
(GU L 157, pag. 19); 19 maggio 1992, 92/40/CEE, che istituisce delle misure comunitarie di lotta contro l’influenza aviaria
(GU L 167, pag. 1); 14 luglio 1992, 92/66/CEE, che istituisce misure comunitarie di lotta contro la malattia di Newcastle
(GU L 260, pag. 1); 17 dicembre 1992, 92/119/CEE, che introduce misure generali di lotta contro alcune malattie degli animali
nonché misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini (GU 1993, L 62, pag. 69); 20 novembre 2000, 2000/75/CE, che
stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini (GU L 327,
pag. 74); 23 ottobre 2001, 2001/89/CE, relativa a misure comunitarie di lotta contro la peste suina classica (GU L 316, pag. 5);
27 giugno 2002, 2002/60/CE, recante disposizioni specifiche per la lotta contro la peste suina africana e recante modifica
della direttiva 92/119/CEE per quanto riguarda la malattia di Teschen e la peste suina africana (GU L 192, pag. 27).
- 13 –
- Sentenza 12 luglio 2001, causa C‑189/01 (Racc. pag. I‑5689).
- 14 –
- Come risulta da una costante giurisprudenza della Corte, l’interpretazione di una disposizione di diritto comunitario comporta
il raffronto fra le sue versioni linguistiche: v. sentenze 6 ottobre 1982, causa 284/81, CILFIT (Racc. pag. 3415, punto 18);
24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld (Racc. pag. I‑5403, punto 28); sentenza 30 gennaio 2001, causa C-36/98, Spagna/Consiglio
(Racc. pag. I‑779, punto 47).
- 15 –
- Sentenza 23 marzo 2000, cause riunite C‑310/98 e C‑406/98 (Racc. pag. I‑1797, punto 32).
- 16 –
- Sentenza 15 dicembre 1987 (Racc. pag. 5225). V., inoltre, sentenza 1° ottobre 1998, causa C‑209/96, Regno Unito/Commissione
(Racc. pag. I‑5655, punto 35).
- 17 –
- V., per esempio, sentenze 19 ottobre 1995, causa C-128/94, Hönig (Racc. pag. I‑3389, punto 9); 19 marzo 1998, causa 1/96,
World Farming (Racc. pag. I‑1251, punto 49), e 25 aprile 2002, causa C‑52/00, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑3827, punto 16).
- 18 –
- V. art. 13 della direttiva 85/511.
- 19 –
- V. preambolo della direttiva 90/423.
- 20 –
- GU 1990, C 62, pag. 44.
- 21 –
- In alcuni casi la formulazione della direttiva 85/511 stabilisce chiaramente alcuni valori minimi. L’art. 9 indica un «raggio
minimo» per le zone di protezione e di sorveglianza; l’art. 5 prescrive che passi un periodo di «almeno 21 giorni» prima che
gli animali possano essere reintrodotti nell’azienda dopo la disinfezione.
- 22 –
- V., inoltre, sentenza 13 giugno 1958, causa 9/56, Meroni/Alta Autorità (Racc. pag. 9, in particolare pag. 25).
- 23 –
- V. supra, paragrafo 20.
- 24 –
- V. sentenza 25 novembre 1992, causa C-376/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑6153, punto 27).
- 25 –
- V. art. 1, n. 1, lett. a), e n. 2, della direttiva 2003/85.
- 26 –
- Direttiva del Consiglio 29 settembre 2003, 2003/85/CE relativa a misure comunitarie di lotta contro l’afta epizootica, che
abroga la direttiva 85/511/CEE e le decisioni 89/531/CEE e 91/665/CEE e recante modifica della direttiva 92/46/CEE (GU L 306,
pag. 1).
- 27 –
- Art. 8 della direttiva 2003/85.
- 28 –
- V., per esempio, l’art. 5, n. 1, lett. a), e n. 2, della direttiva 92/40 e l’art. 5, n. 1 lett. a), e n. 2, della direttiva
92/66.
- 29 –
- Sentenza 26 maggio 1993, causa C‑52/92, citata supra, punto 19. V., inoltre, le conclusioni dell’avvocato generale Tesauro
presentate in tale causa, paragrafi 8 e 9. Inoltre, al punto 50 della sentenza 22 ottobre 2002, causa C‑241/01, National Farmers'
Union (Racc. pag. I‑9079), la Corte ha dichiarato che «nella comunità di diritto costituita dalla Comunità europea, uno Stato
membro è tenuto a rispettare le disposizioni del Trattato e, in particolare, ad agire nel quadro delle procedure previste
da esso e dalla normativa applicabile».
- 30 –
- V., riguardo alle misure cautelari adottate da uno Stato membro di destinazione, sentenza 17 ottobre 2002, causa C‑220/01,
Lennox (Racc. pag. 7091, punti 68‑76).
- 31 –
- V., per analogia, sentenza pronunciata nella causa National Farmers’ Union, citata supra (punto 60) e sentenza 8 gennaio 2002,
causa C-428/99, Van den Bor (Racc. pag. I-127, punto 47).
- 32 –
- Sentenza Lennox, citata supra, punto 76. V., inoltre, sentenze 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione (Racc.
pag. I‑2265, punto 96), e 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a. (Racc. pag. I‑4023, punto 13). Si noti che, nel contesto
in esame, i Paesi Bassi esercitavano un potere discrezionale conferito loro dalla disposizione comunitaria che essi stavano
attuando, ossia l’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425. V. supra, paragrafo 20, in particolare, alla nota 10. Cfr. sentenze
24 marzo 1994, causa C‑2/92, Bostock (Racc. pag. I‑955, punto 16), e 13 aprile 2000, causa C‑292/97, Karlsson (Racc. pag.
I‑2737, punto 37).
- 33 –
- Sentenza Fedesa e a., citata supra (punto 13).
- 34 –
- V., per esempio, sentenze 13 dicembre 1979, causa 44/79, Hauer (Racc. pag. 3727, punti 15 e 17), e 10 luglio 2003, cause riunite
C‑20/00 e C‑64/00, Booker Aquaculture e Hydro Seafood (Racc. pag. I‑7411, punti 65 e 67).
- 35 –
- Cfr. sentenza Booker, citata supra, punti 79 e 88.