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Document 62002CJ0275

    Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 30 settembre 2004.
    Engin Ayaz contro Land Baden-Württemberg.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgericht Stuttgart - Germania.
    Associazione CEE-Turchia - Libera circolazione dei lavoratori - Interpretazione dell'art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione - Ambito di applicazione personale - Nozione di familiare di un lavoratore turco inserito nel mercato regolare del lavoro di uno Stato membro - Figliastro di un lavoratore siffatto.
    Causa C-275/02.

    Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-08765

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2004:570

    Arrêt de la Cour

    Causa C-275/02

    Engin Ayaz

    contro

    Land Baden-Württemberg

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Stuttgart)

    «Associazione CEE–Turchia — Libera circolazione dei lavoratori — Art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione — Ambito di applicazione ratione personae — Nozione di “familiare” di un lavoratore turco inserito nel mercato regolare del lavoro di uno Stato membro — Figliastro di un lavoratore siffatto»

    Massime della sentenza

    Accordi internazionali — Accordo di associazione CEE-Turchia — Consiglio di associazione istituito dall’Accordo di associazione CEE-Turchia — Decisione relativa alla libera circolazione dei lavoratori — Ricongiungimento familiare — Familiari di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro — Nozione — Figliastro minore di 21 anni o a carico — Inclusione

    (Decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione CEE-Turchia, art. 7, primo comma)

    L’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione CEE‑Turchia deve essere interpretato nel senso che il figliastro minore di 21 anni o a carico di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro è un familiare ai sensi di tale disposizione e gode dei diritti conferitigli dalla predetta decisione quando sia stato legittimamente autorizzato a raggiungere il detto lavoratore nello Stato ospitante.

    (v. punto 48 e dispositivo)





    SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
    30 settembre 2004(1)

    «Associazione CEE-Turchia – Libera circolazione dei lavoratori – Interpretazione dell'art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione – Ambito di applicazione ratione personae – Nozione di familiare di un lavoratore turco inserito nel mercato regolare del lavoro di uno Stato membro – Figliastro di un lavoratore siffatto»

    Nel procedimento C-275/02,avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE,dal Verwaltungsgericht Stuttgart (Germania) con decisione 11 luglio 2002, pervenuta alla Corte il 26 luglio 2002, nella causa

    Engin Ayaz

    contro

    Land Baden-Württemberg,



    LA CORTE (Seconda Sezione),,



    composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann, J.N. Cunha Rodrigues e R. Schintgen (relatore), e dalla sig.ra F. Macken, giudici,

    avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed
    cancelliere: sig. R. Grass

    vista la fase scritta del procedimento,viste le osservazioni presentate:

    per il Landratsamt Rems-Murr-Kreis, dalla sig.ra S. Karajan, in qualità di agente;

    per il governo tedesco, dal sig. W.-D. Plessing, in qualità di agente;

    per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Martin, in qualità di agente,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 maggio 2004,

    ha pronunciato la seguente



    Sentenza



    1
    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 7, primo comma, della decisione del Consiglio di associazione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo dell’associazione (in prosieguo: la «decisione n. 1/80»). Il Consiglio di associazione è stato istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara il 12 settembre 1963 dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, n. 217, pag. 3685; in prosieguo: l’«accordo di associazione»).

    2
    Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Ayaz, cittadino turco, e il Land Baden-Württemberg concernente talune decisioni di quest’ultimo che gli hanno negato la proroga del permesso di soggiorno provvisorio in Germania e ne hanno ordinato l’espulsione dal territorio di tale Stato membro.


    Ambito normativo

    L’associazione CEE-Turchia

    3
    Ai sensi dell’art. 2, n. 1, l’accordo di associazione ha lo scopo di promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti contraenti, anche nel settore della manodopera, mediante la realizzazione graduale della libera circolazione dei lavoratori (art. 12) nonché mediante l’eliminazione delle restrizioni alla libertà di stabilimento (art. 13) e alla libera prestazione dei servizi (art. 14), al fine di elevare il tenore di vita del popolo turco e di facilitare successivamente l’adesione della Turchia alla Comunità (quarto ‘considerando’ del preambolo e art. 28).

    4
    A tal fine, l’accordo di associazione prevede una fase preparatoria, diretta a consentire alla Repubblica di Turchia di rafforzare la propria economia con l’aiuto della Comunità (art. 3), una fase transitoria, nel corso della quale sono assicurati la progressiva attuazione di un’unione doganale e il ravvicinamento delle politiche economiche (art. 4), e una fase definitiva, basata sull’unione doganale, che implica il rafforzamento della coordinazione delle politiche economiche delle parti contraenti (art. 5).

    5
    L’art. 12 dell’accordo di associazione, che figura nel titolo II di quest’ultimo, intitolato «Attuazione della fase transitoria», così recita:

    «Le Parti Contraenti convengono di ispirarsi agli articoli 48, 49 e 50 del Trattato che istituisce la Comunità per realizzare gradualmente tra di loro la libera circolazione dei lavoratori».

    6
    Ai termini dell’art. 22, n. 1, dell’accordo di associazione:

    «Per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Accordo e nei casi da questo previsti, il Consiglio di Associazione dispone di un potere di decisione. Ognuna delle due parti è tenuta a prendere le misure necessarie all’esecuzione delle decisioni adottate (...)».

    7
    Il protocollo addizionale, sottoscritto il 23 novembre 1970 a Bruxelles e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità per mezzo del regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 760 (GU L 293, pag. 1; in prosieguo: il «protocollo addizionale»), stabilisce, ai termini dell’art. 1, le condizioni, le modalità ed i ritmi di realizzazione della fase transitoria contemplata all’art. 4 dell’accordo di associazione. Ai sensi del successivo art. 62, il protocollo addizionale costituisce parte integrante dell’accordo stesso.

    8
    Il protocollo addizionale contiene un titolo II, intitolato «Circolazione delle persone e dei servizi», il cui capitolo I è dedicato ai «Lavoratori».

    9
    L’art. 36 del protocollo addizionale, ricompreso nel suddetto capitolo I, prevede che la libera circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri della Comunità e la Turchia verrà realizzata gradualmente, conformemente ai principi enunciati all’art. 12 dell’accordo di associazione, entro la fine del dodicesimo e del ventiduesimo anno successivo all’entrata in vigore dell’accordo medesimo e che il consiglio di associazione stabilirà le modalità all’uopo necessarie.

    10
    Il 19 settembre 1980 il Consiglio di associazione ha emanato la decisione n. 1/80. Gli artt. 6, 7 e 14 di tale decisione rientrano nel capitolo II delle medesima, intitolato «Disposizioni sociali», sezione 1, riguardante i «Problemi relativi all’occupazione e alla libera circolazione dei lavoratori».

    11
    L’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80 ha il seguente tenore:

    «Fatte salve le disposizioni dell’articolo 7, relativo al libero accesso dei familiari all’occupazione, il lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro ha i seguenti diritti:

    rinnovo, in tale Stato membro, dopo un anno di regolare impiego, del permesso di lavoro presso lo stesso datore di lavoro, se dispone di un impiego;

    candidatura, in tale Stato membro, ad un altro posto di lavoro, la cui regolare offerta sia registrata presso gli uffici di collocamento dello Stato membro, nella stessa professione, presso un datore di lavoro di suo gradimento, dopo tre anni di regolare impiego, fatta salva la precedenza da accordare ai lavoratori degli Stati membri della Comunità;

    libero accesso, in tale Stato membro, a qualsiasi attività salariata di suo gradimento, dopo quattro anni di regolare impiego».

    12
    L’art. 7 della decisione n. 1/80 dispone poi:

    «I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:

    hanno il diritto di rispondere, fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità, a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni;

    beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi risiedono regolarmente da almeno cinque anni».

    13
    L’art. 14, n. 1, della stessa decisione prevede quanto segue:

    «Le disposizioni della presente sezione vengono applicate fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di sicurezza e di sanità pubbliche».

    Le altre disposizioni rilevanti del diritto comunitario

    14
    L’art. 10, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 27 luglio 1992, n. 2434 (GU L 245, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1612/68»), così recita:

    «Hanno diritto di stabilirsi con il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro, qualunque sia la loro cittadinanza:

    a)
    il coniuge ed i loro discendenti minori di anni 21 o a carico;

    b)
    gli ascendenti di tale lavoratore e del suo coniuge che siano a suo carico».


    Causa principale e questione pregiudiziale

    15
    Dal fascicolo della causa principale risulta che il sig. Ayaz, nato il 24 settembre 1979, celibe, nel 1991 ha raggiunto il suo patrigno in Germania, insieme a sua madre.

    16
    È pacifico che il patrigno del sig. Ayaz, cittadino turco, è fin dagli anni ‘80 un lavoratore inserito nel mercato regolare del lavoro di tale Stato membro, nel quale risiede legittimamente.

    17
    Secondo il giudice del rinvio la madre del sig. Ayaz non è mai stata autorizzata a lavorare in Germania.

    18
    Fin dal suo ingresso nel territorio tedesco, il sig. Ayaz, salvo un breve periodo di interruzione alla fine del 1999, ha vissuto con sua madre e con il suo patrigno. Durante il suo soggiorno in Germania ha frequentato la scuola dell’obbligo (Hauptschule) fino al diploma finale e poi una scuola professionale per un anno. In seguito ha iniziato due formazioni professionali, ma non ne ha portata a termine nessuna. Dopo un periodo di disoccupazione, ha saltuariamente lavorato come autista.

    19
    Tra il 1997 e il 2001 il sig. Ayaz è stato più volte condannato da giudici tedeschi per diverse fattispecie di reato.

    20
    L’interessato ha beneficiato in Germania di permessi di soggiorno a termine, l’ultimo dei quali è scaduto il 31 ottobre 1999.

    21
    L’8 luglio 1999 ha chiesto la concessione di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, ma tale domanda non è stata oggetto di alcuna decisione formale.

    22
    Il 24 marzo 2000 il sig. Ayaz ha chiesto la proroga del suo permesso di soggiorno a termine.

    23
    Con decisione 9 agosto 2000, il Landratsamt Rems-Murr-Kreis ha respinto tale domanda ed ha ingiunto all’interessato di lasciare la Germania nel mese successivo alla notifica di tale rifiuto; la mancata esecuzione di tale ingiunzione avrebbe comportato la sua espulsione verso la Turchia.

    24
    Il 14 settembre 2000 il sig. Ayaz ha proposto opposizione a tale decisione ed ha contemporaneamente chiesto al Verwaltungsgericht Stuttgart di accordargli la protezione provvisoria dei suoi diritti.

    25
    Con decisione 30 ottobre 2000, tale giudice ha constatato l’effetto sospensivo dell’opposizione.

    26
    L’8 febbraio 2002 il Regierungspräsidium Stuttgart ha dichiarato infondata l’opposizione proposta dal sig. Ayaz, ritenendo che quest’ultimo, dati i gravi reati commessi, rappresentasse un pericolo notevole per la sicurezza e l’ordine pubblico, e che né la Costituzione tedesca né la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU») ostassero alla sua espulsione.

    27
    Il 5 marzo 2002 l’interessato ha proposto un ricorso avverso la decisione del Regierungspräsidium Stuttgart dinanzi al Verwaltungsgericht Stuttgart.

    28
    Secondo tale giudice la decisione contestata, dell’8 febbraio 2002, è conforme alla normativa nazionale, l’Ausländergesetz (legge tedesca sugli stranieri), che prevede l’espulsione automatica dello straniero che, come nel caso di specie, sia stato condannato negli ultimi cinque anni, con sentenze passate in giudicato, a pene minorili per complessivi tre anni e mezzo.

    29
    Occorrerebbe tuttavia verificare l’eventualità che il sig. Ayaz possa beneficiare della protezione contro le espulsioni prevista dall’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80, come interpretato nella sentenza 10 febbraio 2000, causa C‑340/97, Nazli (Racc. pag. I-957, punti 50-64). Infatti, da un lato, da tale sentenza risulterebbe che il detto art. 14, n. 1, osta all’espulsione di un cittadino turco che beneficia di un diritto direttamente conferito dalla decisione n. 1/80, qualora tale misura venga disposta in seguito ad una condanna penale e a fini deterrenti nei confronti di altri stranieri, senza che la condotta dell’interessato lasci pensare concretamente che commetterà altre violazioni talmente gravi da turbare l’ordine pubblico dello Stato membro ospitante. Dall’altro, il giudice del rinvio ritiene che, nel caso di specie, la condotta del sig. Ayaz non riveli un rischio concreto di nuovi disturbi gravi dell’ordine pubblico, di modo che, in applicazione dell’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80, si dovrebbe annullare la decisione di espulsione.

    30
    Tuttavia, per essere applicata al caso di specie nella causa principale, si dovrebbe determinare se l’interessato rientri nel novero delle persone tutelate dalla decisione n. 1/80.

    31
    A tale riguardo, il sig. Ayaz non può avvalersi dei diritti che l’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80 conferisce al lavoratore turco integrato nel mercato del lavoro dello Stato membro, dato che non soddisfa le condizioni poste da tale disposizione.

    32
    Quanto all’applicazione dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80, l’interessato non potrebbe neanche beneficiare di un diritto di soggiorno in Germania derivato da sua madre, dato che quest’ultima non è mai stata occupata nello Stato membro ospitante. Al contrario, il patrigno del sig. Ayaz soddisfarebbe la condizione di appartenenza al mercato regolare dell’impiego del detto Stato, di modo che si porrebbe il problema di sapere se il ricorrente nella causa principale debba essere considerato un «familiare» del suo patrigno ai sensi di tale disposizione. Tale problema non sarebbe stato risolto chiaramente.

    33
    Considerando pertanto che la soluzione della controversia dipende dall’interpretazione del diritto comunitario, il Verwaltungsgericht Stuttgart ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se il figliastro minore di ventun anni di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro sia un familiare ai sensi dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 (…)».


    Sulla questione pregiudiziale

    34
    Per pronunciarsi sulla questione sottoposta si deve anzitutto rilevare che, come risulta dal tenore letterale dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80, il beneficio dei diritti previsti da tale disposizione è soggetto alle due condizioni cumulative da essa enunciate, cioè, da un lato, che la persona sia un familiare di un lavoratore turco già inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro ospitante e, dall’altro, che sia stata autorizzata dalle competenti autorità di tale Stato a raggiungere il detto lavoratore.

    35
    Per quanto riguarda tale seconda condizione, è infatti giurisprudenza costante che, allo stato attuale del diritto comunitario, le disposizioni relative all’associazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica di Turchia non incidono sul potere degli Stati membri di disciplinare tanto l’ingresso nel proprio territorio dei cittadini turchi quanto le condizioni della loro prima occupazione, anche se la prima ammissione di un tale cittadino nel territorio di uno Stato membro è disciplinata, in linea di principio, esclusivamente dal diritto nazionale di detto Stato (v., da ultimo, sentenza 21 ottobre 2003, cause riunite C‑317/01 e C‑369/01, Abatay e a. e Sahin, Racc. pag. I-12301, punti 63 e 65).

    36
    Tuttavia, nella causa principale, la questione posta dal giudice del rinvio riguarda solo la prima condizione rammentata al punto 34 della presente sentenza.

    37
    Per quanto attiene a tale condizione, la questione posta non riguarda la qualità di lavoratore inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro del cittadino turco già presente sul territorio di tale Stato, elemento che il giudice del rinvio considera acquisito, bensì solo il problema di sapere se la nozione di «familiare» di un lavoratore siffatto, ai sensi dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80, comprenda il figliastro di quest’ultimo.

    38
    Al riguardo, la detta disposizione non contiene una definizione della nozione di «familiare» del lavoratore.

    39
    Tale nozione deve quindi formare oggetto di un’interpretazione uniforme a livello comunitario, al fine di garantirne un’applicazione omogenea in tutti gli Stati membri.

    40
    La sua portata deve pertanto essere determinata in funzione dell’obiettivo da essa perseguito, nonché dal contesto nel quale è inserita.

    41
    Così, da un lato, come già dichiarato dalla Corte, il sistema instaurato dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 intende creare le condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare nello Stato membro ospitante permettendo innanzi tutto la presenza dei familiari presso il lavoratore migrante e consolidandovi poi la loro posizione con il diritto, loro concesso, di accedere a un’occupazione in tale Stato (v., in particolare, sentenza 17 aprile 1997, causa C-351/95, Kadiman, Racc. pag. I-2133, punti 34-36).

    42
    Dall’altro, la stessa finalità è perseguita dal regolamento n. 1612/68 – destinato, come rilevato dalla Corte ai punti 82 e 83 della sentenza 8 maggio 2003, causa C‑171/01, Wählergruppe Gemeinsam (Racc. pag. I‑4301), a esplicitare le prescrizioni dell’art. 48 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE) – e, in particolare, dal suo art. 10, n. 1.

    43
    Nella sentenza 17 settembre 2002, causa C‑413/99, Baumbast e R (Racc. pag. I‑7091, punto 57), la Corte ha dichiarato che il diritto di stabilirsi con il lavoratore migrante di cui godono «il coniuge ed i loro discendenti minori di anni 21 o a carico», ai sensi della detta disposizione del regolamento n. 1612/68, riguarda tanto i discendenti del lavoratore quanto quelli del coniuge.

    44
    Ora, una giurisprudenza costante a partire dalla sentenza 6 giugno 1995, causa C‑434/93, Bozkurt (Racc. pag. I-1475, punti 14, 19 e 20), ha desunto dal tenore letterale degli artt. 12 dell’accordo di associazione e 36 del protocollo addizionale, nonché dall’obiettivo della decisione n. 1/80, diretta a realizzare progressivamente la libera circolazione dei lavoratori ispirandosi agli artt. 48 del Trattato CE, 49 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 40 CE) e 50 del Trattato CE (divenuto art. 41 CE), che i principi sanciti nell’ambito di tali articoli devono essere trasposti, nei limiti del possibile, ai cittadini turchi che fruiscono dei diritti conferiti dalla decisione medesima (v., da ultimo, citate sentenze Wählergruppe Gemeinsam, punto 72, e, per analogia, per quanto riguarda l’art. 14 dell’accordo di associazione, relativo alla libera prestazione dei servizi, Abatay e a. e Sahin, punto 112).

    45
    Ne consegue che, per la determinazione della portata della nozione di «familiare» ai sensi dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80, occorre fare riferimento all’interpretazione cui si è proceduto in materia di libera circolazione dei lavoratori cittadini degli Stati membri della Comunità e, in particolare, alla portata riconosciuta all’art. 10, n. 1, del regolamento n. 1612/68 (v., per analogia, sentenze Wählergruppe Gemeinsam, cit., e 16 settembre 2004, causa C‑465/01, Commissione/Austria, Racc. pag. I-8291, per quanto riguarda la trasposizione, ai fini dell’eleggibilità dei lavoratori turchi ad organismi come le camere del lavoro o i comitati d’impresa, dell’interpretazione data all’art. 8, n. 1, dello stesso regolamento).

    46
    Per il resto, l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 non contiene alcun elemento idoneo a lasciar pensare che la portata della nozione di «familiare» sia limitata, per quanto riguarda il lavoratore, alla sua famiglia iure sanguinis.

    47
    L’interpretazione che precede è poi corroborata dalla sentenza 11 novembre 1999, causa C‑179/98, Mesbah (Racc. pag. I-7955, punto 48), nella quale la Corte ha dichiarato che la nozione di «familiari» del lavoratore migrante marocchino, ai sensi dell’art. 41, n. 1, dell’accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e il Regno del Marocco, firmato a Rabat il 27 aprile 1976 e approvato, a nome della Comunità, con regolamento (CEE) del Consiglio 26 settembre 1978, n. 2211 (GU L 264, pag. 1), comprende gli ascendenti di questo lavoratore e del coniuge con lui residenti nello Stato membro ospitante. Infatti, tale interpretazione, svolta a proposito di un accordo di cooperazione, deve valere a maggior ragione nel caso di un accordo di associazione, che persegue una finalità più ambiziosa (v. punto 3 della presente sentenza).

    48
    Alla luce delle considerazioni che precedono occorre risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 dev’essere interpretato nel senso che il figliastro minore di ventun anni o a carico di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro è un familiare ai sensi di tale disposizione e gode dei diritti conferitigli dalla predetta decisione, quando sia stato legittimamente autorizzato a raggiungere il detto lavoratore nello Stato membro ospitante.


    Sulle spese

    49
    Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute dalle altre parti che hanno presentato osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

    L’art. 7, primo comma, della decisione del Consiglio di associazione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo dell’associazione istituito dall’Accordo di associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, deve essere interpretato nel senso che il figliastro minore di ventun anni o a carico di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro è un familiare ai sensi di tale disposizione e gode dei diritti conferitigli dalla predetta decisione, quando sia stato legittimamente autorizzato a raggiungere il detto lavoratore nello Stato membro ospitante.

    Firme


    1
    Lingua processuale: il tedesco.

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