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Judgment of the Court (Sixth Chamber) of 1 April 2004.#Commission of the European Communities v Jégo-Quéré & Cie SA.#Appeal - Admissibility of an action for annulment of a regulation brought by a legal person.#Case C-263/02 P.
Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 1º aprile 2004. Commissione delle Comunità europee contro Jégo-Quéré & Cie SA. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da una persona giuridica nei confronti di un regolamento. Causa C-263/02 P.
Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 1º aprile 2004. Commissione delle Comunità europee contro Jégo-Quéré & Cie SA. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da una persona giuridica nei confronti di un regolamento. Causa C-263/02 P.
«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da una persona
giuridica nei confronti di un regolamento»
Massime della sentenza
1. Comunità europee — Sindacato giurisdizionale della legittimità degli atti delle istituzioni — Atti di portata generale — Necessità
per le persone fisiche o giuridiche di esperire il rimedio dell’eccezione di illegittimità o del rinvio pregiudiziale per
la valutazione di validità — Obbligo dei giudici nazionali di applicare le norme procedurali nazionali in modo da consentire
la contestazione della legittimità degli atti comunitari di portata generale — Possibilità di ricorso di annullamento dinanzi
al giudice comunitario in caso di ostacolo insormontabile sul piano delle norme procedurali nazionali — Esclusione
(Artt. 10 CE, 230, quarto comma, CE, 234 CE e 241 CE)
2. Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Interpretazione
contra legem del requisito relativo alla necessità di essere individualmente interessati da un atto — Inammissibilità
(Art. 230, quarto comma, CE)
3. Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Regolamento
che istituisce misure dirette a ricostituire la popolazione di nasello nonché le relative condizioni per il controllo delle
attività delle navi da pesca — Mancanza di posizione giuridica specifica a favore di un operatore economico riguardo all’emanazione
del detto regolamento — Irricevibilità
[Art. 230, quarto comma, CE; regolamento (CE) della Commissione n. 1162/2001]
1. Mediante gli artt. 230 CE e 241 CE, da un lato, e l’art. 234 CE, dall’altro, il Trattato ha istituito un sistema completo
di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni,
affidandolo al giudice comunitario. Nell’ambito di tale sistema, non potendo impugnare direttamente, a causa dei requisiti
di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE, gli atti comunitari di portata generale, le persone fisiche o giuridiche
hanno la possibilità, a seconda dei casi, di far valere l’invalidità di tali atti, vuoi, in via incidentale in forza dell’art. 241 CE,
dinanzi al giudice comunitario, vuoi dinanzi ai giudici nazionali e di indurre questi ultimi, non competenti ad accertare
direttamente l’invalidità di tali atti, a rivolgersi al riguardo alla Corte in via pregiudiziale.
Spetta, pertanto, agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il
rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.
In tale contesto, in conformità del principio di leale collaborazione sancito dall’art. 10 CE, i giudici nazionali sono tenuti,
per quanto possibile, ad interpretare e applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio delle azioni
in maniera da consentire alle persone fisiche e giuridiche di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione
o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario di portata
generale, eccependo l’invalidità di quest’ultimo.
Tuttavia, un ricorso di annullamento dinanzi al giudice comunitario non può essere esperibile da un singolo che intenda impugnare
un atto di portata generale quale un regolamento che non lo riguardi individualmente in modo analogo a un destinatario, ancorché
fosse possibile dimostrare, in esito a un esame concreto da parte del detto giudice delle norme procedurali nazionali, che
queste ultime non autorizzano il singolo a intentare un’azione che gli consenta di contestare la validità dell’atto comunitario
impugnato. Infatti, un sistema del genere richiederebbe che, per ogni caso specifico, il giudice comunitario esamini e interpreti
il diritto processuale nazionale, il che esulerebbe dalla sua competenza nell’ambito del controllo della legittimità degli
atti comunitari.
Conseguentemente, un ricorso di annullamento dinanzi al giudice comunitario non è, in ogni caso, esperibile, anche se risultasse
che le norme procedurali nazionali non autorizzano il singolo a contestare la validità dell’atto comunitario controverso se
non dopo averlo violato.
A questo proposito, il fatto che un regolamento si applichi direttamente, senza intervento delle autorità nazionali, non implica
di per sé che un operatore direttamente interessato dal regolamento medesimo non possa contestarne la validità se non dopo
averlo violato. Infatti, non può escludersi che un sistema giuridico nazionale offra la possibilità a un singolo, direttamente
interessato da un atto normativo generale di diritto interno non direttamente impugnabile in sede giurisdizionale, di chiedere
alle autorità nazionali l’emanazione di una misura, collegata a tale atto, impugnabile dinanzi al giudice nazionale, in modo
da consentire a tale singolo di contestare indirettamente l’atto medesimo. Parimenti, non può nemmeno escludersi che un sistema
giuridico nazionale offra la possibilità a un operatore direttamente interessato da un regolamento di chiedere alle autorità
nazionali l’emanazione di un atto collegato a tale regolamento, impugnabile dinanzi all’autorità giudiziaria nazionale, in
modo da consentire a tale operatore di contestare indirettamente il regolamento de quo.
(v. punti 30-35)
2. Anche se il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica può presentare ricorso contro un regolamento solo qualora
sia interessata non solo direttamente, ma anche individualmente deve essere interpretato alla luce del principio di una tutela
giurisdizionale effettiva, tenuto conto delle diverse circostanze atte a individuare un ricorrente, tale interpretazione non
può condurre ad escludere il requisito medesimo, espressamente previsto dal Trattato. In caso contrario i giudici comunitari
andrebbero oltre le competenze loro attribuite dal Trattato.
Orbene, ciò è quanto è avvenuto nell’interpretazione di tale requisito, secondo cui una persona fisica o giuridica deve ritenersi
individualmente interessata da una disposizione comunitaria di portata generale che la riguarda direttamente, ove la disposizione
di cui trattasi incida, in maniera certa ed attuale, sulla sua situazione giuridica, limitando i suoi diritti ovvero imponendole
obblighi.
Infatti, tale interpretazione si risolve, sostanzialmente, nello snaturamento del requisito del pregiudizio individuale di
cui all’art. 230, quarto comma, CE.
(v. punti 36-38)
3. In mancanza di una disposizione di diritto comunitario che imponga alla Commissione, per emanare un dato regolamento, di seguire
una procedura nell’ambito della quale un operatore economico abbia il diritto di rivendicare eventuali diritti, tra cui quello
ad essere sentiti, tale operatore non si vede attribuire una posizione giuridica specifica riguardo all’emanazione del detto
regolamento. Il fatto che un siffatto operatore sia stato il solo a proporre, anteriormente all’emanazione del detto regolamento,
una soluzione specifica diretta a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo perseguito da quest’ultimo non può contraddistinguerlo
ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.
(v. punti 47-48)
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione) 1 aprile 2004(1)
Nel procedimento C-263/02 P,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. T. van Rijn e A. Bordes, en qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità
europee (Prima Sezione ampliata) il 3 maggio 2002 nella causa T-177/01, Jégo-Quéré/Commissione (Racc. pag. II‑2365),
procedimento in cui l'altra parte è:
Jégo-Quéré e Cie SA, rappresentata dai sigg. A. Creus Carreras e B. Uriarte Valiente, abogados,
LA CORTE (Sesta Sezione),,
composta dal sig. C. Gulmann (relatore), facente funzione di presidente della Sesta Sezione, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues,
J.-P. Puissochet e R. Schintgen e dalla sig.ra F. Macken, giudici,
avvocato generale: sig. F.G. Jacobs cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 22 maggio 2003,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 luglio 2003,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 17 luglio 2002, la Commissione delle Comunità europee
ha proposto, in forza dell’art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, un ricorso diretto all’annullamento della sentenza
pronunciata dal Tribunale di primo grado il 3 maggio 2002, causa T‑177/01, Jégo‑Quéré/Commissione (Racc. pag. II-2365; in
prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui era stato dichiarato ricevibile il ricorso proposto dalla società Jégo‑Quéré
e Cie SA (in prosieguo: la «Jégo‑Quéré») diretto all’annullamento degli artt. 3, lett. d), e 5, del regolamento (CE) della Commissione
14 giugno 2001, n. 1162, che istituisce misure per la ricostituzione dello stock di naselli nelle sottozone CIEM III, IV,
V, VI e VII e nelle divisioni CIEM VIII a, b, d, e, e le condizioni ad esse associate per il controllo delle attività di pesca
(GU L 159, pag. 4).
Contesto normativo
2
L’art. 15 del regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1992, n. 3760, che istituisce un regime comunitario della pesca
e dell’acquacoltura (GU L 389, pag. 1), prevede che la Commissione possa adottare misure urgenti nel caso in cui la conservazione
delle risorse alieutiche sia minacciata da gravi e impreviste turbative.
3
Nel mese di dicembre 2000 la Commissione e il Consiglio dell’Unione europea ritenevano urgente, su segnalazione del Consiglio
internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM), di attuare un piano di ricostituzione dello stock di naselli.
4
Il regolamento n. 1162/2001, conseguentemente adottato, persegue lo scopo principale di ridurre nell’immediato le catture
di novellame di nasello. Tale regolamento si applica ai pescherecci operanti nelle aree dal medesimo definite, imponendo loro
una dimensione di maglia minima, variabile a seconda delle aree, per le differenti tecniche di pesca con reti, a prescindere
dalla specie oggetto di pesca da parte della nave interessata. Tale dispositivo non si applica ai pescherecci di lunghezza
inferiore a 12 m che effettuino uscite non superiori alle 24 ore.
5
L’art. 3, lett. d), del regolamento n. 1162/2001 vieta le «reti a strascico sulle quali sia fissato un sacco avente una dimensione
di maglia inferiore a 100 mm, se il sacco suddetto non è cucito sulla parte anteriore della rete». Il successivo art. 5 definisce,
al n. 1, le aree geografiche nelle quali sono applicabili le disposizioni del regolamento, precisando, al n. 2, per tutte
queste aree, i divieti relativi all’utilizzazione, all’immersione e alla disposizione delle reti trainate di una determinata
dimensione di maglia, nonché gli obblighi concernenti la loro fissazione e la loro sistemazione. Per ogni singola zona il
regolamento precisa parimenti i divieti relativi all’utilizzazione, all’immersione e alla disposizione degli attrezzi fissi
di una determinata dimensione di maglia, nonché gli obblighi concernenti la loro fissazione e la loro sistemazione. Per quanto
attiene alle reti trainate, i divieti si applicano alle dimensioni di maglia comprese tra 55 e 99 mm. Quanto agli attrezzi
fissi, essi si applicano, a seconda delle zone, alle dimensioni di maglia inferiori a 100 o a 120 mm.
Fatti all’origine della controversia e sentenza impugnata
6
La Jégo‑Quéré è una società di armamento per la pesca stabilita in Francia che esercita in via permanente nel sud dell’Irlanda,
nella zona CIEM VII di cui all’art. 5, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1162/2001, attività di pesca selettiva al merlano,
specie che rappresenta mediamente il 67,3% delle sue catture. Essa possiede quattro navi di oltre 30 m ed utilizza reti con
una dimensione di maglia pari a 80 mm.
7
Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 2 agosto 2001, la Jégo‑Quéré proponeva, ai sensi dell’art. 230,
quarto comma, CE, un ricorso diretto all’annullamento degli artt. 3, lett. d), e 5 del regolamento n. 1162/2001.
8
Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 ottobre 2001, la Commissione sollevava eccezione di
irricevibilità ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.
9
Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto l’eccezione di irricevibilità disponendo la prosecuzione del procedimento
nel merito.
10
Dopo aver rilevato, al punto 24 della menzionata sentenza, che le disposizioni impugnate presentano, per loro natura, portata
generale, il Tribunale ha ricordato, al successivo punto 25, che la portata generale di una disposizione non esclude peraltro
che essa possa riguardare direttamente e individualmente taluni operatori economici interessati.
11
Al punto 38 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato che la Jégo‑Quéré «non può essere considerata individualmente
interessata da una decisione ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, sulla base dei criteri fino ad ora elaborati dalla
giurisprudenza comunitaria».
12
La Jégo‑Quéré aveva sostenuto di non disporre, nella specie, di alcun rimedio giurisdizionale dinanzi ai giudici nazionali,
atteso che il regolamento n. 1162/2001 non prevede l’adozione da parte degli Stati membri di alcuna misura di esecuzione e
che, conseguentemente, l’irricevibilità del proprio ricorso dinanzi al Tribunale la priverebbe di qualsiasi rimedio giurisdizionale
per contestare la legittimità delle disposizioni impugnate. Il Tribunale ha ritenuto che occorresse esaminare se, in una fattispecie
del genere di quella sottoposta al suo esame, nell’ambito della quale un soggetto singolo contesta la legittimità di disposizioni
di portata generale che incidono direttamente sulla situazione del medesimo, l’irricevibilità del ricorso di annullamento
priverebbe la ricorrente del diritto ad un’azione effettiva, diritto garantito nell’ordinamento giuridico fondato sul Trattato CE,
in particolare, ai sensi degli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»).
13
A tale riguardo, il Tribunale ha affermato quanto segue:
«44
Si deve a tal proposito rammentare che, oltre al ricorso di annullamento, sussistono altri due mezzi di tutela giurisdizionale
che permettono ad un singolo di adire il giudice comunitario, unico competente a tal fine, per far accertare l’illegittimità
di un atto comunitario, ossia l’azione dinanzi al giudice nazionale con rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte, in conformità
all’art. 234 CE, ed il ricorso per responsabilità extracontrattuale della Comunità previst[o] agli artt. 235 CE e 288, secondo
comma, CE.
45
Tuttavia, quanto all’azione dinanzi al giudice nazionale con rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte in conformità all’art. 234 CE,
deve sottolinearsi che, in un caso come quello in esame, non esistono provvedimenti di esecuzione sulla base dei quali proporre
un ricorso dinanzi ai giudici nazionali. Il fatto che un singolo pregiudicato da un provvedimento comunitario possa contestarne
la validità dinanzi ai giudici nazionali, violando le disposizioni contenute nel provvedimento stesso ed eccependo l’illegittimità
di tali disposizioni in un procedimento giurisdizionale avviato nei suoi confronti, non gli offre una tutela giurisdizionale
adeguata. Infatti, non si può chiedere ai singoli di violare la legge per avere accesso alla tutela giurisdizionale (v. conclusioni
dell’avvocato generale Jacobs 21 marzo 2002, nella causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio [sentenza 25
luglio 2002], Racc. pag. I‑6677, punto 43).
46
Il mezzo dell’azione risarcitoria fondata sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità non fornisce, in un caso come
quello in esame, una soluzione soddisfacente per gli interessi del singolo. Tale azione non può infatti condurre all’eliminazione
dall’ordinamento giuridico comunitario di un atto pur dichiarato, in ipotesi, illegittimo. Presupponendo il verificarsi di
un danno cagionato direttamente dall’applicazione dell’atto controverso, essa è soggetta a condizioni di ricevibilità e di
merito diverse da quelle che valgono per il ricorso di annullamento e quindi non pone il giudice comunitario in condizione
di esercitare, in tutta la sua ampiezza, il controllo di legittimità che esso ha il compito di esercitare. In particolare,
qualora un provvedimento di portata generale, come le disposizioni impugnate nel caso di specie, è contestato nell’ambito
di un’azione del genere, il controllo esercitato dal giudice comunitario non si estende a tutti gli elementi atti ad incidere
sulla legittimità di tale misura, ma si limita a sanzionare le violazioni gravi e manifeste di norme giuridiche dirette a
conferire diritti ai singoli (sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc.
pag. I‑5291, punti 41‑43; sentenza del Tribunale 23 ottobre 2001, causa T‑155/99, Dieckmann & Hansen/Commissione, Racc. pag. II‑3143,
punti 42 e 43; v. altresì, per un caso di violazione non grave e manifesta, sentenza della Corte 19 maggio 1992, cause riunite
C‑104/89 e C‑37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑3061, punti 18 e 19, e, per un caso in cui la norma
fatta valere non è diretta a conferire diritti ai singoli, sentenza del Tribunale 6 dicembre 2001, causa T‑196/99, Area Cova
e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑3597, punto 43).
47
Sulla base di quanto precede, è giocoforza concludere che i procedimenti previsti agli artt. 234 CE, da un lato, e 235 CE
e 288, secondo comma, CE, dall’altro, non possono più essere considerati, alla luce degli artt. 6 e 13 della CEDU e dell’art. 47
della Carta dei diritti fondamentali, idonei a garantire ai singoli un diritto di azione effettivo che permetta loro di contestare
la legittimità di disposizioni comunitarie di portata generale direttamente incidenti sulla loro [situazione] giuridica.
48
Certo, una simile circostanza non può autorizzare una modifica del sistema dei rimedi giurisdizionali e dei procedimenti stabilito
dal Trattato e diretto ad attribuire al giudice comunitario il sindacato della legittimità degli atti delle istituzioni. In
nessun caso essa consente di dichiarare ricevibile un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica che
non soddisf[i] le condizioni prescritte dall’art. 230, quarto comma, CE [v. ordinanza del presidente della Corte 12 ottobre
2000, causa C‑300/00 P(R), Federación de Cofradías de Pescadores e a./Consiglio, Racc. pag. I‑8797, punto 37].
49
Si deve tuttavia sottolineare che, come rilevato dall’avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni presentate nella causa
Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (citate al precedente punto 45, paragrafo 59), nessun motivo [imperativo] consente
di sostenere che la nozione di persona individualmente interessata da una decisione ai sensi dell’art. 230, quarto comma,
CE comporti l’obbligo [che] un singolo che intenda impugnare un atto di portata generale [sia] identificato alla stessa stregua
di un destinatario.
50
Di conseguenza, e tenendo conto del fatto che il Trattato CE ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e
di procedimenti inteso ad affidare al giudice comunitario il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni (sentenza
Les Verts/Parlamento, citata al precedente punto 41, punto 23), si deve riconsiderare l’interpretazione restrittiva, sinora
adottata, della nozione di persona individualmente interessata da una decisione ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.
51
Alla luce di quanto precede, e al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei singoli, una persona fisica o
giuridica deve ritenersi individualmente interessata da una disposizione comunitaria di portata generale che la riguarda direttamente,
ove la disposizione di cui trattasi incida, in maniera certa ed attuale, sulla sua [situazione] giuridica limitando i suoi
diritti ovvero imponendole obblighi. Considerazioni relative al numero ed alla situazione di altre persone parimenti interessate
dalla disposizione o che possano esserlo non sono al riguardo pertinenti.
52
Nel caso di specie, la società Jégo‑Quéré si vede effettivamente imporre obblighi dalle disposizioni impugnate. Infatti la
ricorrente, le cui navi rientrano nell’ambito d’applicazione del regolamento, esercita attività di pesca in una delle aree
in cui le attività di pesca sono soggette, in forza delle disposizioni impugnate, ad obblighi precisi quanto alle dimensioni
di maglia delle reti da utilizzare.
53
Ne discende che la ricorrente è individualmente interessata dalle disposizioni impugnate.
54
Dato che la ricorrente è anche direttamente interessata dalle disposizioni impugnate (v. precedente punto 26), si deve respingere
l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e disporre la prosecuzione del procedimento».
Ricorso dinanzi alla Corte
14
Con il presente ricorso la Commissione conclude che la Corte voglia:
–
annullare la sentenza impugnata;
–
dichiarare irricevibile il ricorso diretto all’annullamento del regolamento n. 1162/2001 ovvero, in subordine, rinviare la
causa dinanzi al Tribunale;
–
condannare la Jégo‑Quéré alle spese di giudizio, ivi comprese le spese afferenti al procedimento dinanzi al Tribunale.
15
La Jégo‑Quéré conclude che la Corte voglia:
–
dichiarare il ricorso dinanzi alla Corte irricevibile in quanto tardivo;
–
dichiarare il ricorso dinanzi alla Corte infondato e confermare la sentenza impugnata;
–
annullare la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che la Jégo‑Quéré non è individualmente interessata ai sensi dell’art. 230,
quarto comma, CE;
–
decidere la controversia sulla base delle osservazioni depositate dalla Jégo‑Quéré dinanzi al Tribunale e, in particolare,
–
dichiarare ricevibile il ricorso proposto dinanzi al Tribunale;
–
annullare le disposizioni di cui agli artt. 3, lett. d), e 5 del regolamento n. 1162/2001;
–
ascoltare in qualità di testimoni:
–
il sig. John Farnell, direttore della «Politica di conservazione» della direzione generale della pesca della Commissione,
e
–
il sig. Victor Badiola, responsabile dell’organizzazione dei produttori della pesca di Ondarroa;
–
condannare la Commissione alle spese del presente procedimento nonché di quello svoltosi dinanzi al Tribunale.
16
A sostegno del proprio ricorso, la Commissione deduce due motivi.
17
In primo luogo, l’istituzione sostiene che il Tribunale avrebbe violato il proprio regolamento di procedura, giacché la causa
avrebbe dovuto essere rinviata dinanzi al plenum di tale giudice. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe violato l’art. 230,
quarto comma, CE, interpretando il requisito, secondo il quale il ricorrente dev’essere individualmente interessato, in modo
contrario al sistema giurisdizionale istituito dal Trattato CE.
Sulla ricevibilità del ricorso
18
La Jégo‑Quéré eccepisce l’irricevibilità del ricorso. Infatti, la Commissione non avrebbe fornito alcuna indicazione in ordine
alla data in cui la sentenza impugnata le è stata notificata. In difetto di prova contraria, la Jégo‑Quéré contesta che il
ricorso sia stato effettivamente proposto entro i termini all’uopo previsti.
19
A tale riguardo, si deve ricordare che, ai termini dell’art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, in combinato disposto
con l’art. 81, n. 2, del regolamento di procedura, l’impugnazione può essere proposta dinanzi alla Corte entro il termine
di due mesi a decorrere dalla notifica della decisione impugnata, al quale va aggiunto il termine processuale forfettario
di 10 giorni in ragione della distanza. Ai sensi dell’art. 112, n. 2, del regolamento di procedura, la decisione del Tribunale
che costituisce oggetto di gravame dev’essere allegata all’atto d’impugnazione e dev’essere fatta menzione della data in cui
la decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente.
20
Orbene, la Commissione ha allegato al proprio ricorso la sentenza impugnata nonché la lettera di accompagnamento del cancelliere
del Tribunale, recante il timbro con indicazione dell’8 maggio 2002 quale data di ricezione. Tale data è peraltro confermata
dall’avviso di ricevimento della ricevuta di ritorno. Come indicato al punto 1 della presente sentenza, il ricorso della Commissione
è stato depositato presso la cancelleria della Corte in data 17 luglio 2002.
21
Risulta quindi che la Commissione ha indicato nel ricorso la data in cui la sentenza impugnata le era stata notificata e che
essa ha pertanto proposto l’impugnazione entro il termine all’uopo previsto.
22
Il ricorso della Commissione dev’essere conseguentemente dichiarato ricevibile.
Sul secondo motivo Argomenti delle parti
23
La Commissione sostiene che l’interpretazione della nozione di persona individualmente interessata, accolta dal Tribunale
nella sentenza impugnata, è talmente ampia da eliminare di fatto il requisito del pregiudizio individuale previsto dall’art. 230,
quarto comma, CE. Il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto confondendo il diritto di azione effettivo con il diritto
generale di ricorso diretto dei singoli nell’ambito del contenzioso di annullamento degli atti di portata generale, ove l’assenza
del secondo non implicherebbe peraltro l’inesistenza del primo. Sarebbe erronea la conclusione tratta dal Tribunale al punto 47
della sentenza impugnata secondo cui il sistema giurisdizionale previsto dal Trattato non può più essere considerato idoneo
a garantire ai singoli un diritto di azione effettivo che consenta loro di contestare la legittimità di disposizioni comunitarie
di portata generale direttamente incidenti sulla loro situazione giuridica e che, conseguentemente, occorre ampliare i requisiti
di ricevibilità del ricorso di annullamento a favore dei singoli, riconsiderando la costante interpretazione giurisprudenziale
della nozione di soggetto individualmente interessato ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.
24
La Commissione rammenta a tale riguardo che, nella maggior parte degli Stati membri, il diritto dei singoli a proporre un
ricorso per l’annullamento di un atto di portata generale è limitato sotto vari profili. In molti casi, il ricorso per l’annullamento
di una legge sarebbe o impossibile o limitata dalla natura dei motivi che possono essere invocati ovvero dai requisiti di
legittimazione attiva. In taluni Stati membri non esisterebbe nemmeno una legittimazione generale dei singoli a ricorrere
contro atti normativi emanati dall’autorità amministrativa. Orbene, tali sistemi non sarebbero stati mai censurati dalla giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo.
25
Infine, a parere della Commissione, alla luce della giurisprudenza di cui alla sentenza 9 marzo 1994, causa C‑188/92, TWD
Textilwerke Deggendorf (Racc. pag. I‑833), l’interpretazione della nozione di persona individualmente interessata accolta
dal Tribunale produrrebbe la conseguenza di restringere le possibilità per i singoli di contestare, a titolo di eccezione,
la legittimità degli atti comunitari di portata generale.
26
La Jégo‑Quéré sostiene che un’interpretazione più ampia e flessibile dell’art. 230, quarto comma, CE, come quella accolta
dal Tribunale, le consente, senza peraltro modificare il sistema giurisdizionale istituito dal Trattato, di contestare la
legittimità di una norma che le provocherebbe danni considerevoli. Diversamente ragionando, gli artt. 6 e 13 della CEDU risulterebbero
violati, considerato che essa non disporrebbe di alcuno strumento per contestare la legittimità delle disposizioni di cui
trattasi. Infatti, poiché il regolamento n. 1162/2001 si applica direttamente senza intervento delle autorità nazionali, non
sussisterebbe alcun atto impugnabile dinanzi ai giudici nazionali in modo da poter contestare indirettamente il regolamento
medesimo. Conseguentemente, non vi sarebbe alcuna possibilità di godere di una tutela giurisdizionale completa tramite l’ordinamento
nazionale senza violare il regolamento n. 1162/2001.
27
Per quanto attiene alla domanda per responsabilità extracontrattuale prevista dagli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE,
la Jégo‑Quéré contesta l’argomento della Commissione secondo cui, in considerazione della durata limitata a sei mesi del regolamento
n. 1162/2001, l’azione risarcitoria potrebbe costituire un rimedio più idoneo rispetto al ricorso di annullamento. Infatti,
il detto regolamento non costituirebbe che una tappa dell’attuale processo di riforma della politica comune della pesca, che
implicherebbe l’adozione di misure a medio e a lungo termine. Conseguentemente, la Jégo‑Quéré non avrebbe altra scelta se
non quella di proporre periodicamente nuovi ricorsi.
28
Inoltre, non sarebbe coerente interpretare restrittivamente la nozione di soggetto individualmente interessato, laddove non
sussisterebbero restrizioni quanto alla possibilità per i singoli di proporre azioni risarcitorie ai sensi degli artt. 235 CE
e 288 CE, azioni che presuppongono generalmente contestazioni della legittimità di norme comunitarie di portata generale.
Giudizio della Corte
29
Si deve ricordare che i singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciuti
loro dall’ordinamento giuridico comunitario, poiché il diritto a detta tutela fa parte dei principi giuridici generali che
derivano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Tale diritto è stato anche sancito dagli artt. 6 e 13 della
CEDU (v., in particolare, sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punto 18, e 25 luglio 2002, causa
C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio Racc. pag. I‑6677, punto 39).
30
Orbene, mediante gli artt. 230 CE e 241 CE, da un lato, e l’art. 234 CE, dall’altro, il Trattato ha istituito un sistema completo
di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni,
affidandolo al giudice comunitario. Nell’ambito di tale sistema, non potendo impugnare direttamente, a causa dei requisiti
di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE, gli atti comunitari di portata generale, le persone fisiche o giuridiche
hanno la possibilità, a seconda dei casi, di far valere l’invalidità di tali atti, vuoi, in via incidentale in forza dell’art. 241 CE,
dinanzi al giudice comunitario, vuoi dinanzi ai giudici nazionali e di indurre questi ultimi, non competenti ad accertare
direttamente l’invalidità di tali atti, a rivolgersi al riguardo alla Corte in via pregiudiziale (v. sentenza Unión de Pequeños
Agricultores/Consiglio, cit., punto 40).
31
Spetta, pertanto, agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il
rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (v. sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit.,
punto 41).
32
In tale contesto, in conformità del principio di leale collaborazione sancito dall’art. 10 CE, i giudici nazionali sono tenuti,
per quanto possibile, ad interpretare e applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio delle azioni
in maniera da consentire alle persone fisiche e giuridiche di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione
o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario di portata
generale, eccependo l’invalidità di quest’ultimo (v. sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punto 42).
33
Tuttavia, un ricorso di annullamento dinanzi al giudice comunitario non può essere esperibile da un singolo che intenda impugnare
un atto di portata generale quale un regolamento che non lo riguardi individualmente in modo analogo a un destinatario, ancorché
fosse possibile dimostrare, in esito a un esame concreto da parte del detto giudice delle norme procedurali nazionali, che
queste ultime non autorizzano il singolo ad intentare un’azione che gli consenta di contestare la validità dell’atto comunitario
impugnato. Infatti, un sistema del genere richiederebbe che, per ogni caso specifico, il giudice comunitario esamini ed interpreti
il diritto processuale nazionale, il che esulerebbe dalla sua competenza nell’ambito del controllo della legittimità degli
atti comunitari (v. sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punti 37 e 43).
34
Conseguentemente, un ricorso di annullamento dinanzi al giudice comunitario non è, in ogni caso, esperibile, anche se risultasse
che le norme procedurali nazionali non autorizzano il singolo a contestare la validità dell’atto comunitario controverso se
non dopo averlo violato.
35
Nella specie, si deve rilevare che il fatto che il regolamento n. 1162/2001 si applichi direttamente, senza intervento delle
autorità nazionali, non implica di per sé che un operatore direttamente interessato dal regolamento medesimo non possa contestarne
la validità se non dopo averlo violato. Infatti, non può escludersi che un sistema giuridico nazionale offra la possibilità
a un singolo, direttamente interessato da un atto normativo generale di diritto interno non direttamente impugnabile in sede
giurisdizionale, di chiedere alle autorità nazionali l’emanazione di una misura, collegata a tale atto, impugnabile dinanzi
al giudice nazionale, in modo da consentire a tale singolo di contestare indirettamente l’atto medesimo. Parimenti, non può
nemmeno escludersi che un sistema giuridico nazionale offra la possibilità a un operatore direttamente interessato dal regolamento
n. 1162/2001 di chiedere alle autorità nazionali l’emanazione di un atto collegato a tale regolamento, impugnabile dinanzi
all’autorità giudiziaria nazionale, in modo da consentire a tale operatore di contestare indirettamente il regolamento de
quo.
36
Anche se il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica può presentare ricorso contro un regolamento solo qualora
sia interessata non solo direttamente, ma anche individualmente deve essere interpretato alla luce del principio di una tutela
giurisdizionale effettiva, tenuto conto delle diverse circostanze atte a individuare un ricorrente, tale interpretazione non
può condurre ad escludere il requisito medesimo, espressamente previsto dal Trattato. In caso contrario i giudici comunitari
andrebbero oltre le competenze loro attribuite dal Trattato stesso (v. sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio,
cit., punto 44).
37
Orbene, ciò è quanto è avvenuto nell’interpretazione di tale requisito, contenuta al punto 51 della sentenza impugnata, secondo
cui una persona fisica o giuridica deve ritenersi individualmente interessata da una disposizione comunitaria di portata generale
che la riguarda direttamente, ove la disposizione di cui trattasi incida, in maniera certa ed attuale, sulla sua situazione
giuridica, limitando i suoi diritti ovvero imponendole obblighi.
38
Infatti, tale interpretazione si risolve, sostanzialmente, nello snaturamento del requisito del pregiudizio individuale di
cui all’art. 230, quarto comma, CE.
39
Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il Tribunale è incorso in un errore di diritto. Il secondo motivo dev’essere
pertanto dichiarato fondato.
Sul ricorso incidentale Argomenti delle parti
40
La Jégo‑Quéré sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che essa non sarebbe individualmente interessata dal
regolamento n. 1162/2001, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, come interpretato dalla costante giurisprudenza della
Corte. In realtà, il regolamento di cui trattasi sarebbe costituito da un fascio di decisioni individuali adattate alle specifiche
situazioni di singoli operatori interessati, senza che sussistano ragioni obiettive che possano giustificare un siffatto trattamento
di natura individuale. Orbene, tenuto conto dell’obiettivo della protezione del novellame di nasello, un regolamento di portata
generale dovrebbe stabilire senza eccezioni il divieto di pesca nelle zone previste con maglie di dimensioni inferiori a 100 mm.
41
A parere della Jégo‑Quéré, due circostanze la caratterizzerebbero, in particolare, rispetto a tutti gli altri soggetti interessati
dal regolamento n. 1162/2001. In primo luogo, essa costituirebbe l’unico operatore permanentemente dedito alla pesca del merlano
nel Mar Celtico con navi di dimensioni superiori a 30 m e che catturerebbe unicamente quantità trascurabili di novellame di
nasello con il sistema del «by‑catch». In secondo luogo, essa sarebbe stata l’unica società di armamento per la pesca a proporre
alla Commissione, anteriormente all’emanazione del regolamento n. 1162/2001, una soluzione specifica diretta a contribuire
alla ricostituzione dello stock di nasello, soluzione poi non accolta.
42
All’udienza la Commissione ha sostenuto che nessuno degli argomenti invocati dalla Jégo‑Quéré poteva legittimare la conclusione
che tale società fosse individualmente interessata dal regolamento n. 1162/2001. Il ricorso incidentale dovrebbe essere pertanto
respinto.
Giudizio della Corte
43
Come correttamente rilevato dal Tribunale ai punti 23 e 24 della sentenza impugnata, gli artt. 3, lett. d), e 5 del regolamento
n. 1162/2001, di cui la Jégo‑Quéré mira ad ottenere l’annullamento, si rivolgono in termini astratti a categorie di persone
indeterminate e si applicano a situazioni determinate oggettivamente. Tali disposizioni presentano pertanto, per loro natura,
portata generale.
44
Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, la portata generale di un atto non esclude peraltro che esso possa riguardare direttamente
e individualmente taluni operatori economici (v., in particolare, sentenza 10 aprile 2003, causa C‑142/00 P, Commissione/Nederlandse
Antillen, Racc. pag. I‑3483, punto 64).
45
In particolare, un atto di portata generale può riguardare individualmente persone fisiche o giuridiche solo se esse sono
colpite in ragione di determinate qualità loro peculiari o di una circostanza di fatto che le distingua da chiunque altro
e, conseguentemente, le identifichi in modo analogo al destinatario (v., in particolare, sentenze 15 luglio 1963, causa 25/62,
Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e Commissione/Nederlandse Antillen, cit., punto 65).
46
Orbene, la circostanza che la Jégo‑Quéré costituisca l’unico operatore dedito alla pesca del merlano nelle acque a sud dell’Irlanda
con navi di dimensioni superiori a 30 m non è idonea, come rilevato dal Tribunale al punto 30 della sentenza impugnata, a
contraddistinguerla, poiché gli artt. 3, lett. d), e 5 del regolamento n. 1162/2001 la riguardano solamente per la caratteristica
oggettiva di essere pescatrice di merlano che utilizza una certa tecnica di pesca in una zona determinata, allo stesso modo
di ogni altro operatore economico che si trovi, attualmente o potenzialmente, in una situazione identica.
47
Inoltre, non risulta che una norma di diritto comunitario imponesse alla Commissione, ai fini dell’emanazione del regolamento
n. 1162/2001, una procedura nell’ambito della quale fosse riconosciuta alla Jégo‑Quéré la possibilità di rivendicare eventuali
diritti, tra cui quello ad essere sentiti. In tal senso, con riguardo all’emanazione del regolamento n. 1162/2001, il diritto
comunitario non ha definito una posizione giuridica specifica a favore di un operatore quale la Jégo‑Quéré (v., in tal senso,
sentenza 4 ottobre 1983, causa 191/82, FEDIOL/Commissione, Racc. pag. 2913, punto 31).
48
Ciò premesso, il fatto che la Jégo‑Quéré costituisse l’unica società di armamento per la pesca a proporre alla Commissione,
anteriormente all’emanazione del regolamento n. 1162/2001, una soluzione specifica diretta a contribuire alla ricostituzione
dello stock di nasello non è idoneo a contraddistinguerla ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.
49
Il ricorso incidentale dev’essere quindi respinto.
50
Alla luce delle suesposte considerazioni, la sentenza impugnata dev’essere annullata e, considerato l’art. 61, primo comma,
dello Statuto della Corte di giustizia, il ricorso diretto all’annullamento degli artt. 3, lett. d), e 5 del regolamento n. 1162/2001
dev’essere dichiarato irricevibile.
Sulle spese
51
Ai termini dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene
definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento medesimo,
applicabile al procedimento d’impugnazione per effetto dell’art. 118 del regolamento stesso, la parte soccombente è condannata
alle spese se ne è stata fatta domanda.
52
Atteso che il ricorso e l’eccezione di irricevibilità proposti dalla Commissione sono fondati, si deve statuire che la Jégo‑Quéré
sopporterà tutte le spese sostenute dinanzi al Tribunale e alla Corte.
Per questi motivi,
LA CORTE (Sesta Sezione)
dichiara e statuisce
1)
La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 3 maggio 2002, causa T‑177/01, Jégo‑Quéré/Commissione, è annullata.
2)
Il ricorso proposto dalla Jégo‑Quéré e Cie SA diretto all’annullamento degli artt. 3, lett. d), e 5 del regolamento (CE) della Commissione 14 giugno 2001, n. 1162,
che istituisce misure per la ricostituzione dello stock di naselli nelle sottozone CIEM III, IV, V, VI e VII, e nelle divisioni
CIEM VIII a, b, d, e, e le condizioni ad esse associate per il controllo delle attività di pesca, è irricevibile.
3)
La Jégo‑Quéré e Cie SA è condannata alle spese relative ai due gradi di giudizio.
Gulmann
Cunha Rodrigues
Puissochet
Schintgen
Macken
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1 aprile 2004.