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Doiciméad 62002CC0425

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 17 giugno 2004.
Johanna Maria Delahaye, coniugata Boor contro Ministre de la Fonction publique et de la Réforme administrative.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour administrative - Lussemburgo.
Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di un'impresa allo Stato - Possibilità, per lo Stato, di imporre le norme di diritto pubblico - Riduzione dell'importo della retribuzione.
Causa C-425/02.

Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-10823

Aitheantóir ECLI: ECLI:EU:C:2004:376

Conclusions

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
PHILIPPE LÉGER
presentate il 17 giugno 2004(1)



Causa C-425/02



Johanna Maria Delahaye, coniugata Boor,
contro
Ministre de la Fonction publique et de la Réforme administrative


[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Cour administrative (Lussemburgo)]

«Direttiva 77/187/CEE – Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese – Trasferimento di un'attività gestita da una persona giuridica di diritto privato a una persona giuridica di diritto pubblico o a un servizio pubblico amministrativo – Obbligo sancito dall'ordinamento nazionale di adeguare il contratto di lavoro allo status di pubblico dipendente – Diminuzione dell'importo della retribuzione»






1.        Nel caso in cui lo Stato rilevi attività precedentemente svolte da un’associazione senza fini di lucro (persona giuridica di diritto privato), esso, in quanto cessionario d’impresa, è tenuto in forza del diritto comunitario a mantenere in essere i contratti di lavoro di diritto privato esistenti alla data del trasferimento di detta impresa, senza riduzione dell’importo della retribuzione dei lavoratori, o può procedere a tale riduzione, conformemente alla normativa nazionale vigente in materia di status degli impiegati pubblici?

2.        Tale è, in sostanza, la questione posta dalla Cour administrative (Corte d’appello amministrativa di Lussemburgo). Con essa il giudice del rinvio, muovendo dalla sentenza Mayeur  (2) , chiede alla Corte di interpretare la direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti  (3) .

I – Ambito normativo

A – La disciplina comunitaria

3.        La direttiva 77/187 è intesa, a tenore del suo secondo ‘considerando’, a «proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti».

4.        A tal fine, l’art. 3, n. 1, della direttiva sancisce il principio secondo cui «i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1 [ (4) ], sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario».

5.        Inoltre la direttiva prevede il mantenimento, da parte del cessionario, delle condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo (art. 3, n. 2), nonché la tutela dei lavoratori interessati contro il licenziamento, da parte del cedente o del cessionario, per il solo fatto del trasferimento (art. 4, n. 1).

6.        L’art. 6, n. 1, della direttiva impone inoltre al cedente e al cessionario l’obbligo di informare i rappresentanti dei lavoratori interessati sulle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori e delle misure previste nei loro confronti. Si precisa che il cessionario è tenuto a comunicare tali informazioni in tempo utile e, in ogni caso, prima che detti lavoratori siano direttamente lesi nelle loro condizioni di impiego e di lavoro dal trasferimento. L’art. 6, n. 2, della direttiva completa quest’obbligo di informazione, incombente al cedente o al cessionario, con un obbligo di consultazione al fine di ricercare un accordo con i rappresentanti dei lavoratori interessati qualora vengano adottate misure nei confronti di questi ultimi.

7.        Nel caso in cui le misure previste e soggette a consultazione vengano effettivamente adottate, l’art. 4, n. 2, della direttiva prevede che «[s]e il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è rescisso [su iniziativa del lavoratore] in quanto il trasferimento (…) comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la rescissione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro».

8.        Tutte le suddette disposizioni sono state riprese, nella loro integralità, dalla direttiva del Consiglio 29 giugno 1998, 98/50/CE, che modifica la direttiva 77/187  (5) , e dalla direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti  (6) , che ha codificato la direttiva 77/187 tenendo conto delle modifiche sostanziali introdotte dalla direttiva 98/50.

B – La normativa nazionale

9.        In diritto lussemburghese, la disciplina nazionale pertinente relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di impresa è contenuta all’art. 36 della legge 24 maggio 1989, sul contratto di lavoro  (7) .

10.      Il n. 1 di detto articolo prevede che, «qualora sopraggiunga una modificazione nella situazione del datore di lavoro, in particolare a seguito di successione, vendita, fusione, trasformazione del patrimonio, conferimento in società, tutti i contratti di lavoro in essere alla data della modificazione continuano a sussistere tra il nuovo datore di lavoro e i dipendenti dell’impresa».

11.      Il n. 2, primo comma, aggiunge che «il trasferimento d’impresa risultante in particolare da una cessione contrattuale o da una fusione non costituisce di per sé un motivo di licenziamento per il cedente o il cessionario».

12.      Infine l’art. 36, n. 2, secondo comma, della legge citata precisa che, «se il contratto di lavoro è rescisso in quanto il trasferimento comporta a scapito dei lavoratori una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro».

II – Fatti e procedimento principale

13.      La sig.ra Delahaye, coniugata Boor, veniva assunta come segretaria, in qualità di dipendente, dall’associazione «Pour l’insertion professionnelle» (a partire dal 2 gennaio 1995) e successivamente dall’associazione «Foprogest ASBL»  (8) (a partire dal 1° aprile 1998), in seguito alla ripresa, da parte di questa seconda associazione, dell’attività inizialmente svolta dalla prima. Nel contesto di tale ripresa di attività, il contratto di lavoro che legava l’interessata alla prima associazione veniva mantenuto dalla seconda, senza modifica delle condizioni di lavoro e della retribuzione.

14.      Conformemente all’art. 3 del suo statuto, la Foprogest, con sede in Lussemburgo, aveva per oggetto la promozione e l’attuazione di varie iniziative di formazione intese, in particolare, a migliorare la situazione delle persone in cerca di lavoro e dei disoccupati, al fine di favorire il loro inserimento o reinserimento professionale. Essa era anche incaricata di fornire assistenza tecnica e amministrativa nell’ambito di programmi di formazione professionale e di gestire i fondi di alcuni di tali programmi. A tenore dell’art. 19 dello statuto, le risorse dell’associazione, senza fini di lucro, provenivano da contributi, donazioni e legati, nonché da aiuti e sovvenzioni.

15.      Alla fine del 1999, l’attività esercitata dalla Foprogest veniva rilevata dall’amministrazione dello Stato lussemburghese, ossia dal ministero dell’Educazione nazionale, della Formazione professionale e dello Sport.

16.      Nel contesto di tale trasferimento di attività, la sig.ra Delahaye e altri dipendenti della Foprogest venivano rilevati dallo Stato lussemburghese. Tale operazione determinava la conclusione di vari contratti di lavoro tra il nuovo datore di lavoro e i lavoratori interessati. In tale contesto, la sig.ra Delahaye stipulava, il 22 dicembre 1999, un contratto a tempo indeterminato con il ministero dell’Educazione nazionale, della Formazione professionale e dello Sport. Tale contratto entrava in vigore il 1° gennaio 2000.

17.      Ai sensi dell’art. 2 del detto contratto, all’interessata veniva riconosciuta la qualità di impiegato statale, conformemente alle disposizioni della legge modificata 27 gennaio 1972, che istituisce il regime degli impiegati dello Stato. A norma dell’art. 4 del contratto, l’assunzione della sig.ra Delahaye era soggetta al regolamento del Consiglio dei ministri 1° marzo 1974, che stabilisce il regime delle indennità dei funzionari impiegati nelle amministrazioni e nei servizi dello Stato.

18.      Con lettera del 25 gennaio 2001, la sig.ra Delahaye proponeva un ricorso dinanzi al Ministre de la Fonction publique et de la Réforme administrative (Ministro della Funzione pubblica e della Riforma amministrativa) contro una decisione da esso adottata il 27 ottobre 2000, con cui la ricorrente veniva inquadrata in un determinato livello di carriera e in un certo grado  (9) . Detta decisione veniva impugnata nella parte in cui collocava l’interessata, segnatamente in materia di retribuzione, in una situazione meno favorevole di quella in cui si trovava in precedenza, presso il primo datore di lavoro  (10) .

19.      La sig.ra Delahaye faceva valere che, ai sensi dell’art. 36 della legge 24 maggio 1989, sul contratto di lavoro, la modifica della situazione giuridica del datore di lavoro non può comportare una modifica delle condizioni di lavoro e di retribuzione. Ciò varrebbe soprattutto in caso di ripresa, da parte di una persona giuridica di diritto pubblico, di attività precedentemente esercitate da una persona giuridica di diritto privato. Di conseguenza, la sig.ra Delahaye chiedeva il ripristino, con efficacia retroattiva, delle condizioni di lavoro in cui si trovava anteriormente al 1° gennaio 2000, ossia nell’ambito del contratto che la legava alla Foprogest.

20.      L’autorità competente respingeva tale ricorso. A suo parere, non vi sarebbero state modifiche della situazione del datore di lavoro, ma si sarebbe semplicemente creato un nuovo rapporto di lavoro con un nuovo datore, che avrebbe dato luogo alla conclusione di un nuovo contratto, e pertanto non sarebbero state applicabili le disposizioni di diritto nazionale invocate dalla sig.ra Delahaye.

21.      Quest’ultima adiva quindi il Tribunal administratif (Tribunale amministrativo di Lussemburgo) chiedendo la riforma o l’annullamento della decisione di inquadramento controversa nonché della successiva decisione di modifica, in quanto né l’una né l’altra le consentivano di fruire del mantenimento del suo livello di retribuzione  (11) . A sostegno del suo ricorso, la sig.ra Delahaye faceva valere in particolare le disposizioni dell’art. 36 della legge 24 maggio 1989, sul contratto di lavoro, e l’obbligo di interpretarle in conformità alla direttiva 77/187, che sussisterebbe nel caso di specie in virtù della citata sentenza Mayeur.

22.      Il Tribunal administratif respingeva il ricorso della sig.ra Delahaye con sentenza 13 marzo 2002. Secondo detto giudice, la situazione della ricorrente rientrava nell’ambito di un trasferimento di ente economico conforme alle condizioni di applicazione dell’art. 36 della legge 24 maggio 1989. Tuttavia esso rilevava che in quel periodo l’attività ripresa veniva svolta sotto forma di servizio pubblico amministrativo e quindi conformemente alle norme di diritto pubblico, con la conseguenza che la ripresa dell’ente economico in questione era possibile solo nei limiti della sua compatibilità con le norme imperative di diritto pubblico, segnatamente in materia di retribuzione degli impiegati statali.

23.      Pertanto il Tribunal administratif concludeva che la riduzione di stipendio lamentata dalla sig.ra Delahaye poteva costituire una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro della ricorrente tale da giustificare una risoluzione del contratto imputabile al datore di lavoro, ma era escluso che l’interessata potesse mantenere il suo rapporto contrattuale percependo la stessa retribuzione.

24.      La sig.ra Delahaye impugnava tale sentenza dinanzi alla Cour administrative. A suo parere, dall’art. 36 della legge 24 maggio 1989 e dall’art. 3, n. 1, della direttiva 77/187 discenderebbe che qualsiasi trasferimento di un ente economico comporta il mantenimento senza limiti o eccezioni dei diritti dei dipendenti. L’interpretazione di dette disposizioni accolta dal Tribunal administratif equivarrebbe, da un lato, a privare queste ultime di qualsiasi efficacia pratica e, dall’altro, ad ignorare il principio del primato del diritto comunitario sul diritto nazionale.

25.      Quanto al governo lussemburghese, esso si domanda se l’attività precedentemente svolta dall’associazione senza scopo di lucro Foprogest e rilevata dallo Stato possa essere considerata di natura economica ai sensi della direttiva 77/187, come modificata dalla direttiva 98/50, trattandosi di un’attività di lotta contro la disoccupazione, ricollegabile all’esercizio di pubblici poteri.

III – Questione pregiudiziale

26.      Viste le tesi dedotte dalle parti, la Cour administrative ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, alla luce delle disposizioni delle direttive 77/187/CEE, 98/50/CE e 2001/23/CE, sopra specificate, in caso di trasferimento di impresa da un’associazione senza fini di lucro, persona giuridica di diritto privato, verso lo Stato, quest’ultimo, in qualità di cessionario, sia autorizzato a realizzare l’assunzione dei diritti e degli obblighi del cedente solo in quanto questi siano compatibili con le sue norme di diritto pubblico, in particolare in materia di retribuzione, in cui le modalità e gli importi delle indennità sono fissati mediante regolamento granducale, considerato peraltro che dallo status di impiegato pubblico derivano, per i dipendenti di cui trattasi, vantaggi giuridici, segnatamente in materia di sviluppo di carriera e di stabilità dell’impiego, e che i dipendenti di cui trattasi, in caso di dissenso sulle “sostanziali modifiche” del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 4, n. 2, delle direttive, conservano il diritto di chiedere la risoluzione di tale rapporto secondo le modalità menzionate nel testo in questione».

27.      Anzitutto si deve rilevare che la questione pregiudiziale cita contemporaneamente le direttive 77/187, 98/50 e 2001/23. Tuttavia la causa principale si colloca in un momento anteriore alla scadenza del termine di attuazione della direttiva 98/50, fissata al 17 luglio 2001, e alla data del suo recepimento nel diritto lussemburghese, avvenuto successivamente in forza della legge 19 dicembre 2003  (12) . Ne consegue che la direttiva 98/50 non è applicabile alla controversia di cui trattasi  (13) . Lo stesso vale per la direttiva 2001/23, diretta a codificare la direttiva 77/187 tenendo conto delle modifiche introdotte dalla direttiva 98/50. Pertanto, nell’ambito della causa principale, non occorre interrogarsi in merito all’interpretazione della direttiva 98/50 o della direttiva 2001/23, tanto più che le disposizioni pertinenti della direttiva 77/187 sono state riprese integralmente dalle direttive 98/50 e 2001/23. Rileva soltanto l’interpretazione della direttiva 77/187, e in particolare quella dell’art. 3, n. 1  (14) .

28.      Ne consegue che, con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 3, n. 1, della direttiva 77/187 debba essere interpretato nel senso che osta a che, in caso di trasferimento d’impresa consistente nella ripresa di attività precedentemente esercitate da una persona giuridica di diritto privato da parte dello Stato, quest’ultimo, in quanto nuovo datore di lavoro, riduca, in seguito al trasferimento, l’importo della retribuzione dei lavoratori, conformemente alla normativa nazionale vigente in materia di status degli impiegati pubblici.

29.      Così come nella citata causa Mayeur, tale questione pregiudiziale rientra nell’ambito di un’operazione di ripresa, da parte di una persona giuridica di diritto pubblico, che agisce in base alle specifiche norme del diritto amministrativo, di attività precedentemente svolte da una persona giuridica di diritto privato.

30.      Tuttavia, a differenza di quanto accadeva nella causa citata, alla Corte non si chiede se tale operazione possa costituire un trasferimento di ente economico ai sensi della direttiva 77/187.

31.      Il giudice del rinvio si è già pronunciato su questo punto, in particolare alla luce della citata sentenza Mayeur  (15) . A tale proposito, ha avuto cura di precisare che attività analoghe a quelle oggetto della causa principale sono già state riconosciute dalla Corte come aventi carattere economico  (16) . Il giudice a quo ha quindi concluso che la ripresa da parte dello Stato dell’attività svolta in precedenza dalla Foprogest costituisce un trasferimento d’impresa ai sensi della direttiva 77/187 e pertanto quest’ultima è applicabile al caso di specie.

32.      Muovendo dalla sentenza Mayeur, citata, detto giudice si limita a chiedere alla Corte di precisare le conseguenze che occorre trarre nella fattispecie dall’esistenza di un trasferimento di entità economica per quanto riguarda la situazione dei lavoratori, in particolare sotto il profilo della loro retribuzione.

IV – Analisi

33.      Al paragrafo 106 delle conclusioni da me presentate nella citata causa Mayeur, ho ricordato che la direttiva non mira a modificare i diritti nazionali in vigore, realizzando un’armonizzazione completa dei diritti dei lavoratori comunitari nel caso di cambiamento di datore di lavoro in seguito ad un trasferimento d’impresa, ma solo a garantire, il più possibile, il proseguimento del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro, senza modificazioni, con il cessionario  (17) . Ho aggiunto che la direttiva mira pertanto ad impedire che i lavoratori interessati dal trasferimento dell’impresa si trovino in una posizione meno favorevole per il solo fatto di tale trasferimento  (18) .

34.      Ne ho tratto la conseguenza che la direttiva non potrebbe essere interpretata nel senso che obblighi gli Stati membri a modificare il loro diritto nazionale per consentire ad un ente di diritto pubblico di conservare i contratti di lavoro di diritto privato, in contrasto con la legislazione nazionale in vigore  (19) .

35.      Tuttavia ho sottolineato che, in tale ipotesi, dovrebbe applicarsi l’art. 4, n. 2, della direttiva  (20) .

36.      Infatti ho osservato che l’obbligo di risolvere i contratti di lavoro di diritto privato sottoscritti dall’ente economico cedente che sia imposto al datore di lavoro, persona giuridica di diritto pubblico, da una disposizione di diritto nazionale, in presenza di tutte le condizioni per il trasferimento d’impresa, dovrebbe essere considerato come una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito del lavoratore  (21) .

37.      Ho quindi concluso che, conformemente all’art. 4, n. 2, della direttiva, spetterebbe al nuovo datore di lavoro, cessionario dell’attività fino ad allora esercitata dalla precedente entità, assumersi la responsabilità del licenziamento avvenuto per causa sua  (22) .

38.      La Corte ha accolto la mia analisi nella citata sentenza Mayeur.

39.      Infatti non si è limitata a sottolineare che l’eventuale esistenza di norme nazionali, che impongono ad una persona giuridica di diritto pubblico di risolvere i contratti di lavoro di diritto privato in caso di ripresa di un’attività precedentemente svolta da una persona di diritto privato, in linea di principio non ha l’effetto di escludere tale operazione di ripresa di attività dall’ambito di applicazione della direttiva  (23) .

40.      La Corte ha avuto cura di precisare che l’eventuale obbligo, prescritto dal diritto nazionale, di porre fine ai contratti di diritto privato in caso di trasferimento di un’attività in capo ad una persona giuridica di diritto pubblico costituisce una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro a scapito del lavoratore, direttamente derivante dal trasferimento, con la conseguenza che la cessazione dei detti contratti di lavoro deve, in siffatta ipotesi, considerarsi intervenuta per fatto imputabile al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva  (24) .

41.      Come hanno rilevato correttamente il governo lussemburghese e la Commissione delle Comunità europee, tali sviluppi giurisprudenziali forniscono un chiarimento rilevante ai fini della soluzione della questione pregiudiziale.

42.      Infatti dalla citata sentenza Mayeur emerge che, in caso di trasferimento ad una persona giuridica di diritto pubblico di un ente economico da parte di una persona giuridica di diritto privato, l’applicazione della direttiva non comporta necessariamente il mantenimento dei contratti di lavoro in essere al momento del trasferimento, ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva.

43.      Pertanto, nel caso in cui il diritto nazionale preveda l’obbligo di risolvere i contratti di lavoro di diritto privato nell’ambito di un siffatto trasferimento, la direttiva non osta a tale risoluzione.

44.      In quest’ipotesi, tuttavia, la risoluzione imposta dal diritto nazionale dev’essere imputata al datore di lavoro, conformemente all’art. 4, n. 2, della direttiva, in quanto l’obbligo di diritto nazionale da cui essa discende costituisce una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito dei lavoratori.

45.      A mio parere, la soluzione di cui alla sentenza Mayeur può essere estesa alla situazione della controversia principale. Due serie di argomenti militano in questo senso.

46.      In primo luogo, dall’ordinanza di rinvio e dalla sentenza di primo grado emerge che la riduzione controversa dell’importo della retribuzione è dovuta al fatto che ai lavoratori, interessati dal trasferimento di un’attività da una persona giuridica di diritto privato ad una persona giuridica di diritto pubblico, vengono applicate norme imperative che disciplinano lo status degli impiegati statali. In altri termini, secondo l’interpretazione data dal giudice nazionale del suo diritto interno, lo Stato, in quanto nuovo datore di lavoro, è tenuto a fissare la retribuzione dei lavoratori interessati dal trasferimento ad un livello inferiore a quello previsto nell’ambito dei contratti di lavoro di diritto privato che legavano detti lavoratori al precedente datore di lavoro  (25) .

47.      In secondo luogo, ritengo che tale obbligo di ridurre l’importo della retribuzione costituisca una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito dei lavoratori, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva.

48.      Infatti è giocoforza riconoscere che la retribuzione costituisce una condizione essenziale del contratto di lavoro  (26) . A mio parere ne consegue che l’obbligo, prescritto dal diritto nazionale, di ridurre l’importo della retribuzione dei lavoratori interessati dal trasferimento controverso costituisce, per sua natura, una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito di detti lavoratori. Tale qualifica si impone a prescindere dall’entità della riduzione di cui trattasi  (27) . Ammettendo il contrario si rischia di provocare numerose controversie e dare luogo a valutazioni divergenti, da parte dei giudici nazionali, per quanto riguarda la qualifica della riduzione dell’importo della retribuzione in esame. Tale prospettiva non risponderebbe all’esigenza di garantire una protezione uniforme dei diritti dei lavoratori a fronte di una siffatta riduzione.

49.      Conformemente a questa logica, la Corte ha dichiarato, nella sentenza 7 marzo 1996, Merckx e Neuhuys  (28) , che «un cambiamento del livello della retribuzione concessa al lavoratore figura tra le modifiche sostanziali del rapporto di lavoro ai sensi [dell’art. 4, n. 2, della direttiva], anche quando la retribuzione dipende in particolare dal fatturato realizzato»  (29) .

50.      In detta causa, un concessionario di autoveicoli si era rifiutato, in qualità di cessionario dell’ente trasferito, di garantire a due rivenditori il mantenimento della retribuzione che essi percepivano dal cedente. Tale retribuzione dipendeva in particolare dal fatturato realizzato e pertanto il suo importo poteva variare sensibilmente. Nonostante questa particolarità, la Corte ha dichiarato, in generale, che qualsiasi cambiamento del livello della retribuzione costituisce una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro.

51.      L’applicazione della citata sentenza Merckx e Neuhuys non può essere esclusa per il fatto che, a differenza di quanto accadeva in detta causa, la sig.ra Delahaye abbia acquisito, alla data del trasferimento, lo status di pubblico impiegato, da cui derivano (come sottolinea il giudice del rinvio nella questione pregiudiziale) alcuni vantaggi giuridici, segnatamente in materia di sviluppo di carriera e di stabilità dell’impiego.

52.      Infatti, a mio giudizio, poiché la riduzione dell’importo della retribuzione costituisce per sua natura una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro, non è importante sapere se detta riduzione debba essere compensata, in tutto o in parte, con l’attribuzione di determinati vantaggi  (30) .

53.      Da tutte le suesposte considerazioni discende che, secondo la citata sentenza Mayeur, ciò che vale per un eventuale obbligo, prescritto dal diritto nazionale, di porre fine ai contratti di lavoro di diritto privato allorché un ente economico viene trasferito ad una persona giuridica di diritto pubblico vale del pari, come nella causa principale, per un eventuale obbligo, prescritto dal diritto nazionale, di ridurre in tali circostanze l’importo della retribuzione previsto dai contratti di lavoro di diritto privato.

54.      Nella logica delle sentenze Mayeur, citata, e Merckx e Neuhuys, citata, ritengo che l’art. 3, n. 1, della direttiva non osti alla riduzione controversa dell’importo della retribuzione, ma che l’eventuale risoluzione del contratto di lavoro per tale motivo debba essere imputata al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la sig.ra Delahaye, il mantenimento delle condizioni di lavoro esistenti alla data del trasferimento non costituisce un principio assoluto o intangibile.

55.      Questa interpretazione della direttiva riflette la preoccupazione del legislatore comunitario di conciliare i diversi interessi in gioco: quelli del nuovo datore di lavoro a poter effettuare le modifiche e gli adattamenti necessari al funzionamento dell’ente economico trasferito, e quelli dei lavoratori interessati dal trasferimento, con il fine di tutelare quanto più possibile i loro interessi.

56.      Di conseguenza, si deve risolvere la presente questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 3, n. 1, della direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che, in caso di trasferimento d’impresa consistente nella ripresa di attività precedentemente esercitate da un’associazione senza fini di lucro (persona giuridica di diritto privato) da parte dello Stato, quest’ultimo, in quanto nuovo datore di lavoro, riduca, in seguito al trasferimento, l’importo della retribuzione dei lavoratori, conformemente alla normativa nazionale vigente in materia di status degli impiegati pubblici. Tuttavia, tale riduzione dell’importo della retribuzione costituisce, per sua natura, una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito dei lavoratori interessati dal trasferimento e pertanto la risoluzione del loro contratto di lavoro dev’essere imputata al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva.

V – Conclusione

57.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere come segue la questione sottopostale dalla Cour administrative:

«L’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che, in caso di trasferimento d’impresa consistente nella ripresa di attività precedentemente esercitate da un’associazione senza fini di lucro (persona giuridica di diritto privato) da parte dello Stato, quest’ultimo, in quanto nuovo datore di lavoro, riduca, in seguito al trasferimento, l’importo della retribuzione dei lavoratori, conformemente alla normativa nazionale vigente in materia di status degli impiegati pubblici. Tuttavia, tale riduzione dell’importo della retribuzione costituisce, per sua natura, una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito dei lavoratori interessati dal trasferimento e pertanto la risoluzione del loro contratto di lavoro dev’essere imputata al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva 77/187».


1
Lingua originale: il francese.


2
Sentenza 26 settembre 2000, causa C-175/99 (Racc. pag. I-7755).


3
GU L 61, pag. 26 (in prosieguo: la «direttiva 77/187» o la «direttiva»).


4
L’art. 1, n. 1, della direttiva precisa che «[l]a presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione».


5
GU L 201, pag. 88.


6
GU L 82, pag. 16.


7
.Mémorial A n. 35, 1989, pag. 611.


8
In prosieguo: la «Foprogest».


9
L’inquadramento in questione è il seguente: carriera A, grado 1.


10
La sig.ra Delahaye afferma, senza essere contraddetta dal governo lussemburghese, di avere subito, per effetto del trasferimento di attività in questione, una riduzione della retribuzione pari al 37%, dato che il suo stipendio iniziale ammontava, a suo dire, a EUR 2 000 mensili.


11
Con sentenza 6 luglio 2001, che annulla e sostituisce la sentenza 27 ottobre 2000, la sig.ra Delahaye è stata inquadrata come segue: carriera B, grado 2.


12
.Mémorial GD n. 182, 2003, pag. 3678.


13
Per una situazione equiparabile v., in particolare, sentenza 20 novembre 2003, causa C-340/01, Abler e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 5).


14
Farò riferimento all’art. 3, n. 1, della direttiva (che riguarda i diritti risultanti da un contratto di lavoro), escludendo l’art. 3, n. 2 (che riguarda le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo). Infatti in udienza si è precisato che la retribuzione di cui la sig.ra Delahaye chiede il mantenimento è prevista solo dal contratto di lavoro che legava quest’ultima alla Foprogest e non da un eventuale contratto collettivo cui la detta associazione sarebbe vincolata, per cui l’art. 3, n. 2, della direttiva non è applicabile.


15
V. ordinanza di rinvio (pag. 4). Nello stesso senso, il Tribunal administratif aveva sottolineato come fosse pacifico che l’attività precedentemente esercitata dalla Foprogest, nonché il personale, l’organizzazione, i metodi e i mezzi sono rimasti gli stessi, per cui l’ente in questione ha conservato la sua identità e si è quindi verificato un trasferimento di ente economico (v. sentenza 13 marzo 2002, pag. 5). La presa in considerazione di questi elementi da parte del giudice nazionale, cui spetta valutare se sussistano le condizioni proprie di un trasferimento, è conforme alla costante giurisprudenza della Corte. V., in particolare, sentenze 18 marzo 1986, causa 24/85, Spijkers (Racc. pag. 1119, punto 13); 11 marzo 1997, causa C-13/95, Süzen (Racc. pag. I‑1259, punto 14); 2 dicembre 1999, causa C-234/98, Allen e a. (Racc. pag. I‑8643, punto 26); Mayeur, citata (punto 52), e, infine, Abler e a., citata (punto 33).


16
V. ordinanza di rinvio (pag. 4), che fa riferimento alle sentenze 19 maggio 1992, causa C-29/91, Stichting (Racc. pag. I‑3189), per quanto riguarda un’attività di assistenza ai tossicomani; 10 dicembre 1998, cause riunite C-173/96 e C-247/96, Hidalgo e a. (Racc. pag. I‑8237), a proposito di un’attività di assistenza domiciliare ai disabili, e Mayeur, citata, relativa ad un’attività di pubblicità ed informazione per conto di un comune riguardo ai servizi offerti al pubblico da quest’ultimo (punti 38-41).


17
Ho fatto riferimento, in particolare, alle sentenze 11 luglio 1985, causa 105/84, Danmols Inventar (Racc. pag. 2639, punto 26), e 10 febbraio 1988, causa 324/86, Tellerup, detta «Daddy’s Dance Hall» (Racc. pag. 739, punto 16). V. anche punto 9 della sentenza Daddy’s Dance Hall, citata.


18
V., in particolare, sentenze Danmols Inventar, citata (punto 26), e 14 settembre 2000, causa C-343/98, Collino e Chiappero (Racc. pag. I‑6659, punto 37).


19
Paragrafo 106 delle conclusioni da me presentate nella causa Mayeur, citata.


20
Ibidem (paragrafo 107).


21
Ibidem (paragrafo 108).


22
Ibidem. La qualifica della cessazione di un contratto di lavoro o di un rapporto di lavoro come fatto imputabile all’iniziativa o alla responsabilità del datore di lavoro, conformemente al diritto nazionale applicabile, può comportare alcuni vantaggi di ordine economico per il lavoratore interessato. Tale qualifica inoltre è atta a conferire il diritto a talune indennità di licenziamento o al risarcimento dei danni.


23
In tal senso v. sentenza Mayeur, citata (punti 50-55).


24
Ibidem (punto 56).


25
Questa interpretazione del diritto nazionale è contestata dalla sig.ra  Delahaye. A suo parere, il contratto di un impiegato statale continuerebbe a rientrare in un regime di diritto privato e pertanto esulerebbe dall’ambito di applicazione delle norme imperative riguardanti i funzionari, segnatamente in materia di retribuzione. Non mi pronuncerò su tale problema di interpretazione del diritto interno, che rientra nella competenza esclusiva del giudice nazionale.


26
D’altro canto, l’esistenza di una retribuzione viene necessariamente presa in considerazione per caratterizzare un rapporto di lavoro e la corrispondente applicazione della legislazione comunitaria in materia di libera circolazione delle persone. Infatti, conformemente ad una giurisprudenza costante, «la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceve una retribuzione» (il corsivo è mio). V. in particolare, sentenze 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie‑Blum (Racc. pag. 2121, punti 16 e 17); 21 giugno 1988, causa 197/86, Brown (Racc. pag. 3205, punto 21), e 21 novembre 1991, causa C-27/91, Le Manoir (Racc. pag. I‑5531, punto 7). Ne consegue che non potrebbe esistere un rapporto di lavoro senza retribuzione.


27
A mio avviso, la riduzione del livello retributivo dovrebbe essere mantenuta distinta da altre modifiche delle condizioni di lavoro, quali i cambiamenti di orario o di luogo di lavoro. È vero che, in alcuni casi, tali cambiamenti possono incidere in misura significativa sulla situazione dei lavoratori e costituire quindi modifiche sostanziali delle condizioni di lavoro. Ciò varrebbe, in particolare, nel caso di una conversione del lavoro diurno in lavoro notturno, o lo spostamento del luogo di lavoro in una località lontana dalla precedente. Tuttavia, in altri casi, le variazioni di orario o di luogo di lavoro possono avere scarsa incidenza sulla situazione dei lavoratori, per cui sarebbe eccessivo vedere in tali cambiamenti modifiche sostanziali delle condizioni di lavoro. Per tale motivo, a mio parere, a differenza della riduzione dell’importo della retribuzione, che costituisce per sua natura una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro, le variazioni di orario o di luogo di lavoro dovrebbero indurre ad un esame caso per caso onde stabilire se esse costituiscano effettivamente una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro.


28
Cause riunite C-171/94 e C-172/94 (Racc. pag. I-1253).


29
Punto 38.


30
In tal senso si configura un parallelo con il metodo adottato dalla Corte per verificare l’osservanza del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile. Infatti, nella sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I‑1889, punto 35), la Corte ha dichiarato che «il principio della parità delle retribuzioni deve essere garantito per ogni elemento della retribuzione e non solo con riferimento ad una valutazione globale dei vantaggi concessi ai lavoratori». Quest’analisi si fonda sull’idea che sarebbe particolarmente difficile per i giudici nazionali procedere ad una valutazione e ad un raffronto di tutti i vantaggi di varia natura concessi a seconda dei casi ai lavoratori di sesso maschile e femminile. V. anche sentenza 30 marzo 2000, causa C-236/98, Jämställdhetsombudsmannen, detta «Jämo» (Racc. pag. I‑2189, punto 43).

Barr