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Document 62002CC0233
Opinion of Mr Advocate General Alber delivered on 25 September 2003. # French Republic v Commission of the European Communities. # Guidelines on regulatory cooperation and transparency concluded with the United States of America - Non-binding character. # Case C-233/02.
Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 25 settembre 2003.
Repubblica francese contro Commissione delle Comunità europee.
Orientamenti in materia di cooperazione normativa e di trasparenza stipulati con gli Stati Uniti d'America - Mancanza di carattere vincolante.
Causa C-233/02.
Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 25 settembre 2003.
Repubblica francese contro Commissione delle Comunità europee.
Orientamenti in materia di cooperazione normativa e di trasparenza stipulati con gli Stati Uniti d'America - Mancanza di carattere vincolante.
Causa C-233/02.
Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-02759
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2003:503
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
SIEGBERT ALBER
presentate il 25 settembre 2003 (1)
Causa C-233/02
Repubblica francese
contro
Commissione delle Comunità europee
«Ricorso di annullamento – Atto impugnabile – Conclusione da parte della Commissione di un accordo sugli orientamenti in materia di cooperazione normativa e di trasparenza – Competenza – Diritto di iniziativa della Commissione»
I – Introduzione
1. Nell’ambito del Partenariato Economico Transatlantico i servizi della Commissione hanno concordato con i loro partner americani taluni principi (guidelines) in materia di collaborazione e di trasparenza in ambito normativo. La Repubblica francese chiede l’annullamento di tale accordo, che considera un accordo internazionale vincolante. Ai sensi dell’art. 300 CE, solamente il Consiglio avrebbe facoltà di concludere simili accordi. Inoltre, l’effetto vincolante dell’accordo limiterebbe il diritto di iniziativa della Commissione. La Commissione, per contro, è del parere che l’accordo sia solo una disposizione preparatoria. Non sussistendo un atto giuridicamente vincolante ai sensi dell’art. 230 CE, il ricorso è irricevibile.
II – Contesto normativo
A – Partenariato Economico Transatlantico
2. In occasione del vertice tenutosi nel maggio 1998, l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America hanno adottato una dichiarazione congiunta sul Partenariato Economico Transatlantico (Transatlantic Economic Partnership; in prosieguo: il «TEP»). Al punto 10 di tale dichiarazione, i partner ribadiscono di voler concentrare i propri sforzi sull’eliminazione degli ostacoli da cui derivano rilevanti limitazioni al commercio e agli investimenti transatlantici. Si tratta, in particolare, dell’abrogazione delle disposizioni che ostacolano le condizioni di accesso al mercato per merci e servizi.
3. Al punto 17 i partner dichiararono la loro intenzione
– di sviluppare al più presto un piano che individui i settori oggetto di azioni comuni bilaterali e multilaterali, stabilendo un calendario per il conseguimento di risultati specifici;
– di adottare tutte le misure necessarie per consentire quanto prima l’attuazione delle misure menzionate, compresi i provvedimenti necessari per avviare i negoziati.
4. Il secondo trattino è provvisto di una nota, da cui risulta che con tale paragrafo non si conferisce mandato negoziale all’Unione europea (2).
B – Piano d’azione per il Partenariato Economico Transatlantico
5. Il 9 novembre 1998 il Consiglio ha approvato un piano d’azione elaborato da Unione Europea e Stati Uniti con riferimento al TEP (3). Con riferimento ai punti 9-14 della dichiarazione TEP, il punto 3.1. del piano d’azione tratta degli «Ostacoli tecnici agli scambi di beni». Il punto 3.1.1. «Cooperazione normativa» prevede l’individuazione e l’applicazione di principi/orientamenti comuni generali concordati per un’efficace cooperazione normativa. È altresì prevista un’«analisi congiunta delle questioni concordate», «segnatamente l’accesso alle reciproche procedure normative riguardo alla trasparenza e alla partecipazione del pubblico – inclusa la possibilità per tutte le parti interessate di dare un contributo valido a dette procedure e ottenere un’adeguata presa in considerazione delle proprie opinioni». Il piano d’azione prevede inoltre di «esaminare i risultati dell’analisi delle rispettive procedure normative e, su tale base, cercare il modo di migliorare l’accesso a dette procedure, definire principi/orientamenti generali concordati su tali procedure e, laddove possibile, cercare di conformarsi a tali miglioramenti, nel rispetto dell’indipendenza delle autorità interne di regolamentazione».
C – Orientamenti in materia di cooperazione e trasparenza in ambito normativo
6. Nel luglio 1999 tra i servizi della Commissione e il governo americano sono stati avviati i negoziati sui principi/orientamenti. Nel corso dei negoziati i rappresentanti della Commissione hanno rilevato che i principi/orientamenti non potrebbero creare impegni internazionali vincolanti tra gli Stati Uniti e l’Unione europea e che sarebbero perfettamente compatibili con le norme attualmente in vigore nei rispettivi paesi. Nel febbraio 2002 sono stati completati i negoziati sulle «Guidelines on Regulatory Cooperation and Transparency» (in prosieguo: le «Guidelines»). Il testo non fu sottoscritto, ma venne raggiunto un accordo attraverso dichiarazioni dei rispettivi servizi incaricati dei negoziati.
7. La Commissione ha preso atto delle Guidelines nella sessione del 9 aprile 2002. I commissari Liikanen e Lamy hanno annunciato alla stampa l’accordo sulle Guidelines il 12 aprile 2002 (4).
8. Lo stesso giorno i servizi della Commissione hanno elaborato una comunicazione diretta al (133°) Comitato del Consiglio – competente insieme alla Commissione ai sensi dell’art. 133, n. 3, secondo comma, CE, per i negoziati nel settore della politica commerciale comune – con la quale hanno comunicato al Consiglio il testo delle Guidelines nella versione del 13 febbraio 2002. Nella sua comunicazione la Commissione ha osservato che il piano d’azione elaborato nell’ambito del TEP prevede, tra l’altro, la negoziazione di orientamenti in materia di cooperazione e trasparenza in ambito normativo. Le Guidelines sarebbero state oggetto di negoziati dalla fine del 1999 e in passato il Consiglio ne sarebbe stato informato in varie occasioni, l’ultima volta nel gennaio 2001. La Commissione sottolineò espressamente che le Guidelines concordate si sarebbero dovute applicare su base volontaria e che non rappresentavano un accordo internazionale, ma piuttosto il risultato al quale erano arrivati i servizi competenti di entrambi i partner.
9. Le Guidelines sono suddivise in sei sezioni: (I) Introduzione, (II) Obiettivi, (III) Ambito di applicazione, (IV) Azioni in materia di cooperazione normativa, (V) Azioni in materia di trasparenza e (VI) Questioni procedurali.
10. L’introduzione (I) descrive il contesto in cui le Guidelines sono state concordate, in modo particolare la dichiarazione TEP del 1998 e il piano d’azione. Gli obiettivi definiti nella sezione II delle Guidelines sono il miglioramento della cooperazione dei servizi competenti in materia legislativa e la promozione della trasparenza nei riguardi del pubblico (punto 4). La cooperazione persegue in modo particolare lo scopo di migliorare la preparazione e lo sviluppo di progetti di legge, ottimizzare la qualità e innalzare il livello dei regolamenti tecnici, nonché ridurre le divergenze legislative mediante la promozione del dialogo tra i servizi competenti in materia legislativa [lett. a)]. È inoltre perseguita una maggiore prevedibilità dello sviluppo e della preparazione normativa tramite lo scambio di opinioni sugli obiettivi perseguiti dalla normativa, sugli strumenti normativi e sui relativi calendari [lett. b)]. Oltre a ciò deve essere offerta alle autorità di ciascuna parte l’opportunità di fornire all’altra contributi essenziali allo sviluppo normativo, creando le condizioni affinché tali contributi ottengano corrispondente apprezzamento in sede normativa [lett. c)]. Deve inoltre essere promossa la partecipazione del pubblico al processo legislativo, consentendo l’accesso a documenti preparatori, analisi e dati pertinenti [lett. d)], fornendo al pubblico le spiegazioni ed informazioni tecniche necessarie [lett. f)] e favorendo maggiore comprensione da parte del pubblico degli scopi ed effetti perseguiti dalla legislazione [lett. g)]. Nel complesso, le azioni perseguono l’obiettivo di agevolare il commercio (punto 4, parte conclusiva).
11. L’ambito di applicazione delle Guidelines è descritto nella sezione III. La sezione inizia specificando esplicitamente che le Guidelines sono applicabili su base volontaria (punto 7). Il suo ambito di applicazione ratione materiae si estende allo sviluppo di disposizioni tecniche applicabili alle merci che ricadono nel campo di applicazione dell’accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi (in prosieguo: l’«accordo OTS») (5) costituente parte dell’accordo OMC (punto 8). Le Guidelines si riferiscono sia allo sviluppo di nuove disposizioni, sia alla modifica di disposizioni già esistenti (punto 9).
12. Fra le misure nel campo della cooperazione tra i servizi competenti in materia legislativa (sezione IV) è previsto il reciproco scambio di informazioni e consultazioni. Tale scambio è estensibile all’occorrenza anche a informazioni non pubblicate (punto 10). Inoltre sono previsti la raccolta e la valutazione comune di dati e il raggiungimento di un accordo sui metodi di analisi dei fatti e delle cause che potrebbero giustificare un’azione normativa. È previsto anche uno scambio a livello di determinazione delle priorità normative (punto 11). Infine è prevista anche la sorveglianza delle iniziative legislative future (punto 12).
13. La sezione V delle Guidelines prevede misure dettagliate sull’informazione del pubblico in merito a progetti legislativi, estesa alla fase di preparazione e sviluppo dei progetti. In particolare, i servizi competenti sono tenuti a fornire informazioni concernenti le iniziative legislative in corso e future fornendo al pubblico la possibilità di prendere posizione in tempo utile, a prendere in considerazione le osservazioni del pubblico e infine a fornire informazioni su come si sia eventualmente tenuto conto di tali osservazioni (punto 17).
14. Le questioni procedurali (sezione VI) riguardano la sorveglianza e la verifica dell’applicazione delle Guidelines, nonché il loro sviluppo.
15. Le misure applicabili in materia di cooperazione delle autorità e di informazione del pubblico nelle sezioni IV e V sono contrassegnate dalla forma verbale condizionale «dovrebbe/dovrebbero» («should»), mentre le questioni procedurali nella sezione VI sono associate ad una forma verbale al tempo futuro («will»).
III – Argomenti e conclusioni delle parti
16. La Repubblica francese considera l’accordo sulle Guidelines un accordo internazionale giuridicamente vincolante. Richiamandosi alla sentenza nella causa Francia/Commissione (6), essa è del parere che l’atto mediante il quale gli esperti della Commissione hanno concordato le Guidelines con i loro partner americani sia impugnabile.
17. L’atto con cui i negoziatori della Commissione avrebbero dato il proprio consenso al testo concordato a livello operativo con i partner americani esprimerebbe la volontà della Commissione di impegnarsi nei confronti degli Stati Uniti. Alla luce del livello, concordemente stabilito dalle le parti, su cui i negoziati hanno avuto luogo, la Commissione sarebbe stata tenuta ad esprimere il proprio impegno unicamente a livello operativo.
18. Sotto il profilo del diritto sostanziale, la Repubblica francese eccepisce due illegittimità: l’incompetenza della Commissione con riferimento alla conclusione dell’accordo e la violazione del suo monopolio di iniziativa legislativa.
19. Il governo francese ritiene che le Guidelines costituiscano un accordo internazionale vincolante. Il Trattato, in special modo l’art. 300 CE, non conferirebbe tuttavia alla Commissione competenza in materia di conclusione di accordi internazionali; tale diritto sarebbe piuttosto riservato al Consiglio. Nel suo parere 1/75 la Corte ha deciso che, per stabilire l’esistenza di un accordo internazionale, non costituiscono fattore pertinente né la forma, né la denominazione. Piuttosto, la nozione di accordo includerebbe ogni impegno a carattere vincolante assunto da soggetti di diritto internazionale, indipendentemente dalla sua forma. A ciò corrisponderebbe un accordo contenente una norma, cioè una regola di condotta, per un determinato settore, formulata in termini precisi e vincolante per le parti contraenti (7).
20. Le Guidelines presenterebbero questi requisiti. Certamente non sono strutturate sotto forma di una sequenza di articoli e non contengono disposizioni sulla loro entrata in vigore. Tali aspetti formali non sarebbero tuttavia determinanti. Bisogna piuttosto considerare che le disposizioni delle Guidelines erano caratterizzate da una struttura sistematica e trattavano le singole questioni con sufficiente precisione.
21. Nonostante la cauta formulazione delle Guidelines, alla luce del contenuto dei provvedimenti il governo francese è del parere che si tratti di un accordo vincolante. Così gli obiettivi perseguiti con l’accordo sarebbero stati definiti con molta precisione, come anche le misure applicabili nell’ambito di applicazione della cooperazione tra le autorità e nei confronti del pubblico.
22. Anche il fatto che le Guidelines non avrebbero come scopo la modifica della normativa comunitaria esistente non contraddirebbe il loro carattere vincolante. L’accordo conterrebbe quantomeno l’impegno alla cooperazione con le autorità americane.
23. Le questioni procedurali regolamentate nella sezione VI, in modo particolare il processo di verifica previsto al punto 18, dimostrerebbero chiaramente il carattere vincolante dell’accordo. Le Guidelines obbligherebbero le parti al raggiungimento di un certo risultato. Esse ricadrebbero in tal senso sotto la vigilanza di un organo di controllo ad hoc. In tal modo le parti garantirebbero il raggiungimento di risultati concreti attraverso le Guidelines, impedendo che restino lettera morta.
24. Il governo francese ritiene irrilevante il fatto che le Guidelines non prevedano un meccanismo di risoluzione delle controversie. Né sarebbe necessario, ai fini del carattere vincolante delle Guidelines, che si preveda espressamente la responsabilità per l’applicazione delle disposizioni. Questa risulterebbe già dai principi generali del diritto internazionale.
25. Il governo francese non ritiene determinante nemmeno il fatto che la Commissione non abbia mai ricevuto un mandato negoziale, che abbia insistito neiconfronti dei propri interlocutori riguardo alla non obbligatorietà dell’accordo e, infine, che anche la parte americana consideri le Guidelines non vincolanti. Sarebbe determinante solo il contenuto dell’accordo. Tale contenuto sarebbe alla base del carattere vincolante delle Guidelines. Inoltre, le norme procedurali di cui alla sezione VI non conterrebbero la forma verbale condizionale dovrebbe/dovrebbero («should») altrimenti utilizzata, ma la forma verbale al tempo futuro («will»). Ciò garantirebbe l’attuazione delle misure ivi previste. Il meccanismo di controllo non sarebbe pertanto di natura puramente facoltativa.
26. La decisione della Commissione di adottare le Guidelines sarebbe nulla a motivo dell’incompetenza della Commissione. Nella sentenza Francia/Commissione (8) la Corte avrebbe fatto riferimento alla ripartizione delle responsabilità di cui all’art. 300 CE. In linea di massima, la competenza a concludere accordi internazionali spetta al Consiglio. La prevista deroga a favore della Commissione potrebbe risultare solo da autorizzazioni concesse dal Consiglio, ma non dall’interpretazione di norme di competenza interna. Inoltre, a parere della Repubblica francese, alla Commissione non spetterebbero competenze interne nel settore disciplinato dalle Guidelines.
27. A parere del governo francese l’accordo sulle Guidelines violerebbe anche la normativa comunitaria, laddove il vincolo della Commissione alle Guidelines limiterebbe il monopolio di iniziativa legislativa di quest’ultima. La Commissione sarebbe l’unica responsabile nel decidere quali progetti di legge presentare e con quale contenuto. Ciò è vero in modo particolare per quanto riguarda i regolamenti tecnici, trattati dalle Guidelines, che influiscono sul commercio di merci e servizi.
28. Le Guidelines consentirebbero tuttavia la possibilità di esercitare un’influenza sulle proposte della Commissione, limitandone la libertà. Ad esempio, nell’attività di coordinamento con le autorità americane la Commissione sarebbe tenuta ad osservare determinate regole procedurali. Inoltre sarebbe obbligata a tenere conto dei commenti dei servizi americani.
29. Questa limitazione del diritto di iniziativa della Commissione influisce, a parere del governo francese, sul procedimento legislativo nel suo complesso. Il contenuto della proposta della Commissione definirebbe il margine per le successive deliberazioni del legislatore europeo. Inoltre, il Consiglio potrebbe ignorare le proposte della Commissione solo con unanimità di voto.
30. La Repubblica francese chiede che la Corte voglia:
1) annullare la decisione con cui la Commissione ha concordato con gli Stati Uniti taluni orientamenti in materia di cooperazione normativa e di trasparenza;
2) condannare la Commissione alle spese.
31. La Commissione chiede che la Corte voglia:
1) dichiarare irricevibile il ricorso;
2) condannare la Repubblica francese alle spese.
32. La Commissione è del parere che il ricorso sia irricevibile. Le Guidelines non costituirebbero un accordo internazionale. Esse non sarebbero produttive di effetti giuridici, per cui non sussisterebbe un atto impugnabile ai sensi dell’art. 230 CE.
33. La Commissione confuta che il collegio della Commissione abbia mai approvato l’accordo. Si tratterebbe unicamente di un accordo a livello amministrativo. Pertanto non esisterebbe un atto impugnabile della Commissione in quanto istituzione.
34. Se la Corte cionondimeno assumesse che la Commissione in quanto istituzione sia vincolata alle Guidelines, all’ammissibilità della domanda osterebbe il fatto che l’accordo non è produttivo di effetti giuridici.
35. La Commissione è del parere di poter concordare principi od orientamenti con le autorità americane senza eccedere le proprie competenze. La Commissione potrebbe certamente concludere accordi internazionali produttivi di effetti giuridici o vincolanti unicamente nei casi espressamente previsti dal trattato. Ciò non escluderebbe tuttavia a contrario che la Commissione possa concordare con autorità di Stati terzi intese operative sulla cooperazione, che non comportano obblighi internazionali. La Commissione sarebbe autorizzata a concludere accordi amministrativi informali con le competenti autorità amministrative degli Stati Uniti. Essa ritiene che il suo diritto di iniziativa comprenda la possibilità di procedere a tutte le consultazioni reputate necessarie, prima di presentare al Parlamento e al Consiglio una proposta legislativa.
36. A parere della Commissione, nell’ambito del diritto dei trattati la volontà delle parti riveste importanza fondamentale. Già il quadro in cui le Guidelines sono state sviluppate sarebbe caratterizzato da accordi puramente politici, privi di qualsivoglia carattere giuridicamente vincolante. Né il TEP, né il programma d’azione sarebbero vincolanti.
37. Non solo il contesto, ma anche la qualifica dei rappresentanti, la procedura prescelta per la conclusione dell’accordo nonché la terminologia in esso utilizzata dimostrerebbero la non obbligatorietà delle Guidelines. Non sarebbero state formalmente approvate né sottoscritte da alcuna delle parti. Entrambe le parti avrebbero sempre sottolineato che non si tratta di adottare disposizioni vincolanti. La Commissione rimanda in modo particolare all’utilizzo dei termini dovrebbe/dovrebbero («should») e della forma verbale al tempo futuro («will») in luogo di deve/devono («shall»). I termini utilizzati sarebbero tipici delle misure internazionali non vincolanti. In nessun punto del testo si fa menzione di parti contrattuali («parties»), ma sempre solo di parti («sides»). L’Unione europea e gli Stati Uniti non sarebbero inoltre state denominate parti contrattuali.
38. Anche la struttura delle Guidelines dimostrerebbe il loro carattere non vincolante. Così esse non conterrebbero disposizioni finali sulla loro entrata in vigore, né disposizioni sulla composizione delle controversie. Sarebbe previsto unicamente un meccanismo di controllo. Nessuna disposizione avrebbe i requisiti per comportare la responsabilità internazionale di una delle parti.
39. A differenza del governo francese, la Commissione è del parere che le circostanze formali da essa identificate non potrebbero essere dissociate dal contenuto delle Guidelines. L’accordo dovrebbe piuttosto essere valutato nel suo complesso e in tal senso la forma prescelta rivestirebbe un ruolo fondamentale. La forma esprimerebbe la volontà delle parti di adottare un documento non vincolante.
40. Il Regno Unito, intervenuto a sostegno della Commissione, limita i propri argomenti agli aspetti sostanziali della causa. Nell’interpretazione di un accordo internazionale devono essere tenute in considerazione tutte le circostanze nelle quali lo stesso è venuto in essere. Solo così può essere chiarita la portata giuridica di un documento.
41. La sorveglianza (monitoring) e il controllo (follow-up) previsti ai punti 18 e 22 delle Guidelines sarebbero mere dichiarazioni di intenzione. La loro violazione non potrebbe in alcun caso avere per conseguenza la responsabilità internazionale di una delle parti.
42. Anche il diritto di iniziativa della Commissione non sarebbe limitato dall’accordo. A parere del governo britannico, la consultazione non vincolante delle autorità americane rientra nel diritto di iniziativa della Commissione, che nella preparazione di un atto giuridico può avvalersi di tutte le possibili fonti di informazione. Proprio perché gli Stati Uniti potrebbero impugnare le disposizioni UE nell’ambito dell’OMC, sarebbe particolarmente importante chiarire i possibili ostacoli agli scambi da esse derivanti prima dell’emanazione di disposizioni.
IV – Valutazione
A – Ammissibilità del ricorso
43. La Commissione eccepisce l’inammissibilità del ricorso. A suo avviso, da un lato non esiste una decisione con cui la Commissione avrebbe approvato le Guidelines e dall’altro le Guidelines non produrrebbero effetti giuridici; non esisterebbe pertanto un atto impugnabile ai sensi dell’art. 230 CE.
44. Ai sensi dell’art. 230, n. 1, CE, la Corte di giustizia esercita un controllo di legittimità sugli atti adottati congiuntamente dal Parlamento e dal Consiglio, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della BCE che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Il ricorso della Repubblica francese è ammissibile se l’accordo sulle Guidelines con il governo americano è un atto della Commissione ai sensi di tale disposizione.
45. Il termine «atto» di cui all’art. 230, n. 1, CE comprende tutte le misure che mirino a produrre effetti giuridici indipendentemente dalla loro natura e dalla loro forma (9). Ciò risulta dall’esclusione delle raccomandazioni e dei pareri che ai sensi dell’art. 249, n. 5, CE non sono vincolanti. Secondo una giurisprudenza costante costituiscono atti impugnabili solo i provvedimenti che abbiano effetti giuridici vincolanti (10).
46. In ragione delle obiezioni della Commissione, due sono le questioni da esaminare. In primo luogo è necessario verificare l’esistenza di un atto della Commissione. Solamente in seguito sorge l’ulteriore questione se tale atto sia produttivo di effetti giuridici, in quanto solo in questo caso è impugnabile.
47. La Commissione è del parere di non essere vincolata all’accordo in quanto istituzione, in ragione dell’assenza di una decisione del collegio dei commissari. In merito si deve constatare che il collegio ha preso atto dell’accordo nella riunione 9 aprile 2002. In proposito potrebbe già sostenersi che la Commissione abbia approvato tale accordo e che tale approvazione costituisca una decisione del collegio della Commissione. Il collegio dei commissari, se fosse stato contrario all’accordo, sarebbe dovuto intervenire al ricevimento dell’informazione.
48. È invece successo esattamente il contrario. Secondo quanto dichiarato dalla Commissione, il 12 aprile 2002 i commissari Liikanen e Lamy, competenti per le questioni commerciali, hanno perfino annunciato la conclusione dell’accordo alla stampa. Ciò esprimerebbe l’assenso della Commissione all’iniziativa dei propri servizi.
49. Inoltre, nella riunione della Commissione del 9 aprile 2002, come si evince dal verbale di tale riunione, è stato deciso di stipulare con gli Stati Uniti l’accordo sulle Guidelines in occasione del successivo vertice UE-USA del 2 maggio 2002 e sono state approvate le necessarie misure di attuazione, esposte in una nota del commissario Liikanen (11). Tali circostanze corroborano la tesi secondo la quale il collegio della Commissione, contrariamente a quanto dichiarato dalla Commissione, avrebbe addirittura approvato le Guidelines espressamente.
50. Anche supponendo che il collegio non abbia approvato le Guidelines, l’obiezione della Commissione in proposito è irrilevante in quanto concerne un problema della Commissione puramente interno. Sono il regolamento interno e le altre disposizioni della Commissione concernenti la ripartizione delle responsabilità a stabilire chi possa o non possa agire verso l’esterno con efficacia. Attenendosi alle considerazioni giuridiche espresse nell’art. 46 della Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati (12) (in prosieguo: la «Convenzione di Vienna del 1969») (N.d.T. Fonte della traduzione: http://users.unimi.it/medialin/docs/convenzione_vienna.doc e anche http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_111/a46.html) e nell’art. 7, n. 3, lett. b), della Convenzione di Vienna, non ancora entrata in vigore, del 21 marzo 1986 sul diritto dei trattati tra Stati e organizzazioni internazionali o tra organizzazioni internazionali (13) (in prosieguo: la «Convenzione di Vienna del 1986»), si presume che un’eventuale carenza di poteri di rappresentanza nelle relazioni interne è irrilevante, a condizione che i soggetti svolgenti funzione di interlocutori non siano manifestamente incompetenti e che ciò sia ravvisabile anche da parte degli interlocutori americani. Nella fattispecie non si potrebbe tuttavia parlare di manifesta incompetenza, dopo che i servizi competenti della Commissione hanno negoziato per anni con le autorità americane. La Commissione si è perciò impegnata in quanto istituzione attraverso l’azione dei propri rappresentanti. In conseguenza di ciò, un’azione della Commissione esiste.
51. Inoltre è necessario verificare se l’azione della Commissione sotto forma di conclusione dell’accordo sulle Guidelines sia produttiva di effetti giuridici. La Commissione lo nega, sostenendo il carattere non vincolante delle Guidelines.
52. Come sopra esposto, nell’art. 230, n. 1, CE rientrano solo le misure produttive di effetti giuridici. Le misure che producono effetti solamente nella sfera interna dell’amministrazione sono, per esempio, escluse dal controllo giurisdizionale. Esse non creano diritti od obblighi in capo a terze persone e non rappresentano, quindi, atti lesivi idonei ad essere oggetto di un ricorso per annullamento (14). Secondo la giurisprudenza non sono impugnabili nemmeno quegli atti che costituiscono manifestazione di una mera convergenza di intenti con riferimento a decisioni ulteriori degli organi (15).
53. Innanzi tutto deve essere respinta l’obiezione della Commissione secondo cui la mancanza di obbligatorietà delle Guidelines risulterebbe già dalla circostanza che non sono state sottoscritte dalle parti. Ai sensi della Convenzione di Vienna del 1969 e della Convenzione di Vienna del 1986 è possibile concludere accordi anche con mezzi diversi dalla firma o dalla ratifica. La loro accettazione o approvazione è sufficiente, come risulta in modo particolare dagli artt. 11 e segg. della Convenzione di Vienna del 1969 (16) e dagli artt. 11 e segg. della Convenzione di Vienna del 1986 (17). La volontà di vincolarsi ad un accordo può essere espressa in qualsiasi forma. La forma scritta non è in alcun caso l’unica forma possibile.
54. È quindi necessario esaminare il contenuto dell’accordo. In merito si deve innanzi tutto constatare che il fatto che – contrariamente al parere della Commissione – le Guidelines non prevedano sanzioni per il caso di loro inosservanza, né un meccanismo di risoluzione delle controversie, né responsabilità alcuna per il caso di loro inosservanza, non esclude che esse siano cionondimeno da considerare documento vincolante, in quanto tali circostanze non costituiscono elementi indispensabili ai fini dell’efficacia vincolante di un accordo. La mancanza di una previsione espressa con riferimento alle sanzioni è irrilevante perché un accordo internazionale è sottoposto alla regola pacta sunt serranda (18). Inoltre, se si tratta di un accordo internazionale vincolante, in assenza di disposizioni espresse delle Guidelines trovano applicazione i principi generali di diritto internazionale sulla responsabilità dei soggetti di diritto internazionale.
55. Le Guidelines stabiliscono norme e comportamenti che i servizi competenti in materia legislativa («regulators») delle autorità federali americane e della Commissione intendono applicare su base volontaria per quanto possibile (punto 7 delle Guidelines). Si tratta in particolare della reciproca informazione e consultazione da parte delle autorità e dell’informazione del pubblico (punto 4 delle Guidelines) con riferimento alla preparazione e allo sviluppo di norme che possono comportare ostacoli tecnici agli scambi ai sensi dell’OTS (punto 8 delle Guidelines). In tal modo si vogliono evitare il più possibile eventuali restrizioni commerciali e agevolare il commercio nel suo complesso (punto 4, parte conclusiva, delle Guidelines).
56. Gli obblighi strumentali e procedurali possono in linea di massima essere oggetto di un accordo internazionale (19). Nel citato punto 7 delle Guidelines viene espressamente specificato che i servizi competenti intendono applicare le Guidelines su base volontaria («intend to apply on a voluntary basis»). Il carattere non vincolante delle Guidelines è inoltre sottolineato dall’impiego del termine «should», traducibile con «dovrebbe/dovrebbero». Nella prassi degli accordi internazionali gli obblighi vincolanti vengono di regola associati al verbo «shall» (deve/devono), mentre le forme verbali condizionali «should» e «may» (dovrebbe/dovrebbero; potrebbe/potrebbero) sono utilizzate solo in relazione alla concertazione di obblighi non vincolanti. Nelle Guidelines gli obblighi riguardanti l’informazione reciproca e l’informazione del pubblico sono associati al verbo «should» (v., in particolare, i punti 5 e 10-17). Ciò fa parimenti propendere per la non obbligatorietà delle Guidelines.
57. Solo le questioni procedurali regolamentate nella sezione VI sono associate ad una forma verbale al tempo futuro («will»). Il termine «will» è meno usato nel contesto della conclusione di accordi internazionali. È pertanto difficile associare allo stesso un significato univoco. Anche volendo riconoscere nell’utilizzo della forma futura un rafforzativo dell’obbligatorietà, come sostenuto dal governo francese, si deve comunque tenere conto dell’espressa dichiarazione di cui al punto 7 delle Guidelines, secondo cui l’applicazione delle Guidelines avviene su base volontaria. Questa generica asserzione non deve essere persa di vista in sede di interpretazione del termine «will». Dalla formulazione linguistica delle questioni procedurali non può pertanto essere tratta alcuna conclusione in merito al carattere vincolante delle Guidelines.
58. Gli obiettivi perseguiti dalle Guidelines corroborano parimenti la tesi del carattere non vincolante dell’accordo. Uno degli obiettivi consiste, ad esempio,nell’offrire alle autorità l’opportunità («opportunity») di fornire all’altra «parte» contributi/commenti essenziali e la possibilità di ottenere un corrispondente apprezzamento («possibility to obtain reasonable consideration») [punto 4, lett. c) delle Guidelines]. L’«opportunità» di fornire osservazioni e la «possibilità» di tenerne conto sono formulazioni che non danno titolo all’accoglimento di eventuali obiezioni. Anche ciò milita a favore del carattere non vincolante delle Guidelines.
59. Oltre al testo e ai fini dell’accordo deve essere considerato anche il contesto in cui le Guidelines sono state concordate. Come risulta dall’introduzione, esse sono state elaborate nell’ambito del Partenariato Economico Transatlantico, istituito in occasione del vertice di Londra del maggio 1998. Tale partnership non si fonda su un accordo internazionale vincolante, ma rappresenta un accordo politico nell’ambito del nuovo programma transatlantico già concordato nel 1955. Ciò non esclude certamente che le parti concludano un accordo vincolante nell’ambito del TEP. Tale contesto costituisce tuttavia un indizio del fatto che si tratti di un dialogo politico avente per oggetto in generale il miglioramento della cooperazione nelle questioni commerciali. Ciò rende ovvio ravvisare nelle Guidelines del pari un accordo politico e non un documento giuridicamente vincolante.
60. Questo aspetto è confermato dalla dichiarazione di cui al già citato verbale della riunione della Commissione del 9 aprile 2002, in cui si afferma l’intenzione della Commissione di approvare le Guidelines attraverso dichiarazioni politiche durante il successivo vertice UE-USA (20).
61. Il testo, i fini e il contesto delle Guidelines inducono a considerarle una misura che, al pari del codice di condotta concordato tra il Consiglio e la Commissione concernente l’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione, costituisce solo espressione di un coordinamento su base volontaria in relazione a decisioni future degli organi competenti del governo statunitense e della Commissione in ambito normativo. Sulla base della sentenza nella causa Paesi Bassi/Consiglio (21), alla luce di questa analisi le Guidelines devono pertanto essere considerate un atto giuridico non vincolante.
62. Una simile interpretazione delle Guidelines è conforme alla natura delle funzioni della Commissione. Ai sensi dell’art. 211, terzo trattino CE, essa partecipa alla formazione degli atti del Consiglio e del Parlamento. Ciò avviene anzitutto attraverso la presentazione di proposte di regolamenti, direttive e decisioni. Nell’ambito della preparazione di tali proposte, la Commissione è tenuta a consultarsi con i diversi gruppi di interesse potenzialmente coinvolti in una regolamentazione prevista, chiarendo in modo quanto più completo possibile i fatti nell’ambito dei quali si vuole proporre una disciplina. Non si vede perché, nell’ambito di tale raccolta di informazioni, non dovrebbe poter consultare anche i governi di Stati terzi. Un siffatto scambio di opinioni ed esperienze è particolarmente opportuno nel campo della politica commerciale per prevenire dispute commerciali che potrebbero eventualmente condurre a procedure per la soluzione delle controversie nell’ambito dell’OMC. Se la Commissione conclude accordi allo scopo di dare una cornice di riferimento alle consultazioni si può dire che in tal modo essa eserciti il suo diritto di iniziativa anziché limitarlo. Si stabiliscono le modalità e le possibilità che mettono la Commissione in condizione di esercitare il proprio diritto di iniziativa in modo utile.
63. Se la Commissione conclude accordi che disciplinano la procedura delle consultazioni reciproche, possono sorgere eventuali obblighi procedurali nel senso, ad esempio, che le autorità governative americane devono essere informate dei progetti legislativi della Commissione. Ciò non comporta tuttavia per le autorità o i servizi che effettuano la consultazione alcun obbligo per quanto riguarda il contenuto. Anche se il governo americano sollevasse obiezioni rilevanti nell’ambito delle consultazioni condotte con la Commissione contro, ad esempio, una proposta di regolamento, alla Commissione non sarebbe in alcun caso preclusa la possibilità di presentarla comunque al Parlamento e al Consiglio. Al di là dell’esame delle obiezioni, le Guidelines non contengono in alcun punto l’obbligo di tenere conto delle osservazioni dell’altra parte, nel senso che gli organi competenti non potrebbero rifiutarle o ignorarle. Anche questo porta a considerare le Guidelines come un documento limitato alle questioni procedurali avente per oggetto la disciplina della cooperazione tra due servizi amministrativi, dal quale non discendono obblighi di diritto sostanziale.
64. Non pare tuttavia opportuno basarsi sulla figura giuridica di un accordo amministrativo nel caso delle Guidelines in oggetto. In questo senso si potrebbero interpretare gli argomenti della Commissione quando sottolinea che l’accordo è stato concluso fra servizi amministrativi nell’ambito della loro competenza e in modo particolare nel rispetto del proprio diritto di iniziativa. Va rilevato che la categoria dell’accordo amministrativo non è disciplinata nel Trattato CE (22). Pertanto è oltremodo dubbio che la Commissione sia competente a concludere siffatti accordi al di fuori dei casi espressamente richiamati nel Trattato, come ad esempio nel caso dell’art. 302 CE.
65. Nelle conclusioni presentate nella causa Francia/Commissione concernenti l’accordo tra la Commissione e gli Stati Uniti d’America in merito all’applicazione del rispettivo diritto della concorrenza, l’avvocato generale Tesauro ha approfondito la questione della misura in cui la Commissione possa concludere accordi amministrativi. Egli ha affermato che gli accordi amministrativi rappresentano una figura giuridica sviluppatasi nella prassi (23). Ha respinto la tesi della Commissione secondo cui l’art. 300 CE (ex art. 228 Trattato CE) autorizzerebbe genericamente la Commissione alla conclusione di accordi amministrativi (24). Anche la prassi della Commissione di concludere effettivamente accordi con Stati terzi non potrebbe legittimare la competenza della Commissione poiché, secondo una giurisprudenza costante, una semplice prassi degli organi non può creare un precedente che vincoli le istituzioni della Comunità in ordine alla scelta del fondamento giuridico corretto (25).
66. Anche supponendo che in linea di massima l’esecutivo abbia il potere di stipulare esso stesso i cosiddetti accordi amministrativi, si pone comunque l’ulteriore questione della misura in cui la Commissione sia da considerare organo «esecutivo». Nell’ambito della conclusione di accordi internazionali l’art. 300, n. 2, CE attribuisce la funzione esecutiva di conclusione di un accordo internazionale al Consiglio e non alla Commissione. Tale equilibrio istituzionale creato dal Trattato, al quale va aggiunta anche la consultazione o approvazione del Parlamento, sarebbe fortemente perturbato se la Commissione venisse genericamente equiparata ai governi degli Stati membri autorizzati alla conclusione di accordi amministrativi (26). Anche in proposito appare inadeguato cercare di qualificare il presente accordo sulle Guidelines come accordo amministrativo.
67. Anche nel caso di un accordo amministrativo resterebbe infine ancora da chiarire se esso sia produttivo di effetti giuridici, in quanto solo in tale caso sarebbe un atto impugnabile. Come sopra esposto, le Guidelines non sono vincolanti né per quanto riguarda il loro contenuto, né con riferimento ai fini o al contesto in cui sono state concordate. In conclusione, si presume quindi che le Guidelines non applichino disposizioni vincolanti e non siano pertanto produttive di effetti giuridici. Per difetto di un atto impugnabile, il ricorso deve essere dichiarato irricevibile.
B – Fondatezza del ricorso
68. Solo in subordine, per il caso in cui la Corte pervenga ad opposta conclusione, si richiamano brevemente qui di seguito le due censure nel merito fatte valere dalla Repubblica francese: da un lato l’incompetenza della Commissione con riferimento alla conclusione dell’accordo sulle Guidelines e dall’altro la limitazione del diritto di iniziativa normativa della Commissione.
1. Competenza della Commissione con riferimento alla conclusione dell’accordo sulle Guidelines
69. Il governo francese eccepisce che la Commissione non sarebbe in linea di principio competente alla conclusione di accordi internazionali. L’art. 300 CE riserverebbe tale competenza al Consiglio.
70. In linea di principio ciò va condiviso. Come sopra esposto, l’art. 300 CE costituisce espressione dell’equilibrio istituzionale tra Parlamento, Consiglio e Commissione. Alla Commissione spetterebbe in tale ambito solo il compito dell’avviamento dei necessari negoziati (art. 300, n. 1, CE). Gli accordi della Comunità vengono conclusi dal Consiglio, previa consultazione del Parlamento nella forma di volta in volta necessaria.
71. Solo eccezionalmente alla Commissione spetta il diritto di concludere accordi. Ciò si verifica se il Consiglio la abilita specificamente (art. 300, n. 4, CE), o negli altri casi previsti dal Trattato, ad es. dall’art. 302 CE. A motivo della necessità di preservare l’equilibrio istituzionale, non si può qui riconoscere un diritto generico della Commissione alla conclusione di accordi.
72. Per la ragione sopra esposta, la tesi secondo cui la Commissione potrebbe concludere accordi amministrativi con altri governi deve essere respinta.
73. Ammettendo che le Guidelines fossero produttive di effetti giuridici, in tal caso avrebbero dovuto essere state approvate e stipulate dal Consiglio. Pertanto, la Commissione sarebbe stata incompetente, ragione per cui l’atto comunitario con cui le Guidelines sono state approvate dovrebbe essere annullato.
2. Limitazione del diritto di iniziativa della Commissione
74. Il governo francese ravvisa inoltre nella conclusione dell’accordo sulle Guidelines una limitazione del diritto di iniziativa della Commissione. Come già discusso nell’ambito dell’ammissibilità del ricorso, nell’esercitare il proprio diritto di iniziativa la Commissione deve tuttavia accertare in modo completo le circostanze in cui un progetto di legge viene elaborato. Essa deve consultarsi con tutti coloro che sono interessati al fine di esaminare la necessità di una regolamentazione e dei suoi possibili effetti prima di presentare una proposta al Parlamento e al Consiglio. Non si comprende perché una consultazione dei governi di Stati terzi dovrebbe costituire un’eccezione. Tanto più che i regolamenti tecnici, che costituiscono oggetto delle consultazioni con le autorità americane previste dalle Guidelines, possono all’occorrenza essere presentati dagli USA nell’ambito dell’OMC ai fini della verifica della loro compatibilità con l’accordo OTS. Le consultazioni con le autorità americane possono pertanto essere considerate come un mezzo per prevenire non solo le dispute commerciali, ma anche i conflitti giuridici nell’ambito dell’OMC. In proposito esiste addirittura un obbligo di discutere con i partner commerciali americani gli effetti prodotti da una disciplina prevista, prima che questa venga proposta al legislatore europeo. Di conseguenza non è possibile individuare alcuna violazione del diritto di iniziativa della Commissione.
V – Spese
75. A norma dell’art. 69, § 2, n. 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente va condannata alle spese. Atteso che la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica francese, rimasta soccombente, va condannata alle spese.
VI – Conclusione
76. Alla luce di quanto sopra, propongo alla Corte di statuire come segue:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Repubblica francese è condannata alle spese.
1 – Lingua originale: il tedesco.
2 – «Nothing in this text constitutes an EU negotiating mandate».
3 – Comunicato stampa del Consiglio n. 12560/98. Il testo del piano d'azione è annesso al comunicato stampa come allegato IV.
4 – V. comunicato stampa IP/02/555 del 12 aprile 2002 presentato dalla Commissione come allegato 2.
5 – Allegato 1 A dell'accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (GU L 336 del 23.12.1994, pag. 86).
6 – Sentenza 9 agosto 1994, causa C-327/91, Francia/Commissione (Racc. pag. I-3641).
7 – V. parere 1/75, 11 novembre 1975 (Racc. pagg. 1355, in particolare, 1360).
8 – Cit. alla nota 6.
9 – Sentenze 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio (Racc. pag. 263, punti 38/42); 9 ottobre 1990, causa 366/88, Francia/Commissione (Racc. pag. I-3571, punto 8); Francia/Commissione (cit. alla nota 6, punto 14), e sentenza 30 aprile 1996, causa C-58/94, Paesi Bassi/Consiglio (Racc. pag. I-2169, punto 24).
10 – Ordinanze 17 ottobre 1984 nella causa 135/84, F.B./Commissione (Racc. pag. I-3577, punto 6), e 13 giugno 1991 nella causa C-50/90, Sunzest/Commissione (Racc. pag. I-2917, punto 12).
11 – V., in proposito, il verbale 17 aprile 2002 concernente la riunione del 9 aprile 2002 (PV(2002)1562 finale), disponibile sul sito www.Europa.int/comm/secretariat_general/meeting/archives_en.htm. La versione inglese recita: «The Commission took note of the agreement reached at technical level between the Community and the United States on guidelines for regulatory cooperation and transparency (SEC(2002)386/2), which would be ratified by means of political declarations by both parties at the next EU/US summit on 2 May. It took note of the conditions for implementation of these guidelines as set out in the note distributed by Mr LIIKANEN (SEC(2002)386)». La versione francese recita: «La Commission prend acte de l'accord intervenu, au niveau technique, entre la Communauté et les Etats-Unis sur des lignes directrices sur la coopération et la transparence en matière de régulation (SEC(2002) 386/2) qui seront entérinées, par la voie de déclarations politiques des deux parties, lors du prochain sommet UE/Etats-Unis le 2 mai 2002. Elle prend note des conditions de mise en uvre de ces lignes directrices telles que reprises dans la note diffusée par M. LIIKANEN (SEC(2002) 386)».
12 – L'art. 46 della Convenzione di Vienna del 1969 dispone quanto segue: «1) Il fatto che il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stato espresso violando una disposizione del suo diritto interno concernente la competenza a concludere trattati, non può essere invocato da tale Stato per infirmare il proprio consenso, a meno che tale violazione non sia stata manifesta e non concerna una norma di importanza fondamentale del proprio diritto interno. 2) Una violazione è manifesta quando essa appaia obiettivamente evidente ad ogni Stato che si comporti, in materia, in base alla normale prassi ed in buona fede»
13 – L'art. 7, n. 3, della Convenzione di Vienna del 1986 recita: «Una persona è considerata come rappresentate di uno Stato per l'adozione o l'autenticazione del testo di un trattato o per esprimere il consenso dello Stato ad essere vincolato da un Trattato: a) qualora detta persona presenti adeguati pieni poteri; o b) qualora emerga dalla prassi o da altre circostanze, che era intento degli Stati e delle organizzazioni internazionali interessate, di considerare questa persona quale rappresentante lo Stato a tali fini senza presentazione dì pieni poteri».
14 – Sentenza nella causa Francia/Commissione (cit. alla nota 9, punto 9 sulle istruzioni interne).
15 – Sentenza Paesi Bassi/Consiglio [cit. alla nota 9, punti 25-27 sul codice di condotta (93/730/CE) concernente l'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione (GU L 340, pag. 41)].
16 – L'art. 11 della Convenzione di Vienna del 1969 dispone quanto segue: «Il consenso di un Stato ad essere vincolato da un trattato può essere espresso per mezzo della firma, dello scambio degli strumenti costituenti un trattato, della ratifica, dell'accettazione, dell'approvazione o dell'adesione, o di qualsiasi altro mezzo convenuto».
17 – L'art. 11, n. 2, della Convenzione di Vienna del 1986 dispone quanto segue: «Il consenso di una organizzazione internazionale ad essere vincolata da un trattato può essere manifestato mediante la firma, lo scambio di strumenti che costituiscono un trattato, un atto di conferma formale, l'accettazione, approvazione o l'adesione, o ogni altro mezzo convenuto».
18 – V., al riguardo, le conclusioni dell'avvocato generale Tesauro del 16 dicembre 1993 nella causa C-327/91, Francia/Commissione (Racc. pagg. I-3641, I-3643, paragrafo 21).
19 – V. le conclusioni dell'avvocato generale Tesauro (cit. alla nota 18, n. 20).
20 – V. il passaggio del verbale cit. alla nota 11.
21 – Cit. alle note 9 e 15.
22 – Solo a titolo di precisazione, va menzionato il confronto con l'art. 59, n. 2, della Legge fondamentale tedesca, in cui viene espressamente richiamata la figura giuridica dell'accordo amministrativo.
23 – Conclusioni Francia/Commissione (cit. alla nota 18, paragrafo 22).
24 – Conclusioni Francia/Commissione (cit. alla nota 18, paragrafi 25-27).
25 – Conclusioni Francia/Commissione (cit. alla nota 18, paragrafi 28-29). V. anche gli argomenti della sentenza nella causa (cit. alla nota 6, punto 36).
26 – In questo senso anche le conclusioni Francia/Commissione (cit. alla nota 18, paragrafi 33-34). Anche la sentenza in questa causa si fonda espressamente sull'equilibrio istituzionale da salvaguardare (cit. alla nota 6, punto 28).