Conclusions
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
CHRISTINE STIX-HACKL
presentate il 16 ottobre 2003(1)
Causa C-152/02
Terra Baubedarf-Handel GmbH
contro
Finanzamt Osterholtz-Scharmbeck
[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]
«Imposta sul valore aggiunto – Deduzione dell'imposta pagata a monte – Condizioni per l'esercizio del diritto a deduzione dell'imposta pagata a monte – Effetto retroattivo»
I – Introduzione
1.
Il presente procedimento concerne una questione di notevole importanza pratica per la disciplina giuridica dell’imposta sul
valore aggiunto. Si tratta di verificare se la deduzione dell’imposta pagata a monte possa essere fatta valere con riferimento
all’anno in cui sorge il relativo diritto ovvero solamente con riferimento all’anno in cui l’imprenditore riceve la fattura.
II – Contesto normativo
A –
Normativa comunitaria
2.
Trova applicazione nel presente caso la sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione
delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto:
base imponibile uniforme
(2)
(in prosieguo: la «sesta direttiva»).
3.
Fatto generatore ed esigibilità dell’imposta sono regolati al capo VII della sesta direttiva. L’art. 10, n. 2, comma 1, così
dispone:
«2.
Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione
di servizi. Le cessioni di beni diverse da quelle di cui all’articolo 5, paragrafo 4, lettera b), e le prestazioni di servizi
che comportano successivi versamenti di acconti o pagamenti, si considerano effettuate all’atto della scadenza dei periodi
cui si riferiscono tali acconti o pagamenti».
4.
L’art. 17 disciplina origine e portata del diritto a deduzione. Il n. 1 e il n. 2, lett. a), del citato articolo così dispongono:
«1.
Il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.
2.
Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato
a dedurre dall’imposta di cui è debitore:
- a)
- l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono
o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».
5.
L’art. 18 regola le modalità di esercizio del diritto a deduzione. Il n. 1 e il n. 2 di tale articolo così dispongono:
«1.
Per poter esercitare il diritto a deduzione, il soggetto passivo deve: a) per la deduzione di cui all’articolo 17, paragrafo
2, lettera a), essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3.
2.
Il soggetto passivo opera la deduzione sottraendo dall’importo totale dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per un dato
periodo fiscale l’ammontare dell’imposta per la quale, nello stesso periodo, è sorto e può essere esercitato in virtù delle
disposizioni del paragrafo 1 il diritto a deduzione.
Peraltro gli Stati membri possono obbligare i soggetti passivi che effettuano transazioni occasionali di cui all’articolo
4, paragrafo 3, a esercitare il diritto a deduzione soltanto al momento della cessione».
6.
L’art. 22 così dispone (per estratto):
«3. a) Ogni soggetto passivo deve emettere una fattura o un documento equivalente per le cessioni di beni e le prestazioni
di servizi che effettua per un altro soggetto passivo, e conservare copia di tutti i documenti emessi.
Parimenti, ogni soggetto passivo deve rilasciare una fattura per gli acconti che gli sono corrisposti da un altro soggetto
passivo prima che sia stata effettuata la cessione di beni o ultimata la prestazione di servizi.
(...)
c) Gli Stati membri stabiliscono i criteri secondo i quali un documento può essere considerato equivalente ad una fattura.
4.
Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione entro un termine che dovrà essere stabilito dagli Stati membri. Tale
termine non dovrà superare di due mesi la scadenza di ogni periodo fiscale. Il periodo fiscale può essere fissato dagli Stati
membri in un mese, due mesi, ovvero un trimestre. Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire periodi diversi, non comunque
superiori ad un anno.
Nella dichiarazione devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle deduzioni
da operarsi, compreso – eventualmente e qualora risulti necessario per fissare la base imponibile – l’importo complessivo
delle operazioni relative a tale imposta e a tali deduzioni, nonché l’importo globale delle operazioni esenti.
5.
Ogni soggetto passivo deve pagare l’importo netto dell’imposta sul valore aggiunto al momento della presentazione della dichiarazione
periodica. Gli Stati membri possono tuttavia stabilire un’altra scadenza per il pagamento di questo importo o per la riscossione
di acconti provvisori.
6.
Gli Stati membri hanno la facoltà di richiedere al soggetto passivo una dichiarazione relativa a tutte le operazioni effettuate
nell’anno precedente, che contenga tutti i dati di cui al paragrafo 4. Questa dichiarazione deve contenere altresì tutti gli
elementi per eventuali rettifiche».
B –
Normativa nazionale
7.
Tra le disposizioni nazionali risulta applicabile l’Umsatzsteuergesetz 1999 (legge in materia di imposta sulla cifra d’affari;
in prosieguo: «UStG»). L’art. 15 UStG, intitolato «Deduzione dell’IVA pagata a monte», al n. 1, comma 1, così dispone:
«L’imprenditore può dedurre i seguenti importi per l’imposta pagata a monte:
1.
l’imposta separatamente indicata in fatture ai sensi dell’art. 14, relativa a forniture o ad altre prestazioni eseguite da
altri imprenditori a favore della sua impresa. L’importo dell’imposta indicato separatamente, ove riguardi un pagamento antecedente
l’esecuzione delle suddette prestazioni, può essere portato in deduzione sin dal momento in cui sia disponibile la fattura
ed il pagamento sia stato eseguito».
8.
L’art. 16, n. 1, seconda e terza frase, UStG così dispone:
«Il periodo d’imposta coincide con l’anno solare. Per il calcolo dell’imposta occorre prendere a base l’ammontare delle operazioni
di cui all’art. 1, n. 1, commi 1‑3 e 5, qualora in quel periodo d’imposta sia sorta, in relazione ad esse, la relativa imposta
e vi sia stato il debito d’imposta».
9.
L’art. 16, n. 2, prima frase, UStG così dispone:
«Dall’imposta calcolata a norma del n. 1 vanno detratti gli importi dell’imposta pagata a monte ricadenti nel periodo d’imposta
in questione e deducibili ai sensi dell’art. 15».
10.
Le circolari sull’imposta sulla cifra d’affari del 2000, al capo 192, n. 2, quarta frase, così dispongono:
«(...) Se il momento in cui si riceve la prestazione e il momento in cui si riceve la fattura non coincidono, la deduzione
è ammissibile con riferimento al periodo d’imposta in cui, per la prima volta, risultano soddisfatti entrambi i predetti presupposti
(...)».
11.
In base alla giurisprudenza del Bundesfinanzhof, il diritto di dedurre l’imposta pagata a monte sorge nel periodo d’imposta
nel quale risultano congiuntamente soddisfatti i presupposti di cui all’art. 15, n. 1, comma 1, UStG. Uno di tali presupposti
è costituito da una fattura recante separata indicazione dell’imposta sulla cifra d’affari. Secondo tale orientamento, la
Terra non sarebbe legittimata a far valere (con effetto retroattivo) la controversa deduzione in relazione al 1999, anno nel
quale essa non disponeva ancora delle corrispondenti fatture.
III – Fatti, procedimento principale e questione pregiudiziale
12.
La Terra Baubedarf-Handel GmbH (in prosieguo: la «Terra») chiede che l’accertamento dell’imposta sulla cifra d’affari per
il 1999 (anno per cui vi è causa) venga modificato nel senso che le venga riconosciuto il diritto di dedurre ulteriori importi
per l’imposta pagata a monte per un ammontare di DEM 3 248,10. La Terra ha ricevuto le prestazioni su cui si fonda tale domanda
nell’anno 1999. Le relative fatture sono state emesse nel dicembre 1999, ma sono pervenute alla Terra soltanto nel gennaio
2000.
13.
Il Finanzamt Osterholz-Scharmbeck (Ufficio delle imposte di Osterholz-Scharmbeck) non ha ammesso la deduzione sulla base delle
fatture suddette in relazione all’anno controverso. Esso ha motivato tale rifiuto sulla scorta del tenore letterale dell’art. 15,
n. 1, comma 1, UStG. La citata norma individuerebbe, quali presupposti della deduzione, il ricevimento della merce o di altra
prestazione ed il ricevimento della relativa fattura. Nel caso in cui il ricevimento della prestazione ed il ricevimento della
fattura ricadessero in periodi d’imposta differenti, la deduzione sarebbe ammissibile, in conformità alle indicazioni contenute
al capo 192, n. 2, quarta frase, delle circolari sull’imposta sulla cifra d’affari del 2000, in relazione al periodo d’imposta
nel quale risultino per la prima volta soddisfatti entrambi i presupposti suddetti. Ciò si sarebbe verificato nell’anno d’imposta
2000, in quanto solo nel 2000 la Terra avrebbe ricevuto le fatture.
14.
Il ricorso amministrativo ed il ricorso giurisdizionale di primo grado non hanno avuto esito positivo. Il Finanzgericht ha
accolto la tesi del Finanzamt. Con il ricorso per «Revision» – che il Finanzgericht ha dichiarato ammissibile in considerazione
dell’importanza della controversia dal punto di vista dei principi – la Terra afferma in sostanza che la sentenza impugnata
limita ingiustamente, sotto il profilo temporale, il suo diritto di dedurre gli importi dell’imposta pagata a monte ad essa
fatturati. Essa violerebbe pertanto la sesta direttiva. Conseguentemente la Terra chiede, previo annullamento della decisione
preliminare e delle cartelle fiscali impugnate, che le venga consentita, in sede di accertamento dell’imposta sulla cifra
d’affari per l’anno 1999, la deduzione di ulteriori importi per un ammontare complessivo di DEM 3 248,10.
15.
Il Bundesfinanzhof nutre dubbi in merito alla conformità della suesposta situazione normativa nazionale con il diritto comunitario
e con la normativa vigente negli altri Stati membri in materia di deduzione fiscale.
16.
Da un lato, infatti, la Corte avrebbe statuito che il soggetto passivo d’imposta, in forza della sesta direttiva, è titolare
del «diritto di detrarre immediatamente» l’IVA. Dall’altro lato, l’art. 17 riguarderebbe unicamente la sussistenza del diritto
a deduzione, mentre i presupposti per il suo esercizio sarebbero disciplinati all’art. 18.
17.
Mentre il Bundesfinanzhof non ha dubbi sul fatto che, nella causa in esame, il diritto a deduzione della ricorrente sia sorto,
ai sensi dell’art. 17 della sesta direttiva, nel 1999 e che esso, a norma dell’art. 18, potesse essere esercitato soltanto
nel 2000 dopo il ricevimento della fattura, risulta, invece, controversa la questione se tale diritto a deduzione possa o
debba essere fatto valere già in relazione al periodo di imposta 1999. L’art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva potrebbe
essere interpretato anche nel senso che esso regola soltanto i presupposti per l’esercizio del diritto a deduzione, nulla
stabilendo, invece, in merito al periodo di imposta in relazione al quale la deduzione deve o può essere fatta valere.
18.
Per tale motivo il Bundesfinanzhof, con ordinanza 21 marzo 2002, ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte la
seguente questione pregiudiziale:
«Se il soggetto passivo d’imposta possa esercitare il diritto di dedurre l’IVA pagata a monte soltanto con riferimento all’anno
solare in cui egli consegue il possesso della fattura a norma dell’art. 18, n. 1, lett. a), della direttiva 77/388/CEE ovvero
se il diritto di dedurre l’IVA pagata a monte debba essere sempre esercitato (anche con effetto retroattivo) in relazione
all’anno solare in cui si perfeziona il diritto a deduzione ai sensi dell’art. 17, n. 1, della detta direttiva».
IV – Questione pregiudiziale
A –
Principali argomenti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte
19.
Tutti i soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte partono dalla premessa della distinzione tra origine del diritto
a deduzione ed esercizio di tale diritto. È, altresì, pacifico che per l’esercizio del diritto è necessario il possesso della
fattura o di un altro documento equivalente.
20.
La
Terra sostiene la tesi secondo cui il diritto di operare la deduzione produce i suoi effetti in relazione al periodo d’imposta
in cui il diritto a deduzione è sorto. Dal principio della neutralità fiscale deriverebbe che la deduzione debba essere consentita
in relazione al medesimo periodo, cioè quello in cui è sorto il relativo diritto. In caso contrario, mediante l’accredito
a vantaggio del fisco si aggraverebbe la posizione del soggetto passivo d’imposta. Del pari si eviterebbe un pregiudizio alla
neutralità fiscale determinato da fattori puramente casuali.
21.
A livello operativo si potrebbe garantire la deduzione immediata soltanto ammettendone l’efficacia retroattiva. Non sarebbe
conforme al principio di proporzionalità vietare tale efficacia retroattiva. Gli Stati membri, peraltro, non sarebbero autorizzati
a vietarla. Infine l’efficacia retroattiva metterebbe il soggetto passivo al riparo da eventuali pregiudizi dipendenti da
fattori a lui esterni, come i cambiamenti normativi sopravvenuti ovvero la circostanza che chi emette la fattura possa stabilirne
la data.
22.
Anche le altre versioni linguistiche non sarebbero molto più chiare e non escluderebbero l’efficacia retroattiva. In taluni
Stati membri, segnatamente in Danimarca ed in Svezia, essa sarebbe anche consentita.
23.
La questione del divieto di retroattività sorgerebbe anche in relazione al rimborso di altre imposte. Ove tale divieto scaturisse
dalla normativa nazionale sul procedimento, occorrerebbe interrogarsi sulla conformità di tale normativa al diritto comunitario.
24.
Anche le difficoltà che possono sorgere a livello applicativo non costituirebbero un ostacolo all’efficacia retroattiva. La
retroattività non necessiterebbe nemmeno di previsione espressa. Sarebbe, invece, necessaria un’espressa previsione per escluderla.
25.
La Terra perviene, pertanto, alla conclusione che l’esercizio del diritto a deduzione produce sempre i suoi effetti in relazione
al periodo in cui tale diritto è sorto.
26.
Al contrario, gli altri soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte ritengono che il periodo in relazione al quale
la deduzione deve essere fatta valere coincida con il periodo della dichiarazione e non con il periodo in cui sorge il diritto
a deduzione.
27.
Il
governo tedesco e la
Commissione fondano tale opinione sul tenore letterale dell’art. 18, n. 2, della sesta direttiva. A causa della scarsa chiarezza del
testo tedesco, essi fanno riferimento ad altre versioni linguistiche.
28.
Il governo tedesco, inoltre, pone a fondamento della tesi della coincidenza dei due periodi considerazioni di ordine sistematico.
Una deduzione con effetto retroattivo si porrebbe in conflitto con il principio della neutralità fiscale – circostanza richiamata
anche dal governo francese. Se si ammettesse la retroattività, infatti, in determinati casi si dovrebbe vietare la deduzione
dell’imposta pagata a monte.
29.
La Commissione respinge a sua volta la tesi della Terra, secondo la quale i principi di neutralità e di proporzionalità imporrebbero
l’efficacia retroattiva. Nemmeno eventuali cambiamenti normativi, intervenuti tra la nascita del diritto a deduzione e l’esercizio
dello stesso, costituirebbero un problema, giacché, una volta sorto, il diritto a deduzione non potrebbe più essere soppresso
dalla normativa sopravvenuta.
30.
Il governo tedesco, il
governo francese e la Commissione segnalano, inoltre, le ripercussioni negative che la retroattività avrebbe sulla possibilità di controllo
del sistema di imposta sul valore aggiunto. Il governo tedesco esprime altresì la sua contrarietà al riconoscimento di un
diritto d’opzione a favore del dichiarante.
31.
Secondo la Commissione la retroattività necessiterebbe di previsione espressa.
B –
Valutazione
32.
Occorre preliminarmente richiamare la distinzione, che compare nitidamente anche nella giurisprudenza della Corte
(3)
, tra sussistenza del diritto a deduzione, disciplinata all’art. 17 della sesta direttiva, ed esercizio di tale diritto, i
cui presupposti sono regolati all’art. 18.
33.
Tale distinzione, come correttamente ricorda il Bundesfinanzhof, è stata introdotta solo con la sesta direttiva. L’art. 15,
n. 1, UStG, invece, fa ancora riferimento ad una direttiva precedente, segnatamente la seconda direttiva del Consiglio 11
aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra
d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto
(4)
, e il suo contenuto non è stato adeguato agli artt. 17 e 18 della sesta direttiva.
34.
In base all’art. 17, n. 1, della sesta direttiva, il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.
Ai sensi dell’art. 10, n. 2, della sesta direttiva, ciò avviene all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi
al soggetto passivo che ha diritto a deduzione
(5)
.
35.
Quindi, mentre il diritto a deduzione nasce all’atto dell’effettuazione della prestazione, esso può essere esercitato, ai
sensi dell’art. 18, n. 1, della sesta direttiva, solo quando il soggetto passivo d’imposta è in possesso di una fattura o
di un documento equivalente
(6)
.
36.
Per individuare il periodo rilevante nel presente procedimento pregiudiziale, vale a dire il periodo in relazione al quale
la deduzione può o deve essere fatta valere, occorre prendere le mosse dal tenore letterale dell’art. 18 della sesta direttiva.
37.
A tal proposito diversi soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno giustamente segnalato l’ambiguità del
testo tedesco dell’art. 18, n. 2. In base ad una prima interpretazione, il rinvio al n. 1 potrebbe essere inteso nel senso
che il soggetto passivo d’imposta, per poter esercitare il diritto a deduzione, debba sì attendere la fattura, ma possa tuttavia
far valere la deduzione retroattivamente. In base ad una seconda interpretazione, invece, la deduzione dovrebbe essere esercitata
in relazione al periodo della dichiarazione, vale a dire il periodo in cui il soggetto passivo entra in possesso della fattura.
38.
Nessuna rilevanza giuridica per l’interpretazione di una direttiva può essere riconosciuta alle misure d’attuazione adottate
dagli Stati membri. Ciò condurrebbe, infatti, ad un risultato opposto a quello imposto dal principio dell’interpretazione
conforme alla direttiva.
39.
In considerazione della rilevata ambiguità dell’art. 18, n. 2, della sesta direttiva nella versione nella lingua del procedimento
principale e, quindi, anche del presente procedimento pregiudiziale, occorre fare riferimento alle altre versioni linguistiche.
In simili ipotesi la Corte si basa sulle versioni linguistiche delle disposizioni oggetto d’interpretazione facenti fede al
momento dell’emanazione della sesta direttiva
(7)
.
40.
In relazione all’art. 18 della sesta direttiva sono tali – a parte la versione tedesca – le versioni in lingua danese, inglese,
francese, italiana e olandese. Tali versioni linguistiche inducono a ritenere che per l’esercizio del diritto debbano sussistere
entrambi i presupposti: nascita del diritto e possesso della fattura. Tra il periodo della dichiarazione e il periodo in relazione
al quale viene fatta valere la deduzione sussiste, quindi, concordanza o coincidenza cronologica.
41.
A favore della retroattività e contro la tesi secondo cui il soggetto passivo d’imposta può esercitare il diritto a deduzione
solo in relazione al periodo in cui entra in possesso della fattura, cioè il periodo della dichiarazione, potrebbe, tuttavia,
essere invocata la giurisprudenza della Corte
(8)
, secondo la quale il diritto a deduzione può essere esercitato
immediatamente.
42.
A favore della tesi secondo cui tale indifferibilità si riferisce non solo alla nascita del diritto, ma anche al suo esercizio,
possono essere richiamate, in primo luogo, le sentenze con cui si è consolidata tale giurisprudenza. Infatti, in queste sentenze
la Corte ha preso in considerazione espressamente gli
artt. 17 e segg., quindi non solo la disciplina relativa all’origine del diritto a deduzione, ma anche quella relativa al suo esercizio.
43.
La retroattività può, pertanto, essere considerata come un profilo – non marginale – del principio dell’esercizio immediato.
Infatti, il criterio dell’«immediatezza» risulta meglio soddisfatto se gli effetti della deduzione vengono riferiti al periodo
della nascita del diritto, anziché ad un periodo successivo, qual è quello della dichiarazione.
44.
La questione della retroattività deve, inoltre, essere esaminata alla luce del principio della neutralità fiscale, principio
al quale la giurisprudenza della Corte
(9)
riconosce rilievo anche in relazione alla deduzione dell’imposta pagata a monte. Il principio della neutralità nel suo aspetto
qui rilevante, vale a dire in relazione alle operazioni a monte, verrebbe violato in caso di esclusione o riduzione della
deduzione. Sussiste, quindi, l’obbligo di esonerare il soggetto passivo d’imposta. Tale obbligo è soddisfatto, in via di principio,
anche con una deduzione non retroattiva, cioè con effetto rispetto al periodo della dichiarazione. Tuttavia il principio della
neutralità deve essere inteso nel senso che esso non impone un qualsiasi esonero, bensì un esonero integrale. Conseguentemente,
risulterebbe violato il principio della neutralità qualora un soggetto passivo d’imposta non venisse alleggerito da ogni aggravio
prodotto da un’imposta sul valore aggiunto da lui non dovuta.
45.
Il mancato riconoscimento di efficacia retroattiva produce un accredito per mezzo del soggetto passivo d’imposta. Da
questo aggravio, tuttavia, il soggetto passivo non verrebbe esonerato in caso di esclusione della retroattività. Ma, se il soggetto
passivo non viene del tutto esonerato, si ha violazione del principio della neutralità, il quale esige, invece, proprio un
esonero
integrale del soggetto passivo.
46.
Quanto alla possibilità, prospettata dal governo tedesco, che in determinate ipotesi di retroattività venga vietata la deduzione,
si deve tener presente, come esattamente sostenuto dalla Terra, che ciò è una conseguenza della disciplina nazionale del procedimento
e non deriva, invece, dal diritto comunitario. Se, tuttavia, la disciplina nazionale del procedimento vieta la deduzione in
ipotesi nelle quali ciò non è previsto espressamente dal diritto comunitario né rientra nell’autonomia degli Stati membri
di disciplinare il procedimento, siffatte disposizioni procedimentali dovrebbero essere opportunamente modificate.
47.
In merito al problema se la retroattività o la sua esclusione necessitino di previsione espressa nella direttiva, occorre
notare che in tal modo si pone la questione se gli Stati membri debbano essere autorizzati per prevedere tale retroattività.
La questione in esame si pone, tuttavia, solo nell’ipotesi in cui la retroattività non risulti già dall’interpretazione di
disposizioni comunitarie espresse.
48.
La giurisprudenza della Corte a tal proposito citata, relativa ai limiti imposti agli Stati membri per la fissazione di determinati
presupposti per l’esercizio del diritto a deduzione, non può essere assolutamente estesa al presente caso di specie.
49.
La sentenza nelle cause riunite Gabalfrisa e a. concerneva, infatti, una normativa nazionale, in base alla quale l’esercizio
del diritto a deduzione veniva subordinato alla presentazione di una domanda e all’osservanza di un termine specifico e in
base alla quale, in caso di mancato rispetto di tali condizioni, il soggetto passivo perdeva il diritto ovvero poteva esercitarlo
solo a partire dall’inizio effettivo dello svolgimento abituale delle operazioni imponibili
(10)
. In tale procedimento si trattava dunque di condizioni che uno Stato membro prevedeva in aggiunta alle condizioni già fissate
dalla sesta direttiva.
50.
Per contro, nel presente procedimento si tratta di applicare le condizioni fissate dalla sesta direttiva stessa. Per le condizioni
già previste in una direttiva uno Stato membro non ha bisogno di alcuna ulteriore autorizzazione. Anzi: è perfino obbligato
a dare attuazione nel diritto nazionale a tutte le condizioni e a curarne anche l’applicazione.
51.
Se si ammettesse la possibilità di far valere il diritto a deduzione con riferimento al periodo in cui la prestazione è stata
effettuata, ciò equivarrebbe, come è stato anche sostenuto, al riconoscimento di un effetto retroattivo. Esso si manifesterebbe
nella rettifica della cartella fiscale inerente a tale periodo.
52.
Le difficoltà pratiche rilevate e temute con riferimento a tale possibilità sono analoghe a quelle che si pongono anche in
altri casi di rettifica. Le rettifiche costituiscono, d’altronde, uno strumento assolutamente ordinario nel diritto tributario.
Il fatto che esse producano un aggravio a carico tanto dell’amministrazione fiscale quanto dei soggetti passivi d’imposta
interessati non costituisce una peculiarità della deduzione dell’imposta pagata a monte.
53.
Ad una valutazione complessiva non risultano persuasivi né l’argomento relativo ad eventuali difficoltà pratiche, né l’argomento
secondo il quale l’effetto retroattivo necessiterebbe di espressa previsione.
54.
In considerazione dell’ambiguo tenore letterale dell’art. 18 della sesta direttiva nel punto qui rilevante, occorre fare riferimento
al principio della neutralità fiscale e al connesso obbligo di esonero integrale. Da tali premesse consegue che il diritto
a deduzione va esercitato in relazione al periodo in cui tale diritto a deduzione è sorto, poiché solo in tal modo può essere
garantito un esonero integrale.
V – Conclusione
55.
Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale nei seguenti termini:
«L’art. 18 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni
degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile
uniforme, deve essere interpretato nel senso che il diritto a deduzione dell’imposta pagata a monte va esercitato in relazione
all’anno solare in cui tale diritto a deduzione sorge ai sensi dell’art. 17, n. 1, della sesta direttiva».
- 1 –
- Lingua originale: il tedesco.
- 2 –
- GU L 145, pag. 1, più volte modificata.
- 3 –
- Sentenza 8 novembre 2001, causa C-338/98, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑8265, punto 71).
- 4 –
- GU 1967, n. 71, pag. 1303.
- 5 –
- Sentenza 8 giugno 2000, causa C-400/98, Breitsohl (Racc. pag. I-4321, punto 36).
- 6 –
- Sentenze 14 luglio 1988, cause riunite 123/87 e 330/87, Jeunehomme e a. (Racc. pag. 4517, punto 14), e 5 dicembre 1996, causa
C-85/95, Reisdorf (Racc. pag. I-6257, punto 22).
- 7 –
- Sentenza nella causa C-85/95 (cit. alla nota 6, punto 22).
- 8 –
- Sentenze 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz (Racc. pag. I-3795, punto 27); 6 luglio 1995, causa C‑62/93, BP Soupergaz
(Racc. pag. I-1883, punto 18); 21 marzo 2000, cause riunite da C‑110/98 a C‑147/98, Gabalfrisa e a. (Racc. pag. I-1577, punto
47), nonché sentenza nella causa C‑400/98 (cit. alla nota 5, punto 34).
- 9 –
- V. sul punto, tra le altre, sentenze 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman (Racc. pag. 655, punto 23); 29 febbraio 1996,
causa C-110/94, INZO (Racc. pag. I-857, punto 16), nonché sentenza nelle cause riunite da C-110/98 a C-147/98 (cit. alla nota
8, punto 45), e sentenza nella causa C‑400/98 (cit. alla nota 5, punto 37).
- 10 –
- Sentenza nelle cause riunite da C-110/98 a C-147/98 (cit. alla nota 8, punti 53 e segg.).