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Judgment of the Court (Fifth Chamber) of 5 February 2004.#Gustav Schneider v Bundesminister für Justiz.#Reference for a preliminary ruling: Verwaltungsgerichtshof - Austria.#Directive 76/207/EEC - Equal treatment for men and women - Promotion - Principle of effective control by the courts - Inadmissibility.#Case C-380/01.
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 5 febbraio 2004. Gustav Schneider contro Bundesminister für Justiz. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. Direttiva 76/207/CEE - Parità di trattamento tra gli uomini e le donne - Promozione professionale - Principio di un sindacato giurisdizionale effettivo - Irricevibilità. Causa C-380/01.
Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 5 febbraio 2004. Gustav Schneider contro Bundesminister für Justiz. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. Direttiva 76/207/CEE - Parità di trattamento tra gli uomini e le donne - Promozione professionale - Principio di un sindacato giurisdizionale effettivo - Irricevibilità. Causa C-380/01.
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Austria)]
«Direttiva 76/207/CEE — Parità di trattamento tra gli uomini e le donne — Promozione professionale — Principio di un sindacato
giurisdizionale effettivo — Irricevibilità»
Massime della sentenza
1. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Questioni generali o ipotetiche — Verifica da parte della Corte
della propria competenza
(Art. 234 CE)
2. Politica sociale — Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile — Accesso al lavoro e condizioni di lavoro
— Parità di trattamento — Direttiva 76/207 — Principio del controllo giurisdizionale effettivo — Carattere sufficiente di
un ricorso per responsabilità dello Stato dinanzi al giudice civile
(Direttiva del Consiglio 76/207/CEE, art. 6)
1. Il procedimento ex art. 234 CE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del
quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto comunitario necessari per risolvere le controversie
dinanzi ad essi pendenti. Nell’ambito di tale cooperazione, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta
la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari
circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria
sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice
nazionale vertono sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire.
Tuttavia, in ipotesi eccezionali, spetta alla Corte esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale al fine di
verificare la propria competenza. Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale
è possibile solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione
con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure qualora la Corte
non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono
sottoposte. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica
che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte è investita, che è quella di contribuire
all’amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali
o ipotetiche.
(v. punti 20-23)
2. L’art. 6 della direttiva 76/207, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne
per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, ai sensi
del quale tutti coloro che si ritengano lesi dalla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento
devono poter far valere i propri diritti per via giudiziaria, non precisa quale sia la giurisdizione cui gli Stati membri
devono affidare tale compito. Infatti, quando un soggetto che si ritenga leso dalla mancata applicazione nei propri confronti
del principio di parità di trattamento può far effettivamente valere i propri diritti dinanzi al giudice competente, l’obbligo
imposto dal detto art. 6 risulta soddisfatto.
Di conseguenza, risponde a tale obbligo la normativa di uno Stato membro che prevede, mediante le disposizioni generali in
materia di responsabilità dello Stato, la possibilità di avviare, dinanzi al giudice civile, un’azione generale per responsabilità
dello Stato diretta al riconoscimento del risarcimento del preteso danno subito in conseguenza di una decisione ritenuta illegittima
riguardo al principio della parità di trattamento tra uomini e donne e la cui applicazione è soggetta, in fatto e in diritto,
a più gradi di sindacato giurisdizionale dinanzi a detto giudice.
(v. punti 24, 26-28)
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 5 febbraio 2004(1)
Nel procedimento C-380/01,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Verwaltungsgerichtshof
(Austria) nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Gustav Schneider
e
Bundesminister für Justiz,
domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 6 della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione
del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione
e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40),
LA CORTE (Quinta Sezione),,
composta dal sig. P. Jann, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, dai sigg. C.W.A. Timmermans (relatore) e A. Rosas,
giudici,
avvocato generale: sig. S. Alber cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
–
per il Bundesminister für Justiz, dalla sig.ra C. Kren, in qualità di agente;
–
per il governo austriaco, dal sig. H. Dossi, in qualità di agente;
–
per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J. Sack e dalla sig.ra N. Yerrel, in qualità di agenti,
sentite le osservazioni orali del sig. Schneider, rappresentato dal sig. P. Ringhofer, Rechtsanwalt, del governo austriaco,
rappresentato dal sig. H. Dossi, e della Commissione, rappresentata dal sig. J. Sack e dalla sig.ra N. Yerrel, all'udienza
del 23 ottobre 2002,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 dicembre 2002,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
Con ordinanza 13 settembre 2001, pervenuta alla Corte il 4 ottobre seguente, il Verwaltungsgerichtshof ha sottoposto alla
Corte, a norma dell'art. 234 CE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'art. 6 della direttiva del
Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e
le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro
(GU L 39, pag. 40).
2
Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia tra il sig. Schneider e il Bundesminister für Justiz in merito
al rigetto, da parte di quest'ultimo, della domanda proposta dal sig. Schneider diretta ad ottenere il risarcimento del preteso
danno subito in conseguenza del fatto di non essere stato nominato giudice presso l'Oberlandesgericht Wien (Austria).
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3
L'art. 1, n. 1, della direttiva 76/207 così recita:
«Scopo della presente direttiva è l’attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento fra uomini e donne
per quanto riguarda l’accesso al lavoro, ivi compreso la promozione, e l’accesso alla formazione professionale, nonché le
condizioni di lavoro e, alle condizioni di cui al paragrafo 2, la sicurezza sociale. Tale principio è denominato qui appresso
“principio della parità di trattamento”».
4
Il successivo art. 6 della direttiva medesima così dispone:
«Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici interni le misure necessarie per permettere a tutti coloro
che si ritengano lesi dalla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, ai sensi degli
articoli 3, 4 e 5, di far valere i propri diritti per via giudiziaria, eventualmente dopo aver fatto ricorso ad altre istanze
competenti».
La normativa nazionale
5
In Austria l'azione generale per responsabilità dello Stato può essere proposta sulla base dell'art. 1, n. 1, dell'Amtshaftungsgesetz
(legge in materia di responsabilità della Pubblica amministrazione; in prosieguo: l'«AHG»). Tale azione per responsabilità
dello Stato dev'essere proposta dinanzi al giudice civile.
6
L’art. 15 del Bundes‑Gleichbehandlungsgesetz (legge federale in materia di parità di trattamento, BGBl. I, 1993/100; in prosieguo:
il «B‑GBG») prevede che, nel caso in cui a un dipendente pubblico di sesso maschile o di sesso femminile venga negato un posto
in conseguenza di una violazione da parte dello Stato del principio di parità di trattamento sancito dall'art. 3, punto 5,
del B‑GBG, lo Stato è tenuto al risarcimento del danno subito. Quest'ultima disposizione vieta qualsiasi discriminazione nell'ambito
della progressione della carriera, in particolare con riguardo alle promozioni e alla destinazione a funzioni meglio retribuite.
7
Ai termini dell’art. 19, secondo comma, del B‑GBG, i dipendenti pubblici interessati devono far valere nei confronti dello
Stato, entro il termine di sei mesi, i diritti loro riconosciuti dall'art. 15 della medesima legge, presentando istanza presso
l'amministrazione di cui sono dipendenti. La relativa decisione può essere impugnata dinanzi al Verwaltungsgerichtshof, che
costituisce un giudice amministrativo, nell'ambito dello specifico procedimento previsto dall'art. 130 del Bundes‑Verfassungsgesetz
(legge costituzionale federale).
Causa principale e questione pregiudiziale
8
Il sig. Schneider, nato nel 1953, è giudice presso l'Arbeits‑ und Sozialgericht Wien (Austria). In una duplice occasione,
nel 1997 e nel 1998, si candidava per l'assegnazione di un posto specializzato presso l'Oberlandesgericht Wien, corrispondente
alle sue competenze. In entrambi i casi veniva data preferenza a una candidata più giovane, sia per età sia per anzianità
di servizio, sulla base del rilievo che altrimenti non sarebbe stata rispettata la quota riservata per la promozione della
donna.
9
A seguito di tali decisioni, il sig. Schneider avviava l'azione per responsabilità generale dello Stato ai sensi dell'AHG
dinanzi al Landesgericht für Zivilrechtssachen Wien (Tribunale civile di Vienna), al fine di ottenere il risarcimento del
preteso danno subito. A tale riguardo, faceva valere che nelle decisioni relative alla promozione non si era tenuto conto
di elementi inerenti alla sua persona. Tanto il ricorso quanto il successivo appello dinanzi all'Oberlandesgericht Wien venivano
respinti. Il sig. Schneider proponeva quindi ricorso per «Revision» dinanzi all’Oberster Gerichtshof. Con decisione 30 gennaio
2001 quest'ultimo respingeva il ricorso. Richiamandosi alla giurisprudenza della Corte relativa al principio di parità di
trattamento nell'ambito della direttiva 76/207 (sentenze 17 ottobre 1995, causa C‑450/93, Kalanke, Racc. pag. I‑3051; 11 novembre
1997, causa C‑409/95, Marschall, Racc. pag. I‑6363; 28 marzo 2000, causa C‑158/97, Badeck e a., Racc. pag. I‑1875, e 6 luglio
2000, causa C‑407/98, Abrahamsson e Anderson, Racc. pag. I‑5539), l'Oberster Gericthshof riteneva che la normativa austriaca
in materia di promozione della donna, difettando di clausola di riserva, non fosse compatibile con la normativa comunitaria.
Il detto giudice rilevava tuttavia l'inesistenza di un nesso di causalità tra la violazione della legge e il preteso pregiudizio.
A suo parere, il sig. Schneider non avrebbe invocato alcuna circostanza che, in presenza di una clausola di riserva, avrebbe
dovuto essere presa in considerazione a suo vantaggio.
10
Con lettera 11 gennaio 1999 il sig. Schneider aveva peraltro chiesto al Bundesminister für Justiz il risarcimento del preteso
danno subito per non essere stato nominato giudice presso l’Oberlandesgericht Wien a seguito della domanda presentata in data
14 aprile 1998. Tale domanda, basata sul B‑GBG, veniva respinta dal detto Ministro (in prosieguo: la «decisione di rigetto»).
11
Il sig. Schneider impugnava tale decisione di rigetto dinanzi al Verwaltungsgerichtshof sostenendone l'illegittimità, in quanto
la normativa applicabile obbligherebbe la persona lesa a chiedere il risarcimento del danno subito all'autorità autrice del
danno stesso. Il sig. Schneider sosteneva parimenti che il sindacato giurisdizionale operato su tale decisione dal Verwaltungsgerichtshof,
quale giudice di cassazione, non rispondeva ai requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva. A tale giudice sarebbe infatti
del tutto precluso «conoscere della valutazione delle prove», ragion per cui le questioni di fatto ricadrebbero in definitiva
nella competenza dell'autorità amministrativa.
12
Nell'ordinanza di rinvio il Verwaltungsgerichtshof sottolinea che il ricorso dinanzi ad esso proposto costituisce, per sua
natura, un ricorso per cassazione. In quanto giudice di cassazione, il sindacato del Verwaltungsgerichtshof in punto di fatto
sarebbe limitato. Ciò premesso e alla luce della giurisprudenza della Corte, il Verwaltungsgerichtshof ritiene quanto meno
dubbio che la tutela giurisdizionale riconosciuta nella specie unicamente dal medesimo risponda in misura sufficiente agli
obblighi imposti dal diritto comunitario ai sensi dell'art. 6 della direttiva 76/207.
13
Ciò premesso, ritenendo la decisione su tale questione necessaria ai fini della soluzione della controversia dinanzi ad esso
pendente, il Verwaltungsgerichtshof decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente
questione pregiudiziale:
«Se l'art. 6 della direttiva del Consiglio 76/207 (...) debba essere interpretato nel senso che l'obbligo, prescritto da tale
articolo, di consentire a chiunque di poter far valere i propri diritti per via giudiziaria (nel caso di specie un'azione
di risarcimento danni) non sia sufficientemente rispettato, essendo prevista la sola possibilità di ricorso al Verwaltungsgerichtshof
austriaco, in considerazione della sua competenza limitata (giudice di legittimità)».
14
Successivamente alla presentazione delle conclusioni dell'avvocato generale, il Verwaltungsgerichtshof trasmetteva alla Corte
un'ordinanza, pronunciata in data 26 marzo 2003, in cui formulava osservazioni in ordine alla connessione esistente tra il
procedimento relativo alla domanda di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 15, n. 1, del B‑GBG e quella relativa all'azione
civile di risarcimento ai sensi dell'art. 1, n. 1, dell'AHG.
Sulla ricevibilità della questione pregiudiziale
15
In risposta a un quesito scritto posto dalla Corte in ordine alla connessione tra i due procedimenti avviati dal sig. Schneider,
l'uno dinanzi al Landesgericht für Zivilrechtsachen Wien e l'altro dinanzi al Verwaltungsgerichtshof, il governo austriaco
fa presente che la proposizione di un ricorso per responsabilità dello Stato dinanzi all'autorità giudiziaria civile non può
precludere o limitare la proposizione di un ricorso amministrativo per responsabilità dello Stato fondato sulle disposizioni
del B‑GBG. Il detto governo sottolinea che, viceversa, in caso di azione proposta dinanzi al giudice amministrativo per violazione
delle disposizioni del B‑GBG, il giudice civile resta competente, per effetto della sua giurisdizione generale, a conoscere
delle controversie vertenti sulla responsabilità dello Stato. Conseguentemente, azioni del genere di quelle oggetto della
causa principale possono essere proposte, in Austria, al tempo stesso dinanzi al giudice civile e a quello amministrativo.
16
Il governo austriaco precisa che la cosa giudicata civile non vincola, in linea di principio, il giudice amministrativo e
viceversa. Infatti, poiché le decisioni dei giudici civili e dei giudici amministrativi hanno oggetto diverso, l'eventuale
pronuncia del giudice civile che dichiari infondata la domanda dinanzi ad esso dedotta non vincolerebbe il giudice amministrativo
nella decisione sulla fondatezza dell'azione dinanzi ad esso proposta.
17
Peraltro, dalla detta risposta del governo austriaco emerge che il sig. Schneider ha proposto ricorso per responsabilità dello
Stato sulla base dell'AHG per pretesa insufficiente trasposizione dell'art. 2, n. 4, della direttiva 76/207 e che i giudici
civili, successivamente aditi, hanno respinto la domanda del sig. Schneider sulla base del rilievo che non sussisteva un nesso
diretto tra la pretesa violazione del diritto comunitario, vale a dire l'assenza di una clausola di riserva, e il pregiudizio
invocato.
18
La Commissione delle Comunità europee osserva, in limine, che, considerato che l'azione per responsabilità dello Stato proposta
dal sig. Schneider dinanzi al Landesgericht für Zivilrechtsachen Wien e all'Oberlandesgericht Wien ha consentito di ottenere,
nella causa principale, un sindacato completo, in fatto e in diritto, sulla decisione del Bundesminister für Justiz, le restrizioni
derivanti dal procedimento amministrativo parallelamente avviato potrebbero restare irrilevanti. Infatti, qualora i procedimenti
avviati dinanzi ai giudici civili siano conformi ai requisiti dettati dall'art. 6 della direttiva 76/207, nella causa principale
risulterebbero soddisfatti gli obblighi imposti dal diritto comunitario al riguardo e la questione pregiudiziale diverrebbe
quindi irricevibile. Benché i procedimenti di cui trattasi dinanzi ai giudici civili ed amministrativi siano differenti e
fondati su normative distinte, un procedimento diretto al riconoscimento del risarcimento del danno mirerebbe, in ultima analisi,
allo stesso risultato di un procedimento avviato dinanzi al giudice amministrativo.
19
In considerazione dell'ordinanza del Verwaltungsgerichtshof 26 marzo 2003, pervenuta alla Corte successivamente alle conclusioni
dell'avvocato generale, la Corte rammenta, in limine, che la fase orale del procedimento dinanzi ad essa pendente è stata
chiusa successivamente alla presentazione delle dette conclusioni. Tuttavia, la Corte disponeva della facoltà, sulla base
del proprio regolamento di procedura, di riaprire la fase orale e di notificare, a seguito di tale riapertura, la detta ordinanza
alle parti della causa principale e agli altri soggetti interessati nel procedimento pregiudiziale al fine di consentire loro
la presentazione di osservazioni in merito. Nella specie, la Corte ha ritenuto che non sussistessero motivi per disporre la
riapertura della fase orale e ne ha informato il giudice del rinvio nonché le parti della causa principale, gli Stati membri
e le istituzioni che le hanno presentato osservazioni.
20
Per quanto attiene alla questione pregiudiziale, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento ex
art. 234 CE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce
ai secondi gli elementi d'interpretazione del diritto comunitario necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi
pendenti (v. sentenza 16 luglio 1992, causa C‑83/91, Meilicke, Racc. pag. I‑4871, punto 22; ordinanze 9 agosto 1994, causa
C‑378/93, La Pyramide, Racc. pag. I‑3999, punto 10, e 25 maggio 1998, causa C‑361/97, Nour, Racc. pag. I‑3101, punto 10).
21
Nell'ambito di tale cooperazione, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che
deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze
di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza
sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale
vertono sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v. sentenze 15 dicembre
1995, causa C‑415/93, Bosman, Racc. pag. I‑4921, punto 59; 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099,
punto 38, e 22 gennaio 2002, causa C‑390/99, Canal Satélite Digital, Racc. pag. I‑607, punto 18).
22
Tuttavia, la Corte ha parimenti affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui è adita dal
giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza. Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata
da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta
non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica
oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni
che le vengono sottoposte (v. citate sentenze PreussenElektra, punto 39, e Canal Satélite Digital, punto 19).
23
Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica che il giudice
nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte è investita, che è quella di contribuire all’amministrazione
della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (citata
sentenza Meilicke, punto 25, e la giurisprudenza ivi citata).
24
Si deve sottolineare che l'art. 6 della direttiva 76/207, ai sensi del quale tutti coloro che si ritengano lesi dalla mancata
applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento devono poter far valere i propri diritti per via
giudiziaria, non precisa quale sia la giurisdizione cui gli Stati membri devono affidare tale compito. Infatti, quando un
soggetto che si ritenga leso dalla mancata applicazione nei propri confronti del principio di parità di trattamento può far
effettivamente valere i propri diritti dinanzi al giudice competente, l'obbligo imposto dal detto art. 6 risulta soddisfatto.
25
La direttiva 76/207 è stata trasposta nell'ordinamento austriaco per mezzo del B‑GBG, la cui applicazione può essere contestata
dinanzi all'autorità amministrativa e, successivamente, dinanzi al giudice amministrativo.
26
Tuttavia, come emerge dagli atti di causa presentati dinanzi alla Corte, in Austria sussiste parimenti la possibilità di avviare,
dinanzi al giudice civile, un'azione generale per responsabilità dello Stato fondata sull'art. 1, n. 1, dell'AHG, diretta
al riconoscimento del risarcimento del preteso danno subito in conseguenza di una decisione ritenuta illegittima riguardo
al principio della parità di trattamento tra uomini e donne nella promozione di dipendenti pubblici e di magistrati.
27
Pertanto, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 35 delle sue conclusioni, l’ordinamento giuridico austriaco offre
– mediante le disposizioni generali in materia di responsabilità dello Stato, la cui applicazione è soggetta, in fatto e in
diritto, a sindacato giurisdizionale di triplice grado dinanzi all’autorità giudiziaria civile – un rimedio giurisdizionale
con il quale il singolo può far valere la mancata applicazione nei suoi confronti del principio della parità di trattamento.
28
Non può contestarsi che tale rimedio giurisdizionale risponde all'esigenza di una tutela giurisdizionale adeguata ed effettiva,
come imposto dall'art. 6 della direttiva 76/207.
29
Orbene, nella causa principale, è pacifico che il sig. Schneider ha avviato procedimenti dinanzi al Landesgericht Wien e all'Oberlandesgericht
Wien, nonché dinanzi all'Oberster Gerichtshof, al fine di ottenere il risarcimento del preteso danno subito per effetto della
violazione, ad opera della decisione di rigetto, del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.
30
Pertanto, in un sistema giurisdizionale come quello oggetto della causa principale, l'obbligo imposto dall'art. 6 della direttiva
76/207 risulta pienamente soddisfatto in considerazione dei rimedi per responsabilità dello Stato, esperibili dinanzi ai giudici
civili in virtù di disposizioni generali come quelle dell'AHG, di cui il sig. Schneider si è avvalso.
31
Ciò premesso, la questione se il procedimento dinanzi al giudice amministrativo soddisfi i requisiti imposti dall'art. 6 della
direttiva 76/207 non è pertinente ai fini della soluzione della controversia principale, ragion per cui la questione pregiudiziale
è ipotetica. Come emerge dai punti 22 e 23 della presente sentenza, la Corte non è quindi competente a risolvere una siffatta
questione.
32
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve quindi rilevare che la questione pregiudiziale è irricevibile.
Sulle spese
33
Le spese sostenute dal governo austriaco e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar
luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Quinta Sezione),
pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Verwaltungsgerichtshof (Austria) con ordinanza pervenuta alla Corte il 4 ottobre
2001, dichiara:
La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof con ordinanza 13 settembre 2001 è irricevibile.
Jann
Timmermans
Rosas
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 febbraio 2004.