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Document 62001CJ0063

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 4 dicembre 2003.
    Samuel Sidney Evans contro The Secretary of State for the Environment, Transport and the Regions e The Motor Insurers' Bureau.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division - Regno Unito.
    Ravvicinamento delle legislazioni - Direttiva 84/5/CEE - Assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli - Danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati - Tutela delle vittime - Inadeguata trasposizione della direttiva - Responsabilità dello Stato membro.
    Causa C-63/01.

    Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-14447

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2003:650

    62001J0063

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 4 dicembre 2003. - Samuel Sidney Evans contro The Secretary of State for the Environment, Transport and the Regions e The Motor Insurers' Bureau. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division - Regno Unito. - Ravvicinamento delle legislazioni - Direttiva 84/5/CEE - Assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli - Danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati - Tutela delle vittime - Inadeguata trasposizione della direttiva - Responsabilità dello Stato membro. - Causa C-63/01.

    raccolta della giurisprudenza 2003 pagina 00000


    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parti


    Nel procedimento C-63/01,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division (Regno Unito), nella causa dinanzi ad essa pendente tra

    Samuel Sidney Evans

    e

    The Secretary of State for Environment, Transport and the Regions,

    The Motor Insurers' Bureau,

    domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 1, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli (GU L 8, pag. 17),

    LA CORTE (Quinta Sezione)

    composta dal sig. P. Jann (relatore), facente funzione di presidente della Quinta Sezione, dai sigg. D.A.O. Edward e S. von Bahr, giudici,

    avvocato generale: sig. S. Alber

    cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

    viste le osservazioni scritte presentate:

    - per il sig. Evans, dai sigg. R. Plender, QC, e D. Broatch, barrister;

    - per il Motor Insurers' Bureau, dai sigg. D. O'Brien, QC, e F. Randolph, barrister;

    - per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra G. Amodeo, in qualità di agente, assistita dal sig. P. Roth, QC, e dalla sig.ra H. Davies, barrister;

    - per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra C. Tufvesson nonché dai sigg. C. Ladenburger e M. Shotter, in qualità di agenti,

    vista la relazione d'udienza,

    sentite le osservazioni orali del sig. Evans, rappresentato dai sigg. R. Plender e D. Broatch, del Motor Insurers' Bureau, rappresentato dai sigg. D. O'Brien e F. Randolph, del governo del Regno Unito, rappresentato dal sig. J.E. Collins, in qualità di agente, dal sig. P. Roth e dalla sig.ra H. Davies, e della Commissione, rappresentata dal sig. M. Shotter, all'udienza dell'11 luglio 2002,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 24 ottobre 2002,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1. Con ordinanza 17 maggio 2000, prevenuta alla Corte il 13 febbraio 2001, la High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division ha sottoposto, ai sensi dell'art. 234 CE, cinque questioni pregiudiziali sull'interpretazione dell'art. 1, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli (GU L 8, pag. 17; in prosieguo: la «seconda direttiva»).

    2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia che oppone il sig. Evans al Secretary of State for the Environment, Transport and the Regions (in prosieguo: il «Secretary of State») e al Motor Insurers' Bureau (in prosieguo: il «MIB») relativamente al risarcimento del danno subito dal sig. Evans in un incidente stradale nel quale era coinvolto un autoveicolo non identificato.

    Ambito normativo

    La normativa comunitaria

    3. L'art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 24 aprile 1972, 72/166/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e di controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità (GU L 103, pag. 1; in prosieguo: la «prima direttiva»), stabilisce:

    «1. Ogni Stato membro adotta tutte le misure necessarie, fatta salva l'applicazione dell'articolo 4, affinché la responsabilità civile relativa alla circolazione dei veicoli che stazionano abitualmente nel suo territorio sia coperta da un'assicurazione. I danni coperti e le modalità dell'assicurazione sono determinati nell'ambito di tali misure».

    4. L'art. 1 della seconda direttiva è così formulato:

    «1. L'assicurazione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 72/166/CEE copre obbligatoriamente i danni alle cose e i danni alle persone.

    2. Salvo importi maggiori di garanzia eventualmente prescritti dagli Stati membri, ciascuno Stato membro esige che gli importi per i quali tale assicurazione è obbligatoria ammontino:

    - per i danni alle persone, ad almeno 350 000 ECU quando vi sia una sola vittima; quando vi siano più vittime implicate in uno stesso sinistro questo importo si moltiplica per il loro numero;

    - per i danni alle cose, ad almeno 100 000 ECU per ciascun sinistro indipendentemente dal numero delle vittime.

    Gli Stati membri possono prevedere, in sostituzione degli importi minimi di cui sopra, un importo minimo di 500 000 ECU per i danni alle persone, qualora vi siano più vittime di uno stesso sinistro ovvero, per i danni alle persone e alle cose, un importo minimo globale di 600 000 ECU per sinistro, indipendentemente dal numero delle vittime o dalla natura dei danni.

    (...)

    4. Ciascuno Stato membro crea o autorizza un organismo con il compito di rimborsare, almeno entro i limiti dell'obbligo di assicurazione, i danni alle cose o alle persone causati da un veicolo non identificato o per il quale non vi è stato adempimento dell'obbligo di assicurazione conformemente al paragrafo 1. Questa disposizione lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di conferire o no all'intervento di questo organismo un carattere sussidiario, nonché quello di regolamentare le azioni tra questo organismo e il responsabile o i responsabili del sinistro ed altri assicuratori o istituti di sicurezza sociale che siano tenuti ad indennizzare la vittima per lo stesso sinistro.

    La vittima può in ogni caso rivolgersi direttamente a questo organismo che, in base a informazioni da essa fornitegli su sua richiesta, è tenuto a darle una risposta motivata circa il proprio intervento.

    Tuttavia gli Stati membri possono escludere dall'intervento di tale organismo le persone che per loro spontanea volontà hanno preso posto nel veicolo che ha causato il sinistro, se l'organismo può dimostrare che esse erano al corrente del fatto che il veicolo non era assicurato.

    Gli Stati membri possono limitare o escludere l'intervento di tale organismo in caso di danni alle cose causati da un veicolo non identificato.

    Essi possono parimenti autorizzare per i danni alle cose, causati da un veicolo non assicurato, una franchigia, opponibile alla vittima, non superiore a 500 ECU.

    Inoltre, ciascuno Stato membro applica all'intervento di tale organismo le proprie disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, fatta salva qualsiasi altra pratica più favorevole alle vittime».

    La normativa nazionale

    5. Nel Regno Unito, l'art. 1, n. 4, della seconda direttiva è stato attuato sotto forma di accordi tra il Secretary of State e il MIB.

    6. Il MIB è un ente di diritto privato i cui membri sono compagnie di assicurazione che offrono polizze assicurative nel settore automobilistico nel Regno Unito. Il suo compito principale è di indennizzare le vittime di incidenti causati da autoveicoli non assicurati o non identificati.

    7. Il regime d'indennizzo, istituito prima dell'adesione del Regno Unito alla Comunità, si basa su due serie di accordi conclusi tra il Secretary of State e il MIB: il Motor Insurers' Bureau (Compensation of Victims of Uninsured Drivers) Agreement (accordo relativo all'indennizzo delle vittime di conducenti non assicurati) e il Motor Insurers' Bureau (Compensation of Victims of Untraced Drivers) Agreement (accordo relativo all'indennizzo delle vittime di conducenti non identificati; in prosieguo: l'«accordo»).

    8. Le disposizioni pertinenti, per la causa principale, dell'accordo sono le seguenti:

    - L'accordo si applica in tutti i casi in cui al MIB viene presentata una domanda diretta ad ottenere un indennizzo per morte o lesioni personali derivanti dall'uso di un autoveicolo su strada in Gran Bretagna allorché, salvo talune condizioni senza rilevanza nella fattispecie, colui che chiede l'indennizzo non è in grado di trovare un responsabile per la morte o le lesioni personali (clausola 1).

    - Il MIB è tenuto, allorché viene ad esso presentata una domanda in un caso al quale si applica l'accordo, a pagare una somma che deve essere determinata allo stesso modo in cui un giudice quantificherebbe, applicando le norme giuridiche vigenti in materia, l'importo del risarcimento che il richiedente sarebbe stato legittimato ad ottenere dal responsabile non identificato (clausola 3).

    - Il MIB è tenuto ad esaminare qualsiasi domanda di indennizzo ad esso presentata in osservanza dell'accordo e a decidere se debba essere accolta (clausola 7).

    - Il MIB è tenuto a notificare al richiedente una decisione motivata circa il suo intervento. Allorché occorre concedere un indennizzo, il MIB notifica al richiedente l'importo che intende versargli, precisando il metodo secondo cui è stato calcolato l'indennizzo. Se il richiedente decide di accettare questo indennizzo, il MIB è tenuto a versargliene l'importo (clausole 9 e 10).

    - Il richiedente può impugnare ciascuna delle decisioni del MIB dinanzi a un arbitro (clausola 11).

    - Prima dell'impugnazione, il richiedente ha il diritto di presentare osservazioni al MIB sulla decisione e di accludervi ulteriore materiale probatorio in merito alla propria richiesta. Il MIB può esaminare questi nuovi elementi e deve comunicare al richiedente l'esito di tale esame nonché ogni modifica apportata alla decisione (clausola 13).

    - Nello statuire sul ricorso, l'arbitro decide se il MIB abbia l'obbligo di versare un indennizzo ai sensi dell'accordo e, in caso affermativo, determina l'importo che il MIB deve versare al richiedente (clausola 16).

    - L'arbitro viene scelto su un elenco di arbitri composto da avvocati della Corona (Queen's Counsels) designati dal Lord Chancellor o dal Lord Advocate (clausola 18).

    - L'arbitro decide sull'impugnazione basandosi sui documenti ad esso sottoposti, benché possa invitare il MIB a procedere a indagini supplementari, sul cui risultato il richiedente ha il diritto di presentare osservazioni (clausola 17).

    - Ognuna delle parti nel procedimento arbitrale sopporta le proprie spese (clausola 21). Il MIB ha l'obbligo di pagare gli onorari dell'arbitro, salvo nel caso in cui quest'ultimo ritenga che non vi fossero motivi che giustificassero ragionevolmente la presentazione del ricorso, nel qual caso l'arbitro può decidere che il richiedente è tenuto a corrispondere gli onorari (clausola 22).

    9. L'accordo non contiene alcuna disposizione esplicita né in merito agli interessi da pagare sull'indennizzo concesso né sul rimborso delle spese relative al procedimento dinanzi al MIB.

    Causa principale e questioni pregiudiziali

    10. Il 25 dicembre 1991 il sig. Evans è stato investito da un autoveicolo non identificato che gli ha causato un danno personale.

    11. L'11 giugno 1992 il sig. Evans ha presentato al MIB una domanda di indennizzo sulla base dell'accordo.

    12. L'11 gennaio 1996 il MIB ha comunicato al sig. Evans che aveva deciso di fissare l'indennizzo a GBP 50 000.

    13. Il sig. Evans ha presentato un ricorso contro questa decisione.

    14. Il 27 agosto 1996 l'arbitro ha pronunciato il suo lodo. Egli ha ritenuto che, sulla base di una responsabilità integrale, l'indennizzo da versare al sig. Evans sarebbe stato di GBP 58 286, ma che occorreva ridurlo del 20% per tener conto del suo concorso di colpa, il che riduceva l'indennizzo a GBP 46 629. Tenuto conto di taluni elementi di prova, l'arbitro ha inoltre ritenuto che il sig. Evans avesse dato prova di malafede e, di conseguenza, l'ha condannato a pagare i suoi onorari. L'arbitro non ha concesso interessi sull'indennizzo attribuito.

    15. Il MIB ha versato al sig. Evans l'importo di GBP 46 629, oltre all'importo di GBP 770, corrispondente alle spese sostenute dal rappresentante del sig. Evans, ad un importo di GBP 150, concesso a titolo facoltativo, e all'IVA.

    16. Nel dicembre 1996 il sig. Evans è stato autorizzato ad impugnare il lodo dinanzi alla High Court per quanto riguarda il rifiuto di concedere gli interessi. Tale ricorso è stato respinto. Nel settembre 1998, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito) ha respinto un ulteriore ricorso del sig. Evans. Nel gennaio 1999, la House of Lords (Regno Unito)ha rifiutato di autorizzarlo ad interporre appello.

    17. Il 25 febbraio 1999 il sig. Evans ha presentato un ricorso contro il Secretary of State, Ministero incaricato dell'attuazione nel Regno Unito della prima e della seconda direttiva. Il sig. Evans ha fatto valere, in sostanza, che il Regno Unito ha omesso di dare attuazione alla seconda direttiva o di non averla attuata correttamente relativamente ai punti seguenti:

    - l'accordo non contiene alcuna disposizione relativa alla concessione degli interessi sull'indennizzo attribuito;

    - l'accordo non contiene nemmeno alcuna disposizione relativa al rimborso delle spese sostenute dalle vittime nell'ambito del procedimento di indennizzo;

    - le vittime non hanno un accesso sufficiente al giudice in quanto dispongono di una legittimazione ad agire integrale contro la decisione del MIB solo dinanzi a un arbitro e non dinanzi a un giudice;

    - il Regno Unito ha omesso di autorizzare debitamente un organismo incaricato di concedere un indennizzo alle vittime di autoveicoli non identificati, come impone la seconda direttiva, in quanto l'accordo non fa sorgere diritti che le dette vittime possono far valere direttamente nei confronti del MIB

    18. Il sig. Evans sostiene che queste lacune nella trasposizione della seconda direttiva gli hanno causato un danno e che costituiscono una violazione sufficientemente caratterizzata del diritto comunitario da consentirgli di richiedere un indennizzo al Secretary of State.

    19. In tale contesto, la High Court of Justice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1) Secondo la corretta interpretazione della direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli (in prosieguo: la seconda direttiva in materia di assicurazione auto):

    a) se gli accordi riguardanti la concessione di un risarcimento da parte dell'organismo istituito o autorizzato ai sensi dell'art. 1, n. 4, debbano includere il versamento di interessi sulle somme di cui viene accertato l'obbligo di pagamento per danni patrimoniali alle cose o per danni alle persone;

    b) in caso di soluzione in senso affermativo della prima questione sub a), a decorrere da quale data e su quale base debbano essere calcolati gli interessi.

    2) Secondo la corretta interpretazione dell'art. 1, n. 4, della seconda direttiva in materia di assicurazione auto, nei casi in cui lo stesso organismo incaricato del risarcimento abbia un obbligo di accertare la lesione e il danno della vittima (e di sopportarne l'onere, comprese le spese di referti medici e altri):

    a) se gli accordi riguardanti la concessione di un risarcimento da parte dell'organismo comprendano la previsione del pagamento delle spese sostenute da una vittima per preparare e presentare la sua domanda di risarcimento a tale organismo;

    b) in caso di soluzione in senso affermativo della seconda questione sub a), su quale base debbano essere calcolate tali spese nel caso in cui tale organismo abbia fatto alla vittima un'offerta superiore alla somma alla fine da quest'ultima ottenuta, offerta che la vittima abbia rifiutato di accettare.

    3) Secondo la corretta interpretazione dell'art. 1, n. 4, della seconda direttiva in materia di assicurazione auto, ove la domanda di risarcimento della vittima sia liquidata da un organismo di natura non giurisdizionale, se la vittima stessa abbia un pieno diritto di impugnare tale liquidazione in via giudiziale, sia su questioni di fatto che su questioni di diritto, anziché un diritto ad un'impugnazione dinanzi ad un arbitro indipendente, impugnazione avente le seguenti caratteristiche principali:

    i) la vittima può rivolgersi all'arbitro sia su questioni di fatto che su questioni di diritto;

    ii) nel notificare l'impugnazione, la vittima può presentare ulteriori argomenti e produrre, all'organismo incaricato del risarcimento, ulteriori prove sulla base delle quali esso può modificare la propria decisione sull'indennizzo prima dell'impugnazione;

    iii) alla vittima viene fornita in anticipo copia di tutti i documenti da fornire all'arbitro e le è data la possibilità di aggiungere qualsiasi documento in risposta;

    iv) l'arbitro pronuncia, senza trattazione orale, un lodo in cui esso decide l'indennizzo che l'organismo incaricato del risarcimento deve corrispondere e motiva tale decisione;

    v) se la vittima non è soddisfatta, essa ha diritto d'impugnare il lodo arbitrale dinanzi al giudice ordinario, ma può farlo solo in base a gravi irregolarità che viziano l'arbitrato o per questioni di diritto (compresa la questione se vi fossero prove a sostegno di una certa conclusione dell'arbitro o se sulla base delle prove nessun arbitro potesse ragionevolmente pervenire a una data conclusione), e, in caso di impugnazione su una questione di diritto, dev'essere ottenuta dal giudice un'autorizzazione all'impugnazione, autorizzazione che verrà concessa solo ove la decisione dell'arbitro sia chiaramente errata e appaia giusto ed equo, alla luce di tutte le circostanze, che il giudice decida la questione.

    4) In caso di soluzione in senso affermativo della prima questione 1, sub a), e/o della seconda questione, sub a), e/o della terza questione, se uno Stato membro abbia debitamente autorizzato un organismo ai sensi dell'art. 1, n. 4, della seconda direttiva in materia di assicurazione auto, qualora un organismo esistente abbia il compito di risarcire le vittime solo in base ad un accordo con la competente autorità dello Stato membro, che non corrisponda alla seconda direttiva in materia di assicurazione auto sotto tali profili, e:

    a) tale accordo crei un obbligo legale, nei confronti della competente autorità dello Stato membro, di risarcire le vittime che sia direttamente azionabile da parte dell'autorità competente mentre non conferisce a tali vittime un diritto soggettivo direttamente azionabile di ricorrere contro tale organismo, ma la vittima possa rivolgersi al giudice chiedendo che alla detta autorità venga ingiunto di dare esecuzione all'accordo ove la stessa dovesse omettere di farlo; e

    b) tale organismo adempia il detto obbligo accogliendo e liquidando domande provenienti da vittime ai sensi di tale accordo; e

    c) lo Stato membro abbia ritenuto in buona fede che la conclusione di tale accordo desse alle vittime una tutela almeno equivalente a quella derivante dai dettami della seconda direttiva in materia di assicurazione auto.

    5) In caso di soluzione in senso affermativo di una della prima questione, sub a), o della seconda questione, sub a), o della terza questione, e/o di soluzione in senso negativo della quarta questione, se un'inosservanza della seconda direttiva in materia di assicurazione auto sotto tale profilo costituisca, da parte di uno Stato membro, un'infrazione sufficientemente grave da far sorgere una responsabilità per danni ai sensi del diritto comunitario ove sia accertata la sussistenza di tale danno».

    Sulle questioni pregiudiziali

    20. Le questioni poste, che occorre trattare congiuntamente, sollevano una serie di problemi concernenti la natura dell'organismo che gli Stati membri sono tenuti ad istituire al fine di assicurare l'attuazione della seconda direttiva (quarta questione), i mezzi di ricorso di cui devono disporre le vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o per i quali non è stato soddisfatto l'obbligo di assicurazione (in prosieguo: gli «autoveicoli insufficientemente assicurati», terza e quarta questione), la necessità di prevedere il pagamento di interessi sulle somme versate alle vittime dall'organismo sopra indicato (prima questione), la necessità di prevedere il rimborso delle spese sostenute dalle vittime per il trattamento della loro domanda di risarcimento (seconda questione) e l'eventuale responsabilità dello Stato membro interessato per erronea attuazione della seconda direttiva (quinta questione).

    Osservazioni preliminari

    21. Occorre, in via preliminare, esaminare la natura del sistema che la seconda direttiva intende istituire a beneficio delle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati.

    22. A differenza della vittima di danni causati da un autoveicolo identificato, la vittima di danni causati da un autoveicolo non identificato si trova normalmente nell'impossibilità di far valere il suo diritto al risarcimento dinanzi ai giudici a causa dell'impossibilità di identificare il convenuto.

    23. Per quanto riguarda un veicolo insufficientemente assicurato, anche se la vittima è in grado di identificare il convenuto al fine di agire in giudizio contro di esso, una tale azione rischia di rivelarsi molto spesso inutile poiché il convenuto non dispone dei mezzi finanziari necessari per dare esecuzione alla sentenza pronunciata nei suoi confronti, o anche per pagare le spese sostenute nell'ambito dell'azione giudiziaria.

    24. In tale contesto l'art. 1, n. 4, primo comma, della seconda direttiva prevede che ciascuno Stato membro crea o autorizza un organismo con il compito di concedere una compensazione, almeno entro i limiti dell'obbligo di assicurazione, dei danni alle cose o alle persone causati da un autoveicolo non identificato o insufficientemente assicurato.

    25. L'obbligo di assicurazione, previsto dall'art. 3, n. 1, della prima direttiva, copre, quanto meno entro il limite degli importi minimi di garanzia fissati dal legislatore comunitario, la responsabilità civile risultante dalla circolazione degli autoveicoli.

    26. Per quanto riguarda la portata dell'obbligo di assicurazione, il quinto considerando' della seconda direttiva indica che gli importi a concorrenza dei quali l'assicurazione è obbligatoria devono consentire comunque di garantire alle vittime un «indennizzo sufficiente».

    27. Risulta quindi che l'intenzione del legislatore comunitario era di conferire alle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati una tutela equivalente e avente la stessa efficacia di quella di cui beneficiano le vittime di danni causati da autoveicoli identificati e assicurati.

    28. Occorre tuttavia sottolineare che, per soddisfare i requisiti della seconda direttiva, l'organismo incaricato di concedere la compensazione non deve essere necessariamente equiparato, per quanto riguarda la responsabilità civile, a un convenuto quale il conducente di un autoveicolo identificato e sufficientemente assicurato.

    Sulla natura dell'organismo di cui all'art. 1, n. 4, della seconda direttiva

    Osservazioni presentate alla Corte

    29. Secondo il sig. Evans, la seconda direttiva non è stata attuata nel Regno Unito con la forza vincolante richiesta per soddisfare il principio di certezza del diritto. Oltre al fatto che il risarcimento previsto dall'accordo non sarebbe completamente identico a quello previsto da questa direttiva, le vittime dovrebbero basarsi su un accordo cui non avrebbero partecipato e rimettersi a una semplice prassi del MIB, il quale si astiene dal far valere dinanzi ai giudici il fatto che il detto accordo non conferisce alle vittime diritti cui possono avvalersi nei suoi confronti.

    30. Il MIB e il governo del Regno Unito fanno presente che spetta agli Stati membri scegliere la forma dei provvedimenti di attuazione di una direttiva e che, allorché le disposizioni nazionali già in vigore sono conformi a quelle della direttiva, esse non devono essere modificate. A loro parere, il sistema istituito consente alle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati di rivolgersi direttamente al MIB

    31. Secondo la Commissione, il MIB sembra essere un organismo autorizzato ai sensi dell'art. 1, n. 4, della seconda direttiva, in quanto è stato incaricato dalle pubbliche autorità di adempiere i compiti previsti dalla seconda direttiva, è non solo abilitato, ma anche tenuto a indennizzare le vittime, le quali hanno il diritto di rivolgersi direttamente ad esso, e deve dare loro una risposta motivata. All'udienza la Commissione ha tuttavia manifestato dubbi circa la possibilità di interpretare ed applicare l'accordo in modo da garantire alle vittime l'integralità dei diritti che conferisce loro la seconda direttiva.

    Giudizio della Corte

    32. L'art. 1, n. 4, primo comma, della seconda direttiva non contiene alcuna disposizione relativa allo status giuridico dell'organismo, né alle modalità di autorizzazione di quest'ultimo. Tale norma lascia esplicitamente agli Stati membri la possibilità di conferire all'intervento dell'organismo un carattere sussidiario e consente loro di regolamentare le azioni tra questo organismo e i responsabili del sinistro nonché i rapporti con gli altri assicuratori o istituti di sicurezza sociale tenuti a indennizzare la vittima per lo stesso sinistro.

    33. Il secondo comma della stessa disposizione precisa tuttavia che la vittima di danni causati da un autoveicolo non identificato o insufficientemente assicurato deve poter rivolgersi direttamente all'organismo autorizzato che ha il compito di concederle una compensazione.

    34. Il fatto che la fonte dell'obbligo dell'organismo di cui trattasi risiede in un accordo concluso tra quest'ultimo e un'autorità pubblica è irrilevante, a condizione che questo accordo sia interpretato e applicato nel senso che obbliga il detto organismo a fornire alle vittime la compensazione che garantisce loro la seconda direttiva e nel senso che consente alle vittime di rivolgersi direttamente all'organismo incaricato di fornire loro questa compensazione.

    35. Per quanto riguarda la questione se sia sufficiente, ai fini dell'attuazione della seconda direttiva, fare riferimento a un organismo già esistente, occorre ricordare che, se è pacifico che la trasposizione di una direttiva non esige necessariamente un'attività legislativa in ciascuno Stato membro, è tuttavia indispensabile che l'ordinamento nazionale di cui trattasi garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva, che la situazione giuridica scaturente da tale ordinamento sia sufficientemente precisa e chiara e che i destinatari siano posti in grado di conoscere la piena portata dei loro diritti ed eventualmente di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (sentenze 23 marzo 1995, causa C-365/93, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-499, punto 9, e 10 maggio 2001, causa C-144/99, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3541, punto 17).

    36. Come la Corte ha già sottolineato, quest'ultima condizione è particolarmente importante nel caso in cui la direttiva in questione miri ad attribuire diritti ai cittadini di altri Stati membri (citate sentenze Commissione/Grecia, punto 9, e Commissione/Paesi Bassi, punto 18). Ora, ciò si verifica, per quanto riguarda la seconda direttiva, che mira in particolare, in base al suo quinto considerando', a garantire alle vittime una tutela sufficiente «a prescindere dallo Stato membro nel quale il sinistro è avvenuto».

    37. In tale contesto, occorre constatare che un organismo può essere considerato autorizzato da uno Stato membro, ai sensi dell'art. 1, n. 4, della direttiva, allorché il suo obbligo di concedere una compensazione alle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati trova la sua fonte in un accordo concluso tra quest'organismo e un'autorità pubblica dello Stato membro, a condizione che l'accordo sia interpretato ed applicato nel senso che obbliga l'organismo a fornire alle vittime la compensazione che garantisce loro la seconda direttiva e che le vittime possano rivolgersi direttamente a quest'organismo.

    Sui mezzi di ricorso della vittima

    Osservazioni presentate alla Corte

    38. Il sig. Evans sostiene che la procedura arbitrale prevista dall'accordo non è conforme ai requisiti del principio di un controllo giurisdizionale effettivo, come elaborati dalla giurisprudenza della Corte (sentenza 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punti 18 e 19), né a quelli di un equo processo ai sensi dell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Infatti, la vittima sarebbe privata del beneficio di un'udienza e potrebbe impugnare il lodo arbitrale solo basandosi su un'irregolarità grave del procedimento arbitrale o facendo valere una questione di diritto, a condizione, in quest'ultimo caso, di ottenere l'autorizzazione all'impugnazione.

    39. Questo regime procedurale costituirebbe anche una violazione del principio della parità di trattamento, che imporrebbe agli Stati membri di garantire alle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati la stessa tutela giurisdizionale di cui godono le vittime di danni causati da autoveicoli identificati, le quali, nel Regno Unito, possono adire direttamente un giudice.

    40. Il MIB e il governo del Regno Unito rilevano in via preliminare che l'art. 1, n. 4, della seconda direttiva, impone agli Stati membri solo un requisito minimo di tipo procedurale, ossia che la vittima di un danno causato da un autoveicolo non identificato deve poter rivolgersi direttamente all'organismo che ha il compito di indennizzarla. Per il resto, la seconda direttiva rinvierebbe ai regimi giuridici degli Stati membri.

    41. Il governo del Regno Unito fa rilevare che le procedure adottate per il trattamento di una domanda di indennizzo presentata dalla vittima di un danno causato da un autoveicolo non identificato, lungi dal rendere impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti che la vittima deriva dalla direttiva, le offrono una tutela strutturata in più gradi. La vittima di un danno causato da un autoveicolo non identificato si troverebbe, sotto taluni aspetti, in una situazione più favorevole rispetto alla vittima di un danno causato da un veicolo identificato ma non assicurato, in quanto il procedimento istituito consente spesso di trattare la controversia in maniera più rapida e meno dispendiosa rispetto a un procedimento giudiziario.

    42. Il MIB e il governo del Regno Unito fanno valere anche che, secondo la giurisprudenza stessa della Corte europea dei diritti dell'uomo, la questione se un procedimento soddisfi i requisiti posti dall'art. 6 della CEDU deve essere valutata tenendo conto del procedimento nel suo complesso, compreso il ruolo del giudice di appello (v. Cour eur. D.H.,sentenza Bryan contro Regno Unito del 22 novembre 1995, serie A, n. 335).

    43. Secondo la Commissione, spetta agli Stati membri assicurare un controllo giurisdizionale effettivo dei diritti che la seconda direttiva mira a conferire alle vittime di autoveicoli non identificati. Esaminando il sistema procedurale istituito nel Regno Unito essa ritiene che l'applicazione dei criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo potrebbe rivelare l'esistenza di lacune nel sistema vigente, in particolare per quanto riguarda lo status dell'arbitro, l'assenza di un'udienza che consenta di accertare i fatti e le limitazioni apportate al diritto d'impugnare il lodo arbitrale.

    Giudizio della Corte

    44. Occorre rilevare che l'art. 1, n. 4, secondo comma, della seconda direttiva si limita ad enunciare un requisito procedurale minimo prevedendo che le vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati devono avere la possibilità di rivolgersi direttamente all'organismo incaricato di concedere loro una compensazione (v. supra, punti 32-34 della presente sentenza), e che quest'ultimo è tenuto a dare loro una risposta motivata circa il suo intervento. In base alle informazioni di cui dispone la Corte, la clausola 9 dell'accordo soddisfa quest'ultimo obbligo.

    45. Conformemente a una giurisprudenza costante, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio dell'equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, sentenza 21 gennaio 1999, causa C-120/97, Upjohn, Racc. pag. I-223, punto 32).

    46. Per l'applicazione del detto principio di effettività, ciascun caso in cui si pone la questione se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione del diritto comunitario dev'essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell'insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza 14 dicembre 1995, cause C-430/93 e C-431/93, Van Schijndel e Van Veen, Racc. pag. I-4705, punto 19).

    47. Dalle osservazioni presentate alla Corte risulta che il sistema procedurale istituito dall'accordo prevede diverse fasi.

    48. In via preliminare, occorre rilevare che il MIB, anche se non è un giudice, è tuttavia tenuto a determinare l'importo della compensazione che versa alle stesse condizioni in base alle quali un giudice fisserebbe, in applicazione delle disposizioni vigenti nel Regno Unito, l'importo del risarcimento che la vittima sarebbe legittimata ad ottenere da un responsabile identificato.

    49. Tra le differenti modalità di controllo previste dall'accordo, la vittima può, in primo luogo, chiedere il riesame della decisione adottata dal MIB. Tuttavia, questa domanda deve essere presentata dinanzi al MIB, che statuisce esso stesso sull'opportunità di modificare la decisione da esso adottata.

    50. In secondo luogo, la vittima dispone di un diritto di ricorso dinanzi a un arbitro. Secondo le informazioni di cui dispone la Corte, sembra che questo viene designato in condizioni idonee ad assicurare la sua indipendenza e che emette il suo lodo dopo aver effettuato la propria valutazione degli elementi del fascicolo. Quest'ultimo deve contenere in particolare tutti i documenti depositati dalla vittima nonché tutte le osservazioni presentate da quest'ultima sia nell'ambito della domanda di risarcimento sia, eventualmente, nell'ambito della domanda di riesame. L'arbitro può chiedere al MIB di procedere a verifiche supplementari sulle quali la vittima è legittimata a presentare le sue osservazioni.

    51. In terzo luogo, conformemente alle norme generali fissate in materia di arbitrato dagli Arbitration Acts, la vittima può, in taluni casi, impugnare il lodo dinanzi alla High Court of Justice. La vittima dispone di pieno diritto di questa possibilità allorché fa valere un'irregolarità grave che ha viziato il procedimento di arbitrato. La vittima dispone di tale possibilità, ma necessita dell'autorizzazione della High Court, anche qualora intenda far valere la violazione di una norma giuridica, in quanto questa nozione comprende la questione se esistesse un elemento di prova a sostegno di una conclusione particolare dell'arbitro o se a una tale conclusione nessun arbitro potesse ragionevolmente pervenire sulla base della prova considerata.

    52. In quarto luogo, la vittima, con riserva di esservi autorizzata dal giudice competente, può presentare successivamente un ricorso dinanzi alla Court of Appeal, quindi dinanzi alla House of Lords.

    53. Il sistema procedurale così istituito dall'accordo presenta per la vittima, come fa rilevare il governo del Regno Unito, vantaggi di rapidità e di economia di spese giudiziarie. Questo governo ha infatti fatto valere, senza essere contraddetto su tale punto, che la maggior parte delle spese collegate alla domanda di risarcimento ed alla raccolta degli elementi di prova pertinenti è sostenuta dal MIB, che si mette in contatto con tutti i testimoni che hanno assistito all'incidente al fine di raccogliere le loro dichiarazioni e si sforza di ottenere tutte le prove utili di ordine medico o provenienti da periti di altri settori.

    54. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre constatare che le modalità procedurali previste dal diritto nazionale di cui trattasi non rendono praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto a compensazione che le vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati derivano dalla seconda direttiva e rispettano quindi il principio di effettività richiamato ai punti 45 e 46 della presente sentenza.

    55. Tenuto conto dell'obiettivo perseguito dalla seconda direttiva, che, come è stato precisato ai punti 21-28 della presente sentenza, è di consentire un meccanismo semplice di compensazione delle vittime, risulta anche che l'effetto cumulato dell'insieme delle possibilità di controllo previste dal sistema procedurale istituito nel Regno Unito, da un lato, e vantaggi pratici collegati a questo sistema, dall'altro, conferiscono alle vittime dei danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati un livello di tutela corrispondente a quello previsto dalla detta direttiva.

    56. Occorre tuttavia sottolineare che il sistema procedurale istituito deve garantire che, sia nei confronti del MIB sia dinanzi all'arbitro, le vittime siano informate di qualsiasi elemento che possa essere preso in considerazione a loro carico e abbiano la possibilità di presentare le loro osservazioni al riguardo.

    57. Spetta al giudice del rinvio verificare se queste condizioni siano state rispettate nella fattispecie.

    58. Con questa riserva, si deve constatare che modalità procedurali quali quelle istituite nel Regno Unito sono sufficienti per assicurare la tutela che le vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati derivano dalla seconda direttiva.

    Sul pagamento di interessi sulle somme versate a titolo di compensazione

    Osservazioni presentate alla Corte

    59. Secondo il sig. Evans, un'interpretazione letterale degli artt. 1, nn. 1 e 4, e 3, n. 1, della seconda direttiva porta a considerare che questa direttiva impone che le vittime di danni causati da autoveicoli non identificati e le vittime di danni causati da autoveicoli identificati ed assicurati siano trattati allo stesso modo. Per il resto, anche se la seconda direttiva non prevedeva questa norma, il principio generale della parità di trattamento porterebbe ad imporla. Ora, nel Regno Unito, questo requisito non verrebbe rispettato. A differenza delle vittime di danni causati da autoveicoli identificati e assicurati, le vittime di danni causati da autoveicoli non identificati non otterrebbero un risarcimento comprensivo degli interessi.

    60. Facendo riferimento alla sentenza 2 agosto 1993, causa C-271/91, Marshall (Racc. pag. I-4367, punto 31), nella quale la Corte ha dichiarato, relativamente a un licenziamento discriminatorio, che la corresponsione di interessi è da considerarsi una componente essenziale di un risarcimento, il sig. Evans ritiene che questo principio deve essere applicato all'indennizzo da versare, in forza della seconda direttiva, alle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati.

    61. Il MIB indica in via preliminare che, nel diritto britannico, il risarcimento dei danni viene valutato dai giudici alla data della sentenza, tenendo conto delle fluttuazioni monetarie intervenute fino a questa data. L'art. 35 A del Supreme Court Act del 1981 avrebbe certo conferito loro la facoltà di concedere, a talune condizioni, interessi nell'ambito delle domande di indennizzo, ma questa facoltà potrebbe essere esercitata solo nell'ambito di procedimenti giudiziari.

    62. Il MIB e il governo del Regno Unito fanno valere che l'obiettivo delle due direttive di cui trattasi è di fornire garanzie specifiche minime, e non di procedere a un'uniformazione delle legislazioni degli Stati membri. Nessuna delle due direttive conterrebbe disposizioni relative alle componenti finanziarie dell'indennizzo né imporrebbe una parità di trattamento tra le vittime di danni causati da autoveicoli identificati e quelle di danni causati da autoveicoli non identificati.

    63. Il MIB e il governo del Regno Unito contestano inoltre l'esistenza di un principio generale di diritti comunitario secondo cui l'obbligo di pagare una somma di denaro a titolo di un indennizzo dovuto in applicazione del diritto comunitario comporterebbe necessariamente un obbligo di pagare interessi.

    64. La Commissione rileva l'assenza, sia nella prima sia nella seconda direttiva, di una disposizione esplicita che obblighi gli Stati membri a porre a carico dell'organismo tenuto all'indennizzo delle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati il versamento di interessi. Tuttavia, secondo un'interpretazione teleologica di questa direttiva e in considerazione della giurisprudenza della Corte in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità (sentenze 4 ottobre 1979, causa 238/78, Ireks-Arkady/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 2955, punto 20, e 3 febbraio 1994, causa C-308/87, Grigoni/CEEA, Racc. pag. I-341, punto 40) e in materia di parità di trattamento tra uomini e donne (sentenza Marshall, cit., punto 31), essa tende a ritenere che la corresponsione di interessi, conformemente alle norme nazionali vigenti, debba essere considerata una componente essenziale del risarcimento di cui all'art. 1, n. 4, della seconda direttiva.

    Giudizio della Corte

    65. In via preliminare, occorre rilevare che la seconda direttiva non contiene alcuna disposizione relativa alla corresponsione di interessi di mora sulle somme attribuite a titolo di compensazione per i danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati.

    66. Ai sensi dell'art. 1, n. 4, della seconda direttiva, l'organismo che ha il compito di concedere una compensazione per questi danni deve farlo almeno entro i limiti dell'obbligo di assicurazione, in modo da garantire alle vittime un indennizzo sufficiente.

    67. Ora, il risarcimento del danno è diretto, nella misura del possibile, alla reintegrazione del patrimonio della vittima di un infortunio (sentenza Grifoni/CEEA, cit., punto 40).

    68. Pertanto, la compensazione di un danno non può prescindere da elementi, quali il decorso del tempo, tali da diminuirne di fatto il valore (v., in tal senso, sentenza Marshall, cit., punto 31).

    69. In assenza di una normativa comunitaria, spetta agli Stati membri fissare le norme che si applicano ai settori che rientrano nella seconda direttiva, ed in particolare alla presa in conto del decorso del tempo nonché alla determinazione del periodo da prendere in considerazione al fine di garantire alle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati l'indennizzo sufficiente voluto dalla detta direttiva.

    70. A tal riguardo, gli Stati membri sono liberi, al fine di compensare la perdita subita dalle vittime a causa del decorso del tempo, di scegliere tra la corresponsione di interessi o il versamento di somme di indennizzo globali che tengano conto del decorso del tempo.

    71. Occorre quindi constatare che l'art. 1, n. 4, della seconda direttiva dev'essere interpretato nel senso che la compensazione concessa per danni causati da un autoveicolo non identificato o insufficientemente assicurato, versata dall'organismo autorizzato a tal fine, deve tener conto del decorso del tempo fino al pagamento effettivo delle somme attribuite al fine di garantire un indennizzo sufficiente alle vittime. Spetta agli Stati membri fissare le norme che si applicano al riguardo.

    Sul rimborso delle spese sostenute relativamente alla domanda di indennizzo

    Osservazioni presentate alla Corte

    72. Il sig. Evans fa valere che il pagamento delle spese sostenute relativamente al trattamento di una domanda di indennizzo costituisce una componente indispensabile del diritto al risarcimento. Esso si basa inoltre sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo secondo cui la CEDU ha come finalità di tutelare diritti concreti ed effettivi (v. Cour eur. D.H., sentenza Airey contro Irlanda del 9 ottobre 1979, serie A, n. 32, paragrafo 24).

    73. Le altre parti che hanno presentato osservazioni ribadiscono mutatis mutandis le considerazioni svolte nell'ambito della prima questione relativamente all'attribuzione di interessi come componente del diritto al risarcimento (v. supra, punti 60-63 della presente sentenza).

    Giudizio della Corte

    74. In via preliminare, occorre rilevare che la seconda direttiva non contiene alcuna disposizione relativa al rimborso delle spese sostenute dalle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati nell'ambito della loro domanda presso l'ente che ha il compito di concedere loro una compensazione.

    75. Secondo le tesi condivise dalla maggior parte degli Stati membri, la questione del rimborso delle spese sostenute nell'ambito di un procedimento mirante ad ottenere un indennizzo è una questione di ordine procedurale.

    76. Come è stato ricordato al punto 45 della presente sentenza, spetta, in assenza di normativa comunitaria in materia, all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro disciplinare le modalità procedurali dei ricorsi destinati ad assicurare la tutela dei diritti che i singoli derivano dal diritto comunitario nel rispetto dei principi dell'equivalenza e di effettività.

    77. Spetta al giudice del rinvio verificare se, nell'ambito del sistema procedurale istituito nel Regno Unito, questi principi vengano rispettati. Rientra nella sua competenza in particolare valutare se, in considerazione della posizione d'inferiorità nella quale le vittime si trovano nei confronti del MIB e in relazione alle condizioni in cui queste vittime dispongono della possibilità di presentare le loro osservazioni sugli elementi che possono essere presi in considerazione a loro danno, sembra ragionevole, se non necessario, che esse beneficino di un'assistenza giuridica.

    78. In tale contesto, occorre constatare che l'art. 1, n. 4, della seconda direttiva dev'essere interpretato nel senso che la compensazione concessa per danni causati da un autoveicolo non identificato o insufficientemente assicurato, versata dall'organismo autorizzato a tal fine, deve prevedere il rimborso delle spese sostenute dalle vittime relativamente al trattamento della loro domanda di indennizzo solo in quanto questo rimborso è necessario per la tutela dei diritti che le vittime derivano dalla seconda direttiva nel rispetto dei principi dell'equivalenza e di effettività. Spetta al giudice del rinvio valutare se tale sia il caso nel sistema procedurale istituito nello Stato membro interessato.

    Sull'eventuale responsabilità dello Stato membro interessato

    Osservazioni presentate alla Corte

    79. Il sig. Evans fa valere che sono soddisfatte le condizioni richieste perché sussista la responsabilità del Regno Unito a causa della mancata trasposizione della seconda direttiva. Il risultato prescritto dalla direttiva includerebbe manifestamente la concessione di un diritto a favore dei singoli, delle vittime di autoveicoli non identificati o non assicurati, una categoria di persone cui è pacifico che il ricorrente appartiene. Il contenuto di questo diritto, ossia ottenere un indennizzo da parte di un organismo autorizzato, potrebbe essere identificato sulla base delle disposizioni della direttiva. La Corte non dovrebbe esaminare la questione del nesso di causalità che rientrerebbe nella valutazione del giudice nazionale. Infine, la violazione sarebbe sufficientemente caratterizzata, in quanto il Regno Unito non ha adottato alcuna misura di recepimento della direttiva.

    80. Per il governo del Regno Unito, le prime due violazioni fatte valere, ossia l'assenza di disposizioni relative alla corresponsione di interessi e al rimborso delle spese sostenute nell'ambito della domanda di indennizzo, sollevano quanto meno taluni interrogativi. Inoltre, sarebbe stato ragionevole che il Regno Unito considerasse che il sistema procedurale istituito soddisfacesse il requisito di un controllo giurisdizionale effettivo. Infine, l'asserita violazione che sarebbe consistita in un'autorizzazione inesatta dell'organismo incaricato dell'indennizzo delle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati, anche supponendola dimostrata, non avrebbe in ogni caso causato un danno al sig. Evans.

    81. La Commissione ritiene che spetti al giudice nazionale accertare se sussista nella fattispecie una violazione sufficientemente caratterizzata del diritto comunitario. A tal riguardo, essa sottolinea tuttavia che le nozioni di interessi e di spese relative alla domanda di indennizzo non sono menzionate in quanto tali nella seconda direttiva, che non esiste alcuna giurisprudenza su questi punti e che la Commissione non li ha mai sollevati precedentemente relativamente alla trasposizione della seconda direttiva. Essa aggiunge che la questione relativa alla compatibilità del sistema istituito nel Regno Unito con il diritto di accesso ai giudici richiede precisazioni supplementari.

    Giudizio della Corte

    82. Secondo una giurisprudenza consolidata, il principio della responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato (v., in particolare, sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a., Racc. pag. I-5357, punto 35; 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, Racc. pag. I-1029, punto 31, e 4 luglio 2000, causa C-424/97, Haim, Racc. pag. I-5123, punto 26).

    83. Per quanto riguarda le condizioni nelle quali uno Stato membro è tenuto a risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili, emerge dalla giurisprudenza della Corte che sono tre le condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione grave e manifesta e che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell'obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi (sentenza Haim, cit., punto 36).

    84. Anche supponendo che il sistema di compensazione istituito nel Regno Unito riveli, in seguito all'esame al quale deve procedere il giudice del rinvio secondo le indicazioni fornite dalla Corte, una o più carenze nell'attuazione, spetterà quindi al giudice nazionale constatare se questa o queste carenze abbiano causato un danno al sig. Evans.

    85. In caso affermativo, occorrerà allora accertare se la violazione dell'obbligo di trasposizione della seconda direttiva che incombeva al Regno Unito sia sufficientemente caratterizzata.

    86. A tal riguardo, occorre tener conto di tutti gli elementi che caratterizzano la situazione. Tra questi elementi figurano in particolare il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o l'inescusabilità di un eventuale errore di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un'istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all'adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali in contrasto con il diritto comunitario (sentenza Haim, cit., punto 43).

    87. L'applicazione di questi criteri deve, in via di principio, essere operata dai giudici nazionali, in conformità agli orientamenti forniti dalla Corte per procedere a tale applicazione (v., in particolare, sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, cit., punti 55-58).

    88. Pertanto, occorre constatare che spetta al giudice del rinvio, nel caso in cui dall'esame del sistema di compensazione istituito risultasse una carenza nell'attuazione della seconda direttiva e tale carenza avesse causato un danno al sig. Evans, accertare se la violazione constatata dell'obbligo di trasposizione sia sufficientemente caratterizzata.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    89. Le spese sostenute dal governo del Regno Unito e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE (Quinta Sezione)

    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division, con ordinanza 17 maggio 2000, dichiara:

    1) L'art. 1, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, dev'essere interpretata nel senso che:

    - un organismo può essere considerato autorizzato da uno Stato membro, ai sensi di questa disposizione, allorché il suo obbligo di concedere una compensazione alle vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati trova la sua fonte in un accordo concluso tra quest'organismo e un'autorità pubblica dello Stato membro, a condizione che l'accordo sia interpretato ed applicato nel senso che obbliga l'organismo a fornire alle vittime la compensazione che garantisce loro la direttiva 84/5 e che le vittime possano rivolgersi direttamente a quest'organismo.

    - Modalità procedurali quali quelle istituite nel Regno Unito sono sufficienti per assicurare la tutela che le vittime di danni causati da autoveicoli non identificati o insufficientemente assicurati derivano dalla direttiva 84/5.

    - La compensazione concessa per danni causati da un autoveicolo non identificato o insufficientemente assicurato, versata dall'organismo autorizzato a tal fine, deve tener conto del decorso del tempo fino al pagamento effettivo delle somme attribuite al fine di garantire un indennizzo sufficiente alle vittime. Spetta agli Stati membri fissare le norme che si applicano al riguardo.

    - La compensazione concessa per danni causati da un autoveicolo non identificato o insufficientemente assicurato, versata dall'organismo autorizzato a tal fine, deve prevedere il rimborso delle spese sostenute dalle vittime relativamente al trattamento della loro domanda di indennizzo solo in quanto questo rimborso è necessario per la tutela dei diritti che le vittime derivano dalla direttiva 84/5 nel rispetto dei principi dell'equivalenza e di effettività. Spetta al giudice del rinvio valutare se tale sia il caso nel sistema procedurale istituito nello Stato membro interessato.

    2) Spetta al giudice del rinvio, nel caso in cui dall'esame del sistema di compensazione istituito risultasse una carenza nell'attuazione della direttiva 84/5 e tale carenza avesse causato un danno al sig. Evans, accertare se la violazione constatata dell'obbligo di trasposizione sia sufficientemente caratterizzata.

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