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Document 62001CC0187

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 19 settembre 2002.
Procedimenti penali a carico di Hüseyin Gözütok (C-187/01) e Klaus Brügge (C-385/01).
Domande di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht Köln - Germania e Rechtbank van eerste aanleg te Veurne - Belgio.
Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen - Principio del ne bis in idem - Campo di applicazione - Decisione mediante la quale il pubblico ministero chiude definitivamente il procedimento penale, senza l'intervento di un giudice, dopo che l'imputato ha soddisfatto determinate condizioni.
Cause riunite C-187/01 e C-385/01.

Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-01345

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2002:516

62001C0187

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 19 settembre 2002. - Procedimenti penali a carico di Hüseyin Gözütok (C-187/01) e Klaus Brügge (C-385/01). - Domande di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht Köln - Germania e Rechtbank van eerste aanleg te Veurne - Belgio. - Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen - Principio del ne bis in idem - Campo di applicazione - Decisione mediante la quale il pubblico ministero chiude definitivamente il procedimento penale, senza l'intervento di un giudice, dopo che l'imputato ha soddisfatto determinate condizioni. - Cause riunite C-187/01 e C-385/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-01345


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. Il cosiddetto acquis di Schengen comprende:

a) l'Accordo relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato il 14 giugno 1985 nell'omonima città lussemburghese dai tre Stati facenti parte dell'Unione economica del Benelux, dalla Repubblica federale di Germania e dalla Repubblica francese (in prosieguo: l'«Accordo di Schengen»); e

b) la Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, firmata il 19 giugno 1990 dalle stesse parti contraenti (in prosieguo: la «Convenzione») .

2. Le presenti questioni pregiudiziali, proposte a norma dell'art. 35 UE , forniscono alla Corte di giustizia l'occasione di interpretare per la prima volta la Convenzione.

3. I dubbi dell'Oberlandesgericht Köln (Corte d'appello di Colonia) e del Rechtbank van Eerste Aanleg te Veurne (Tribunale di primo grado di Furnes) riguardano l'art. 54 della Convenzione. Si vuole sapere se il principio del ne bis in idem , enunciato nella suddetta disposizione, sia di applicazione quando l'azione penale si sia estinta nell'ordinamento giuridico di uno degli Stati firmatari, in conseguenza di una transazione tra pubblico ministero ed imputato.

II - Diritto comunitario applicabile

4. L'art. 1 del Protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea, allegato all'omonimo Trattato ed al Trattato che istituisce la Comunità europea (in prosieguo: il «Protocollo»), ha autorizzato tredici Stati membri, tra i quali si annoverano la Repubblica federale di Germania, il Regno del Belgio ed il Regno dei Paesi Bassi , ad instaurare una cooperazione rafforzata nell'ambito di applicazione di tale complesso di norme e principi giuridici.

5. L'Accordo di Schengen, come si legge nel preambolo del Protocollo, mira a «promuovere l'integrazione europea e, in particolare, a consentire all'Unione europea di trasformarsi più rapidamente in uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia».

6. Conformemente al disposto dell'art. 2, n. 1, primo comma, del Protocollo, a decorrere dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, l'acquis di Schengen si applica immediatamente ai tredici Stati membri elencati all'art. 1.

7. Sulla base dell'art. 2, n. 1, secondo comma, del Protocollo, il 20 maggio 1999 il Consiglio ha adottato le decisioni 1999/435/CE e 1999/436/CE, che definiscono l'acquis di Schengen ai fini della determinazione, in conformità alle pertinenti disposizioni del Trattato che istituisce la Comunità europea e del Trattato sull'Unione europea, della base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono il suddetto acquis .

8. Dall'art. 2 dell'allegato A alla decisione 1999/436/CE si ricava che gli artt. 54-58 della Convenzione hanno come fondamento normativo gli artt. 34 e 31 del Trattato sull'Unione europea, inclusi nel titolo VI, intitolato: «Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale».

9. I summenzionati articoli della Convenzione figurano al capitolo 3, intitolato, «Applicazione del principio del ne bis in idem», del titolo III, «Polizia e sicurezza».

10. L'art. 54 così dispone:

«Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un'altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».

11. Conformemente all'art. 55:

«1. Una Parte contraente può, al momento della ratifica, dell'accettazione o dell'approvazione della presente Convenzione dichiarare di non essere vincolata dall'articolo 54 in uno o più dei seguenti casi:

a) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono avvenuti sul suo territorio in tutto o in parte. In quest'ultimo caso questa eccezione non si applica se i fatti sono avvenuti in parte sul territorio della Parte contraente nel quale la sentenza è stata pronunciata;

b) quando i fatti oggetto della sentenza straniera costituiscono un reato contro la sicurezza o contro altri interessi egualmente essenziali di quella Parte contraente;

c) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono stati commessi da un pubblico ufficiale di quella Parte contraente in violazione dei doveri del suo ufficio.

2. Una Parte contraente che effettua una dichiarazione in relazione all'eccezione menzionata al paragrafo 1, lettera b) preciserà le categorie di reati per le quali tale eccezione può essere applicata.

3. Una Parte contraente potrà in ogni tempo, ritirare la dichiarazione relativamente ad una o più delle eccezioni di cui al paragrafo 1.

4. Le eccezioni che sono state oggetto di una dichiarazione ai sensi del paragrafo 1 non si applicano quando la Parte contraente di cui si tratta ha, per gli stessi fatti, richiesto l'instaurazione del procedimento penale all'altra Parte contraente o concesso estradizione della persona in questione».

12. L'art. 56 così recita:

«Se in una Parte contraente un nuovo procedimento penale è instaurato contro una persona che è stata giudicata con sentenza definitiva per i medesimi fatti in un'altra Parte contraente, ogni periodo di privazione della libertà scontato sul territorio di quest'ultima Parte contraente per quei fatti dovrà essere detratto dalla pena che sarà eventualmente inflitta. Si terrà altresì conto, nella misura consentita dalla legge nazionale, delle pene diverse da quelle privative della libertà che siano state eseguite».

13. A sua volta, l'art. 57 prevede quanto segue:

«1. Quando una persona è imputata di un reato in una Parte contraente e le autorità competenti di questa Parte contraente hanno motivo di ritenere che l'imputazione riguarda gli stessi fatti per i quali la persona è già stata giudicata in un'altra Parte contraente con sentenza definitiva, tali autorità, qualora lo ritengano necessario, chiederanno le informazioni rilevanti alle autorità competenti della Parte contraente sul cui territorio la sentenza è stata pronunciata.

2. Le informazioni richieste saranno fornite al più presto possibile e saranno tenute in considerazione nel decidere se il procedimento deve continuare.

3. Ciascuna Parte contraente indicherà, al momento (...) della ratifica, dell'accettazione o dell'approvazione della presente Convenzione, le autorità designate a chiedere e ricevere le informazioni di cui al presente articolo».

14. Infine, secondo l'art. 58:

«Le precedenti disposizioni non sono di ostacolo all'applicazione di disposizioni nazionali più ampie, concernenti l'effetto "ne bis in idem" attribuito a decisioni giudiziarie straniere».

III - Fatti, causa principale e questioni pregiudiziali

1. Causa C-187/01

15. Il sig. Gözütok è un cittadino turco residente da molti anni nei Paesi Bassi dove, nel comune di Heerlen, gestiva un «coffee shop» (caffetteria) senza possedere la prescritta autorizzazione amministrativa. Nei giorni 12 gennaio e 11 febbraio 1996 il locale veniva perquisito dalla polizia olandese che rinveniva alcuni quantitativi di hascisc e marijuana .

16. I procedimenti penali che erano stati avviati per i fatti di cui al precedente paragrafo si concludevano in date 23 maggio e 18 giugno 1996, dopo che il sig. Gözütok, che aveva accettato la transazione proposta dal pubblico ministero olandese, aveva pagato le somme di 3 000 e di 750 fiorini olandesi (NLG).

17. Il 31 gennaio 1996 una banca tedesca, presso la quale il sig. Gözütok deteneva un conto corrente, metteva in allerta le autorità preposte all'esercizio dell'azione penale nella Repubblica federale di Germania sulle operazioni effettuate con grosse somme di denaro da tale persona.

18. Il 1° luglio 1996 il pubblico ministero di Aquisgrana instaurava un procedimento penale a carico del sig. Gözütok con l'accusa di aver smerciato nei Paesi Bassi, in almeno due occasioni nel periodo compreso tra il 12 gennaio e l'11 febbraio dello stesso anno, quantitativi rilevanti di stupefacenti.

19. Il 13 gennaio 1997 l'Amtsgericht Aachen (Pretore di Aquisgrana) condannava l'imputato ad una pena detentiva di un anno e cinque mesi per aver trafficato in stupefacenti e per averlo fatto per quantitativi rilevanti, disponendo la sospensione condizionale della pena.

20. Contro tale sentenza il sig. Gözütok e il pubblico ministero hanno interposto appello. Con decisione 27 agosto 1997 il Landgericht (Tribunale) Aachen ha archiviato il procedimento con la motivazione che, in conformità all'art. 54 della Convenzione, l'archiviazione decisa dalle autorità olandesi aveva autorità di giudicato e, ai sensi della suddetta norma e dell'art. 103, n. 3, del Grundgesetz (Costituzione tedesca), ostava quindi alla perseguibilità dei fatti nella Repubblica federale di Germania.

21. Contro la suddetta pronuncia il pubblico ministero ha presentato appello dinanzi all'Oberladesgericht Köln, adducendo a sostegno, tra l'altro, il fatto che l'art. 54 della Convenzione, quando sancisce il divieto di perseguire un individuo due volte per gli stessi fatti, si riferisce unicamente alle sentenze definitive di condanna pronunciate da una parte contraente.

22. L'Oberlandesgericht Köln, ritenendo determinante definire la portata della suddetta disposizione della Convenzione ai fini della soluzione della controversia, propone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«Se per la Repubblica federale di Germania si verifichi l'estinzione dell'azione penale ai sensi dell'art. 54 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen nel caso in cui, secondo il diritto olandese, per la stessa fattispecie l'azione penale sia estinta sul piano nazionale. Se ciò valga in particolare anche nel caso in cui una decisione del pubblico ministero che ordina l'archiviazione del procedimento, previa esecuzione delle sanzioni imposte (nel diritto olandese, "transactie"), escluda la possibilità di esperire l'azione penale dinanzi ad un giudice olandese mentre, secondo il diritto di altri Stati membri, una tale decisione richiederebbe un'approvazione del giudice».

2. Causa C-385/01

23. Il sig. Brügge, cittadino tedesco, aveva dolosamente inferto lesioni alla sig.ra Leliaert, provocandole l'insorgenza di un'incapacità lavorativa.

24. Riguardo a tali fatti, il pubblico ministero di Bonn apriva un procedimento istruttorio nei confronti del sig. Brügge, nel corso del quale gli proponeva un patteggiamento. Tale accordo prevedeva la decisione di archiviazione a fronte del pagamento di mille marchi tedeschi (DEM) . Il 13 agosto 1998 l'imputato provvedeva al pagamento della detta sanzione pecuniaria ed il pubblico ministero ordinava l'archiviazione della causa.

25. Il sig. Brügge è attualmente imputato per gli stessi fatti in un procedimento pendente dinanzi al Rechtbank van Eerste Aanleg te Veurne. In tale sede la vittima si è costituita in giudizio, chiedendo il risarcimento del danno morale arrecatole dall'aggressione.

26. Il Rechtbank, ritenendo determinante l'interpretazione dell'art. 54 della Convenzione al fine di risolvere la lite, propone alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'applicazione dell'art. 54 del Trattato di Schengen del 19 giugno 1990 consenta al pubblico ministero belga di rinviare a giudizio dinanzi al giudice penale belga e di far condannare in tale sede un cittadino tedesco, nell'ipotesi in cui a quest'ultimo per gli stessi fatti sia stata proposta dal pubblico ministero tedesco l'archiviazione della causa in cambio di una sanzione pecuniaria, ed egli abbia provveduto al pagamento».

IV - Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

27. Hanno presentato osservazioni scritte nella causa C-187/01, entro i termini a tal fine indicati dall'art. 20 dello statuto CE della Corte di giustizia, il sig. Gözütok, i governi tedesco, olandese e francese, e la Commissione. Nell'altro procedimento, oltre ai summenzionati governi ed alla Commissione, è intervenuto nella fase scritta anche il governo belga.

28. All'udienza comune del 2 luglio 2002 erano presenti, per svolgere osservazioni orali, i rappresentanti delle parti che avevano presentato osservazioni scritte ed il governo italiano.

V - Un'osservazione sulla competenza della Corte di giustizia a norma dell'art. 35 UE

29. Il Trattato di Amsterdam ha esteso al terzo pilastro (giustizia ed affari interni) le competenze della Corte a pronunciarsi in via pregiudiziale, prevedendo altresì la possibilità che, su istanza dei giudici nazionali, la Corte si pronunci sulla validità o l'interpretazione delle decisioni-quadro, delle decisioni e delle misure di applicazione delle convenzioni stabilite nell'ambito della cooperazione di polizia o giudiziaria in materia penale, nonché sull'interpretazione delle convenzioni (art. 35, n. 1, UE).

30. In virtù del Protocollo e delle decisioni del Consiglio 1999/435 e 1999/436, citate sopra , la Corte di giustizia può pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione dell'art. 54 della Convenzione; tuttavia, la giurisdizione della Corte in questo campo è facoltativa, e quindi il suo effettivo esercizio è condizionato alla sua accettazione da parte degli Stati membri, in conformità all'art. 35, n. 2, UE.

31. Gli Stati membri che accettano questa recente competenza della Corte di giustizia possono scegliere di attribuire ad ogni loro organo giurisdizionale interno la facoltà di proporre questioni pregiudiziali, ovvero concedere tale facoltà soltanto alle giurisdizioni di ultimo grado, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ulteriore «ricorso giurisdizionale» (art. 35, n. 3, UE).

32. La Repubblica federale di Germania ha optato per l'attribuzione a tutti i giudici ed a tutte le giurisdizioni della facoltà di adire la Corte in via pregiudiziale; tuttavia, quando si tratta di giurisdizioni la cui pronuncia è definitiva, tale facoltà si converte in obbligo .

33. Da parte sua, all'atto della firma del Trattato di Amsterdam, il Belgio ha dichiarato di accettare la competenza della Corte di giustizia ed ha attribuito a tutti i giudici ed a tutte le giurisdizioni la facoltà di proporre questioni pregiudiziali ai sensi dell'art. 35 UE.

34. Posto che avverso le decisioni pronunciate dall'Oberlandesgericht Köln in questo campo non è ammessa impugnazione e che il Rechtbank van Eerste Aanleg te Veurne è una giurisdizione belga ai sensi della suindicata disposizione, il primo organo era obbligato a rivolgersi alla Corte di giustizia ed il secondo ne aveva facoltà, preso atto che, ai fini della soluzione delle relative controversie, si rendeva necessaria l'interpretazione dell'art. 54 della Convenzione.

35. Ciò premesso, e dato che le questioni pregiudiziali in esame non riguardano nessuno dei casi previsti all'art. 35, n. 5, UE , la competenza della Corte di giustizia è ineccepibile.

VI - Analisi delle questioni pregiudiziali

1. Alcune osservazioni preliminari

36. La competenza della Corte a pronunciarsi in via pregiudiziale ai sensi dell'art. 35, n. 1, UE ha ad oggetto, analogamente a tutte le competenze di questa natura che sono ad essa attribuite, l'interpretazione o, se del caso, il giudizio sulla validità delle disposizioni del diritto comunitario che costituiscono l'ambito materiale di quest'ultimo. Tuttavia, in nessun modo la competenza della Corte potrebbe spingersi fino ad abbracciare il controllo sull'applicazione delle dette norme alla controversia pendente dinanzi al giudice nazionale.

37. Quindi, non spetta alla Corte esprimersi sull'incidenza dell'art. 54 della Convenzione nel procedimento penale avviato nei confronti del sig. Gözütok né in merito a quali conseguenze debbano seguire all'estinzione dell'azione penale. La Corte ha unicamente il compito di interpretare la suddetta disposizione, e non può pertanto pronunciarsi sulla questione se, una volta che non sia più esperibile l'azione penale nei Paesi Bassi, questa preclusione produca l'estinzione dell'azione penale nell'ordinamento giuridico tedesco.

38. Con tali premesse la Corte di giustizia deve far astrazione dai termini utilizzati dall'Oberlandesgericht Köln nel formulare la prima questione pregiudiziale. In realtà, se si considera complessivamente il significato dei quesiti formulati dai giudici nazionali, i dubbi che essi sollevano si configurano come segue:

1. Il primo dubbio consiste nello stabilire se il principio del ne bis in idem, enunciato all'art. 54 della Convenzione, si applichi anche quando in uno degli Stati membri si verifica l'estinzione dell'azione penale per effetto di una decisione di non luogo a procedere adottata dal pubblico ministero dopo che l'imputato ha soddisfatto le condizioni che gli sono state imposte.

2. In caso di risposta affermativa alla prima questione, il giudice tedesco si chiede se la decisione del pubblico ministero debba necessariamente venire approvata da un giudice.

39. Per poter risolvere queste incognite occorre analizzare la portata del citato principio e, in particolare, il significato che lo stesso assume nel contesto dell'art. 54 della Convenzione, ricercando l'oggetto e il fine di questa norma. Si rende inoltre necessario esaminare i procedimenti penali di carattere transattivo ed i loro effetti in rapporto alla lettera della disposizione che la Corte è chiamata ad interpretare.

40. E nel compiere questa operazione si devono tenere presenti due realtà che appaiono contraddittorie e che tuttavia rappresentano le due facce di una stessa medaglia.

41. La prima realtà è rappresentata dalla frammentazione del diritto penale all'interno dell'Unione europea in tanti ordinamenti diversi quanti sono gli Stati membri. La seconda consiste nel fatto che, per quanto diversi si presentino i sistemi nazionali di giustizia penale, nell'ambito del terzo pilastro si cerca di realizzare l'obiettivo di un'integrazione ogni giorno più stretta.

42. Due conseguenze scaturiscono da questa duplice constatazione. La prima è che la ricerca della soluzione deve fare astrazione dalle peculiarità dei singoli sistemi. L'art. 54 della Convenzione utilizza termini che assumono una portata diversa all'interno dei singoli ordinamenti, motivo per il quale si deve evitare ogni interpretazione che guardi agli ordinamenti giuridici nazionali. E' nel diritto dell'Unione europea che si deve condurre l'indagine, all'interno del sostrato comune rappresentato dagli obiettivi che vengono perseguiti dall'acquis di Schengen. Come rileva nelle osservazioni scritte la Commissione, è opportuno che la Corte fornisca un'interpretazione autonoma dell'art. 54 della Convenzione.

43. La seconda conseguenza è di ordine materiale. Quando si tratta di lottare contro forme di criminalità che colpiscono la società europea nel suo complesso, è compito degli Stati reprimere tali forme per mezzo della legislazione nazionale. Ogni Stato si fa garante dell'ordine sociale interno, però, in seno all'Unione, diventa garante pure dell'ordine sociale europeo. Così, possono verificarsi situazioni che contrastino con il principio del ne bis in idem in cui, come accade nelle fattispecie principali, lo stesso reato viene perseguito sia dalle autorità giudiziarie penali territorialmente competenti, sia dalle autorità di un altro Stato membro, la cui azione repressiva si fonda su altri criteri di attribuzione della competenza.

2. L'art. 54 della Convenzione come espressione autentica del principio del ne bis in idem

44. L'art. 54 della Convenzione contiene una norma funzionale al dinamico processo di integrazione europea che si realizza attraverso la creazione di uno spazio comune di libertà e di giustizia. La graduale soppressione dei controlli alle frontiere comuni è tappa obbligata nel cammino verso il raggiungimento di questo obiettivo. Tuttavia, la soppressione degli ostacoli di ordine amministrativo elimina le barriere per tutti senza distinzioni, anche per coloro che approfittano di un abbassamento della soglia di vigilanza per espandere le loro attività illecite.

45. Questo è il motivo per cui la soppressione dei controlli deve essere compensata da una maggiore cooperazione tra gli Stati, particolarmente in materia di polizia e di sicurezza. E proprio in tale contesto, nell'intento di ottenere risposte più efficaci da parte dell'autorità giudiziaria e della polizia pur senza diminuire le garanzie di cui godono i cittadini in una società democratica di diritto, si inseriscono gli artt. 54 e 58 della Convenzione, che disciplinano l'applicazione del principio del ne bis in idem nell'ambito dell'acquis di Schengen.

46. L'art. 54 rappresenta un'espressione della suddetta garanzia per tutti coloro che siano soggetti allo ius puniendi. Chiunque sia stato giudicato con sentenza definitiva in uno Stato firmatario non può essere sottoposto nuovamente ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un'altra parte contraente, che sia stato assolto o condannato, a condizione che, nella seconda ipotesi, la pena sia stata eseguita, sia in corso di esecuzione o non possa venire eseguita in virtù del diritto vigente nello Stato che decreta la sanzione.

47. La citata disposizione costituisce l'espressione autentica della garanzia in parola, che non opera solamente all'interno di uno stesso ordinamento, ma è efficace anche quando l'azione penale viene reiterata in sistemi giuridici diversi.

3. Fondamenti del principio del ne bis in idem. La giurisprudenza della Corte di giustizia su tale materia

48. Questo principio giuridico impedisce che, al fine di tutelare beni giuridici identici ed a causa di una stessa condotta illecita, una persona sia più volte sottoposta ad un procedimento penale e, se del caso, ripetutamente punita, poiché tale duplicazione del procedimento e delle sanzioni comporta un inammissibile esercizio reiterato dello ius puniendi .

49. Alla base di questo principio si trovano due pilastri fondamentali di ogni sistema giuridico. Il primo è la certezza del diritto, l'altro, il principio di equità. Una volta che l'autore dell'infrazione sia stato giudicato e punito, egli deve poter essere certo che con l'esecuzione della pena ha definitivamente espiato la sua colpa, e non deve quindi temere di andare incontro ad una nuova sanzione. Nel caso in cui venga assolto, egli deve essere altrettanto certo che non verrà aperto un altro procedimento allo scopo di giudicarlo di nuovo.

50. In caso di condanna, non si deve dimenticare che ogni sanzione persegue una duplice finalità, repressiva e deterrente: si vuole punire una certa condotta e nel contempo scoraggiare gli autori, nonché altri potenziali trasgressori, dal mettere in atto comportamenti giuridicamente censurabili. La sanzione deve inoltre essere proporzionata rispetto ai suddetti fini, dovendosi mantenere il giusto equilibrio tra l'esigenza di punire la condotta sanzionata, da un lato, e l'esemplarità della sanzione, dall'altro. Il principio di equità, rispetto al quale la regola della proporzionalità rappresenta un mezzo, impedisce così il cumulo delle sanzioni.

51. La Corte di giustizia ha applicato il principio del ne bis in idem per la prima volta nella causa Gutmann , che verteva sullo svolgimento di due procedimenti disciplinari a carico di un dipendente per i medesimi fatti. Tuttavia, si trattava di una fattispecie in cui la duplice azione repressiva si verificava all'interno di un unico sistema giuridico. Si è dovuto attendere fino alle cause Wilhelm e Boehringer prima che venisse affrontata la questione relativa all'efficacia del detto principio quando l'azione repressiva ha luogo in ordinamenti diversi.

52. Successivamente, la Corte di giustizia ha avuto occasione di esaminare situazioni che avevano condotto a un cumulo di sanzioni. Non sono infatti rare le fattispecie soggette all'applicazione tanto del diritto comunitario quanto di quello vigente negli ordinamenti degli Stati membri. Un ambito emblematico è rappresentato dalla concorrenza . Così, secondo la Corte di giustizia, «il diritto comunitario e il diritto nazionale in materia di intese considerano le intese sotto aspetti diversi. (...) L'art. [85] considera infatti le intese sotto il profilo degli ostacoli che ne possono conseguire per il commercio tra gli Stati membri, mentre le legislazioni nazionali, ispirandosi a considerazioni proprie a ciascuno Stato, considerano le intese in un ambito più ristretto» .

53. Coerentemente con tale approccio, la Corte di giustizia ha ammesso la possibilità che un'intesa venga esaminata contemporaneamente in base al diritto nazionale e alla luce dell'ordinamento comunitario ed ha altresì ammesso, aspetto ancora più importante, che tale duplice esame possa portare a sanzionare due volte uno stesso soggetto per i medesimi fatti .

54. Si può dire allora, sulla base della precedente affermazione, che uno stesso comportamento può essere giudicato due volte e, se del caso, può subire una duplice condanna, qualora lo ius puniendi venga esercitato in due distinti ordinamenti? Ritengo di no, nonostante l'opinione contraria espressa dall'avvocato generale Mayras nelle conclusioni poc'anzi ricordate, dove lo stesso afferma: «La norma [del ne bis in idem] vale solo all'interno dei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali» .

55. Siffatta affermazione dell'avvocato generale non può essere estrapolata dal contesto che le è proprio, caratterizzato da un momento storico in cui l'efficacia che il diritto penale esplicava nello spazio, espressione della sovranità degli Stati, seguiva il principio della territorialità. Le conclusioni dell'avvocato Mayras esprimono questa idea. Tuttavia, una rigida applicazione della territorialità è incompatibile con numerose situazioni che presentano elementi di extraterritorialità, nonché con quelle in cui uno stesso comportamento è capace di produrre effetti giuridici in diverse parti del territorio dell'Unione. La costruzione di un'Europa senza frontiere, che ha per corollario il ravvicinamento dei diversi ordinamenti giuridici nazionali, inclusi quelli di diritto penale, presuppone che gli Stati interessati si ispirino a valori comuni. Ed è qui, nel contesto dei valori, che il principio in esame acquista pieno significato.

56. La formulazione classica del principio del ne bis in idem implica la concorrenza di tre identità: coincidenza dei fatti, un solo trasgressore ed un unico bene giuridico - uno stesso valore - tutelato . Non è determinante il fatto che l'azione repressiva venga esercitata all'interno di uno stesso ordinamento oppure emani da ordinamenti diversi; ciò che si deve invece accertare al fine di stabilire se un fatto possa essere punito più di una volta, a prescindere da chi eserciti il potere sanzionatorio, è se le diverse sanzioni servano a tutelare i medesimi beni giuridici, o invece i valori che si tutelano siano diversi.

57. Al momento attuale, gli Stati membri e la stessa Unione europea sono vincolati al rispetto del principio del ne bis in idem che, come ho poc'anzi precisato, costituisce una garanzia fondamentale per i cittadini .

58. Sarebbe profondamente ingiusto, oltre che contrario ai principi sui quali poggia la costruzione dell'integrazione europea, se, al fine di tutelare un determinato bene giuridico, una persona potesse venire sanzionata in diversi Stati membri per aver commesso gli stessi fatti.

59. La stessa idea di giustizia osta al fatto di non riconoscere l'efficacia delle pronunce straniere in materia penale, impostazione, questa, che metterebbe in pericolo allo stesso tempo la lotta contro la criminalità ed i diritti del condannato. Al giorno d'oggi la posizione dell'avvocato generale Mayras sarebbe insostenibile, in quanto contraria al tenore letterale dell'art. 54 della Convenzione, il quale riproduce l'art. 1 della Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, riguardante l'applicazione del principio del ne bis in idem.

60. Le precedenti considerazioni non sono un mero gioco di prestigio per giungere ad affermare quanto è già scritto nel citato art. 54 della Convenzione, poiché le ragioni alla base dell'esistenza della regola del ne bis in idem ed i valori che ne giustificano l'applicazione possono facilitarmi il compito di cercare una soluzione ai dubbi dell'Oberlandesgericht Köln e del Rechtbank van Eerste Aanleg te Veurne.

4. La transazione penale come manifestazione dello ius puniendi

61. Di conseguenza, quando una persona è stata giudicata con sentenza definitiva in merito a determinati fatti, non può essere sottoposta ad un nuovo procedimento penale, tanto nel caso in cui il primo giudice l'abbia assolta, quanto nel caso in cui l'abbia condannata.

62. Questa affermazione conduce alla chiave di volta degli interrogativi sollevati dai giudici nazionali. Si può dire che con la transazione penale si esprime un «giudizio definitivo» sui fatti? Ovvero, detto con altre parole: la transazione costituisce una manifestazione della giustizia penale?

63. Per risolvere tale incognita dobbiamo partire da una chiara conoscenza delle radici della procedura di transazione e degli effetti che essa è capace di produrre. Questo esame non può prescindere da un excursus, anche se fugace, sugli ordinamenti giuridici degli Stati membri che contemplano talune forme di procedimento transattivo .

A. Procedimenti di natura transattiva negli Stati membri

64. Nel diritto tedesco il pubblico ministero ha facoltà di decidere l'archiviazione del procedimento penale a condizione che il trasgressore accetti ed adempia gli obblighi che il primo gli detta. Sebbene una regola generale imponga l'approvazione del giudice competente, tale intervento non è imprescindibile qualora si tratti di reati per i quali si prevede una pena non superiore alla pena minima stabilita dal codice penale e purché il danno causato sia di minore importanza. Con il consenso dell'imputato, il pubblico ministero fissa un termine per l'esecuzione del contenuto dell'accordo; l'adempimento delle condizioni stabilite comporta l'estinzione definitiva della responsabilità con l'effetto che «l'infrazione non è più perseguibile come illecito» .

65. L'Austria dispone di un procedimento detto di «diversione» che consente al pubblico ministero (o al giudice istruttore) di rinunciare all'esercizio dell'azione penale a fronte del pagamento di una somma di denaro, o in cambio dello svolgimento di un lavoro di pubblico interesse, della fissazione di un periodo di prova o dell'assoggettamento ad una composizione stragiudiziale (aussergerichtlicher) di natura penale. Una volta che l'imputato abbia adempiuto agli obblighi che gli sono stati imposti, l'azione penale si estingue definitivamente .

66. In Belgio si conoscono due tipi di procedimento che sono di competenza del pubblico ministero: la transazione e la composizione penale, previsti agli artt. 216 bis e 216 ter del Code d'instruction criminelle (codice di procedura penale), consentono al pubblico ministero di decidere l'archiviazione definitiva del procedimento se l'imputato soddisfa determinate condizioni. Ciononostante, in base al summenzionato art. 216 ter, n. 4, secondo comma, l'estinzione dell'azione penale mediante composizione non pregiudica il diritto delle vittime o dei loro aventi causa di esperire l'azione civile.

67. L'ordinamento giuridico francese disciplina un procedimento noto come «composizione penale» , in cui il pubblico ministero ha facoltà di proporre all'autore dell'infrazione l'abbandono dell'azione penale a fronte dell'esecuzione di una o più determinate prestazioni. Nel sistema francese il pubblico ministero deve ottenere l'autorizzazione del giudice competente per poter procedere alla composizione. In ogni caso, rimane nelle mani del pubblico ministero la facoltà di rinunciare a procedere.

68. La Danimarca prevede che, nel caso di violazioni sanzionabili con una multa, il pubblico ministero possa proporre all'accusato l'archiviazione della causa se questi riconosce la propria colpevolezza e si impegna a pagare una multa entro un termine stabilito. Trascorso il periodo di due mesi previsto per annullare la proposta per via gerarchica, la decisione di archiviazione diventa definitiva.

69. L'ordinamento giuridico spagnolo permette all'imputato di accettare la pena chiesta dal pubblico ministero, nel qual caso il giudice o la corte emettono una sentenza in base alla qualificazione reciprocamente accettata .

70. Il diritto finlandese non conosce una vera e propria transazione, tuttavia contempla alcune soluzioni di natura transattiva che possono provocare l'estinzione dell'azione penale. Si tratta del procedimento semplificato applicato alle contravvenzioni , nel quale il pubblico ministero può infliggere una multa senza che sia necessario l'intervento del giudice. Questa decisione è definitiva e gode dell'autorità di cosa giudicata.

71. L'Irlanda dispone di strumenti atti ad evitare che un'infrazione venga perseguita sul piano penale, in base a diverse ragioni. Un esempio consiste nel pagamento di una multa , che pone fine alla controversia.

72. Sebbene il diritto italiano in linea di massima non conosca la transazione o la mediazione penale (salvo nel caso di reati commessi dai minori), esiste un procedimento singolare, detto patteggiamento . Si tratta di un procedimento speciale che presuppone l'esistenza di un accordo di natura transattiva tanto sul procedimento quanto sulla sanzione, che non può avere durata superiore a due anni. L'imputato ed il pubblico ministero sono ambedue titolari dell'azione di patteggiamento. L'accordo deve in ogni caso essere ratificato dal giudice.

73. In Lussemburgo, la legge 6 maggio 1999 ha introdotto nell'art. 24 del Code d'instruction criminelle un n. 5, in base al quale il pubblico ministero può, prima di esperire l'azione penale, ricorrere ad una mediazione; quest'ultima può sfociare nella decisione di far continuare il procedimento ovvero nell'estinzione dell'azione penale.

74. Anche i Paesi Bassi conoscono la transazione (transactie), che è disciplinata dall'art. 74 e segg. del codice penale olandese. L'azione penale si estingue dopo che l'imputato abbia adempiuto alle condizioni impostegli dal pubblico ministero. Tale effetto è espressamente previsto all'art. 74, n. 1.

75. Il Portogallo ammette la sospensione temporanea del procedimento. Tale meccanismo autorizza il pubblico ministero a bloccare l'esercizio dell'azione penale imponendo l'esecuzione di determinati obblighi entro un periodo stabilito. La decisione è subordinata al consenso dell'imputato o, eventualmente, della parte civile e all'omologazione da parte del giudice istruttore. Una volta che l'imputato abbia adempiuto quanto stabilito nell'accordo, il procedimento viene archiviato senza possibilità di riapertura .

76. Nel Regno Unito il diritto inglese prevede un procedimento di natura transattiva nell'ambito della circolazione stradale. Una fixed penalty notice [paragonabile a un avviso di contravvenzione] offre la possibilità di evitare il procedimento penale mediante il pagamento di un'ammenda e l'annotazione di «punti di penalizzazione» sulla patente di guida. Per effetto dell'adempimento delle condizioni stabilite si verifica l'estinzione dell'azione penale . Si deve tener presente che il Lord Justice Auld (giudice Auld) ha prospettato un'estensione del ricorso ai procedimenti transattivi e che la sua proposta è stata oggetto di un libro bianco del governo inglese presentato intorno alla metà dello scorso luglio. Il diritto scozzese consente al pubblico ministero di rivolgere un'«offerta condizionale» (conditional offer) all'imputato con il proposito di evitare il procedimento penale in relazione alle infrazioni perseguibili dinanzi alle District Courts (magistratura penale locale scozzese per i reati minori). Se accetta la proposta, l'imputato deve pagare una multa e, una volta eseguito il pagamento, l'azione penale si estingue .

77. Infine, esiste in Svezia un procedimento di applicazione della pena che prescinde dall'intervento del giudice (strafföreläggende) , cui si ricorre nel caso dei reati minori quali la guida in stato di ubriachezza e i furti di scarsa entità. Se l'imputato accetta quanto gli intima il pubblico ministero (promuovendo un accordo con eventuali vittime), l'imposizione della sanzione acquista autorità di cosa giudicata.

B. Oggetto e finalità della transazione penale

78. Per poter definire le caratteristiche di un istituto giuridico, specialmente se esso opera all'interno di un ramo del diritto che più di altri incide direttamente sulla sfera della dignità umana ed i valori fondamentali della persona, occorre allontanarsi dagli sterili nominalismi e concentrarci sulla sua natura.

79. Come si può ben vedere, con il nome di transazione o simili, molti Stati membri indicano procedimenti in cui il pubblico ministero rinuncia, previa autorizzazione di legge - e in alcuni sistemi, senza che intervenga una pronuncia giurisdizionale -, a proseguire nell'esercizio dell'azione penale a carico di un individuo, dopo il versamento al pubblico erario di una somma di denaro o il soddisfacimento di altre condizioni.

80. Si tratta di un procedimento che, nonostante la natura bilaterale, si caratterizza per il fatto che lo Stato vi interviene in posizione di preminenza. E' un modo di amministrare la giustizia penale che, tuttavia, non si applica a tutte le categorie di reati. E' l'espressione di un modo di fare giustizia concepito in risposta ad una categoria di comportamenti, nei confronti dei quali la condanna sociale è meno severa e la cui repressione non richiede l'attivazione dell'apparato repressivo dello Stato in tutta la sua intensità né, di conseguenza, la piena applicazione delle garanzie offerte dal processo penale mediante l'intervento di un giudice.

81. D'altronde, la transazione si presenta in buona parte come un espediente per evitare il collasso del sistema giudiziario, che offre una risposta semplice, rapida ed efficace là dove la politica criminale lo consenta. Il pragmatismo nordamericano ha determinato un importante sviluppo delle procedure di mediazione, che si basano in ogni caso sull'accettazione da parte dell'imputato della pena che gli viene proposta, sebbene nelle grandi città ciò abbia fatto insorgere prassi alquanto singolari .

82. Con la transazione si vuole metter in atto la soluzione più appropriata per il trattamento di determinate categorie di reati che non esigono l'applicazione di pene pesanti; è sufficiente una reazione meno dura e meno traumatica. E questa caratteristica fa sì che l'imputato, senza essere necessariamente sottoposto ad un procedimento giudiziario, riconosca la propria colpa, in modo esplicito o implicito, e la espii attraverso l'adempimento degli obblighi concordati con il pubblico ministero, nei limiti definiti dal legislatore; la pena da scontare sarà comunque meno onerosa che non nel caso in cui, non avendo raggiunto un accordo, il procedimento penale prosegua secondo il suo iter consueto. In contropartita, i pubblici poteri rinunciano all'azione penale, che si estingue.

C. La transazione penale, un modo di amministrare la giustizia

83. Tale caratterizzazione comprende due aspetti che non possono essere ignorati. Il primo è che le condizioni cui si conforma l'imputato costituiscono la punizione per la sua condotta. Il secondo è che il soggetto che punisce è lo Stato, il quale occupa una posizione preminente. L'imputato è libero di accettare la transazione; se non lo fa, deve essere consapevole del fatto che l'azione penale seguirà il suo corso. Lo ius puniendi continua ad essere lo stesso, anche se cambia la forma in cui viene esercitato.

84. In realtà, il fatto che nella transazione sia assente la figura del giudice che esercita il potere giurisdizionale non comporta una «de-giurisdizionalizzazione» tale da far sì che la decisione transattiva non risponda ai criteri di cui all'art. 54 della Convenzione. Non si produce allora quel fenomeno che taluni definiscono «una giustizia senza giudici», come se si trattasse di un accordo quasi privatistico.

85. La transazione è una procedura che permette di comporre le liti di natura penale attraverso un accordo tra il titolare dell'esercizio dell'azione penale e l'imputato, senza che vi sia la necessità di aprire un procedimento giudiziario in senso stretto. Attraverso questa forma di composizione della lite non si dà luogo ad una contrattazione tra il pubblico ministero e il trasgressore, avente ad oggetto la determinazione della pena. Si ha invece una proposta dei pubblici poteri dello Stato, che viene resa manifesta per mezzo di colui che detiene la titolarità dell'azione penale, che si accetta o si rifiuta.

86. Non si tratta della negoziazione di un accordo tra l'imputato ed il pubblico ministero, come ha osservato il legale del sig. Gözütok, bensì di una decisione, effettivamente meno aggressiva di una sentenza di condanna, che costituisce, in ogni caso, una manifestazione dello ius puniendi.

87. Sarebbe errato quindi classificare la transazione penale come un atto di natura contrattuale , poiché implica una condanna, lieve e accettata dall'imputato, che non per questo cessa di essere una sanzione e di compiere le funzioni proprie di quest'ultima. Come fa notare la Commissione, essa costituisce una «sanzione alternativa» che punisce il comportamento illecito e scoraggia future trasgressioni.

88. Per di più, la transazione ha un «carattere giudiziale implicito»; non è un istituto estraneo alla giustizia penale, poiché la sua esistenza si giustifica solo in quanto manifestazione dell'esercizio della stessa giustizia penale. Qualsiasi reato è perseguibile su iniziativa del pubblico ministero , ed è punibile dopo che si sia svolto un giusto processo. Tuttavia, alcuni ordinamenti autorizzano il titolare dell'azione penale, riguardo a determinate violazioni, ad accordarsi con l'imputato sulla sanzione, con la premessa, ben inteso, che nel caso in cui non venga raggiunto un accordo, se l'imputato non accetta la proposta rivoltagli, l'iter giudiziario e sanzionatorio seguirà il suo corso ordinario.

89. Poiché così ha voluto il legislatore, nella transazione lo Stato esercita lo ius puniendi nei confronti di determinate violazioni mediante l'intervento di chi è preposto all'esercizio dell'azione penale, che si estingue dopo che la sanzione sia stata eseguita. Si ottiene quindi una pronuncia definitiva da parte dello Stato, che si esprime attraverso l'organo competente. Pertanto, anche questa risposta a determinate categorie di crimini è un modo di amministrare la giustizia penale.

90. In sintesi, l'imputato che patteggia e accetta le condizioni impostegli dal pubblico ministero viene condannato per i fatti in relazione ai quali, dato che ha accettato la sanzione, ha ammesso la propria colpevolezza. Una volta che l'accordo sia divenuto immodificabile, si può considerare che l'imputato abbia ottenuto un giudizio definitivo e che, grazie all'adempimento degli obblighi stipulati nell'accordo, la sanzione sia stata eseguita. Di conseguenza, lo stesso individuo non potrà essere nuovamente giudicato, perché lo impedisce l'art. 54 della Convenzione.

D. Garanzia dei diritti del cittadino nella transazione penale

91. Per mezzo della transazione, quindi, lo Stato esercita l'azione penale nei confronti di un individuo che, di fatto, ammette la sua colpevolezza e, una volta che siano state soddisfatte le condizioni prescritte, l'azione si estingue , analogamente a quanto accade quando viene emessa un'ordinanza di non luogo a procedere, una sentenza di assoluzione o di condanna - in quest'ultimo caso, dopo che la pena sia stata eseguita.

92. E questa modalità di amministrare la giustizia garantisce il rispetto dei diritti fondamentali dell'imputato.

93. L'imputato cui viene proposta una transazione è una persona nei confronti della quale grava un'accusa penale ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e che, de iure, gode dei diritti riconosciuti da questo stesso atto a tutti gli imputati, in particolare, dei diritti di cui all'art. 6.

94. Per cominciare, il pubblico ministero deve informare l'imputato del carattere facoltativo della transazione e del suo diritto di essere sottoposto a giudizio dinanzi ad un giudice indipendente. Il diritto di adire un organo giurisdizionale è riconosciuto a tutti gli imputati dai principali accordi internazionali e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo .

95. La libertà di accettare o respingere la transazione è fondamentale. A prima vista si potrebbe dubitare della sua esistenza, posto che, di fatto, l'imputato deve accogliere la proposta del pubblico ministero se vuole evitare il processo. Tuttavia, tale circostanza non vizia il consenso, in quanto non si può considerare inammissibile la minaccia di esercitare una determinata azione se i mezzi impiegati e l'obiettivo perseguito sono legittimi.

96. E questa legittimità nasce dall'opzione «prendere o lasciare» tipica della transazione penale. La Corte di Strasburgo ha affermato che, sebbene l'idea di dover comparire dinanzi a un giudice penale possa influire sulla volontà dell'interessato al fine di accettare o rifiutare la transazione, la pressione in tal modo esercitata non è incompatibile con la Convenzione .

97. In sintesi, la transazione penale costituisce una manifestazione dello ius puniendi; è un modo di amministrare la giustizia che garantisce il rispetto dei diritti dell'imputato e sfocia nell'imposizione di una sanzione. Non vi è alcun dubbio, quindi, circa il fatto che con il ricorso a questa procedura si ottiene una pronuncia sui fatti contestati e sulla colpevolezza del loro autore.

98. Se e quanto è assicurata la tutela dei diritti del cittadino riguardo alle questioni poste dai giudici nazionali, ed in particolare, dall'Oberlandesgericht Köln, e nonostante il rilievo mosso dal governo francese, è irrilevante il fatto che la decisione cui consegue l'estinzione dell'azione penale venga o meno approvata da un giudice.

99. A ben guardare, l'eventuale intervento di un giudice a posteriori non aggiunge nulla di nuovo. Dal momento che i diritti dell'imputato vengono tutelati ab initio, che esiste un'ammissione di colpevolezza e, quindi, una pronuncia implicita su quest'ultima, la successiva ratifica da parte dell'organo giurisdizionale riveste un carattere puramente formale; è quindi una procedura che può convertirsi in vuoto formalismo.

E. L'autorità di cosa giudicata della transazione penale

100. La forma di amministrazione della giustizia penale che si serve di questa procedura di carattere convenzionale non costituisce quindi un surrogato, bensì un modo diverso di esercitare lo ius puniendi, che fornisce un'alternativa alla funzione strettamente giurisdizionale rispetto a determinati reati.

101. Nel momento in cui l'imputato accetta la proposta rivoltagli dal rappresentante dei pubblici poteri e adempie le condizioni da quest'ultimo impostegli, lo Stato ha dato una risposta definitiva all'infrazione, di guisa che colui che giunge ad un accordo e ne accetta il contenuto, alla stregua dell'imputato che viene giudicato con sentenza definitiva, ha il diritto di pretendere che non si guardi più indietro, che il contenuto della transazione sia considerato immodificabile ed ha altresì il diritto di non vedersi perseguito in futuro a causa degli stessi fatti.

102. In altre parole, la transazione vincola e, una volta eseguita, rappresenta l'ultima parola dei pubblici poteri in merito alla questione che ne forma oggetto. Orbene, efficacia esecutiva e autorità di cosa giudicata sono le due qualità che caratterizzano ogni pronuncia emessa in sede giudiziaria per definire una lite .

103. Questa speciale efficacia della decisione vale solo nell'ambito in cui il pubblico ministero ha facoltà di patteggiare, ossia riguardo all'azione penale esercitata in nome dello Stato, ma non pregiudica le altre azioni, quale l'azione civile che viene esperita in conseguenza di un reato, il cui esercizio spetta alla vittima o, in generale, al danneggiato. Per tale motivo, gli artt. 216 bis e 216 ter del Code d'instruction criminelle belga prevedono che l'estinzione dell'azione penale nell'ambito della mediazione penale non pregiudica il diritto delle vittime o dei loro aventi causa di esperire l'azione civile, e l'ordinamento olandese conferisce agli interessati il diritto di impugnare la decisione del pubblico ministero dinanzi al giudice .

104. Vale a dire che, conformemente all'art. 54 della Convenzione, l'estinzione dell'azione penale che si produce all'interno di uno Stato membro, per effetto di una transazione positivamente conclusa ed eseguita, osta a che i medesimi fatti vengano perseguiti penalmente in un altro Stato, ma non costituisce un ostacolo all'esercizio dell'azione civile da parte della vittima dinanzi alla giurisdizione competente.

105. Tale affermazione risulta in realtà superflua in quanto ovvia, poiché la detta norma convenzionale si riferisce puramente al procedimento penale. Nei sistemi in cui l'offeso non può esperire l'azione civile parallelamente all'azione penale dinanzi agli organi giurisdizionali competenti, non sorge alcun dubbio al riguardo. Negli ordinamenti in cui tale cumulo delle azioni dinanzi ai giudici penali è possibile, dopo l'archiviazione del caso rimane pur sempre salvo il diritto del danneggiato di esperire l'azione civile dinanzi al giudice competente e secondo le disposizioni di legge.

106. Per ricapitolare i ragionamenti fin qui svolti, posso affermare che l'art. 54 della Convenzione si applica alla transazione penale se e in quanto quest'ultima: 1) costituisce una procedura attraverso cui lo Stato esercita lo ius puniendi; 2) comporta la formulazione di un giudizio definitivo implicito in merito alla condotta dell'imputato nonché l'imposizione di misure sanzionatorie; e 3) non pregiudica il diritto della vittima di agire in risarcimento.

5. Interpretazione dell'espressione «giudicata con sentenza definitiva», di cui all'art. 54 della Convenzione

107. A dispetto dei motivi finora esposti, che inducono ad un'interpretazione estensiva dell'art. 54 della Convenzione, i governi tedesco e francese propongono di dare al detto articolo un significato restrittivo, attraverso un'interpretazione letterale dei termini che figurano nelle versioni tedesca, francese ed olandese. A loro avviso, le espressioni rechtskräftig abgeurteilt, onherroepelijk vonnis e définitevement jugée si riferiscono all'intervento di un organo giurisdizionale e, poiché nella transazione il giudice non compie la funzione che gli è propria, la stessa rimarrebbe esclusa dal campo di applicazione dell'art. 54 della Convenzione.

108. Se quest'ultima disposizione viene letta in combinazione con quella di cui all'art. 58, si può dimostrare come in realtà non sia così palese che la prima si riferisca squisitamente a decisioni emesse in sede giurisdizionale, cioè, a pronunce emesse da un giudice o da un tribunale al termine di un procedimento giudiziario svoltosi nel rispetto delle garanzie del contraddittorio e della difesa. L'art. 58 autorizza gli Stati firmatari della Convenzione ad adottare disposizioni che conferiscano al principio del ne bis in idem attribuito a «decisioni giudiziarie», un effetto più ampio rispetto a quanto previsto negli articoli precedenti. Riguardo a quest'ultima disposizione, le versioni francese, olandese e tedesca utilizzano, rispettivamente, i termini décisions judiciaires, vonnis e Justizentscheidungen , il che fa capire come la volontà delle parti contraenti non fosse quella di limitare il campo di applicazione dell'art. 54 alle sentenze propriamente dette.

109. Quando tale disposizione si riferisce ad una persona che è stata «giudicata con sentenza definitiva» (rechtskräftig abgeurteilt, onherroepelijk vonnis, définitivement jugée, finally disposed, juzgada en sentencia firme o definitivamente julgado), a dispetto del tenore letterale della versione spagnola, essa non allude ad una decisione giudiziaria che prenda forma di sentenza e venga emessa al termine di un procedimento svoltosi nel rispetto di tutte le garanzie dettate dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo; più genericamente, essa si riferisce ad ogni pronuncia emessa all'interno del mondo giudiziario, con la quale lo Stato esprime l'ultima parola in merito ai fatti perseguiti ed alla colpevolezza dell'autore di essi; pronuncia che può provenire da un magistrato in sede giudicante, dal giudice istruttore a conclusione della sua attività inquirente o da un pubblico ministero nell'esercizio dell'azione repressiva dei reati.

110. Siffatta valutazione è legittima poiché i termini impiegati nelle distinte versioni non sono univoci; così, se a prima vista il rilievo mosso dai governi sopra ricordati appare convincente, esso in realtà non lo è poi così tanto, se si considera la mancanza di uniformità tra le diverse formulazioni dell'art. 54 . Con un esame approfondito - come ho fatto nei precedenti paragrafi - della dinamica del precetto, della natura della transazione e del fondamento del principio del ne bis in idem, si capisce come tale posizione sia impropria.

111. L'interpretazione restrittiva proposta dai suddetti governi può portare a risultati assurdi. Per esempio, mentre una persona che è stata assolta con sentenza definitiva per non aver commesso il fatto non potrebbe essere giudicata nuovamente in un altro Stato membro, l'imputato che al termine dell'istruttoria ottiene dal giudice istruttore un'ordinanza di non luogo a procedere per lo stesso motivo vedrebbe invece pendere sulla sua testa la spada di Damocle di un nuovo processo. Il diritto deve respingere le interpretazioni che conducono ad un esito irragionevole e illogico.

112. Inoltre, la tesi restrittiva potrebbe provocare il collasso dell'impianto istituzionale. L'imputato che patteggia agisce in tal modo perché sa che, ammettendo la propria colpevolezza e accettando la sanzione propostagli dal pubblico ministero, salderà il proprio conto con la giustizia in un modo per lui più vantaggioso di quanto lo sarebbe quello di rifiutare il patteggiamento e di far proseguire il processo per giungere ad una sentenza. Orbene, se questa persona non ottiene la garanzia che, una volta eseguita la sanzione, la sua condotta non verrà nuovamente giudicata, egli tenderà a respingere la proposta, con la conseguenza che questo modo di amministrare la giustizia penale, una vera e propria valvola di sfogo per il sistema giudiziario, può finire su un binario morto, privata di ogni utilità.

113. Il governo tedesco sostiene che l'art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo limita l'efficacia del principio del ne bis in idem alle decisioni giudiziarie. Tale interpretazione contrasta con quella più ampia suggerita dalla Corte di Strasburgo, secondo la quale la detta disposizione ha lo scopo di «vietare la reiterazione di azioni penali definitivamente chiuse e pertanto non si applica prima che venga avviato un nuovo procedimento» .

114. Nella posizione dei governi francese, belga e tedesco si ravvisa un difetto di prospettiva. Il principio del ne bis in idem non è, come ho in precedenza rilevato, una norma processuale, bensì una garanzia fondamentale che viene conferita al cittadino da quei sistemi giuridici, quali quelli degli Stati membri dell'Unione europea, che si adoperano per garantire all'individuo un insieme di diritti e di libertà che possano essere fatti valere nei confronti dei pubblici poteri. Nell'ambito del progetto di cooperazione in materia di sicurezza e di giustizia, gli Stati membri hanno riconosciuto l'efficacia del suddetto principio contenuto negli artt. 54 e seguenti della Convenzione e tale riconoscimento, ovviamente, comporta un limite all'esercizio del diritto di perseguire e punire un reato.

115. La portata del detto limite deve essere definita assumendo il punto di vista del cittadino, dato che si tratta di una garanzia posta a tutela di quest'ultimo. Nell'ipotesi in cui il reo sia stato perseguito, giudicato e, in caso di condanna, obbligato a scontare una pena, lo stesso ha il diritto di esigere che nessun altro Stato contraente proceda contro di lui per gli stessi fatti; a tal fine non assumono particolare rilevanza la forma ed il modo in cui ha avuto luogo la pronuncia dell'autorità giudiziaria, ma piuttosto il fatto che siano rispettati interamente le condizioni ed i requisiti dettati dall'ordinamento giuridico nel quale viene emessa la decisione. Sarebbe paradossale sostenere che l'art. 54 della Convenzione può riguardare unicamente decisioni giudiziarie, vale a dire, decisioni pronunciate al termine di un procedimento che si sia svolto nel pieno rispetto delle garanzie dell'imputato, con l'effetto di ridurre, proprio servendosi di questo stesso argomento, l'ambito di applicazione di una delle dette garanzie.

116. D'altra parte, un'interpretazione letterale e restrittiva dell'art. 54 della Convenzione condurrebbe a risultati perversi. Infatti, come ho in precedenza rilevato, la transazione costituisce una forma particolare di amministrazione della giustizia penale a fronte di violazioni di minore o di media gravità, che non è praticabile nei confronti dei reati più gravi. Ne discende che la posizione assunta in proposito dai governi tedesco, francese e belga finirebbe per assicurare un miglior trattamento ai criminali, i quali si troverebbero a beneficiare della regola del ne bis in idem, che non agli autori di trasgressioni di lieve entità, nei confronti dei quali si ha una minore condanna sociale. Infatti chi commette un reato grave, e può essere condannato unicamente con sentenza definitiva, non correrebbe il rischio di essere nuovamente sottoposto a giudizio in un altro Stato aderente alla Convenzione, diversamente dal piccolo trasgressore che abbia accettato ed eseguito una transazione offertagli dal pubblico ministero.

117. D'altronde, indagare sulla volontà del legislatore è irrilevante al fine di determinare la portata dell'art. 54 della Convenzione, tenuto conto che nemmeno gli stessi Stati membri si mostrano concordi su questo punto .

118. Da quanto precede si evince che l'art. 54 della Convenzione si applica a chiunque abbia ottenuto una pronuncia di estinzione dell'azione penale da parte del pubblico ministero dopo aver soddisfatto le condizioni cui si è vincolato in forza dell'accordo con il detto rappresentante dei pubblici poteri statali.

6. L'altra faccia della medaglia: il principio della reciproca fiducia

119. La regola del ne bis in idem non è soltanto una garanzia personale del cittadino, ma anche uno strumento al servizio del principio di certezza del diritto, il quale osta a che le decisioni adottate dai pubblici poteri, una volta diventate definitive ed inappellabili, siano rimesse in discussione sine die.

120. Così, quando si verifica l'estinzione dell'azione penale in uno Stato membro, gli altri Stati non possono ignorare questo fatto.

121. Sarebbe del tutto inaccettabile che, all'interno di un'Europa integrata, nella quale è stato avviato un processo di cooperazione di giorno in giorno più stretta tra gli Stati membri, una persona potesse essere indagata una seconda volta.

122. La realizzazione dell'obiettivo enunciato nel Trattato sull'Unione europea , che consiste nello sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, impone che gli Stati membri garantiscano tra di loro l'efficacia delle decisioni straniere.

123. A tale scopo, il nuovo titolo VI del Trattato sull'Unione europea prevede che l'azione comune in materia penale comprenda «la facilitazione e l'accelerazione della cooperazione tra i ministeri competenti e le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione ai procedimenti e all'esecuzione delle decisioni» .

124. Questa meta comune non può essere raggiunta senza una fiducia reciproca degli Stati membri nei confronti dei loro sistemi di giustizia penale , né senza il reciproco riconoscimento delle loro rispettive pronunce, adottate all'interno di un vero e proprio «mercato comune dei diritti fondamentali». Infatti, tale riconoscimento è basato sull'idea che, nonostante uno Stato possa non trattare una specifica questione in maniera uguale o simile a quella di un altro Stato, i risultati saranno tali da essere accettati come equivalenti alle decisioni che avrebbe adottato lo Stato interessato, poiché si conformano agli stessi principi e valori. Si tratta di un elemento imprescindibile del processo evolutivo che coinvolge attualmente l'Unione europea: la reciproca fiducia nell'adeguatezza delle normative degli Stati partecipanti e nella corretta applicazione di tali normative .

125. E riconoscere una decisione significa anche prenderla in considerazione, ciò che ha per corollario l'applicazione del principio del ne bis in idem.

126. Come si può notare, tutti questi argomenti confluiscono verso un'interpretazione estensiva dell'art. 54 della Convenzione, che consente di far ricadere nell'ambito di applicazione di tale articolo le decisioni di archiviazione del procedimento penale, adottate dal pubblico ministero in seguito ad una transazione che si sia felicemente conclusa e sia stata compiutamente eseguita. Tale è la posizione sostenuta dalla Commissione e dai governi olandese ed italiano.

127. La Commissione aveva già in precedenza lanciato un simile invito: «Il pieno riconoscimento reciproco, nella forma da attuare tra gli Stati membri, dovrebbe essere basato sul principio che una decisione adottata da qualsiasi autorità nell'UE conclude l'iter giudiziario relativo a tale reato, rendendo inutile l'adozione di un'ulteriore decisione (...). In altri termini, una persona condannata o assolta (...) nello Stato membro A non dovrebbe essere processata (...) nello Stato membro B, anche se quest'ultimo Stato è competente in merito [ai] fatti (...) né quando (...) sia stata eventualmente pronunciata una sentenza diversa (...)» .

128. Questo sentiero è stato imboccato dal Consiglio che, nel Programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali , raccomanda la piena applicazione del suddetto principio .

129. E' vero che in tale programma si rileva come il detto obiettivo sia stato solo parzialmente realizzato dagli artt. 54-57 della Convenzione e si esprime la necessità di estendere l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni di proscioglimento, nonché a quelle decisioni prese «in seguito a mediazione penale». Orbene, le dichiarazioni di cui sopra non danno l'avallo definitivo, come pretende il governo belga, all'interpretazione restrittiva di cui esso si fa paladino insieme al governo tedesco.

130. Siffatto documento non è un testo normativo vincolante per la Corte di giustizia. Al massimo, esso rappresenta un elemento accessorio ai fini interpretativi, che non può essere considerato isolatamente, cioè senza tenere conto di altri elementi che sono assai più importanti ai fini dell'esercizio del potere giurisdizionale attribuito alla Corte, il quale consiste nel «dichiarare il diritto» ed interpretare le disposizioni che integrano l'ordinamento giuridico comunitario, come quelle delle quali ho parlato nel corso delle presenti conclusioni: la ratio dell'art. 54 della Convenzione, i fondamenti del principio del ne bis in idem, la natura dei procedimenti di natura transattiva ed il processo di integrazione europea, che richiede una cooperazione tra gli Stati membri sempre più stretta, come indicato dal Consiglio nel Programma.

131. Inoltre, dal mero riferimento alla mediazione penale non si può necessariamente dedurre quanto afferma il governo belga. In primo luogo, perché il Consiglio non avoca a sé il monopolio dell'interpretazione della Convenzione e, in secondo luogo, in quanto siffatta allusione difetta di rigore e non consente di accertare, al riparo da qualsiasi dubbio, se riguardi la mediazione penale in senso stretto o includa piuttosto tutti i procedimenti di analoga natura, come quelli che ho preso in esame nel corso della presente trattazione, nei quali il pubblico ministero propone un accordo all'imputato per l'archiviazione dell'azione giudiziaria in cambio dell'adempimento di taluni obblighi.

132. Al contrario, penso che le dichiarazioni più recenti del Consiglio dimostrino come la volontà di quest'ultimo sia ben lontana dalle intenzioni che il governo belga pretende attribuirgli dopo una frettolosa lettura del citato Programma.

133. Come risulta dall'art. 9 della decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002 sulla lotta contro il terrorismo , gli Stati membri devono collaborare al fine di coordinare le azioni giudiziarie con l'obiettivo di centralizzare in un solo Stato l'esercizio dell'azione penale. Secondo gli orientamenti proposti durante la presidenza spagnola , i principi di uguaglianza e reciproca fiducia devono guidare l'applicazione dello ius puniendi da parte degli Stati membri, affinché sia possibile preservare l'ordine sociale europeo garantendo, nel contempo, il rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà dei cittadini sui quali si fondano i sistemi giuridici dell'Unione e degli Stati che ne fanno parte, tra i quali figura il principio del ne bis in idem.

VII - Conclusione

134. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di giustizia di rispondere alle questioni proposte dall'Oberlandesgericht Köln e dal Rechtbank van Eerste Aanleg te Veurne dichiarando che «il principio del ne bis in idem, enunciato all'art. 54 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, si applica anche nel caso in cui si verifichi l'estinzione dell'azione penale nell'ordinamento giuridico di una parte contraente in conseguenza di una decisione emessa dal pubblico ministero, dopo che l'imputato abbia soddisfatto determinate condizioni e senza che abbia alcun rilievo il fatto che tale decisione riceva o meno l'approvazione di un giudice, se e in quanto:

1. le condizioni imposte abbiano carattere sanzionatorio;

2. l'accordo presupponga un riconoscimento della colpevolezza, esplicito o implicito, e di conseguenza contenga un giudizio, espresso ovvero tacito, di condanna del comportamento; e

3. non pregiudichi l'eventuale diritto della vittima e degli altri danneggiati, eventuali titolari di azioni civili».

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