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Document 61999CJ0236

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 6 luglio 2000.
Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio.
Inadempimento da parte di uno Stato - Mancata attuazione della direttiva 91/271/CEE.
Causa C-236/99.

Raccolta della Giurisprudenza 2000 I-05657

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2000:374

61999J0236

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 6 luglio 2000. - Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio. - Inadempimento da parte di uno Stato - Mancata attuazione della direttiva 91/271/CEE. - Causa C-236/99.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-05657


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Stati membri - Obblighi - Attuazione delle direttive - Inadempimento - Giustificazione - Inammissibilità

(Art. 226 CE)

2 Ricorso per inadempimento - Diritto di agire della Commissione - Esercizio discrezionale

(Art. 226 CE)

3 Stati membri - Obblighi - Attuazione delle direttive - Inadempimento - Dispozione di una direttiva che consente agli Stati membri di chiedere una proroga del termine di attuazione - Giustificazione fondata sulla mancanza di motivazione del diniego della Commissione di prorogare il detto termine - Inammissibilità

(Art. 226 CE)

Massima


1 Uno Stato membro non può eccepire situazioni del suo ordinamento giuridico interno, ivi comprese quelle che derivano dalla sua organizzazione federale, per giustificare l'inosservanza degli obblighi e dei termini imposti da una direttiva.

(v. punto 23)

2 Nel sistema istituito dall'art. 226 CE, la proposizione del ricorso per inadempimento rientra nel potere discrezionale della Commissione. Pertanto, l'esercizio di tale potere non può essere oggetto di valutazione di opportunità da parte della Corte.

(v. punto 28)

3 Il mancato rispetto, da parte di uno Stato membro, degli obblighi previsti da una direttiva non può essere giustificato dalla circostanza che la Commissione non ha motivato il proprio rifiuto di prorogare il termine di attuazione stabilito dalla direttiva medesima, e ciò anche nel caso in cui la direttiva consente alle autorità nazionali di presentare alla Commissione una richiesta intesa ad ottenere una proroga del detto termine.

(v. punti 31-32)

Parti


Nella causa C-236/99,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori G. Valero Jordana, membro del servizio giuridico, e O. Couvert-Castera, funzionario nazionale comandato in questo servizio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor C. Gómez de la Cruz, membro dello stesso servizio, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Regno del Belgio, rappresentato dalla signora A. Snoecx, consigliere presso la direzione generale «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, del Commercio con l'estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente, assistita dagli avv.ti F. P. Louis e A. Vallery, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata del Belgio, 4, rue des Girondins,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che il Regno del Belgio, avendo comunicato alla Commissione un programma di attuazione della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135, pag. 40), non conforme alla detta direttiva per quanto riguarda la Regione di Bruxelles-Capitale, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza della stessa direttiva, in particolare del suo art. 17,

LA CORTE

(Sesta Sezione),

composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, R. Schintgen, J.-P. Puissochet, G. Hirsch e dalla signora F. Macken (relatore), giudici,

avvocato generale: F.G. Jacobs

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 26 gennaio 2000,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 16 marzo 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 23 giugno 1999, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno del Belgio, avendole comunicato un programma di attuazione della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135, pag. 40; in prosieguo: la «direttiva»), non conforme alla detta direttiva per quanto riguarda la Regione di Bruxelles-Capitale, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza della stessa direttiva, in particolare del suo art. 17.

2 Ai sensi dell'art. 1 della direttiva, questa concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali.

3 L'art. 2 della direttiva definisce le «acque reflue urbane» come «acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche acque reflue industriali e/o acque meteoriche di dilavamento».

4 L'art. 3, n. 1, secondo comma, della direttiva precisa che, per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate aree sensibili ai sensi della definizione di cui all'art. 5, gli Stati membri garantiscono che gli agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti siano provvisti di reti fognarie, al più tardi, entro il 31 dicembre 1998. L'art. 2 della direttiva definisce l'abitante equivalente come «il carico organico biodegradabile, avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) di 60 g di ossigeno al giorno».

5 Le regole generali applicabili alle acque reflue oggetto della direttiva sono sancite all'art. 4 di quest'ultima.

6 L'art. 5 della direttiva dispone, al n. 1, che gli Stati membri individuino, entro il 31 dicembre 1993, le aree sensibili secondo i criteri stabiliti nell'allegato II della direttiva. Al n. 2, questo articolo prevede che «gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello descritto all'articolo 4 al più tardi entro il 31 dicembre 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10 000 (abitanti equivalenti)».

7 L'art. 8, n. 1, della direttiva precisa che, in casi eccezionali dovuti a problemi tecnici e per gruppi di popolazione definiti geograficamente, gli Stati membri possono presentare alla Commissione una richiesta speciale intesa ad ottenere un periodo più lungo per adempiere le disposizioni dell'art. 4. Ai sensi dell'art. 8, n. 2, tale richiesta, che deve essere debitamente motivata, deve indicare le difficoltà tecniche riscontrate e proporre un programma di azione con un calendario appropriato da adottare al fine di conseguire l'obiettivo perseguito dalla direttiva stessa; tale calendario deve essere incluso nel programma di attuazione di cui all'art. 17. Al n. 3, lo stesso articolo prevede che il termine più lungo di cui al n. 1 non può oltrepassare il 31 dicembre 2005.

8 Ai sensi dell'art. 17 della direttiva, gli Stati membri elaborano, entro il 31 dicembre 1993, un programma di attuazione della direttiva e comunicano alla Commissione, entro il 30 giugno 1994, le informazioni relative al programma.

9 In Belgio, la legge 8 agosto 1980 regionalizzava la materia della depurazione delle acque usate, che rientra ora nella sfera di competenze delle diverse regioni del Regno del Belgio.

10 Il 23 marzo 1994 il governo della Regione di Bruxelles-Capitale adottava un decreto relativo al trattamento delle acque reflue urbane che prescriveva che la detta Regione doveva dotarsi, entro il 31 dicembre 1998, di una rete di raccolta delle acque urbane corrispondente alle caratteristiche richieste, nonché di un sistema di depurazione delle acque prima dello scarico. Per altro, la Senne, corso d'acqua nel quale confluiscono le acque reflue dell'agglomerato brussellese, vi veniva del pari designata come area sensibile ai sensi della direttiva, per quanto riguarda la Regione di Bruxelles-Capitale.

11 Con lettera 28 maggio 1996 la Regione di Bruxelles-Capitale comunicava alla Commissione il proprio programma di risanamento relativo alla depurazione delle acque reflue urbane, nel quale si prevedeva la raccolta e la depurazione delle acque di scarico entro la fine dell'anno 2003. Nella stessa missiva, essa richiedeva alla Commissione una proroga del termine necessario per la trasposizione della direttiva, in considerazione dei limiti di bilancio e degli investimenti in corso.

12 Con lettera 3 luglio 1996 le autorità belghe inviavano alla Commissione, in esecuzione del loro obbligo di trasmettere a quest'ultima un programma di attuazione della direttiva, il programma elaborato per la Regione di Bruxelles-Capitale. Con lettera 30 settembre 1997 la Commissione richiamava l'attenzione delle autorità belghe sulla mancanza di conformità di tale programma. Le autorità belghe rispondevano con lettera 18 novembre 1997.

13 Con lettera 27 maggio 1998 la Commissione, ritenendo che il Regno del Belgio le avesse comunicato un programma di attuazione non conforme alla direttiva per quanto riguarda la Regione di Bruxelles-Capitale, intimava a tale Stato di presentare le proprie osservazioni in ordine ad un eventuale inadempimento degli obblighi ad esso incombenti in forza della detta direttiva.

14 Non avendo ricevuto alcuna risposta da parte delle autorità belghe, la Commissione, in data 17 dicembre 1998, inviava un parere motivato al Regno del Belgio, rilevando in esso che quest'ultimo le aveva trasmesso un programma di attuazione della direttiva non conforme alla direttiva stessa per quanto riguarda la Regione di Bruxelles-Capitale, contravvenendo quindi alla direttiva, in particolare all'art. 17 della medesima.

15 Con lettere 25 gennaio e 17 marzo 1999 le autorità belghe informavano la Commissione sullo stato di avanzamento delle gare d'appalto dirette all'aggiudicazione dei lavori di costruzione delle stazioni di depurazione necessarie per conformarsi alla direttiva.

16 Alla luce di quanto sopra, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

17 Ricordando come sia pacifico che l'agglomerato brussellese ha un numero di abitanti equivalenti superiore a 10 000 e come le autorità belghe abbiano designato il bacino della Senne come area sensibile ai sensi dell'art. 5 della direttiva, la Commissione fa valere che le autorità belghe avrebbero dovuto, in forza dell'art. 3 della direttiva, provvedere affinché una rete di raccolta delle acque reflue urbane fosse realizzata entro il 31 dicembre 1998 nella Regione di Bruxelles-Capitale.

18 La Commissione ritiene del pari che le autorità belghe avrebbero dovuto, in forza dell'art. 5 della direttiva, provvedere affinché le acque reflue urbane dell'agglomerato brussellese fossero sottoposte ad un trattamento secondario e ad un trattamento complementare dell'azoto e del fosforo prima di essere scaricate nella Senne. Siffatto trattamento avrebbe dovuto essere realizzato entro il 31 dicembre 1998.

19 La Commissione sostiene che risulta dal programma di attuazione trasmesso dal Regno del Belgio che quest'ultimo non ha rispettato i termini stabiliti dalla direttiva per quanto riguarda la realizzazione di reti di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane nella Regione di Bruxelles-Capitale, con conseguente violazione degli obblighi che ad esso incombono in forza dell'art. 17 della direttiva.

20 Occorre preliminarmente rilevare che il Regno del Belgio riconosce di non aver trasposto direttiva, in particolare l'art. 17 di quest'ultima, entro il termine prescritto.

21 A sua discolpa, pur ammettendo di aver disatteso l'obbligo sancito dell'art. 17 della direttiva, il governo belga argomenta, anzitutto, che le difficoltà generate dall'iter di riforma istituzionale, che il Regno del Belgio ha dovuto portare a termine nel corso degli ultimi 30 anni per preservare la propria unità e i principi basilari dello Stato di diritto, costituiscono circostanze eccezionali atte a spiegare e giustificare i problemi a cui si è dovuta confrontare la Regione di Bruxelles-Capitale. Tali circostanze costituirebbero un evento di forza maggiore in quanto si tratterebbe di difficoltà straordinarie, indipendenti dalla volontà del Regno del Belgio.

22 Al riguardo, si deve constatare che le difficoltà addotte dal governo belga sono di natura puramente interna, derivanti dalla sua organizzazione politica ed amministrativa, e che esse non costituiscono pertanto un caso di forza maggiore.

23 Inoltre, secondo una giurisprudenza costante della Corte, uno Stato membro non può eccepire situazioni del suo ordinamento giuridico interno, ivi comprese quelle che derivano dalla sua organizzazione federale, per giustificare l'inosservanza degli obblighi e dei termini imposti da una direttiva (v., in tal senso, sentenze 15 ottobre 1998, causa C-326/97, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-6107, punto 7, e 13 aprile 2000, causa C-274/98, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-2823, punti 19 e 20).

24 Il governo belga non può quindi far leva su questa situazione per giustificare l'inadempimento degli obblighi impostigli dalla direttiva.

25 Il governo belga argomenta inoltre che, in seguito alla lettera della Regione di Bruxelles-Capitale in data 28 maggio 1996, con la quale le autorità belghe richiedevano alla Commissione una proroga del termine necessario per trasporre la direttiva, la Commissione era tenuta, in forza dell'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE), a tener conto di eventuali difficoltà incontrate da tale Stato membro. Esso sostiene che la Commissione avrebbe pertanto dovuto vuoi proporre una modifica della direttiva, in modo da contemplare una proroga del termine in essa previsto, vuoi differire a un momento successivo la proposizione del ricorso per inadempimento.

26 Si deve rilevare, da un lato, che, in mancanza di modifica di una direttiva ad opera del legislatore comunitario che sia intesa a prorogare i termini di attuazione, gli Stati membri sono tenuti a conformarsi ai termini originariamente fissati.

27 Non essendo stata operata una modifica siffatta, e tenuto conto del fatto che il governo belga basa la propria difesa su un asserito caso di forza maggiore, questo argomento del governo belga non può giustificare l'inosservanza degli obblighi e dei termini stabiliti dalla direttiva.

28 D'altro lato, si deve ricordare che, nel sistema istituito dall'art. 226 CE, la proposizione del ricorso per inadempimento rientra nel potere discrezionale della Commissione, il cui esercizio non può essere oggetto di valutazione di opportunità da parte della Corte (v., segnatamente, sentenza 27 novembre 1990, causa C-209/88, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4313, punto 16).

29 Ne consegue che il governo belga non poteva pretendere che la Commissione differisse a un momento successivo la proposizione del presente ricorso per inadempimento.

30 Infine, il governo belga fa valere che la Commissione era parimenti tenuta, in forza dell'art. 10 CE, a motivare il proprio rifiuto di accogliere la sua richiesta di proroga dei termini sanciti dalla direttiva.

31 Va precisato che, sebbene l'art. 8 della direttiva consenta alle autorità nazionali di presentare alla Commissione una richiesta intesa ad ottenere una proroga del termine per conformarsi all'art. 4 della direttiva, il governo belga ha segnalato, nelle proprie osservazioni presentate alla Corte, di non aver mai rivendicato a proprio vantaggio l'applicazione di questa disposizione per giustificare la richiesta di proroga del termine di attuazione della direttiva menzionata nell'ambito della comunicazione del programma di risanamento in data 28 maggio 1996.

32 Quanto all'argomento relativo all'asserita violazione dell'art. 10 CE, è sufficiente rilevare che, in ogni caso, la circostanza che la Commissione non abbia motivato il proprio rifiuto di prorogare il termine stabilito dalla direttiva non è atta a giustificare il mancato rispetto, da parte del Regno del Belgio, degli obblighi da essa previsti.

33 Poiché il programma di attuazione trasmesso dal Regno del Belgio alla Commissione non ha rispettato i termini stabiliti dalla direttiva per quanto riguarda la realizzazione di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane nella Regione di Bruxelles-Capitale, il ricorso proposto dalla Commissione deve considerarsi fondato.

34 Conseguentemente, occorre constatare che, avendo comunicato alla Commissione un programma di attuazione della direttiva non conforme a quest'ultima per quanto riguarda la regione di Bruxelles-Capitale, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'art. 17 della stessa direttiva.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

35 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda e il Regno del Belgio è rimasto soccombente, quest'ultimo va condannato alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Avendo comunicato alla Commissione un programma di attuazione della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, non conforme a quest'ultima per quanto riguarda la Regione di Bruxelles-Capitale, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'art. 17 della stessa direttiva.

2) Il Regno del Belgio è condannato alle spese.

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