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Document 61999CC0198
Opinion of Advocate General Stix-Hackl delivered on 26 September 2002. # Empresa Nacional Siderúrgica SA (Ensidesa) v Commission of the European Communities. # Appeal - Agreements and concerted practices - European producers of beams. # Case C-198/99 P.
Conclusioni dell'avvocato generale Stix-Hackl del 26 settembre 2002.
Empresa Nacional Siderúrgica SA (Ensidesa) contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Accordi e pratiche concordate - Produttori europei di putrelle.
Causa C-198/99 P.
Conclusioni dell'avvocato generale Stix-Hackl del 26 settembre 2002.
Empresa Nacional Siderúrgica SA (Ensidesa) contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Accordi e pratiche concordate - Produttori europei di putrelle.
Causa C-198/99 P.
Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-11111
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2002:538
Conclusioni dell'avvocato generale Stix-Hackl del 26settembre2002. - Empresa Nacional Siderúrgica SA (Ensidesa) contro Commissione delle Comunità europee. - Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Accordi e pratiche concordate - Produttori europei di putrelle. - Causa C-198/99 P.
raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-11111
I - Introduzione
1. Il presente ricorso verte sul riesame della sentenza del Tribunale di primo grado (in prosieguo: il «Tribunale») 11 marzo 1999, causa T-157/94 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).
2. Per quanto attiene alla storia dei rapporti tra l'industria siderurgica e la Commissione negli anni 1970-1990, con particolare riferimento alle normative adottate per far fronte alla crisi manifesta del settore e alla decisione della Commissione 19 luglio 1988, 2448/88/CECA, che istituisce un sistema di sorveglianza relativamente a taluni prodotti per le imprese dell'industria siderurgica (in prosieguo: la «decisione n. 2448/88»), si rinvia alla sentenza impugnata. In conformità della decisione citata, il sistema di sorveglianza giungeva a scadenza il 30 giugno 1990, per essere sostituito da un regime di informazione individuale e volontario .
3. Il 16 febbraio 1994 la Commissione adottava nei confronti di diciassette imprese siderurgiche europee e di una delle loro associazioni la «decisione della Commissione 16 febbraio 1994, 94/215/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell'articolo 65 del Trattato CECA concernente gli accordi e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di travi» (in prosieguo: la «decisione»). La Commissione riteneva che i destinatari della decisione avessero violato il diritto della concorrenza della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, instaurando sistemi di scambi di informazioni contrari alle regole di concorrenza nonché procedendo a fissazioni dei prezzi e a ripartizioni del mercato. La Commissione infliggeva ammende a quattordici imprese. Nel caso della Empresa Nacional Siderúrgica SA (Ensidesa) (in prosieguo: la «ricorrente») la Commissione fissava un'ammenda pari a ECU 4 000 000.
4. Numerose imprese interessate, tra cui la ricorrente, nonché l'associazione di imprese siderurgiche impugnavano la decisione dinanzi al Tribunale, che, infine, accoglieva in parte il ricorso della ricorrente e riduceva l'ammenda a EUR 3 350 000.
5. Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 26 maggio 1999, la ricorrente ha proposto ricorso avverso la detta sentenza.
II - Conclusioni delle parti e motivi di impugnazione
6. Nell'ambito del ricorso da essa proposto, la ricorrente chiede che la Corte voglia:
«1) annullare la sentenza del Tribunale di primo grado pronunciata nella causa T-157/94, nella parte in cui infligge un'ammenda di EUR 3 350 000 all'Ensidesa, respinge per il resto, il ricorso e condanna la detta impresa a sopportare le spese proprie e, per tre quarti, quelle della Commissione;
in via subordinata: annullare parzialmente la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado per i motivi esposti nel presente ricorso, riducendo l'ammenda;
2) in entrambi i casi, condannare la Commissione al pagamento delle spese sostenute in primo grado e in sede di impugnazione».
La Commissione chiede che la Corte voglia:
«1) respingere il ricorso e
2) condannare la ricorrente alle spese del giudizio».
7. Conformemente all'atto introduttivo, la ricorrente si fonda sui seguenti motivi di impugnazione:
Primo motivo di impugnazione
«Violazione del diritto comunitario per erronea valutazione, sotto il profilo giuridico, dei vizi di forma sostanziale che inficiano l'adozione della decisione della Commissione».
Secondo motivo di impugnazione
«Violazione del diritto comunitario per erronea valutazione, sotto il profilo giuridico, dei comportamenti contestati alla ricorrente alla luce dell'art. 65, n. 1, del Trattato CECA».
Terzo motivo di impugnazione
«Violazione del diritto comunitario perché il Tribunale di primo grado non ha annullato l'art. 1 della decisione, sebbene quest'ultimo non indichi la durata dell'infrazione relativa alla fissazione dei prezzi».
Quarto motivo di impugnazione
«Violazione del diritto comunitario per erronea valutazione, sotto il profilo giuridico, dell'accordo sulla ripartizione del mercato francese».
Quinto motivo di impugnazione
«Violazione del diritto comunitario per eccesso di potere del Tribunale di primo grado e violazione dei diritti della difesa dell'Ensidesa».
Sesto motivo di impugnazione
«Violazione del diritto comunitario consistente nell'avallare la legittimità della conversione in ECU del fatturato e la legittimità della presa in considerazione del fatturato dell'ultimo anno dell'infrazione».
Sintesi dei motivi di impugnazione e dei loro capi in base ai principali punti di diritto
8. Dalle osservazioni sui singoli motivi e sulle loro parti emerge che la ricorrente contesta diverse violazioni del Trattato CECA. In sintesi, riconducendo i motivi a criteri giuridici fondamentali, la ricorrente ritiene che nella sentenza impugnata il Tribunale abbia violato il diritto comunitario:
- ritenendo a torto che la decisione fosse formalmente legittima, sebbene non fosse stata adottata in maniera corretta (primo motivo di impugnazione);
- oltrepassando i limiti della propria competenza di esame ai sensi dell'art. 33, primo comma, del Trattato CECA (quinto motivo di impugnazione);
- ritenendo a torto che la decisione fosse materialmente legittima, sebbene
i comportamenti contestati nella decisione non potessero produrre effetti contrari al «gioco normale della concorrenza» ai sensi dell'art. 65 del Trattato CECA (secondo motivo di impugnazione),
la decisione non fosse sufficientemente motivata riguardo alla durata degli accordi in materia di prezzi (terzo motivo di impugnazione), e
la motivazione della ripartizione del mercato francese fosse viziata da un errore di diritto (quarto motivo di impugnazione);
- valutando erroneamente l'ammenda (sesto motivo di impugnazione).
9. L'analisi che segue è basata sulla sintesi sopra riportata. I motivi di impugnazione dedotti dalla ricorrente, i loro capi e le censure che contengono, nonché gli argomenti presentati dalla Commissione vengono riferiti a tali singoli punti.
10. I motivi di impugnazione del presente procedimento richiamano in parte nei contenuti i motivi di impugnazione, ovvero parti dei detti motivi, dedotti nella causa C-194/99 P, Thyssen Stahl AG/Commissione delle Comunità europee . In caso di corrispondenza di contenuti tra le diverse osservazioni, farò qui riferimento alle mie conclusioni nella causa C-194/99 P, che sono presentate anch'esse in data odierna.
III - Esame del caso
A - Sull'erronea valutazione della legittimità formale della decisione (primo motivo di impugnazione)
11. Il primo motivo di impugnazione si compone di tre parti. Con la prima parte, la ricorrente contesta la tesi del Tribunale secondo cui per la deliberazione della Commissione in merito alla decisione si sarebbe raggiunto il quorum necessario. Con la seconda e la terza parte, essa censura il presunto disconoscimento della violazione di forme sostanziali previste per l'autenticazione della decisione e l'asserita mancanza di corrispondenza tra versione notificata e versione adottata della decisione.
1. Sul quorum necessario per la deliberazione della Commissione in merito alla decisione
Argomenti delle parti
12. Con la prima parte del primo motivo la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe interpretato in maniera non corretta il verbale della seduta della Commissione, tenutasi il 16 febbraio 1994, in cui sarebbe stata adottata la decisione. Infatti il Tribunale considererebbe, senza aver valutato tutti gli elementi probatori prodotti dalla ricorrente, sulla base di un'interpretazione manifestamente incoerente del suddetto verbale, che la decisione sarebbe stata adottata dal numero richiesto di membri della Commissione.
13. Nella sentenza impugnata il Tribunale osserva precisamente che dalla pag. 2 del verbale della seduta della Commissione del 16 febbraio 1994, menzionata, «emerge» che alla deliberazione della Commissione sarebbero stati presenti nove membri, mentre dalla pag. 40 del verbale di detta seduta risulta che due capi di gabinetto e un membro di gabinetto di altri Commissari avrebbero assistito alla seduta «in assenza dei membri della Commissione», il che significherebbe che nel pomeriggio tre Commissari non avrebbero preso parte all'adozione della decisione.
14. Inoltre il Tribunale si sarebbe rifiutato di accogliere l'istanza di prova della ricorrente di individuare, esaminando l'agenda dei membri della Commissione, i Commissari che erano effettivamente presenti alla seduta quando fu adottata la decisione. Il Tribunale avrebbe in tal modo violato il diritto conferito alla ricorrente dall'art. 24 dello Statuto CECA della Corte di verificare la legittimità del procedimento seguito per l'adozione della decisione. Questo diritto sarebbe stato espressamente proclamato dalla Corte .
15. Pertanto la Corte dovrebbe richiedere alla Commissione, ai sensi dell'art. 24 dello Statuto CECA della Corte, di produrre l'agenda ed altri corrispondenti documenti dei membri della Commissione.
16. La Commissione ritiene in via principale, che il motivo di impugnazione sia irricevibile, in quanto spetterebbe esclusivamente al Tribunale valutare i fatti e il valore da attribuire alle prove che gli sono presentate.
17. La Commissione ritiene inammissibile anche la richiesta di produrre l'agenda, in quanto non si tratterebbe di un provvedimento che possa essere richiesto nel procedimento di impugnazione. L'art. 118 del regolamento di procedura della Corte, applicabile in special modo all'impugnazione, rinvierebbe infatti agli artt. 43, 44, 55-90, 93, 95-100 e 102 del medesimo regolamento di procedura, tralasciando però manifestamente gli artt. 45-54, che riguardano il capo dell'istruzione della causa.
18. Nel caso in cui la Corte dovesse ammettere il motivo di impugnazione, la Commissione ritiene che sia infondato. Il Tribunale avrebbe correttamente preso in considerazione l'elenco figurante a pag. 2 del verbale di seduta, che mirava ad indicare con esattezza quali Commissari partecipassero alla riunione e quali fossero assenti. Inoltre la ricorrente interpreterebbe in modo erroneo la pag. 40 del verbale. Come avrebbe illustrato il Tribunale, dai dati ivi contenuti non discenderebbe che i tre membri della Commissione interessati fossero assenti al momento della deliberazione sul punto XXV.
Analisi
19. Poiché le censure riflettono sostanzialmente gli argomenti dedotti dalla ricorrente Thyssen Stahl AG nella causa C-194/99 P, in relazione ai motivi in base ai quali occorre dichiarare irricevibile la prima parte del primo motivo di impugnazione rimando ai paragrafi 52 e segg. delle conclusioni nella succitata causa da me presentate in questa stessa data. Tali motivi si applicano mutatis mutandis.
20. La prima parte del primo motivo di impugnazione, con cui si fa valere che a torto il Tribunale avrebbe ritenuto esistente il quorum necessario affinché la Commissione potesse deliberare in merito alla decisione, va pertanto dichiarata irricevibile .
2. Sulla corrispondenza, dal punto di vista del contenuto, tra versione notificata e versione adottata della decisione
Argomenti delle parti
21. Con la seconda parte del primo motivo di impugnazione la ricorrente contesta il punto 135 della sentenza impugnata e lamenta che, il Tribunale avrebbe a torto constatato la corrispondenza tra versione notificata e versione adottata.
22. Essa sostiene che il Tribunale, ritenendo che la versione notificata della decisione non debba necessariamente corrispondere a quella adottata, ha erroneamente applicato la giurisprudenza da lui stesso citata , secondo cui la mancanza di corrispondenza formale tra la decisione adottata e quella notificata alle parti dovrebbe comportarne l'annullamento.
23. La Commissione ritiene irricevibile questo motivo di impugnazione, poiché a tale riguardo il Tribunale, affermando di non aver rilevato differenze sostanziali tra le diverse versioni della decisione, avrebbe soltanto accertato i fatti.
24. Inoltre il motivo di impugnazione non avrebbe alcun fondamento giuridico e si baserebbe su un'erronea interpretazione del punto 135 della sentenza impugnata. Infatti il Tribunale non avrebbe affermato che la Commissione può notificare alle parti un testo che non corrisponde a quello adottato, bensì che aspetti quali la numerazione inesatta delle pagine o l'uso di caratteri tipografici diversi non pregiudicano l'elemento formale e l'elemento intellettuale di tali atti.
Analisi
25. Il punto 135 della sentenza impugnata, contestato dalla ricorrente, riguarda l'asserita incongruenza tra la versione della decisione presentata alla Commissione per la deliberazione e la versione della decisione notificata alla ricorrente.
26. La corrispondenza sul mero piano del contenuto tra la versione della decisione notificata alla ricorrente e quella di cui disponeva la Commissione per la deliberazione costituisce un accertamento di fatti e non una questione di diritto.
27. Pertanto la seconda parte del primo motivo di impugnazione va dichiarata irricevibile, laddove invoca la mancata corrispondenza tra versione adottata e versione notificata della decisione.
3. Sulla regolare autenticazione della decisione della Commissione
Argomenti delle parti
28. Con la terza parte del primo motivo di impugnazione la ricorrente contesta i punti 143-147 della sentenza impugnata, riguardanti il rispetto dell'art. 16, primo comma, dell'allora vigente regolamento interno della Commissione 17 febbraio 1993 . Essa ritiene che il Tribunale, considerando che l'iter seguito dalla Commissione fosse sufficiente, abbia disconosciuto la rilevanza che va attribuita all'art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione, secondo cui gli atti adottati vanno allegati al processo verbale della riunione nel corso della quale sono stati approvati.
29. Inoltre, al punto 147 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto esistere la prova che il presidente e il segretario generale della Commissione avevano autenticato il testo della decisione notificata alle parti.
30. La Commissione considera irricevibile tale duplice argomento, in quanto la ricorrente contesterebbe l'accertamento di fatti o la valutazione di prove, fasi di esclusiva competenza del Tribunale.
31. Il motivo di impugnazione sarebbe inoltre infondato. Occorrerebbe prendere in considerazione anche i punti 145 e 146 della sentenza impugnata; la ricorrente non avrebbe prodotto elementi per provare l'esistenza di una differenza sostanziale tra le versioni della decisione.
32. Riguardo al punto 147 della sentenza impugnata, la Commissione osserva che l'art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione non prescrive l'autenticazione della decisione notificata alle parti, bensì soltanto della versione menzionata nel verbale della seduta.
Analisi
33. Poiché le censure riflettono sostanzialmente gli argomenti dedotti dalla ricorrente Thyssen Stahl AG nella causa C-194/99 P, in relazione ai motivi in base ai quali occorre dichiarare irricevibile la terza parte del primo motivo di impugnazione rimando ai paragrafi 66 e segg. delle conclusioni nella succitata causa da me presentate in questa stessa data. Tali motivi si applicano mutatis mutandis.
34. Pertanto la terza parte del primo motivo di impugnazione, con cui si fa valere che non sarebbe stata riconosciuta la mancanza di regolare autenticazione della decisione della Commissione, va dichiarato irricevibile.
B - Sull'eccesso di potere del Tribunale (quinto motivo di impugnazione)
Argomenti delle parti
35. La ricorrente contesta i punti 332 e segg. della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha trattato il carattere autonomo dal punto di vista del diritto della concorrenza del sistema di scambio di informazioni nell'ambito della commissione «travi».
36. La ricorrente si riferisce al fatto che, nella risposta al quesito posto per iscritto dal Tribunale, la Commissione avrebbe fatto valere che il sistema di scambio di informazioni contestato alle imprese non costituiva una violazione autonoma dell'art. 65, n. 1, del Trattato CECA, bensì faceva parte di infrazioni più ampie. Nella fase orale la Commissione avrebbe inoltre manifestamente confermato di ritenere che la giurisprudenza «trattori» della Corte non sia applicabile al sistema di scambio di informazioni in oggetto.
37. Ciononostante, al punto 339 della sentenza impugnata, il Tribunale sarebbe pervenuto alla conclusione che nella decisione il sistema di scambio di informazioni è stato considerato come infrazione autonoma e che, pertanto, occorre disattendere gli argomenti dedotti dalla Commissione nella sua risposta del 19 gennaio 1998 ed all'udienza, in quanto con essi si tenta di modificare tale valutazione giuridica.
38. La ricorrente ritiene che nella sentenza impugnata la decisione della Commissione abbia ricevuto una nuova formulazione e che, pertanto, attribuendole una conclusione che non conterrebbe, ne sia stato modificato il contenuto. Con tale modus operandi il Tribunale avrebbe erroneamente esercitato, contrariamente alla sua stessa giurisprudenza «Vetro piano» , il proprio compito di esaminare la legittimità di un atto giuridico connesso a sanzioni. Esso avrebbe dovuto annullare l'ammenda a torto inflitta per un'infrazione autonoma, che non sarebbe affatto sussistita secondo quanto dedotto dalla stessa Commissione.
39. La Commissione ritiene irricevibile questo motivo di impugnazione, in quanto verrebbe fatto valere per la prima volta dinanzi alla Corte e differirebbe dal motivo di ricorso dedotto in primo grado.
40. Inoltre il motivo di impugnazione sarebbe infondato. Il Tribunale non avrebbe affatto nuovamente formulato o modificato il contenuto della decisione, bensì si sarebbe limitato a disattendere le osservazioni scritte e orali presentate dalla Commissione.
Analisi
41. Poiché le censure riflettono sostanzialmente gli argomenti dedotti dalla ricorrente Thyssen Stahl AG nella causa C-194/99 P, in relazione ai motivi in base ai quali occorre dichiarare infondato il quinto motivo di impugnazione rimando ai paragrafi 89 e segg. delle conclusioni nella succitata causa da me presentate in questa stessa data. Tali motivi si applicano mutatis mutandis.
42. Pertanto il quinto motivo di impugnazione, con cui si censura l'eccesso di potere del Tribunale, in violazione dell'art. 33, primo comma, del Trattato CECA, va dichiarato infondato.
C - Sui motivi di impugnazione con cui si censura una valutazione erronea della legittimità materiale della decisione
1. Sull'interpretazione delle nozioni di «pratiche concordate» e di «gioco normale della concorrenza», ai sensi dell'art. 65 del Trattato CECA (secondo motivo di impugnazione)
Argomenti delle parti
43. La ricorrente contesta i punti 215 e segg. della sentenza impugnata e censura il fatto che il Tribunale avrebbe interpretato le nozioni di «accordo» e «pratiche concordate», di cui all'art. 65 del Trattato CECA, in relazione agli accordi in materia di prezzi nello stesso modo delle corrispondenti nozioni di cui all'art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE), senza tener conto che i fatti oggetto della decisione avrebbero dovuto essere valutati conformemente agli artt. 46 e segg., 60 e 65 del Trattato CECA.
44. Il «gioco normale della concorrenza» di cui al Trattato CECA non equivarrebbe alla concorrenza tutelata dal Trattato CE, bensì costituirebbe una concorrenza imperfetta in un mercato oligopolistico.
45. Con l'art. 60 del Trattato CECA verrebbe introdotto l'elemento dell'accordo tra le imprese, provocando un adeguamento pressoché automatico ai prezzi pubblicati. Pertanto il Tribunale avrebbe a torto valutato i comportamenti contestati alla ricorrente ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato CECA, senza prendere in considerazione l'art. 60.
46. Del resto, al punto 230 della sentenza impugnata il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto partendo dal presupposto che la Commissione non fosse tenuta a dimostrare l'effetto negativo dei comportamenti contestati sulla concorrenza. Ciò sarebbe in contrasto con l'atteggiamento della Commissione stessa, la quale, al punto 222 della decisione dichiara che i comportamenti avrebbero avuto ripercussioni niente affatto trascurabili sulla concorrenza.
47. Inoltre la motivazione della sentenza impugnata sarebbe contraddittoria, in quanto al punto 517 si afferma che «[l]a Commissione [avrebbe] sopravvalutato (...) l'impatto economico degli accordi in materia di prezzi constatati nel caso di specie, subentrati nella situazione di concorrenza che avrebbe regnato in assenza di siffatte infrazioni, tenuto conto della congiuntura economica favorevole e della discrezionalità concessa alle imprese riguardo a colloqui generali con altre imprese e con la DG III in merito a previsioni di prezzi (...)».
48. Inoltre la ricorrente contesta i punti 404 e segg. della sentenza impugnata. Dopo aver esaminato diversi elementi probatori, al punto 416 della sentenza impugnata il Tribunale sarebbe giunto alla conclusione che i funzionari della DG III «non potevano essere a conoscenza del fatto che (...) le informazioni relative ai prezzi erano basate su accordi conclusi tra le imprese».
49. La ricorrente ritiene che la motivazione del Tribunale costituisca uno snaturamento manifesto delle prove documentali e delle testimonianze riguardanti il grado di conoscenza della DG III in merito allo scambio di informazioni sui prezzi. Con tale motivazione il Tribunale avrebbe respinto le prove prodotte e sarebbe giunto alla conclusione che le imprese non avevano dimostrato la partecipazione della DG III o, quanto meno, l'esatta conoscenza del contenuto delle riunioni avuta dalla Commissione.
50. La Commissione ritiene anzitutto che con questo motivo si ripetano soltanto i mezzi di ricorso dedotti dinanzi al Tribunale; esso sarebbe pertanto irricevibile.
51. Tuttavia, anche se il motivo fosse ricevibile, lo si dovrebbe dichiarare infondato in quanto la motivazione del Tribunale ai punti 238 e segg. e 245 e segg. non sarebbe inficiata da alcun errore di diritto. In particolare i comportamenti contestati alla ricorrente relativi alla fissazione di prezzi ed alle ripartizioni di mercati costituirebbero «accordi» e «pratiche concordate» ai sensi dell'art. 65 del Trattato CECA. L'art. 60 del Trattato CECA non menzionerebbe siffatti comportamenti e, qualora venissero considerati legittimi, essi priverebbero di ogni effetto l'art. 65 del Trattato CECA.
52. Riguardo all'impatto sulla concorrenza la Commissione ritiene che, poiché l'art. 65 del Trattato CECA vieta accordi e pratiche «che tenda[no] (...) a impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza (...)», il Tribunale abbia giustamente considerato che non occorre dimostrare effetti negativi sulla concorrenza dell'intesa contestata.
53. Inoltre il motivo di impugnazione sarebbe in ogni caso irricevibile, laddove esso censura la conoscenza che la DG III avrebbe avuto dei comportamenti successivamente contestati. Infatti, a tale riguardo si tratterebbe di una mera critica alla valutazione delle prove e non di un argomento relativo ad uno snaturamento di elementi probatori. La ricorrente non chiarirebbe in cosa consista concretamente il presunto snaturamento delle prove, anche se spetterebbe a lei indicare dove e come il Tribunale avrebbe valutato erroneamente le prove.
Analisi
54. In relazione all'interpretazione data dal Tribunale, secondo quanto sostiene la ricorrente, delle nozioni, figuranti all'art. 65, n. 1, del Trattato CECA, di «accord[i] (...) e (...) pratic[he] concordat[e]» nonché di «gioco normale della concorrenza», il secondo motivo di impugnazione si compone di due parti, da cui occorre trarre le seguenti censure:
- il Tribunale non avrebbe riconosciuto, o almeno non avrebbe correttamente riconosciuto, le perturbazioni legalizzate contenute nel «gioco normale della concorrenza»;
- il Tribunale avrebbe trascurato il fatto che «accordi» e «pratiche concordate» possono costituire una violazione del diritto della concorrenza del Trattato CECA solo se si possono dimostrare effetti sul mercato; esso non ne avrebbe esaminato l'impatto.
55. Dalla prima parte del secondo motivo emerge che la ricorrente include manifestamente nelle perturbazioni legalizzate che sarebbero contenute nella nozione di «gioco normale della concorrenza» la struttura oligopolistica dei mercati CECA, considerata dal Trattato CECA come un dato di fatto, le pubblicazioni dei listini dei prezzi ai sensi dell'art. 60 del Trattato CECA e la conoscenza nonché il comportamento della DG III, fondato sull'art. 47 del Trattato CECA.
56. Poiché le censure riflettono sostanzialmente gli argomenti dedotti dalla ricorrente Thyssen Stahl AG nella causa C-194/99 P, in relazione ai motivi in base ai quali occorre dichiarare infondata la prima parte del secondo motivo di impugnazione rimando ai paragrafi 135 e segg. delle conclusioni nella succitata causa da me presentate in questa stessa data. Tali motivi si applicano mutatis mutandis.
57. Con la seconda parte del secondo motivo la ricorrente fa valere che «accordi» e «pratiche concordate» di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato CECA necessiterebbero - diversamente dalle nozioni parallele («accordi» e «pratiche concordate») di cui all'art. 85 del Trattato CE - della prova di effetti negativi sul mercato anche quando lo scopo degli accordi e delle pratiche concordate contestati è di influire in maniera anticoncorrenziale sul mercato.
58. A sostegno della sua tesi la ricorrente deduce in sostanza argomenti relativi alla presunta portata delle perturbazioni legalizzate contenute nel «gioco normale della concorrenza», che - come illustrato - vanno respinti alla luce di considerazioni di principio. Inoltre, poiché la motivazione contenuta al punto 230 della sentenza impugnata è conforme alla costante giurisprudenza della Corte in merito all'art. 85 del Trattato CE e non emergono motivi per cui questa non debba essere applicabile per analogia all'art. 65, n. 1, del Trattato CECA, occorre dichiarare infondato l'argomento della ricorrente anche sotto tale aspetto.
59. Per quanto riguarda infine la presunta contraddizione con il punto 517 della sentenza impugnata, la ricorrente confronta in questo caso la motivazione della sentenza impugnata relativa alla specificità dei comportamenti contestati ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato CECA con i motivi in base ai quali il Tribunale ha ridotto l'entità dell'ammenda ai sensi dell'art. 65, n. 5, del Trattato CECA nell'ambito della sua competenza di piena giurisdizione.
60. Poiché le censure riflettono sostanzialmente gli argomenti dedotti dalla ricorrente Thyssen Stahl AG nella causa C-194/99 P, in relazione ai motivi in base ai quali occorre dichiarare infondata la seconda parte del secondo motivo di impugnazione rimando ai paragrafi 158 e segg. delle conclusioni nella succitata causa da me presentate in questa stessa data. Tali motivi si applicano mutatis mutandis.
61. Il secondo motivo, con cui si censura un'erronea valutazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato CECA in relazione alle nozioni di «gioco normale della concorrenza» e di «accord[i] (...) e (...) pratic[he] concordat[e]», va pertanto dichiarato interamente infondato.
2. Sul presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla durata degli accordi in materia di prezzi (terzo motivo di impugnazione)
Argomenti delle parti
62. In questo motivo la ricorrente contesta il punto 259 della sentenza impugnata.
63. Essa sostiene che al punto 259 della sentenza il Tribunale afferma che i punti 227-237 della decisione non contenevano prove sufficienti della durata complessiva dell'infrazione relativa alla fissazione dei prezzi. Ciononostante il Tribunale si fonderebbe sui punti 118 e segg. della decisione e, al punto 263 della sentenza impugnata, rileverebbe che la constatazione della Commissione figurante al punto 221 della decisione, secondo cui gli accordi e le pratiche concordate andrebbero considerati come un persistente comportamento collusivo, non potrebbe essere contestata.
64. Tuttavia, dalla stessa giurisprudenza del Tribunale emergerebbe che nelle sue decisioni la Commissione è tenuta a dimostrare caso per caso l'esistenza e la durata di ogni singola infrazione .
65. La Commissione ritiene che la ricorrente, riferendosi solo al punto 259 della sentenza impugnata, abbia manipolato il testo della sentenza.
66. Il motivo di impugnazione sarebbe anche infondato. Vero è che al punto 259 della sentenza impugnata il Tribunale affermerebbe che i punti 227-237 della decisione non consentono di accertare la durata delle infrazioni; tuttavia la conclusione cui esso giunge si fonderebbe su altri punti della decisione e della documentazione ivi citata, vale a dire sui punti 118 e segg. della decisione, trattati ai punti 260 e segg. della sentenza impugnata.
Analisi
67. E' manifesto che, facendo riferimento al punto 259, la ricorrente disconosce che i punti della decisione menzionati ai punti 260 e segg. della sentenza impugnata ai fini della motivazione sono volti a fondare l'effettiva conclusione.
68. Dalla giurisprudenza del Tribunale, su cui si fonda la ricorrente, non si può desumere che sussista un obbligo di valutare sempre se in casi di azioni anticoncorrenziali continuate una decisione della Commissione contenga la prova individuale di ogni singola partecipazione di ognuna delle imprese interessate .
69. Poiché nel caso di specie né dalla sentenza impugnata, né dagli argomenti dedotti dalla ricorrente emerge che la ricorrente abbia concretamente negato di aver partecipato ad infrazioni e a quali, non è possibile rimproverare al Tribunale che la motivazione della sentenza impugnata sia carente sotto tale aspetto.
70. Il terzo motivo di impugnazione, con cui si censura il presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla durata degli accordi in materia di prezzi, va pertanto dichiarato infondato.
3. Sul presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla ripartizione del mercato francese (quarto motivo di impugnazione)
Argomenti delle parti
71. La ricorrente contesta i punti 296 e segg. della sentenza impugnata.
72. Il Tribunale non avrebbe accolto la sua spiegazione secondo cui i quantitativi esportati nel quarto trimestre del 1989 sarebbero stati lungi dall'essere eccezionali e avrebbero invece coinciso con le sue esportazioni abituali, bensì sarebbe partito dal presupposto che ciò non potesse costituire un indizio per la mancata partecipazione all'accordo, il cui scopo sarebbe stato quello di stabilizzare le consegne dei partecipanti sul loro livello tradizionale.
73. La ricorrente ritiene che la sentenza impugnata abbia a torto negato l'applicazione al caso di specie dei principi stabiliti dalla Corte nella sentenza CRAM e Rheinzink/Commissione , benché anche in questo caso la decisione avrebbe dovuto essere annullata, in quanto i fatti contestati si sarebbero potuti spiegare in maniera diversa da come ha fatto la decisione.
74. La Commissione ritiene irricevibile questo motivo di impugnazione in quanto si tratterebbe di una mera ripetizione delle censure già fatte valere in primo grado e di una questione relativa alla valutazione di fatti.
Analisi
75. Come emerge dai punti 296 e seg. della sentenza impugnata, la ricorrente ha fatto valere già nel procedimento dinanzi al Tribunale che sussisterebbe una spiegazione alternativa per il suo comportamento riguardante le consegne sul mercato francese nel quarto trimestre del 1989, valutato come ripartizione anticoncorrenziale del mercato al punto 70 della decisione.
76. Al punto 270 della sentenza impugnata il Tribunale ha approfondito la questione ed ha ritenuto che la spiegazione alternativa proposta non fosse atta a far sorgere dubbi sulla partecipazione della ricorrente ad una ripartizione del mercato in Francia. A tale riguardo il Tribunale si è fondato espressamente sulla giurisprudenza della Corte nelle cause CRAM e Rheinzink/Commissione .
77. E' quindi giocoforza rilevare che il Tribunale ha applicato i principi sviluppati nella giurisprudenza citata ai fini dell'esame, pur rifiutandone l'applicazione nel caso concreto, in quanto riteneva che gli indizi della Commissione non potessero essere in tal modo invalidati. A tale riguardo si tratta di un apprezzamento fondato su una valutazione di fatti che, in quanto tale - fatto salvo il controllo dello snaturamento -, non può costituire oggetto di un procedimento di impugnazione.
78. Pertanto il quarto motivo, con cui si censura l'erronea valutazione dell'accordo in materia di ripartizione del mercato francese, va dichiarato irricevibile.
D - Sul motivo di impugnazione relativo all'ammenda (sesto motivo di impugnazione)
79. Il sesto motivo si compone di due parti. Con la prima parte la ricorrente contesta la tesi su cui si fonda il Tribunale, secondo cui la conversione in ECU dell'ammenda inflittale operata nella decisione sarebbe legittima. Con la seconda parte la ricorrente fa valere che il Tribunale non avrebbe dovuto effettuare il calcolo dell'ammenda sulla base del fatturato dell'ultimo anno delle infrazioni.
1. Sulla conversione in ECU dell'ammenda al tasso di cambio in vigore nell'ultimo anno delle infrazioni
Argomenti delle parti
80. La ricorrente contesta il punto 471 della sentenza impugnata in cui viene avallata la legittimità della conversione in ECU dell'ammenda al tasso di cambio in vigore nell'ultimo anno delle infrazioni.
81. Il Tribunale avrebbe disconosciuto che la Commissione, applicando al fatturato della ricorrente determinante per il calcolo dell'ammenda il tasso di cambio in corso nel 1990, ultimo anno del periodo di infrazione, convertito in ECU, e riportando nella decisione nel 1994 tale importo in ECU senza modifiche, invece di fissare l'ammenda in pesetas e convertirla successivamente in ECU al tasso di cambio ufficiale in vigore il giorno precedente la decisione, avrebbe agito illecitamente.
82. Tenuto conto della differenza esistente tra il tasso di cambio pesetas-ECU in vigore nel 1990 e quello in vigore il giorno precedente la decisione, quindi nel 1994, tale modus operandi avrebbe fatto sì che l'ammenda inflitta alla Ensidesa aumentasse ingiustamente di ECU 800 000.
83. Rinviando alla sentenza della Corte nella causa Lührs , da cui emerge che occorrerebbe applicare il tasso di cambio meno oneroso per gli interessati, la ricorrente ritiene che il Tribunale abbia violato il principio di equità.
84. La Commissione presenta osservazioni congiunte sulle due parti di questo motivo ritenendolo interamente irricevibile, poiché si tratterebbe unicamente della ripetizione dei motivi di ricorso fatti valere dinanzi al Tribunale.
85. Il motivo di impugnazione sarebbe inoltre infondato. L'applicazione del principio di equità, come inteso dalla ricorrente, condurrebbe ad una determinazione arbitraria delle ammende caso per caso, in violazione del principio della certezza del diritto in ordine alla possibilità di conoscere, con un certo grado di sicurezza, con quale ammenda possa essere punito un comportamento.
86. La presa in considerazione del tasso di cambio e del fatturato dell'ultimo anno in cui avrebbe avuto luogo l'infrazione garantirebbe un procedimento unitario per tutti gli accusati e costituirebbe l'opzione che meglio riflette il vantaggio dei trasgressori. Nessun'altra soluzione consentirebbe di sanzionare adeguatamente il comportamento contestato, in relazione al periodo in cui avrebbe avuto luogo ed alle conseguenze cui avrebbe condotto.
Analisi
87. Ai punti 87 e segg. della sentenza nella causa Sarrió/Commissione la Corte, in merito alla problematica della conversione di un'ammenda in ECU al tasso di cambio in vigore nell'ultimo anno delle infrazioni (tuttavia in riferimento a violazioni del diritto della concorrenza nell'ambito di applicazione del Trattato CE, vale a dire in relazione al regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17 ), ha constatato quanto segue:
«Nel caso di specie la ricorrente non ha dimostrato in che modo il Tribunale, astenendosi dal rimettere in discussione il metodo di calcolo della Commissione basato sul fatturato dell'ultimo anno completo interessato dall'infrazione, avrebbe violato il regolamento n. 17 o i principi generali di diritto.
Anzitutto, il regolamento n. 17 non vieta l'utilizzo dell'ECU per la fissazione delle ammende. Inoltre, (...) la Commissione ha utilizzato un unico e medesimo metodo per il calcolo delle ammende inflitte alle imprese sanzionate per aver partecipato ad una stessa infrazione e tale metodo le ha consentito di valutare le dimensioni e la potenza economica di ogni impresa nonché l'entità dell'infrazione commessa in funzione della realtà economica come si presentava all'epoca in cui quest'ultima è stata commessa.
Infine, con particolare riguardo alle fluttuazioni monetarie, si tratta di un'alea che può generare vantaggi oppure svantaggi, alla quale le imprese devono abitualmente far fronte nell'ambito delle loro attività commerciali e la cui esistenza, in quanto tale, non è idonea a rendere inadeguato l'importo di un'ammenda legittimamente fissato in funzione della gravità dell'infrazione e del fatturato realizzato nel corso dell'ultimo anno del periodo in cui è stata commessa. Ad ogni buon conto, l'importo massimo dell'ammenda determinato ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, in funzione del fatturato realizzato nel corso dell'esercizio sociale precedente l'adozione della decisione costituisce un limite alle eventuali conseguenze pregiudizievoli delle fluttuazioni monetarie».
88. Poiché non si vede perché tali principi non debbano essere applicati, o debbano essere applicati in maniera diversa, nell'ambito di applicazione dell'art. 65, n. 5, del Trattato CECA, pertinente nel caso di specie, occorre respingere l'argomento della ricorrente per gli stessi motivi.
89. Vero è che nella suddetta sentenza la Corte non ha espressamente approfondito la giurisprudenza nella causa Lührs citata dalla ricorrente, tuttavia è manifesto che il principio ivi formulato in relazione a tasse sull'esportazione, secondo cui, «quindi, la prima parte della seconda questione va risolta nel senso che, tenuto conto delle incertezze inerenti al regolamento n. 348/76, l'equità esige che, ai fini della conversione della tassa sull'esportazione in valuta nazionale, sia applicato il tasso di cambio che, all'epoca dei fatti, era meno oneroso per gli interessati» , non può trovare applicazione a motivo degli interessi diversi che si configurano in caso di violazioni del divieto d'intese imposto dalle Comunità.
90. Quindi, la prima parte del sesto motivo di impugnazione, con cui si fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente valutato l'irrogazione dell'ammenda in ECU, va dichiarata infondata.
2. Sul calcolo dell'ammenda in base al fatturato dell'ultimo anno del periodo di infrazione
Argomenti delle parti
91. La ricorrente contesta in questo caso il punto 474 della sentenza impugnata, in cui verrebbe avallato il calcolo basato sul fatturato conseguito nell'ultimo anno del periodo di infrazione, anche se per il calcolo delle ammende la Commissione avrebbe dovuto fondarsi sull'ultimo fatturato precedente all'adozione della decisione, per il quale essa avrebbe disposto di bilanci consolidati, vale a dire nel caso della ricorrente il fatturato del 1992. Adottare come criterio il 1990 sarebbe incompatibile con il principio della certezza del diritto e con il principio di equità.
92. A sostegno della sua tesi la ricorrente rinvia nuovamente alla sentenza nella causa Lührs , in cui si constaterebbe che in caso di incertezza del diritto si dovrebbe optare per la base di calcolo più favorevole per gli interessati, il che, nel caso della ricorrente, avrebbe comportato l'obbligo di fondare il calcolo dell'ammenda sull'ultimo fatturato disponibile prima dell'adozione della decisione.
93. Anche la sentenza della Corte nella causa Sarrió/Commissione non contraddirebbe questo principio, in quanto non avrebbe ad oggetto la questione dell'incertezza del diritto.
94. La Commissione ha presentato osservazioni congiunte sulle due parti di questo motivo. Rinvio quindi ai paragrafi 84 e segg., supra, delle presenti conclusioni.
Analisi
95. Ai punti 85 e segg. della sentenza nella causa Sarrió/Commissione la Corte, in merito alla problematica del calcolo di un'ammenda sulla base del fatturato dell'ultimo anno del periodo di infrazione (tuttavia in riferimento a violazioni del diritto della concorrenza nell'ambito di applicazione del Trattato CE, vale a dire in relazione al regolamento n. 17), ha constatato quanto segue:
«In ordine alla legittimità della presa in considerazione di un duplice anno di riferimento, uno per la determinazione dell'importo massimo dell'ammenda, l'altro per la valutazione delle dimensioni e della potenza economica dell'impresa al momento dell'infrazione, occorre precisare, da un lato, che il tetto massimo previsto all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 per le ammende d'importo superiore ad un milione di unità di conto, e pari al "10 per cento del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente", si riferisce (...) all'esercizio sociale precedente la data della decisione. E' inoltre coerente far riferimento a questo esercizio quando si tratta di determinare l'importo massimo dell'ammenda che può essere irrogata ad un'impresa che abbia commesso un'infrazione alle regole di concorrenza.
Dall'altro, quando si tratta di valutare le dimensioni e la potenza economica di un'impresa al momento dell'infrazione occorre necessariamente far riferimento al fatturato realizzato in tale periodo e utilizzare quindi i tassi di cambio di quest'ultimo (...). In caso contrario, le dimensioni rispettive delle imprese che hanno preso parte all'infrazione sarebbero falsate dalla considerazione di fatti estrinseci e aleatori, come la fluttuazione delle valute nazionali nel periodo successivo (v. sentenza 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-4125, punto 165)».
96. Poiché non si vede perché tali principi non debbano essere applicati, o debbano essere applicati in maniera diversa, nell'ambito di applicazione dell'art. 65, n. 5, del Trattato CECA, pertinente nel caso di specie, occorre respingere l'argomento della ricorrente per gli stessi motivi.
97. Questa conclusione non è neppure inficiata dall'aspetto fatto valere dalla ricorrente dell'incertezza del diritto in relazione al principio di uguaglianza.
98. La sentenza Lührs , da essa citata, non può in questo caso essere presa in considerazione per la motivazione in quanto non riguardava il calcolo di un'ammenda per violazione del divieto d'intese imposto dalle Comunità, bensì il calcolo di una tassa sull'esportazione, cioè una diversa sfera di interessi. Nella sentenza Lührs la Corte si è fondata sull'aspetto dell'incertezza del diritto in relazione alla problematica dell'equità fiscale. Nei casi di violazioni del diritto d'intese delle Comunità è tuttavia necessario - come la Corte constata nella causa Sarrió/Commissione -, proprio ai fini di assicurare la comparabilità, prendere in considerazione come anno di riferimento per il calcolo dell'ammenda l'ultimo anno del periodo di infrazione.
99. A ciò si aggiunga che la libertà di scelta della Commissione, cui manifestamente allude la ricorrente, in relazione a due possibili anni di riferimento, conformemente alla sentenza nella causa Sarrió/Commissione, non sussiste. L'«esercizio sociale precedente» ivi menzionato, ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, si riferisce chiaramente solo al fatturato determinante per il tetto massimo per le ammende (10% del volume d'affari). Anche in base al suo scopo (evitare oneri finanziari sproporzionati), questa disposizione consente un'interpretazione secondo cui in questo caso per esercizio sociale precedente s'intende quello antecedente all'adozione della decisione. Tuttavia occorre considerare separatamente il volume d'affari sulla scorta del quale viene calcolata l'entità originaria dell'ammenda. Questa deve basarsi, per i motivi legati alla comparabilità, illustrati dalla Corte nella causa Sarrió/Commissione, sul fatturato dell'ultimo anno del periodo in cui ha luogo l'infrazione.
100. Nel complesso quindi non si deve considerare che, nell'individuazione dell'anno di riferimento per il fatturato che deve costituire la base del calcolo dell'ammenda, la Commissione sia tenuta a scegliere sempre l'anno di riferimento che determinerebbe l'entità dell'ammenda più favorevole alla singola impresa partecipante ad una violazione delle regole della concorrenza.
101. Pertanto, la seconda parte del sesto motivo di impugnazione, con cui si fa valere che sarebbe stato erroneo calcolare l'ammenda sulla base del fatturato dell'ultimo esercizio del periodo cui si riferisce l'infrazione, va parimenti dichiarata infondata.
102. Di conseguenza, il sesto motivo di impugnazione, con cui si censura la valutazione dell'ammenda da parte del Tribunale, va interamente dichiarato infondato.
IV - Conclusione
103. Alla luce dei motivi che precedono, propongo pertanto alla Corte di:
- respingere il ricorso;
- condannare la ricorrente alle spese del giudizio.