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Document 61999CC0062

    Conclusioni dell'avvocato generale Saggio del 26 settembre 2000.
    Betriebsrat der bofrost* Josef H. Boquoi Deutschland West GmbH & Co. KG contro Bofrost* Josef H. Boquoi Deutschland West GmbH & Co. KG.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landesarbeitsgericht Düsseldorf - Germania.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale - Art. 11, nn. 1 e 2, della direttiva 94/45/CE - Informazioni da rendere disponibili da parte delle imprese su richiesta - Informazioni dirette a dimostrare l'esistenza di un impresa controllante all'interno di un gruppo d'imprese di dimensioni comunitarie.
    Causa C-62/99.

    Raccolta della Giurisprudenza 2001 I-02579

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2000:502

    61999C0062

    Conclusioni dell'avvocato generale Saggio del 26 settembre 2000. - Betriebsrat der bofrost* Josef H. Boquoi Deutschland West GmbH & Co. KG contro Bofrost* Josef H. Boquoi Deutschland West GmbH & Co. KG. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landesarbeitsgericht Düsseldorf - Germania. - Domanda di pronuncia pregiudiziale - Art. 11, nn. 1 e 2, della direttiva 94/45/CE - Informazioni da rendere disponibili da parte delle imprese su richiesta - Informazioni dirette a dimostrare l'esistenza di un impresa controllante all'interno di un gruppo d'imprese di dimensioni comunitarie. - Causa C-62/99.

    raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-02579


    Conclusioni dell avvocato generale


    1. Con questo ricorso pregiudiziale il Landesarbeitsgericht di Düsseldorf chiede nelle forme del rinvio pregiudiziale l'interpretazione di un atto che sino ad oggi non è stato oggetto di alcuna pronuncia della Corte: la direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (in prosieguo: la «direttiva») . I quesiti pregiudiziali sono volti a stabilire se la direzione centrale dell'impresa sia tenuta a fornire agli organi di rappresentanza interna dei lavoratori, già prima del formale inizio della procedura di costituzione del comitato aziendale prevista dalla direttiva, le informazioni e i documenti richiesti dall'organo di rappresentanza dei medesimi lavoratori, qualora la richiesta sia finalizzata appunto all'espletamento di tale procedura nell'ambito del gruppo cui l'impresa appartiene.

    Prima di passare all'esame dei quesiti è opportuno portare l'attenzione sulle disposizioni di diritto comunitario e di diritto nazionale rilevanti.

    Le pertinenti normative comunitaria e nazionale

    2. Si legge all'art. 1 della direttiva che questa fonte ha come scopo quello di migliorare il diritto all'informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese comunitarie. A tal fine essa predispone, tra l'altro, gli strumenti per la costituzione di un comitato di lavoratori nelle imprese o gruppi di imprese di dimensioni comunitarie.

    L'art. 2, n. 1, delinea i limiti soggettivi del campo di applicazione della direttiva, elencando le tipologie delle imprese in cui il comitato aziendale europeo deve essere costituito ed i soggetti che partecipano alla procedura. Si legge in tale disposizione che ai fini della direttiva «si intende per:

    a) "impresa di dimensioni comunitarie", un'impresa che impiega almeno 1 000 lavoratori negli Stati membri e almeno 150 lavoratori per Stato membro in almeno due Stati membri;

    b) "gruppo di imprese", un gruppo costituito da un'impresa controllante e dalle imprese da questa controllate;

    c) "gruppo di imprese di dimensioni comunitarie" un gruppo di imprese che soddisfa le condizioni seguenti:

    - il gruppo impiega almeno 1 000 lavoratori negli Stati membri;

    - almeno due imprese del gruppo si trovano in Stati membri diversi, e

    - almeno un'impresa del gruppo impiega non meno di 150 lavoratori in uno Stato membro e almeno un'altra impresa del gruppo impiega non meno di 150 lavoratori in un altro Stato membro;

    d) "rappresentanti dei lavoratori", i rappresentanti dei lavoratori ai sensi delle legislazioni e/o delle prassi nazionali;

    e) "direzione centrale" la direzione centrale dell'impresa di dimensioni comunitarie o, nel caso di un gruppo di imprese di dimensioni comunitarie, dell'impresa controllante».

    Quanto alla nozione di «impresa controllante», di cui al citato art. 2, n. 1, lett. b), l'art. 3 stabilisce che con essa si intende «un'impresa che può esercitare un'influenza dominante su un'altra impresa ("impresa controllata"), in conseguenza, a titolo esemplificativo, della proprietà, della partecipazione finanziaria o delle norme che la disciplinano» (n. 1) e che «si presume la possibilità di esercitare un'influenza dominante, salvo prova contraria, se un'impresa, direttamente o indirettamente, nei confronti di un'altra impresa:

    a) detiene la maggioranza del capitale sottoscritto dell'impresa, oppure,

    b) dispone della maggioranza dei voti in rapporto alle partecipazioni al capitale dell'impresa, oppure,

    c) può nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa».

    Ai sensi dell'art. 4, n. 1, alla direzione centrale dell'impresa di dimensioni comunitarie o dell'impresa controllante del gruppo di dimensioni comunitarie è attribuito il compito di realizzare le «condizioni e [gli] strumenti necessari all'istituzione del comitato aziendale europeo».

    L'interlocutore della direzione centrale è la «delegazione speciale di negoziazione» (rectius: di negoziato), composta da un minimo di tre a un massimo di 17 lavoratori, i quali devono provenire dai differenti Stati membri in cui l'impresa di dimensioni comunitarie ha i suoi stabilimenti o il gruppo le sue imprese (art. 5, nn. 1 e 2).

    L'art. 11, infine, impone agli Stati membri di predisporre gli strumenti «affinché la direzione degli stabilimenti di un'impresa di dimensioni comunitarie e la direzione delle imprese del gruppo d'imprese di dimensioni comunitarie situati nel suo territorio e i rappresentanti dei lavoratori o eventualmente i lavoratori stessi di tali stabilimenti o imprese rispettino gli obblighi stabiliti dalla (...) direttiva, indipendentemente dal fatto che la direzione centrale sia situata o meno nel suo territorio» (n. 1). Gli Stati membri devono in particolare provvedere «affinché, su richiesta delle parti interessate dall'[rectius: all'] applicazione della (...) direttiva, le imprese rendano disponibili le informazioni sul numero dei lavoratori di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c)».

    3. La direttiva 94/45 è stata recepita nell'ordinamento tedesco con la legge 28 ottobre 1996 relativa ai comitati aziendali europei (in prosieguo: la «legge tedesca»).

    L'art. 2, n. 1, di tale legge delimita il campo di applicazione di questa fonte, stabilendo che essa riguarda le imprese di dimensioni comunitarie situate in Germania ed i gruppi di dimensioni comunitarie la cui impresa centrale è ivi situata. L'art. 6, n. 2, riproduce i requisiti, indicati all'art. 3, n. 2, della direttiva, richiesti perché l'impresa sia considerata controllante all'interno di un gruppo di dimensioni europee.

    L'art. 5 della stessa legge, dando attuazione all'art. 11 della direttiva, prevede espressamente un obbligo di informativa nei termini seguenti:

    «1) La direzione centrale deve trasmettere ai rappresentanti dei lavoratori che ne abbiano fatta richiesta le informazioni sul numero medio dei dipendenti e sulla loro distribuzione negli Stati membri, sulle imprese e gli stabilimenti, nonché sulla struttura della società o del gruppo di società.

    2) Un comitato aziendale o un comitato aziendale centrale può esercitare il diritto conferito dal paragrafo 1 nei confronti della direzione locale dello stabilimento o dell'impresa; questa è tenuta a procurarsi presso la direzione centrale le informazioni e i documenti necessari per fornire i chiarimenti richiesti».

    La procedura nazionale e i quesiti pregiudiziali

    4. Resistente nella procedura di appello nell'ambito della quale è stata sollevata la questione pregiudiziale è il comitato aziendale dello stabilimento dell'impresa bofrost* Josef H. Boquoi Deutschland West GmbH & Co. KG, situato a Straelen (Germania). Il comitato aveva a più riprese chiesto alla commissione direttiva dell'impresa di fornire informazioni circa il numero dei dipendenti e la struttura delle imprese del gruppo, ai sensi dell'art. 5 della citata legge tedesca. La commissione non aveva dato seguito a tale domanda e aveva rifiutato definitivamente di fornire le informazioni con lettera del 9 gennaio 1997.

    5. Il comitato aziendale adiva quindi l'Arbeitsgericht, con ricorso depositato il 3 marzo 1998, chiedendo che fosse ingiunto all'impresa resistente di fornire alla ricorrente, mediante «produzione e trasmissione di documenti scritti», le informazioni relative a) al collegamento della bofrost* tedesca - tramite la titolarità di azioni da parte della stessa società o di suoi soci - con altre imprese europee e precisamente con la bofrost* J.H. Boquoi Deutschland Ost GmbH & Co. KG, la bofrost* Dienstleistungs GmbH & Co. KG, la spedbo Speditions GmbH & Co. KG, la bofrost* Italia, la bofrost* Spagna, la bofrost* Austria, la bofrost* Francia, la bofrost* Paesi Bassi, la bofrost* Grecia, e la bofrost* Inghilterra; b) al numero dei dipendenti occupati, in media, in queste imprese; c) alla forma giuridica dell'impresa, con indicazione della sede della ditta e del Tribunale presso cui è iscritta, d) alla legge applicabile alle stesse imprese e e) agli organi di vigilanza ivi presenti e ai soggetti che ne hanno il potere di nomina.

    Il comitato sosteneva che sussistessero nella specie i presupposti di cui al citato art. 5, n. 1, della legge tedesca in quanto la società bofrost* tedesca costituiva l'impresa dominante ai sensi e per gli effetti dell'art. 2, n. 1, della stessa legge. In particolare, secondo il comitato aziendale, il signor Josef Boquoi, nella sua qualità di presidente del consiglio dei soci, che raggruppa le imprese appartenenti al gruppo bofrost*, avrebbe esercitato un'influenza dominante sulla commissione direttiva bofrost* europea , composta dai membri degli organi nazionali di direzione delle imprese dello stesso gruppo. Inoltre, osservava che questi deterrebbe partecipazioni di maggioranza nelle imprese tedesche.

    L'impresa, dal canto suo, faceva valere che non fossero stati prodotti elementi circa la sua relazione di dominanza nei confronti delle imprese bofrost* situate negli altri Stati membri e che, in particolare, non fosse possibile presumere una tale dominanza ai sensi dell'art. 6, n. 2, della legge tedesca, dato che la struttura del gruppo bofrost* si presenta come una «concentrazione parificata», priva dunque di un'impresa avente funzioni dominanti. Rilevava altresì che comunque il signor Josef Boquoi non sarebbe socio in nessuna delle società bofrost* a responsabilità limitata ma figurerebbe soltanto come socio accomandante.

    6. Con ordinanza del 5 agosto 1998, l'Arbeitsgericht riconosceva al comitato aziendale il diritto all'informazione di cui all'art. 5 della legge tedesca, ritenendo che nella specie fossero stati provati l'influenza e, quindi, il controllo da parte dell'impresa tedesca sulle imprese dello stesso gruppo situate all'estero.

    7. La bofrost* impugnava la sentenza, con atto del 23 novembre 1998, davanti al Landesarbeitsgericht di Düsseldorf. Nel processo d'appello le parti riproponevano gli stessi argomenti difensivi. Il collegio esprimeva dubbi quanto alla sussistenza del diritto, dell'organo interno di rappresentanza dei lavoratori, di richiedere informazioni nel caso in cui non fossero accertate la dimensione comunitaria del gruppo e la posizione di dominanza dell'impresa all'interno dello stesso gruppo. Si chiedeva altresì quali fossero gli strumenti idonei ad acquisire gli elementi per valutare la relazione tra l'impresa tedesca e le altre imprese del gruppo bofrost*.

    8. Il Landesarbeitsgericht sospendeva quindi la procedura nazionale e proponeva alla Corte di giustizia i seguenti quesiti pregiudiziali:

    «Se l'art. 11, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 22 settembre 1994, 94/45/CE, debba essere interpretato nel senso che il diritto di richiedere informazioni ivi regolamentato sussista già quando non sia ancora certo che nel gruppo di imprese, di cui all'art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva 94/45/CE, vi sia un'impresa controllante ai sensi dell'art. 3 della direttiva 94/45/CE.

    In caso di soluzione affermativa alla prima questione: se il diritto di richiedere informazioni di cui all'art. 11, nn. 1 e 2, della direttiva 94/45/CE comprenda anche il diritto del comitato aziendale di richiedere informazioni alle imprese richieste che diano adito alla presunzione di cui all'art. 3, n. 2, della direttiva 94/45/CE.

    Se l'art. 11, nn. 1 e 2, della direttiva 94/45/CE includa anche il diritto del comitato aziendale di richiedere all'impresa il rilascio di documenti a precisazione e chiarimento delle informazioni».

    Nel merito

    9. Con i tre quesiti pregiudiziali il giudice tedesco chiede, in primo luogo, se l'art. 11, nn. 1 e 2, deve essere interpretato nel senso che un'impresa sia tenuta a fornire agli organi interni di rappresentanza dei lavoratori le informazioni relative alla struttura e alla organizzazione interna della stessa società e del gruppo, e ciò anche nel caso in cui non sia stato accertato che la direzione cui i lavoratori si sono rivolti sia quella dell'impresa che occupa la posizione «controllante» all'interno di un gruppo di dimensioni comunitarie, ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. b), e dell'art. 3 della stessa direttiva (primo quesito). Qualora a tale domanda sia data risposta affermativa, chiede inoltre se la direzione sia tenuta anche a fornire le informazioni relative appunto alla posizione dell'impresa nel gruppo (secondo quesito) ed i documenti riguardanti le informazioni richieste (terzo quesito).

    10. Nella fattispecie sottoposta all'esame del giudice a quo viene contestato, come ho in precedenza ricordato, il diritto del comitato aziendale dello stabilimento della bofrost* situato a Straelen di richiedere e quindi ricevere, da parte della direzione dello stesso stabilimento, le informazioni e i relativi documenti riguardanti essenzialmente: a) i rapporti tra la società bofrost tedesca e quelle del gruppo situate in altri Stati membri, b) il numero dei lavoratori presenti in queste imprese e il tipo di contratto di lavoro stipulato con i medesimi, c) la legge nazionale che regola i rapporti interni delle società, d) gli organi di rappresentanza esterna delle stesse e, infine, e) gli organi di sorveglianza interna.

    Due sono le domande poste con il ricorso in esame e precisamente se, in un caso come quello di specie, la direttiva è di applicazione e, in subordine, quali sono i diritti che, ai sensi e per gli effetti della medesima, devono essere riconosciuti alle rappresentanze dei lavoratori.

    11. La direttiva, come è noto, è stata approvata dopo un negoziato lungo e travagliato, a causa delle resistenze di vari Stati membri rispetto all'adozione di atti comunitari che potessero interferire con le norme interne sui diritti sindacali e in generale sui diritti di rappresentanza dei lavoratori . E' dovuta proprio a tali resistenze la circostanza che la direttiva abbia un contenuto relativamente limitato. La direttiva, infatti, riguarda, così come enunciato nello stesso titolo, unicamente l'istituzione di una procedura di informazione dei lavoratori e l'istituzione di comitati aziendali europei i quali ripropongono una tipologia di rappresentanza dei lavoratori già presente negli ordinamenti di alcuni Stati membri; e ciò con riguardo alle sole imprese a carattere multinazionale, cioè alle imprese con stabilimenti, di dimensioni consistenti, situati in più Stati membri nonché con riguardo a gruppi di imprese situate in differenti territori nazionali . Inoltre, la direttiva regola la sola procedura di costituzione dei comitati e non il loro funzionamento, sebbene al diciannovesimo considerando nonché ai punti 2 e 3 delle prescrizioni accessorie, allegate alla stessa direttiva, si trovino enunciati in modo generico i diritti di tale comitato consistenti nell'informazione e nella parziale partecipazione alle decisioni sull'organizzazione interna e sulle strategie dell'impresa.

    Ora, se si percorre il testo della direttiva, ci si rende immediatamente conto che i rapporti giuridici regolati da questa fonte sono quelli tra la «direzione centrale», la quale, ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. e), è costituita dagli organi amministrativi dell'impresa o del gruppo di imprese a dimensioni comunitarie, da un lato, e le «delegazioni speciali» dei lavoratori presenti nei vari stabilimenti della stessa impresa o gruppo, dall'altro. La direttiva, dunque, come ho già anticipato, non concerne in alcun modo le relazioni tra la direzione e i rappresentanti dei lavoratori di uno stesso stabilimento.

    12. Nella causa in esame, il problema è quello di stabilire se, nonostante questa lacuna quanto alla regolamentazione dei rapporti tra la direzione e i rappresentanti dei lavoratori, la direttiva riconosca comunque ai lavoratori il diritto di ricevere informazioni e documenti nel caso in cui l'azione della rappresentanza dei lavoratori sia finalizzata alla costituzione di un comitato aziendale europeo.

    Il comitato aziendale sostiene, nel procedimento principale, così come nelle osservazioni presentate nel corso della causa oggi in discussione, che, in assenza delle informazioni richieste, i lavoratori sono nell'impossibilità di azionare la procedura che dà vita al comitato aziendale europeo.

    Tale affermazione è a mio parere solo parzialmente condivisibile, e ciò per le ragioni che seguono.

    13. L'art. 5, n. 1, della direttiva stabilisce che la direzione centrale dell'impresa o del gruppo di dimensioni comunitarie è il soggetto che avvia il negoziato «per l'istituzione del comitato aziendale europeo» e ciò «di propria iniziativa o previa richiesta scritta di almeno cento lavoratori, o dei loro rappresentanti, di almeno due imprese o stabilimenti situati in non meno di due Stati membri diversi». L'atto con cui si mette in moto la procedura è dunque diverso da quello che è all'origine della causa principale, atto questo che rientra nel quadro dei rapporti interni allo stabilimento bofrost* di Straelen. Inoltre, una volta accertate le condizioni per la costituzione del comitato aziendale europeo, la procedura di formazione ha due soli protagonisti: da un lato, la stessa direzione centrale dell'impresa o del gruppo di dimensioni comunitarie, la quale, ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva, è «responsabile della realizzazione delle condizioni e degli strumenti necessari all'istituzione» dello stesso comitato, e dall'altro, la «delegazione speciale dei lavoratori» costituita da un minimo di tre a un massimo di 17 membri che figurano tra i dipendenti degli stabilimenti situati nei vari Stati membri in cui l'impresa ha i suoi stabilimenti ovvero il gruppo le sue imprese [art. 5, n. 2, lett. b) e c)] .

    14. Ritengo tuttavia che, nonostante il ristretto ambito di applicazione della fonte che qui si esamina e la ristretta cerchia di soggetti di diritto coinvolti nella procedura de qua, una interpretazione della direttiva la quale non riconoscesse alle rappresentanze dei lavoratori, presenti in tutte le imprese situate nel territorio comunitario, il diritto di raccogliere informazioni per azionare la procedura di formazione del comitato aziendale europeo pregiudicherebbe l'effetto utile della direttiva e sarebbe altresì contraria alle stesse finalità di tale fonte. In effetti, in assenza di una iniziativa spontanea della direzione e prima della formale richiesta da parte di un gruppo di lavoratori dei vari stabilimenti o delle varie imprese situate in più Stati membri, un'azione in tal senso dei lavoratori di uno stabilimento non può essere considerata irrilevante ai fini dell'applicazione della direttiva, perché l'irrilevanza si risolverebbe in un generico divieto di raccogliere informazioni e inficierebbe il diritto dei lavoratori, riconosciuto dalla direttiva, di dar vita ad un comitato aziendale europeo. In altri termini, il rifiuto del riconoscimento ai lavoratori di un tale diritto equivarrebbe al divieto di accesso a qualsiasi informazione, divieto questo che è palesemente in contrasto con le finalità dell'atto che qui si commenta perché farebbe venir meno i presupposti che sono alla base del nuovo istituto della politica sociale europea. Questi presupposti consistono appunto nel diritto dei lavoratori di accedere alle informazioni per acquisire gli strumenti idonei ad assicurare loro la partecipazione alla vita dell'impresa.

    15. Questa interpretazione trova conferma nell'art. 11 della direttiva, cioè proprio nella disposizione di cui il giudice nazionale chiede l'interpretazione. Il n. 2 di tale articolo impone agli Stati membri di provvedere «affinché, su richiesta delle parti interessate dall'applicazione della (...) direttiva, le imprese rendano disponibili le informazioni sul numero dei lavoratori di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c)». Non vi è dubbio che, tenuto conto della lettera della disposizione, la quale indica in modo generico i destinatari della norma, e delle finalità della direttiva cui ho appena accennato, la nozione di parti interessate all'applicazione debba essere interpretata nel senso di comprendere, da un lato, gli organi direttivi di tutte le imprese, non solo quindi le menzionate direzioni centrali di cui all'art. 2, lett. e), della direttiva, e, dall'altro, gli organi di rappresentanza dei lavoratori, non solo quindi le delegazioni speciali di cui all'art. 2, lett. h), della stessa fonte. Ne segue che l'impresa ha un obbligo generico di informazione nell'ambito anche della fase preparatoria alla procedura prevista dagli artt. 4 e ss. della direttiva.

    Questa conclusione trova ulteriore conferma nel dettato del n. 1 dell'art. 11, che consacra in termini generali il dovere di rispettare «gli obblighi stabiliti (...) dalla direttiva» a carico di tutte le direzioni delle imprese di dimensioni comunitarie e di tutte le direzioni delle imprese appartenenti a gruppi di dimensioni comunitarie, nonché di tutti i rappresentanti dei lavoratori e degli stessi lavoratori di tali stabilimenti o imprese. Il campo di applicazione ratione personae della direttiva non può dunque limitarsi ai soli protagonisti della procedura di costituzione del comitato.

    16. Ritengo dunque, con riguardo al primo quesito pregiudiziale, che la direttiva, e in particolare il suo art. 11, n. 2, riconosca il diritto all'informazione delle rappresentanze dei lavoratori e imponga a tutte le imprese un obbligo di cooperazione. Obbligo, questo, che non può essere circoscritto alle sole imprese o ai soli gruppi di dimensioni comunitarie, ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. a), b) e c). Segue che, in un caso come quello di specie, in cui l'impresa cui è stata rivolta la domanda di informazioni risponde ai requisiti perché possa presumersi la sua dominanza all'interno del gruppo, questa è a fortiori obbligata a comunicare agli organi di rappresentanza interna dei lavoratori le informazioni necessarie perché possa essere costituito il comitato aziendale europeo .

    17. Ma quali sono le informazioni cui può avere accesso una rappresentanza dei lavoratori che, pur essendo riconosciuta a livello nazionale, non figura tra i soggetti attivi nella procedura di costituzione del comitato aziendale europeo? In altri termini, in presenza di informazioni o documenti di carattere riservato, sussiste l'obbligo dell'impresa di renderli accessibili ai lavoratori anche in questo stadio, che è preliminare al formale inizio della procedura di costituzione? Questa è essenzialmente la domanda che il giudice pone con il secondo e il terzo quesito.

    18. E' ovvio, infatti, che, se il dato richiesto è pubblico o comunque accessibile alle rappresentanze sindacali, non può sorgere alcun dubbio circa la sussistenza dell'obbligo dell'impresa di renderlo noto ai rappresentanti dei lavoratori. Il problema dunque riguarda le informazioni cui in qualche misura è riconosciuto il carattere riservato.

    Ebbene, dato che i contatti iniziali tra la direzione e i dipendenti di un'impresa - quali appunto quelli che rilevano nella causa principale - sono estranei alla procedura che si trova disciplinata dalla direttiva, ritengo che l'impresa abbia, in tale fase, solo il dovere di comunicare informazioni non considerate riservate ai sensi del diritto nazionale, quindi sia informazioni pubbliche, sia informazioni di cui non si possa opporre, in base al diritto nazionale applicabile, la natura segreta . In effetti, lo stesso art. 11, n. 2, stabilisce che «le imprese rendano disponibili [a qualsiasi soggetto interessato] le [sole] informazioni sul numero dei lavoratori di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c)», e cioè i dati relativi al numero dei lavoratori - che si presumono essere pubblici - ai fini della valutazione della dimensioni comunitarie dell'impresa o del gruppo. Quanto ai gruppi, non è chiaro in quali limiti il riferimento al numero complessivo dei lavoratori presenti in tutte le imprese del gruppo comporti necessariamente il diritto degli stessi lavoratori di accedere alle informazioni sul collegamento tra le diverse imprese. E' proprio su questi dati che si incentra, nel caso di specie, la richiesta di informazioni del comitato aziendale della bofrost* . La logica d'insieme della direttiva permette di identificare, anche con riguardo alle informazioni che possono essere considerate riservate, quei dati di carattere generale che la direzione deve comunicare ai promotori.

    19. Ora, tale obbligo concerne, con riferimento ad uno stadio preparatorio della procedura costitutiva, solo le informazioni strettamente necessarie alla costituzione del comitato aziendale europeo, in altri termini, solo le informazioni sulla rispondenza dell'impresa ai requisiti richiesti perché essa o, come nel caso di specie, il gruppo di appartenenza siano considerati di dimensioni comunitarie. Questi requisiti sono, ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. a), b) e c), per le imprese, un elevato numero di dipendenti e la pluralità dei territori nazionali in cui sono situati gli stabilimenti; per i gruppi, l'esistenza di un collegamento tra imprese, la pluralità dei territori in cui sono situate le varie imprese del gruppo e un elevato numero di lavoratori dipendenti, nonché la indicazione dell'impresa controllante, ai sensi dell'art. 3 della direttiva.

    Il numero dei dipendenti così come la localizzazione delle sedi sono di norma dati pubblici o comunque accessibili. Gli unici dati per i quali può sorgere il dubbio circa la loro natura riservata riguardano i rapporti tra imprese, precisamente i dati relativi al tipo di controllo o di collegamento tra imprese, e alla «posizione di controllo» di una di esse rispetto alle altre del gruppo; informazioni, queste, che potrebbero essere considerate riservate in diritto nazionale.

    Ebbene, rifacendomi alle osservazioni in precedenza formulate circa le finalità della direttiva, ritengo che tale atto, e in particolare il suo art. 11, n. 2, debba essere interpretato nel senso che la direzione delle imprese deve comunque, già in questo contatto preliminare fra organi direttivi ed organi di rappresentanza dei lavoratori, offrire la propria collaborazione per assicurare la piena attuazione della direttiva. A tal fine essa deve dunque trasmettere tutti i dati idonei e necessari ad azionare la procedura di costituzione del comitato aziendale europeo. Tuttavia, per non compromettere la riservatezza dei dati sull'attività dell'azienda, nel caso in cui tale trattamento sia riconosciuto dal diritto nazionale, la direzione è comunque tenuta, come si è già accennato in precedenza, a comunicare ai lavoratori dati generici sul collegamento tra le imprese del gruppo e sulla posizione eventualmente di «controllante» di un'impresa all'interno dello stesso gruppo; l'impresa ha cioè l'obbligo di fornire le informazioni comunque sufficienti a permettere l'apertura della procedura di costituzione del comitato, ma non quello di rendere noti dati ulteriori e più specifici sui vari collegamenti tra i soggetti del gruppo. In altre parole, se la direzione si limita a comunicare che esiste un collegamento con più imprese, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2, n. 1, della direttiva, e indica l'impresa controllante, una tale informazione è sufficiente perché i lavoratori delle varie imprese interessate intraprendano un'azione comune per la costituzione del comitato aziendale.

    20. Può comunque sorgere il dubbio che le informazioni fornite dalla direzione siano inesatte o che la loro genericità si tramuti in una illegittima reticenza. Può accadere che, come nel caso in esame, le parti assumano posizioni diverse circa la rispondenza ai requisiti richiesti per la costituzione del comitato. In tal caso, sono le autorità nazionali competenti che devono garantire che l'impresa non venga meno ai suoi obblighi e non si opponga alla corretta applicazione della direttiva. Ed infatti l'art. 11, n. 3, impone agli Stati membri di predisporre «misure appropriate» di carattere amministrativo e giudiziario per il caso di inosservanza delle disposizioni della fonte comunitaria.

    21. Così, nella specie, anche in presenza di informazioni riservate, l'autorità giudiziaria nazionale deve avere gli strumenti per accertare la sussistenza delle condizioni per la costituzione del comitato aziendale europeo, quale appunto la posizione di controllo dell'impresa bofrost* tedesca nel gruppo di appartenenza, e ciò anche qualora il soggetto richiedente, cioè la rappresentanza dei lavoratori, non abbia acquisito le informazioni sufficienti. Il giudice sarà tenuto poi a stabilire se tali informazioni siano riservate e, in caso affermativo, ad assicurarne il dovuto trattamento.

    22. Con riguardo al secondo quesito pregiudiziale, ritengo dunque che la direttiva, e in particolare l'art. 11, nn. 1 e 2, debba essere interpretata nel senso che un comitato aziendale nazionale ha il diritto di ricevere informazioni circa la posizione, nel gruppo di dimensioni comunitarie, dell'impresa interessata e la direzione di tale impresa ha l'obbligo di collaborare in modo leale con la rappresentanza dei lavoratori. La mancata trasmissione di dati specifici sulla posizione nel gruppo può essere giustificata solo qualora a tali dati sia riconosciuto carattere riservato dal diritto nazionale applicabile, e ciò beninteso entro i limiti in precedenza indicati.

    23. Queste considerazioni riguardano a fortiori la produzione di documenti, sulla quale vi interroga il giudice a quo con il terzo quesito pregiudiziale. In effetti, in una fase preliminare di contatto come quella di specie, se i lavoratori, da un lato, hanno diritto di accedere ai documenti di cui non sia riconosciuto il carattere riservato, dall'altro, non hanno titolo per chiedere la produzione di documenti segreti. La mancata comunicazione di dati specifici contenuti in tali atti dovrà comunque essere compensata dalla collaborazione leale offerta dalla direzione dell'impresa nei limiti sopra indicati.

    In caso di illegittimo ostruzionismo della direzione, le parti interessate potranno sempre rivolgersi all'autorità giudiziaria perché assicuri il rispetto e quindi la corretta applicazione della direttiva. Il giudice nazionale dovrà accertare la natura riservata degli stessi documenti ed assicurarne il dovuto trattamento.

    Conclusioni

    24. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue ai quesiti pregiudiziali proposti dal Landesarbeitsgericht di Düsseldorf:

    1) L'art. 11, nn. 1 e 2, della direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, deve essere interpretato nel senso che l'obbligo di fornire alle rappresentanze dei lavoratori le informazioni necessarie ad azionare la procedura di costituzione del comitato aziendale europeo non ricade unicamente sulle imprese di cui sia stata accertata la posizione di controllante all'interno di un gruppo di dimensioni comunitarie, ex art. 2, n. 1, lett. b), della stessa direttiva, ma su tutte le imprese situate nel territorio comunitario.

    2) Il diritto di ricevere informazioni relative all'azienda, riconosciuto dalla direttiva alle rappresentanze dei lavoratori, riguarda anche i dati generici relativi alla sussistenza dei requisiti perché l'impresa di un gruppo sia considerata «controllante» ai sensi dell'art. 3, n. 2, della direttiva. Esso non riguarda tuttavia le informazioni più dettagliate cui è riconosciuto carattere riservato dal diritto dello Stato in cui l'impresa ha la sua sede.

    3) La direzione dell'impresa è tenuta altresì a trasmettere alle rappresentanze dei lavoratori i documenti necessari ad azionare la procedura di costituzione del comitato aziendale europeo, a meno che questi documenti siano considerati riservati secondo il diritto nazionale applicabile.

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