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Document 61997CJ0365

Sentenza della Corte del 9 novembre 1999.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana.
Inadempimento di uno Stato - Direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE - Gestione dei rifiuti.
Causa C-365/97.

Raccolta della Giurisprudenza 1999 I-07773

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1999:544

61997J0365

Sentenza della Corte del 9 novembre 1999. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana. - Inadempimento di uno Stato - Direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE - Gestione dei rifiuti. - Causa C-365/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-07773


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Ricorso per inadempimento - Oggetto della controversia - Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso - Modifica ulteriore in senso restrittivo - Ammissibilità

[Trattato CE, art. 169 (divenuto art. 226 CE)]

2 Ricorso per inadempimento - Procedimento precontenzioso - Diffida - Delimitazione dell'oggetto della controversia - Parere motivato - Enunciazione dettagliata degli addebiti

[Trattato CE, art. 169 (divenuto art. 226 CE)]

3 Ricorso per inadempimento - Oggetto della controversia - Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso - Adeguamento in seguito a una modifica del diritto comunitario - Ammissibilità - Presupposti

[Trattato CE, art. 169 (divenuto art. 226 CE)]

4 Ambiente - Smaltimento dei rifiuti - Direttiva 75/442 - Art. 4, primo comma - Obbligo per gli Stati membri di provvedere al recupero o allo smaltimento dei rifiuti - Portata - Necessità dei provvedimenti da adottare - Potere discrezionale - Limiti

(Direttiva del Consiglio 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE, art. 4, n. 1)

5 Ricorso per inadempimento - Prova dell'inadempimento - Onere incombente alla Commissione - Deduzione in giudizio di elementi che dimostrino l'inadempimento - Confutazione a carico dello Stato membro convenuto

[Trattato CE, art. 169 (divenuto art. 226 CE)]

6 Stati membri - Obblighi - Compito di vigilanza affidato alla Commissione - Dovere degli Stati membri - Collaborazione alle indagini in materia di inadempimento di uno Stato

[Trattato CE, artt. 5 e 169 (divenuti artt. 10 CE e 226 CE)]

7 Ambiente - Smaltimento dei rifiuti - Direttiva 75/442 - Obblighi incombenti agli Stati membri per quanto riguarda i detentori di rifiuti - Mancata osservanza nel caso di una discarica abusiva - Inadempimento

(Direttiva del Consiglio 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156, art. 8)

Massima


1 La lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi il parere motivato della Commissione ai sensi dell'art. 169 del Trattato (divenuto art. 226 CE) delimitano la materia del contendere, che quindi non può più essere ampliata. Di conseguenza, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono vertere sugli stessi addebiti già mossi nella lettera di diffida che apre la fase precontenziosa.

Tuttavia, tale esigenza non può arrivare fino a imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l'esposizione degli addebiti nella lettera di diffida, il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l'oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto.

2 Se il parere motivato di cui all'art. 169 del Trattato (divenuto art. 226 CE) deve contenere un'esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato interessato è venuto meno ad uno degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato, la lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di esaustività così rigidi, dato che non può che consistere in un primo e succinto riassunto degli addebiti. Nulla impedisce dunque alla Commissione di precisare nel parere motivato gli addebiti da essa già esposti in maniera più globale nella lettera di diffida.

3 Nell'ambito di un ricorso per inadempimento, anche se le conclusioni contenute nel ricorso non possono in via di principio essere estese al di là degli inadempimenti fatti valere nel dispositivo del parere motivato e nella lettera di diffida, ciò nonostante, allorché una modifica del diritto comunitario interviene nel corso della fase precontenziosa del procedimento, la Commissione è legittimata a far constatare un inadempimento degli obblighi che trovano la loro origine nella versione iniziale di una direttiva, successivamente modificata o abrogata, che sono stati confermati da nuove disposizioni. Per contro, l'oggetto della controversia non può essere esteso a obblighi derivanti dalla direttiva modificata che non trovano la loro equivalenza nella direttiva iniziale, senza incorrere nella violazione delle forme sostanziali della regolarità del procedimento con cui si constata l'inadempimento.

4 Anche se l'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156, non precisa il contenuto concreto delle misure che devono essere adottate dagli Stati membri per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, ciò non toglie che tale disposizione vincola gli Stati membri circa l'obiettivo da raggiungere, pur lasciando agli stessi un potere discrezionale nella valutazione della necessità di tali misure.

Non è quindi in via di principio possibile dedurre direttamente dalla mancata conformità di una situazione di fatto agli obiettivi fissati all'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442, modificata, che lo Stato membro interessato sia necessariamente venuto meno agli obblighi imposti da questa disposizione. Tuttavia, la persistenza di una tale situazione di fatto, in particolare quando comporta un degrado rilevante dell'ambiente per un periodo prolungato senza intervento delle autorità competenti, può rivelare che gli Stati membri hanno oltrepassato il potere discrezionale che questa disposizione conferisce loro.

5 Anche se, nell'ambito di un ricorso per inadempimento, spetta alla Commissione dimostrare l'esistenza dell'asserito inadempimento, tocca però allo Stato membro chiamato in causa, ove la Commissione abbia fornito elementi sufficienti che dimostrano l'inadempimento, contestare in maniera sostanziale e dettagliata i dati presentati e le loro conseguenze. In mancanza, i fatti addotti devono essere considerati provati.

6 Conformemente al dovere di ogni Stato membro, derivante dall'art. 5 del Trattato (divenuto art. 10 CE), di facilitare l'adempimento del compito generale della Commissione, la quale deve vigilare sull'applicazione delle disposizioni del Trattato e di quelle adottate dalle istituzioni in forza di quest'ultimo, spetta alle autorità nazionali effettuare, nell'ambito di indagini condotte dalla Commissione per accertare violazioni del diritto comunitario, i controlli necessari, in uno spirito di cooperazione leale.

7 L'art. 8 della direttiva 75/442, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156, impone agli Stati membri l'obbligo di adottare nei confronti del detentore di rifiuti le misure necessarie affinché questi ultimi siano consegnati ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa di smaltimento, salvo che il detentore di rifiuti possa egli stesso provvedere al recupero o allo smaltimento degli stessi. Pertanto, non soddisfa l'obbligo specifico imposto dal detto articolo lo Stato membro che si limiti ad ordinare il sequestro di una discarica abusiva e ad avviare un procedimento penale contro il gestore di tale discarica, il quale, accogliendovi rifiuti, è divenuto detentore dei medesimi.

Parti


Nella causa C-365/97,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Paolo Stancanelli, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv. Massimo Merola, del foro di Roma, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro dello stesso servizio, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal professor Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Pier Giorgio Ferri, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata d'Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso inteso a far dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo correttamente e integralmente attuato, nella zona dell'alveo del torrente San Rocco, la direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 47), è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza del Trattato CE e degli artt. 4, 5, 7, primo trattino, e 10 della direttiva 75/442 o delle disposizioni corrispondenti, come modificate dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward e R. Schintgen, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, J.-P. Puissochet, G. Hirsch e P. Jann e H. Ragnemalm (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Mischo

cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 2 marzo 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 aprile 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 22 ottobre 1997, la Commissione delle Comunità europee ha presentato, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), un ricorso inteso a far dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo correttamente e integralmente attuato, nella zona dell'alveo del torrente San Rocco, la direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 47; in prosieguo: la «direttiva 75/442»), è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza del Trattato CE e degli artt. 4, 5, 7, primo trattino, e 10 della direttiva 75/442 o delle disposizioni corrispondenti, come modificate dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442 modificata»).

2 La direttiva 75/442 mira ad armonizzare le normative nazionali in materia di smaltimento dei rifiuti.

3 Le disposizioni della direttiva 75/442 sono state sostituite dalla direttiva 91/156. Risulta infatti dall'art. 1 della direttiva 91/156 che gli artt. 1-12 della direttiva 75/442 sono stati sostituiti dagli artt. 1-18 e sono stati aggiunti gli allegati I, II A e II B. I nuovi artt. 4, 6, 8 e 13 della direttiva 75/442 modificata corrispondono in sostanza ai precedenti artt. 4, 5, 7 e 10 della direttiva 75/442.

4 Come risulta dai suoi `considerando', la direttiva 75/442 mira in particolare ad assicurare la protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti.

5 Al fine di assicurare la realizzazione di questi obiettivi, la direttiva 75/442 imponeva agli Stati membri di adottare talune disposizioni.

6 Innanzi tutto, ai sensi dell'art. 4 della detta direttiva, gli Stati membri dovevano adottare le misure necessarie per assicurare che i rifiuti venissero smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente, in particolare senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora, senza causare inconvenienti da rumori od odori e senza danneggiare la natura e il paesaggio. L'art. 4 della direttiva 75/442 modificata, che riprende in sostanza questa disposizione, aggiunge, al secondo comma, che gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti.

7 Inoltre, ai sensi dell'art. 5 della direttiva 75/442, gli Stati membri avevano l'obbligo di designare l'autorità o le autorità competenti incaricate, in una determinata zona, di programmare, organizzare, autorizzare e controllare le operazioni di smaltimento dei rifiuti. Risulta attualmente dall'art. 6 della direttiva 75/442 modificata che gli Stati membri stabiliscono o designano l'autorità o le autorità competenti incaricate di porre in atto le disposizioni della presente direttiva.

8 L'art. 7 della direttiva 75/442 imponeva, in particolare, agli Stati membri di adottare le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti li consegnasse ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un'impresa di smaltimento. Questa disposizione è stata sostituita dall'art. 8 della direttiva 75/442 modificata, che prevede, in particolare, che gli Stati membri adottino le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un'impresa che effettua le operazioni previste nell'allegato II A o II B della direttiva.

9 Infine, l'art. 10 della direttiva 75/442 prevedeva che le imprese che provvedono al trasporto, alla raccolta, all'ammasso, al deposito o al trattamento dei propri rifiuti, nonché quelle che raccolgono o trasportano i rifiuti per conto di terzi fossero soggette alla vigilanza dell'autorità competente di cui all'art. 5 di tale direttiva. L'art. 13 della direttiva 75/442 modificata prevede, a tal fine, che gli stabilimenti o le imprese che effettuano le operazioni previste agli artt. 9-12 sono sottoposti ad adeguati controlli periodici da parte delle autorità competenti.

10 L'art. 2 della direttiva 91/156 stabilisce che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro e non oltre il 1_ aprile 1993 e che ne informano immediatamente la Commissione.

La fase precontenziosa del procedimento e le conclusioni delle parti

11 Il 26 giugno 1990 la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida, nella quale veniva contestata la violazione da parte di quest'ultima degli obblighi di cui agli artt. 4, 5, 6, 7 e 10 della direttiva 75/442 e 5, 6, 9, 12 e 15 della direttiva del Consiglio 20 marzo 1978, 78/319/CEE, relativa ai rifiuti tossici e nocivi (GU L 84, pag. 43).

12 Con lettera 28 gennaio 1992 il Ministero dell'Ambiente italiano ha fornito alla Commissione le informazioni seguenti:

- è emerso che, nel vallone San Rocco, sono stati sistematicamente scaricati materiali biologici e chimici provenienti dal 2_ Policlinico, con grave pericolo per la popolazione residente in taluni quartieri;

- nello stesso vallone è stato registrato un grave dissesto idrogeologico dovuto alla presenza di cave tufacee;

- una tra le cave di tufo è stata destinata, in passato, a discarica abusiva;

- tale cava, dopo essere stata sottoposta a sequestro l'8 maggio 1990, è stata riutilizzata come discarica nel maggio 1991. Per tale riutilizzazione è ancora in atto un procedimento penale a carico del concessionario.

13 Non avendo ricevuto alcuna comunicazione relativa all'attuazione delle misure destinate al ripristino della situazione ambientale nel vallone San Rocco, la Commissione ha inviato al governo italiano, con lettera 5 luglio 1996, un parere motivato nel quale ha concluso che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 4, 5, 6, 7 e 10 della direttiva 75/442 e 5, 6, 12 e 15 della direttiva 78/319:

- non avendo adottato le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti venissero smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza pregiudizio per l'ambiente, in particolar modo senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora, senza causare inconvenienti da rumori od odori nonché senza danneggiare la natura e il paesaggio, in violazione dell'art. 4 della direttiva 75/442 e dell'art. 5 della direttiva 78/319;

- non avendo le autorità competenti, designate ai sensi dell'art. 5 della direttiva 75/442 e dell'art. 6 della direttiva 78/319, provveduto a programmare, organizzare, autorizzare e controllare le operazioni di smaltimento dei rifiuti nella zona interessata, in violazione di queste ultime disposizioni;

- non avendo le autorità competenti, designate ai sensi dell'art. 5 della direttiva 75/442 e dell'art. 6 della direttiva 78/319, disposto i piani e i programmi di smaltimento dei rifiuti, in violazione dell'art. 6 della direttiva 75/442 e dell'art. 12 della direttiva 78/319;

- non avendo le suddette autorità competenti ottemperato all'obbligo di vigilanza delle imprese che provvedono al trasporto, alla raccolta, all'ammasso, al deposito o al trattamento dei propri rifiuti nonché di quelle che raccolgono o trasportano rifiuti per conto di terzi, in violazione dell'art. 10 della direttiva 75/442 e dell'art. 15 della direttiva 78/319;

- non avendo adottato le disposizioni necessarie affinché, con riferimento ad una cavità tufacea precedentemente adibita a discarica abusiva sita nella zona dell'alveo San Rocco, il concessionario della cava stessa consegnasse i rifiuti ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un'impresa di smaltimento, in violazione dell'art. 7, primo trattino, della direttiva 75/442.

14 Il 2 gennaio 1997 la Commissione ha ricevuto una nota della Repubblica italiana con la quale le veniva notificato un piano di gestione ambientale relativo a tutta la Regione Campania, ove si trova il vallone San Rocco.

15 Con lettera 21 aprile 1997 la Repubblica italiana ha successivamente reso notificato alla Commissione una comunicazione del Ministero dell'Ambiente, nella quale venivano segnalate una serie di iniziative volte a ripristinare la situazione ambientale nel vallone San Rocco. In questa comunicazione si precisava in particolare che:

- il Comune di Napoli, d'intesa con l'Assessorato all'ambiente della Provincia, aveva adottato le iniziative necessarie a realizzare la sorveglianza degli eventuali scarichi abusivi nel vallone San Rocco;

- la cava situata nella parte iniziale del vallone, ripetutamente adibita a discarica abusiva, era stata nuovamente sottoposta a sequestro nel settembre 1996;

- le acque reflue provenienti dal 2_ Policlinico risultavano ormai definitivamente convogliate nella fogna comunale;

- le autorità locali avevano emesso sei provvedimenti di chiusura a carico di altrettanti scarichi civili;

- il servizio fognature del Comune di Napoli aveva ultimato numerosi interventi per la distruzione dei rifiuti, la pulizia e la sorveglianza continua dell'alveo;

- era stata nominata una commissione di esperti incaricata di mettere a punto un progetto sul quale fondare il risanamento complessivo dell'alveo, sia da un punto di vista geomorfologico-idraulico sia igienico.

16 Sulla base di tali informazioni la Commissione ha proceduto ad accertamenti al fine di verificare le conseguenze delle iniziative annunciate sulla situazione ambientale del vallone San Rocco in seguito ai quali essa era venuta a conoscenza di una delibera della Giunta comunale di Napoli 10 marzo 1997 dalla quale risulta che:

- l'alveo di San Rocco necessita di una sistemazione idraulica immediata. Lo stato di inquinamento infatti sembrerebbe addirittura peggiorato a seguito di una nuova immissione di acque nere;

- il progetto relativo a tale risistemazione idraulica non può essere approvato se non nel quadro di una decisione di natura più complessa, intesa a risolvere in via definitiva l'intera situazione ambientale della zona in oggetto;

- a tale fine è stato costituito un gruppo di esperti esterno all'amministrazione, con il compito precipuo di indicare le idee-guida di tale risanamento, sulle quali l'ufficio tecnico comunale dovrà, in seguito, elaborare un progetto definitivo di sistemazione idraulica del vallone San Rocco.

17 Ritenendo che non fossero state ancora adottate o messe in atto tutte le iniziative necessarie per porre fine agli addebiti contestati alla Repubblica italiana nel parere motivato, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

18 La Commissione ha rinunciato nel suo ricorso alla censura relativa alla violazione della direttiva 78/319, in considerazione dell'avvenuta abrogazione di tale direttiva. Inoltre, in relazione al piano di gestione che le era stato comunicato il 2 gennaio 1997, la Commissione ha ritenuto che fosse venuta meno la violazione degli obblighi relativi al piano e al programma di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 6 della direttiva 75/442, che era stata contestata nel parere motivato.

19 La Commissione ha invece mantenuto la sua domanda per il resto.

20 Il governo italiano chiede alla Corte, in via principale, di dichiarare il ricorso irricevibile e, in subordine, di dichiararlo infondato, e di condannare la Commissione alle spese.

Sulla ricevibilità del ricorso

21 Innanzi tutto il governo italiano sostiene che l'addebito mosso nella lettera di diffida del 26 giugno 1990 non era sufficientemente chiaro da metterlo in grado di svolgere in modo efficace le proprie difese.

22 La Commissione ritiene innanzi tutto che la lettera di diffida abbia identificato in maniera sufficientemente precisa l'inadempimento addebitato al governo italiano, in quanto essa ha fatto riferimento all'inquinamento generato da scarichi incontrollati di rifiuti provenienti dalle zone a monte del vallone San Rocco e alla carenza di azioni necessarie a pianificare, organizzare e controllare le operazioni di smaltimento dei rifiuti ai sensi della direttiva 75/442. Inoltre, la Commissione precisa che aveva già chiesto al governo italiano, con lettera 15 dicembre 1988, di presentare le proprie osservazioni in merito alla situazione ambientale del vallone San Rocco. Infine, dalla risposta alla lettera di diffida risulterebbe che il governo italiano sarebbe stato nella condizione di poter pienamente esercitare il proprio diritto di difesa poiché avrebbe risposto puntualmente agli addebiti mossigli e non avrebbe fatto valere la genericità di questi ultimi.

23 In via preliminare occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi il parere motivato della Commissione delimitano la materia del contendere, che quindi non può più essere ampliata. Infatti, la possibilità per lo Stato interessato di presentare osservazioni costituisce, anche se esso ritiene di non doverne fare uso, una garanzia essenziale voluta dal Trattato, la cui osservanza è un requisito formale essenziale per la regolarità del procedimento di accertamento dell'inadempimento di uno Stato membro. Di conseguenza, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono vertere sugli stessi addebiti già mossi nella lettera di diffida che apre la fase precontenziosa (sentenza 29 settembre 1998, causa C-191/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I-5449, punto 55).

24 Pertanto, dato che una sentenza di inadempimento può accertare il fondamento di una responsabilità in cui uno Stato membro può eventualmente incorrere a causa del suo inadempimento (v. sentenza 18 marzo 1992, causa C-29/90, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-1971, punto 12), e dato che essa costituisce un requisito preliminare per la presentazione di un ricorso basato sull'art. 171 del Trattato CE (divenuto art. 228 CE), è necessario che lo Stato membro abbia la possibilità, nel corso della fase precontenziosa, di confutare tutte le censure sollevate nei suoi confronti dalla Commissione.

25 Tuttavia, tale esigenza non può arrivare fino a imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l'esposizione degli addebiti nella lettera di diffida, il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l'oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto (v. sentenza Commissione/Germania, già citata, punto 56).

26 Il parere motivato, di cui all'art. 169 del Trattato, deve contenere un'esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato interessato è venuto meno a uno degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato. La lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di esaustività così rigidi, dato che non può che consistere in un primo e succinto riassunto degli addebiti. Nulla impedisce dunque alla Commissione di precisare nel parere motivato gli addebiti da essa già esposti in maniera più globale nella lettera di diffida (v. sentenza Commissione/Germania, già citata, punto 54).

27 Nella fattispecie occorre constatare che la lettera di diffida soddisfaceva il grado di esaustività richiesto dalla giurisprudenza, poiché l'identificazione dell'inadempimento e la sua qualificazione nel senso che poteva costituire una violazione degli artt. 4, 5, 6, 7 e 10 della direttiva 75/442 erano sufficienti a consentire alla Repubblica italiana di svolgere la propria difesa.

28 Ne deriva che la prima eccezione di irricevibilità deve essere respinta in quanto infondata.

29 In secondo luogo, il governo italiano fa valere che esiste una difformità tra il parere motivato e il ricorso, per cui quest'ultimo è irricevibile. Gli addebiti mossi nel parere motivato riguarderebbero solo la direttiva 75/442, mentre il ricorso farebbe riferimento anche alle disposizioni della direttiva 75/442 modificata.

30 A tale riguardo, il governo italiano sottolinea che la discordanza tra il parere motivato ed il ricorso non potrebbe essere giustificata a causa di una modifica della direttiva 75/442 nel corso del procedimento poiché la modifica è intervenuta oltre tre anni prima della notifica del parere motivato. La Commissione quindi, quando ha redatto il parere motivato, non avrebbe potuto trascurare il fatto che a decorrere dal 1_ aprile 1993 la direttiva 75/442, nella sua versione originale, non era più in vigore. Inoltre, la formulazione del parere motivato, in quanto fa riferimento esclusivamente alle disposizioni della direttiva 75/442, comporterebbe una delimitazione implicita dell'infrazione contestata nel senso che essa riguarderebbe solo fatti anteriori al 1_ aprile 1993.

31 La Commissione fa presente che gli obblighi inizialmente imposti agli Stati membri dalla direttiva 75/442, pur essendo rimasti inalterati in seguito alla direttiva 75/442 modificata, sono divenuti più dettagliati e più rigorosi. Gli obblighi di cui agli artt. 4, 5, 6 e 7 e 10 della direttiva 75/442 sarebbero stati interamente confermati dalla direttiva 75/442 modificata. Pertanto la situazione ambientale del vallone San Rocco dovrebbe a fortiori essere ritenuta incompatibile con le nuove disposizioni. Il fatto che la normativa vigente abbia subito modifiche nel corso del procedimento non potrebbe consentire di concludere che la Commissione ha modificato le sue censure nei confronti della Repubblica italiana.

32 A tale riguardo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l'esistenza di un inadempimento nell'ambito di un ricorso proposto ai sensi dell'art. 169 del Trattato va valutata alla luce della legislazione comunitaria in vigore alla scadenza del termine che la Commissione ha imposto allo Stato membro di cui trattasi per conformarsi al suo parere motivato (sentenza 10 settembre 1996, causa C-61/94, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3989, punto 42).

33 Nella fattispecie, la lettera di diffida è stata inviata il 26 giugno 1990. Il 18 marzo 1991 è stata adottata la direttiva 91/156 che modifica la direttiva 75/442. Gli Stati membri dovevano conformarvisi entro il 1_ aprile 1993.

34 Nella parte introduttiva del parere motivato si fa riferimento al fatto che la direttiva 75/442 è stata modificata, in particolare al fatto che le disposizioni degli artt. 4, 5, 7 e 10 della direttiva 75/442 sono state riprese dagli artt. 4, 6, 7, 9, 10, 12 e 13 della direttiva 75/442 modificata, mentre, nel dispositivo del parere motivato, la Commissione menziona solo la precedente numerazione degli articoli assertivamente violati. Nel ricorso la Commissione menziona gli articoli della direttiva 75/442 specificando sistematicamente, tra parentesi, le corrispondenze di queste disposizioni nei confronti della direttiva 75/442 modificata, con la precisazione «che ne riproduce sostanzialmente il contenuto».

35 Secondo una giurisprudenza costante, la regolarità del procedimento precontenzioso costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato, non soltanto a tutela dei diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per garantire che l'eventuale procedimento contenzioso verta su una controversia chiaramente definita. Solo muovendo da un procedimento precontenzioso regolare il procedimento contraddittorio dinanzi alla Corte consentirà a quest'ultima di stabilire se lo Stato membro sia effettivamente venuto meno agli obblighi precisi che la Commissione sostiene esso abbia violato (ordinanza 11 luglio 1995, causa C-266/94, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-1975, punti 17 e 18).

36 Pertanto, anche se le conclusioni contenute nel ricorso non possono in via di principio essere estese al di là degli inadempimenti fatti valere nel dispositivo del parere motivato e nella lettera di diffida, ciononostante, allorché una modifica del diritto comunitario interviene nel corso della fase precontenziosa del procedimento, la Commissione è legittimata a far constatare un inadempimento degli obblighi che trovano la loro origine nella versione iniziale di una direttiva, successivamente modificata o abrogata, che sono stati confermati da nuove disposizioni.

37 Ora, come ha sottolineato la Commissione, da un esame comparativo di queste disposizioni risulta che la direttiva 75/442 modificata ha rafforzato talune disposizioni della direttiva 75/442. Di conseguenza la maggior parte degli obblighi imposti agli Stati membri derivanti dalla direttiva 75/442 rimangono in vigore in forza della direttiva 75/442 modificata.

38 Certo, anche se le disposizioni della direttiva 75/442 modificata non sono formalmente indicate nel dispositivo del parere motivato, esse sono tuttavia menzionate nel testo di quest'ultimo tra le disposizioni fatte valere dalla Commissione (sentenza 11 agosto 1995, causa C-431/92, Commissione/Germania, Racc. pag. I-2189, punto 18).

39 Per contro, l'oggetto della controversia non può essere esteso a obblighi derivanti dalla direttiva 75/442 modificata che non trovano la loro equivalenza nella direttiva 75/442, senza incorrere nella violazione delle forme sostanziali della regolarità del procedimento con cui si constata l'inadempimento.

40 Ne deriva che il ricorso è ricevibile in quanto riguarda gli obblighi derivanti dalla direttiva 75/442 modificata che erano già vigenti in forza della direttiva 75/442.

41 Alla luce di queste considerazioni la seconda eccezione di irricevibilità deve essere respinta in quanto infondata.

42 In terzo luogo, il governo italiano sostiene che la Commissione ha basato il ricorso sull'esito di nuovi accertamenti da essa compiuti dopo aver ricevuto la sua lettera del 21 aprile 1997. In tale situazione, la Commissione avrebbe dovuto riavviare la fase precontenziosa del procedimento invece di proporre il ricorso.

43 La Commissione considera che i nuovi accertamenti non hanno dato luogo alla contestazione di nuovi addebiti a carico della Repubblica italiana. Al contrario, tali accertamenti sarebbero stati condotti al solo scopo di verificare se le iniziative comunicate dal governo italiano in risposta al parere motivato fossero effettivamente atte a ripristinare, nel vallone San Rocco, una situazione ambientale conforme al diritto comunitario. Tuttavia la Commissione ha constatato che tali iniziative non erano valse a modificare lo stato di degrado di tale vallone.

44 A tale riguardo occorre constatare che gli accertamenti effettuati in seguito all'adozione del parere motivato nonché le delibere della giunta comunale hanno indotto la Commissione, ai fini della presentazione del ricorso, alla conclusione che la Repubblica italiana continuava a non conformarsi a tale parere, e questo anche dopo la scadenza del termine imposto.

45 Secondo una giurisprudenza costante, sussiste l'interesse alla prosecuzione di un'azione per inadempimento anche nel caso in cui l'inosservanza sia stata sanata dopo la scadenza del termine stabilito (v. in particolare, sentenze 5 giugno 1986, causa 103/84, Commissione/Italia, Racc. pag. 1759, punto 8, 24 marzo 1988, causa 240/86, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1835, punto 14, e 18 marzo 1992, Commissione/Grecia, già citata, punto 12).

46 Tuttavia, non spetta alla Corte pronunciarsi, nell'ambito del presente ricorso, sulla questione se l'inadempimento fatto valere sia stato eliminato successivamente a tale termine.

47 La terza eccezione di irricevibilità deve quindi essere respinta in quanto infondata.

48 In quarto luogo, il governo italiano sostiene, nella controreplica, che la Commissione ha dedotto, nella replica, nuovi elementi di fatto o una formulazione nuova o differente degli addebiti.

49 A tale riguardo è sufficiente constatare, per i motivi indicati dall'avvocato generale ai punti 50-52 delle sue conclusioni, che gli elementi di fatto fatti valere dalla Commissione nella replica non possono essere considerati come nuovi elementi di fatto o come una formulazione nuova o diversa degli addebiti.

50 La quarta eccezione di irricevibilità deve quindi anch'essa essere respinta.

51 Ne deriva che il ricorso deve essere dichiarato ricevibile nel suo insieme, in quanto riguarda gli obblighi derivanti dalla direttiva 75/442 modificata che erano già vigenti in forza della direttiva 75/442.

Sul merito

Questioni preliminari

52 In via preliminare il governo italiano sostiene che, con il suo ricorso, la Commissione ha inteso tutelare direttamente l'ambiente invece di limitarsi, ai sensi dell'art. 169 del Trattato, alla verifica del recepimento della direttiva 75/442 nell'ordinamento interno. Il ricorso della Commissione non avrebbe quindi alcun fondamento nel Trattato, in quanto ai sensi dell'art. 169 del Trattato il compito della Commissione dovrebbe limitarsi alla verifica del recepimento della direttiva e dei mezzi normativi e amministrativi che lo Stato membro ha messo in opera per attuarla.

53 Inoltre, secondo la sentenza 23 febbraio 1994, causa C-236/92, Comitato di coordinamento per la difesa della cava e a. (Racc. pag. I-483), occorrerebbe operare una distinzione tra gli obiettivi definiti in modo programmatico dall'art. 4 della direttiva 75/442, che gli Stati membri devono rispettare, e gli obblighi che gli Stati membri devono soddisfare.

54 Il governo italiano fa anche valere che, in linea di principio, non è ammissibile dedurre in modo automatico un inadempimento degli obblighi di cui all'art. 4 della direttiva 75/442 dalla valutazione di non conformità della situazione di fatto agli obiettivi fissati da tale disposizione.

55 Inoltre, tale governo sostiene che, ai sensi dell'art. 169 del Trattato, un ricorso per inadempimento deve riguardare una parte significativa del territorio nazionale, da individuare in relazione alla natura degli obblighi imposti da una direttiva. La dimensione territoriale del vallone San Rocco non sarebbe sufficiente a giustificare un ricorso per inadempimento contro la Repubblica italiana.

56 A tale riguardo, la Commissione replica che essa è tenuta non solo a vigilare affinché le direttive siano recepite all'interno di ciascun ordinamento giuridico nazionale, ma anche a verificare che gli obiettivi perseguiti da tali direttive siano effettivamente e correttamente realizzati negli Stati membri, a carico dei quali è posto un vero e proprio obbligo di risultato (v. sentenza 7 aprile 1992, causa C-45/91, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-2509).

57 Per quanto riguarda l'argomento del governo italiano secondo cui la dimensione territoriale del vallone San Rocco non sarebbe sufficiente a giustificare un ricorso per inadempimento contro la Repubblica italiana, la Commissione fa rilevare che l'art. 169 del Trattato non fissa alcuna soglia territoriale minima affinché essa possa intervenire per far constatare un inadempimento.

58 In via preliminare occorre ricordare che l'art. 155, primo trattino, del Trattato CE (divenuto art. 211, primo trattino, CE) affida alla Commissione il compito generale di vigilare sull'applicazione delle disposizioni del Trattato nonché delle norme adottate dalle istituzioni in forza di quest'ultimo.

59 Sulla base di questa disposizione e dell'art. 169 del Trattato, la Commissione ha come compito, nell'interesse generale della Comunità, di vigilare d'ufficio sull'applicazione, da parte degli Stati membri, del Trattato e delle norme adottate dalle istituzioni in forza del Trattato stesso e di far accertare, al fine della loro soppressione, la sussistenza di eventuali violazioni degli obblighi che ne derivano (sentenze 4 aprile 1974, causa 167/73, Commissione/Francia, Racc. pag. 359, punto 15, e 11 agosto 1995, Commissione/Germania, già citata, punto 21).

60 La Commissione, tenuto conto del suo ruolo di custode del Trattato, può chiede alla Corte di dichiarare un inadempimento consistente nel non aver raggiunto, in un caso determinato, il risultato previsto da una direttiva (sentenza 11 agosto 1995, Commissione/Germania, già citata, punto 22).

61 Nella fattispecie, la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana ha violato l'obbligo imposto dall'art. 4 della direttiva 75/442 in base al quale gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente, in particolare senza creare rischio per l'acqua, l'aria o il suolo, né per la fauna e la flora, senza causare inconvenienti da rumori od odori e senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse. Questa disposizione è stata in sostanza ripresa all'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442 modificata.

62 E' vero che la Corte - confrontata all'ipotesi sollevata dal giudice nazionale secondo cui la direttiva 75/442 imporrebbe agli Stati membri l'adozione di misure adeguate per promuovere la prevenzione, il riciclaggio e la trasformazione dei rifiuti, piuttosto che il loro scarico - ha dichiarato, nella sentenza Comitato di coordinamento per la difesa della cava e a., sopramenzionata, che l'art. 4 della direttiva 75/442 non conferisce ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare.

63 Tuttavia, la questione che sorge nella fattispecie è quella intesa ad accertare se l'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442 modificata debba essere interpretato nel senso che impone l'obbligo dedotto e se questo sia stato osservato in un caso concreto. Tale questione è estranea all'invocabilità diretta da parte di privati contro lo Stato delle disposizioni incondizionate e sufficientemente chiare e precise di una direttiva non trasposta (v. sentenza 11 agosto 1995, Commissione/Germania, sopramenzionata, punto 26).

64 Certo, l'art. 4 della direttiva 75/442, che riproduce in sostanza il contenuto del terzo `considerando' della stessa, enuncia l'obiettivo essenziale di tale direttiva, cioè la protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti, che gli Stati membri devono rispettare nell'esecuzione degli obblighi più specifici loro imposti dagli artt. 5-11 della direttiva 75/442 in materia di programmazione, di sorveglianza e di controllo delle operazioni di smaltimento dei rifiuti (v. sentenze 12 maggio 1987, cause riunite 372/85-374/85, Traen e a.,Racc. pag. 2141, punto 9, e Comitato di coordinamento per la difesa della cava e a., sopramenzionata, punto 12).

65 Tuttavia, nell'ambito delle «misure necessarie» che dovevano essere adottate in forza dell'art. 4 della direttiva dagli Stati membri, questi potevano assoggettare gli operatori a requisiti che non sono previsti dalle altre disposizioni della direttiva, al fine di assicurare la realizzazione dell'obiettivo essenziale di quest'ultima (v., in tal senso, sentenza Traen e a., sopramenzionata, punto 13).

66 L'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442 modificata prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, in particolare, senza creare rischi per l'acqua, l'aria o il suolo, né per la fauna e la flora, senza causare inconvenienti da rumori od odori, e senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.

67 Anche se questa disposizione non precisa il contenuto concreto delle misure che devono essere adottate per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente, ciò non toglie che essa vincola gli Stati membri circa l'obiettivo da raggiungere, pur lasciando agli stessi un potere discrezionale nella valutazione della necessità di tali misure.

68 Non è quindi in via di principio possibile dedurre direttamente dalla mancata conformità di una situazione di fatto agli obiettivi fissati all'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442, modificata, che lo Stato membro interessato sia necessariamente venuto meno agli obblighi imposti da questa disposizione, cioè adottare le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente. Tuttavia, la persistenza di una tale situazione di fatto, in particolare quando comporta un degrado rilevante dell'ambiente per un periodo prolungato senza intervento delle autorità competenti, può rivelare che gli Stati membri hanno oltrepassato il potere discrezionale che questa disposizione conferisce loro.

69 Per quanto riguarda l'estensione territoriale dell'asserito inadempimento, il fatto che il ricorso della Commissione miri a far constatare che la Repubblica italiana è venuta meno all'obbligo di adottare le misure necessarie nella sola zona del vallone San Rocco non può incidere sull'eventuale accertamento di un inadempimento.

70 Infatti, le conseguenze del mancato rispetto dell'obbligo derivante dall'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442 modificata rischiano, per la natura stessa di tale obbligo, di mettere in pericolo la salute dell'uomo e di recare pregiudizio all'ambiente anche in una parte ridotta del territorio di uno Stato membro, come era del resto il caso nella causa che ha dato luogo alla sentenza 7 aprile 1992, Commissione/Grecia, sopramenzionata.

71 Di conseguenza, le obiezioni formulate al riguardo dal governo italiano devono essere respinte in quanto infondate.

Sulla prima censura

72 Nella prima censura la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che, in quanto la Repubblica italiana non ha adottato le misure necessarie per garantire uno smaltimento dei rifiuti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente, in particolare senza creare rischi per l'acqua, l'aria o il suolo, né per la fauna e la flora, senza causare inconvenienti da rumori od odori e senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tale Stato membro ha violato l'obbligo di risultato che ad esso impone l'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442 modificata. Tale censura sembra in sostanza limitata allo scarico dei rifiuti nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco.

73 Infatti, le autorità interessate avrebbero ammesso che materiali biologici e chimici provenienti dal 2_ Policlinico sono stati scaricati nel vallone San Rocco, in particolare nel corso d'acqua di questo vallone.

74 Il governo italiano sostiene che, ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. b), punto iv), della direttiva 75/442 modificata, «le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido», sono escluse dal campo d'applicazione di tale direttiva. Senza che alcuna obiezione relativa al campo d'applicazione della direttiva 75/442 o della direttiva 75/442 modificata sia stata sollevata nel corso della fase precontenziosa del procedimento, questo governo fa valere che la Commissione non ha presentato alcun elemento di prova che dimostri un inquinamento proveniente da scarichi sistematici di rifiuti diversi dalle acque di scarico.

75 Nel controricorso il governo italiano si limita a sostenere, come è stato ricordato al punto 54 della presente sentenza, che la Commissione avrebbe automaticamente dedotto da una situazione di fatto relativa allo stato dell'ambiente nel vallone San Rocco un inadempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva 75/442 modificata.

76 La Commissione replica che le informazioni che le sono state fornite dimostrano che il dissesto ambientale del vallone San Rocco non deriva unicamente da fenomeni di dissesto idrogeologico e da scarichi di acque reflue e che i materiali biologici e chimici che hanno inquinato tale vallone non possono essere equiparati ad acque di scarico.

77 La Commissione fa presente di non disporre di ispettori ai quali potrebbe far ricorso al fine di effettuare controlli sul posto e deve, in tale situazione, basare le propri indagini sulle informazioni che le sono fornite dalle autorità degli Stati membri.

78 In via preliminare occorre sottolineare che da una giurisprudenza costante risulta che, nell'ambito di un ricorso per inadempimento in forza dell'art. 169 del Trattato, spetta alla Commissione dimostrare l'esistenza dell'asserito inadempimento (v. sentenza 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1791, punto 6).

79 Occorre quindi esaminare se la Commissione abbia provato sufficientemente in diritto, da un lato, che rifiuti versati nel vallone San Rocco non erano unicamente costituiti da acque di scarico e, dall'altro, che la Repubblica italiana ha omesso di adottare le misure necessarie per garantire uno smaltimento di questi rifiuti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente.

80 Sul primo punto relativo allo scarico dei rifiuti, occorre innanzi tutto rilevare che i controlli sul posto effettuati dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri hanno confermato che le sostanze biologiche e chimiche versate nel corso d'acqua del vallone San Rocco presentavano effettivamente un pericolo per la salute dei rivieraschi e comportavano un danno per l'ambiente, fatti che il governo italiano non contesta.

81 Nella sua risposta in data 28 gennaio 1992 alla lettera di diffida della Commissione, il governo italiano non ha contestato il fatto che rifiuti biologici e chimici provenienti dal 2_ Policlinico sono stati versati nel vallone San Rocco.

82 Dal controllo sul posto ordinato dal Ministero dell'Ambiente ed effettuato dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri risulta che acque piovane nonché scarichi provenienti da ospedali, da una clinica e da altri insediamenti non identificabili a causa dell'estensione e dell'inaccessibilità della zona dell'alveo di San Rocco confluivano nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco.

83 Tale conclusione è corroborata da un'indagine condotta dal Comune di Napoli, richiamata nell'interrogazione parlamentare n. 4-24226 del 20 febbraio 1991, nel corso della quale è risultato che rifiuti biologici e chimici provenienti dal 2_ Policlinico sono stati versati nel vallone San Rocco.

84 Pertanto la Commissione ha fornito sufficienti elementi da cui risulta che rifiuti biologici e chimici sono stati versati nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco.

85 Inoltre occorre constatare che spetta innanzi tutto alle autorità nazionali competenti effettuare i controlli necessari sul posto, in uno spirito di cooperazione leale, conformemente al dovere di ogni Stato membro, derivante dall'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE), di facilitare l'adempimento del compito generale della Commissione, che deve vigilare sull'applicazione delle disposizioni del Trattato nonché di quelle adottate dalle istituzioni in forza di quest'ultimo.

86 Poiché queste verifiche sono state disposte dal Ministero per l'Ambiente, spetta quindi alla Repubblica italiana contestare in maniera sostanziale e dettagliata i dati presentati dalla Commissione e dimostrare che le condizioni previste all'art. 2, n. 1, lett. b), punto iv), della direttiva erano soddisfatte nella fattispecie, cioè che solo acque di scarico sono state versate nel vallone San Rocco.

87 Poiché il governo italiano non ha sottoposto alla Corte alcun elemento al riguardo, i fatti asseriti dalla Commissione circa lo scarico di rifiuti nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco devono essere considerati provati.

88 Per quanto riguarda il secondo punto relativo all'adozione di «misure necessarie», dal fascicolo risulta che la Commissione fin dal 15 novembre 1988 ha attirato l'attenzione delle autorità italiane sulla situazione ambientale del corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco.

89 Occorre anche ricordare che l'esistenza dell'asserito inadempimento dev'essere valutata alla scadenza del termine che la Commissione ha impartito alla Repubblica italiana per conformarsi al suo parere motivato, cioè il 5 settembre 1996.

90 Ora, non è contestato che questo Stato membro ha omesso di adottare, alla scadenza del termine che è stato ad esso impartito, le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti scaricati nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco siano eliminati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente.

91 Pertanto, in mancanza di elementi contrari presentati dal governo italiano, occorre constatare che la Commissione ha dimostrato sufficientemente in diritto che le autorità competenti hanno omesso di adottare, per un periodo prolungato, le misure necessarie per garantire lo smaltimento di questi rifiuti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare alcun pregiudizio all'ambiente.

92 Come è stato ricordato al punto 46 della presente sentenza, non spetta alla Corte pronunciarsi, nell'ambito del presente ricorso, sulla questione se, in forza delle misure che sono state successivamente notificate alla Commissione dalla Repubblica italiana, delle verifiche successive effettuate dalla Commissione o delle delibere della Giunta comunale del 10 marzo 1997, l'asserito inadempimento sia stato eliminato successivamente a tale termine.

93 Ne deriva che la prima censura della Commissione relativa alla violazione dell'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442 modificata deve essere accolta per quanto riguarda lo scarico di rifiuti nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco.

Sulla seconda censura

94 Nella sua seconda censura la Commissione ritiene che la Repubblica italiana abbia violato l'art. 6 della direttiva 75/442 modificata, in quanto le autorità competenti non avrebbero ottemperato agli obblighi di organizzazione, autorizzazione e controllo delle operazioni di smaltimento dei rifiuti nella zona di cui trattasi. Questo sarebbe confermato dallo stato di inquinamento in cui continuerebbe a trovarsi il vallone San Rocco, provocato dallo scarico di rifiuti nel corso d'acqua e dall'esistenza di una discarica abusiva.

95 La Commissione fa presente che la discarica abusiva ha continuato a ricevere rifiuti nonostante il provvedimento di sequestro adottato nel 1990, poiché dalla risposta del governo italiano al parere motivato risulta che, nel settembre 1996, tale discarica ha costituito oggetto di un nuovo provvedimento di sequestro. Da un lato, questo dimostrerebbe chiaramente l'inefficacia dei provvedimenti adottati. Dall'altro, questi provvedimenti di sequestro sarebbero insufficienti poiché, a causa dell'obbligo di risultato imposto dalla direttiva 75/442 modificata, la Repubblica italiana sarebbe tenuta non solo a sanzionare gli abusi, ma anche a ripristinare una situazione ambientale sana, conforme al diritto comunitario.

96 Il governo italiano sostiene che la seconda censura non è fondata. Innanzi tutto le disposizioni fatte valere contemplerebbero solo un obbligo di designazione delle autorità incaricate di compiti amministrativi in materia di gestione dei rifiuti. La Repubblica italiana avrebbe soddisfatto tale obbligo dando attuazione alla direttiva 75/442. Inoltre, il rispetto dell'asserito obbligo non potrebbe essere valutato sulla base di un solo caso di specie specifico. Infine, la Commissione, per dimostrare l'inadempimento, si baserebbe su circostanze che non possono essere sostenute da prove.

97 Dal momento che la Corte ha constatato che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dall'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442 modificata per quanto riguarda lo scarico dei rifiuti nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco, non è necessario statuire sulla questione se le autorità competenti siano anch'esse venute meno al loro obbligo di controllare le operazioni di smaltimento di questi rifiuti, derivante dall'art. 6 della direttiva 75/442 modificata, in quanto tale inadempimento è stato già constatato nell'ambito dell'esame della prima censura.

98 Per quanto riguarda la questione se le autorità competenti siano venute meno al loro obbligo di organizzazione e di autorizzazione delle operazioni di smaltimento dei rifiuti e se esse abbiano dato prova della diligenza e dell'efficacia necessaria per far cessare il deposito di rifiuti nel vallone San Rocco in una discarica abusiva, tale questione si collega in sostanza alla censura relativa alla violazione dell'art. 8 della direttiva 75/442 modificata, che sarà esaminata ai punti 105 e seguenti della presente sentenza.

99 Di conseguenza non occorre statuire sulla seconda censura relativa alla violazione dell'art. 6 della direttiva 75/442 modificata.

Sulla terza censura

100 Nella terza censura la Commissione ritiene che le autorità competenti non abbiano ottemperato all'obbligo di vigilanza delle imprese che provvedono al trasporto, alla raccolta, all'ammasso, al deposito o al trattamento dei propri rifiuti o di quelle che raccolgono o trasportano i rifiuti per conto di terzi, in violazione dell'art. 13 della direttiva 75/442 modificata.

101 Il governo italiano ritiene che questa censura sia infondata, in particolare perché l'art. 13 prevede una vigilanza per quanto riguarda i soggetti autorizzati ad effettuare le varie fasi di gestione dei rifiuti. Ora, la Commissione non avrebbe provato che la discarica abusiva fosse stata il risultato dell'azione di soggetti sottoposti a tale vigilanza.

102 A tale riguardo occorre ricordare che l'art. 13 della direttiva 75/442 modificata prevede che gli stabilimenti o le imprese che effettuano le operazioni previste agli artt. 9-12 di questa direttiva sono sottoposti ad adeguati controlli periodici da parte delle autorità competenti.

103 Nella replica la Commissione ammette di non essere «in grado di dimostrare specificamente se i soggetti privati che si sono serviti della discarica abusiva fossero soggetti sottoposti alla vigilanza prevista dalla norma in esame. Risulta comunque difficile credere che tali rifiuti non provengano, almeno in parte, da questi soggetti».

104 Pertanto, in mancanza di elementi da cui risulti che i rifiuti versati nella discarica abusiva provenivano da imprese sottoposte alla vigilanza dell'autorità competente di cui all'art. 6 della direttiva 75/442 modificata, occorre respingere la censura relativa alla violazione dell'art. 13 della direttiva 75/442 modificata.

Sulla quarta censura

105 Nella sua quarta censura la Commissione chiede alla Corte di constatare che la Repubblica italiana, non adottando le disposizioni necessarie affinché, trattandosi di una cava tufacea situata nella zona dell'alveo di San Rocco, utilizzata in passato come discarica abusiva, il concessionario della cava consegni i suoi rifiuti ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa di smaltimento, è venuta meno ai suoi obblighi in violazione dell'art. 8, primo trattino, della direttiva 75/442 modificata.

106 Benché sembri che la discarica abusiva abbia cessato di essere utilizzata, la Commissione fa presente che non risulta che le autorità italiane abbiano adottato le misure necessarie per obbligare il gestore della discarica abusiva a consegnare i rifiuti ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa di smaltimento. Di conseguenza, la Repubblica italiana non si sarebbe conformata agli obblighi derivanti dall'art. 8, primo trattino, della direttiva 75/442 modificata.

107 Il governo italiano fa valere che la quarta censura non è fondata. A suo parere, la circostanza che la cava sia stata utilizzata come discarica abusiva non dimostra che la Repubblica italiana abbia violato la norma di cui trattasi, ma solo che sono state violate le norme italiane in materia. Con il sequestro della discarica le autorità italiane avrebbero adottato le misure necessarie per far cessare l'abuso.

108 A tale riguardo, è sufficiente constatare che il gestore di una discarica abusiva diviene, nel ricevervi rifiuti, detentore di questi rifiuti. Pertanto, l'art. 8 della direttiva 75/442 modificata impone alla Repubblica italiana l'obbligo di adottare nei confronti di questo gestore le misure necessarie affinché questi rifiuti siano consegnati ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa di smaltimento, salvo che tale gestore provveda egli stesso al loro recupero o smaltimento.

109 Pertanto, limitandosi ad ordinare il sequestro della discarica abusiva e ad avviare un procedimento penale contro il gestore di tale discarica, la Repubblica italiana non ha soddisfatto l'obbligo specifico che ad essa impone l'art. 8 della direttiva 75/442 modificata.

110 La quarta censura della Commissione, relativa alla violazione dell'art. 8, primo trattino, della direttiva 75/442 modificata, deve pertanto essere accolta.

111 Di conseguenza, occorre constatare che la Repubblica italiana, non avendo adottato le misure necessarie per assicurare che i rifiuti scaricati nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco fossero eliminati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente e non avendo adottato le misure necessarie affinché i rifiuti raccolti in una discarica abusiva fossero consegnati ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa di smaltimento, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 4, primo comma, e 8, primo trattino, della direttiva 75/442 modificata.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

112 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana alle spese e, poiché quest'ultima è rimasta sostanzialmente soccombente, va condannata alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) Non avendo adottato le misure necessarie per assicurare che i rifiuti scaricati nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco fossero eliminati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente e non avendo adottato le misure necessarie affinché i rifiuti raccolti in una discarica abusiva fossero consegnati ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa di smaltimento, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 4, primo comma, e 8, primo trattino, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE.

2) Il ricorso è respinto per il resto.

3) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

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