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Document 61997CJ0276
Judgment of the Court of 12 September 2000. # Commission of the European Communities v French Republic. # Failure to fulfil obligations - Article 4(5) of the Sixth VAT Directive - Access to roads on payment of a toll - Failure to levy VAT - Regulations (EEC, Euratom) Nos 1552/89 and 1553/89 - Own resources accruing from VAT. # Case C-276/97.
Sentenza della Corte del 12 settembre 2000.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese.
Inadempimento - Art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA - Messa a disposizione di strade contro pagamento di un pedaggio - Non assoggettamento all'IVA - Regolamenti (CEE, Euratom) nn. 1552/89 e 1553/89 - Risorse proprie provenienti dall'IVA.
Causa C-276/97.
Sentenza della Corte del 12 settembre 2000.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese.
Inadempimento - Art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA - Messa a disposizione di strade contro pagamento di un pedaggio - Non assoggettamento all'IVA - Regolamenti (CEE, Euratom) nn. 1552/89 e 1553/89 - Risorse proprie provenienti dall'IVA.
Causa C-276/97.
Raccolta della Giurisprudenza 2000 I-06251
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2000:424
Sentenza della Corte del 12 settembre 2000. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese. - Inadempimento - Art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA - Messa a disposizione di strade contro pagamento di un pedaggio - Non assoggettamento all'IVA - Regolamenti (CEE, Euratom) nn. 1552/89 e 1553/89 - Risorse proprie provenienti dall'IVA. - Causa C-276/97.
raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-06251
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
1. Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto - Prestazioni di servizi a titolo oneroso - Nozione - Messa a disposizione di infrastrutture stradali contro pagamento di un pedaggio - Inclusione
(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, art. 2, punto 1)
2. Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto - Soggetti passivi - Enti di diritto pubblico - Non assoggettamento all'imposta per le attività esercitate da enti pubblici in quanto pubbliche autorità - Nozione
(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 4, n. 5)
3. Risorse proprie delle Comunità europee - Risorse provenienti dall'imposta sul valore aggiunto - Regime di riscossione - Rettifica dell'estratto annuale - Termine di prescrizione - Avvio da parte della Commissione di un procedimento per inadempimento diretto al versamento a posteriori di dette risorse - Applicazione per analogia - Giustificazione in base a considerazioni di certezza del diritto
[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 1553/89, art. 9, n. 2]
1. La messa a disposizione di un'infrastruttura stradale contro pagamento di un pedaggio costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ai sensi dell'art. 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari. L'uso dell'infrastruttura stradale, infatti, è subordinato al pagamento di un pedaggio il cui importo dipende, in particolare, dalla categoria del veicolo e dalla distanza percorsa. Esiste, quindi, una relazione diretta e necessaria tra il servizio prestato e il corrispettivo pecuniario ricevuto.
( v. punti 35-36 )
2. Perché vi sia applicazione della regola del non assoggettamento degli enti di diritto pubblico all'imposta sul valore aggiunto per attività od operazioni che essi esercitano in quanto pubbliche autorità, prevista dall'art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l'esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l'esercizio di attività in veste di pubblica autorità. Per quanto riguarda quest'ultima condizione, le attività esercitate in quanto pubbliche autorità sono quelle svolte dagli enti di diritto pubblico nell'ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in base allo stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati.
( v. punti 39-40 )
3. Anche se non è previsto un termine di prescrizione relativo al recupero dell'imposta sul valore aggiunto né dalla sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari né dalla normativa relativa alle risorse proprie delle Comunità, la fondamentale esigenza di certezza del diritto può ostare tuttavia a che la Commissione, nell'ambito di un procedimento per inadempimento diretto al versamento a posteriori di risorse proprie, possa ritardare indefinitamente la decisione di avviare la fase contenziosa del procedimento. A questo proposito, sebbene l'art. 9, n. 2, del regolamento n. 1553/89, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto, non riguardi le situazioni in cui sia stato avviato un procedimento per inadempimento ai sensi dell'art. 169 del Trattato (divenuto art. 226 CE), tale disposizione attesta nondimeno esigenze di certezza del diritto nel settore del bilancio in quanto esclude qualsivoglia rettifica all'estratto annuale una volta trascorsi quattro esercizi di bilancio. Si deve riconoscere che le stesse considerazioni di certezza del diritto giustificano un'applicazione analogica della regola enunciata nella detta disposizione quando la Commissione decide di avviare un procedimento per inadempimento al fine di ottenere il versamento a posteriori di risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto.
( v. punti 63-64, 67-68 )
Nella causa C-276/97,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla signora H. Michard e dal signor E. Traversa, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor C. Gómez de la Cruz, membro dello stesso servizio, Centre Wagner, Kirchberg,
ricorrente,
contro
Repubblica francese, rappresentata dalla signora K. Rispal-Bellanger, vicedirettore presso la direzione «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, e dal signor G. Mignot, segretario agli affari esteri presso la medesima direzione, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata di Francia, 8 B, boulevard Joseph II,
convenuta,
avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che:
- non assoggettando all'imposta sul valore aggiunto i pedaggi autostradali quale corrispettivo del servizio prestato agli utenti, contrariamente agli artt. 2 e 4 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), e
- non mettendo a disposizione della Commissione, a titolo di risorse proprie, gli importi corrispondenti, con gli interessi di mora,
la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del Trattato CE,
LA CORTE,
composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de Almeida (relatore), L. Sevón e R. Schintgen, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.-P. Puissochet, P. Jann, H. Ragnemalm, V. Skouris e dalla signora F. Macken, giudici,
avvocato generale: signor S. Alber
cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau e signor H.A. Rühl, amministratori principali
vista la relazione d'udienza,
sentite le difese orali delle parti all'udienza del 23 novembre 1999, nella quale la Commissione era rappresentata dalla signora H. Michard e la Repubblica francese dalla signora K. Rispal-Bellanger e dal signor S. Seam, segretario agli affari esteri presso la direzione «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 27 gennaio 2000,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 30 luglio 1997, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), un ricorso diretto a far dichiarare che:
- non assoggettando all'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») i pedaggi autostradali quale corrispettivo del servizio prestato agli utenti, contrariamente agli artt. 2 e 4 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), e
- non mettendo a disposizione della Commissione, a titolo di risorse proprie, gli importi corrispondenti, maggiorati degli interessi di mora,
la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del Trattato CE.
Contesto normativo
2 Ai sensi dell'art. 2 della sesta direttiva:
«Sono soggette all'imposta sul valore aggiunto:
1. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;
2. le importazioni di beni».
3 Ai sensi dell'art. 4, nn. 1, 2 e 5, della sesta direttiva:
«1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.
(...)
5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.
Se però tali enti pubblici esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'allegato D quando esse non sono trascurabili.
Gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma degli articoli 13 o 28».
4 E' pacifico che l'attività consistente nel mettere a disposizione un'infrastruttura stradale contro il pagamento di un pedaggio non rientra in nessuna delle operazioni menzionate nell'allegato D della sesta direttiva.
5 Il regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1553, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto (GU L 155, pag. 9), che ha sostituito, con effetto dal 1° gennaio 1989, il regolamento (CEE, Euratom, CECA) del Consiglio 19 dicembre 1977, n. 2892, per l'applicazione alle risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto della decisione del 21 aprile 1970 relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie della Comunità (GU L 336, pag. 8), modificato da ultimo dal regolamento (CECA, CEE, Euratom) del Consiglio 20 dicembre 1985, n. 3735 (GU L 356, pag. 1), dispone nell'art. 1:
«Le risorse IVA provengono dall'applicazione dell'aliquota uniforme, fissata conformemente alla decisione 88/376/CEE, Euratom, alla base determinata conformemente al presente regolamento».
6 Ai sensi dell'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1553/89:
«La base delle risorse IVA è determinata prendendo in considerazione le operazioni imponibili di cui all'articolo 2 della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, modificata da ultimo dalla direttiva 84/386/CEE, ad esclusione delle operazioni esentate a norma degli articoli da 13 a 16 di detta direttiva».
7 Il regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 155, pag. 1), applicabile a partire dal 1° gennaio 1989, che ha abrogato il regolamento (CEE, Euratom, CECA) del Consiglio 19 dicembre 1977, n. 2891, recante applicazione della decisione del 21 aprile 1970 relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità (GU L 336, pag. 1), modificato da ultimo dal regolamento (CECA, CEE, Euratom) del Consiglio 30 giugno 1988, n. 1990 (GU L 176, pag. 1), così recita nell'art. 9, n. 1:
«Secondo le modalità definite dall'articolo 10, le risorse proprie vengono accreditate da ogni Stato membro sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione presso il Tesoro o l'organismo da esso designato».
8 A tenore dell'art. 11 del regolamento n. 1552/89:
«Ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all'articolo 9, paragrafo 1, dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di un interesse il cui tasso è pari al tasso di interesse applicato il giorno della scadenza sul mercato monetario dello Stato membro interessato per i finanziamenti a breve termine, maggiorato di 2 punti. Tale tasso è aumentato di 0,25 punti per ogni mese di ritardo. Il tasso così aumentato è applicabile a tutto il periodo del ritardo».
Procedimento precontenzioso
Sul procedimento relativo alla sesta direttiva
9 Con lettera 26 aprile 1984 la Commissione invitava le autorità francesi a presentare le loro osservazioni sul regime IVA applicato ai concessionari di autostrade in Francia.
10 Con risposta 5 luglio 1984 le autorità francesi facevano valere che i concessionari sono collettori d'imposta, in quanto effettuano un servizio di riscossione di tasse, ossia i pedaggi, dagli utenti a favore dello Stato, e che sono soggetti ad imposizione, in qualità di soggetti passivi, unicamente sulla remunerazione che costituisce il corrispettivo del servizio reso allo Stato.
11 Con lettera di diffida 12 marzo 1986 la Commissione, a norma dell'art. 169 del Trattato, invitava il governo francese a presentare entro due mesi le sue osservazioni riguardo alla tesi da essa sostenuta, secondo la quale l'attività dei concessionari di autostrade sarebbe una prestazione di servizi resa agli utenti e non allo Stato, e il mancato assoggettamento di tale attività all'IVA avrebbe l'effetto di snaturare il sistema di tale imposta.
12 Con lettera 22 maggio 1986 le autorità francesi comunicavano alla Commissione la conferma del loro punto di vista. Sottolineavano, in particolare, che l'importo dei pedaggi non era determinato in funzione dei servizi resi all'utente e pertanto non presentava il carattere di un canone.
13 Il 28 aprile 1988 la Commissione inviava alla Repubblica francese una lettera di diffida supplementare, precisando le sue censure alla luce delle informazioni fornite da tale Stato membro. Secondo la Commissione non era sufficiente che i concessionari fossero assoggettati ad IVA in quanto collettori d'imposta; tale imposta doveva invece essere riscossa sulla totalità dei pedaggi.
14 Nella lettera di risposta 17 febbraio 1989 le autorità francesi ricordavano che, a loro parere, il pedaggio ha natura di prelievo fiscale e che l'IVA deve essere riscossa unicamente sulla remunerazione che costituisce il corrispettivo del servizio reso allo Stato dai concessionari.
15 Ritenendo non convincenti le spiegazioni fornite dalle autorità francesi, il 28 agosto 1989 la Commissione indirizzava al governo francese un parere motivato nel quale concludeva che la Repubblica francese non rispettava gli obblighi derivanti dalla sesta direttiva. Di conseguenza, invitava tale Stato membro ad adottare entro due mesi le misure necessarie per conformarsi ai suddetti obblighi.
Sul procedimento relativo al sistema delle risorse proprie
16 Con lettera 20 dicembre 1985 la Commissione faceva notare al governo francese che l'infrazione della sesta direttiva derivante dal mancato assoggettamento all'IVA dell'integralità dei pedaggi autostradali determinava una ingiustificata riduzione delle risorse proprie delle Comunità. Gli chiedeva di calcolare gli importi che non sarebbero stati versati per gli esercizi 1981-1984 e di versarli al bilancio comunitario, maggiorati degli interessi moratori a partire dal 31 marzo 1986.
17 Poiché il 27 febbraio 1986 le autorità francesi comunicavano che non avrebbero dato corso alla richiesta della Commissione, quest'ultima, con lettera di diffida 28 gennaio 1988, conformemente al procedimento di cui all'art. 169 del Trattato, invitava il governo francese a presentarle entro due mesi le sue osservazioni sull'asserito inadempimento.
18 Con lettera 19 settembre 1988 il governo francese rispondeva che l'assoggettamento all'IVA dell'integralità dei pedaggi avrebbe avuto conseguenze negative sulle risorse proprie delle Comunità, a causa delle detrazioni che in tal caso sarebbero state effettuate dagli stessi concessionari e dagli utenti dell'autostrada soggetti all'IVA.
19 Con lettera 17 gennaio 1989 la Commissione estendeva la richiesta di pagamento agli esercizi 1985-1987, con gli interessi di mora a partire dal 1° maggio 1989, nonché agli esercizi successivi fino all'eliminazione dell'infrazione.
20 Nel parere motivato 28 agosto 1989, citato nel punto 15 della presente sentenza, il quale riguardava sia l'infrazione della sesta direttiva sia le ripercussioni di detta infrazione sul versamento delle risorse proprie delle Comunità, la Commissione concludeva che la Repubblica francese non rispettava nemmeno gli obblighi derivanti dai regolamenti nn. 2892/77 e 2891/77, come modificati. Di conseguenza, invitava tale Stato membro ad adottare entro due mesi le misure necessarie per conformarsi ai suddetti obblighi.
21 In risposta al parere motivato, la Repubblica francese, con lettera 29 novembre 1989, negava nuovamente di aver violato la sesta direttiva e trasmetteva alla Commissione alcuni dati, con allegate spiegazioni, destinati a consentire a quest'ultima di valutare l'IVA versata dai concessionari di autostrade nel sistema vigente e quella che sarebbe risultata dal regime raccomandato dalla Commissione.
22 Avendo giudicato tale risposta insoddisfacente per quanto riguarda sia l'asserita infrazione della sesta direttiva, sia le ripercussioni di detta infrazione sul versamento delle risorse proprie delle Comunità, la Commissione ha proposto il ricorso in esame.
Nel merito
23 Con il suo ricorso la Commissione censura la Repubblica francese, da un lato, per non aver rispettato le disposizioni della sesta direttiva, non assoggettando all'IVA i pedaggi riscossi come corrispettivo dell'uso delle autostrade, e, dall'altro, per avere violato la disciplina relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, non versando al bilancio comunitario le risorse proprie provenienti dall'IVA (in prosieguo: le «risorse proprie IVA») relative alle somme che avrebbero dovuto essere riscosse a titolo di IVA sui detti pedaggi.
Sulla prima censura
24 Secondo la Commissione, la messa a disposizione di infrastrutture stradali contro il pagamento di un pedaggio da parte dell'utente costituisce un'attività economica ai sensi degli artt. 2 e 4 della sesta direttiva. Detta attività dovrebbe essere considerata come una prestazione di servizi effettuata da un soggetto passivo nell'ambito dello sfruttamento di un bene per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva.
25 Il fatto che tale attività sia esercitata, come avviene in Francia, in base a un regime particolare di concessioni attribuite dallo Stato a enti pubblici, parastatali o privati non comporterebbe, secondo la Commissione, l'esclusione delle operazioni in questione dal campo di applicazione della sesta direttiva.
26 A tale riguardo la Commissione sottolinea che, in conformità all'art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, gli enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi unicamente per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità. Ora, tale non sarebbe il caso dell'attività controversa, la quale non rientrerebbe tra le responsabilità tipiche del potere pubblico, che non possono essere in alcun caso delegate ad enti privati, mentre la regola del non assoggettamento degli enti di diritto pubblico dovrebbe essere necessariamente interpretata restrittivamente.
27 Peraltro, l'eccezione di cui alla disposizione menzionata nel punto precedente potrebbe, in ogni caso, essere invocata soltanto nell'ipotesi in cui l'attività controversa sia esercitata da un ente di diritto pubblico.
28 Infine, la Commissione osserva che, anche supponendo che sussistano tutte le condizioni per l'applicabilità dell'art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, il secondo comma di tale disposizione obbliga comunque gli Stati membri a garantire l'assoggettamento degli enti di diritto pubblico quando il loro mancato assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Orbene, tale sarebbe il caso nella fattispecie.
29 Si deve rilevare innanzi tutto che la sesta direttiva attribuisce un'amplissima sfera d'applicazione all'IVA, elencando nell'art. 2, che concerne le operazioni imponibili, oltre alle importazioni di beni, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all'interno del paese e definendo, nell'art. 4, n. 1, come soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente un'attività economica, a prescindere dagli scopi o dai risultati di questa attività (sentenza 26 marzo 1987, causa 235/85, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1471, punto 6).
30 La nozione di attività economiche è definita nell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva come comprendente tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporta lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.
31 L'analisi di queste definizioni mette in rilievo l'ampiezza della sfera d'applicazione della nozione di attività economiche e il suo carattere obiettivo, nel senso che l'attività viene considerata di per sé, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati (sentenza Commissione/Paesi Bassi, citata, punto 8).
32 Data l'ampiezza della sfera d'applicazione della nozione di attività economiche, si deve rilevare che in Francia i concessionari di autostrade, in quanto mettono a disposizione degli utenti un'infrastruttura stradale contro remunerazione, esercitano un'attività economica ai sensi della sesta direttiva.
33 Dato il carattere obiettivo della nozione di attività economiche, il fatto che l'attività cui si riferisce il punto precedente consista nell'esercizio di funzioni attribuite e disciplinate dalla legge, per uno scopo di interesse generale, è irrilevante. La sesta direttiva, infatti, prevede espressamente nell'art. 6 l'assoggettamento al regime dell'IVA di determinate attività esercitate a norma di legge (sentenza Commissione/Paesi Bassi, citata, punto 10).
34 Occorre inoltre osservare che, secondo la giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenze 8 marzo 1988, causa 102/86, Apple and Pear Development Council, Racc. pag. 1443, punto 12, e 16 ottobre 1997, causa C-258/95, Fillibeck, Racc. pag. I-5577, punto 12), la nozione di prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ai sensi dell'art. 2, punto 1, della sesta direttiva presuppone l'esistenza di un nesso diretto fra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto.
35 Orbene, come ha rilevato giustamente la Commissione, la messa a disposizione di un'infrastruttura stradale contro il pagamento di un pedaggio risponde a tale definizione. L'uso dell'infrastruttura stradale, infatti, è subordinato al pagamento di un pedaggio il cui importo dipende, in particolare, dalla categoria del veicolo e dalla distanza percorsa. Esiste, quindi, una relazione diretta e necessaria tra il servizio prestato e il corrispettivo pecuniario ricevuto.
36 Alla luce di quanto sopra, la messa a disposizione di un'infrastruttura stradale contro il pagamento di un pedaggio costituisce una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ai sensi dell'art. 2, punto 1, della sesta direttiva.
37 Si deve pertanto verificare se, come sostiene il governo francese, gli operatori di cui trattasi fruiscano, per quanto riguarda l'attività consistente nel mettere a disposizione un'infrastruttura stradale contro il pagamento di un pedaggio, dell'esenzione di cui all'art. 4, n. 5, della sesta direttiva.
38 Tale disposizione stabilisce, nel primo comma, che gli enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità.
39 La Corte ha più volte ricordato che l'analisi di questa norma, alla luce degli obiettivi della direttiva, mette in evidenza che per l'applicazione dell'esenzione devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l'esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l'esercizio di attività in veste di pubblica autorità (v., in particolare, sentenza 25 luglio 1991, causa C-202/90, Ayuntamiento de Sevilla, Racc. pag. I-4247, punto 18).
40 Per quanto riguarda quest'ultima condizione, risulta da una consolidata giurisprudenza della Corte (sentenze 17 ottobre 1989, cause riunite 231/87 e 129/88, Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Fiorenzuola d'Arda e a./Comune di Carpaneto Piacentino e a., Racc. pag. 3233, punto 16; 15 maggio 1990, causa C-4/89, Comune di Carpaneto Piacentino e a./Ufficio provinciale imposta sul valore aggiunto di Piacenza, Racc. pag. I-1869, punto 8, e 6 febbraio 1997, causa C-247/95, Marktgemeinde Welden, Racc. pag. I-779, punto 17) che le attività esercitate in quanto pubbliche autorità, ai sensi dell'art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, sono quelle svolte dagli enti di diritto pubblico nell'ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in base allo stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati.
41 Conformemente a tale giurisprudenza, va respinta la tesi della Commissione, esposta nel punto 26 della presente sentenza, secondo la quale un ente agisce «in quanto pubblica autorità» soltanto per le attività che rientrano nella nozione di autorità pubbliche nel senso stretto del termine, delle quali non farebbe parte l'attività consistente nel mettere a disposizione un'infrastruttura stradale contro pagamento di un pedaggio.
42 La Commissione, il cui ragionamento giuridico non è dunque stato accolto dalla Corte, non ha provato, nè ha tentato di provare, che nella fattispecie gli operatori di cui trattasi agiscano in base allo stesso regime di un operatore economico privato ai sensi della giurisprudenza della Corte. Per contro, la Repubblica francese si è adoperata per dimostrare che l'attività considerata veniva esercitata dai detti operatori nell'ambito del regime giuridico loro proprio ai sensi della medesima giurisprudenza.
43 Di conseguenza, è giocoforza constatare che la Commissione non è stata in grado di fornire alla Corte gli elementi che le permettessero di assodare l'esistenza dell'asserito inadempimento per quanto attiene alla condizione relativa all'esercizio di un'attività in veste di pubblica autorità.
44 Tuttavia, com'è stato pure ricordato nel punto 39 della presente sentenza, il principio del mancato assoggettamento di cui all'art. 4, n. 5, della sesta direttiva presuppone, oltre al fatto che l'attività considerata sia esercitata in veste di pubblica autorità, l'esercizio di tale attività da parte di un ente di diritto pubblico.
45 A tale proposito la Corte ha statuito che un'attività svolta da un privato non è esente dall'IVA per il solo fatto di consistere nel compimento di atti che rientrano nelle prerogative della pubblica autorità (sentenze citate Commissione/Paesi Bassi, punto 21, e Ayuntamiento de Sevilla, punto 19). La Corte ne ha dedotto, nel punto 20 della citata sentenza Ayuntamiento de Sevilla, che, allorché un ente locale delega ad un terzo indipendente l'attività di esazione tributaria, l'esenzione prevista dall'art. 4, n. 5, della sesta direttiva non trova applicazione. Allo stesso modo la Corte ha affermato, nel punto 22 della citata sentenza Commissione/Paesi Bassi, che, anche se si dovesse ritenere che, nello svolgimento delle loro funzioni pubbliche, i notai e gli ufficiali giudiziari nei Paesi Bassi esercitino prerogative della pubblica autorità in forza di una investitura pubblica, essi non potrebbero tuttavia fruire dell'esenzione contemplata dall'art. 4, n. 5, della sesta direttiva dal momento che svolgono le relative attività non già in veste di ente di diritto pubblico, poiché non fanno parte della struttura della pubblica amministrazione, bensì in forma di attività economica indipendente, esercitata nell'ambito di una libera professione.
46 Ora, nella fattispecie, è pacifico che in Francia l'attività consistente nel mettere a disposizione degli utenti un'infrastruttura stradale contro il pagamento di un pedaggio è esercitata, per lo meno in certi casi, non già da un ente di diritto pubblico, bensì da operatori privati. In casi del genere l'esenzione di cui all'art. 4, n. 5, della sesta direttiva non può trovare applicazione.
47 Per quanto riguarda l'affermazione della Commissione secondo la quale, anche se nel caso di specie fossero soddisfatte tutte le condizioni di cui all'art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, il mancato assoggettamento all'IVA dell'attività di cui trattasi provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza ai sensi del secondo comma della medesima disposizione, si deve rilevare che la Commissione non ha mai formulato nei confronti della Repubblica francese, durante la fase precontenziosa, una siffatta censura, e che, pertanto, quest'ultima è irricevibile.
48 Di conseguenza, va respinta la prima censura della Commissione nella parte in cui concerne l'ipotesi nella quale l'attività consistente nel mettere a disposizione degli utenti di un'infrastruttura stradale venga esercitata in Francia da un ente di diritto pubblico.
49 Alla luce di quanto sopra, si deve dichiarare che, non assoggettando all'IVA i pedaggi autostradali riscossi quale corrispettivo del servizio prestato agli utenti quando tale servizio non è fornito da un ente pubblico ai sensi dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 2 e 4 della medesima direttiva.
Sulla seconda censura
50 La Commissione rammenta che la normativa comunitaria relativa alla riscossione delle risorse proprie IVA figura nel regolamento n. 1553/89, che ha sostituito, con effetto dal 1° gennaio 1989, il regolamento n. 2892/77, come modificato.
51 A tale proposito essa sottolinea che, quando un soggetto passivo effettua un'operazione compresa negli artt. 2 e 4 della sesta direttiva, l'IVA è dovuta dal consumatore finale di tale cessione o di tale prestazione di servizi e che, correlativamente, le disposizioni relative al versamento delle risorse proprie IVA si applicano nei confronti dello Stato membro all'interno del quale è stata riscossa l'IVA.
52 A suo avviso, quando sussiste un'infrazione della sesta direttiva e, di conseguenza, quando la base imponibile delle risorse proprie IVA è ridotta, dev'esserle accreditato l'importo delle risorse proprie relativo all'imposta che avrebbe dovuto essere prelevata, altrimenti essa subirebbe un pregiudizio finanziario che dovrebbe essere compensato mediante il contributo basato sul prodotto interno lordo. Questa infrazione provocherebbe dunque un pregiudizio finanziario agli altri Stati membri e, pertanto, violerebbe il principio di uguaglianza.
53 Per quanto riguarda il pagamento degli interessi moratori, la Commissione ricorda che, secondo la Corte, gli interessi moratori previsti dall'art. 11 del regolamento n. 1552/89 sono dovuti per «ogni ritardo» e sono esigibili quale che sia la ragione per la quale l'iscrizione sul conto della Commissione è stata fatta in ritardo (v., ad esempio, sentenza 22 febbraio 1989, causa 54/87, Commissione/Italia, Racc. pag. 385, punto 12).
54 La Commissione fa notare di aver concesso al governo francese il tempo necessario per porre fine all'infrazione e di aver attirato la sua attenzione sul fatto che, a partire dal 31 marzo 1986, sarebbero stati dovuti interessi moratori per gli importi delle risorse proprie IVA non versati dalla Repubblica francese a causa della mancata applicazione dell'IVA ai pedaggi autostradali.
55 Occorre rammentare che, a norma dell'art. 1 del regolamento n. 1553/89, le risorse proprie IVA provengono dall'applicazione di un'aliquota uniforme alla base determinata conformemente al medesimo regolamento e che, ai sensi dell'art. 2, n. 1, del detto regolamento, la suddetta base è determinata prendendo in considerazione le operazioni imponibili di cui all'art. 2 della sesta direttiva.
56 Ora, nella misura in cui i pedaggi percepiti come corrispettivo dell'uso di determinate infrastrutture stradali in Francia non sono stati assoggettati all'IVA, non si è tenuto conto degli importi corrispondenti al fine di determinare la base delle risorse proprie IVA, cosicché la Repubblica francese ha parimenti violato, nella stessa misura, la normativa relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità.
57 Peraltro, gli interessi di mora richiesti dalla Commissione trovano il proprio fondamento nell'art. 11 del regolamento n. 1552/89. Com'è stato ricordato giustamente dalla Commissione, gli interessi moratori sono esigibili qualunque sia la ragione per cui l'iscrizione è stata effettuata con ritardo (v., in particolare, la sentenza Commissione/Italia, citata, punto 12).
58 Il governo francese obietta, però, che l'art. 9 del regolamento n. 1553/89 e l'art. 11 del regolamento n. 1552/89 consentirebbero alla Commissione di esigere versamenti supplementari e interessi di mora soltanto qualora l'infrazione della normativa comunitaria avesse come conseguenza una riduzione della base imponibile delle risorse proprie IVA. Ora, tale non sarebbe il caso nella fattispecie.
59 Il governo francese precisa, a tale riguardo, che, nel regime vigente, l'IVA relativa alla remunerazione delle società autostradali rappresenta per il Tesoro un'imposta netta, poiché lo Stato non è considerato soggetto passivo per tale attività. Allo stesso modo, l'IVA fatturata dalle imprese costruttrici per la realizzazione di un'autostrada non è deducibile, mentre lo diventerebbe nel regime proposto dalla Commissione. Infine, l'IVA riscossa sui pedaggi costituirebbe un'entrata definitivamente acquisita dallo Stato soltanto per la parte dei pedaggi versati dagli utenti che non sono debitori d'imposta.
60 Di conseguenza, secondo il governo francese, la tesi sostenuta dalla Commissione condurrebbe in realtà ad una diminuzione della base delle risorse proprie IVA e la seconda censura dovrebbe pertanto essere respinta.
61 A tale riguardo è sufficiente osservare che, pur se, com'è stato ammesso dalla Commissione in sede di udienza, la valutazione delle conseguenze finanziarie della corretta applicazione della sesta direttiva deve essere effettuata al momento dell'esecuzione della presente sentenza, tali conseguenze non possono comunque rimettere in discussione quanto accertato nel punto 56 della presente sentenza, ossia che la Repubblica francese, per quanto riguarda i pedaggi percepiti come corrispettivo dell'uso di determinate infrastrutture stradali, non ha rispettato la normativa relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità.
62 Occorre domandarsi, tuttavia, se la circostanza che siano trascorsi più di sette anni tra la notificazione del parere motivato e la proposizione del ricorso in esame non incida sull'estensione dell'obbligo della Repubblica francese di versare a posteriori, se del caso, importi in forza della normativa relativa alle risorse proprie delle Comunità.
63 Infatti, anche se non è previsto un termine di prescrizione relativo al recupero dell'IVA né nella sesta direttiva (sentenza 19 novembre 1998, causa C-85/97, SFI, Racc. pag. I-7447, punto 25), né nella normativa relativa alle risorse proprie delle Comunità, la fondamentale esigenza di certezza del diritto può ostare a che la Commissione, nell'ambito di un procedimento per inadempimento diretto al versamento a posteriori di risorse proprie, possa ritardare indefinitamente la decisione di avviare la fase contenziosa del procedimento (v., mutatis mutandis, sentenza 14 luglio 1972, causa 57/69, ACNA/Commissione, Racc. pag. 933, punto 32).
64 A tale proposito va ricordato che, conformemente all'art. 7, n. 1, del regolamento n. 1553/89, gli Stati membri devono trasmettere alla Commissione un estratto in cui si indica l'ammontare totale della base delle risorse proprie IVA, relativa all'anno civile precedente ed alla quale viene applicata l'aliquota uniforme prevista dall'art. 1 del medesimo regolamento, al fine della determinazione delle risorse proprie IVA.
65 Ai sensi dell'art. 9, n. 1, del regolamento n. 1553/89, le rettifiche da apportare, per qualunque motivo, agli estratti di cui all'art. 7, n. 1, e concernenti gli esercizi precedenti sono effettuate soltanto previo accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato. In mancanza di accordo dello Stato membro e dopo un nuovo esame, la Commissione adotta le misure che giudica necessarie per la corretta applicazione di tale regolamento.
66 L'art. 9, n. 2, del medesimo regolamento recita:
«Dopo il 31 luglio del quarto anno che segue un dato esercizio, l'estratto annuale di cui all'articolo 7, paragrafo 1, non è più rettificato, tranne che per i punti notificati prima di questa scadenza, dalla Commissione o dallo Stato membro interessato».
67 Tale disposizione, che non riguarda certo le situazioni in cui sia stato avviato un procedimento per inadempimento ai sensi dell'art. 169 del Trattato, attesta nondimeno esigenze di certezza del diritto nel settore del bilancio in quanto esclude qualsivoglia rettifica una volta trascorsi quattro esercizi di bilancio.
68 Si deve riconoscere che le stesse considerazioni di certezza del diritto giustificano un'applicazione analogica della regola enunciata nella detta disposizione quando la Commissione decide di avviare un procedimento per inadempimento al fine di ottenere il versamento a posteriori di risorse proprie IVA.
69 Di conseguenza, la Commissione, che ha deciso di proporre il ricorso in esame soltanto il 30 luglio 1997, ha diritto di esigere il versamento a posteriori delle risorse proprie IVA, maggiorate degli interessi di mora, solo a partire dall'esercizio di bilancio 1993.
70 Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che, non mettendo a disposizione della Commissione, a titolo di risorse proprie IVA, gli importi corrispondenti all'IVA che avrebbe dovuto essere prelevata sui pedaggi autostradali, maggiorati degli interessi di mora, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dei regolamenti nn. 1553/89 e 1552/89.
Sulle spese
71 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica francese, che è risultata soccombente, quest'ultima va condannata alle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE
dichiara e statuisce:
1) Non assoggettando all'imposta sul valore aggiunto i pedaggi autostradali percepiti quale corrispettivo del servizio prestato agli utenti quando tale servizio non è fornito da un ente di diritto pubblico ai sensi dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, e non mettendo a disposizione della Commissione delle Comunità europee, a titolo di risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto, gli importi corrispondenti all'imposta che avrebbe dovuto essere prelevata sui detti pedaggi, maggiorati degli interessi di mora, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 2 e 4 della detta direttiva e dei regolamenti (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1553, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto, e n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità.
2) La Repubblica francese è condannata alle spese.