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Document 61997CJ0217

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 9 settembre 1999.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania.
Inadempimento di uno Stato - Direttiva 90/313/CEE - Libertà di accesso alle informazioni in materia di ambiente - Nozione di autorità pubbliche - Esclusione dei giudici nonché delle autorità con potere repressivo e disciplinare - Comunicazione parziale di informazioni - Esclusione del diritto all'informazione durante un procedimento amministrativo - Importo e modalità di riscossione dei diritti.
Causa C-217/97.

Raccolta della Giurisprudenza 1999 I-05087

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1999:395

61997J0217

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 9 settembre 1999. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania. - Inadempimento di uno Stato - Direttiva 90/313/CEE - Libertà di accesso alle informazioni in materia di ambiente - Nozione di autorità pubbliche - Esclusione dei giudici nonché delle autorità con potere repressivo e disciplinare - Comunicazione parziale di informazioni - Esclusione del diritto all'informazione durante un procedimento amministrativo - Importo e modalità di riscossione dei diritti. - Causa C-217/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-05087


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Ricorso per inadempimento - Prova dell'inadempimento - Onere che incombe alla Commissione - Presunzioni - Inammissibilità

[Trattato CE, art. 169 (divenuto art. 226 CE)]

2 Ambiente - Libertà di accesso all'informazione - Direttiva 90/313 - Deroga prevista all'art. 3, n. 2, terzo trattino - Portata - «Azione investigativa preliminare» - Nozione - Procedimento amministrativo destinato a preparare un provvedimento amministrativo - Presupposto

(Direttiva del Consiglio 90/313/CEE, art. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino)

3 Atti delle istituzioni - Direttive - Attuazione da parte degli Stati membri - Trasposizione di una direttiva senza atti legislativi - Presupposti - Esistenza di un contesto giuridico generale che assicuri la piena applicazione della direttiva

[Trattato CE, art. 189, terzo comma (divenuto art. 249, terzo comma, CE)]

4 Ambiente - Libertà di accesso all'informazione - Direttiva 90/313 - Obbligo di comunicazione parziale di informazioni - Attuazione - Semplice menzione di una comunicazione parziale in allegato ad una disciplina recante fissazione di diritti - Insufficienza

(Direttiva del Consiglio 90/313, art. 3, n. 2, secondo comma)

5 Ambiente - Libertà di accesso all'informazione - Direttiva 90/313 - Comunicazione di informazioni dietro pagamento di un diritto - «Importo ragionevole» - Nozione

(Direttiva del Consiglio 90/313, art. 5)

Massima


1 Nell'ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell'art. 169 del Trattato (divenuto art. 226 CE), spetta alla Commissione provare l'asserita inadempienza, senza potersi basare su alcuna presunzione.

2 La nozione di «azione investigativa preliminare» di cui all'art. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, della direttiva 90/313, che prevede una deroga al regime generale di accesso all'informazione in materia di ambiente riguardante le questioni che formano oggetto di procedimenti giudiziari, di inchieste o di istruttorie preliminari, dev'essere interpretata nel senso che essa ricomprende un procedimento amministrativo, come quello previsto dalla legge tedesca di trasposizione della direttiva, meramente preparatorio di un provvedimento amministrativo, solo nell'ipotesi in cui esso preceda immediatamente un procedimento contenzioso o quasi contenzioso e nasca dall'esigenza di acquisire prove o di istruire un procedimento prima che si apra la fase processuale vera e propria.

3 La trasposizione di una direttiva nell'ordinamento interno non esige necessariamente una riproduzione formale e letterale delle sue disposizioni in una norma di legge espressa e specifica; essa può trovare realizzazione in una situazione giuridica generale, purché quest'ultima garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in maniera sufficientemente chiara e precisa. E' tuttavia necessario che i beneficiari siano messi in grado di conoscere la pienezza dei loro diritti e, se del caso, di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali.

4 Se è vero che l'art. 3, n. 2, primo comma, della direttiva 90/313, relativa alla libertà d'accesso all'informazione in materia di ambiente, concede agli Stati membri la facoltà di negare l'accoglimento di una domanda di informazioni in casi tassativamente enumerati, il secondo comma di tale disposizione impone tuttavia loro l'obbligo di comunicare quelle informazioni dalle quali è possibile estrapolare le menzioni che possono essere coperte dalla riservatezza o dal segreto, ponendo pertanto a carico degli Stati membri un obbligo di risultato preciso e disciplinando direttamente la situazione giuridica dei singoli che beneficiano così del diritto di ottenere comunicazione delle informazioni alle condizioni enunciate in quest'ultimo comma.

Una normativa nazionale che si limiti a menzionare la comunicazione parziale d'informazioni, ai fini della riscossione di determinati diritti, in un allegato della disciplina nazionale recante fissazione dei diritti esigibili in materia di comunicazione e d'informazione sull'ambiente, la quale, per di più, si applica solo alle autorità federali, non costituisce uno strumento adeguato per attuare in modo preciso l'obbligo di comunicazione parziale d'informazioni di cui all'art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva.

5 La nozione di «importo ragionevole» ai sensi dell'art. 5 della direttiva 90/313, che dà facoltà agli Stati membri di subordinare la comunicazione d'informazioni relative all'ambiente al pagamento di un diritto senza che tuttavia quest'ultimo possa eccedere un importo ragionevole, dev'essere intesa nel senso che non autorizza uno Stato membro a ripercuotere su chi ha presentato una domanda d'informazioni l'insieme delle spese, specie indirette, effettivamente cagionate alle pubbliche finanze da una ricerca di informazioni. Inoltre, un diritto riscosso in caso di rigetto della domanda di informazioni non può essere qualificato come ragionevole, dato che, in siffatta ipotesi, non è effettivamente avvenuta alcuna comunicazione dell'informazione ai sensi del detto articolo.

Parti


Nella causa C-217/97,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Götz zur Hausen, consigliere giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata dal signor Ernst Röder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, in qualità di agente, assistito dall'avv. Dieter Sellner, del foro di Bonn, D - 53115 Bonn,

convenuta,

" avente ad oggetto il ricorso inteso a far dichiarare che la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono a norma della direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente (GU L 158, pag. 56), e in particolare dei suoi artt. 2, lett. b), 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, e secondo comma, e 5,

LA CORTE

(Sesta Sezione),

composta dai signori P.J.G. Kapteyn, presidente di sezione, G. Hirsch e R. Schintgen (relatore), giudici,

avvocato generale: N. Fennelly

cancelliere: L. Hewlett, amministratore

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 3 dicembre 1998,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 28 gennaio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato in cancelleria il 9 giugno 1997, la Commissione delle Comunità europee ha proposto alla Corte, a norma dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), un ricorso diretto far constatare che la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono a norma della direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente (GU L 158, pag. 56; in prosieguo: la «direttiva»), e in particolare dei suoi artt. 2, lett. b), 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, e secondo comma, e 5.

La direttiva

2 Dal tenore del suo art. 1, la direttiva «ha lo scopo di garantire la libertà di accesso alle informazioni relative all'ambiente in possesso delle autorità pubbliche e la diffusione delle medesime, nonché di stabilire i termini e le condizioni fondamentali in base ai quali siffatte informazioni debbono essere rese disponibili».

3 L'art. 2 della direttiva dispone:

«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

a) "informazioni relative all'ambiente", qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora o contenuta nelle basi di dati in merito allo stato delle acque, dell'aria, del suolo, della fauna, della flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché alle attività (incluse quelle nocive, come il rumore) o misure che incidono negativamente o possono incidere negativamente sugli stessi, nonché alle attività o misure destinate a tutelarli, ivi compresi misure amministrative e programmi di gestione dell'ambiente;

b) "autorità pubbliche", qualsiasi amministrazione pubblica che abbia responsabilità a livello nazionale, regionale o locale e che sia in possesso di informazioni relative all'ambiente, tranne gli organismi che esercitano competenze giudiziarie o legislative».

4 A tenore dell'art. 3 della direttiva:

«1. Fatte salve le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a che le autorità pubbliche siano tenute a rendere disponibili le informazioni relative all'ambiente a qualsiasi persona fisica o giuridica che ne faccia richiesta, senza che questa debba dimostrare il proprio interesse.

Gli Stati membri definiscono le modalità pratiche secondo le quali dette informazioni sono rese effettivamente disponibili.

2. Gli Stati membri possono disporre che una richiesta di informazioni di tal genere sia respinta ove riguardi:

- la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche, le relazioni internazionali e la difesa nazionale;

- la sicurezza pubblica;

- questioni che sono in discussione, sotto inchiesta (ivi comprese le inchieste disciplinari) o oggetto di un'azione investigativa preliminare, o che lo siano state;

- la riservatezza commerciale ed industriale, ivi compresa la proprietà intellettuale;

- la riservatezza dei dati e/o schedari personali;

- il materiale fornito da terzi senza che questi siano giuridicamente tenuti a fornirlo;

- il materiale che, se divulgato, potrebbe rendere più probabile un danno all'ambiente cui esso si riferisce.

Le informazioni in possesso delle autorità pubbliche formano oggetto di comunicazione parziale quando è possibile estrapolare le informazioni relative a dati riguardanti gli interessi di cui sopra.

(...)».

5 L'art. 5 della direttiva è così formulato:

«Gli Stati membri possono fornire le informazioni a titolo oneroso, tuttavia entro limiti di costi ragionevoli».

6 In applicazione dell'art. 9, n. 1, della direttiva, gli Stati membri dovevano porre in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992 e informarne immediatamente la Commissione.

La legge tedesca

7 La direttiva è stata trasposta nel diritto tedesco con l'Umweltinformationsgesetz (legge sull'informazione relativa all'ambiente; BGBl. I, 1994, pag. 1490; in prosieguo: l'«UIG»), adottato l'8 luglio 1994 ed entrato in vigore il 16 luglio 1994.

8 Conformemente al suo art. 1, l'UIG è inteso ad assicurare il libero accesso alle informazioni in materia di ambiente disponibili presso le autorità pubbliche nonché la loro diffusione e a stabilire le condizioni fondamentali alle quali tali informazioni devono essere rese accessibili.

9 L'art. 3, n. 1, punto 3 dell'UIG esclude dal concetto di «autorità pubblica» «i giudici, le autorità con potere repressivo e disciplinare».

10 L'art. 4, n. 1, dell'UIG prevede che «chiunque ha diritto di accedere liberamente alle informazioni in materia di ambiente disponibili presso un'amministrazione o presso un privato (...) L'amministrazione può fornire informazioni su richiesta, concedere l'accesso agli atti o mettere a disposizione altrimenti supporti d'informazione».

11 L'esercizio di tale diritto di accesso all'informazione sull'ambiente è soggetto a talune limitazioni enunciate negli artt. 7 e 8 dell'UIG.

12 L'art. 7, n. 1, punto 2, dell'UIG dispone, in particolare, che il diritto all'informazione non sussiste per la «durata di un procedimento giudiziario, di un'inchiesta penale o di un procedimento amministrativo per quanto riguarda i dati che pervengono alle autorità pubbliche in ragione del procedimento(...)».

13 L'art. 10, n. 1, dell'UIG (l'Umweltinformationsgebührenverordnung - regolamento sui diritti esigibili in materia di comunicazione di informazioni relative all'ambiente; in prosieguo: la «Verordnung») e il Gebührenverzeichnis (tabella dei diritti) ad essa allegato prevedono la riscossione di diritti e di spese per coprire i costi prevedibili per gli atti amministrativi effettuati ai sensi della detta legge. La Verordnung autorizza inoltre la riscossione di diritti in caso di rigetto della domanda di accesso all'informazione in materia di ambiente.

La fase precontenziosa del procedimento

14 Ritenendo talune disposizioni dell'UIG e della Verordnung non conformi alla direttiva, la Commissione ha intrapreso nei confronti della Repubblica federale di Germania il procedimento di inadempimento previsto dall'art. 169 del Trattato.

15 Con lettera 14 marzo 1995 la Commissione ha intimato al governo tedesco di presentare, entro due mesi, le sue osservazioni circa l'eventuale incompatibilità della normativa federale con gli artt. 2, lett. b), 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, e secondo comma, e 5 della direttiva.

16 Con lettera 2 ottobre 1995 il governo tedesco ha risposto alla detta lettera contestando l'inadempimento ascrittogli dalla Commissione.

17 Il 26 settembre 1996 la Commissione ha indirizzato al governo tedesco un parere motivato invitandolo a conformarsi entro un termine di due mesi a partire dalla sua notifica.

18 Poiché il governo tedesco non ha risposto a tale parere motivato, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

Sul ricorso della Commissione

19 A sostegno del suo ricorso la Commissione invoca quattro motivi che deducono rispettivamente, la non corretta trasposizione dell'art. 2, lett. b), della direttiva, a) causa della generale esclusione dei giudici nonché delle autorità con potere repressivo e disciplinare dall'ambito di applicazione dell'UIG, la non corretta trasposizione dell'art. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, della direttiva a causa dell'esclusione del diritto all'informazione durante un «procedimento amministrativo», la mancata trasposizione dell'art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva in quanto l'UIG non contiene disposizioni relative alla comunicazione parziale di informazioni e, infine, la non corretta trasposizione dell'art. 5 della direttiva in quanto la normativa tedesca, da un lato, consente la riscossione di un diritto anche nell'ipotesi di rigetto di una domanda di informazione e, d'altro lato, non prevede di limitare il diritto a un importo ragionevole.

Sul motivo che deduce la non corretta trasposizione dell'art. 2, lett. b), della direttiva

20 Secondo la Commissione, l'UIG non è conforme all'art. 2, lett. b), della direttiva in quanto tale legge sottrae per principio all'obbligo di concedere l'accesso all'informazione in materia di ambiente i giudici nonché le autorità con potere repressivo e disciplinare, non solo nell'esercizio delle loro competenze giudiziarie, ma anche nell'esercizio delle loro attività amministrative. Orbene, secondo la Commissione, un giudice o un'autorità con potere repressivo può disporre di informazioni in materia di ambiente, in particolare di statistiche, che non sono necessariamente ottenute nel contesto delle sue attività giudiziarie.

21 Il governo tedesco sostiene, per contro, di aver correttamente trasposto l'art. 2, lett. b), della direttiva mediante l'art. 3, n. 1, punto 3, dell'UIG, dato che in Germania i giudici e le autorità con potere repressivo e disciplinare non possono avere responsabilità in materia ambientale se non nel contesto delle loro attività giudiziarie. Orbene, conformemente alla direttiva, le informazioni raccolte nel corso di tali attività non sarebbero di natura tale da essere trasmesse al pubblico.

22 Al fine di statuire sulla fondatezza di tale motivo, si deve ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, nell'ambito di un procedimento per trasgressione ai sensi dell'art. 169 del Trattato, spetta alla Commissione provare l'asserita inadempienza, senza potersi basare su alcuna presunzione (v., in particolare, sentenza 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1791, punto 6).

23 Orbene, nella specie, come rilevato dall'avvocato generale nel paragrafo 7 delle sue conclusioni, la Commissione non ha dimostrato che in Germania autorità che di norma esercitano poteri giudiziari e che, in quanto tali, non sono in linea di principio contemplate dalla direttiva, possono anche avere responsabilità in materia ambientale o essere in possesso di informazioni relative all'ambiente ai sensi dell'art. 2, lett. b), della direttiva, qualora agiscano al di fuori delle loro funzioni propriamente giudiziarie, o ancora che siffatte autorità dispongano di informazioni che per loro natura non rientrerebbero nell'eccezione prevista dall'art. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, della direttiva.

24 Poiché la Commissione non può basarsi sulla presunzione che in Germania tutti i giudici e tutti gli altri enti che di norma esercitano poteri giudiziari debbano essere considerati autorità pubbliche ai sensi della direttiva e poiché non ha dimostrato in modo circostanziato che tali autorità dispongano di informazioni in materia ambientale ottenute al di fuori del contesto delle loro attività giudiziarie e rientranti a tal titolo nel campo di applicazione della direttiva, il primo motivo dedotto dalla Commissione deve essere respinto.

Sul motivo che deduce la non corretta trasposizione dell'art. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, della direttiva

25 La Commissione sostiene che l'esclusione dall'accesso all'informazione per la durata del «procedimento amministrativo» sancito dall'art. 7, n. 1, punto 2, dell'UIG eccede la portata della deroga contemplata dall'art. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, della direttiva, che riguarderebbe soltanto «l'azione investigativa preliminare».

26 Il governo tedesco replica che in Germania la nozione di «azione investigativa preliminare» contempla tutti i procedimenti amministrativi che si situano nella fase che precede un procedimento giurisdizionale e la cui conclusione è idonea a essere materia di controllo giurisdizionale dinanzi ad un giudice amministrativo.

27 A questo proposito è sufficiente ricordare che nella sentenza 17 giugno 1998, causa C-321/96, Mecklenburg (Racc. pag. I-3809), la Corte ha dichiarato che la nozione di «azione investigativa preliminare» di cui all'art. 3, n. 2, terzo trattino, della direttiva dev'essere interpretata nel senso che è comprensiva di un procedimento amministrativo come quello di cui all'art. 7, n. 1, punto 2, dell'UIG, meramente preparatorio di un provvedimento amministrativo, solo nell'ipotesi in cui esso preceda immediatamente un procedimento contenzioso o quasi contenzioso e nasca dall'esigenza di acquisire prove o di istruire un procedimento prima che si apra la fase processuale vera e propria.

28 Ne consegue che, come del resto riconosciuta nel corso dell'udienza dal governo tedesco, l'esclusione pura e semplice del «procedimento amministrativo» contemplata dall'UIG eccede la deroga sancita dall'art. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, della direttiva di modo che tale motivo della Commissione è fondato.

Sul motivo che deduce la mancata trasposizione dell'art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva

29 La Commissione sostiene che la Repubblica federale di Germania non ha trasposto l'art. 3, n. 2, secondo trattino, della direttiva in quanto l'UIG non contiene alcuna disposizione intesa a dare attuazione all'obbligo di comunicazione parziale di informazioni, quando è possibile stralciare da tali informazioni le menzioni idonee a giustificare un rifiuto di comunicazione da parte degli Stati membri. A suo avviso, la direttiva conferisce ai singoli dei diritti e soltanto un'espressa disposizione a questo riguardo contenuta nella legge di trasposizione della direttiva è in grado di garantire la forza vincolante, la precisione e la chiarezza richieste per soddisfare il requisito della certezza del diritto.

30 Il governo tedesco replica che la possibilità di una comunicazione parziale di informazioni risulta in modo sufficiente dal combinato disposto degli artt. 4, 7 e 8 dell'UIG nonché dalla prassi seguita dalle competenti autorità nazionali come pure dalla giurisprudenza del Bundesverwaltungsgericht, di modo che non si rendeva necessario prevedere nell'UIG un'espressa disposizione a tal fine.

31 Si deve a questo proposito ricordare che la Corte ha invero ritenuto che la trasposizione di una direttiva non esige necessariamente una riproduzione formale e letterale delle sue disposizioni in una norma di legge espressa e specifica, e che essa può trovare realizzazione in una situazione giuridica generale, purché quest'ultima garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in maniera sufficientemente chiara e precisa (v., in particolare, sentenze 23 maggio 1985, causa 29/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 1661, punto 23, e 8 luglio 1987, causa 247/85, Commissione/Belgio, Racc. pag. 3029, punto 9).

32 Conformemente alla giurisprudenza, è tuttavia necessario che la situazione giuridica sia sufficientemente precisa e chiara affinché i beneficiari siano messi in grado di conoscere la pienezza dei loro diritti e, se del caso, di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (sentenza Commissione/Germania, già citata, punto 23).

33 Se è vero che l'art. 3, n. 2, della direttiva concede agli Stati membri la facoltà di negare l'accoglimento di una domanda di informazioni in casi tassativamente enumerati, il secondo comma di tale disposizione impone tuttavia loro l'obbligo di comunicare quelle informazioni dalle quali è possibile stralciare le menzioni che possono essere coperte dalla riservatezza o dal segreto. Quest'ultima disposizione pone, pertanto, a carico degli Stati membri un obbligo di risultato preciso e disciplina direttamente la situazione giuridica dei singoli che beneficiano così del diritto di ottenere comunicazione delle informazioni nelle condizioni enunciate nell'art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva.

34 Come rilevato dall'avvocato generale nei punti 13 e 14 delle sue conclusioni, si deve constatare che in Germania l'obbligo di comunicazione parziale di informazioni relative all'ambiente non è garantito in modo sufficientemente chiaro e preciso da assicurare la certezza del diritto e porre chi può presentare una domanda di informazione in grado di conoscere la pienezza dei suoi diritti.

35 Infatti, in assenza di qualsiasi esplicita disposizione in materia di comunicazione parziale nell'UIG, da un lato, la persona fisica o giuridica che presenta una domanda di informazione può non essere resa consapevole del fatto che l'esistenza dei motivi di rifiuto enunciati all'art. 3, n. 2, del primo comma della direttiva non è di ostacolo ad una comunicazione parziale e, dall'altro, le autorità pubbliche alle quali la detta domanda è rivolta potrebbero essere dissuase dal darvi seguito.

36 E' vero che nella controreplica il governo tedesco ha sostenuto che l'obbligo di comunicazione parziale di informazioni sancito dall'art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva era stata trasposto dal punto 3.3 della Gebührenverzeichnis il quale prevede la riscossione di un diritto, il cui importo può variare da 2 000 a 10 000 DM «(...) qualora numerose menzioni debbano essere stralciate dai documenti da comunicare, per la tutela di interessi pubblici o privati».

37 Anche supponendo che la disposizione così invocata costituisca una corretta trasposizione della direttiva per quanto riguarda, in particolare, la riscossione di diritti motivata dalla necessità di tutelare la riservatezza o il segreto, materia su cui la Corte non può statuire nel contesto del presente ricorso in mancanza di censure a tal riguardo sollevate dalla Commissione, è giocoforza constatare che questa disposizione non è, comunque, idonea a dare una chiara attuazione all'obbligo di cui all'art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva. Infatti, il semplice fatto che la comunicazione parziale di informazioni sia menzionata, ai fini della riscossione di taluni diritti, in un allegato alla normativa nazionale avente ad oggetto la fissazione dei diritti esigibili per la comunicazione di informazioni in materia ambientale, che, per di più, si applica solo alle autorità federali, non costituisce uno strumento adeguato per porre colui che richiede informazioni in grado di conoscere la pienezza dei suoi diritti e, se del caso, di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali.

38 Ciò considerato, anche questo motivo della Commissione va accolto.

Sul motivo che deduce la non corretta trasposizione dell'art. 5 della direttiva

39 Secondo la Commissione, la normativa tedesca è incompatibile con l'art. 5 della direttiva, per il motivo che, da un lato, non limita ad un importo ragionevole il diritto percepito in occasione della comunicazione di informazioni in materia di ambiente e, d'altro lato, autorizza la riscossione di un diritto anche in caso di rigetto di una domanda di informazioni.

40 Con la prima parte di tale motivo, la Commissione critica il fatto che l'art. 10, n. 1, dell'UIG consente alle pubbliche autorità tedesche di riscuotere diritti e spese che coprono i «costi prevedibili» di una ricerca e inoltre che, secondo la Verordnung e il Gebührenverzeichnis, l'importo dei diritti dipende dal volume del lavoro che l'amministrazione deve espletare nel contesto della ricerca di informazioni.

41 Nel suo ricorso la Commissione sostiene a questo proposito che gli atti amministrativi legati a domande di informazione in materia di ambiente non debbono tutte dar luogo alla riscossione di un diritto e che solo in casi eccezionali, allorché la ricerca, la raccolta, la valutazione e la selezione delle informazioni non accessibili richiedono molto tempo, può essere percepito un diritto ragionevole. La normativa tedesca sui diritti, basata sul principio della copertura dei costi prevedibili, non risponderebbe alla condizione secondo la quale il diritto da pagare non deve essere proibitivo poiché le aliquote dei diritti figuranti nel Gubührenverzeichnis verrebbero fissate a un livello tale da produrre l'effetto di escludere l'accesso all'informazione. La Commissione ne deduce che la normativa tedesca non applica il principio in virtù del quale i diritti non devono eccedere un importo ragionevole. L'obbligo di riscuotere diritti che coprono i costi sarebbe pertanto in contraddizione con la prescrizione di un importo ragionevole degli stessi, ai sensi dell'art. 5 della direttiva, quantomeno in quei casi in cui la ricerca delle informazioni richieda molto tempo.

42 Nella replica la Commissione aggiunge che il principio secondo cui i diritti non devono eccedere un importo ragionevole non è enunciato nelle disposizioni dell'UIG e della Verordnung. Il principio della copertura dei costi sancito da queste ultime avrebbe la conseguenza di implicare la riscossione, caso per caso, di diritti talmente elevati da bloccare l'accesso all'informazione con diretta violazione dell'obiettivo della direttiva. Infatti, la libertà di accesso del pubblico all'informazione in materia di ambiente non esisterebbe più se il cittadino, per motivi di costi, dovesse rinunciare a presentare una domanda a tal fine. La Commissione riconosce che l'art. 5 della direttiva non esclude diritti il cui importo varia in funzione delle circostanze. Il legislatore comunitario avrebbe soltanto voluto garantire a chi beneficia delle informazioni che esiste un rapporto equilibrato tra il servizio reso dall'amministrazione e il diritto pagato, che in nessun caso dovrebbe risultare proibitivo. La Commissione considera tuttavia che, se le dette disposizioni si applicassero senza restrizioni, com'è stato espressamente previsto, il principio della copertura dei costi potrebbe, in taluni casi, portare a diritti di ammontare proibitivo.

43 Il governo tedesco replica, in sostanza, che la normativa controversa fa certamente dipendere l'importo dei diritti dagli oneri sostenuti dalle amministrazioni in termini di costo del lavoro e tempo dedicatovi, ma che l'importo di tale diritto deve essere ragionevole rispetto al valore che l'informazione ha per il beneficiario e che, per ragioni di equità, le autorità dispongono della facoltà di ridurre l'importo del diritto ovvero di rinunciare del tutto alla sua riscossione. Si dovrebbe graduare il livello dei diritti per tener debitamente conto della grande varietà di situazioni che possono in pratica presentarsi. Ciò considerato, la normativa tedesca trasporrebbe correttamente l'art. 5 della direttiva.

44 Al fine di statuire sulla fondatezza della tesi sostenuta dalla Commissione nel contesto di questa prima parte del presente motivo, si deve dapprima ricordare che, come risulta dalla sua stessa formulazione, l'art. 5 della direttiva conferisce agli Stati membri la facoltà di subordinare la comunicazione di informazioni in materia di ambiente al pagamento di un diritto. Ne consegue che la tesi della Commissione secondo la quale la riscossione di un siffatto diritto sarebbe giustificata solo in casi eccezionali non può essere accolta.

45 Tuttavia, conformemente a questa stessa disposizione, il detto diritto non deve eccedere un importo ragionevole.

46 In mancanza di indicazioni nella direttiva stessa, la portata di tale nozione di «importo ragionevole» deve essere determinata alla luce dell'obiettivo della detta direttiva.

47 Orbene, come rilevato dall'avvocato generale nel paragrafo 23 delle sue conclusioni, lo scopo della direttiva è quello di conferire un diritto ai singoli assicurando loro la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente e di far avere le informazioni effettivamente disponibili a chiunque, persona fisica o giuridica, ne faccia la domanda, senza dover far valere un interesse per giustificarla. Si deve, pertanto, escludere qualsiasi interpretazione della nozione di «importo ragionevole», ai sensi dell'art. 5 della direttiva, che possa produrre un effetto dissuasivo sulle persone che intendono ottenere informazioni o limitare il diritto delle medesime di accedervi.

48 Ne consegue che la nozione di importo ragionevole, ai sensi dell'art. 5 della direttiva, deve essere intesa nel senso che non autorizza uno Stato membro a ripercuotere su chi ha presentato una domanda di informazioni l'insieme delle spese, specie indirette, effettivamente causate alle pubbliche finanze da una ricerca di informazioni.

49 Per quanto riguarda, più particolarmente, la normativa tedesca, si deve ricordare che la Verordnung, al paragrafo 1, prevede che le azioni amministrative delle autorità federali effettuate in applicazione dell'UIG danno luogo alla riscossione di diritti conformemente al Gebührenverzeichnis allegato alla Verordnung. Il paragrafo 2 di quest'ultimo dispone che le autorità competenti hanno la facoltà di ridurre l'importo dei diritti specie quando ragioni di equità lo esigano e le informazioni fornite non abbiano valore economico.

50 Il Gebührenverzeichnis distingue tre ipotesi. In primo luogo, le comunicazioni di informazioni orali o scritte dette «semplici» sono gratuite. In secondo luogo, la comunicazione scritta di informazioni dettagliate dà luogo alla riscossione di un diritto collocantesi tra i 50 e i 1 000 DM. In terzo luogo, la messa a disposizione di documenti e di altri supporti di informazione comporta il pagamento di un diritto che si colloca tra i 20 e i 10 000 DM, in ragione della complessità dell'operazione di cui trattasi. Per quanto riguarda quest'ultima ipotesi, il Gebührenverzichnis opera una distinzione tra tre casi ipotetici: in primo luogo, nei casi detti «semplici» la forbice dei diritti va da 20 a 200 DM; quindi, qualora la raccolta di una voluminosa documentazione richieda l'adozione di misure importanti, il diritto è compreso tra i 200 e i 2 000 DM; infine, il diritto varia da 2 000 a 10 000 DM in casi isolati che implicano misure eccezionalmente onerose al fine di costituire il fascicolo, specie nel caso in cui numerose menzioni debbano essere stralciate dai documenti da comunicare per la tutela di interessi pubblici o privati.

51 Inoltre, il governo federale ha preteso, nel corso dell'udienza, che, secondo la giurisprudenza del Bundesverfassungsgericht e del Bundesverwaltungsgericht, qualsiasi diritto percepito in Germania in occasione di un atto amministrativo deve rispettare il principio di proporzionalità ed essere appropriato all'oggetto del servizio reso.

52 Orbene, in considerazione sia dell'argomentazione dedotta dalla Commissione a sostegno del suo motivo che del contenuto della normativa tedesca, è giocoforza constatare che nella specie la Commissione non ha dimostrato che la detta normativa non è conforme all'obiettivo contemplato all'art. 5 della direttiva, cioè quello di garantire che il diritto percepito in occasione della comunicazione di un'informazione in materia di ambiente non ecceda un importo ragionevole.

53 Poiché il motivo della Commissione censura unicamente la non corretta trasposizione, nell'ordinamento giuridico tedesco, dell'art. 5 della direttiva, lo stesso non verte pertanto sulla questione se l'applicazione concreta della normativa di cui trattasi comporti in pratica la riscossione di diritti che eccedono un importo ragionevole ai sensi del detto art. 5.

54 Ciò considerato, la prima parte del motivo della Commissione va disatteso.

55 Per quanto riguarda la seconda parte del motivo, che deduce la non corretta trasposizione dell'art. 5 della direttiva, la Commissione sostiene che tale disposizione osta alla riscossione del diritto in caso di rigetto della domanda di accesso all'informazione in materia di ambiente. Infatti, in caso di risposta negativa, non esisterebbe alcuna «comunicazione dell'informazione» in materia di ambiente ai sensi della direttiva. Anche la pretesa del pagamento di un diritto in caso di risposta negativa prevista dalla Verordnung si collocherebbe manifestamente in contrasto con l'obiettivo fondamentale della direttiva, che autorizza una restrizione della libertà di accesso all'informazione solo in base ai criteri e nei casi da essa espressamente definiti.

56 Il governo tedesco, per contro, assume che l'art. 130 S del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 175 CE), che costituisce la base giuridica della direttiva, non autorizza il Consiglio a prescrivere agli Stati membri regole sui diritti amministrativi. Ne conseguirebbe che l'art. 5 della direttiva dovrebbe essere inteso come limitantesi a ostacolare la riscossione di diritti di importo irragionevole che frappongono ostacoli all'effettivo accesso all'informazione in materia di ambiente, senza poter pertanto vietare alle autorità pubbliche la riscossione di un diritto in caso di rigetto della domanda di informazioni. Un divieto siffatto non deriverebbe neppure dalla nozione di «comunicazione» di informazioni. Ad ogni modo, in caso di rigetto della domanda, le autorità pubbliche tedesche potrebbero, qualora l'equità lo imponga, ridurre il diritto fino a un quarto dell'importo previsto e anche rinunciare totalmente alla sua riscossione.

57 Si deve a questo proposito rilevare, da un lato, che l'art. 5 della direttiva autorizza gli Stati membri a percepire un diritto per la «comunicazione» di un'informazione e non già in ragione dell'espletamento di operazioni amministrative nel contesto di una domanda di informazione.

58 Si deve, d'altro lato, constatare che l'obiettivo della direttiva, che è quello di garantire il libero accesso all'informazione in materia di ambiente e di evitare qualsiasi restrizione a tale libertà di accesso, ha l'effetto di escludere qualsiasi interpretazione idonea a dissuadere chi vuole ottenere informazioni dal farne domanda.

59 Inoltre, un diritto percepito in caso di rigetto della domanda di informazioni non potrebbe essere qualificato ragionevole, dato che, in una siffatta ipotesi, non è effettivamente avvenuta alcuna comunicazione dell'informazione ai sensi dell'art. 5 della direttiva.

60 Di conseguenza, la seconda parte del motivo della Commissione va accolta.

61 Tenuto conto dell'insieme delle considerazioni che precedono, si deve constatare che:

- non autorizzando l'accesso alle informazioni nel corso della durata di un procedimento amministrativo nella misura in cui le pubbliche autorità vengano in possesso di informazioni nel contesto di tale procedimento,

- non prevedendo nell'UIG disposizioni secondo le quali le informazioni in materia di ambiente devono costituire oggetto di una comunicazione parziale nella misura in cui sia possibile stralciare le menzioni che attengono agli interessi contemplati nell'art. 3, n. 2, della direttiva, e

- non limitando il pagamento di un diritto ai soli casi in cui una comunicazione di informazioni sia effettivamente intervenuta,

la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi incombentile a norma degli artt. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, e secondo comma, e 5 della direttiva.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

62 A norma dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne viene fatta richiesta. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica federale di Germania e poiché questa è rimasta essenzialmente soccombente, si deve condannarla alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Non autorizzando l'accesso alle informazioni nel corso della durata di un procedimento amministrativo nella misura in cui le pubbliche autorità vengano in possesso di informazioni nel contesto di tale procedimento,

- non prevedendo nell'Umweltinformationsgesetz disposizioni secondo le quali le informazioni in materia di ambiente devono costituire l'oggetto di una comunicazione parziale, nella misura in cui sia possibile stralciare le menzioni attinenti agli interessi contemplati nell'art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente, e

- non limitando il pagamento di un diritto ai soli casi in cui una comunicazione di informazioni sia effettivamente intervenuta,

la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi incombentile a norma degli artt. 3, n. 2, primo comma, terzo trattino, e secondo comma, e 5 della direttiva 90/313.

2) Per il resto il ricorso è respinto.

3) La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.

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