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Document 61996CJ0246

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) dell'11 dicembre 1997.
    Mary Teresa Magorrian e Irene Patricia Cunningham contro Eastern Health and Social Services Board e Department of Health and Social Services.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Office of the Industrial Tribunal and the Fair Employment Tribunal, Belfast - Regno Unito.
    Parità delle retribuzioni fra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Art. 119 del Trattato CE - Protocollo n. 2 allegato al Trattato sull'Unione europea - Regimi professionali di previdenza sociale - Esclusione dei lavoratori a tempo parziale da un inquadramento che dà diritto a determinate prestazioni complementari in relazione alla pensione di vecchiaia - Data a decorrere dalla quale devono essere calcolate le dette prestazioni - Termini processuali nazionali.
    Causa C-246/96.

    Raccolta della Giurisprudenza 1997 I-07153

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1997:605

    61996J0246

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) dell'11 dicembre 1997. - Mary Teresa Magorrian e Irene Patricia Cunningham contro Eastern Health and Social Services Board e Department of Health and Social Services. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Office of the Industrial Tribunal and the Fair Employment Tribunal, Belfast - Regno Unito. - Parità delle retribuzioni fra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Art. 119 del Trattato CE - Protocollo n. 2 allegato al Trattato sull'Unione europea - Regimi professionali di previdenza sociale - Esclusione dei lavoratori a tempo parziale da un inquadramento che dà diritto a determinate prestazioni complementari in relazione alla pensione di vecchiaia - Data a decorrere dalla quale devono essere calcolate le dette prestazioni - Termini processuali nazionali. - Causa C-246/96.

    raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-07153


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    1 Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Parità di retribuzione - Art. 119 del Trattato - Applicabilità al diritto all'iscrizione ad un regime pensionistico professionale - Accertamento nella sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84 - Limitazione degli effetti nel tempo - Insussistenza - Lavoratore a tempo parziale che è stato vittima di una discriminazione relativa all'accesso ad un regime professionale specifico che dà diritto a prestazioni integrative - Possibilità di esigere retroattivamente la parità di trattamento dopo il riconoscimento da parte della Corte, l'8 aprile 1976, dell'effetto diretto dell'art. 119

    (Trattato CE, art. 119)

    2 Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Parità di retribuzione - Art. 119 del Trattato - Domanda diretta a far riconoscere il diritto di iscrizione ad un regime pensionistico professionale - Normativa nazionale che limita gli effetti del diritto, in caso di accoglimento del ricorso, ad un periodo di due anni prima della data di presentazione della domanda - Inammissibilità

    (Trattato CE, art. 119; protocollo n. 2 sull'art. 119)

    Massima


    3 La limitazione nel tempo degli effetti della sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber, non si applica al diritto all'iscrizione ad un regime pensionistico professionale, né al diritto di percepire una pensione di vecchiaia nell'ipotesi di un lavoratore escluso dall'iscrizione a detto regime in spregio dell'art. 119 del Trattato. Infatti, la limitazione nel tempo degli effetti di tale sentenza riguarda solo i tipi di discriminazione che, date le deroghe transitorie previste dal diritto comunitario applicabile in materia di pensioni professionali, potevano ragionevolmente considerarsi tollerati dai datori di lavoro e dai regimi pensionistici. Orbene, in questa sfera non rientrano né la discriminazione in materia di iscrizione ai regimi pensionistici professionali, la cui inammissibilità, alla luce dell'art. 119 del Trattato, è stata dichiarata nella sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka, che dal canto suo non implica alcuna limitazione nel tempo dei suoi effetti, né le discriminazioni nell'attribuzione di prestazioni in forza di un regime del genere, poiché il diritto alle prestazioni è inscindibilmente connesso al diritto all'iscrizione ad un regime siffatto.

    Ciò vale anche nel caso in cui la discriminazione subita dai lavoratori a tempo parziale sia la conseguenza di una discriminazione relativa all'accesso ad un regime specifico che dà diritto a prestazioni integrative. Pertanto, i periodi lavorativi compiuti da lavoratori a tempo parziale che siano stati vittime di una discriminazione indiretta fondata sul sesso devono essere presi in considerazione a decorrere dall'8 aprile 1976, data della sentenza nella causa 43/75, Defrenne, la quale ha sancito per la prima volta l'effetto diretto dell'art. 119, ai fini del calcolo delle prestazioni integrative ad essi spettanti.

    4 Il diritto comunitario osta all'applicazione, ad un ricorso ex art. 119 del Trattato volto a far riconoscere il diritto di iscriversi a un regime pensionistico professionale, di una disposizione nazionale in forza della quale gli effetti nel tempo di un diritto, in caso di esito favorevole del ricorso, sono limitati a un periodo che inizia a decorrere due anni prima della data di proposizione del detto ricorso. Infatti, in un caso del genere, la domanda non è diretta ad ottenere l'erogazione di determinate prestazioni complementari con effetto retroattivo, ma mira a far riconoscere il diritto degli interessati di iscriversi a pieno titolo ad un regime professionale, e l'applicazione della disposizione nazionale di cui trattasi renderebbe in pratica impossibile l'esercizio da parte dei cittadini di un'azione basata sul diritto comunitario e comporterebbe, in ultima analisi, una limitazione nel tempo dell'efficacia diretta dell'art. 119 del Trattato, in casi in cui una limitazione del genere non è stata prevista né dalla giurisprudenza della Corte né dal protocollo n. 2 allegato al Trattato sull'Unione europea.

    Parti


    Nel procedimento C-246/96,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dall'Office of the Industrial Tribunals and the Fair Employment Tribunal (Belfast), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

    Mary Teresa Magorrian,

    Irene Patricia Cunningham

    e

    Eastern Health and Social Services Board,

    Department of Health and Social Services,

    domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 119 del Trattato CE, nonché del protocollo n. 2 relativo alla medesima disposizione, allegato al Trattato sull'Unione europea,

    LA CORTE

    (Sesta Sezione),

    composta dai signori R. Schintgen, presidente della Seconda Sezione facente funzione di presidente della Sesta Sezione, G.F. Mancini (relatore), P.J.G. Kapteyn, J.L. Murray e G. Hirsch, giudici,

    avvocato generale: G. Cosmas

    cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

    viste le osservazioni scritte presentate:

    - per le signore Magorrian e Cunningham, dal signor J. O'Hara, barrister-at-law, e dalla signora E. McCaffrey, solicitor;

    - per il governo del Regno Unito, dalla signora S. Ridley, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, e dai signori R. Weatherup, QC, e N. Paines, barrister;

    - per la Commissione delle Comunità europee, dalle signore C. Bury, M. Wolfcarius e M.C. Docksey, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,

    vista la relazione d'udienza,

    sentite le osservazioni orali delle signore Magorrian e Cunningham, del governo del Regno Unito e della Commissione, all'udienza del 5 giugno 1997,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 luglio 1997,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con ordinanza 9 luglio 1996, pervenuta in cancelleria il 17 luglio successivo, l'Office of the Industrial Tribunals and the Fair Employment Tribunal di Belfast ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, diverse questioni pregiudiziali sull'interpretazione dell'art. 119 del Trattato CE e del protocollo n. 2 relativo alla medesima disposizione, allegato al Trattato sull'Unione europea.

    2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia che oppone le signore Magorrian e Cunningham all'Eastern Health and Social Services Board e al Department of Health and Social Services, in relazione a talune prestazioni integrative nell'ambito di un regime di pensioni di vecchiaia di deroga convenzionale.

    La normativa nazionale

    3 In forza dell'art. 2, n. 4, dell'Equal Pay Act (Northern Ireland) del 1970 (legge sulla parità delle retribuzioni per l'Irlanda del Nord, in prosieguo: l'«EPA»), i ricorsi in materia di parità delle retribuzioni devono essere proposti entro sei mesi dal termine del periodo di occupazione. Il n. 5 del medesimo articolo dispone che, nei procedimenti promossi per l'inosservanza di una clausola di parità, non viene riconosciuto alle donne il diritto di percepire arretrati di retribuzione o un risarcimento danni in relazione ad un periodo che risale a oltre due anni prima dell'inizio del procedimento.

    4 L'art. 56 del Social Security Pensions (Northern Ireland) Order del 1975 (normativa sulle pensioni della previdenza sociale per l'Irlanda del Nord) stabilisce che, nel caso di un regime pensionistico vigente in materia di pubblico impiego, il ministro, l'autorità governativa nonché la persona o l'organismo incaricato della sua gestione devono adottare ogni possibile provvedimento per garantire la conformità della normativa al principio della parità di accesso.

    5 L'art. 12 delle Occupational Pension Schemes (Equal Access to Membership) Regulations (Northern Ireland) del 1976, n. 238 (normativa sulla parità di accesso per l'iscrizione ai regimi pensionistici professionali nell'Irlanda del Nord, in prosieguo: le «Occupational Pension Regulations»), che modifica l'EPA, dispone che, nei procedimenti in materia di accesso ai regimi pensionistici professionali, il diritto di iscriversi al regime non può essere riconosciuto in relazione a un periodo anteriore a due anni precedenti la data di proposizione del ricorso.

    6 Nella terza disposizione delle Health and Personal Social Services (Superannuation) Regulations (Northern Ireland) del 1984 (normativa sul regime pensionistico del settore sanitario e dei servizi sociali di assistenza individuale per l'Irlanda del Nord, in prosieguo: le «Superannuation Regulations»), il Mental Health Officer (in prosieguo: l'«MHO») è definito come un dipendente a tempo pieno appartenente al personale medico o paramedico di una struttura ospedaliera, le cui mansioni consistono integralmente o parzialmente nella cura di persone affette da disturbi mentali e che dedica la totalità o la quasi totalità della propria attività lavorativa alla cura di questi pazienti.

    7 In forza dell'art. 50, n. 2, delle Superannuation Regulations, qualora un lavoratore che ha compiuto o superato l'età di cinquanta anni abbia lavorato in qualità di MHO per un periodo di venti anni e continui ad esercitare la stessa attività, i suoi periodi lavorativi compiuti successivamente vengono raddoppiati ai fini del calcolo della sua pensione e il diritto ad una pensione di vecchiaia gli viene riconosciuto all'età di cinquantacinque anni, anziché all'età pensionabile ordinaria di sessanta anni.

    I fatti della causa a qua

    8 Le signore Magorrian e Cunningham erano occupate in qualità di infermiere specializzate nel settore psichiatrico presso una struttura sanitaria pubblica incaricata della prestazione di servizi sanitari e di altri servizi in una regione dell'Irlanda del Nord.

    9 Esse iniziavano la propria carriera lavorando a tempo pieno, inquadrate con la qualifica di MHO. Con l'aumentare delle loro responsabilità familiari, decidevano entrambe di lavorare a tempo parziale, perdendo di conseguenza la detta qualifica. Ciascuna di esse veniva tuttavia nominata caposala ed era perciò incaricata di organizzare il lavoro di infermieri occupati a tempo pieno.

    10 Il divario tra l'impiego a tempo parziale e quello a tempo pieno era molto ridotto. Infatti, in seguito ad una riorganizzazione del lavoro del 1981, l'orario degli infermieri a tempo parziale veniva portato a 31 ore e 5 minuti settimanali, mentre quello relativo al tempo pieno veniva contemporaneamente ridotto da 40 ore a 37 ore e 30 minuti settimanali.

    11 Le ricorrenti nella causa a qua erano entrambe iscritte e versavano contributi allo Health and Personal Social Services Superannuation Scheme (regime pensionistico del servizio sanitario e dei servizi sociali di assistenza individuale, in prosieguo: il «Superannuation Scheme»), un regime pensionistico volontario di deroga convenzionale, i cui contributi vengono versati sia dal datore di lavoro sia dal lavoratore. Dal 1973 l'iscrizione al detto regime è consentita ai lavoratori a tempo parziale il cui orario di lavoro raggiunga un determinato numero di ore ed è accessibile, dal 1991, a tutto il personale a tempo parziale, indipendentemente dal numero di ore effettuate. In base a tale regime, gli iscritti percepiscono un importo forfettario all'atto del pensionamento, cui fanno seguito versamenti a scadenza mensile.

    12 Il 18 ottobre 1992 la signora Magorrian andava in pensione all'età di 59 anni e 355 giorni, dopo 9 anni e 111 giorni di lavoro a tempo pieno con la qualifica di MHO svolti tra il 1951 e il 1963, e l'equivalente di 11 anni e 25 giorni compiuti sotto il regime del tempo parziale tra il 1979 e il 1992. Essa aveva lavorato a tempo parziale anche tra il 1969 e il 1979, ma con un orario che non le consentiva l'iscrizione al regime pensionistico.

    13 La signora Cunningham, dal canto suo, andava in pensione nell'aprile del 1994, all'età di 56 anni e 80 giorni, al termine di 15 anni e 175 giorni di lavoro a tempo pieno con la qualifica di MHO, compiuti tra il 1956 e il 1974, e l'equivalente di 11 anni e 105 giorni compiuti sotto il regime del tempo parziale tra il 1980 e il 1994. Anch'essa aveva lavorato a tempo parziale tra il 1974 e il 1980 con un orario che non le consentiva l'iscrizione al regime pensionistico ed aveva scelto di non versare contributi al regime pensionistico durante quel periodo.

    14 La signora Magorrian aveva quindi interrotto la propria attività lavorativa nel periodo intercorrente tra quello in cui lavorava a tempo pieno e quello in cui aveva iniziato a lavorare a tempo parziale, mentre la signora Cunningham era passata direttamente da un impiego a tempo pieno ad un impiego a tempo parziale, senza interruzioni dell'attività lavorativa.

    15 All'atto del loro collocamento a riposo, le ricorrenti nella causa a qua percepivano l'importo forfettario ad esse spettante nonché la pensione di anzianità di base, senza tuttavia ottenere talune prestazioni integrative cui avrebbero avuto diritto in forza dell'art. 50, n. 2, delle Superannuation Regulations se fossero state inquadrate in qualità di MHO al momento del pensionamento. E' stato precisato in udienza che, se fosse stata loro riconosciuta tale qualifica, esse avrebbero ottenuto le prestazioni integrative senza dover versare ulteriori contributi.

    16 Con un ricorso proposto il 22 settembre 1992, le ricorrenti nella causa a qua adivano il giudice nazionale, invocando l'art. 119 del Trattato per ottenere il riconoscimento delle prestazioni integrative in base alla loro anzianità di servizio, a decorrere dall'8 aprile 1976, data della pronuncia della sentenza Defrenne (causa 43/75, Racc. pag. 455), o, in subordine, a decorrere dal 13 maggio 1986, data della sentenza Bilka (causa 170/84, Racc. pag. 1607). Esse sostenevano che sarebbe ingiustificato limitare il computo dell'anzianità di servizio ai due anni fissati dall'EPA, o al 17 maggio 1990, data della sentenza Barber (causa C-262/88, Racc. pag. 1889), poiché esse verrebbero così private di un'efficace tutela giurisdizionale.

    17 Dalla domanda pregiudiziale risulta che tutte le parti riconoscono che il versamento delle dette prestazioni nell'ambito del regime pensionistico professionale delle ricorrenti costituisce una «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato e della direttiva del Consiglio 10 febbraio 1975, 75/117/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45, pag. 19). Dagli atti della causa principale risulta altresì che le interessate hanno entrambe presentato il proprio ricorso prima di lasciare l'impiego.

    18 Nella sentenza interlocutoria emessa il 12 settembre 1995 il giudice nazionale dichiarava che l'esclusione delle infermiere che lavorano nel settore psichiatrico a tempo parziale dall'inquadramento in qualità di MHO costituiva una discriminazione indiretta fondata sul sesso, in quanto una percentuale di gran lunga più ridotta di donne che non di uomini impiegati in detto settore nell'Irlanda del Nord è in grado di soddisfare i requisiti imposti da un impegno lavorativo a tempo pieno. Esso constatava inoltre che tale discriminazione non era giustificata.

    Le questioni pregiudiziali

    19 Ritenendo che la soluzione della controversia richiedesse l'interpretazione del diritto comunitario, il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «Nell'ipotesi in cui:

    a) un lavoratore sia stato occupato presso uno Health Board, che è una struttura statale, per lo svolgimento di mansioni riguardanti la cura dei malati di mente e alle quali si applichi un regime pensionistico professionale;

    b) egli sia stato durante tutti i periodi pertinenti iscritto a tale regime pensionistico o in possesso dei requisiti per l'iscrizione;

    c) al detto regime pensionistico si applichi una disposizione secondo cui i lavoratori occupati a tempo pieno e che dedicano la totalità o una parte sostanziale del loro orario lavorativo alla cura dei malati di mente (lavoratori inquadrati come "Mental Health Officers") hanno diritto a prestazioni integrative, non riconosciute a coloro che esercitano la stessa attività a tempo parziale, che vengono erogate alle seguenti condizioni:

    qualora un lavoratore, che ha raggiunto o superato il 50_ anno di età e ha lavorato come Mental Health Officer per 20 anni (in prosieguo: "l'anzianità di servizio che dà diritto alle prestazioni integrative"), continui a svolgere la medesima attività lavorativa,

    i) i suoi periodi di lavoro successivi vengono raddoppiati ai fini pensionistici (in prosieguo: "i periodi lavorativi valutati il doppio"), e

    ii) egli ha diritto a percepire la pensione al compimento del 55_ anno di età anziché all'età pensionabile ordinaria di 60 anni;

    d) il lavoratore sia stato privato dell'inquadramento con la qualifica di Mental Health Officer e delle prestazioni integrative ad esso collegate soltanto perché lavorava a tempo parziale;

    e) il giudice nazionale abbia stabilito che le disposizioni elencate alle lettere c) e d) pongano in essere una discriminazione basata sul sesso nei confronti delle donne che lavorano a tempo parziale nella cura dei malati di mente;

    f) la pensione di vecchiaia percepita dal lavoratore interessato e le prestazioni integrative da esso richieste gli spettino soltanto a decorrere dalla data del suo rispettivo collocamento a riposo (nei casi in esame nel 1992 e nel 1994), dopo la proposizione del ricorso dinanzi al giudice nazionale; e

    g) il calcolo delle prestazioni integrative dalla data del collocamento a riposo, nei casi in esame rispettivamente nel 1992 e nel 1994, comporterebbe la presa in considerazione degli anni di lavoro precedenti il 1992,

    questione sub 1): quale sia la data di decorrenza dell'anzianità di servizio dei lavoratori di cui trattasi ai fini del calcolo delle prestazioni integrative alle quali hanno diritto:

    i) l'8 aprile 1976,

    ii) il 17 maggio 1990,

    iii) o un'altra data e, in tal caso, di quale data si tratti.

    questione sub 2): qualora la normativa nazionale pertinente limiti la retroattività dei diritti riconosciuti in seguito ad un ricorso vittorioso ad un periodo di due anni precedenti la data in cui è stato proposto il ricorso, se ciò equivalga a negare una tutela efficace ai sensi del diritto comunitario e se l'Industrial Tribunal sia tenuto a disapplicare tale disposizione del diritto nazionale, nel caso in cui lo ritenga necessario».

    Sulla prima questione

    20 Con la prima questione il giudice a quo chiede in sostanza a decorrere da quale data i periodi lavorativi compiuti dai lavoratori a tempo parziale, vittime di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, debbano essere presi in considerazione ai fini del calcolo delle prestazioni integrative ad essi spettanti.

    21 A tale riguardo, si deve sottolineare anzitutto come non sia contestato che il versamento di prestazioni integrative nell'ambito di un regime professionale come quello di cui trattasi nella causa a qua rientri, in via di principio, nella nozione di retribuzione ai sensi dell'art. 119 del Trattato.

    22 Occorre poi ricordare, da una parte, come nella sentenza Defrenne, già citata, la Corte abbia dichiarato che il principio della parità di retribuzione di cui all'art. 119 può essere fatto valere dinanzi ai giudici nazionali e questi devono garantire la tutela dei diritti che la detta disposizione attribuisce ai singoli. Tuttavia, ai punti 74 e 75 di tale sentenza, la Corte ha altresì precisato che considerazioni imprescindibili di certezza del diritto riguardanti il complesso degli interessi in gioco, tanto pubblici quanto privati, comportano che l'efficacia diretta dell'art. 119 non può essere fatta valere a sostegno di rivendicazioni relative a periodi di retribuzione anteriori alla data della detta sentenza, vale a dire l'8 aprile 1976, eccezion fatta per i lavoratori che abbiano già promosso un'azione giudiziaria o proposto un reclamo equivalente.

    23 D'altra parte, nella precitata sentenza Bilka, punti 20 e 22, la Corte ha già stabilito che, nei limiti in cui un regime pensionistico, anche se è stato adottato conformemente alle disposizioni stabilite dalla normativa nazionale, trae origine da un accordo stipulato con i lavoratori o con i loro rappresentanti e le autorità pubbliche non intervengono nel suo finanziamento, tale regime non costituisce un regime di previdenza sociale direttamente disciplinato dalla legge e che esuli, per questo motivo, dalla sfera di applicazione dell'art. 119, e le prestazioni corrisposte ai dipendenti in base a un regime del genere costituiscono un vantaggio pagato dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo, ai sensi dell'art. 119, secondo comma.

    24 Anche se tali principi hanno trovato conferma nella sentenza Barber in relazione ai regimi pensionistici professionali «di deroga convenzionale», la Corte ha altresì precisato ai punti 44 e 45 della detta sentenza che, per considerazioni tassative di certezza del diritto, l'efficacia diretta dell'art. 119 del Trattato non può essere fatta valere per chiedere il riconoscimento di un diritto a pensione con effetto da una data precedente a quella della detta sentenza, eccezion fatta per coloro che abbiano preso in tempo utile iniziative al fine di tutelare i loro diritti.

    25 Come la Corte ha precisato nella sentenza 6 ottobre 1993, causa C-109/91, Ten Oever (Racc. pag. I-4879, punti 19 e 20), conformemente alla sentenza Barber, sopra citata, l'efficacia diretta dell'art. 119 del Trattato può essere fatta valere, per esigere la parità di trattamento in materia di pensioni erogate da regimi professionali, soltanto con riferimento alle prestazioni dovute per i periodi lavorativi successivi al 17 maggio 1990, data della detta sentenza, fatta salva l'eccezione prevista per i lavoratori o per i loro aventi causa che abbiano, prima di tale data, esperito un'azione in giudizio o proposto un reclamo equivalente a norma del diritto nazionale.

    26 Questa limitazione figura anche nel protocollo n. 2, allegato al Trattato sull'Unione europea, il quale dispone che, «ai fini dell'applicazione dell'art. 119 del Trattato, le prestazioni in virtù di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione se e nella misura in cui esse possono essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990, eccezion fatta per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di detta data, abbiano intentato un'azione giudiziaria o introdotto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile».

    27 Tuttavia, nelle sentenze 28 settembre 1994, causa C-57/93, Vroege (Racc. pag. I-4541, punti 20-27), e causa C-128/93, Fisscher (Racc. pag. I-4583, punti 17-24), la Corte ha osservato che la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza Barber riguardava solo i tipi di discriminazioni che i datori di lavoro e i regimi pensionistici hanno potuto ragionevolmente ritenere tollerati in base alle eccezioni transitorie previste dal diritto comunitario applicabile in materia di pensioni professionali (sentenza 24 ottobre 1996, causa C-435/93, Dietz, Racc. pag. I-5223, punto 19).

    28 Quanto al diritto di iscrizione ai regimi professionali, essa ha altresì dichiarato che nessun elemento consentiva di ritenere che gli ambienti di lavoro interessati fossero potuti incorrere in errori in merito all'applicabilità dell'art. 119.

    29 Infatti, dopo la sentenza Bilka, già citata, è evidente che una discriminazione fondata sul sesso quanto al riconoscimento del suddetto diritto costituisce una violazione dell'art. 119 (precitate sentenze Vroege, punto 29, Fisscher, punto 26, e Dietz, punto 20).

    30 Di conseguenza, poiché la sentenza Bilka non ha previsto alcuna limitazione nel tempo dei suoi effetti, l'efficacia diretta dell'art. 119 può essere richiamata allo scopo di esigere in via retroattiva il rispetto della parità di trattamento per quanto concerne il diritto di iscrizione ad un regime pensionistico professionale e ciò successivamente all'8 aprile 1976, data della già citata sentenza Defrenne, la quale ha sancito per la prima volta l'efficacia diretta del suddetto articolo (sentenza Dietz, citata, punto 21).

    31 Secondo il governo del Regno Unito, la causa a qua verte sull'importo di una pensione di vecchiaia erogata nell'ambito di un regime previdenziale professionale e non sul diritto d'iscrizione ad un regime del genere. Di conseguenza, l'art. 119 interverrebbe soltanto per modificare la misura delle prestazioni spettanti ad una persona che si trova nella situazione delle ricorrenti nella causa principale e, ai fini di tale calcolo, soltanto i periodi successivi al 17 maggio 1990 potrebbero essere presi in considerazione.

    32 Quanto al diritto di percepire prestazioni integrative ad una pensione di vecchiaia in forza di un regime professionale come quello di cui trattasi nella causa a qua, si deve rilevare che, anche se le interessate hanno sempre avuto diritto ad una pensione di vecchiaia nell'ambito del Superannuation Scheme, è pur vero che esse sono state autorizzate a contribuire a tale regime soltanto in misura parziale. Invero, per il solo fatto di aver lavorato a tempo parziale, esse sono state specificamente escluse dall'inquadramento come MHO che consente l'accesso ad un regime specifico nell'ambito del Superannuation Scheme.

    33 A tale riguardo, è sufficiente ricordare che, al punto 23 della precitata sentenza Dietz, la Corte ha già precisato che l'iscrizione ad un regime sarebbe priva di interesse per il lavoratore se non gli conferisse un diritto a fruire delle prestazioni offerte dal regime di cui trattasi. In una situazione come quella all'origine della detta sentenza, essa ha considerato che il diritto di percepire una pensione di vecchiaia in forza di un regime professionale è inscindibilmente connesso al diritto di iscrizione a siffatto regime.

    34 Ciò vale anche nel caso in cui la discriminazione subita dai lavoratori a tempo parziale sia la conseguenza di una discriminazione relativa all'accesso ad un regime specifico che dà diritto a prestazioni integrative.

    35 Alla luce di tali considerazioni, la prima questione dev'essere risolta dichiarando che i periodi lavorativi compiuti da lavoratori a tempo parziale che siano stati vittime di una discriminazione indiretta fondata sul sesso devono essere presi in considerazione a decorrere dall'8 aprile 1976, data della sentenza Defrenne, sopra citata, ai fini del calcolo delle prestazioni integrative ad essi spettanti.

    Sulla seconda questione

    36 Con la seconda questione il giudice a quo chiede in sostanza se il diritto comunitario osti all'applicazione, ad un ricorso proposto in base all'art. 119 del Trattato, di una disposizione nazionale secondo cui gli effetti nel tempo di un diritto, in caso di esito favorevole del ricorso, sono limitati a un periodo che inizia a decorrere due anni prima della data di proposizione del detto ricorso.

    37 A tale riguardo, occorre anzitutto ricordare che, per giurisprudenza consolidata, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi effetto diretto, a condizione, tuttavia, che le dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna e che non siano strutturate in modo tale da rendere in pratica impossibile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (v., in tal senso, sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Racc. pag. 1989, punti 5 e 6; causa 45/76, Comet, Racc. pag. 2043, punto 13; Fisscher, già citata, punto 39, e 6 dicembre 1994, causa C-410/92, Johnson, Racc. pag. I-5483, punto 21).

    38 Secondo le ricorrenti nella causa a qua, non vi è nulla nella sentenza Fisscher, sopra citata, che giustifichi l'imposizione di un limite alle prestazioni che possono venir loro concesse, quanto meno per il periodo successivo al 1976. In effetti, sembrerebbe di scarsa utilità decidere che persone le quali si trovano nella loro situazione hanno il diritto di essere iscritte ad un regime previdenziale professionale, ma che le prestazioni che derivano dalla detta iscrizione possono essere calcolate soltanto con riferimento alle attività lavorative svolte da tali persone a partire dal 1990.

    39 In udienza, la Commissione ha sostenuto che l'art. 12 delle Occupational Pension Regulations impedisce effettivamente alle ricorrenti nella causa a qua di far valere i propri diritti in forza dell'art. 119 del Trattato e che, di conseguenza, l'applicazione di tale norma è in contrasto con il principio della tutela giurisdizionale.

    40 Il governo del Regno Unito afferma invece che una disposizione nazionale di natura restrittiva come quella di cui trattasi nella causa a qua ha l'effetto di limitare la portata di una domanda retroattiva, riguardante un periodo anteriore alla proposizione dell'azione, ed è dunque comparabile a quella in esame nella precitata sentenza Johnson.

    41 A tale riguardo, occorre constatare che l'applicazione di una norma procedurale come l'art. 12 delle Occupational Pension Regulations in base alla quale, nei procedimenti in materia di iscrizione ai regimi pensionistici professionali, il diritto di accesso ad un regime non può produrre effetti per un periodo anteriore ai due anni precedenti la data di proposizione del ricorso, è atta a privare le ricorrenti nella causa principale del beneficio delle prestazioni integrative erogate dal regime cui hanno diritto di iscriversi, in quanto le dette prestazioni potrebbero essere calcolate soltanto con riferimento ai periodi lavorativi da esse compiuti a partire dal 1990, vale a dire due anni prima della proposizione dei rispettivi ricorsi.

    42 Tuttavia, si deve rilevare come, in un caso del genere, la domanda non sia diretta ad ottenere l'erogazione di determinate prestazioni integrative con effetto retroattivo, ma miri a far riconoscere il diritto delle interessate di iscriversi a pieno titolo ad un regime professionale ottenendo l'inquadramento in qualità di MHO che dà diritto a prestazioni integrative.

    43 Così, mentre le disposizioni controverse nelle sentenze 27 ottobre 1993, causa C-338/91, Steenhorst-Neerings (Racc. pag. I-5475), e Johnson, sopra citata, si limitavano a circoscrivere il periodo, precedente la presentazione della domanda, per il quale potevano essere ottenuti arretrati di prestazioni, la norma controversa nella causa a qua impedisce che vengano presi in considerazione tutti i periodi di anzianità delle interessate dall'8 aprile 1976 al 1990 ai fini del calcolo delle prestazioni integrative che sarebbero dovute anche dopo la data di presentazione della domanda.

    44 Di conseguenza, diversamente dalle disposizioni in esame nelle sentenze sopra citate, che si limitavano a circoscrivere, per garantire la certezza del diritto, la portata retroattiva di una domanda diretta ad ottenere determinate prestazioni e non intaccavano quindi l'essenza stessa dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario, una disposizione come quella in esame nella causa principale rende in pratica impossibile l'esercizio da parte dei cittadini di un'azione basata sul diritto comunitario.

    45 Peraltro, occorre sottolineare come quest'ultima disposizione nazionale comporti, in ultima analisi, una limitazione nel tempo dell'efficacia diretta dell'art. 119 del Trattato, in casi in cui una limitazione del genere non è stata prevista né dalla giurisprudenza della Corte né dal protocollo n. 2 allegato al Trattato sull'Unione europea.

    46 Infine, la tesi del governo del Regno Unito secondo cui la funzione di una limitazione nel tempo è quella di contribuire alla certezza del diritto, incoraggiando i ricorrenti ad agire con diligenza, non è atta ad inficiare tale conclusione. E' sufficiente rilevare in proposito come le disposizioni nazionali di cui trattasi si applichino anche a persone che, come le signore Magorrian e Cunningham, hanno proposto i rispettivi ricorsi prima di terminare la loro attività lavorativa e di essere autorizzate a fruire del regime professionale di pensioni di vecchiaia di cui trattasi.

    47 Di conseguenza, la seconda questione dev'essere risolta dichiarando che il diritto comunitario osta all'applicazione, ad un ricorso proposto in base all'art. 119 del Trattato e diretto a far riconoscere il diritto dei ricorrenti di iscriversi a un regime pensionistico professionale, di una disposizione nazionale secondo cui gli effetti nel tempo di un diritto, in caso di esito favorevole del ricorso, sono limitati a un periodo che inizia a decorrere due anni prima della data di proposizione del detto ricorso.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    48 Le spese sostenute dal governo del Regno Unito e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    (Sesta Sezione)

    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Office of the Industrial Tribunals and the Fair Employment Tribunal di Belfast, con ordinanza 9 luglio 1996, dichiara:

    1) I periodi lavorativi compiuti da lavoratori a tempo parziale che siano stati vittime di una discriminazione indiretta fondata sul sesso devono essere presi in considerazione a decorrere dall'8 aprile 1976, data della sentenza Defrenne (causa 43/75), ai fini del calcolo delle prestazioni integrative ad essi spettanti.

    2) Il diritto comunitario osta all'applicazione, ad un ricorso proposto in base all'art. 119 del Trattato CE e diretto a far riconoscere il diritto dei ricorrenti di iscriversi a un regime pensionistico professionale, di una disposizione nazionale secondo cui gli effetti nel tempo di un diritto, in caso di esito favorevole del ricorso, sono limitati a un periodo che inizia a decorrere due anni prima della data di proposizione del detto ricorso.

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