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Document 61996CC0328

Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 19 gennaio 1999.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica d'Austria.
Inadempimento da parte di uno Stato - Appalti pubblici di lavori - Ricevibilità - Compatibilità con il diritto comunitario delle condizioni che disciplinano le gare d'appalto - Omessa pubblicazione di un bando di gara nella GUCE.
Causa C-328/96.

Raccolta della Giurisprudenza 1999 I-07479

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1999:5

61996C0328

Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 19 gennaio 1999. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica d'Austria. - Inadempimento da parte di uno Stato - Appalti pubblici di lavori - Ricevibilità - Compatibilità con il diritto comunitario delle condizioni che disciplinano le gare d'appalto - Omessa pubblicazione di un bando di gara nella GUCE. - Causa C-328/96.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-07479


Conclusioni dell avvocato generale


A - Introduzione

1. Il presente procedimento per inadempimento ha per oggetto la valutazione, dal punto di vista del diritto comunitario, dell'aggiudicazione di appalti nell'ambito di un grande progetto relativo alla costruzione di edifici destinati al governo e all'amministrazione, nonché di un centro culturale, in vista dello stabilimento della sede del governo del Land dell'Austria inferiore nella città di St. Pölten.

2. Il procedimento per inadempimento trae origine dai seguenti fatti. I lavori relativi al suddetto progetto venivano intrapresi nel 1992, per quanto riguarda il centro amministrativo, e nel 1994, per quanto riguarda il centro culturale. All'inizio del febbraio 1995 la Commissione, a seguito di una denuncia, veniva informata di un bando di gara relativo a un appalto di forniture nell'ambito di tale progetto, pubblicato esclusivamente nella Gazzetta Ufficiale dell'Austria inferiore. La Commissione riteneva che le «Condizioni generali in materia di offerte e di capitolati d'oneri» (Allgemeine Angebots- und Vertragsbedingungen; in prosieguo: le «AAVB»), su cui era basato il bando di gara, fossero contrarie al diritto comunitario a causa, tra l'altro, della violazione delle norme relative alla pubblicità e degli obblighi di comunicazione e di descrizione delle specifiche e ne informava il governo austriaco con lettera del 12 aprile 1995. In risposta a tale lettera, qualche tempo dopo, la Commissione riceveva comunicazione di una legge del Land dell'Austria inferiore relativa alle aggiudicazioni degli appalti, promulgata il 31 maggio 1995, che a sua volta costituiva oggetto di critiche poiché conteneva una clausola di deroga per il progetto «Centro culturale e amministrativo di St. Pölten» (la cosiddetta «Lex St. Pölten»), grazie alla quale il progetto veniva praticamente escluso dall'applicazione della legge.

3. L'intera problematica veniva discussa nel corso di una riunione bilaterale tenutasi il 27 e il 28 novembre 1995 tra la Commissione e le autorità austriache. La Commissione rilevava l'esistenza di trasgressioni della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE , e della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE , nonché di una violazione dell'art. 30 del Trattato. Rese edotte delle perplessità della Commissione, le autorità austriache acconsentivano a modificare le AAVB, ad abrogare la clausola di deroga nella legge relativa alle aggiudicazioni degli appalti e a modificare il procedimento di aggiudicazione degli appalti seguito dall'amministrazione aggiudicatrice, la Niederösterreichische Landeshauptstadt-Planungsgesellschaft mbH (in prosieguo: la «Nöplan»).

4. La Commissione auspicava come conseguenza dei colloqui un'immediata azione da parte delle autorità austriache, nel senso di provvedere

- al corretto espletamento dei procedimenti di aggiudicazione delle gare d'appalto ancora da indire,

- alla correzione dei procedimenti già indetti e non ancora conclusi con una decisione di aggiudicazione e

- all'annullamento, per quanto possibile, dei contratti in contrasto con il diritto comunitario non ancora eseguiti.

5. Le autorità austriache si dichiaravano fondamentalmente concordi, tuttavia sottolineavano la necessità di disporre di un periodo transitorio sufficientemente ragionevole per poter modificare la disciplina giuridica generale (legge relativa alle aggiudicazioni degli appalti e AAVB).

6. La disponibilità delle autorità austriache all'adeguamento del procedimento di aggiudicazione degli appalti non era giudicata abbastanza soddisfacente dalla Commissione, cosicché quest'ultima, con lettera di diffida del 15 dicembre 1995, avviava un procedimento per inadempimento. In tale lettera la Commissione ricordava che le autorità austriache si erano impegnate ad adoperarsi affinché gli organi decisionali competenti facessero rispettare il diritto comunitario sin dalla fine di gennaio del 1996 . Inoltre la Commissione dichiarava di aver esteso i propri addebiti «espressamente anche a quei lotti per i quali è già intervenuta una decisione di aggiudicazione dell'appalto e in cui tuttavia non si è svolto un procedimento di aggiudicazione conforme al diritto comunitario». La Commissione invitava la Repubblica d'Austria a «garantire l'osservanza della normativa comunitaria nei procedimenti di aggiudicazione degli appalti ancora in corso» ed a «sospendere gli effetti giuridici delle aggiudicazioni già avvenute in contrasto con il diritto comunitario oppure interrompere i procedimenti in corso, sospendendo le decisioni di aggiudicazione degli appalti fino a che non sia assicurato il rispetto delle disposizioni del diritto comunitario e ad assicurare un'immediata modifica della legge del Land dell'Austria inferiore relativa all'aggiudicazione degli appalti e delle AAVB» . Nella lettera 15 dicembre 1995 la Commissione impartiva il termine di una settimana per la presentazione delle osservazioni.

7. Il governo austriaco rispondeva con lettera 22 dicembre 1995, affermando che, nonostante «le difficoltà derivanti dai termini imposti e comunicate in sede di riunione», gli organi della Nöplan «erano stati investiti della questione inerente all'aggiudicazione degli appalti» e avevano deciso che la Nöplan doveva «applicare con effetto immediato le direttive comunitarie» . Infine nella lettera si sottolineava ancora che, «nonostante le spese supplementari e lo slittamento dei termini, le direttive comunitarie devono essere applicate con effetto immediato per tutti i bandi di gara» .

8. Nel parere motivato del 21 febbraio 1996, la Commissione ricordava che le amministrazioni del Land dell'Austria inferiore, «in mancanza di attuazione del diritto comunitario nell'ordinamento nazionale, erano direttamente tenute, in forza dell'effetto diretto del diritto comunitario, a rispettarne le disposizioni» . La Commissione riteneva inoltre insufficiente la risposta del governo austriaco in riferimento alla lettera di diffida. Essa rilevava il mancato riconoscimento di un obbligo di adempiere con riferimento ai procedimenti in corso, «poiché le dichiarazioni sull'obbligo di pubblicità (...) si riferiscono solo al futuro». La Commissione ricordava come essa avesse richiesto «la comunicazione di un elenco dei contratti per i quali è già stato avviato un procedimento di aggiudicazione o che saranno in futuro oggetto di pubblicazione, nonché l'indicazione del valore di tali contratti». Essa osservava: «Fino ad oggi non è pervenuto alcun elenco al riguardo». Infine la Commissione esortava le autorità austriache ad «adottare tutte le misure idonee per eliminare le violazioni riscontrate» . A tal fine, la Commissione fissava un termine di due settimane decorrente dalla notifica del parere motivato.

9. Nel frattempo la commissione per le aggiudicazioni della Nöplan, in una riunione in data 6 febbraio 1996, aveva deciso di sospendere tutti i procedimenti di aggiudicazione pendenti e di indire le gare ed aggiudicare gli appalti ancora pendenti in conformità al diritto comunitario. In seguito, venivano sanate le lacune della legge relativa alle aggiudicazioni degli appalti e le AAVB venivano rimaneggiate in conformità al diritto comunitario. Da allora le prassi di aggiudicazione degli appalti erano sempre manifestamente conformi al diritto comunitario.

10. Ciò nonostante, il 3 ottobre 1996 la Commissione proponeva un ricorso per inadempimento, registrato nella cancelleria il 7 ottobre 1996, chiedendo alla Corte di constatare che la Repubblica d'Austria aveva violato gli obblighi che le incombono in forza del diritto comunitario nell'aggiudicare gli appalti conclusi prima del 6 febbraio 1996, ma non ancora eseguiti o ancora ragionevolmente annullabili alla data del 7 marzo 1996, cioè alla scadenza del termine impartito nel parere motivato del 21 febbraio 1996. In sostanza la Commissione rimprovera all'Austria di non essersi adoperata per annullare i contratti assegnati dopo la riunione del 28 novembre 1995, quindi quando era a conoscenza della questione dell'incompatibilità con il diritto comunitario.

11. La Repubblica d'Austria solleva varie eccezioni di irricevibilità e fa valere che il ricorso è infondato anche nel merito.

12. La Commissione conclude che la Corte voglia:

1) dichiarare che la Repubblica d'Austria, nell'ambito della costruzione del nuovo centro amministrativo per il Land dell'Austria inferiore e del nuovo centro culturale in St. Pölten, in sede di aggiudicazione degli appalti assegnati anteriormente al 6 febbraio 1996, ma alla data del 7 marzo 1996 non ancora eseguiti o, per quanto possibile, ancora annullabili, è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi delle direttive del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE , e 21 dicembre 1989, 89/665/CEE , nonché dell'art. 30 del Trattato CE;

2) condannare la Repubblica d'Austria alle spese.

13. La Repubblica d'Austria conclude che la Corte voglia:

1) dichiarare irricevibile (o eventualmente respingere nel merito) il ricorso proposto dalla Commissione il 7 ottobre 1996, volto a far dichiarare che la Repubblica d'Austria, nell'ambito della costruzione del nuovo centro amministrativo per il Land dell'Austria inferiore e del nuovo centro culturale in St. Pölten, in sede di aggiudicazione degli appalti assegnati anteriormente al 6 febbraio 1996, ma alla data del 7 marzo 1996 non ancora eseguiti o, per quanto possibile, ancora annullabili, è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi delle direttive del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, e 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, nonché dell'art. 30 del Trattato CE;

2) condannare la Commissione alle spese.

14. Gli argomenti delle parti saranno richiamati nell'ambito della valutazione giuridica.

B - Presa di posizione

I - Ricevibilità

15. Il governo austriaco ritiene il ricorso irricevibile per vari motivi.

1. Sull'irricevibilità del petitum

Il governo austriaco osserva che il ricorso è irricevibile a causa dell'oggetto indicato nell'atto introduttivo. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, l'oggetto del ricorso nei procedimenti per inadempimento verrebbe determinato nella fase precontenziosa e definito nel parere motivato della Commissione. Pertanto il ricorso non potrebbe fondarsi su addebiti diversi da quelli menzionati nel parere motivato. Nel parere motivato della Commissione del 21 febbraio 1996 non si riscontrerebbe la richiesta di annullare, per quanto possibile, gli appalti non ancora eseguiti in contrasto con il diritto comunitario. La lettera di diffida del 15 dicembre 1995 conterebbe, al più, solo qualche cenno al riguardo. Sarebbe pertanto irricevibile l'addebito, menzionato nel ricorso, di «aver omesso un annullamento ancora possibile», sul quale si basa chiaramente la domanda.

16. Si deve concordare con il governo austriaco sul fatto che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, l'oggetto del ricorso nei procedimenti per inadempimento viene definito in sede precontenziosa e nell'atto introduttivo. Il ricorso non può quindi contenere altri addebiti, fondamentalmente diversi o nuovi rispetto a quelli menzionati nella fase precontenziosa. Questo intendimento si spiega con la struttura del procedimento per inadempimento, che nell'ambito della fase precontenziosa prevede l'opportunità di una composizione amichevole della lite prima di ricorrere alla Corte. Inoltre devono essere garantiti i diritti della difesa dello Stato membro, cosicché quest'ultimo non può essere posto di fronte a nuovi addebiti nell'atto introduttivo.

17. Occorre pertanto stabilire se l'addebito relativo al mancato annullamento di appalti aggiudicati prima del 6 febbraio 1996 rappresenti un motivo nuovo, in quanto tale irricevibile. A questo proposito si devono prendere in considerazione la fase precontenziosa del procedimento e l'atto introduttivo del ricorso alla luce del reale svolgimento dei fatti.

18. La lettera di diffida della Commissione del 15 dicembre 1995, indirizzata al governo austriaco in seguito all'incontro del 27 e 28 novembre 1995, da un lato, si riferisce ad una situazione giuridica contraria al diritto comunitario e, dall'altro, ad una prassi di aggiudicazione degli appalti, ad essa collegata, in contrasto con il diritto comunitario. Dalla lettera si evince l'esortazione ad un tempestivo adeguamento della prassi di aggiudicazione degli appalti al diritto comunitario . In un altro punto la Commissione estende le sue osservazioni «espressamente anche a quei lotti per i quali è già intervenuta una decisione di aggiudicazione dell'appalto e in cui tuttavia non si è svolto un procedimento di aggiudicazione conforme al diritto comunitario» . Infine la Commissione sollecita la Repubblica d'Austria a «garantire l'osservanza della normativa comunitaria nei procedimenti di aggiudicazione degli appalti ancora in corso». La invita inoltre a «sospendere gli effetti giuridici delle aggiudicazioni già avvenute in contrasto con il diritto comunitario» oppure a «interrompere i procedimenti in corso, sospendendo le decisioni di aggiudicazione degli appalti fino a che non sia assicurato il rispetto delle disposizioni del diritto comunitario (...)» .

19. In queste formulazioni trova senz'altro espressione non solo la richiesta della Commissione di sospendere immediatamente ogni ulteriore comportamento contrario al diritto comunitario, bensì anche la pretesa di negare l'efficacia delle decisioni di aggiudicazione degli appalti in contrasto con il diritto comunitario. Quest'ultima richiesta non può però significare altro se non un adeguamento retroattivo al diritto comunitario. Dalla richiesta della Commissione, così come è formulata nella lettera di diffida, si deve pertanto desumere la prescrizione di un obbligo di annullare le decisioni di aggiudicazione già adottate.

20. Dal parere motivato della Commissione non emerge con la stessa chiarezza un invito ad intervenire nei procedimenti di aggiudicazione già in corso di esecuzione. Tuttavia dal parere motivato si può desumere che anche i procedimenti pendenti siano inclusi nell'addebito generale relativo alla prassi di aggiudicazione degli appalti in contrasto con il diritto comunitario. Se la Commissione non ritiene soddisfacente l'impegno espressamente assunto per il futuro dal governo austriaco sull'obbligo di pubblicità dei bandi e obietta che «i casi di aggiudicazione in cui sia intervenuta una pubblicazione - per esempio nazionale -» non sono stati inclusi, è evidente che essa individua violazioni del diritto comunitario nella prassi di aggiudicazione anche per quanto riguarda il passato e ne esige l'eliminazione. La Commissione sottolinea infatti «che le autorità austriache dovevano adottare tutte le misure opportune per eliminare le violazioni riscontrate» .

21. Né il parere motivato né lo svolgimento concreto dei fatti consentivano di supporre che fosse stato dato seguito all'invito, già formulato nella lettera di diffida, ad intervenire nei procedimenti di aggiudicazione in corso di esecuzione. E' lecito concludere che il governo austriaco abbia interpretato la richiesta della Commissione nel senso qui esposto. Nella sua lettera del 22 marzo 1996 esso ha risposto in merito alla questione in oltre tre pagine e mezzo intitolate «Sui contratti già conclusi» . Va pertanto esclusa anche l'eventuale censura relativa alla violazione del diritto al contraddittorio, che si potrebbe desumere dall'eccezione d'irricevibilità.

22. Il governo austriaco è dell'avviso che nel parere motivato avrebbe dovuto essere formulata una richiesta esplicita di annullare i contratti già conclusi a seguito di aggiudicazione e si sarebbero dovute indicare le misure da prendere. Data la menzione di alcuni punti, come la modifica delle AAVB e della legge del Land dell'Austria inferiore relativa alle aggiudicazioni degli appalti, al governo austriaco sarebbe stato lecito supporre che non fossero richieste ulteriori misure.

23. Non si può condividere questa opinione. Nella giurisprudenza della Corte è già stato riconosciuto che la Commissione non deve indicare i provvedimenti idonei a consentire di porre fine all'inadempimento. Questa ripartizione dei compiti è sensata, poiché rientra nella sfera di competenze di uno Stato membro individuare modalità e mezzi per adeguarsi alle disposizioni del diritto comunitario. Se la Commissione dovesse indicare i provvedimenti da adottare, si delineerebbero conflitti di competenza ogniqualvolta lo Stato membro detenga un potere discrezionale circa le modalità con cui realizzare condizioni conformi al diritto comunitario.

24. Nel caso di specie, la Commissione non ha del resto nemmeno instaurato un contesto di fiducia tale da autorizzare le autorità austriache a concludere che con la modifica della situazione di diritto fosse stato adempiuto tutto quanto necessario per porre fine alla violazione. La Commissione - come già rilevato - ha anzi incluso nella lettera di diffida i procedimenti in corso. Nel parere motivato essa ha espressamente richiamato l'attenzione del governo austriaco sugli obblighi incombenti agli organi del Land dell'Austria inferiore competenti per l'aggiudicazione degli appalti «direttamente in forza delle norme del diritto comunitario aventi effetto diretto, in mancanza di attuazione del diritto comunitario nell'ordinamento nazionale» , ed ha sottolineato come le autorità austriache dovessero adottare tutti i provvedimenti idonei a far cessare l'inadempimento.

25. In questo contesto, non sussiste alcun dubbio che l'addebito relativo al mancato annullamento dei contratti posti in essere in contrasto con il diritto comunitario deve considerarsi correttamente formulato nell'oggetto del ricorso illustrato nell'atto introduttivo.

2. Sulla cessazione delle violazioni prima della scadenza del termine impartito nel parere motivato

26. Il governo austriaco ricorda che, ai sensi dell'art. 169, secondo comma, del Trattato e secondo la giurisprudenza relativa a tale articolo, il momento determinante per constatare un inadempimento è la scadenza del termine impartito nel parere motivato. Tuttavia a tale data, il 7 marzo 1996, l'Austria avrebbe già posto fine a tutte le violazioni menzionate nel parere motivato.

27. Le AAVB sarebbero già state modificate, come richiesto dalla Commissione, e la loro nuova versione costituirebbe, fin dal 12 dicembre 1995, il fondamento di tutti i bandi di gara pubblicati in conformità della normativa comunitaria. Inoltre, dal 6 febbraio 1996 sarebbe cambiata anche la prassi di aggiudicazione degli appalti. A decorrere da tale data, la commissione per le aggiudicazioni avrebbe cessato di accettare le raccomandazioni di aggiudicazione ad essa presentate e avrebbe deciso di annullare con effetto immediato i procedimenti di aggiudicazione ancora aperti e non conformi al diritto comunitario, nonché di indire un nuovo bando di gara conforme a quest'ultimo. Sarebbero state sospese decisioni di aggiudicazione relative ad appalti del valore di ATS 217 000 000, e al 7 marzo 1996 sarebbero stati banditi e aggiudicati appalti conformi al diritto comunitario per un ammontare complessivo di circa ATS 470 000 000. Poiché le autorità austriache, al 7 marzo 1996, avrebbero ottemperato a quanto era stato loro richiesto, il ricorso sarebbe irricevibile.

28. La Commissione ribatte che alla data del 7 marzo 1996 la situazione non era ancora totalmente sanata. I contratti già aggiudicati al 6 febbraio 1996, ma non ancora eseguiti, e quelli già aggiudicati alla medesima data e parzialmente eseguiti, e tuttavia ragionevolmente ancora annullabili, sarebbero rimasti invariati.

29. In realtà la Commissione, con il ricorso per inadempimento, non persegue più la situazione di diritto contraria alla normativa comunitaria, né tanto meno critica la prassi di aggiudicazione seguita dopo il 6 febbraio 1996. Essa considera tuttavia come perdurante inadempimento il mancato annullamento, nei limiti del possibile, dei contratti posti in essere in contrasto con il diritto comunitario. E' questo l'addebito che la Commissione ha legittimamente formulato quale oggetto del ricorso, come già constatato precedentemente.

30. Poiché la Commissione ha individuato una situazione che ritiene contraria al diritto comunitario, che produce ancora effetti giuridici allo scadere del termine fissato nel parere motivato, i requisiti di ricevibilità del ricorso dovrebbero essere soddisfatti. La questione se alla data citata sussistesse di fatto un inadempimento riguarda il merito del ricorso. Quindi, benché al 7 marzo 1996 le autorità austriache si fossero ampiamente adeguate alle richieste della Commissione, il ricorso è ricevibile con riferimento alle critiche ancora aperte.

1. Sull'adeguatezza dei termini nella fase precontenziosa del procedimento

31. Il governo austriaco fa inoltre valere che nella fase precontenziosa sono stati impartiti termini troppo brevi e che pertanto il ricorso per inadempimento è irricevibile anche per questo motivo. Esso rinvia alla struttura federale dell'Austria, che per l'espletamento di taluni iter decisionali necessiterebbe di determinati tempi. Il termine di una settimana fissato nella lettera di diffida e quello di due settimane fissato nel parere motivato sarebbero estremamente brevi. La Commissione avrebbe comunicato alla stampa internazionale già il 25 gennaio 1996 l'intenzione di inviare all'Austria un parere motivato, il quale però le sarebbe stato notificato solo il 21 febbraio 1996.

32. Nell'impartire i termini la Commissione avrebbe dovuto tener conto anche del fatto che i suoi addebiti si riferivano esclusivamente al passato, poiché le autorità austriache avevano adeguato la prassi di aggiudicazione degli appalti a partire dal 6 febbraio 1996, dandone comunicazione alla Commissione il 7 febbraio 1996. Infine, il termine di 21 giorni previsto all'art. 3, n. 3, della direttiva 89/665 sarebbe un criterio per valutare l'adeguatezza dei termini.

33. La Commissione ribatte che i termini abbreviati erano adeguati nelle circostanze del caso di specie. In base alle informazioni fornite dalle autorità austriache, all'inizio di dicembre dovevano ancora essere assegnati appalti di considerevole entità. Perciò si doveva ottenere il più rapidamente possibile l'assicurazione da parte del governo austriaco che esso avrebbe effettuato l'aggiudicazione di tali appalti nel rispetto della normativa comunitaria e che avrebbe fatto cessare le trasgressioni esistenti.

34. La risposta del governo austriaco alla lettera di diffida avrebbe fatto sorgere dubbi sulla disponibilità a rimediare a tutte le trasgressioni addebitate. Inoltre non sarebbe stato trasmesso il succitato elenco con l'indicazione del valore degli appalti ancora da aggiudicare. La Commissione avrebbe perciò presunto che anche all'inizio del 1996 vi fosse un numero considerevole di appalti da aggiudicare e che si dovesse impedire il crearsi di fatti compiuti. Gli addebiti contenuti nel parere motivato non avrebbero riguardato solamente il passato. La Commissione si sarebbe riferita piuttosto alla situazione esistente alla scadenza dei termini fissati nel parere motivato. Infine il governo austriaco sarebbe venuto preventivamente a conoscenza delle intenzioni della Commissione dalla stampa, cosicché esso non potrebbe far valere ora l'inadeguatezza dei termini.

35. L'esame dell'eccezione d'irricevibilità deve partire da quest'ultimo rilievo. Si deve premettere che la fase precontenziosa del procedimento per inadempimento è assoggettata a taluni rigorosi requisiti di forma. Lo dimostrano le prescrizioni relative alla delimitazione dell'oggetto del ricorso ed alle fissazioni di termini adeguati, prescrizioni che in caso di mancata osservanza portano all'irricevibilità del ricorso. Gli elementi essenziali per lo Stato membro devono risultare inequivocabilmente dai documenti della Commissione che caratterizzano le singole fasi del procedimento. Pertanto, può essere vincolante solo il termine fissato nella lettera notificata allo Stato membro. Per lo Stato membro non sussiste alcun motivo di attivarsi «per sentito dire» nell'ambito di una fase precontenziosa ufficiale. Ne consegue che non si può tener conto del periodo che va dal momento in cui le intenzioni della Commissione sono state rese note per mezzo della stampa fino alla notifica ufficiale del parere.

36. Al di là della pura valutazione giuridica, ritengo deplorevole l'aver reso pubblico un comunicato stampa relativo all'imminente invio di un parere motivato in un procedimento per inadempimento a carico di uno Stato membro, mentre questo documento è stato notificato allo Stato membro interessato solo quasi quattro settimane più tardi. La Commissione avrebbe potuto concedere un termine più lungo inviando il parere motivato con maggiore tempestività. Un invio anticipato sarebbe stato possibile nelle circostanze del caso di specie.

37. Per l'ulteriore valutazione, si deve quindi ritenere che i termini fissati nei documenti della fase preliminare siano i soli determinanti.

38. Per poter valutare la conformità di un termine, si deve tener conto in primo luogo della reazione che si spera di ottenere entro il termine fissato. Non ci si può certo aspettare il mutamento di una situazione giuridica in un arco di tempo valutato in settimane. Nella fase precontenziosa, ad esempio, era in discussione anche una clausola contraria al diritto comunitario contenuta nella legge del Land dell'Austria inferiore relativa alle aggiudicazioni degli appalti. Incontestabilmente la modifica della norma non era conclusa allo scadere del termine del 7 marzo 1996 fissato nel parere motivato, poiché l'iter si è concluso solo nel maggio 1996. Eppure la Commissione ha desistito dal proporre ricorso per inadempimento, dato che la modifica della legge è entrata in vigore senza ritardi degni di nota.

39. Per contro, alla Commissione premeva che il governo austriaco riconoscesse e prendesse atto ufficialmente dell'incompatibilità della situazione con il diritto comunitario, da un lato, per impedire ulteriori aggiudicazioni di appalti e, dall'altro, per far annullare nei limiti del possibile gli appalti aggiudicati in contrasto con il diritto comunitario.

40. Il governo austriaco ha del resto risposto nell'arco di una settimana alla lettera di diffida del 15 dicembre 1996, assicurando che avrebbe applicato «con effetto immediato» le direttive comunitarie ai contratti ancora da aggiudicare. Di fatto però l'aggiudicazione degli appalti pendenti è proseguita. Solo il 6 febbraio 1996 la commissione per le aggiudicazioni ha adottato l'attesa decisione di sospendere i procedimenti in corso.

41. Considerata l'urgenza necessaria anzitutto per fermare l'ulteriore aggiudicazione di contratti d'appalto, il termine di una settimana era in questo caso adeguato. Il governo austriaco si è del resto conformato alle prescrizioni poste dalla Commissione con le affermazioni contenute nella sua lettera del 22 dicembre 1995. La discrepanza tra le parole e i fatti va considerata in separata sede.

42. Quanto alle circostanze in cui è stato adottato il parere motivato, va rilevato come solo dopo il comunicato stampa relativo alla decisione ufficiale di inviare un parere motivato la commissione per le aggiudicazioni abbia deliberato, il 6 febbraio 1996, tra l'altro, di sospendere i procedimenti di aggiudicazione in corso. La Commissione aveva di conseguenza motivo di temere che le autorità austriache stessero ponendo in essere fatti compiuti e che fosse necessario intervenire d'urgenza. Alla luce di questa considerazione, il breve termine di due settimane impartito nel parere motivato sembra adeguato.

43. Altresì in questo contesto va considerata la possibilità di richiedere misure cautelari e provvisorie, richiamata in entrambi gli atti precontenziosi a cui si è accennato anche in udienza. Ai sensi dell'art. 186 del Trattato CE, la Corte può prendere i provvedimenti provvisori necessari solamente per le cause già pendenti dinanzi ad essa. Un ricorso per inadempimento ai sensi dell'art. 169 del Trattato può tuttavia essere validamente presentato solo al termine della fase precontenziosa. In caso di pericolo nel ritardo, la Commissione deve portare rapidamente a termine tale fase al fine di evitare per quanto possibile violazioni irreparabili.

44. Questa situazione può essere considerata come una debolezza del sistema, ma può essere eliminata solo con la modifica delle pertinenti norme giuridiche. Le possibilità offerte dalla direttiva 89/665 non rappresentano nemmeno una soluzione soddisfacente quale via d'uscita dal dilemma. La direttiva riguarda in primo luogo il rapporto tra offerente e amministrazione aggiudicatrice. Inoltre le possibilità concesse alla Commissione dall'art. 3 della direttiva non sono adatte a tutti i casi e per di più non limitano la competenza della Commissione ad avviare un procedimento per inadempimento.

45. Tutto ciò premesso, i termini impartiti dalla Commissione nella fase precontenziosa devono, alla luce delle circostanze, considerarsi adeguati.

4. Sulla precisione delle conclusioni formulate nell'atto introduttivo

46. Il governo austriaco esprime alcuni dubbi in senso giuridico in merito alla frase contenuta nell'atto introduttivo «appalti aggiudicati prima del 6 febbraio 1996, ma alla data del 7 marzo 1996 non ancora eseguiti o, per quanto possibile, annullabili». Con l'espressione «per quanto possibile annullabili» la Commissione denoterebbe che essa stessa non presume un obbligo di annullamento assoluto, tuttavia non fornisce una definizione dell'espressione «per quanto possibile». La domanda sarebbe perciò troppo vaga per costituire il fondamento di un obbligo ad adempiere in forza dell'art. 171 del Trattato CE. Di conseguenza, il ricorso sarebbe irricevibile.

47. La Commissione è del parere che la Corte non sia chiamata a definire cosa si può ritenere concretamente possibile o no all'interno di uno Stato membro. Ciò sarebbe compito del giudice nazionale, a norma del diritto nazionale. Dichiarazioni in tema di possibilità concrete di annullamento esulerebbero pertanto ab initio dall'ambito di questa controversia dinanzi alla Corte.

48. Su questo punto si deve concordare interamente con la Commissione. Non è compito né della Commissione né della Corte statuire sulle modalità di annullamento dei contratti conclusi nel settore degli appalti pubblici. Al contrario, un'indicazione circa l'annullamento di un contratto ai sensi di una norma giuridica nazionale da definire - proveniente dalla Commissione o dalla Corte - configurerebbe un'usurpazione di competenza degli organi comunitari nei confronti delle autorità nazionali. La libertà degli Stati membri di scegliere la forma e i mezzi deve necessariamente manifestarsi anche nell'ambito di una richiesta della Commissione di far cessare una situazione di contrasto con il Trattato. Tale relativa indeterminatezza con riferimento alle misure da adottare è quindi, in ultima istanza, espressione della ripartizione di competenze tra Comunità e Stato membro. La formulazione controversa definisce lo scopo dell'annullamento dei contratti aggiudicati in contrasto con il diritto comunitario, nei limiti di quanto giuridicamente possibile. Non si può perciò criticare tale domanda.

5. Sull'interesse ad agire in giudizio

49. Per quanto riguarda la problematica relativa all'interesse ad agire in giudizio nel caso di specie, si tratta di un'eccezione di irricevibilità che, pur non essendo stata sollevata espressamente dal governo austriaco, discende implicitamente dalle eccezioni d'irricevibilità da esso presentate. Quando il governo austriaco sostiene che si tratta di violazioni per loro natura irreparabili, sorge in realtà il dubbio se sussista un interesse alla constatazione astratta di un inadempimento. Si deve concordare con il governo austriaco sul fatto che la stigmatizzazione di uno Stato membro non è né oggetto né scopo di un procedimento per inadempimento.

50. Per la valutazione dell'interesse ad agire, è di rilievo accertare se la domanda della Commissione sia volta ad un'azione obiettivamente impossibile o se non vi siano mezzi o possibilità per accogliere le pretese della Commissione, fermo restando che il termine determinante è la scadenza fissata nel parere motivato. La problematica così individuata riguarda in ultima analisi il merito del ricorso. La soluzione del problema relativo all'interesse ad agire può pertanto essere formulata solo nell'ambito di un esame della fondatezza del ricorso.

II - Nel merito

51. La Commissione rileva anzitutto che la Repubblica d'Austria, già a partire dalla sua adesione all'accordo SEE, avvenuta il 1° gennaio 1994, e a maggior ragione dalla sua adesione all'Unione europea, il 1° gennaio 1995, era tenuta ad osservare le disposizioni comunitarie tra cui quelle relative all'aggiudicazione degli appalti pubblici.

52. La Commissione sostiene che la Repubblica d'Austria ha violato varie norme comunitarie nelle aggiudicazioni degli appalti avvenute nel periodo dal 27 novembre 1995 al 6 febbraio 1996, per un importo totale di ATS 360 000 000. Sarebbero infatti stati violati gli artt. 8, 10, n. 6, 11, nn. 6 e 11, 12 e 30 della direttiva 93/37, l'art. 30 del Trattato e gli artt. 1, nn. 1 e 3, e 2, n. 1, lett. c), della direttiva 89/665. La Commissione illustra singolarmente le violazioni accertate. Non vi sarebbe alcuna giustificazione compatibile con il diritto comunitario per il comportamento tenuto nel periodo in questione, inteso a «condurre ancora a buon fine» i contratti.

53. Secondo quanto risulta dalla risposta del governo austriaco al parere motivato, le autorità austriache avrebbero agito consapevolmente «a proprio rischio e pericolo». La modifica della prassi di aggiudicazione - a differenza di quella della legge relativa alle aggiudicazioni degli appalti - non richiedeva alcuna procedura di lunga durata, come dimostra la decisione successivamente presa dalla commissione per le aggiudicazioni. Infine, si sarebbe potuto aspettare ad aggiudicare alcuni appalti senza danni per l'intero progetto .

54. Il governo austriaco è del parere che nell'ambito del procedimento per inadempimento non possa essere preteso l'annullamento di contratti stipulati in contrasto con il diritto comunitario. L'art 2, n. 6, secondo comma, della direttiva 89/665 consentirebbe allo Stato membro di limitarsi a concedere un risarcimento danni alle persone lese. La Commissione non potrebbe, in via di principio, avanzare altre pretese in un procedimento ai sensi dell'art. 169 del Trattato.

55. Del resto la Commissione farebbe intendere che neanch'essa considera come assoluto l'obbligo di annullamento. Il principio del legittimo affidamento osterebbe a un tale obbligo. L'affidamento delle parti contrattuali sarebbe meritevole di tutela e prevarrebbe sulle esigenze poste dalla Commissione. Infine l'effetto utile della direttiva 93/37, nel senso di garantire pari condizioni di concorrenza, non potrebbe neanche essere assicurato mediante un eventuale annullamento dei contratti. Gli offerenti prescelti avrebbero adottato provvedimenti che avrebbero procurato loro netti vantaggi nei confronti dei concorrenti. Un annullamento comporterebbe una stasi dell'avanzamento dei lavori e pertanto sarebbe, da ultimo, impossibile anche per questo motivo.

56. Infine il governo austriaco solleva due problemi giuridici di principio. Da un lato, esso pone in discussione la natura giuridica della Nöplan e vi ricollega la questione, in che misura i singoli possano far valere una direttiva nei confronti di questo organismo. Dall'altro, esso non comprende il motivo per il quale il grande progetto di St. Pölten avrebbe dovuto essere assoggettato alle direttive in materia di aggiudicazione degli appalti già a decorrere dall'ingresso dell'Austria nello Spazio economico europeo. Il progetto, che andrebbe visto come progetto globale e non potrebbe quindi essere ripartito, sarebbe già stato avviato prima dell'entrata in vigore in Austria dell'accordo SEE e dell'adesione dell'Austria alla Comunità europea.

57. La Commissione ribatte che le sue competenze derivanti dall'art. 169 del Trattato sono indipendenti dalla procedura prevista dalla direttiva 89/665, come avrebbe già stabilito la Corte in altre occasioni . Sul ruolo della Nöplan essa rileva come sia stato incontestabilmente accertato che la Nöplan deve essere considerata, nella sua funzione di pubblico committente, come «longa manus» del Land dell'Austria inferiore.

58. Per motivi di sistematicità, è d'uopo iniziare l'esame dalle perplessità di natura giuridica da ultimo espresse dal governo austriaco.

59. L'applicabilità del diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli appalti a partire dall'adesione della Repubblica d'Austria all'accordo SEE può essere tralasciata in questo procedimento, poiché è divenuta vincolante con l'adesione alla Comunità europea a partire dal 1° gennaio 1995, con effetto immediato, salvo il caso in cui si fossero espressamente pattuiti periodi transitori.

60. Già nella fase precontenziosa la Commissione ha espresso il parere che la direttiva 93/37, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, sia applicabile al progetto in questione ai sensi dell'art. 6.

L'art. 6, nn. 1 e 3, recita:

«1. La presente direttiva si applica agli appalti pubblici di lavori il cui importo di stima, IVA esclusa, è pari o superiore a 5 000 000 di ECU .

(...)

3. Quando un'opera è ripartita in più lotti ciascuno dei quali forma l'oggetto di un appalto, per valutare l'importo di cui al paragrafo 1 deve essere preso in considerazione il valore di ciascun lotto. Se il valore cumulato dei lotti è pari o superiore all'importo di cui al paragrafo 1, le disposizioni di tale paragrafo si applicano a tutti i lotti. Tuttavia, le amministrazioni aggiudicatrici possono derogare all'applicazione del paragrafo 1 per i lotti il cui valore di stima, al netto da IVA, sia inferiore a 1 000 000 di ECU, purché l'importo cumulato di questi lotti non superi il 20% del valore complessivo dei lotti».

61. Nel suo parere motivato, la Commissione ha osservato in merito al contratto di appalto relativo alla gestione centrale degli impianti all'origine della lite:

«(...) propriamente l'importo di stima dell'appalto per la gestione centrale degli impianti bandito solo a livello regionale si assesta attorno ai 26 milioni di ATS, quindi sotto la soglia prevista dalla direttiva, che però risulta applicabile anche a tale appalto ai sensi dell'art. 6, n. 3, secondo comma (superamento della soglia per cumulo del valore dei lotti) ».

62. Questa valutazione giuridica, cioè la constatazione che l'appalto è soggetto alla normativa comunitaria, è corretta e vale anche per altri appalti nell'ambito del progetto generale. Inoltre il governo austriaco, a parte il richiamo alla natura giuridica della Nöplan, non ha addotto alcun argomento per contestare l'applicabilità delle direttive in questione.

63. Occorre pertanto soffermarsi sulla questione della natura giuridica della Nöplan. Anche in merito alla posizione giuridica di tale ente si è svolto uno scambio di vedute nella fase precontenziosa del procedimento di specie. Tra i documenti allegati all'atto introduttivo figura una lettera del governo austriaco del 12 maggio 1995 indirizzata alla Commissione, che illustra la struttura dei poteri all'interno della Nöplan. In tale lettera si precisa:

«(...) La NÖ Landeshauptstadt Planungsgesellschaft mbH (Nöplan) è stata costituita come società di diritto privato allo scopo di eseguire tutte le attività di progettazione collegate all'insediamento della capitale del Land dell'Austria inferiore a St. Pölten. Tale società è per il 51% di proprietà del Land dell'Austria inferiore, per il 10% della Città di St. Pölten e per il 39% della NÖ HYPO Leasinggesellschaft mbH. L'aggiudicazione di appalti con un valore superiore a 2 milioni di ATS comporta obbligatoriamente l'approvazione da parte di un'apposita commissione per le aggiudicazioni. La composizione di tale commissione è determinata dal governo del Land dell'Austria inferiore. I membri degli altri organi della Nöplan (consiglio di amministrazione, assemblea generale e comitato di controllo finanziario) vengono designati dai proprietari (...)» .

64. Nel corso dell'intero procedimento dinanzi alla Corte, le parti hanno considerato la Nöplan come «longa manus» del governo del Land dell'Austria inferiore. Da tale indicazione non propriamente tecnica risulta evidente la subordinazione della persona giuridica agli organi del Land politicamente responsabili. La decisione di principio del 6 febbraio 1996 di sospendere i procedimenti in corso, che ha dato una svolta sostanziale al procedimento, è stata presa dalla «commissione per le aggiudicazioni» (Vergabeausschuß).

65. La direttiva 93/37 definisce, all'art. 1, lett. b), amministrazioni aggiudicatrici «lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni (...)». Più avanti precisa:

«Per "organismo di diritto pubblico" si intende qualsiasi organismo:

- istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, e

- dotato di personalità giuridica, e

- la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta a un controllo da parte di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Gli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico, che soddisfano i criteri di cui al secondo comma della presente lettera, figurano nell'allegato I (...)».

66. Il Land dell'Austria inferiore, come ente pubblico territoriale, costituisce senza dubbio un'amministrazione aggiudicatrice. Anche senza limitarsi a constatare che la Nöplan agisce come «longa manus» del Land, il che implica solo che la responsabilità resta in ultima analisi in capo al Land, ad un risultato analogo si giunge con un'analisi separata della posizione della Nöplan. Dalle affermazioni del governo austriaco contenute nella lettera del 12 maggio 1995 in ordine allo scopo, alla personalità giuridica e alla struttura dei poteri all'interno della Nöplan, si evince che la società soddisfa le caratteristiche di un «organismo di diritto pubblico» previste dalla fattispecie dell'art. 1, lett. b), secondo comma, della direttiva 93/37. Un tale ente deve essere considerato amministrazione aggiudicatrice ai sensi della direttiva .

67. Quale ente pubblico debba rispondere in ultimo per eventuali risarcimenti nei confronti di potenziali offerenti, è una questione da valutare secondo il diritto nazionale. In ogni caso lo Stato membro è responsabile nei confronti della Comunità . Se, quindi, non sussiste alcun dubbio sulla responsabilità di principio nell'ambito della normativa comunitaria in materia di aggiudicazioni degli appalti, la questione che la Corte deve valutare si riduce ai presupposti in fatto e in diritto di un obbligo di annullare i contratti già conclusi.

68. In primo luogo, si deve prendere in esame l'argomento formale secondo cui le competenze nei procedimenti per inadempimento non dovrebbero andare oltre la facoltà, concessa espressamente allo Stato membro dal diritto derivato, di limitare le conseguenze delle aggiudicazioni di appalti in contrasto con il diritto comunitario alla concessione di un risarcimento all'offerente leso. Al riguardo si deve concordare con l'asserzione che il procedimento ai sensi dell'art. 3 della direttiva 89/665 ed il procedimento per inadempimento hanno il medesimo scopo, se si definisce tale scopo come il rispetto delle norme di diritto comunitario relative all'aggiudicazione degli appalti pubblici. Tuttavia si deve altresì considerare che il particolare procedimento di rettifica prescritto dalla direttiva riguarda in primis il rapporto tra l'offerente e l'amministrazione aggiudicatrice. Il procedimento di cui all'art. 3 della direttiva, che attribuisce alla Commissione il potere discrezionale di agire, è una misura preventiva, come già espressamente riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte . Il procedimento particolare della direttiva non può derogare né sostituirsi alle competenze della Commissione ex art. 169 del Trattato . Si può quindi concludere che le competenze attribuite alla Commissione dalla direttiva 89/665 non limitano né formalmente né sostanzialmente gli ampi poteri che essa detiene in via di principio nell'ambito del procedimento per inadempimento.

69. Una problematica particolare deriva, nel caso di specie, dalla circostanza che, scaduto il termine previsto nel parere motivato, i contratti non ancora assegnati nell'ambito del progetto complessivo sono stati aggiudicati in conformità della normativa comunitaria. Si deve in primo luogo stabilire fino a che punto in quel momento sussisteva una violazione. La violazione accertata si può ridurre ad una formula: con la stipulazione dei contratti in contrasto con la normativa comunitaria la violazione era stata commessa, ma non ancora portata a termine, poiché mancava ancora l'esecuzione dei contratti.

70. Sui contratti stipulati in seguito all'aggiudicazione si deve rilevare quanto segue. Non sussiste alcun dubbio sull'obiettiva incompatibilità della loro stipulazione con il diritto comunitario. Dal punto di vista attuale, è incontestabile un contrasto tra la situazione giuridica dello Stato membro in quel periodo e le disposizioni di diritto comunitario. Il governo austriaco ha condiviso a suo tempo questa valutazione e ha provveduto ad adeguare sia le AAVB criticate sia la situazione legislativa. Si può anche concludere che gli organi legislativi pubblici si erano basati sull'applicabilità al grande progetto di St. Pölten della disciplina generale in materia di aggiudicazione degli appalti quando hanno adottato la contestata disposizione derogatoria nella legge del Land dell'Austria inferiore relativa alle aggiudicazioni degli appalti.

71. Quest'ultima circostanza non risulta tuttavia determinante. Certa è l'obiettiva incompatibilità con il diritto comunitario dei procedimenti di aggiudicazione degli appalti svolti nel 1995. In questa sede, non occorre esaminare in dettaglio tale incompatibilità della normativa sull'aggiudicazione degli appalti allora in vigore, poiché essa è stata riconosciuta dalle autorità austriache, che hanno sottoposto a modifiche la legge al fine di adeguarla alle norme comunitarie, e non è più oggetto di critica da parte della Commissione nell'ambito nel presente procedimento.

72. Tuttavia occorre chiedersi fino a che punto l'obiettiva situazione di contrasto con la normativa comunitaria dopo il 27 e 28 novembre 1995 determini un livello diverso a cui possa eventualmente essere ricollegato un obbligo di annullamento dei contratti stipulati dopo tale data.

73. La Commissione è del parere che le autorità austriache fossero già informate della problematica relativa al diritto comunitario, per via dello scambio di corrispondenza avvenuto nel corso del 1995. Nell'incontro del 27 e 28 novembre 1995, peraltro, l'intera problematica è stata attentamente discussa, cosicché le autorità austriache avrebbero agito in mala fede nell'assegnazione degli appalti successivi a quella data.

74. Il governo austriaco ribatte che i colloqui durante la riunione bilaterale si sono svolti in un contesto informale, fatto espressamente richiamato in udienza dal rappresentante del governo austriaco. Non si potrebbe ravvisare alcun effetto giuridicamente vincolante prodotto da questi colloqui. Inoltre le autorità austriache avrebbero in un primo momento legittimamente sostenuto un'altra opinione e solo in seguito si sarebbero uniformate al punto di vista della Commissione.

75. In effetti non è chiaro fino a che punto il governo austriaco fosse tenuto ad allinearsi alla posizione espressa dalla Commissione in occasione del suddetto incontro. Una tale riunione informale non è atta a produrre effetti giuridici diretti. Non si può tuttavia misconoscere che una violazione sussisteva obiettivamente e che vi era il rischio di veder proseguire una prassi contraria al diritto comunitario con conseguenze economiche notevoli, in parte non rimediabili. Al più tardi dopo l'avvio ufficiale del procedimento per inadempimento, introdotto con la lettera di diffida del 15 dicembre 1995, le autorità austriache avrebbero avuto l'obbligo di impedire il prodursi di ulteriori danni. A tal fine non era necessaria - come si è già accennato - una procedura dispendiosa per modificare la legge, ma sarebbe bastata una sospensione temporanea fino all'esame della situazione. Un iter del genere era possibile anche da un punto di vista pratico, come dimostra la successiva decisione presa dalla commissione per le aggiudicazioni il 6 febbraio 1996.

76. Sono pertanto dell'avviso che l'aggiudicazione di appalti a partire dall'inizio ufficiale del procedimento per inadempimento fino alla decisione del 6 febbraio 1996 configuri una violazione del diritto comunitario, a cui si può senz'altro ricollegare anche un obbligo di annullamento. Si tratta pur sempre di contratti d'appalto aggiudicati in un periodo di oltre sei settimane, per un importo di oltre ATS 300 000 000. Per i contratti stipulati in questo periodo, efficaci e non ancora eseguiti al 3 marzo 1996, la violazione perdurava e la Commissione poteva esigere l'annullamento dei contratti. Questa pretesa non appare ingiusta, poiché le autorità austriache hanno espressamente agito «a proprio rischio e pericolo» . Gli atti compiuti «a proprio rischio e pericolo» non possono comportare la realizzazione di fatti compiuti, a cui non possano essere collegate sanzioni.

77. Quando il governo austriaco sostiene dinanzi alla Corte che l'annullamento degli appalti oggetto della controversia è impossibile, occorre stabilire la natura dell'impossibilità, ossia se si tratti di un'impossibilità originaria o successiva, giuridica o materiale. Qualora si tratti di un'impossibilità sopravvenuta per motivi di fatto, perché nel frattempo il progetto di costruzione sia stato realizzato, tale circostanza non può cambiare la situazione di obbligo astratta come si presentava il 7 marzo 1996. Inoltre la giurisprudenza della Corte ha riconosciuto che uno Stato membro non può invocare, per sottrarsi ad un'azione giudiziaria, il fatto compiuto di cui è esso stesso autore .

78. Alla luce di questo contesto si deve valutare anche l'argomento relativo all'impossibilità iniziale di annullare i contratti a causa dell'urgenza di far progredire i lavori di costruzione. La richiesta della Commissione di annullamento dei contratti è stata avanzata solo con riferimento ai contratti stipulati a proprio rischio e pericolo dall'amministrazione aggiudicatrice, a conoscenza della loro incompatibilità con il diritto comunitario. Lo Stato membro avrebbe potuto evitare una tale richiesta, se avesse tempestivamente provveduto ad adottare una decisione come quella del 6 febbraio 1996, per evitare il fatto compiuto.

79. La suddetta analisi trova conferma in una considerazione che è alla base della direttiva 93/37. L'art. 7, n. 3, lett. c), della direttiva autorizza le amministrazioni aggiudicatrici ad attribuire gli appalti di lavori mediante la procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando di gara, quando l'urgenza imperiosa non sia compatibile con i termini prescritti. Ebbene, le circostanze addotte per giustificare l'urgenza non devono in nessun caso essere prevedibili dalle amministrazioni aggiudicatrici.

80. Mentre per gli asseriti casi di impossibilità materiale valgono le precedenti riflessioni, restano ancora da chiarire le eventuali conseguenze dell'impossibilità giuridica. La valutazione alla luce del diritto comunitario trova qui un limite. Infatti un eventuale annullamento - come giustamente rileva la Commissione e com'è già stato ricordato nell'ambito dell'esame della ricevibilità - rientra nella sfera di competenze dello Stato membro. Le basi giuridiche e la portata di un eventuale annullamento sono disciplinate dal diritto interno e non possono quindi essere stabilite con effetti vincolanti in questo contesto.

81. Le osservazioni del governo austriaco assumono pertanto fondamentale rilievo. Esso adduce una serie di ragioni per giustificare il fatto che l'annullamento retroattivo dei contratti era impossibile, tuttavia non ha mai sostenuto che si trattasse di assoluta impossibilità iniziale per motivi di diritto. Poiché il governo austriaco ha sempre ritenuto illegittima, anche di recente di fronte alla Corte, la pretesa della Commissione di annullare i contratti, si può ritenere certo che esso non ha intrapreso alcun tentativo per conformarsi alla richiesta avanzata in quel momento.

82. Per l'ulteriore esame si deve muovere dal presupposto che l'asserita impossibilità di annullamento non era in ogni caso assoluta. Se anche vi fosse stata una sola possibilità, la richiesta della Commissione non sarebbe stata rivolta per una prestazione impossibile. Si deve quindi concludere che a seguito della richiesta della Commissione sussisteva un obbligo giuridico di conformarsi ad essa.

83. Il governo austriaco sostiene ora dinanzi alla Corte che non si poteva pretendere un annullamento a causa della tutela del legittimo affidamento delle controparti, il quale prevarrebbe sulle richieste della Commissione. Questo argomento va disatteso. Il governo austriaco fa valere posizioni giuridiche di terzi illegalmente generate dall'amministrazione aggiudicatrice. Per la fondamentale situazione d'obbligo dello Stato membro nei confronti della Comunità, questo non può richiamarsi efficacemente alle conseguenze di un suo comportamento contrario al diritto, al fine di mettere in questione l'obbligo giuridico in sé. In quale misura fosse esigibile un annullamento nel caso concreto, è materia che, come già rilevato, esula dalla valutazione della Corte.

84. Va infine preso in esame l'argomento del governo austriaco secondo cui l'effetto utile della direttiva, una volta aggiudicati gli appalti, non sarebbe più realizzabile. La situazione della concorrenza sarebbe stata influenzata in modo tale da non potersi più ripristinare una situazione come quella precedente l'aggiudicazione. Gli offerenti avrebbero comunque conseguito un vantaggio concorrenziale nei confronti di offerenti potenziali partecipanti in un secondo momento. Questo argomento può considerarsi corretto sul piano dei fatti. Tuttavia, esso non consente di sottrarsi ad ogni tentativo di porre rimedio ad un comportamento illegittimo. Talune imprese che, nelle circostanze del caso di specie, semplicemente non avevano alcuna conoscenza del bando, avrebbero senz'altro potuto partecipare per esempio ad un nuovo bando di gara indetto a livello comunitario. Questi potenziali offerenti non sono - ex post - individuabili, cosicché non possono far valere alcun genere di richiesta di risarcimento.

85. In conclusione, si deve constatare che al 7 marzo 1996, con la richiesta della Commissione, sussisteva un obbligo di conformarsi ad essa di cui non si è potuto dimostrare un'obiettiva impossibilità iniziale.

86. Infine, si deve prendere in esame la questione relativa all'interesse ad agire in giudizio, a cui non è stato possibile rispondere nell'ambito dell'esame della ricevibilità. Poiché si deve considerare che esisteva un astratto obbligo di ottemperare alla richiesta, che il governo austriaco ha tuttavia contestato fino all'ultimo, l'interesse ad agire deve essere affermato già in base a questo motivo. Inoltre, una valutazione che accerti tale interesse nel caso di specie può rivestire un certo ruolo nella controversia relativa ad eventuali diritti al risarcimento dei danni. Pertanto, anche per questo motivo, l'interesse ad agire va riconosciuto.

Sulle spese

87. Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. Il governo austriaco è risultato soccombente e va pertanto condannato alle spese.

C - Conclusioni

88. Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di decidere come segue:

«1) La Repubblica d'Austria, nell'ambito della costruzione del nuovo centro amministrativo del Land dell'Austria inferiore e del nuovo centro culturale in St. Pölten, in sede di aggiudicazione degli appalti conclusi anteriormente al 6 febbraio 1996, ma non ancora eseguiti o, per quanto possibile, ancora annullabili al 7 marzo 1996, è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi delle direttive del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, e 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, nonché dell'art. 30 del Trattato.

2) La Repubblica d'Austria è condannata alle spese».

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