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Document 61996CC0132

    Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 25 settembre 1997.
    Antonio Stinco e Ciro Panfilo contro Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Pretura circondariale di Roma - Italia.
    Pensione di vecchiaia - Calcolo dell'importo teorico della prestazione - Presa in considerazione dell'importo necessario per raggiungere il trattamento minimo previsto dalla legge.
    Causa C-132/96.

    Raccolta della Giurisprudenza 1998 I-05225

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1997:436

    61996C0132

    Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 25 settembre 1997. - Antonio Stinco e Ciro Panfilo contro Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Pretura circondariale di Roma - Italia. - Pensione di vecchiaia - Calcolo dell'importo teorico della prestazione - Presa in considerazione dell'importo necessario per raggiungere il trattamento minimo previsto dalla legge. - Causa C-132/96.

    raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-05225


    Conclusioni dell avvocato generale


    1 Questa domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente dalla Pretura circondariale di Roma riguarda l'interpretazione dell'art. 46, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1408/71 (in prosieguo: il «regolamento») (1).

    La normativa comunitaria

    2 L'art. 46 (2) del regolamento n. 1408/71 stabilisce le condizioni per la concessione delle prestazioni di vecchiaia e di morte quando il lavoratore è stato soggetto alla legislazione di due o più Stati membri. Il sistema istituito dall'art. 46 intende porre rimedio a situazioni in cui la normativa di uno Stato membro nega in tutto o in parte le prestazioni a tale lavoratore perché sono stati compiuti periodi insufficienti di assicurazione o di residenza. Il modo in cui il sistema si applica - e quindi il calcolo della prestazione da versare - dipende dall'approccio adottato dalla normativa dello Stato membro che concede la prestazione.

    3 Se in base a tale normativa il diritto di una persona alle prestazioni sussiste senza che sia necessario ricorrere a periodi compiuti in altri Stati membri (ad esempio, poiché i periodi di assicurazione o di residenza compiuti nello Stato membro che concede le prestazioni conferiscono di per sé il diritto), si applica il metodo di calcolo di cui all'art. 46, n. 1 (3).

    4 Se invece in base alla normativa di uno Stato membro il diritto di una persona non sussiste a meno che non si tenga conto di periodi di assicurazione compiuti in un altro Stato membro, si applica l'art. 46, n. 2. Questo articolo prevede quanto segue:

    «a) L'istituzione competente calcola l'importo teorico delle prestazioni cui l'interessato avrebbe diritto se tutti i periodi di assicurazione e/o di residenza, compiuti sotto le legislazioni degli Stati membri alle quali il lavoratore subordinato o autonomo è stato soggetto, fossero stati compiuti nello Stato membro in questione e sotto la legislazione che essa applica alla data della liquidazione. Se, in virtù di questa legislazione, l'importo della prestazione è indipendente dalla durata dei periodi compiuti, tale importo è considerato come l'importo teorico di cui alla presente lettera;

    b) l'istituzione competente determina quindi l'importo effettivo della prestazione in base all'importo teorico di cui alla lettera precedente, proporzionalmente alla durata dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti prima che si avverasse il rischio, sotto la legislazione che essa applica, in rapporto alla durata totale dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti, prima che il rischio si avverasse, sotto la legislazione di tutti gli Stati membri in causa».

    5 Pertanto, se una persona ha lavorato per 10 anni nello Stato membro A e per 20 anni nello Stato membro B, in tal caso anche se in base alla normativa dello Stato membro A non avesse diritto a una pensione per un periodo di assicurazione di 10 anni (ad esempio, perché tale Stato richiede 15 anni di lavoro nel suo territorio), in forza dell'art. 46, n. 2, tale persona avrebbe diritto nello Stato membro A ad un terzo della prestazione che gli spetterebbe se avesse ivi lavorato per 30 anni. La prima fase della procedura così descritta [cioè il calcolo dell'importo teorico in base all'art. 46, n. 2, lett. a)] è conosciuta come cumulo e la seconda fase [cioè il calcolo della prestazione pro rata in base all'art. 46, n. 2, lett. b)] come ripartizione.

    6 L'art. 50 del regolamento n. 1408/71, benché non menzionato nella questione sottoposta alla Corte, viene richiamato dal convenuto Istituto nazionale della previdenza sociale (in prosieguo: l'«INPS»), dal governo svedese e dalla Commissione. Questa disposizione, che riguarda i casi in cui i periodi di occupazione di un lavoratore in base alle normative nazionali cui egli è stato soggetto erano piuttosto brevi cosicché l'importo totale delle prestazioni dovute dagli Stati in cui ha lavorato non può garantirgli un equo tenore di vita (4), prevede quanto segue:

    «Il beneficiario di prestazioni al quale è stato applicato il presente capitolo non può, nello Stato nel cui territorio egli risiede e se una prestazione gli è dovuta secondo la legislazione di tale Stato, ricevere un importo di prestazioni inferiore a quello della prestazione minima fissata dalla legislazione di tale Stato per un periodo di assicurazione o di residenza pari al totale dei periodi presi in considerazione per la liquidazione della sua prestazione conformemente alle disposizioni degli articoli precedenti. L'istituzione competente di tale Stato gli versa eventualmente, per tutto il periodo della sua residenza nel territorio di tale Stato, un complemento pari alla differenza tra la somma delle prestazioni dovuta ai sensi del presente capitolo e l'importo della prestazione minima».

    La normativa nazionale

    7 La legge italiana prevede un livello minimo di pensione. Qualora la pensione totale cui si ha diritto (compresa ogni pensione dovuta da un altro Stato membro) ricada al di sotto di tale livello, è dovuta un'integrazione per compensare la differenza.

    8 L'ordinanza di rinvio non fornisce di fatto alcuna informazione circa il sistema di pensione minima. In essa si afferma che tale sistema è previsto per i pensionati che avevano più di 780 contributi settimanali e si fa riferimento, senza dettagli, all'art. 8 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nonché all'art. 7 della legge 29 dicembre 1990, n. 407.

    9 I ricorrenti affermano che l'integrazione è prevista dall'art. 9 della legge 4 aprile 1952, n. 218. Tale articolo prevede che le pensioni di vecchiaia, invalidità e superstiti siano aumentate fino a un importo totale pari a 45 volte la pensione base, come altrove definita. L'art. 16, anch'esso fatto valere dai ricorrenti, prevede che l'integrazione debba essere finanziata con un contributo dei lavoratori soggetti all'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, nonché con un contributo dei datori di lavoro e con il concorso dello Stato.

    10 I ricorrenti fanno riferimento anche all'art. 8 della legge 30 aprile 1969, n. 153, all'art. 6 della legge 11 novembre 1983, n. 638, e all'art. 7 della legge 29 dicembre 1990, n. 407. Secondo i ricorrenti la legge del 1983 mira unicamente ad evitare qualsiasi «cumulo» tra l'integrazione della pensione e altri redditi del beneficiario. Nella sua versione originale l'art. 6 di questa legge escludeva dal reddito così preso in conto i redditi ottenuti all'estero. Tuttavia, sempre secondo i ricorrenti, questa legge è stata modificata dalla legge 29 dicembre 1990, n. 407, per comprendere a tal fine i redditi prodotti all'estero dai pensionati ivi residenti. Relativamente all'art. 8 della legge del 1969 i ricorrenti affermano che esso prevede esplicitamente l'integrazione al trattamento minimo delle pensioni «il cui diritto sia acquisito in virtù del cumulo dei periodi assicurativi e contributivi previsto da accordi o convenzioni internazionali in materia di assicurazioni sociali». L'art. 8 viene citato come modificato dall'art. 7, n. 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, benché i ricorrenti non facciano ivi riferimento a quest'ultima legge.

    11 L'INPS fa riferimento all'art. 8 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e all'art. 6 della legge 11 novembre 1983, n. 638. Esso afferma che quest'ultimo aggiunge un ulteriore requisito per aver diritto all'integrazione al minimo della pensione, cioè che il reddito del presunto beneficiario non deve essere superiore a due volte l'ammontare annuo del trattamento minimo stesso. All'udienza in nome dell'INPS è stato affermato che nessuna altra norma, salvo le due citate, era rilevante per l'integrazione al minimo della pensione.

    I fatti e la causa dinanzi al giudice nazionale

    12 Dalla alquanto scheletrica ordinanza di rinvio risulta che il signor Stinco e il signor Panfilo hanno entrambi presentato una domanda di pensione di vecchiaia all'INPS. Alla stessa data ciascun ricorrente aveva anche diritto a una pensione di vecchiaia a carico di un altro Stato membro (rispettivamente Francia e Regno Unito). All'udienza si è affermato che il signor Stinco aveva lavorato per 392 settimane in Italia e 1 105 settimane in Francia. Alla Corte non sono stati forniti dettagli sulla carriera lavorativa del signor Panfilo.

    13 L'INPS aveva concesso pensioni pro rata in conformità dell'art. 46, n. 2, calcolate in riferimento alle pensioni virtuali che i ricorrenti avrebbero percepito se avessero lavorato per tutta la vita in Italia. Sembra che l'importo della pensione virtuale preso in conto per il calcolo fosse tale che, se i ricorrenti avessero in effetti avuto diritto a pensioni nazionali di tale importo, la pensione sarebbe stata completata dall'integrazione al minimo di pensione previsto dalla legge italiana in modo da raggiungere il livello di pensione minimo previsto dalla legge. L'importo della pensione virtuale è descritto dai ricorrenti come irrisorio e all'udienza si è affermato che portava a un pagamento pro rata di 2 100 LIT (forse al mese, benché non sia stato specificato) nel caso del signor Stinco ed anche meno nel caso del signor Panfilo. Se la pensione virtuale viene integrata fino al livello della pensione minima, tuttavia, il pagamento pro rata nel caso del signor Stinco sarebbe di 502 490 LIT (presumibilmente per anno).

    14 Nell'ordinanza di rinvio si afferma che la pensione effettivamente ricevuta dai ricorrenti non è stata integrata fino a raggiungere il minimo previsto dalla legge poiché la pensione totale ricevuta in ciascun caso, cioè dopo aver preso in considerazione la pensione ricevuta dalla Francia o dal Regno Unito, superava il livello che faceva scattare il pagamento dell'integrazione in base alla legge italiana. Tuttavia, anche qualora la pensione totale fosse stata al di sotto di tale livello, è dubbio se i ricorrenti sarebbero stati legittimati a chiedere all'Italia d'integrare le loro pensioni totali fino a quel livello, poiché è stato accertato all'udienza che essi erano residenti, rispettivamente, in Francia e nel Regno Unito e, come si vedrà più avanti, sembra che l'integrazione di pensione italiana sia una prestazione non esportabile.

    15 Ciascuno dei ricorrenti ha sostenuto che la pensione virtuale utilizzata come base per il calcolo delle loro pensioni pro rata avrebbe dovuto comprendere l'integrazione e avrebbe dovuto pertanto essere pari al minimo previsto dalla legge. Essi hanno avviato distinti procedimenti chiedendo una dichiarazione e un ordine a tal fine; questi procedimenti sono stati riuniti.

    16 La Pretura ha sottoposto alla Corte la questione se, per determinare l'importo del pro rata italiano, l'INPS debba prendere come base di calcolo la pensione «virtuale» o teorica pura e semplice o se, per determinare detto importo, debba adottare come base di calcolo la pensione «virtuale» o teorica integrata al trattamento minimo.

    17 Hanno presentato osservazioni scritte i ricorrenti, l'INPS, il governo svedese e la Commissione. I ricorrenti, l'INPS, i governi spagnolo e austriaco nonché la Commissione erano rappresentati all'udienza.

    Se l'integrazione al minimo rientri nel campo di applicazione dell'art. 46

    18 Nessuno nelle proprie osservazioni ha sollevato, in quanto tale, la questione se l'integrazione rientri nel campo di applicazione dell'art. 46. Ad ogni modo, l'INPS sostiene che l'integrazione non è parte della pensione, probabilmente al fine di concludere che essa non rientra pertanto nell'art. 46. La Pretura e i ricorrenti sostengono che essa non è una prestazione indipendente, ma è semplicemente uno degli elementi che costituiscono la pensione. La Commissione fa riferimento a una recente decisione della Corte di cassazione italiana (5) sostenendo che in tale caso, come a quanto pare in diversi casi precedenti, si è dichiarato che l'integrazione al minimo, pur avendo propri e distinti presupposti, resta pur sempre una componente inscindibile del diritto alla pensione. L'interpretazione di tale sentenza fornita dalla Commissione è stata contestata all'udienza dal difensore dell'INPS. Tuttavia, per i motivi che saranno qui di seguito esposti, non ritengo sia necessario che la Corte esamini l'esatta portata della sentenza italiana al fine di poter risolvere le questioni ad essa sottoposte.

    19 Anche se l'integrazione al minimo fosse concettualmente separabile dalla pensione di base cui si ha diritto, ciò non sarebbe di per sé sufficiente, a mio parere, per escluderla dalla portata dell'art. 46. Gli assegni supplementari sono specificamente menzionati dal regolamento nel senso che rientrano nelle nozioni di «prestazioni, pensioni e rendite» (6). La Corte in diverse occasioni ha dichiarato che assegni supplementari simili nella struttura all'integrazione al minimo della pensione italiana rientrano nel campo di applicazione del regolamento n. 1408/71, nonostante tali assegni frequentemente abbiano le caratteristiche sia della previdenza sociale (che rientra ovviamente ed esplicitamente nel campo di applicazione del regolamento n. 1408/71 ai sensi dell'art. 4, n. 1) sia dell'assistenza sociale (esclusa dalla portata del regolamento n. 1408/71 dall'art. 4, n. 4) [v., ad esempio, sentenze Frilli (7) (reddito belga garantito alle persone anziane con risorse insufficienti); Biason (8) (l'assegno del Fonds national de solidarité, assegno integrativo francese pagato ai beneficiari di prestazioni di vecchiaia o di invalidità con risorse insufficienti); Piscitello (9) (la pensione sociale italiana pagata alle persone anziane il cui reddito è inferiore a un determinato importo) e Giletti (10) (l'assegno del Fonds national de solidarité)]. Inoltre tale prestazione è stata esaminata specificamente dalla Corte dal punto di vista dell'art. 46 nella causa Levatino (11).

    20 Tale causa riguardava la prestazione di reddito garantito belga, una prestazione non contributiva intesa a garantire un reddito minimo a persone anziane senza risorse sufficienti. Detta prestazione, che era basata su un accertamento del reddito e non dipendeva dal compimento di particolari periodi di assicurazione, veniva versata come un supplemento che portava il reddito effettivo (sia della ricorrente sia del coniuge) a un determinato livello. La ricorrente riceveva la prestazione per integrare le sue pensioni belga e italiana, che nel totale erano inferiori al minimo. La Corte ha dichiarato che una prestazione quale il reddito garantito doveva essere considerata come una prestazione di vecchiaia ai sensi del regolamento, così che i diritti del beneficiario andavano determinati secondo le disposizioni, in particolare, degli artt. 46 e 51 (12). Nelle mie conclusioni ho affermato quanto segue:

    «[U]na prestazione come il reddito garantito rientra nell'ambito di applicazione del capitolo 3, titolo III, del regolamento e, in particolare, dell'art. 46. La soluzione contraria sarebbe, secondo me, incompatibile non solo con la lettera ma anche con le finalità dell'art. 46. Si evince infatti dalla giurisprudenza della Corte che scopo del regolamento è promuovere il più possibile la libera circolazione dei lavoratori (...). Qualora prestazioni non contributive di carattere misto come il reddito garantito non dovessero essere comprese nella sfera di applicazione dell'art. 46, la protezione che il capitolo 3, titolo III, del regolamento garantisce ai lavoratori migranti sarebbe sensibilmente ridotta e diverrebbe possibile, per gli Stati membri, eludere le disposizioni di questo capitolo ricorrendo al sistema di prestazioni non contributive» (13).

    21 Sembra pertanto, prima facie, che sulla base della sentenza Levatino l'integrazione rientri nel campo di applicazione dell'art. 46. La versione del regolamento n. 1408/71 in discussione nella causa Levatino è stata tuttavia modificata dal regolamento (CEE) n. 1247/92 (14); le modifiche apportate dal regolamento n. 1247/92 sono state fatte valere sia dall'INPS sia dal governo austriaco a sostegno del loro argomento secondo cui l'importo teorico ai fini dell'art. 46, n. 2, lett. a), non deve comprendere l'integrazione al minimo.

    22 Dal preambolo del regolamento n. 1247/92 è chiaro che le modifiche apportate da questo regolamento erano ampiamente ispirate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia secondo la quale alcune prestazioni previste dalle legislazioni nazionali possono rientrare simultaneamente nei settori della previdenza sociale e dell'assistenza sociale (15). Il regolamento ha una lunga storia, che rimonta alla sentenza Biason (16), una sentenza della Corte del 1974 secondo cui l'art. 10 del regolamento n. 1408/71, il quale sancisce il principio generale secondo cui gli Stati membri non possono subordinare la concessione di talune prestazioni (comprese le prestazioni di vecchiaia e d'invalidità) alla residenza del beneficiario nello Stato che le concede, imponeva a uno Stato membro di esportare le prestazioni che rientrano nel campo di applicazione del regolamento qualora il beneficiario si trasferisse in un altro Stato membro. La prestazione di cui si trattava nella causa Biason era un assegno integrativo del Fonds national de solidarité francese che integrava una pensione d'invalidità ottenuta in base a un regime assicurativo; esso costituiva una prestazione del tipo precedentemente ammesso dalla Corte come una prestazione ibrida soggetta al regolamento.

    23 Nonostante la chiara pronuncia della Corte, la Francia, lo Stato membro che doveva versare la prestazione, rifiutava di pagare l'assegno ai beneficiari di pensioni di questo tipo qualora esso fosse destinato a sovvenzionare persone che risiedevano in altri Stati membri, per cui la Commissione nel 1980 ha avviato un procedimento per inadempimento. Ciò induceva la delegazione francese presso il Consiglio a proporre l'adozione di una normativa intesa a limitare il pagamento di tali pensioni miste ai residenti nel territorio dello Stato membro interessato. In conseguenza dell'iniziativa francese la Commissione sospendeva il procedimento per inadempimento e presentava alla fine una proposta di modifica del regolamento n. 1408/71 (17). L'iter della proposta veniva successivamente rallentato, in parte dal costante rifiuto della Francia di ammettere, nonostante la chiara giurisprudenza della Corte, che l'assegno del Fonds national de solidarité costituiva previdenza sociale ai fini del regolamento; la Commissione di conseguenza riavviava il procedimento nel 1988 e otteneva una pronuncia dalla Corte secondo cui la Francia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 10 del regolamento n. 1408/71 (18).

    24 La proposta è stata alla fine adottata come regolamento n. 1247/92, che apporta in effetti quattro modifiche al regolamento n. 1408/71.

    25 In primo luogo, esso estende la definizione di «familiare», di cui all'art. 1, lett. f), per adeguare il regolamento n. 1408/71 alla giurisprudenza della Corte in materia di diritti dei figli a talune prestazioni miste (19).

    26 In secondo luogo, esso inserisce l'art. 4, n. 2 bis (20), nel regolamento n. 1408/71 per chiarire che talune prestazioni miste rientrano nel campo di applicazione del regolamento:

    «2 bis. Il presente regolamento si applica alle prestazioni speciali a carattere non contributivo previste da una legislazione o da un regime diversi da quelli contemplati al paragrafo 1 [previdenza sociale] o esclusi ai sensi del paragrafo 4 [assistenza sociale], qualora dette prestazioni siano destinate:

    a) a coprire in via suppletiva, complementare o accessoria, gli eventi corrispondenti ai settori di cui alle lettere da a) ad h) del paragrafo 1, oppure

    b) unicamente a garantire la tutela specifica dei minorati».

    L'art. 4, n. 1, lett. c), si riferisce alle prestazioni di vecchiaia.

    27 In terzo luogo, esso inserisce l'art. 10 bis (21) e l'allegato II bis (22) nel regolamento n. 1408/71 per chiarire che gli Stati membri possono specificare che talune delle prestazioni indicate nell'art. 4, n. 2 bis, sono dovute esclusivamente ai residenti. L'art. 10 bis, n. 1, prevede:

    «Nonostante le disposizioni dell'articolo 10 e il titolo III (23), le persone alle quali il presente regolamento è applicabile beneficiano delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo di cui all'articolo 4, paragrafo 2 bis, esclusivamente nel territorio dello Stato membro nel quale esse risiedono ed in base alla legislazione di tale Stato, purché tali prestazioni siano menzionate nell'allegato II bis (...)».

    Il resto dell'art. 10 bis (nn. 2-4) contiene norme per il cumulo di periodi compiuti in altri Stati membri e disposizioni che facilitano l'ottenimento di tale tipo di prestazione, che non sono pertinenti nella presente fattispecie.

    L'allegato II bis comprende tra l'altro il punto «H. ITALIA»:

    «e) L'integrazione al trattamento minimo (legge 218 del 4 aprile 1952, legge 638 dell'11 novembre 1983, e legge 407 del 29 dicembre 1990)».

    Altre prestazioni indicate nell'allegato II bis sono il reddito belga garantito alle persone anziane, di cui alle cause Frilli e Levatino, l'assegno supplementare francese del Fonds national de solidarité, di cui alle cause Biason e Giletti, e la pensione sociale italiana, di cui alla causa Piscitello.

    28 Infine, il regolamento n. 1247/92 inserisce l'art. 4, n. 2 ter, nel regolamento n. 1408/71 (24) per chiarire che talune altre prestazioni speciali a carattere non contributivo non rientrano nel campo di applicazione del regolamento; gli Stati membri possono specificare tali prestazioni (25), che devono essere elencate in una nuova sezione III dell'allegato II (26) al regolamento n. 1408/71:

    «Il presente regolamento non è applicabile alle disposizioni della legislazione di uno Stato membro relative alle prestazioni speciali a carattere non contributivo, menzionate nell'allegato II, rubrica III, la cui applicazione è limitata ad una parte del suo territorio».

    29 E' chiaro pertanto che il regolamento n. 1247/92 intendeva esplicitamente comprendere le prestazioni speciali a carattere non contributivo tra quelle rientranti nel campo di applicazione del regolamento n. 1408/71 e quindi far sì che i lavoratori migranti non dovessero più avviare un procedimento ogni volta che fosse in discussione la natura di una prestazione mista e, in secondo luogo, riservare il beneficio di queste prestazioni acquisite a titolo della legislazione di un solo Stato membro a coloro che risiedono nel territorio di tale Stato (27).

    30 I ricorrenti sostengono, giustamente a mio parere, che il regolamento n. 1247/92 non modifica le modalità di calcolo di cui all'art. 46.

    31 L'INPS richiama il regolamento n. 1247/92, benché i suoi argomenti siano piuttosto oscuri. Esso sembra concludere che l'integrazione al minimo, non essendo esportabile in forza del regolamento n. 1247/92, non può essere presa in considerazione nella determinazione dell'importo teorico della prestazione ai fini dell'art. 46, n. 2, lett. a). Il fatto che l'INPS ritenga che il regolamento n. 1247/92 abbia quest'effetto è confermato anche dalle dichiarazioni rese in udienza per conto dei ricorrenti. Risulta infatti da tali dichiarazioni che, prima dell'entrata in vigore del regolamento n. 1247/92, l'INPS aveva incluso l'integrazione al minimo nell'importo teorico e che ha modificato la sua prassi solo dopo l'entrata in vigore del suddetto regolamento (si può anche dedurre dalle osservazioni del governo italiano nella causa Valentini (28) che tale governo era in precedenza convinto che un'integrazione quale l'integrazione di pensione di cui trattasi nella presente fattispecie rientrasse nel campo di applicazione dell'art. 46).

    32 L'argomento dedotto dall'INPS, tuttavia, confonde il pagamento dell'integrazione con la diversa - e collegata - questione se essa debba essere presa in considerazione nella determinazione dell'importo teorico. E' vero che il regolamento n. 1247/92 chiarisce che l'integrazione in quanto tale dev'essere concessa solo ai residenti in Italia e quindi che i ricorrenti, poiché non sono residenti in Italia, non avrebbero diritto a chiedere l'integrazione per portare il totale delle loro pensioni all'importo minimo specificato dalla normativa italiana. Tale questione comunque non sorge nella presente fattispecie: è pacifico che i ricorrenti non chiedono il versamento della prestazione come un'integrazione per completare le loro pensioni, ma chiedono semplicemente che essa sia presa in considerazione nel determinare l'importo teorico della pensione italiana ai fini dell'art. 46, n. 2, lett. a).

    33 La distinzione tra la concessione delle prestazioni elencate nell'allegato II bis, limitate ai residenti, e l'ottenimento da parte di un non residente di una pensione pro rata calcolata in riferimento a un importo teorico che comprende una di tali prestazioni può sembrare lieve e perfino speciosa. Tale distinzione viene tuttavia a mio parere effettuata correttamente. Un esempio può chiarire questa affermazione. Supponiamo che un lavoratore sia andato in pensione in Italia e in Francia con brevi periodi di contribuzione. Il suo diritto a pensione è stato calcolato ai sensi dell'art. 46 tenendo conto dell'integrazione di pensione italiana ai fini dell'importo teorico. Egli riceverebbe prestazioni pro rata che rispecchiano i periodi lavorati nei due Stati membri interessati. Se il totale delle prestazioni effettivamente ricevute fosse inferiore alla pensione minima prevista dalla normativa italiana, il lavoratore, ammesso che fosse residente in Italia, potrebbe in aggiunta chiedere l'integrazione italiana per portare il totale al minimo. Se tuttavia decidesse di trasferirsi in un altro Stato membro, tale lavoratore continuerebbe a ricevere la prestazione pro rata, ma, in forza dell'art. 10 bis, non avrebbe diritto di continuare a ricevere l'integrazione al minimo. Egli potrebbe naturalmente aver diritto a un'analoga integrazione nel suo nuovo Stato di residenza, se la legislazione di quest'ultimo prevede una tale prestazione; in tal caso, egli può far riferimento all'art. 50 del regolamento n. 1408/71.

    34 Il governo austriaco ha sostenuto all'udienza che, poiché l'integrazione di pensione italiana è elencata nell'allegato II bis del regolamento n. 1408/71, non si applica né l'art. 46, n. 2, lett. a), né l'art. 50.

    35 E' a mio parere chiaro, per una serie di motivi, che l'effetto dell'art. 10 bis non è di escludere dal campo di applicazione del regolamento n. 1408/71 nel suo insieme le prestazioni elencate nell'allegato II bis. In generale bisogna considerare che l'art. 10 bis, come deroga a una normativa intesa a migliorare la situazione dei lavoratori migranti, richiede un'interpretazione restrittiva.

    36 Innanzi tutto risulta chiaramente dall'art. 4, n. 2 bis, richiamato nell'art. 10 bis, che il regolamento si applica in via di principio a prestazioni quali l'integrazione di pensione italiana.

    37 In secondo luogo, le prime parole dell'art. 10 bis, «nonostante (...) il titolo III», dimostrano che il regolamento si applica nella sua totalità e, in particolare, che il titolo III (che comprende l'art. 46) trova applicazione tranne laddove ad esso si sovrappone l'art. 10 bis, cioè relativamente alla validità del requisito della residenza nel caso di determinate prestazioni.

    38 In terzo luogo, se l'effetto dell'art. 10 bis fosse di escludere dal campo di applicazione del regolamento n. 1408/71 le prestazioni elencate nell'allegato II bis, l'art. 4, n. 2 bis, e la sezione III dell'allegato II sarebbero superflui.

    39 Si deve anche rilevare che l'avvocato generale Tesauro nella causa Krid (29) ha dato poco credito all'argomento dedotto dal Regno Unito secondo cui le modifiche apportate dal regolamento n. 1247/92 «avrebbero reso ancora più evidente che le prestazioni speciali a carattere non contributivo non rientrano nella previdenza sociale» (30). Egli ha sostenuto che non gli sembra «possano nutrirsi dubbi quanto al fatto che una prestazione nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale [l'assegno supplementare del Fonds national de solidarité francese] (...) sia compresa nel settore della sicurezza sociale», come definito dal regolamento (31). La Corte ha ribadito tale tesi dichiarando che «dopo l'entrata in vigore (...) del regolamento n. 1247/92, le prestazioni del tipo dell'assegno supplementare del FNS sono state espressamente incluse nell'ambito di applicazione ratione materiae del regolamento n. 1408/71» (32).

    40 E' pertanto chiaro secondo me che, nonostante l'art. 10 bis, il regolamento n. 1408/71 si applica nella sua totalità alle prestazioni elencate nell'allegato II bis. E' per me inoltre chiaro che l'art. 46 in particolare continua ad applicarsi a quelle prestazioni.

    41 Innanzi tutto, se si fosse voluto tenere le prestazioni di carattere non contributivo generalmente al di fuori del campo di applicazione dell'art. 46, tale disposizione sarebbe stata sicuramente modificata in modo da rendere chiaro questo intento; come sarà indicato qui di seguito, ciò non è stato fatto, anche se le disposizioni pertinenti dell'art. 46 sono state al tempo stesso modificate.

    42 In secondo luogo, nella formulazione dell'art. 10 bis nulla fa pensare che esso abbia l'effetto sostenuto dall'INPS e dal governo austriaco: la disposizione prevede semplicemente che le prestazioni cui essa si applica siano pagate esclusivamente nello Stato di residenza. Il governo austriaco all'udienza ha sostenuto che il riferimento al titolo III nelle prime parole dell'art. 10 bis dimostrava che il titolo III non si applicava alle prestazioni elencate nell'allegato II bis. Questo argomento a mio parere non è corretto. Il titolo III reca l'intestazione «Disposizioni specifiche alle varie categorie di prestazioni» e comprende 60 articoli raggruppati in otto capitoli che trattano di malattia e maternità, invalidità, vecchiaia e morte (pensioni), infortuni sul lavoro e malattie professionali, assegni in caso di morte, disoccupazione, prestazioni familiari e prestazioni per figli a carico di titolari di pensioni o di rendite e prestazioni per orfani. Molte di queste disposizioni mirano a conferire un diritto a prestazioni in denaro a non residenti. Ovviamente, laddove tali prestazioni sono elencate nell'allegato II bis, un tale diritto è ora superato dall'art. 10 bis. Non vi è motivo tuttavia di ritenere che l'art. 10 bis escluda l'applicazione delle restanti disposizioni del titolo III, che non riguardano il diritto di non residenti, alle prestazioni elencate nell'allegato II bis.

    43 In terzo luogo, la cronistoria dell'art. 10 bis, sopra illustrata, dimostra che l'intenzione era di risolvere le difficoltà che apparentemente derivavano da cause come la Biason (33) e la Piscitello (34), in cui la Corte aveva dichiarato che prestazioni in denaro di natura non contributiva continuavano ad essere dovute anche se il beneficiario trasferiva la sua residenza dallo Stato membro di pagamento ad un altro Stato membro, piuttosto che questioni come quella sorta nella causa Levatino, che riguardava la determinazione e l'adeguamento di prestazioni di vecchiaia che comprendevano una prestazione avente la natura di un'integrazione al livello di reddito minimo. La finalità dell'art. 10 bis è semplicemente di convalidare una condizione secondo cui una prestazione è dovuta unicamente nel territorio nazionale, condizione che sarebbe altrimenti illegittima in forza dell'art. 10, come precedentemente interpretato dalla Corte.

    44 Di conseguenza nulla può far pensare che l'effetto delle modifiche apportate al regolamento n. 1408/71 dal regolamento n. 1247/92 sia di escludere dall'art. 46 prestazioni quali l'integrazione di pensione italiana.

    45 Per concludere questa sezione, pertanto, ritengo che nella sentenza Levatino sia stato stabilito che una prestazione quale l'integrazione di pensione italiana rientra nell'art. 46 e che questa affermazione non sia stata alterata dalle modifiche apportate al regolamento n. 1408/71 dal regolamento n. 1247/92.

    L'importo teorico

    46 Una volta ammesso che l'art. 46 si applica all'integrazione al minimo, a mio parere dalla formulazione dell'art. 46, n. 2, lett. a), in particolare dalla frase finale (35), deve derivare che l'importo teorico della pensione da calcolarsi debba comprendere l'integrazione. Questo è, a mio parere, il chiaro significato dell'espressione «l'importo teorico della prestazione cui l'interessato avrebbe diritto se tutti i periodi di assicurazione (...) fossero stati compiuti nello Stato membro in questione». Se, in tal caso, i ricorrenti avessero compiuto in Italia il numero totale di settimane lavorate, risulta che essi avrebbero potuto far valere un diritto a pensioni irrisorie, integrate in ciascun caso al trattamento pensionistico minimo.

    47 L'INPS sostiene che, se l'importo della prestazione minima è, come nella fattispecie, indipendente dai periodi di assicurazione, tale prestazione non dev'essere presa in considerazione nel calcolare la pensione teorica, ma è rilevante solo ai fini dell'art. 50. Questo argomento a mio parere non è sostenibile alla luce della formulazione dell'art. 46, n. 2, lett. a), la cui frase finale stabilisce specificamente che «se (...) l'importo della prestazione è indipendente dalla durata dei periodi compiuti, tale importo è considerato come l'importo teorico». Questa disposizione prevede chiaramente che l'importo di una prestazione che è indipendente dalla durata dei periodi compiuti non è per ciò escluso dall'importo teorico, ma al contrario è l'importo teorico; questa tesi inoltre sembra essere stata adottata dalla Corte nella sentenza Levatino (36). Va rilevato che l'art. 46 è stato modificato dal regolamento n. 1248/92 (37), adottato nella stessa data del regolamento n. 1247/92, ma che la frase finale dell'art. 46, n. 2, lett. a), non è stata eliminata. E' molto improbabile inoltre che si sia trattato di una svista, poiché la frase finale è stata in realtà rimodellata in un linguaggio più scorrevole allo stesso fine (38), suggerendo quindi in maniera abbastanza forte che si intendeva che essa continuasse ad avere applicazione.

    48 L'argomento dell'INPS inoltre non tiene conto della causa Levatino, nella quale la prestazione era analogamente indipendente dai periodi di assicurazione, ma ciò nonostante la Corte ha dichiarato che essa rientrava nel campo di applicazione dell'art. 46. Va rilevato che nella predetta causa l'Office national de pensions, l'ente previdenziale belga, aveva sostenuto che il criterio usato per calcolare la prestazione di reddito garantito era incompatibile con il sistema di cumulo e ripartizione previsto, tra l'altro, nell'art. 46. Questa tesi è stata respinta (39).

    49 L'INPS afferma che, se si includesse l'integrazione al minimo nell'importo teorico della pensione, l'importo della pensione concessa dopo la ripartizione risulterebbe inversamente proporzionale alla durata della carriera lavorativa del beneficiario. Esso chiarisce tale argomento con un esempio: se si ammette che il beneficiario abbia lavorato per un determinato breve periodo in Italia (nel suo esempio cinque anni), allora più lunga è la carriera lavorativa totale del beneficiario (e quindi in ipotesi più lunga è la sua carriera lavorativa altrove), minore è la frazione rappresentata dall'elemento italiano della sua pensione totale. Poiché è proprio questo l'intento dell'operazione di cumulo e ripartizione, tale affermazione può difficilmente risultare sorprendente.

    50 L'INPS presenta inoltre come un'inaccettabile conseguenza della tesi dei ricorrenti il fatto che la pensione totale dovuta dopo il cumulo e la ripartizione può in talune circostanze superare il minimo nazionale; ancora una volta, ciò può difficilmente sorprendere dato che l'idea stessa di un minimo implica che esso debba essere superato nella grande maggioranza dei casi.

    51 Se non dovesse risultare chiaro dalla formulazione dell'art. 46, n. 2, lett. a), che l'importo teorico della pensione deve comprendere l'integrazione al minimo, si può trarre a tal fine un ulteriore argomento dalle sentenze della Corte. Vi è una certa giurisprudenza su quello che è definito «l'importo teorico della prestazione», benché non vi siano precedenti che riguardino direttamente la questione specifica sollevata nella presente fattispecie.

    52 La sentenza Menzies (40) riguardava la base adeguata per calcolare una pensione d'invalidità professionale in Germania ai sensi dell'art. 46, n. 2, lett. a). La normativa tedesca prevedeva un periodo di assicurazione complementare che doveva essere calcolato a favore degli assicurati che erano stati colpiti da invalidità professionale prima di aver compiuto il cinquantacinquesimo anno di età. Il signor Menzies aveva maturato 24 mesi di contributi assicurativi in Germania e 248 mesi nel Regno Unito. Il periodo complementare, che in tal caso ammontava a 199 mesi, era stato preso in conto dall'ente competente nel calcolare l'importo teorico ai sensi dell'art. 46, n. 2, lett. a), ma non nel calcolare l'importo effettivo ai sensi dell'art. 46, n. 2, lett. b). La prestazione teorica era quindi l'importo della pensione d'invalidità alla quale il signor Menzies avrebbe avuto diritto in Germania se avesse versato contributi per un totale di 471 mesi, cioè 24 + 248 + 199. La prestazione pro rata tedesca era stata calcolata all'8,82% dell'importo teorico, cioè 24 : (24 + 248). Il ricorrente pretendeva che il periodo complementare dovesse essere preso in conto nel calcolare l'importo effettivo, che sarebbe risultato in una prestazione pro rata del 47,34%, cioè (24 + 199) : (24 + 248 + 199).

    53 Nel respingere tale argomento la Corte ha dichiarato quanto segue circa il calcolo dell'importo teorico:

    «Per quanto riguarda l'importo teorico, risulta dal disposto espresso dell'art. 46, n. 2, lett. a), che esso dev'essere calcolato come se l'assicurato avesse esercitato tutta la propria attività lavorativa esclusivamente nello Stato membro interessato. Ne consegue che, se la legislazione di detto Stato prevede, allo scopo di aumentare il valore della prestazione concessa in caso d'invalidità precoce o di morte prematura dell'assicurato, che la prestazione dev'essere calcolata in funzione non soltanto dei periodi di assicurazione compiuti dall'assicurato, ma, in più, di un periodo complementare (...), tale periodo complementare dev'essere preso in considerazione anche per il calcolo dell'importo teorico di cui alla lett. a)» (41).

    54 Nella sentenza Di Prinzio (42) la Corte ha dichiarato quanto segue:

    «Con riguardo al problema della considerazione dei periodi fittizi ai fini del calcolo dell'importo teorico della prestazione, emerge dal disposto dell'art. 46, n. 2, lett. a), che l'ente competente applica la normativa del proprio Stato nel suo insieme, sicché, se questa dispone che la prestazione dev'essere calcolata in funzione non solo dei periodi effettivi o equiparati, ma anche di un certo numero di anni supplementari fittizi, si deve del pari tener conto di detto periodo complementare per il calcolo dell'importo teorico della prestazione» (43).

    55 Dalle sentenze Menzies e Di Prinzio si può concludere che, se uno Stato membro intende perseguire lo scopo di una pensione minima attribuendo periodi fittizi di assicurazione per supplire alla brevità dei periodi assicurativi compiuti dal richiedente, i periodi fittizi devono manifestamente essere inclusi nella determinazione dell'importo teorico. Sarebbe anomalo non includervi parimenti un'integrazione di pensione, qualora un altro Stato membro cerchi di perseguire con tale strumento lo stesso scopo.

    56 Nella sentenza Besem (44) la Corte ha posto una regola più generale. Tale causa riguardava il calcolo di una prestazione d'invalidità olandese. In base alla normativa nazionale pertinente, l'importo della prestazione non dipendeva dalla durata dei periodi assicurativi compiuti, ma era basata sul grado d'incapacità lavorativa e sull'importo giornaliero che il richiedente avrebbe potuto ottenere se non fosse stato inabile al lavoro. Se tuttavia il diritto alla prestazione derivava solo dal regolamento comunitario, questa ipotetica retribuzione doveva essere ridotta in proporzione ai periodi non assicurati. Il signor Besem era rimasto senza assicurazione per cinque anni durante un periodo altrimenti assicurato di 44 anni prima di essere dichiarato inabile al lavoro. L'ente olandese calcolava la sua prestazione d'invalidità ai sensi dell'art. 46, n. 2, sulla base della retribuzione così ridotta. Tale riduzione veniva contestata.

    57 Nel decidere che la riduzione era illegittima la Corte ha dichiarato che la situazione ad essa sottoposta era

    «oggetto di una normativa comunitaria completa la quale consente, da sola, di determinare l'importo teorico rifacendosi alle disposizioni nazionali che fissano l'importo delle prestazioni di cui fruirebbe il lavoratore che vi avesse diritto in forza delle sole leggi nazionali.

    Non è conforme a tale normativa che uno Stato membro, al fine di determinare l'importo delle prestazioni in situazioni del genere, adotti provvedimenti che hanno lo scopo di modificare il calcolo dell'importo teorico nel senso della diminuzione rispetto a quello che risulterebbe dalle disposizioni generali della legge nazionale» (45).

    58 Dai principi sanciti dalla Corte nelle citate sentenze si può concludere che il calcolo di cui all'art. 46, n. 2, lett. a), dev'essere basato sulla pensione virtuale totale che sarebbe dovuta al richiedente se egli avesse lavorato durante tutta la sua carriera lavorativa nello Stato membro in questione. Sarebbe incompatibile con questi principi il non includere in tale calcolo un'integrazione di pensione.

    59 Menzionerei come punto finale le varie note e i vari verbali delle riunioni della commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti cui ha fatto riferimento l'INPS a sostegno delle sue osservazioni. La commissione amministrativa è stata istituita in origine in base al regolamento n. 3 (46), il precursore del regolamento n. 1408/71, ed è attualmente disciplinata dagli artt. 80 e 81 del regolamento n. 1408/71. Tale commissione è tra l'altro incaricata di «trattare ogni questione amministrativa o di interpretazione derivante» dal regolamento n. 1408/71, «senza pregiudizio del diritto delle autorità, delle istituzioni e delle persone interessate di far ricorso alle procedure e alle giurisdizioni previste dalle legislazioni degli Stati membri, dal presente regolamento e dal Trattato» (47). La Corte ha tuttavia dichiarato già in epoca piuttosto lontana che la norma in oggetto (si trattava allora della corrispondente disposizione del regolamento n. 3) (48) lascia impregiudicata la facoltà dei tribunali competenti di conoscere della validità e del contenuto delle disposizioni del regolamento, a proposito delle quali le decisioni della commissione hanno soltanto il valore di un parere. Una diversa interpretazione - proseguiva la Corte - non sarebbe conforme al Trattato, specie all'art. 177, che stabilisce una procedura intesa a garantire l'uniforme interpretazione delle norme comunitarie da parte dei tribunali (49). Di conseguenza le note cui fa riferimento l'INPS non possono essere considerate vincolanti.

    L'art. 50 del regolamento n. 1408/71

    60 L'INPS fa riferimento alla distinzione tra «importo teorico» di cui all'art. 46, n. 2, lett. a), e «prestazione minima», di cui all'art. 50: il primo è semplicemente la base per il calcolo su cui si fonda il sistema comunitario di cumulo e ripartizione, mentre la seconda rappresenta un reddito minimo garantito indipendente dai periodi di assicurazione compiuti dal lavoratore. L'INPS conclude che, nel contesto della normativa comunitaria, l'art. 50 è la sola disposizione intesa a garantire un reddito minimo ai pensionati. Ciò potrebbe essere esatto: tuttavia non sembra avere diretta rilevanza nella questione dinanzi alla Corte, che, come sopra indicato, non riguarda il fatto di garantire un reddito minimo ai ricorrenti.

    61 L'INPS fa valere le sentenze Torri (50) e Browning (51), benché non sia chiaro quale principio esso cerchi di desumere da questa giurisprudenza. Nella sentenza Torri la Corte ha dichiarato che l'art. 50 non può trovare applicazione quando uno Stato membro non ha specificamente previsto per legge una pensione minima. Nella sentenza Browning tale affermazione è stata ulteriormente perfezionata: la Corte ha dichiarato che l'art. 50 si riferiva a un minimo derivante da una garanzia specifica fornita da una legislazione nazionale, non già al minimo delle prestazioni che possono derivare dalla normale applicazione delle norme relative alla determinazione delle spettanze di pensione in funzione dei periodi di assicurazione compiuti e dei contributi versati. Può darsi che l'INPS cerchi di far riferimento alla sentenza Torri a sostegno della sua affermazione secondo cui l'importo teorico della prestazione non è lo stesso della pensione minima: in tal caso il ricorrente aveva affermato senza successo che, in mancanza di una pensione minima prevista dalla legge in un dato Stato membro, l'art. 50 richiedeva che fosse dovuto un minimo pari all'importo teorico calcolato ai sensi dell'art. 46, n. 2, lett. a). Tuttavia è chiaramente erroneo concludere, partendo dalla premessa che l'importo teorico non può, in mancanza di un minimo previsto dalla legge, costituire una pensione minima ai fini dell'art. 50, che pertanto l'importo teorico deve, ai fini dell'art. 46, n. 2, lett. a), escludere un supplemento previsto dalla legge inteso a integrare una pensione fino a tale trattamento minimo.

    62 La Commissione fa riferimento alla genesi dell'art. 50. Nell'esposizione dei motivi della sua proposta (52) di revisione del regolamento n. 3 (53), che è stata infine adottata come regolamento n. 1408/71, si afferma, parlando dell'art. 40, che è divenuto l'art. 50 del regolamento n. 1408/71:

    «Quando la carriera del lavoratore è stata assai breve e il diritto alle prestazioni d'invalidità, di vecchiaia o superstiti non si è potuto costituire, secondo le legislazioni degli Stati ai quali è sottoposto, se non tenendo conto di tutti i periodi di assicurazione, accade di frequente che l'importo totale delle prestazioni dovute da tali Stati non raggiunge il livello minimo previsto dalla legislazione di uno o più di essi, benché l'importo teorico di cui si tratta all'art. 35 [che è divenuto l'art. 46] sia stato già portato al livello di tale minimo» (54).

    Questa disposizione era intesa ad essere applicata nei tre Stati membri che, a quell'epoca, prevedevano una prestazione minima dei tipi specificati, cioè Francia, Italia e Lussemburgo. La Commissione rileva che le prestazioni minime previste dalla normativa francese e lussemburghese erano d'importo fisso. Essa conclude che s'intendeva chiaramente portare l'importo teorico di cui all'art. 46, n. 2, lett. a), al livello di un minimo applicabile previsto dalla legge, indipendentemente dal fatto che l'importo di tale minimo fosse collegato o meno a periodi assicurativi.

    63 Non ritengo che i chiarimenti forniti dalla Commissione circa la normativa da essa proposta siano decisivi, o anche di rilevante valore probatorio, in mancanza di altri elementi: come l'avvocato generale Warner ha fatto presente nelle sue conclusioni nella causa Torri (55), nulla fa pensare che i membri del Consiglio abbiano condiviso da tutti i punti di vista le intenzioni della Commissione circa il significato di una determinata disposizione. Tuttavia, qualora, come nella fattispecie, questa esposizione dei motivi corrisponda al significato, in questo caso, dell'art. 46, n. 2, lett. a), tratto dalla sua formulazione, dal suo contesto e dall'interpretazione ad esso data dalla Corte, ritengo che essa fornisca un'utile prova aggiuntiva.

    Conclusione

    64 Di conseguenza ritengo che la questione sottoposta dalla Pretura circondariale di Roma debba essere risolta come segue:

    «Qualora i) la normativa di uno Stato membro dia diritto a un'integrazione per portare a un minimo determinato l'importo di una pensione di vecchiaia ai sensi del capitolo 3 del titolo III del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, e ii) l'importo della pensione alla quale una persona potrebbe aver diritto se avesse compiuto in tale Stato membro tutti i periodi di assicurazione e/o di residenza previsti dalla normativa degli Stati membri ai quali era soggetta dovesse essere inferiore a tale minimo determinato così che tale persona avrebbe diritto a quella integrazione, l'importo teorico di cui all'art. 46, n. 2, lett. a), del regolamento è l'importo della pensione integrato fino a questo minimo determinato nonostante il fatto che l'integrazione al minimo sia elencata nell'allegato II bis del regolamento».

    (1) - Regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità. Il testo del regolamento, come recentemente modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 3096, può essere trovato nella parte I dell'allegato A del regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97, che modifica e aggiorna il regolamento n. 1408/71 (GU 1997, L 28, pag. 1).

    (2) - Come recentemente modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 30 aprile 1992, n. 1248 (GU L 136, pag. 7).

    (3) - V., per una breve illustrazione di ciò, le mie conclusioni nella causa C-199/88, Cabras (Racc. 1990, pag. I-1023, paragrafo 11).

    (4) - Causa 64/77, Torri/ONPTS (Racc. 1977, pag. 2299, punto 5).

    (5) - Sezione Lavoro, sentenza 9 gennaio 1996, n. 95, INPS/Alberici, Il foro italiano, 1996, I-874.

    (6) - V. art. 1, lett. t).

    (7) - Sentenza Frilli/Belgio, causa 1/72 (Racc. 1972, pag. 457). Per un'analisi esauriente della distinzione tra previdenza sociale e assistenza sociale, v. conclusioni dell'avvocato generale Mayras.

    (8) - Sentenza Caisse régionale d'assurance maladie/Biason, causa 24/74 (Racc. 1974, pag. 999).

    (9) - Sentenza Piscitello/INPS, causa 139/82 (Racc. 1983, pag. 1427).

    (10) - Sentenza CRAM Rhône-Alpes/Giletti, cause riunite 379/85-381/85 e 93/86 (Racc. 1987, pag. 955).

    (11) - Sentenza ONP/Levatino, causa C-65/92 (Racc. 1993, pag. I-2005).

    (12) - Punto 21 e dispositivo della sentenza.

    (13) - Paragrafo 15. V. anche paragrafi 13, 14 e 16.

    (14) - Regolamento (CEE) del Consiglio 30 aprile 1992, n. 1247 (GU L 136, pag. 1).

    (15) - Secondo e terzo `considerando' del regolamento. V., ad esempio, cause menzionate nelle note 7-10. Per altre cause v. conclusioni dell'avvocato generale Cruz Vilaça nella causa Giletti (citata alla nota 10), paragrafi 21-31, e la sintesi delle osservazioni scritte del Regno Unito nella relazione d'udienza nella causa Piscitello (menzionata alla nota 9), pag. 1432, in particolare pag. 1434.

    (16) - Citata alla nota 8.

    (17) - GU 1985, C 240, pag. 6; COM(85) 396 def.

    (18) - Sentenza Commissione/Francia, causa C-236/88 (Racc. 1990, pag. I-3163). Per la genesi del regolamento n. 1247/92 v. la relazione d'udienza nella causa Commissione/Francia, pag. 3166, la sintesi delle osservazioni scritte della Commissione nella causa Piscitello (menzionata alla nota 9), pag. 1434, e il memorandum esplicativo sulla proposta della Commissione, menzionato alla nota 17.

    (19) - V. il primo `considerando' e l'art. 1, n. 1, del regolamento n. 1247/92.

    (20) - Inserito dall'art. 1, n. 2, del regolamento n. 1247/92.

    (21) - Inserito dall'art. 1, n. 4, del regolamento n. 1247/92.

    (22) - Inserito dall'art. 1, n. 6, del regolamento n. 1247/92.

    (23) - Il titolo III contiene disposizioni specifiche relative alle varie categorie di prestazioni, fra cui gli artt. 44-51 sulle pensioni.

    (24) - Inserito dall'art. 1, n. 2, del regolamento n. 1247/92.

    (25) - Art. 5 del regolamento n. 1408/71, come sostituito dal regolamento n. 1247/92; v. art. 1, n. 3, di quest'ultimo.

    (26) - Inserito dall'art. 1, n. 5, del regolamento n. 1247/92.

    (27) - V., in termini molto simili, la descrizione della proposta della Commissione effettuata dalla Corte nella sentenza Commissione/Francia (citata alla nota 18), punto 6.

    (28) - V. causa 171/82, Valentini/ASSEDIC (Racc. 1983, pag. 2157, in particolare pag. 2165).

    (29) - Causa C-103/94, Krid/CNAVTS (Racc. 1995, pag. I-719).

    (30) - V. paragrafi 9-11 delle conclusioni.

    (31) - Paragrafo 11.

    (32) - Punto 36 della sentenza.

    (33) - Citata alla nota 8.

    (34) - Citata alla nota 9.

    (35) - V., qui di seguito, paragrafo 47.

    (36) - Citata alla nota 11; v. punto 26 della sentenza.

    (37) - Citato alla nota 2.

    (38) - La precedente versione recitava: «Se, secondo questa legislazione, l'importo della prestazione è indipendente dalla durata dei periodi compiuti, tale importo è considerato come l'importo teorico di cui alla presente lettera» [v. la versione coordinata del regolamento n. 1408/71 contenuta nell'allegato I del regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001 (GU L 230, pag. 6)].

    (39) - Punti 23-27 della sentenza; v. anche paragrafi 13 e 14 delle mie conclusioni.

    (40) - Sentenza Menzies/Bundesversicherungsanstalt für Angestellte, causa 793/79 (Racc. 1980, pag. 2085).

    (41) - Punto 10 della sentenza.

    (42) - Causa C-5/91 (Racc. 1992, pag. I-897).

    (43) - Punto 45 della sentenza.

    (44) - Sentenza Besem/Nieuwe Algemene Bredrijfsvereniging, causa 274/81 (Racc. 1982, pag. 2995).

    (45) - Punti 12 e 13 della sentenza.

    (46) - Regolamento del Consiglio 25 settembre 1958, n. 3, relativo alla sicurezza sociale dei lavoratori migranti (GU 1958, pag. 561).

    (47) - Art. 81, lett. a).

    (48) - Art. 43.

    (49) - Sentenza Sociale Verzekeringsbank/Van der Vecht, causa 19/67 (Racc. 1967, pag. 408, in particolare pag. 418).

    (50) - Citata alla nota 4.

    (51) - Causa 22/81 (Racc. 1981, pag. 3357).

    (52) - GU 1966, n. 194, pag. 3333; COM(66) 8 del 6 gennaio 1966.

    (53) - Citato alla nota 46.

    (54) - Pag. 52; il corsivo è mio.

    (55) - A pag. 2309.

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