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Document 61995CJ0097

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 17 luglio 1997.
Pascoal & Filhos Ldª contro Fazenda Pública.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal Tributário de Segunda Instância - Portogallo.
Dazi doganali - Metodi di cooperazione amministrativa - Procedure di controllo dei certificati EUR.1 - Riscossione a posteriori di dazi doganali - Soggetto responsabile dell'obbligazione doganale.
Causa C-97/95.

Raccolta della Giurisprudenza 1997 I-04209

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1997:370

61995J0097

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 17 luglio 1997. - Pascoal & Filhos Ldª contro Fazenda Pública. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal Tributário de Segunda Instância - Portogallo. - Dazi doganali - Metodi di cooperazione amministrativa - Procedure di controllo dei certificati EUR.1 - Riscossione a posteriori di dazi doganali - Soggetto responsabile dell'obbligazione doganale. - Causa C-97/95.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-04209


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Associazione dei paesi e territori d'oltremare - Importazione nella Comunità in esenzione da dazi doganali dei prodotti originari dei paesi e territori d'oltremare - Origine delle merci - Prova mediante il certificato EUR 1 - Controllo a posteriori da cui risulta che il certificato è stato emesso erroneamente - Comunicazione dei «risultati del controllo» da parte delle autorità dello Stato membro di esportazione alle autorità dello Stato membro d'importazione - Modalità e conseguenze - Recupero dei dazi doganali non riscossi

[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 1697/79, art. 2, n. 1; decisione del Consiglio 86/283/CEE, allegato II, art. 25, n. 3]

2 Associazione dei paesi e territori d'oltremare - Importazione nella Comunità in esenzione da dazi doganali dei prodotti originari dei paesi e territori d'oltremare - Origine delle merci - Prova mediante il certificato EUR 1 - Certificato rilasciato sulla base di una falsa indicazione fornita dall'esportatore e annullato a seguito di un controllo ex post - Recupero dei dazi doganali non riscossi - Determinazione del soggetto responsabile dell'adempimento dell'obbligazione doganale

[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 2144/87, artt. 2, n. 1, lett. a), e 3, lett. a); direttiva del Consiglio 79/623/CEE, artt. 2, lett. a), e 3, lett. a); decisione del Consiglio 86/283, allegato II, art. 10, n. 1]

3 Associazione dei paesi e territori d'oltremare - Importazione nella Comunità in esenzione da dazi doganali dei prodotti originari dei paesi e territori d'oltremare - Origine delle merci - Prova mediante il certificato EUR 1 - Certificato rilasciato sulla base di una falsa indicazione fornita dall'esportatore e annullato a seguito di un controllo ex post - Recupero dei dazi doganali non riscossi - Buona fede dell'importatore responsabile dell'adempimento dell'obbligazione doganale - Mancanza di un controllo preventivo dell'origine effettiva delle merci da parte delle autorità dello Stato di esportazione - Irrilevanza

(Decisione del Consiglio 86/283, allegato II, art. 8, n. 2)

Massima


4 Una comunicazione, inviata alle autorità dello Stato d'importazione dalle autorità dello Stato di esportazione in esito al controllo a posteriori di un certificato di circolazione delle merci EUR 1, nella quale queste ultime si limitano a constatare che il certificato di cui trattasi è stato emesso irregolarmente e dev'essere pertanto annullato, senza precisare i motivi dell'annullamento, va qualificata come «risultati del controllo» ai sensi dell'art. 25, n. 3, dell'allegato II alla decisione 86/283, relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare alla Comunità economica europea. Le autorità dello Stato d'importazione sono legittimate a promuovere un'azione di recupero dei dazi doganali non riscossi anche soltanto sulla scorta di una comunicazione del genere, senza tentare di stabilire l'origine effettiva delle merci importate.

5 La responsabilità dell'esportatore di presentare la domanda per il rilascio del certificato EUR 1, accompagnata, se del caso, da documenti giustificativi, come configurata dall'art. 10, n. 1, dell'allegato II alla decisione 86/283, relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare alla Comunità economica europea, riguarda unicamente il procedimento per ottenere il certificato EUR 1. Non vi rientrano i dazi doganali che risultano essere dovuti per l'importazione nella Comunità europea di merci oggetto di un certificato di circolazione delle merci EUR 1, nemmeno qualora esso sia stato rilasciato sulla base di un'indicazione falsa, fornita dall'esportatore, in merito all'origine delle merci, e sia stato annullato a seguito di un controllo a posteriori.

6 L'imposizione, in determinate circostanze, all'importatore in buona fede del pagamento di dazi doganali dovuti per l'importazione di una merce rispetto alla quale l'esportatore ha commesso un illecito doganale, al quale l'importatore non ha partecipato a nessun titolo, non è in contrasto con i principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto. Spetta infatti agli operatori economici adottare, nell'ambito dei loro rapporti contrattuali, i provvedimenti necessari per premunirsi contro i rischi di un'azione di recupero.

Peraltro, il fatto che le autorità dello Stato di esportazione abbiano rilasciato un certificato di circolazione delle merci EUR 1 ai sensi della decisione 86/283, senza aver effettuato alcun controllo preventivo per verificare l'origine effettiva delle merci interessate, non costituisce un'ipotesi di forza maggiore che osti al recupero dei dazi doganali dovuti dall'importatore in buona fede. Infatti, l'art. 8, n. 2, dell'allegato II alla decisione 86/283 conferisce alle autorità dello Stato di esportazione il diritto, e non l'obbligo, di effettuare un controllo preventivo del genere. In queste circostanze, non è né anormale né imprevedibile una situazione in cui un'obbligazione doganale si riveli successivamente dovuta, mentre le dette autorità avevano deciso, in un caso specifico, di non avvalersi di tale facoltà.

Parti


Nel procedimento C-97/95,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, dal Tribunal Tributário de Segunda Instância (Portogallo), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Pascoal & Filhos Lda

e

Fazenda Pública,

domanda vertente sull'interpretazione della decisione del Consiglio 30 giugno 1986, 86/283/CEE, relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare alla Comunità economica europea (GU L 175, pag. 1), e del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1),

LA CORTE

(Quinta Sezione),

composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, L. Sevón, D.A.O. Edward (relatore), P. Jann e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: G. Cosmas

cancelliere: R. Grass

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Pascoal & Filhos Lda, dall'avv. Adriano Garção Soares, del foro di Porto;

- per il governo portoghese, dal signor Luis Fernandes, direttore del servizio giuridico della direzione generale delle Comunità europee presso il ministero degli Affari esteri, e dalla signora Maria Luisa Duarte, consigliere giuridico presso lo stesso servizio, in qualità di agenti;

- per il governo francese, dalla signora Catherine de Salins, vicedirettore della direzione degli affari giuridici presso il ministero degli Affari esteri, e dal signor Claude Chavance, segretario agli Affari esteri presso la stessa direzione, in qualità di agenti;

- per il Consiglio dell'Unione europea, dal signor Amadeu Lopes Sabino, consigliere giuridico, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Francisco de Sousa Fialho, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione del giudice relatore,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 14 novembre 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 29 novembre 1994, pervenuta in cancelleria il 27 marzo 1995, il Tribunal Tributário de Segunda Instância ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, sette questioni pregiudiziali sull'interpretazione della decisione del Consiglio 30 giugno 1986, 86/283/CEE, relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare alla Comunità economica europea (GU L 175, pag. 1), e del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»).

2 Le questioni sono sorte nell'ambito di una controversia tra la Pascoal & Filhos Lda, società di diritto portoghese (in prosieguo: la «Pascoal»), e la Fazenda Pública (ministero delle Finanze) in merito al recupero di dazi doganali su importazioni di merluzzo.

La normativa comunitaria

3 Ai sensi dell'art. 70, n. 1, della decisione 86/283, i prodotti della pesca originari della Groenlandia sono ammessi all'importazione nella Comunità europea in esenzione da dazi doganali.

4 Come risulta dall'art. 6, n. 1, lett. a), dell'allegato II alla stessa decisione (in prosieguo: l'«allegato II»), la prova del carattere originario dei prodotti è fornita mediante la presentazione alle autorità dello Stato membro d'importazione di un certificato di circolazione delle merci EUR 1 (in prosieguo: il «certificato EUR 1»).

5 A norma dell'art. 10, n. 1, dell'allegato II, spetta all'esportatore, sotto la sua responsabilità, presentare alle autorità doganali del paese di esportazione la domanda per il rilascio del certificato EUR 1. Ai sensi del paragrafo seguente, egli presenta, congiuntamente alla domanda, qualsiasi documento giustificativo utile, atto a comprovare che per le merci da esportare può essere rilasciato tale certificato.

6 Ai sensi dell'art. 8, n. 1, dell'allegato II, le autorità doganali del paese di esportazione rilasciano il certificato EUR 1 se le merci cui esso si riferisce possono considerarsi prodotti originari del paese d'oltremare di cui trattasi. Per verificare che la detta condizione sia soddisfatta, le autorità doganali hanno facoltà, in forza dell'art. 8, n. 2, di richiedere qualsiasi documento giustificativo e di procedere a qualsiasi controllo che ritengano utile.

7 L'art. 25, n. 1, dell'allegato II dispone che, ogniqualvolta le autorità doganali dello Stato membro d'importazione nutrano fondati dubbi sull'autenticità di un certificato EUR 1 o sull'esattezza dei dati riguardanti la reale origine delle merci, chiedono alle autorità doganali del paese di esportazione di effettuare un controllo a posteriori del detto certificato.

8 Ai sensi dell'art. 25, n. 3, i risultati di tale controllo vengono comunicati alle autorità doganali dello Stato membro d'importazione. Questi risultati devono permettere di accertare se il certificato EUR 1 contestato sia applicabile alle merci realmente esportate e se queste possano effettivamente beneficiare del regime preferenziale.

9 L'art. 2, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697, relativo al ricupero a posteriori dei dazi all'importazione o dei dazi all'esportazione che non sono stati corrisposti dal debitore per le merci dichiarate per un regime doganale comportante l'obbligo di effettuarne il pagamento (GU L 197, pag. 1), dispone che, quando le autorità competenti accertano che l'importo dei dazi all'importazione legalmente dovuti non è stato richiesto in tutto o in parte al debitore, esse iniziano un'azione di recupero dei dazi non riscossi.

10 Ai sensi dell'art. 2, lett. a), della direttiva del Consiglio 25 giugno 1979, 79/623/CEE, relativa all'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'obbligazione doganale (GU L 179, pag. 31), l'immissione in libera pratica nel territorio doganale della Comunità europea di una merce soggetta a dazi all'importazione dà luogo a un'obbligazione doganale all'importazione. L'art. 3, lett. a), della stessa direttiva dispone che questa obbligazione sorge nel momento in cui ha luogo, in particolare, l'accettazione da parte delle autorità competenti della dichiarazione di immissione in libera pratica della merce.

11 Dal 1_ gennaio 1989 la direttiva 79/623 è stata abrogata dal regolamento (CEE) del Consiglio 13 luglio 1987, n. 2144, riguardante l'obbligazione doganale (GU L 201, pag. 15), il quale tuttavia ha reintrodotto, con gli artt. 2, n. 1, lett. a), e 3, lett. a), le stesse disposizioni contenute negli artt. 2, lett. a), e 3, lett. a), della menzionata direttiva.

12 Infine, il regolamento n. 2144/87 è stato abrogato dal codice doganale, entrato in vigore il 22 ottobre 1992 e applicabile dal 1_ gennaio 1994. L'art. 201 del codice doganale dispone:

«1. L'obbligazione doganale all'importazione sorge in seguito:

a) all'immissione in libera pratica di una merce soggetta a dazi all'importazione,

oppure

b) al vincolo di tale merce al regime dell'ammissione temporanea con parziale esonero dai dazi all'importazione.

2. L'obbligazione doganale sorge al momento dell'accettazione della dichiarazione in dogana.

3. Il debitore è il dichiarante. In caso di rappresentanza indiretta è parimenti debitrice la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana.

Quando una dichiarazione in dogana per uno dei regimi di cui al paragrafo 1 è redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione, totale o parziale, dei dazi dovuti per legge, le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono parimenti essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali».

Il processo a quo

13 La Pascoal ha importato in Portogallo quattro lotti di merluzzo, due nel 1988 e due nel 1989. Ciascuno di tali lotti era accompagnato da un certificato EUR 1 attestante che le merci erano originarie della Groenlandia. Le autorità doganali portoghesi hanno pertanto ammesso tutti i lotti all'importazione senza richiedere il pagamento di dazi doganali.

14 Le stesse autorità, tuttavia, hanno chiesto alle autorità groenlandesi di effettuare, in collaborazione con la Commissione, un controllo a posteriori dei quattro certificati EUR 1 presentati all'atto dell'importazione.

15 A seguito del detto controllo, le autorità groenlandesi e la Commissione hanno redatto in comune una relazione (in prosieguo: la «relazione di missione») recante, per quanto riguarda i quattro certificati EUR 1 di cui trattasi, la seguente conclusione:

«(...) è stato accertato che i quantitativi di merluzzo fresco groenlandese consegnati per la successiva trasformazione a bordo delle navi-officina di cui trattasi non sono sufficienti, stando al risultato della trasformazione comunicato, per ottenere i quantitativi di prodotto finale importati nella CEE mediante i certificati di circolazione (di cui trattasi)».

16 Sulla scorta di questa relazione, le autorità groenlandesi hanno inviato a quelle portoghesi una comunicazione (in prosieguo: la «comunicazione»), avente il seguente tenore:

«As control examinations - carried out in collaboration with representatives from EEC Commission - have proved that some goods certificates issued on EUR 1 in Greenland do not comply with the regulations laid down in OLT-Agreement's [decision 86/283] annex n_ II regarding attainment of status of origin, you are kindly asked to arrange that the following goods certificates are revoked and cancelled».

[Poiché dai riscontri - effettuati in collaborazione con i rappresentanti della CEE - emerso che alcuni certificati di circolazione delle merci rilasciati su moduli EUR 1 in Groenlandia non sono conformi alle prescrizioni di cui all'allegato II dell'accordo PTOM (la decisione 86/283) riguardanti la determinazione dello status di prodotto originario, vi preghiamo di provvedere alla revoca e all'annullamento dei seguenti certificati].

La relazione di missione sulla quale questa comunicazione si fondava non è stata trasmessa alle autorità portoghesi.

17 Le autorità portoghesi, ritenendosi vincolate alla citata comunicazione e senza tentare di stabilire l'effettiva origine delle merci, hanno emesso quattro avvisi di recupero, per un importo totale pari a 61 709 940 ESC, nei confronti della Pascoal, a nome della quale era stata resa la dichiarazione di importazione. Questi avvisi sono stati emessi prima che le autorità portoghesi ricevessero copia della relazione di missione.

18 Avuta conoscenza della comunicazione, la Pascoal ha esaminato il fascicolo delle autorità portoghesi vertente su tali avvisi. In quel momento, nel fascicolo non era ancora contenuta la relazione di missione. Secondo il giudice a quo, la Pascoal ha avuto conoscenza della detta relazione soltanto all'atto del deposito del controricorso in secondo grado; inoltre, la società de qua ha sempre agito in buona fede e nel rispetto della normativa vigente.

19 Ritenendo che gli avvisi fossero viziati da carenza di motivazione e che fossero stati emessi in violazione della legge, la Pascoal ha proposto dinanzi al Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto un ricorso volto al loro annullamento. Il giudice adito ha ritenuto tuttavia che, ancorché considerata indipendentemente dalla relazione di missione, la comunicazione costituisse una motivazione sufficiente, e che le autorità portoghesi avessero agito correttamente.

20 La Pascoal ha quindi proposto appello dinanzi al Tribunal Tributário de Segunda Instância. Dubitando dell'interpretazione da dare a talune disposizioni del diritto comunitario, quest'ultimo giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le sette questioni pregiudiziali seguenti:

«1) Se nella responsabilità dell'esportatore, di cui all'art. 10, n. 1, dell'allegato II alla decisione del Consiglio 30 giugno 1986, 86/283/CEE, rientri altresì l'obbligo del pagamento dei dazi doganali dovuti in conseguenza dell'annullamento dei certificati di circolazione delle merci EUR 1 rilasciati sulla base di dati inesatti quanto all'origine delle merci.

2) Quali siano il senso e la portata dell'avverbio "parimenti" utilizzato nell'art. 201, n. 3, ultimo capoverso, del codice doganale comunitario, segnatamente quando il diritto doganale nazionale preveda l'esclusiva responsabilità dell'autore dell'illecito doganale per i dazi dovuti in relazione alle merci che hanno costituito oggetto dell'operazione illecita.

3) Se la giurisprudenza di cui alla sentenza della Corte di giustizia 7 dicembre 1993, causa C-12/92, E. Huygen e a. (Racc. pag. I-6381), quale pubblicata alle pagine 5 e 6 del Bollettino delle attività della Corte di giustizia n. 35/93, pur riferendosi all'accordo di libero scambio tra la CEE e l'Austria, sia applicabile al caso di specie, nel quale si verte sull'interpretazione e sull'applicazione della decisione del Consiglio 86/283/CEE.

4) Quali siano il significato, la portata e i limiti dei "risultati del controllo" di cui all'art. 25, n. 3, dell'allegato II alla decisione del Consiglio 86/283/CEE.

5) Se un procedimento di recupero nello Stato membro d'importazione possa essere avviato e concluso prima della trasmissione dei risultati del controllo, ad opera delle autorità doganali del paese di esportazione, alle autorità doganali al paese d'importazione e senza che all'importatore siano stati resi noti tali risultati.

6) Se l'imposizione di dazi all'importatore in buona fede, per merci che hanno costituito oggetto di un illecito doganale commesso dall'esportatore, al quale l'importatore non ha partecipato a nessun titolo, sia in contrasto con i principi di equità, di divieto di arricchimento senza causa, di proporzionalità, di certezza del diritto e di buona fede.

7) Se, in caso di negligenza delle autorità doganali del paese di esportazione nell'effettuare un controllo preventivo presso i locali dell'esportatore prima del rilascio dei certificati di circolazione delle merci EUR 1, negligenza alla quale la società importatrice portoghese non abbia avuto possibilità di sopperire, ricorra per la stessa società importatrice un'ipotesi di forza maggiore atta ad escludere qualsiasi recupero di dazi nei suoi confronti».

21 E' opportuno iniziare ad esaminare la seconda questione; verranno poi risolte congiuntamente la terza, la quarta e la quinta questione, poi la prima, la sesta e, infine, la settima.

Sulla seconda questione

22 La seconda questione sollevata dal giudice a quo verte sull'interpretazione dell'art. 201, n. 3, secondo comma, del codice doganale. Il Tribunal Tributário de Segunda Instância ritiene infatti che, benché il codice doganale non fosse ancora in vigore al momento dell'importazione dei quattro lotti di cui trattasi, esso sia pertinente ai fini della soluzione della controversia principale, in quanto ricalca la normativa precedente, che ha abrogato.

23 Facendo riferimento alla sentenza 16 luglio 1992, causa C-343/90, Lourenço Dias (Racc. pag. I-4673), il governo portoghese afferma che la Corte non è competente a risolvere la questione in oggetto, in quanto il codice doganale non era applicabile al momento dei fatti della causa principale.

24 Per le stesse ragioni, la Commissione ritiene che la seconda questione sia irricevibile.

25 In proposito è sufficiente rilevare che, benché il codice doganale abbia ampiamente ripreso la normativa comunitaria vigente prima della sua adozione, l'art. 201, n. 3, secondo comma, su cui verte la seconda questione pregiudiziale, costituisce una disposizione nuova rispetto al regime precedente. Atteso che l'ultima delle quattro dichiarazioni di importazione controverse risale al 25 luglio 1989, l'interpretazione della norma in oggetto, richiesta dal giudice nazionale, non presenta alcuna relazione con l'effettività o l'oggetto della controversia.

26 Alla luce di quanto sopra, non occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale.

Sulla terza, quarta e quinta questione (avvio di un'azione di recupero sulla base dei risultati del controllo)

27 E' pacifico che, in esito al controllo a posteriori dei certificati EUR 1, le autorità groenlandesi si sono limitate ad inviare a quelle portoghesi la comunicazione con cui constatavano che i certificati in oggetto erano stati emessi irregolarmente e dovevano pertanto essere annullati. Successivamente, senza aver ricevuto la relazione di missione, senza chiedere alle autorità groenlandesi di precisare i motivi dell'annullamento e senza tentare di stabilire l'effettiva origine delle merci, le autorità portoghesi hanno promosso un'azione di recupero nei confronti della Pascoal. Orbene, il giudice di rinvio ritiene che, prima di avviare un'azione del genere, le autorità doganali dello Stato d'importazione avrebbero dovuto «adoperarsi con diligenza per accertare i fatti per quanto riguarda l'origine effettiva delle merci». In caso di persistenza di un dubbio assoluto sulla reale origine della merce, avrebbero dovuto astenersi dal liquidare i dazi doganali contestati.

28 Tenuto conto di queste circostanze, si deve rilevare che, con la sua terza, quarta e quinta questione, il giudice a quo domanda in sostanza se una comunicazione, inviata alle autorità dello Stato d'importazione dalle autorità dello Stato di esportazione a seguito del controllo a posteriori di un certificato EUR 1, nella quale queste ultime si limitano a constatare che il certificato è stato emesso irregolarmente e dev'essere pertanto annullato, senza precisare i motivi dell'annullamento, possa essere qualificata come «risultati del controllo» ai sensi dell'art. 25, n. 3, dell'allegato II, e se le autorità dello Stato d'importazione siano legittimate a promuovere un'azione di recupero di dazi doganali non riscossi unicamente sulla scorta di una comunicazione del genere, senza tentare di stabilire l'origine effettiva delle merci importate.

29 Quanto alla prima parte della questione, giova sottolineare che l'art. 25, n. 3, dell'allegato II dev'essere interpretato alla luce del sistema di cooperazione amministrativa in cui si iscrive.

30 Nell'ambito di tale sistema, spetta agli operatori economici che intendono fruire di un regime doganale preferenziale dimostrare alle autorità competenti che la loro merce, data la sua provenienza, può essere ammessa all'importazione nella Comunità europea in esenzione da dazi doganali. Come previsto dall'art. 6, n. 1, dell'allegato II, la prova del carattere originario dei prodotti è fornita mediante un certificato EUR 1. La procedura di controllo a posteriori è essenzialmente diretta a verificare l'esattezza dell'origine indicata nei detti certificati, precedentemente rilasciati (sentenza Huygen e a., citata, punto 16).

31 Nelle sentenze 12 luglio 1984, causa 218/83, Les Rapides Savoyards e a. (Racc. pag. 3105), Huygen e a., citata, 5 luglio 1994, causa C-432/92, Anastasiou e a. (Racc. pag. I-3087), e 14 maggio 1996, cause riunite C-153/94 e C-204/94, Faroe Seafood e a. (Racc. pag. I-2465), la Corte ha interpretato talune disposizioni di un sistema di cooperazione amministrativa analogo a quello di cui trattasi nella presente causa. Le sentenze citate riguardavano, rispettivamente, l'accordo fra la Comunità economica europea e la Confederazione elvetica firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972 (GU L 300, pag. 189), l'accordo di libero scambio tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Austria, firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972 (GU L 300, pag. 2), l'accordo 19 dicembre 1972 che istituisce un'associazione fra la Comunità economica europea e la Repubblica di Cipro (GU 1973, L 133, pag. 2), e il regolamento (CEE) della Commissione 6 dicembre 1974, n. 3184, relativo alla definizione della nozione di prodotti originari e ai metodi di cooperazione amministrativa per l'applicazione del regime doganale applicabile a taluni prodotti originari e provenienti dalle Færøer (GU L 344, pag. 1).

32 Da questa giurisprudenza si evince che la determinazione dell'origine delle merci si basa sulla ripartizione delle competenze fra le autorità dello Stato d'esportazione e quelle dello Stato d'importazione, nel senso che l'origine viene accertata dalle autorità dello Stato d'esportazione, mentre il controllo del funzionamento di tale regime viene garantito dalla collaborazione fra le amministrazioni interessate. Questo sistema si spiega col fatto che le autorità dello Stato esportatore possono più agevolmente accertare direttamente i fatti che condizionano l'origine (sentenza Faroe Seafood e a., citata, punto 19).

33 In quelle stesse sentenze la Corte ha anche osservato che il sistema previsto può funzionare solo qualora l'amministrazione doganale dello Stato importatore accetti le valutazioni effettuate legalmente dalle autorità dello Stato esportatore (sentenza Faroe Seafood e a., citata, punto 20).

34 L'obiettivo dei «risultati del controllo» ai sensi dell'art. 25, n. 3, dell'allegato II consiste nel permettere alle autorità dello Stato d'importazione di determinare se il certificato EUR 1 contestato sia o meno applicabile alle merci realmente esportate, e se queste possano effettivamente fruire del regime preferenziale. Questa norma non comporta alcun obbligo per le autorità dello Stato di esportazione di giustificare nei confronti dell'importatore le loro conclusioni in ordine alla validità del certificato.

35 Di conseguenza, una comunicazione come quella su cui verte la questione pregiudiziale dev'essere qualificata come «risultati del controllo» ai sensi dell'art. 25, n. 3, dell'allegato II.

36 Per quanto riguarda la seconda parte della questione, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1697/79, quando le autorità competenti accertano che l'importo dei dazi all'importazione legalmente dovuti non è stato richiesto in tutto o in parte al debitore, esse iniziano un'azione di recupero dei dazi non riscossi.

37 La circostanza che le autorità competenti dello Stato di esportazione dichiarino, a seguito di un controllo a posteriori, che un certificato EUR 1 non è applicabile alle merci effettivamente esportate consente, di per sé, alle autorità dello Stato d'importazione di constatare che i dazi legalmente dovuti non sono stati riscossi, e, pertanto, di avviare un'azione di recupero. Nulla nella normativa vigente obbliga queste ultime autorità ad accertare l'esattezza dei risultati del controllo, né l'origine effettiva della merce.

38 Vero è che l'art. 25, n. 3, secondo comma, dell'allegato II completa il sistema di cooperazione amministrativa con un procedimento volto a dirimere le contestazioni sorte tra le autorità degli Stati di esportazione e quelle degli Stati d'importazione. Nondimeno, le autorità dello Stato d'importazione possono comunque fondarsi sui soli risultati del controllo, senza essere obbligate ad avvalersi di tale procedimento.

39 Quanto al fatto che l'azione di recupero sia promossa prima che il debitore abbia avuto conoscenza delle ragioni per le quali il certificato EUR 1 è stato annullato, basta ricordare che l'onere della prova dell'origine delle merci incombe agli operatori economici interessati.

40 Benché la detta prova sia, in via di principio, fornita mediante il certificato EUR 1, il debitore non può nutrire un legittimo affidamento sulla validità di tale certificato per il fatto che esso è stato ritenuto inizialmente veritiero dalle autorità doganali di uno Stato membro, dato che questa prima accettazione non osta all'esercizio di controlli successivi (v., in tal senso, sentenza Faroe Seafood e a., citata, punto 93).

41 Non si può pertanto ritenere che il debitore, presentando un certificato EUR 1, abbia sufficientemente provato che le merci interessate provenivano dal paese ivi indicato, cosicché spetterebbe eventualmente alle autorità dello Stato d'importazione la prova contraria.

42 Alla luce di quanto sopra, la seconda, terza e quinta questione debbono essere risolte nel senso che, in primo luogo, la comunicazione inviata alle autorità dello Stato d'importazione da parte delle autorità dello Stato di esportazione in esito al controllo a posteriori di un certificato EUR 1, nella quale queste ultime si limitano a constatare che il certificato di cui trattasi è stato emesso irregolarmente e deve essere pertanto annullato, senza precisare i motivi dell'annullamento, va qualificata come «risultati del controllo» ai sensi dell'art. 25, n. 3, dell'allegato II e, in secondo luogo, che le autorità dello Stato d'importazione sono legittimate a promuovere un'azione di recupero dei dazi doganali non riscossi anche soltanto sulla scorta di una comunicazione del genere, senza tentare di accertare l'origine effettiva delle merci importate.

Sulla prima questione (responsabilità dell'esportatore ai sensi dell'art. 10, n. 1, dell'allegato II)

43 Con la sua prima questione, il giudice a quo domanda se la responsabilità dell'esportatore, quale configurata dall'art. 10, n. 1, dell'allegato II, si estenda ai dazi doganali che risultano dovuti per l'importazione nella Comunità europea di merci oggetto di un certificato EUR 1, qualora quest'ultimo sia stato rilasciato sulla base di un'indicazione falsa, fornita dall'esportatore, quanto all'origine delle merci, e sia stato annullato a seguito di un controllo a posteriori.

44 Vero è che l'art. 10 dell'allegato II attribuisce all'esportatore la responsabilità di presentare la domanda per il rilascio del certificato EUR 1, accompagnata, se del caso, da qualunque documento giustificativo utile, atto a comprovare che per le merci da esportare può essere rilasciato il certificato richiesto.

45 Questa norma, tuttavia, riguarda unicamente il procedimento per ottenere il certificato EUR 1, e non mira a identificare la persona tenuta all'adempimento dell'obbligazione doganale eventualmente dovuta nello Stato d'importazione.

46 Ai sensi della normativa comunitaria vigente al momento delle importazioni controverse, infatti, fonte dell'obbligazione doganale nel caso d'importazione nell'ambito della Comunità europea non era la domanda proposta dall'esportatore, bensì la dichiarazione di immissione in libera pratica della merce. La persona tenuta all'adempimento dell'obbligazione doganale era, quindi, quella a nome della quale quest'ultima dichiarazione era stata resa.

47 La prima questione dev'essere pertanto risolta nel senso che non rientrano nella responsabilità dell'esportatore, quale configurata dall'art. 10, n. 1, dell'allegato II, i dazi doganali che risultano essere dovuti per l'importazione nella Comunità europea di merci oggetto di un certificato EUR 1, nemmeno qualora esso sia stato rilasciato sulla base di un'indicazione falsa, fornita dall'esportatore, in merito all'origine delle merci, e sia stato annullato a seguito di un controllo a posteriori.

Sulla sesta questione (i principi generali)

48 La sesta questione si fonda sull'ipotesi che l'esportatore sia responsabile dell'obbligazione doganale a causa dell'illegittimità della sua domanda di certificato EUR 1 e che, qualora l'importatore paghi il debito, pagherebbe il debito di un terzo, cosicché i suoi interessi economici risulterebbero lesi, in contrasto con i principi di equità, di divieto di arricchimento senza causa, di proporzionalità, di certezza del diritto e di buona fede.

49 Occorre anzitutto rilevare che quest'ipotesi non è corretta. Come la Corte ha osservato al punto 46 della presente sentenza, la persona tenuta all'adempimento dell'obbligazione doganale è quella a nome della quale è stata fatta la dichiarazione d'importazione. Salvo che questa persona sia anche l'esportatore - ipotesi che non ricorre nella fattispecie -, quest'ultimo non potrebbe essere considerato responsabile dell'obbligazione.

50 Ciò premesso, occorre esaminare se, in circostanze come quelle del caso di specie, l'imposizione del pagamento dell'obbligazione doganale all'importatore sia conforme ai principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto.

51 Nell'ordinanza di rinvio, il giudice nazionale ritiene che l'imposizione ad un importatore di dazi doganali che «per legge spetta a terzi versare» sarebbe in contrasto con il «principio di equità» riconosciuto dal diritto portoghese.

52 In proposito, senza che occorra determinare se il detto principio rientri tra i principi generali del diritto comunitario, si deve rilevare che l'importatore diviene debitore dell'obbligazione doganale soltanto ove abbia reso la dichiarazione d'importazione. In tal caso, egli assume personalmente l'obbligo di pagare il debito, che pertanto non incombe a terzi.

53 Il giudice nazionale sostiene inoltre che l'esportatore, in quanto autore dell'illecito doganale, qualora l'importatore pagasse il debito doganale si gioverebbe di un arricchimento senza causa.

54 Si deve osservare tuttavia che, giacché l'adempimento dell'obbligazione doganale spetta all'importatore, un terzo non potrebbe risultare arricchito per il solo fatto che l'importatore ha adempiuto tale obbligazione. Tuttavia, questo pagamento può dar luogo a un'obbligazione in capo all'esportatore o ad altra persona nei confronti dell'importatore, giuridicamente distinta dall'obbligazione doganale dell'importatore, in forza della quale quest'ultimo può recuperare l'importo versato alle autorità doganali.

55 L'imposizione dell'adempimento dell'obbligazione doganale al dichiarante della merce, quand'anche questi sia un importatore in buona fede, non lede nemmeno il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza Faroe Seafood e a., citata, punto 114).

56 Quanto al principio della certezza del diritto, è sufficiente osservare che la responsabilità del debitore dell'obbligazione doganale si fonda su una situazione giuridica chiaramente definita, cosicché qualunque operatore economico ha la possibilità di conoscere i rischi inerenti al mercato. Questa situazione va annoverata tra le circostanze in considerazione delle quali un importatore, come la Pascoal, ha stipulato il contratto di cui trattasi.

57 La buona fede dell'importatore non lo esime dalla sua responsabilità per l'adempimento dell'obbligazione doganale, essendo questi il dichiarante della merce importata (v., in tal senso, sentenza 11 dicembre 1980, causa 827/79, Acampora, Racc. pag. 3731, punto 8). Se così non fosse, infatti, l'importatore sarebbe indotto a non verificare più l'esattezza dell'informazione fornita alle autorità dello Stato di esportazione da parte dell'esportatore, né la buona fede di quest'ultimo, il che darebbe luogo ad abusi.

58 Si deve aggiungere che, tenuto conto degli elementi che emergono dal fascicolo, l'imposizione ad un importatore in buona fede, come la Pascoal, del pagamento dei dazi dovuti per una merce rispetto alla quale l'esportatore ha commesso un illecito doganale non è in contrasto con alcun altro principio generale di diritto.

59 E' indubbio che la possibilità di controllare il certificato EUR 1 successivamente all'importazione, senza che l'importatore ne sia stato prima avvertito, può cagionargli difficoltà qualora egli abbia in buona fede importato merci che godono di preferenze tariffarie sulla base di certificati inesatti o falsificati a sua insaputa. Occorre rilevare tuttavia, anzitutto, che la Comunità non è tenuta a sopportare le conseguenze pregiudizievoli di comportamenti scorretti dei fornitori dei suoi cittadini, inoltre, che l'importatore può agire in giudizio per il risarcimento nei confronti dell'autore del falso e, infine, che, nel calcolare i vantaggi realizzabili mediante il commercio di prodotti che possono fruire di preferenze tariffarie, l'operatore economico accorto e al corrente della normativa vigente deve valutare i rischi inerenti al mercato che gli interessa ed accettarli come facenti parte della categoria dei normali inconvenienti dell'attività commerciale (v., in tal senso, sentenza Acampora, citata, punto 8).

60 Infatti, come la Corte ha rilevato nella sentenza Faroe Seafood e a., citata, punto 114, spetta agli operatori economici adottare, nell'ambito dei loro rapporti contrattuali, i provvedimenti necessari per premunirsi contro i rischi di un'azione di recupero.

61 Da quanto sopra risulta che l'imposizione all'importatore in buona fede del pagamento di dazi doganali dovuti per l'importazione di una merce rispetto alla quale l'esportatore ha commesso un illecito doganale, cui l'importatore non ha partecipato a nessun titolo, non è in contrasto con i principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto.

Sulla settima questione (negligenza delle autorità dello Stato di esportazione)

62 Con la settima questione, il giudice a quo domanda se il fatto che le autorità dello Stato di esportazione abbiano rilasciato un certificato EUR 1 ai sensi della decisione 86/283, senza aver effettuato alcun controllo preventivo per accertare l'origine effettiva delle merci, integri gli estremi di un caso di forza maggiore, che osti al recupero di dazi doganali dovuti dall'importatore in buona fede.

63 L'ipotesi della forza maggiore non è prevista dalla decisione 86/283. In assenza di disposizioni specifiche, questa nozione dev'essere intesa nel senso di circostanze estranee all'operatore interessato, anormali ed imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate nonostante tutta la diligenza impiegata, ragion per cui la condotta della pubblica amministrazione può costituire, a seconda delle circostanze, un caso di forza maggiore (sentenza Huygen e a., citata, punto 31).

64 Ai sensi dell'art. 8, n. 2, dell'allegato II, per verificare l'origine delle merci le autorità dello Stato di esportazione «hanno facoltà di richiedere qualsiasi documento giustificativo e di procedere a qualsiasi controllo che ritengano utile».

65 Ne consegue che le autorità dello Stato di esportazione hanno il diritto, e non l'obbligo, di effettuare un controllo preventivo del genere, potendo invece accontentarsi, ove lo reputino opportuno, di accettare le informazioni fornite dall'esportatore nella sua domanda.

66 Alla luce di quanto sopra, il fatto che tali autorità abbiano deciso, in un singolo caso, di non avvalersi della detta facoltà non può ostare al recupero dell'importo di un'obbligazione doganale rivelatasi successivamente dovuta. Una situazione del genere, infatti, non può essere qualificata come forza maggiore, non essendo né anormale né imprevedibile.

67 La settima questione dev'essere pertanto risolta nel senso che il fatto che le autorità dello Stato di esportazione abbiano rilasciato un certificato EUR 1 ai sensi della decisione 86/283, senza aver effettuato alcun controllo preventivo per verificare l'origine effettiva delle merci, non costituisce un'ipotesi di forza maggiore che osti al recupero dei dazi doganali dovuti dall'importatore in buona fede.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

68 Le spese sostenute dai governi portoghese e francese, nonché dal Consiglio dell'Unione europea e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunal Tributário de Segunda Instância con ordinanza 29 novembre 1994, dichiara:

1) La comunicazione, inviata alle autorità dello Stato d'importazione dalle autorità dello Stato di esportazione in esito al controllo a posteriori di un certificato di circolazione delle merci EUR 1, nella quale queste ultime si limitano a constatare che il certificato di cui trattasi è stato emesso irregolarmente e dev'essere pertanto annullato, senza precisare i motivi dell'annullamento, va qualificata come «risultati del controllo» ai sensi dell'art. 25, n. 3, dell'allegato II alla decisione del Consiglio 30 giugno 1986, 86/283/CEE, relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare alla Comunità economica europea. Le autorità dello Stato d'importazione sono legittimate a promuovere un'azione di recupero dei dazi doganali non riscossi anche soltanto sulla scorta di una comunicazione del genere, senza tentare di stabilire l'origine effettiva delle merci importate.

2) Non rientrano nella responsabilità dell'esportatore, quale configurata dall'art. 10, n. 1, dell'allegato II della decisione 86/283, i dazi doganali che risultano essere dovuti per l'importazione nella Comunità europea di merci oggetto di un certificato di circolazione delle merci EUR 1, nemmeno qualora esso sia stato rilasciato sulla base di un'indicazione falsa, fornita dall'esportatore, in merito all'origine delle merci, e sia stato annullato a seguito di un controllo a posteriori.

3) L'imposizione all'importatore in buona fede del pagamento di dazi doganali dovuti per l'importazione di una merce rispetto alla quale l'esportatore ha commesso un illecito doganale, cui l'importatore non ha partecipato a nessun titolo, non è in contrasto con i principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto.

4) Il fatto che le autorità dello Stato di esportazione abbiano rilasciato un certificato di circolazione delle merci EUR 1 ai sensi della decisione 86/283, senza aver effettuato alcun controllo preventivo per verificare l'origine effettiva delle merci, non costituisce un'ipotesi di forza maggiore che osti al recupero dei dazi doganali dovuti dall'importatore in buona fede.

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