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Document 61995CC0181

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 3 ottobre 1996.
Biogen Inc. contro Smithkline Beecham Biologicals SA.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de commerce de Nivelles - Belgio.
Regolamento (CEE) del Consiglio n. 1768/92 - Certificato protettivo complementare per i medicinali - Rifiuto del titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio di fornirne copia a chi richiede il certificato.
Causa C-181/95.

Raccolta della Giurisprudenza 1997 I-00357

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1996:370

61995C0181

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 3 ottobre 1996. - Biogen Inc. contro Smithkline Beecham Biologicals SA. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de commerce de Nivelles - Belgio. - Regolamento (CEE) del Consiglio n. 1768/92 - Certificato protettivo complementare per i medicinali - Rifiuto del titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio di fornirne copia a chi richiede il certificato. - Causa C-181/95.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-00357


Conclusioni dell avvocato generale


1 Nel presente procedimento la Corte è chiamata a risolvere una situazione che non era stata prevista dal legislatore comunitario né poteva essere prevista da soggetti privati e che non era quindi stata espressamente disciplinata. Il regolamento del Consiglio del 1992 che ha istituito un certificato protettivo complementare per i medicinali non teneva conto dell'evenienza che il brevetto e l'autorizzazione di immissione in commercio di un medicinale basata su di esso potessero appartenere a diversi titolari. Ci si chiede pertanto se un certificato possa essere concesso, in relazione ad un determinato medicinale, a più di un titolare di brevetto e se il titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio sia tenuto a fornire copia di tale autorizzazione al titolare di un brevetto affinché questi possa ottenere un certificato. In subordine, se la pubblica autorità competente per la concessione dell'autorizzazione sia tenuta a fornire una copia al titolare del brevetto o alla pubblica autorità competente per il rilascio del certificato. Nel regolamento nulla si dispone in ordine a tali punti.

Contesto normativo

a) Il regolamento

2 Il sistema di protezione complementare è stato istituito dal regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, n. 1768, sull'istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (in prosieguo: il «regolamento») (1). Il fondamento giuridico del regolamento è l'art. 100 A del Trattato che istituisce la Comunità europea (in prosieguo: il «Trattato»).

3 Nel terzo e nel quarto `considerando' del regolamento si afferma che il periodo intercorrente fra il deposito di una domanda di brevetto per un nuovo medicinale e l'autorizzazione di immissione in commercio dello stesso riduce la protezione effettiva conferita dal brevetto a una durata insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca farmaceutica, situazione che penalizza tale ricerca (2). Nel sesto `considerando' si afferma che «è opportuno prevedere una soluzione uniforme a livello comunitario e prevenire in tal modo una evoluzione eterogenea delle legislazioni nazionali che comporti ulteriori differenze tali da ostacolare la libera circolazione dei medicinali all'interno della Comunità e da incidere, di conseguenza, direttamente sulla creazione e sul funzionamento del mercato interno». Il settimo `considerando' aggiunge che è necessaria la creazione di un certificato protettivo complementare che possa essere ottenuto alle stesse condizioni in ciascuno Stato membro e che, di conseguenza, il regolamento costituisce lo strumento giuridico più appropriato. L'ottavo `considerando' precisa che «il titolare che disponga contemporaneamente di un brevetto e di un certificato deve poter beneficiare complessivamente di quindici anni al massimo di esclusività, a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità del medicinale in questione». Il nono `considerando' recita «la protezione che esso conferisce deve (...) essere strettamente limitata al prodotto oggetto dell'autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale».

4 L'art. 1, lett. a), del regolamento definisce il «medicinale» come «ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali» o «da somministrare all'uomo o all'animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell'uomo o dell'animale» (3). Ai sensi della lett. b) dello stesso articolo, per «prodotto» si intende «il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale». L'art. 1, lett. c), definisce il «brevetto base» come un «brevetto che protegge un prodotto ai sensi della lettera b) in quanto tale, un processo di fabbricazione di un prodotto o un impiego di prodotto e che è designato dal suo titolare ai fini della procedura di rilascio di un certificato [complementare di protezione]» (in prosieguo: il «certificato»).

5 Ai sensi dell'art. 2 del regolamento, «ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell'immissione in commercio, ad una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 65/65/CEE o della direttiva 81/851/CEE (4), può formare oggetto di un certificato alle condizioni e secondo le modalità previste dal regolamento».

6 L'art. 3 del regolamento precisa le condizioni per il rilascio del certificato:

«Il certificato viene rilasciato se, nello Stato membro nel quale è presentata la domanda (...) e alla data di tale domanda:

a) il prodotto è protetto da un brevetto base in vigore;

b) per il prodotto in quanto medicinale è stata rilasciata un'autorizzazione in vigore di immissione in commercio a norma - secondo il caso - della direttiva 65/65/CEE o della direttiva 81/851/CEE;

c) il prodotto non è già stato oggetto di un certificato;

d) l'autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale».

7 Ai sensi dell'art. 6 del regolamento, il diritto al certificato spetta al titolare del brevetto base o al suo avente causa. L'art. 4 del regolamento, che fa riscontro al nono `considerando', stabilisce che «nei limiti della protezione conferita dal brevetto di base, la protezione conferita dal certificato riguarda il solo prodotto oggetto dell'autorizzazione di immissione in commercio del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato». Ai sensi dell'art. 5 del regolamento, fatto salvo l'art. 4, «il certificato conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse limitazioni e agli stessi obblighi».

8 L'art. 8, n. 1, del regolamento, che assume rilievo centrale nel presente procedimento, precisa il contenuto della domanda di certificato. Ai sensi dell'art. 8, n. 1, lett. a), una domanda di certificato deve contenere, tra l'altro, «il numero e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto di cui all'articolo 3, lettera b) e, qualora non sia la prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, anche il numero e la data di detta autorizzazione». Più in particolare, la domanda deve altresì contenere:

«b) una copia dell'autorizzazione di immissione in commercio di cui all'articolo 3, lettera b), da cui risulti l'identità del prodotto e che contenga, tra l'altro, il numero e la data dell'autorizzazione, nonché il riassunto delle caratteristiche del prodotto, come previsto dall'articolo 4 bis della direttiva 65/65/CEE o dall'articolo 5 bis della direttiva 81/851/CEE;

c) se l'autorizzazione di cui alla lettera b) non è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto, in quanto medicinale, nella Comunità, l'indicazione dell'identità del prodotto così autorizzato e della disposizione giuridica in forza della quale è avvenuto il procedimento di autorizzazione, nonché una copia della pubblicazione di detta autorizzazione nella Gazzetta ufficiale».

9 L'art. 10 del regolamento, per quanto qui rileva, così dispone:

«1. Quando la domanda di certificato e il prodotto che ne è oggetto soddisfano le condizioni previste dal presente regolamento, l'autorità di cui all'articolo 9, paragrafo 1, rilascia il certificato (5).

2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'autorità di cui all'articolo 9, paragrafo 1, respinge la domanda di certificato se la domanda stessa, o il prodotto che ne è oggetto, non soddisfa le condizioni previste nel presente regolamento.

3. Se la domanda di certificato non soddisfa i requisiti previsti dall'articolo 8, l'autorità di cui all'articolo 9, paragrafo 1, invita il richiedente a rimediare, entro il termine assegnatogli, alle irregolarità constatate o all'eventuale mancato pagamento della tassa.

4. Qualora non sia posto rimedio entro il termine prescritto alle irregolarità o al mancato pagamento notificati in virtù del paragrafo 3, la domanda è respinta».

10 L'art. 13 del regolamento stabilisce che il certificato «ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, ridotto di cinque anni», tuttavia la sua durata «non può essere superiore a cinque anni a decorrere dalla data in cui il certificato acquista efficacia».

11 Ai sensi dell'art. 19 del regolamento, un certificato può essere rilasciato, nel caso del Belgio, per qualsiasi prodotto che, alla data di entrata in vigore (2 gennaio 1993), sia protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità dopo il 1_ gennaio 1982.

b) La direttiva

12 Il forza dell'art. 3 della direttiva, «nessuna specialità medicinale può essere immessa in commercio in uno Stato membro senza autorizzazione preventiva rilasciata dall'autorità competente di tale Stato membro».

13 Ai sensi dell'art. 4, n. 9, della direttiva (6), le domande di autorizzazione di immissione in commercio di un medicinale (in prosieguo: l'«autorizzazione di immissione in commercio») devono essere corredate di un «riassunto delle caratteristiche del prodotto redatto conformemente all'art. 4 bis». L'art. 4 bis dispone che questo riassunto deve contenere la denominazione della specialità, la composizione qualitativa e quantitativa in principi attivi e in costituenti dell'eccipiente, la forma farmaceutica, le proprietà farmacologiche, informazioni cliniche e farmaceutiche, e indica in maniera particolareggiata le informazioni che devono essere fornite per ciascun capo. Tali informazioni sono esaminate dalle autorità competenti: ai sensi dell'art. 4 ter della direttiva, quando è rilasciata l'autorizzazione di immissione in commercio, «le autorità competenti dello Stato membro interessato comunicano al responsabile dell'immissione sul mercato il riassunto delle caratteristiche del prodotto nella versione da esse approvata».

14 L'art. 4, n. 11, della direttiva prescrive che le informazioni e i documenti acclusi ad una domanda di immissione in commercio devono includere «(ogni) autorizzazione di immissione in commercio di detta specialità medicinale in un altro Stato membro, o in un paese terzo, sempreché tale autorizzazione esista».

15 In forza dell'art. 4, n. 8, le domande di autorizzazione di immissione in commercio di un medicinale vanno corredate dei risultati delle prove fisico-chimiche, biologiche o microbiologiche, farmacologiche e tossicologiche e cliniche (7). Questa disposizione così prosegue:

«Nondimeno, senza pregiudizio della normativa relativa alla tutela della proprietà industriale e commerciale:

a) il richiedente non è tenuto a fornire i risultati delle prove farmacologiche e tossicologiche, o i risultati delle prove cliniche, se può dimostrare:

(...)

III) (...) che la specialità medicinale è essenzialmente analoga ad un prodotto autorizzato secondo le disposizioni comunitarie in vigore da almeno 6 anni nella Comunità e commercializzato nello Stato membro interessato dalla domanda; questo periodo è portato a 10 anni quando si tratta di un medicinale di alta tecnologia ai sensi della parte A dell'allegato alla direttiva 87/22/CEE (8) o di un medicinale ai sensi della parte B dell'allegato a detta direttiva, il quale abbia seguito la procedura prevista all'articolo 2 di quest'ultima; inoltre, uno Stato membro può altresì estendere questo periodo a 10 anni con decisione unica concernente tutti i prodotti immessi in commercio nel suo territorio se ritiene che le esigenze della salute pubblica lo richiedano. Gli Stati membri possono non applicare il periodo di 6 anni di cui sopra oltre la data di scadenza di un brevetto che protegge il prodotto originale».

Tuttavia, nei casi in cui la specialità medicinale è destinata ad un impiego terapeutico diverso da quello per il quale è già stata autorizzata o deve essere somministrata in modo diverso, devono essere forniti i risultati delle suddette prove.

16 L'art. 12 della direttiva dispone che «ogni Stato membro pubblica nella Gazzetta ufficiale le autorizzazioni di immissione in commercio (...)». All'atto pratico, il contenuto della decisione pubblicata non è stato armonizzato. Alcuni Stati membri indicano il riassunto delle caratteristiche del prodotto, mentre altri solo il nome del richiedente e del prodotto, nonché le dosi autorizzate.

Fatti

17 L'attrice nel procedimento a quo, la Biogen Inc. (in prosieguo: l'«attrice»), è titolare di due brevetti europei del 21 dicembre 1979 e del 19 novembre 1985 (9) per sequenze e mediatori del DNA (10) usati, mediante tecniche di ricombinazione del DNA, nella produzione di vaccini contro il virus dell'epatite B. L'Istituto Pasteur e l'Institut National de la Santé et de la Recherche (in prosieguo: gli «Istituti francesi») sono titolari di una serie di brevetti belgi ed europei nello stesso campo, risalenti al periodo tra il 1979 e il 1981. Questi brevetti riguardano la produzione del DNA dello stesso virus dell'epatite B e processi di produzione di determinati tipi di antigeni del virus. La convenuta nel procedimento a quo, la Smithkline Beecham Biologicals SA (in precedenza Smith Kline-RIT SA, in prosieguo: la «convenuta»), produce e mette in commercio un vaccino contro l'epatite B, denominato Engerix-B, il cui ingrediente attivo è l'HBsAG (antigene dalla superficie purificata del virus dell'epatite B). La convenuta si avvale di licenze concessele da vari titolari di brevetti, tra cui l'attrice e gli Istituti francesi, per l'uso delle loro tecniche brevettate di produzione dell'HBsAG. Sembra infatti che l'Engerix-B risulti dall'applicazione congiunta di più brevetti. In forza di un accordo di licenza del 28 marzo 1988 la convenuta versa all'attrice diritti per la durata dei suoi brevetti. Il giro d'affari annuo complessivo relativo all'Engerix-B era pari a oltre 800 milioni di USD (dollari statunitensi) nel 1994.

18 La convenuta è inoltre titolare di quattro autorizzazioni di immissione in commercio belghe relative all'Engerix-B, rilasciate in varie forme. La prima di esse, concessa il 14 novembre 1986, era la prima autorizzazione di immissione in commercio del vaccino nella Comunità (11). Il 30 giugno 1993 l'attrice richiedeva in Belgio il rilascio di un certificato per i suoi due brevetti sopra menzionati (12). Essa sollecitava varie volte la convenuta per il rilascio di copie della relativa autorizzazione di immissione in commercio, rilascio che le veniva rifiutato. Sulla base di trattative contrattuali, tuttavia, la convenuta forniva copie delle autorizzazioni in parola agli Istituti francesi, i quali potevano in tal modo procurarsi certificati per due dei loro brevetti. Il ministero belga della Sanità pubblica si rifiutava altresì di fornire all'attrice copie delle autorizzazioni di cui trattasi senza il permesso della convenuta.

19 Il 16 settembre 1994 l'attrice citava in giudizio la convenuta davanti al tribunal de commerce di Nivelles, deducendo di essere stata discriminata (rispetto agli Istituti francesi), in violazione dell'art. 93 della legge belga 14 luglio 1991 relativa alle pratiche commerciali e alla tutela e all'informazione dei consumatori (13), e chiedendo che fosse ordinato alla convenuta di porre fine a tale pratica discriminatoria e di fornire all'attrice copie autenticate delle controverse autorizzazioni di immissione in commercio. La convenuta ribatteva che poteva esservi solo un certificato per prodotto, che i brevetti dell'attrice erano di incerta validità e che la disparità di trattamento riservata all'attrice rispetto agli Istituti francesi era giustificata dal punto di vista economico, dato il diverso ammontare dei diritti versati da questi ultimi.

20 L'attrice cercava di ottenere certificati anche in altri Stati membri della Comunità. La convenuta (o una società sua consociata) si opponeva ovunque, tranne che in Francia, ove forniva copie dell'autorizzazione controversa consentendo all'attrice di ottenere i certificati richiesti. L'attrice riusciva nondimeno ad ottenere certificati in Italia, nei Paesi Bassi e in Svezia, in quanto le autorità nazionali fornivano copie delle autorizzazioni nazionali di cui trattasi. In Svezia, ciò avveniva in base a norme costituzionali relative alla libertà di informazione. L'attrice riusciva ad ottenere certificati anche in Lussemburgo, paese nel quale le autorità accettavano un riassunto delle caratteristiche del prodotto in luogo di un'autorizzazione di immissione in commercio.

21 Il tribunal de commerce di Nivelles (in prosieguo: il «giudice nazionale») ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, quattro questioni pregiudiziali:

«1) Se, nel caso in cui il titolare del brevetto base o il suo avente causa sia una persona diversa dal titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio del medicinale considerato, quest'ultimo sia tenuto a fornire al titolare del brevetto che ne faccia domanda o, se del caso, a più titolari di brevetto che ne facciano domanda, "la copia" della suddetta autorizzazione di cui all'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, n. 1768, sull'istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali.

2) Se il regolamento (CEE) n. 1768/92 osti a che, quando un unico prodotto è protetto da più brevetti base appartenenti a vari titolari, sia concesso un certificato protettivo complementare a ciascun titolare di brevetto base.

3) Se, tenuto conto del disposto dell'art. 6 del regolamento (CEE) n. 1768/92, il titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio di un medicinale possa negare al titolare di brevetto base o al suo avente causa la copia dell'autorizzazione di immissione in commercio di cui all'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento e, in tal modo, privarlo della possibilità di integrare la propria domanda di certificato protettivo complementare.

4) Se l'autorità amministrativa e/o governativa che ha concesso l'autorizzazione di immissione in commercio di cui trattasi o presso la quale è depositato l'originale o una copia della suddetta autorizzazione, possa rifiutarsi di fornire una copia al titolare del brevetto (o di brevetti) base considerato(i) o al suo avente causa ovvero possa, a suo arbitrio o ricorrendo determinate condizioni, decidere circa l'opportunità di fornire o comunicare la suddetta copia ai fini della sua utilizzazione a sostegno di una domanda di certificato protettivo complementare nell'ambito delle disposizioni del regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, n. 1768».

Osservazioni

22 L'attrice e la convenuta nel procedimento a quo, nonché la Commissione, la Repubblica francese, la Repubblica italiana e il Regno di Svezia hanno presentato osservazioni scritte (limitate alla quarta questione nel caso della Svezia). L'attrice, la convenuta, la Commissione e l'Italia hanno esposto le loro osservazioni orali all'udienza dell'11 luglio 1996.

23 La seconda questione va esaminata per prima in ordine logico. Tutte le parti, tranne la convenuta nel procedimento a quo (e la Svezia, che non ha presentato osservazioni sul punto), sostengono che i certificati possono essere rilasciati in relazione a tutti i brevetti a cui si riferisce una singola autorizzazione di immissione in commercio. Esse argomentano che il tenore del regolamento non prescrive alcuna esclusività e che la possibilità di certificati plurimi nei casi in cui vi sia una pluralità di titolari di brevetti è compatibile con l'obiettivo di promuovere tutti gli aspetti della ricerca farmaceutica. La convenuta nel procedimento a quo fa valere che il regime di certificati è finalizzato, in primo luogo, a compensare chi è responsabile dello sviluppo e della messa in commercio di medicinali per gli sforzi, le spese e il tempo dedicato all'ottenimento di un'autorizzazione di immissione in commercio, e non tanto ad avvantaggiare in modo uniforme la ricerca farmaceutica nel suo complesso. Essa richiama altresì gli specifici riferimenti al certificato presenti nel testo del regolamento.

24 In ordine alla prima e alla terza questione, prese in considerazione congiuntamente, l'attrice nel procedimento a quo sostiene che il titolare di un'autorizzazione di immissione in commercio dovrebbe essere obbligato a fornire una copia a tutti i titolari di brevetti interessati, poiché l'art. 6 del regolamento stabilisce che i certificati vanno concessi ai titolari di brevetti. In caso contrario verrebbero disattesi gli obiettivi del regolamento, nonché le regole comunitarie di concorrenza che vietano l'abuso di posizione dominante, qualora ai titolari di autorizzazioni di immissione in commercio fosse permesso di impedire ai titolari di brevetti l'esercizio dei loro diritti. L'investimento richiesto per ottenere l'autorizzazione di immissione in commercio verrebbe separatamente tutelato in forza dell'art. 4, n. 8, della direttiva. Le altre parti (sempre con l'eccezione della Svezia) sono contrarie ad un tale obbligo: esso provocherebbe turbative nei rapporti contrattuali esistenti, non sarebbe espressamente previsto dal regolamento e dovrebbe essere determinato in sede contrattuale. La ricorrente nel procedimento a quo rileva come l'autorizzazione di immissione in commercio costituisca un elemento della proprietà distinto e alienabile, altrettanto essenziale quanto il brevetto ai fini del regime di protezione complementare. Se il titolare non fosse in posizione tale da poter negoziare le clausole contrattuali per la cessione di una copia dell'autorizzazione di immissione in commercio al titolare del brevetto, quest'ultimo verrebbe posto in condizione di ritirare la propria licenza allo scadere del brevetto o di esigere somme esorbitanti per la sua proroga, contrariamente a quanto prescrivono le regole comunitarie di concorrenza. La convenuta nel procedimento a quo segnala che l'accordo di licenza stipulato tra essa e l'attrice nel procedimento a quo era stato concluso persino prima della proposta della Commissione relativa ad un regime di protezione complementare parzialmente retroattivo, talché esso non lo ha disciplinato.

25 L'attrice nel procedimento a quo e il governo italiano sostengono che, poiché le autorizzazioni di immissione in commercio sono rilasciate nell'interesse pubblico e non sono di proprietà esclusiva dei loro titolari, e poiché il diritto di ottenere un certificato è stabilito dalla legge, le pubbliche autorità devono fornire copie ai sensi del regolamento a tutti i titolari di brevetti interessati. Lo scopo del rilascio di una copia dell'autorizzazione di immissione in commercio è quello di individuare il medicinale in questione e i suoi elementi costitutivi. Possono essere adottate cautele al fine di tutelare informazioni riservate pur fornendosi tutte le informazioni necessarie ai fini del regolamento. I governi francese e svedese e la Commissione ritengono che non si possa desumere un tale obbligo dal tenore letterale e dagli obiettivi del regolamento, sebbene le pubbliche autorità possano consentire il rilascio di copie se lo vogliono: al riguardo, sarebbe rilevante la normativa nazionale applicabile. La convenuta nel procedimento a quo sostiene che la questione è inammissibile e che il giudice nazionale ha omesso di spiegare per quale motivo ha operato un rinvio pregiudiziale relativo a compiti di pubbliche autorità non rappresentate nel procedimento a quo. Questo argomento è stato confutato dall'attrice nel procedimento a quo nel corso dell'udienza. In subordine, la convenuta nel procedimento a quo sostiene, coerentemente con la propria tesi secondo cui l'autorizzazione di immissione in commercio costituisce in quanto tale un elemento distinto della proprietà industriale ai fini del regime di protezione complementare, che il rilascio a terzi di copie dell'autorizzazione inciderebbe ingiustificatamente su entrate che essa altrimenti realizzerebbe, aventi natura di compensazione per i suoi sforzi, e che ciò non dovrebbe essere consentito.

Analisi

26 Come ho già rilevato, la seconda questione va esaminata per prima in ordine logico. In caso di soluzione affermativa di tale questione, con la conseguenza che solo un certificato potrebbe essere rilasciato in ciascuno Stato membro relativamente ad ogni medicinale autorizzato ad essere immesso in commercio, a prescindere dal numero di brevetti sui quali esso sia basato e dal numero di titolari di brevetti, dovrebbe escogitarsi qualche criterio per scegliere chi di essi dovrebbe ottenere un certificato. In simili circostanze, infatti, l'autorizzazione di immissione in commercio sarebbe, per usare la definizione della convenuta nel procedimento a quo, un secondo polo del regime di protezione complementare (il primo sarebbe lo stesso brevetto beneficiario) e quindi un elemento commerciabile della proprietà: in caso di concorrenza tra titolari di brevetti per acquistare il diritto di ottenere l'unico certificato disponibile, il titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio verrebbe a trovarsi in una posizione che gli consentirebbe di decidere di riservare a sé stesso il certificato, ove esso stesso fosse titolare di un brevetto la cui tutela intendesse prolungare, o di negoziare la fornitura di una copia con uno degli altri titolari di brevetti interessati alle condizioni più favorevoli possibili. In caso di soluzione affermativa della seconda questione, non soccorrerebbe granché il fatto che le pubbliche autorità competenti debbano fornire copie delle autorizzazioni di immissione in commercio a qualunque richiedente, per consentirgli di far domanda per il certificato. Tali autorità dovrebbero infatti individuare un diverso criterio di concessione dell'unico certificato disponibile. Non vi è alcuna disposizione nel regolamento in ordine a requisiti qualitativi preferenziali di alcuni brevetti su altri, come ad esempio la loro importanza relativa per il medicinale messo in commercio; una simile procedura di selezione sarebbe difficile, se non impossibile. Il criterio alternativo, quello del «primo venuto, primo servito», è altrettanto poco convincente, non da ultimo perché mal si concilierebbe con il generale principio di parità giuridica.

27 Esaminerò poi congiuntamente la prima e la terza questione, che possono essere combinate, e la quarta questione. Per i motivi già posti in evidenza, i ruoli rispettivi del titolare di un'autorizzazione di immissione in commercio e delle pubbliche autorità competenti nell'ambito del regime di protezione complementare sono indissolubilmente collegati.

La seconda questione

28 Il testo del regolamento non offre, direttamente, grande ausilio nella risposta alla seconda questione. Tuttavia, a mio giudizio, essa andrebbe risolta negativamente. Una diversa soluzione si discosterebbe troppo dagli obiettivi del regolamento e avrebbe un effetto troppo pregiudizievole sul mercato interno.

29 Il testo del regolamento si applica senza difficoltà ad una situazione semplice, nella quale la ricerca di base, lo sviluppo del prodotto, la produzione e la messa in commercio sono tra loro verticalmente integrati: quella in cui il titolare del brevetto o dei brevetti relativi ad un medicinale, la cui messa in commercio è stata autorizzata in uno Stato membro, è altresì il titolare della relativa autorizzazione di immissione in commercio. Con ogni evidenza, il regolamento è stato elaborato sulla base di questo modello «classico». Sennonché, le circostanze di fatto su cui si verte nel caso di specie non corrispondono a questo modello.

30 La nozione di «prodotto» è fondamentale nella struttura della normativa. Il «prodotto» è definito all'art. 1, lett. b), come «il principio attivo o la combinazione di principi attivi di un medicinale (il corsivo è mio)», il che indica che vi è solo un «prodotto» corrispondente ad ogni medicinale avente finalità preventive, terapeutiche, diagnostiche o altre. L'art. 1, lett. c), può considerarsi presupporre che, nel caso in cui vi sia una pluralità di brevetti, eventualmente di tipo diverso (brevetti sul prodotto, sul processo di fabbricazione di un prodotto o sull'impiego del medesimo), questi facciano capo a un unico titolare, il quale si trovi nella posizione di poter scegliere tra loro e designarne uno come «brevetto base» ai fini del procedimento di rilascio di un certificato (14). Il tenore dell'art. 6, secondo cui il certificato spetta «al titolare del brevetto di base» (il corsivo è mio), sembra altresì riconducibile ad un'ipotesi di integrazione.

31 Tale supposizione è ancora più accentuata nell'art. 3, lett. c), del regolamento, che prescrive, come una delle condizioni per ottenere un certificato, che «il prodotto non (sia) già stato oggetto di un certificato». Poiché vi è solo un «prodotto» corrispondente a ciascun medicinale, ciò implica che può esservi solo un certificato per ogni autorizzazione di immissione in commercio di un medicinale. Da ciò può pertanto argomentarsi che l'art. 3, lett. c), è inteso a consentire un certificato rispetto ad un solo brevetto, ossia il brevetto base prescelto dal suo titolare. Questa non sembra, tuttavia, essere la sua finalità. A mio avviso, lo scopo di questa disposizione è quello di garantire che il diritto esclusivo di mettere in commercio un medicinale non sia più volte prolungato con il rilascio consecutivo di una serie di certificati. Diversamente, potrebbero esservi tentativi di eludere il calcolo del periodo di protezione complementare, che comprende cinque anni al massimo e che rappresenta un compromesso risolutivo tra una serie di interessi politici, sociali ed economici (15). Ciò potrebbe verificarsi, in mancanza della condizione stabilita all'art. 3, lett. c), se il prodotto - cioè il principio attivo o la combinazione di principi attivi - fosse assoggettato più volte (come nel caso di specie), in diverse dosi o forme, ad una serie di autorizzazioni di immissione in commercio distinte, la prima della quali nella Comunità potrebbe fungere da base per il calcolo del successivo periodo di protezione complementare per brevetti associati. Ciò spiega l'importanza fondamentale della nozione di «prodotto» in determinati punti della disciplina normativa. Un prodotto, la cui composizione è fissa, può derivare da più brevetti e può figurare in più autorizzazioni di immissione in commercio in un singolo Stato membro. Ciò avviene in quanto quello che è fondamentalmente lo stesso prodotto può essere somministrato in modi diversi o presentato in dosi diverse, ciascuna delle quali deve essere autorizzata separatamente. Poiché il prodotto costituisce il fondamentale principio attivo o la fondamentale combinazione di principi attivi di qualsiasi ritrovato medicinale avente finalità terapeutiche, diagnostiche, profilattiche o altre, è questo il punto fermo impiegato per garantire che la tutela del brevetto riconosciuta a tale ritrovato e alle ricerche che stanno alla base di quest'ultimo sia prolungata una sola volta.

32 L'assunto secondo il quale ad ogni prodotto corrisponde - e deve corrispondere un solo brevetto base designato dal suo titolare, che comporta quindi l'assegnazione di un unico certificato, sta alla base dell'impostazione adottata nell'art. 3, lett. c), del regolamento, ma non è in nessun modo indispensabile per attuare gli obiettivi di tale disposizione. Al contrario, l'assegnazione di una serie di certificati in relazione ad una serie di brevetti connessi ad un unico prodotto, il tutto sulla base di una stessa autorizzazione di immissione in commercio, e il cui periodo di protezione complementare sia calcolato a decorrere dalla data di rilascio di una tale autorizzazione nella Comunità, risulterebbero nella tutela derivante da ciascuno di questi brevetti aventi la stessa data di scadenza. Il rilievo dell'avvocato generale Jacobs nella causa Spagna/Consiglio (16) in ordine ai rispettivi periodi di protezione complementare apprestata da brevetti in diversi Stati membri, tutti basati sulla data della prima concessione nella Comunità di un'autorizzazione di immissione in commercio per il prodotto rilevante, è altresì valido per quanto riguarda una serie di brevetti che concedono una protezione complementare sulla base di un'unica autorizzazione di immissione in commercio in uno Stato:

«Supponiamo che sia stata presentata una domanda di brevetto nello Stato membro A nel 1990, e nello Stato membro B nel 1991, la cui protezione valga rispettivamente fino al 2010 e fino al 2011. L'autorizzazione di immissione in commercio del prodotto è stata concessa per la prima volta nello Stato membro C nel 1998. In base a questi dati la durata del certificato va calcolata come segue: nello Stato membro A la durata è di otto (1990-1998) meno cinque anni, e il certificato entra in vigore nel 2010 e scade nel 2013; nello Stato membro B la durata è di sette (1991-1998) meno cinque anni, e il certificato entra in vigore nel 2011 e, anche in questo caso, scade nel 2013».

Il principio di uniformità può subire eccezioni a seconda che la fattispecie riguardi uno o più Stati membri. Dato il periodo massimo di cinque anni della protezione complementare, i brevetti richiesti più di dieci anni prima della data di rilascio della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità scadranno prima di quelli richiesti da meno di dieci anni prima di quella data. Tuttavia, tale eccezione non pone problemi per quanto riguarda l'obiettivo dell'art. 3, lett. c), del regolamento, non essendovi prolungamento del periodo massimo iniziale di protezione complementare.

33 Numerosi sarebbero gli inconvenienti se l'art. 3, lett. c), del regolamento fosse interpretato nel senso che esso consenta il beneficio della protezione complementare a un solo brevetto sulla base di un prodotto autorizzato ad essere messo in commercio come medicinale. Sorgerebbero, anzitutto, delle antinomie all'interno del testo del regolamento. Come si è sopra rilevato, l'art. 1, lett. c), sembra disporre che il titolare di più brevetti deve designarne uno come suo brevetto base, ai fini del rilascio di un certificato. Se vi sono più titolari di brevetto, tale scelta non può aver luogo nell'ipotesi in cui ciascuno possa liberamente designare un brevetto per la protezione complementare. Se sono soddisfatte le altre condizioni stabilite dalle norme, ciascun titolare di brevetto può ottenere un certificato in relazione al suo brevetto base, ai sensi dell'art. 6 del regolamento. A mio giudizio, e come sosteneva di fatto la convenuta nel procedimento a quo, l'unica alternativa possibile è che il brevetto base (o quantomeno il titolare del brevetto base) sia designato dal titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio. Ciò è, a mio modo di vedere, difficilmente compatibile con i termini degli artt. 1, lett. c), e 6 del regolamento, che espressamente si riferiscono ai brevetti (17); il problema verrà trattato oltre, nella mia risposta alle altre questioni.

34 Ciò che più importa è che la limitazione automatica della protezione complementare ad un brevetto per prodotto, indipendentemente dal modo in cui il prodotto è stato sviluppato, sarebbe contraria a due dei fondamentali obiettivi del regolamento. Il primo è quello di fornire una tutela aggiuntiva e incentivare la ricerca farmaceutica nel suo complesso. Il secondo è quello di conseguire una maggiore uniformità della tutela apprestata dal brevetto nella prospettiva del mercato interno.

35 Per quanto attiene al primo obiettivo, il primo `considerando' del regolamento afferma che «la ricerca nel settore farmaceutico contribuisce in modo decisivo al costante miglioramento della salute pubblica». L'art. 1, lett. c), fa riferimento senza distinzioni a brevetti relativi a prodotti, processi di fabbricazione e impieghi di un prodotto, il che implica che i brevetti che sono ottenuti in qualunque fase della ricerca che dia luogo a un medicinale che può essere messo in commercio possono essere designati dai loro titolari ai fini della protezione complementare. Inoltre, la percezione dei fatti che sta alla base dell'adozione del regolamento, secondo cui la ricerca farmaceutica era penalizzata da una riduzione della tutela conseguente al periodo di attesa nell'ottenimento di un'autorizzazione di immissione in commercio di medicinali, è valida per il complesso di queste ricerche ed implica che tutte le imprese impegnate in simili ricerche dovrebbero potersi giovare del regolamento (18).

36 In secondo luogo, il limite di un certificato per prodotto pregiudicherebbe l'obiettivo del regolamento di raggiungere una maggiore uniformità nella tutela apprestata dal brevetto nell'ambito della Comunità, al fine di ridurre gli ostacoli al commercio intracomunitario di medicinali (19). Il sesto `considerando' del regolamento afferma a questo riguardo che è opportuno prevedere «una soluzione uniforme a livello comunitario». L'art. 100 A del Trattato costituisce il fondamento giuridico del regolamento alla luce del significato del provvedimento per quanto riguarda questo aspetto dell'instaurazione del mercato interno. Nella sentenza Spagna/Consiglio, la Corte ha richiamato la tendenza ad un'evoluzione eterogenea delle legislazioni nazionali in tema di protezione complementare, esistente prima dell'adozione del regolamento, ed ha così proseguito:

«Il Consiglio sottolinea, giustamente, che una differenziazione nella Comunità della protezione conferita ad un identico medicinale originerebbe una frammentazione del mercato caratterizzata da mercati nazionali in cui il prodotto è ancora protetto e da mercati in cui tale protezione è venuta meno. Tale disparità di protezione comporterebbe condizioni di smercio dei medicinali anch'esse diverse a seconda degli Stati membri» (20).

37 I problemi che sorgono da una tale frammentazione vengono descritti nella sentenza EMI Electrola/Patricia Im- und Export e a. (21), nel campo dei diritti di proprietà intellettuale. Se i diritti esclusivi di mettere in commercio un prodotto persistono in forza delle norme di uno Stato membro relative alla protezione dei diritti di privativa industriale e se il fatto che il prodotto è legalmente messo in commercio in un altro Stato membro è dovuto non già ad un atto o al consenso del titolare del diritto di privativa o del suo licenziatario, bensì alla scadenza del termine della tutela esclusiva stabilito dalla normativa del secondo membro, l'art. 36 del Trattato consente al titolare del diritto di privativa nel primo Stato membro di far valere il proprio diritto esclusivo al fine di impedire la vendita nel suo territorio di prodotti in questione importati dal secondo Stato membro.

38 Come ha precisato l'avvocato generale Jacobs nella causa Spagna/Consiglio, i criteri con cui il periodo di protezione complementare ai sensi del regolamento è calcolato in ciascuno Stato membro devono dar luogo, per ogni prodotto determinato, a una data di scadenza uniforme valevole nell'intera Comunità per i brevetti associati coperti da un certificato (ferma restando la cautela sopra rilevata in ordine agli effetti nel periodo massimo di cinque anni). Ciò, egli ha proseguito, dovrebbe condurre alla libera circolazione delle merci brevettate (22). Ovviamente, poiché la protezione connessa al brevetto non è pienamente armonizzata o centralizzata in capo alla Comunità, gli ostacoli alla libera circolazione rimarrebbero se brevetti equivalenti relativi ad un medicinale fossero detenuti da più imprese in diversi Stati membri. Tuttavia, anche in una situazione nella quale una pluralità di imprese detenesse brevetti relativi ad un prodotto e ciascuno di questi brevetti fosse detenuto dalla stessa impresa nell'intera Comunità, la limitazione della protezione complementare ad un solo brevetto per ogni Stato membro si risolverebbe, quasi certamente, nella frammentazione del mercato. Poiché i certificati vengono rilasciati per ogni Stato, diversi titolari di brevetti potrebbero riuscire ad ottenere una protezione complementare in diversi Stati membri, presumibilmente a seconda delle condizioni che sono disposti a offrire al titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio o, in subordine, della politica seguita dalle pubbliche autorità competenti.

39 Nelle circostanze appena descritte, il titolare di un certificato relativo al brevetto X nello Stato membro A potrebbe opporsi, per gli stessi motivi che nella causa EMI Electrola, all'importazione in questo Stato membro del medicinale di cui trattasi dallo Stato membro B, nel quale il brevetto Y fruisce di protezione complementare e l'equivalente del brevetto X è giunto a scadenza. Il fatto che il medicinale sia messo in commercio nello Stato membro B dalla società o con il consenso della società titolare di una licenza per il brevetto X nello Stato membro A difficilmente potrebbe permettere di far valere la teoria dell'esaurimento contro il titolare del brevetto X (23): esso non potrebbe essere considerato aver acconsentito alla messa in commercio in uno Stato membro nel quale esso stesso non mette in commercio il medicinale e nel quale, essendo scaduto il suo brevetto, non è in grado di controllare l'uso della propria invenzione in questo prodotto. Per quanto riguarda il medicinale importato, esso è una copia generica piuttosto che un'importazione parallela. Benché la Corte abbia messo in guardia, nella sentenza EMI Electrola, contro l'applicazione di simili disparità nei periodi nazionali di protezione come mezzo di discriminazione arbitraria o misura dissimulata di restrizione degli scambi (24), potrebbe risultare difficile nella pratica individuare o impedire la concessione di certificati aventi tale precisa scadenza a diversi titolari di brevetti in diversi Stati membri, vuoi da pubbliche autorità vuoi tramite gli uffici del titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio di cui trattasi (25). Un tale sistema, anche se non venisse deliberatamente sfruttato per conseguire la compartimentazione del mercato comunitario, si risolverebbe con ogni evidenza in una frammentazione del mercato.

40 Il regolamento è un atto normativo avente portata generale, adottato al fine di conseguire determinati obiettivi. Il testo del regolamento deve essere interpretato, nei limiti del possibile, in modo tale da agevolare il conseguimento di questi obiettivi. Se una disposizione dà luogo a più interpretazioni possibili, le possibilità alternative devono essere prese in esame quando l'interpretazione letterale più evidente non sia idonea al conseguimento dell'obiettivo del regolamento, in quanto sia basata su ipotesi in parte inadeguate in ordine al modello di rapporti economici nel settore regolato dal regolamento e dia luogo a incongruenze nel testo normativo (26). A mio avviso, l'art. 3, lett. c), del regolamento va inteso nel senso che esso prescrive che il prodotto non sia già stato oggetto di un certificato ottenuto in base ad una diversa autorizzazione di immissione in commercio. Tale condizione implicita, rimasta inespressa a causa delle ipotesi su cui aveva fatto leva il suo estensore, è coerente con la struttura dell'art. 3: le lettere da b) a d) andrebbero in tal caso interpretate nel senso che esse prescrivono, in successione logica, che vi sia una valida autorizzazione di immissione in commercio per il prodotto, che nessun'altra autorizzazione relativa a tale prodotto sia stata usata come base per una protezione complementare dei suoi brevetti associati e che l'autorizzazione di immissione in commercio usata come base per una tale protezione sia la prima concessa per il prodotto in tale Stato membro. Siffatta interpretazione garantirebbe il conseguimento dello scopo enunciato dall'art. 3, lett. c), vale a dire quello di evitare che sia prolungato più volte il periodo di protezione complementare, mentre gli obiettivi del regolamento potrebbero nel loro complesso essere perseguiti senza impedimenti. Il titolare di un brevetto relativo al prodotto potrebbe designare tale brevetto come brevetto base e, sempreché siano soddisfatte le condizioni prescritte dal regolamento, ottenere un certificato al fine di compensare in modo più esauriente le sue attività di ricerca.

41 La mia conclusione è pertanto nel senso che la seconda questione posta dal giudice nazionale deve essere risolta negativamente.

Le questioni prima, terza e quarta

42 A mio giudizio, la prima questione deferita dal giudice nazionale deve essere risolta in senso negativo, mentre la terza questione, che ne costituisce di fatto l'immagine speculare, andrebbe risolta in senso affermativo. La quarta questione va risolta negativamente, fatte salve le precisazioni che saranno effettuate oltre.

43 Nel regolamento nulla si dispone in ordine al rapporto tra il titolare di un brevetto base e il titolare di una relativa autorizzazione di immissione in commercio per lo Stato membro in questione, ancora una volta perché, come suppongo, il legislatore presupponeva che tali figure si sarebbero concentrate in un'unica impresa. Invero, è l'omessa considerazione da parte del legislatore della possibilità di divergenza tra la titolarità dei brevetti e quella delle autorizzazioni di immissione in commercio a sollevare il problema su cui si verte nella presente causa. Nondimeno accoglierei l'argomento secondo cui non dovrebbero essere imposti obblighi aggiuntivi a privati o enti semplicemente in conseguenza delle disfunzioni del legislatore, che ha omesso di disciplinare una situazione imprevista. Talché, in mancanza di un obbligo contrattuale a tal fine (le parti avrebbero dovuto essere dotate di una preveggenza notevole per prevedere le circostanze verificatesi in conseguenza del regolamento), il regolamento non deve essere interpretato nel senso che esso prescriva a un'impresa nella posizione della convenuta nel procedimento a quo di fornire ad un'impresa nella posizione dell'attrice nel procedimento a quo una copia della controversa autorizzazione nazionale di immissione in commercio per ottemperare a quanto prescritto dall'art. 8, n. 1, lett. b). E' persino impossibile individuare una disposizione del regolamento dalla quale potrebbe desumersi siffatto obbligo; la disposizione più pertinente, l'art. 6, definisce tutt'al più l'identità della persona che ha diritto ad ottenere un certificato dal competente ufficio della proprietà industriale e difficilmente potrebbe essere interpretato nel senso che esso crei un diritto di essere assistito da terzi privati nel conseguimento di documenti necessari a tal fine. Costituirebbe una grave lesione del principio di certezza del diritto desumere un tale obbligo di assistenza sic et simpliciter dalla struttura e dagli obiettivi del regolamento.

44 Il richiamo dell'attrice nel procedimento a quo alle norme comunitarie che vietano l'abuso di posizione dominante, a sostegno del proprio argomento relativo all'obbligo del titolare di un'autorizzazione di immissione in commercio di fornire una copia della medesima, può essere rilevante, tutt'al più, nel caso in cui una copia effettiva della controversa autorizzazione di immissione in commercio sia prescritta per una domanda di certificato e tale copia non sia disponibile da un'altra fonte. La domanda sul «mercato» di tali copie con ogni probabilità crollerebbe rapidamente se non fossero necessarie, mentre il titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio difficilmente potrebbe fruire di una posizione dominante su tale mercato se le copie, o un accettabile surrogato delle medesime, fossero prontamente disponibili altrove. Inoltre, un argomento teleologico a favore di un obbligo gravante sui privati titolari di autorizzazioni di immissione in commercio di fornire copie ai titolari di brevetti, come quello sopra preso in esame e respinto, verrebbe ulteriormente affievolito nel caso in cui non fossero soddisfatte le due suddette condizioni relative alla necessità e all'indisponibilità. L'importanza di questi rilievi diverrà più chiara quando passerò all'esame della natura essenziale dell'obbligo di fornire «una copia dell'autorizzazione» per ottemperare all'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento.

45 S'intende che il regolamento non osta a norme nazionali che prescrivano di fornire un documento come un'autorizzazione di immissione in commercio in capo a una parte contrattuale a favore dell'altra, in circostanze come quelle di cui trattasi nel caso di specie. Il giudice nazionale è competente ad accertare se un tale obbligo sussista in forza delle norme belghe. E' tuttavia senz'altro possibile che l'applicabilità di simili norme nazionali sia ugualmente condizionata al ricorrere delle suddette condizioni di necessità e indisponibilità da fonti alternative. Passo pertanto all'esame di queste due condizioni.

46 La convenuta nel procedimento a quo ha argomentato, con motivi tra loro correlati, che il richiedente di un certificato deve avere una copia della pertinente autorizzazione nazionale di immissione in commercio e che questa può essere fornita solo dal titolare sulla base di un accordo contrattuale. Poiché la sostanza della sua argomentazione relativa alla prima e alla terza questione riguarda la facoltà delle pubbliche autorità di menomare i diritti del titolare di un'autorizzazione di immissione in commercio nel rilascio di copie dell'autorizzazione ai titolari di brevetti, o nell'accettare documenti alternativi, i problemi sollevati dalla quarta questione devono essere presi in considerazione alla luce di questo contesto, talché l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla convenuta nel procedimento a quo è manifestamente infondata. Comunque sia, la Corte ha costantemente affermato che spetta unicamente ai giudici nazionali aditi, che debbono assumersi la responsabilità della decisione giudiziaria, valutare, tenuto conto delle peculiarità di ogni causa, sia la necessità di una pronuncia in via pregiudiziale per essere posti in grado di statuire nel merito sia la pertinenza delle questioni sottoposte alla Corte. Il rigetto di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile solo se risulti in modo manifesto che l'interpretazione del diritto comunitario o l'esame della validità di una norma comunitaria, richiesti dal detto giudice, non hanno alcuna relazione con l'effettività o l'oggetto del procedimento a quo (27). Nel caso in esame, la controversia dinanzi ai giudici nazionali potrebbe essere priva di oggetto se le pubbliche autorità fossero in grado, oppure in obbligo, di fornire una copia dell'autorizzazione di immissione in commercio o di accettare un surrogato equivalente.

47 L'assunto della convenuta nel procedimento a quo secondo cui il brevetto e l'autorizzazione di immissione in commercio costituiscono due poli e diritti di privativa distinti nella struttura del regolamento non è convincente, per una serie di motivi. In primo luogo, il certificato è rilasciato al titolare di un brevetto base e amplia i diritti derivanti dal brevetto. Il godimento di diritti concessi in forza del diritto comunitario non è di norma riconducibile alla discrezionalità di terzi privati (28). Così come non riesco a scorgere nel regolamento l'imposizione di un obbligo nei confronti della convenuta di assistere l'attrice fornendo una copia dell'autorizzazione di immissione in commercio, non vi è del pari alcuna disposizione sulla quale basare l'interesse, prospettato dalla convenuta nel procedimento a quo, al certificato di protezione complementare richiesto dall'attrice nel procedimento a quo.

48 In secondo luogo, l'autorizzazione di immissione in commercio assume nella struttura del regolamento qualche funzione importante, ma pur sempre meramente accessoria. La prima autorizzazione rilasciata nella Comunità determina il periodo di protezione complementare; la prima rilasciata in un singolo Stato membro determina la data di scadenza per le domande di certificato (sei mesi dopo il rilascio dell'autorizzazione) (29); la prescrizione ai sensi dell'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento, relativa al fatto che una copia dell'autorizzazione nazionale di immissione in commercio deve essere fornita con la domanda di certificato, è finalizzata all'ulteriore obiettivo di individuare il prodotto e di facilitare la verifica delle prime due condizioni. Per tale motivo, ritengo che non sia necessario fornire una copia dell'effettiva autorizzazione di immissione in commercio menzionata in questo articolo, ove le informazioni in esso specificate possano essere desunte in modo attendibile da altra fonte (per ulteriori considerazioni sul punto, v. oltre).

49 In terzo luogo, un'autorizzazione di immissione in commercio, a differenza di un brevetto, non deve necessariamente essere esclusiva. Il suo titolare gode, in molti casi, di un'esclusività di fatto, ma questa non discende dalla natura dell'autorizzazione stessa, bensì dal fatto che la persona che provvede alla messa in commercio di un medicinale detiene ogni brevetto che può essere richiesto o licenze esclusive rilasciate in forza di tali brevetti. L'autorizzazione di immissione in commercio può continuare ad avere effetti dopo la scadenza di una protezione connessa ad un brevetto, e a tal punto i produttori in concorrenza tra loro sono liberi di cercare un'autorizzazione equivalente. Anche mentre si applica la tutela del brevetto, il titolare di un'autorizzazione di immissione in commercio può ottenere solo una licenza non esclusiva, nel qual caso gli altri titolari di licenze possono altresì richiedere un'autorizzazione di immissione in commercio. Questo tipo di situazione viene espressamente prevista dall'art. 4, n. 8, lett. a), punto iii, della direttiva.

50 In quarto luogo, non vi è nulla che avvalori la tesi della convenuta nel procedimento a quo secondo cui il regolamento sarebbe stato prioritariamente finalizzato a compensare le spese e gli sforzi causati dallo sviluppo di medicinali da mettere in commercio, piuttosto che la ricerca farmaceutica in generale, i cui risultati in gran parte possono esigere ulteriori sviluppi prima della messa in commercio. Pur essendo un principio fondamentale nella struttura del regolamento che il risultato utile della ricerca è un medicinale da mettere in commercio, i `considerando' del regolamento (ad esempio il primo, il secondo e il quarto) menzionano la ricerca farmaceutica in generale, mentre l'art. 1, lett. c), del regolamento suggerisce che ogni brevetto, anche quello basato sulla ricerca più elementare, può essere designato come brevetto base ai fini della domanda di certificato (30).

51 In quinto luogo, vorrei ancora sottolineare l'obiettivo di evitare, ove possibile, la frammentazione del mercato comunitario dei medicinali. Il regolamento, pur non potendo porre interamente rimedio a questo problema, non va interpretato in modo tale da creare nuove possibilità di ostacoli alla libera circolazione di tali prodotti. Se il titolare di autorizzazione di immissione in commercio di un medicinale in più Stati membri potesse stabilire se le imprese che avevano i brevetti in questione in tali paesi possano ottenere certificati e adottare un diverso approccio in ogni paese, a seconda dei termini dell'offerta, una compartimentazione del mercato potrebbe esserne la conseguenza anche qualora più di un certificato potesse in via di principio essere rilasciato in ciascuno Stato membro.

52 Infine, va respinto l'argomento della convenuta nel procedimento a quo secondo cui essa sarebbe ingiustamente penalizzata, alla luce dell'art. 4 del regolamento, se non avesse un certo controllo sulla concessione di certificati. Poiché la protezione conferita da un certificato è espressamente limitata al medicinale oggetto dell'autorizzazione di immissione in commercio, la convenuta nel procedimento a quo ha sostenuto che altri vaccini contro l'epatite B potrebbero essere escogitati e autorizzati, con un principio attivo leggermente differente dall'Engerix-B, ma utilizzando comunque la tecnologia protetta da brevetti come quelli dell'attrice nel procedimento a quo, che ricadrebbero fuori della portata del certificato. Pertanto, essa perderebbe il proprio diritto esclusivo di mettere in commercio vaccini basati su tali brevetti, ma sarebbe l'unica impresa obbligata a versare diritti al titolare del certificato.

53 Se la tesi della convenuta nel procedimento a quo fosse corretta, sorgerebbe una variante di questo problema anche se il certificato e l'autorizzazione di immissione in commercio fossero detenuti dalla stessa impresa. Altre imprese potrebbero sviluppare prodotti leggermente differenti che, una volta autorizzati, potrebbero mettere in commercio senza riguardo al periodo complementare di protezione accordato dal certificato. Sebbene tale pericolo possa essere più apparente che reale [stanti il periodo massimo di cinque anni della protezione complementare, il periodo di attesa necessario nella maggior parte dei casi per ottenere un'autorizzazione e la tutela riconosciuta dall'art. 4, n. 8, lett. a), punto iii), della direttiva], una situazione del genere, nella quale il prolungamento della protezione connessa al brevetto in forza del certificato perderebbe già parte del suo effetto utile, sarebbe incompatibile con gli obiettivi del regolamento. Questo potenziale problema potrebbe essere affrontato consentendo al titolare di un brevetto vuoi di acquistare nuovi certificati per nuovi prodotti connessi alla sua invenzione e autorizzati ad essere immessi in commercio come medicinali, vuoi a estendere la protezione di un certificato esistente ad altri prodotti nuovi di questo tipo. Non vi è alcuna affermazione secondo cui un brevetto può essere assoggettato ad un unico certificato, o a un certificato solo per quanto riguarda un medicinale, dato che lo stesso brevetto può essere usato per medicinali largamente differenti (così come per quelli molto simili e in concorrenza tra loro, come nel caso di specie).

54 Tuttavia solo la seconda di queste due possibilità sarebbe compatibile con l'obiettivo sancito dall'art. 3, lett. c), del regolamento: un certificato la cui portata concreta è stata ampliata ad altri medicinali autorizzati prima della sua scadenza conserverebbe la sua originaria portata temporale, determinata in riferimento alla data della prima autorizzazione nella Comunità a immettere in commercio il prodotto a cui si è inizialmente fatto riferimento nella domanda di certificato. Talché, nessun indebito vantaggio ulteriore spetterebbe al titolare del certificato. Inoltre, il fatto di consentire l'estensione materiale del certificato ad altri medicinali autorizzati rifletterebbe ed amplierebbe la politica che stava alla base della disposizione di cui all'art. 4 del regolamento, relativa all'estensione della protezione del certificato ad ogni ulteriore uso del prodotto iniziale in quanto medicinale autorizzato prima della scadenza del certificato. Un simile sviluppo, mentre ridurrebbe, come si è rilevato, il ruolo centrale nello schema normativo della nozione di prodotto, garantirebbe meglio i vantaggi che il regolamento riconosce al titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio per il prodotto in relazione al quale il certificato è stato rilasciato per primo, contro la concorrenza di imitatori. Pertanto, esattamente come ogni prodotto dovrebbe poter dar luogo, se è necessario, a certificati in relazione ad un pluralità di brevetti associati con più titolari, la portata materiale di ciascun certificato dovrebbe poter essere ampliata ad impieghi del brevetto connesso in una serie di prodotti differenti. In tali circostanze, sarebbe contrario agli interessi di coloro che immettono in commercio il medicinale originale se i titolari di autorizzazioni di immissione in commercio (inclusa quella per un medicinale successivo e analogo) potessero ostacolare il rilascio o il prolungamento di un certificato.

55 La convenuta nel procedimento a quo ha altresì addotto un argomento relativo a disposizioni in parte retroattive del regolamento, secondo cui i suoi interessi verrebbero gravemente lesi se la Corte non accogliesse la tesi secondo la quale il titolare di un'autorizzazione di immissione in commercio dovrebbe detenere una posizione privilegiata in forza del sistema di protezione complementare. Essa ha rilevato che, se l'attrice nel procedimento a quo, titolare di un brevetto, ottenesse un certificato, essa deterrebbe, al termine del periodo esistente di protezione connessa al brevetto, alla scadenza dell'accordo di licenza, un potere contrattuale enormemente accresciuto (31). Essa potrebbe negare alla convenuta nel procedimento a quo un'ulteriore licenza, bloccando l'attività dei suoi stabilimenti, delle sue reti di distribuzione e così via, oppure, alla luce di tale cupa alternativa e della posizione consolidata dall'Engerix-B sul mercato, esigere diritti esorbitanti per una nuova licenza. Il regolamento, essa ha concluso, andrebbe interpretato in modo da evitare che l'attrice nel procedimento a quo sia posta in una posizione dominante della quale essa potrebbe abusare.

56 Non condivido questa argomentazione. In primo luogo, le prove prodotte dinanzi alla Corte non sono sufficienti a dimostrare che il potere contrattuale dell'attrice nel procedimento a quo si accrescerebbe enormemente rispetto a quello della convenuta nel procedimento a quo, ove fosse concesso un certificato. Ad esempio, l'attrice nel procedimento a quo avrebbe poca scelta se non quella di concedere una licenza sul suo brevetto alla convenuta nel procedimento a quo, se intendesse trarre profitto dal suo periodo di protezione complementare in forza del certificato e se nessun'altra società detenesse un'autorizzazione di immissione in commercio per un prodotto derivato dal brevetto. In secondo luogo, ed è ancora più importante, se in seguito al rilascio di un certificato viene rinvenuta l'esistenza di un mercato sufficientemente ristretto del prodotto - ad esempio un mercato degli antigeni dell'epatite B - sul quale l'attrice nel procedimento a quo goda di una posizione dominante, esistono rimedi consolidati in forza delle norme comunitarie di concorrenza, intesi a prevenire o correggere un abuso di tale posizione. Se, d'altro lato, il comportamento del titolare di un certificato viene ritenuto non costituire un abuso di posizione dominante, ai sensi della nozione comunitaria (32), non può certo criticarsi l'interpretazione del regolamento che consente il rilascio di tale certificato.

57 Se, alla luce di quanto sopra rilevato, il titolare di un'autorizzazione di immissione in commercio di un medicinale non ha un diritto effettivo di controllare le domande di certificati di titolari di brevetti, le pubbliche autorità devono quanto meno aver la facoltà, in forza del diritto comunitario, di fornire copie dell'autorizzazione di immissione in commercio al titolare del brevetto ai fini di tale domanda (33). La Francia, la Svezia e la Commissione sostengono che il punto se esse facciano quanto sopra dipende dalle norme nazionali relative a tali descrizioni, dato che la questione non è regolata dal regolamento. Non condivido questo punto di vista. Dapprima esaminerò tuttavia il punto se il rilascio di siffatta copia del certificato di immissione in commercio sia necessario ai fini della concessione di un certificato.

58 Come ha già posto in evidenza per grandi linee, la finalità della prescrizione relativa ad una copia dell'autorizzazione di immissione in commercio all'interno di una domanda di certificato è quella di agevolare l'individuazione del prodotto e la verifica dell'osservanza dell'art. 3, lett. b) e d), del regolamento, che si tratti cioè della prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quello Stato membro (circostanza che ha rilevanza nella determinazione della data di scadenza della domanda) e, se del caso, della prima autorizzazione nella Comunità (la cui data determinerà il periodo di protezione complementare in forza del certificato). Tali funzioni risultano evidenti dalla prescrizione enunciata dall'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento, secondo cui la copia dell'autorizzazione fornita deve far risultare l'identità del prodotto e contenere «tra l'altro, il numero e la data dell'autorizzazione, nonché il riassunto delle caratteristiche del prodotto, come previsto dall'articolo 4 bis della direttiva 65/65/CEE o dall'articolo 5 bis della direttiva 81/851/CEE» (34).

59 Per tale motivo, ritengo che la prescrizione relativa alla produzione di una copia dell'autorizzazione nazionale di immissione in commercio non sia un'ulteriore condizione essenziale della concessione di un certificato; essa stabilisce piuttosto la prescrizione che il richiedente sia in grado di dimostrare l'osservanza delle condizioni essenziali enunciate, capo per capo, all'art. 3 del regolamento. La copia dell'autorizzazione di immissione in commercio costituisce probabilmente il mezzo di prova più facile. Tuttavia, se un richiedente non in possesso di una copia dell'autorizzazione di immissione in commercio può nondimeno fornire le informazioni specificate da una fonte attendibile, cosa che corrisponde all'obiettivo reale dell'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento, un certificato non può essere negato. La pubblica autorità competente è in ogni caso nella posizione di verificare tali informazioni facendo riferimento alle informazioni detenute dall'ente responsabile della concessione di autorizzazione di immissione in commercio. Stando così le cose, le condizioni enunciate dall'art. 10, n. 1, del regolamento devono intendersi soddisfatte e il certificato deve essere concesso come diritto.

60 L'argomento letterale contrario addotto dalla convenuta nel procedimento a quo va a mio parere respinto. Essa sostiene che l'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento fa riferimento a un copia dell'autorizzazione di immissione in commercio, mentre la successiva lett. c) prescrive unicamente che il richiedente fornisca una copia della pubblicazione di tale autorizzazione nella Gazzetta ufficiale, unitamente ad informazioni riguardanti l'identità del prodotto autorizzato, in casi in cui la prima autorizzazione nella Comunità è stata rilasciata in uno Stato membro diverso da quello nel quale viene presentata la domanda. Tale distinzione, prosegue la suddetta parte, è soprattutto importante in quanto la proposta iniziale della Commissione faceva riferimento ad una copia dell'autorizzazione in ambedue i casi (35). Secondo la convenuta nel procedimento a quo, l'emendamento è stato infatti inserito dal Consiglio al fine di tutelare la posizione del titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio nello Stato membro in cui è presentata la domanda e la motivazione fornita dalla Commissione nella relazione esplicativa non è più valida. Inoltre, la circostanza che le informazioni richieste siano normalmente di pubblico dominio dimostra, secondo la convenuta nel procedimento a quo, che la prescrizione di una copia dell'autorizzazione di immissione in commercio aveva di per sé uno scopo più ampio, quello di far dipendere la concessione del certificato dall'effettivo possesso dell'autorizzazione da parte del titolare del brevetto, o dai suoi rapporti contrattuali con il titolare dell'autorizzazione.

61 Questo argomento non è, a mio giudizio, convincente. Il fatto che il Consiglio abbia emendato l'equivalente disposizione dell'art. 8, n. 1, lett. c), del presente regolamento prima dell'adozione della proposta non è di per sé necessariamente determinante ai fini dell'interpretazione della lett. b). Oltretutto, l'obiettivo della lett. b) nella proposta originaria, vale a dire quello di ottenere informazioni in ordine all'identità del prodotto in questione, è stato corroborato dal Consiglio, il quale ha aggiunto l'ulteriore prescrizione di un riassunto delle caratteristiche del prodotto (36). La prescrizione dell'art. 8, n. 1, lett. c), secondo cui deve essere prodotta una copia della pubblicazione dell'autorizzazione nella Gazzetta ufficiale di un altro Stato membro, anziché una copia dell'autorizzazione stessa, riflette probabilmente la comprensione da parte del Consiglio del fatto che una tale autorizzazione ad immettere in commercio il prodotto in un diverso paese non necessariamente potrebbe essere detenuta dal richiedente titolare del brevetto. La circostanza che esso abbia omesso di considerare che un'analoga situazione potrebbe verificarsi nell'ambito di un singolo Stato membro non deve ritenersi, di per se stessa, elevare una mera prescrizione precedurale a condizione essenziale per l'ottenimento di un certificato, tanto più che la prescrizione dell'art. 4, n. 11, della direttiva, secondo cui le domande di autorizzazione all'immissione in commercio devono contenere «(qualsiasi) autorizzazione di immissione in commercio (...) in un altro Stato membro, o in un paese terzo», deve essere interpretata nel senso che essa preclude il rilascio di un'autorizzazione allorché tali autorizzazioni straniere sono detenute da imprese diverse dal richiedente.

62 Dalle prove prodotte dinanzi alla Corte emerge che un titolare di brevetto è di norma in grado di fornire le informazioni richieste dall'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento attingendo da fonti di pubblico dominio. Entrambe le parti nel procedimento a quo sembrano riconoscere, espressamente o implicitamente, che il complesso delle informazioni pertinenti nel caso di specie è accessibile all'attrice nel procedimento a quo. Si tratta, ovviamente, di un elemento di fatto il cui accertamento spetta all'ufficio nazionale competente in materia di proprietà industriale e, in caso di controversia, al giudice nazionale. Per rispondere quindi in modo esauriente alla quarta questione deferita dal giudice nazionale e fornire una soluzione per tutte le situazioni possibili, passo ora all'esame del problema residuale, ammesso che sussista, relativo all'ipotesi in cui le informazioni necessarie non siano pubblicamente disponibili. In siffatte ipotesi, le pubbliche autorità competenti dovrebbero, a mio parere, assistere il richiedente. L'autorità pubblica competente per il rilascio di autorizzazione di immissione in commercio dovrebbe fornire una copia dell'autorizzazione vuoi al richiedente vuoi direttamente al competente ufficio brevetti dello Stato membro in questione, a seconda delle considerazioni di ordine pratico e della esigenza di tutelare informazioni riservate (37). Ancorché nessun obbligo del genere sia direttamente previsto dal regolamento, lasciare la regolamentazione della questione alle normative nazionali condurrebbe ad una non uniforme applicazione del regolamento nei vari Stati membri. Ciò avrebbe come conseguenza la frammentazione del mercato comunitario dei medicinali, per gli stessi motivi già evidenziati in precedenza in vari punti. Ciò sarebbe del pari incoerente con la circostanza che il certificato, benché concesso da autorità nazionali al fine di integrare i sistemi nazionali divergenti di protezione connessa al brevetto, è redatto in forza del diritto comunitario. Ai termini del settimo `considerando' del regolamento, il certificato deve poter «essere ottenuto dal titolare di un brevetto nazionale o europeo alle stesse condizioni in ciascuno Stato membro» (38).

63 La Commissione ha rilevato, nella sua relazione esplicativa, che la gestione del sistema di protezione complementare può richiedere il coordinamento tra le autorità nazionali competenti in materia di sanità e di proprietà industriale (39). In pratica, nessun onere aggiuntivo rilevante verrebbe imposto da un tale coordinamento in ipotesi eccezionali. Inoltre, l'art. 10, n. 3, del regolamento prevede una certa flessibilità da parte del competente ufficio nazionale della proprietà industriale, al fine di garantire che le domande non vengano senza necessità ostacolate da difficoltà procedurali. Stando così le cose, ritengo che sarebbe contrario agli scopi e alla struttura del regolamento se ai titolari di brevetti fosse preclusa la possibilità di avvalersi del proprio diritto alla protezione complementare, ove tutte le condizioni essenziali siano soddisfatte, semplicemente in quanto essi non facciano parte di un'impresa farmaceutica integrata verticalmente che metta altresì in commercio medicinali, e non siano in grado di produrre prove rese pubbliche di informazioni già in possesso delle autorità dello Stato membro di cui trattasi. In tali circostanze, il diritto concesso ai titolari di brevetti in forza dell'art. 6 del regolamento verrebbe altrimenti privato del proprio effetto utile in siffatte circostanze (40). A mio parere, l'obbligo degli Stati membri di attuare il regolamento comporta un obbligo di garantire che i detti richiedenti siano agevolati nel godimento dei diritti conferiti dal regolamento medesimo (41).

Conclusione

64 Alla luce dell'analisi che precede, propongo di risolvere nel seguente modo le questioni poste dal giudice nazionale:

1) Qualora un medicinale sia protetto da più brevetti detenuti da diverse imprese, il regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, n. 1768, sull'istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali, non osta alla concessione di un certificato protettivo complementare in relazione ad un brevetto base designato da ciascun titolare di brevetto.

2) Nell'ipotesi in cui il titolare di un brevetto base sia persona diversa dal titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio del medicinale di cui trattasi, il titolare dell'autorizzazione non è obbligato, in forza del diritto comunitario, a fornire al titolare del brevetto, su richiesta di quest'ultimo, ai fini di una domanda di certificato protettivo complementare, copia della detta autorizzazione menzionata nell'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1768/92.

3) L'autorità nazionale competente in materia di proprietà industriale deve considerare rispettato l'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1768/92, allorché un richiedente di certificato protettivo complementare, che non sia in grado di produrre copia dell'autorizzazione di immissione in commercio del medicinale di cui trattasi, acclude alla propria domanda le informazioni, derivanti da una fonte attendibile, che vengono specificate nella suddetta disposizione.

4) Nell'ipotesi in cui il richiedente un certificato protettivo complementare non sia in grado di produrre copia dell'autorizzazione di immissione in commercio del medicinale di cui trattasi e le informazioni specificate all'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CEE) n. 1768/92 non siano accessibili, la pubblica autorità nazionale competente per il rilascio dell'autorizzazione di immissione in commercio del medicinale deve fornire copia della detta autorizzazione, oppure, in alternativa, delle informazioni di cui trattasi, vuoi al richiedente vuoi, a seconda dei casi, all'autorità nazionale competente in materia di proprietà industriale. La questione se la documentazione pertinente sia fornita al richiedente oppure direttamente all'autorità competente in materia di proprietà industriale nonché le modalità del rilascio vanno regolate in funzione di considerazioni di ordine pratico e dell'esigenza di tutelare informazioni riservate.

(1) - GU L 182, pag. 1.

(2) - La Commissione precisa nella sua relazione esplicativa [COM(90) 101 def - SYN 255, punto 2, in prosieguo: la «Relazione esplicativa»] concernente la sua proposta di regolamento sulla creazione di un certificato complementare di protezione dei medicinali (GU 1990, C 114, pag. 10; in prosieguo: la «proposta della Commissione») che la durata media di tale periodo è di 12 anni, il che riduce il periodo medio di sfruttamento esclusivo dei diritti ad appena otto anni.

(3) - Il testo riproduce la definizione di cui all'art. 1, n. 2, della direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU n. 22, pag. 369; in prosieguo: la «direttiva»).

(4) - Direttiva del Consiglio 28 settembre 1981, 81/851/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari (GU L 317, pag. 1).

(5) - «L'ufficio competente della proprietà industriale dello Stato membro che ha rilasciato o per il quale è stato rilasciato il brevetto di base e nel quale è stata ottenuta l'autorizzazione di immissione in commercio di cui all'art. 3, lett. b), a meno che lo Stato membro non designi a tal fine un'altra autorità».

(6) - Articolo rimaneggiato dalla direttiva del Consiglio 26 ottobre 1983, 83/570/CEE, che modifica le direttive 65/65/CEE, 75/318/CEE e 75/319/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alle specialità medicinali (GU L 332, pag. 1).

(7) - Articolo rimaneggiato dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/21/CEE, che modifica la direttiva 65/65/CEE per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1987, L 15, pag. 36).

(8) - GU 1987, L 15, pag. 38.

(9) - Rispettivamente, B-013 828 e B-182 442.

(10) - Acido desossiribonucleico.

(11) - Autorizzazione n. 18 S 354 F 17.

(12) - L'attrice segnala che due precedenti domande inoltrate il 23 febbraio 1993 erano state respinte dall'Office de la propriété industrielle del ministero belga degli Affari economici, in quanto non vi erano accluse copie della relativa autorizzazione di immissione in commercio.

(13) - Moniteur belge/Belgisch Staatsblad, 29 agosto 1991.

(14) - Ciò risulta in modo evidente dal punto 33 della relazione esplicativa.

(15) - V. sul punto sentenza della Corte 13 luglio 1995, causa C-350/92, Spagna/Consiglio (Racc. pag. I-1985, punti 38 e 39). V. altresì il nono `considerando' del regolamento e i punti 34-36 della relazione esplicativa.

(16) - Citata supra, alla nota 15, v. paragrafo 44.

(17) - V. rilievo della Commissione al punto 37 della relazione esplicativa, relativo all'equivalente nella proposta di art. 6 del regolamento, secondo cui la scelta dell'opportunità di richiedere un certificato andrebbe riservata al titolare del brevetto.

(18) - La circostanza che il regolamento si applichi a tutti i livelli di ricerca farmaceutica indiscriminatamente e non soltanto nelle fasi finali nelle quali viene sviluppato un medicinale che può essere messo in commercio è altresì evidenziata da quanto afferma al riguardo la Commissione, ai punti 12 e 29 della relazione esplicativa.

(19) - La maggiore uniformità nella tutela apprestata dai brevetti contribuirebbe inoltre all'armonizzazione delle condizioni di concorrenza nei vari Stati membri.

(20) - Citata supra, alla nota 15, v. punto 36.

(21) - Sentenza 24 gennaio 1989, causa 341/87 (Racc. pag. 79); la sentenza viene citata dall'avvocato generale Jacobs al paragrafo 44 delle sue conclusioni nella causa Spagna/Consiglio, citata supra alla nota 15.

(22) - Paragrafi 44 e 45 delle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa Spagna/Consiglio, citata supra alla nota 15.

(23) - V., sulla teoria dell'esaurimento, sentenze 8 giugno 1971, causa 78/70, Deutsche Grammophon/Metro (Racc. pag. 487); 31 ottobre 1974, causa 15/74, Centrafarm/Sterling Drug (Racc. pag. 1147), e 14 luglio 1981, causa 187/80, Merck/Stephar e Exler (Racc. pag. 2063).

(24) - Citata supra alla nota 21, punto 13.

(25) - In simili circostanze, sarebbe difficile contestare al titolare di un certificato nello Stato membro A, al quale ne è stato negato uno nello Stato membro B, e che cerchi di tutelare i propri diritti superstiti, di aver concluso un «accordo di limitazione del commercio» o una «pratica concordata» o una «concertazione» costitutiva di una limitazione degli scambi contraria all'art. 85, n. 1, del Trattato, anche se la situazione sia stata manipolata dal titolare dell'autorizzazione di immissione in commercio per conseguire la compartimentazione del mercato. V. sentenze 15 giugno 1976, causa 51/75, EMI Records/CBS United Kingdom (Racc. pag. 811, punti 27-31); v. altresì sentenze 18 febbraio 1971, causa 40/70, Sirena/Eda (Racc. pag. 69, punti 9-11), e 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione (Racc. pag. 457).

(26) - V., ad esempio, sentenze 22 settembre 1988, causa 187/87, Saarland e a./Ministro dell'Industria e a. (Racc. pag. 5013, punto 19), 30 novembre 1977, causa 52/77, Cayrol/Rivoira (Racc. pag. 2261, punto 14), e 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck/Hauptzollamt Hamburg-Jonas (Racc. pag. 3781, punto 12).

(27) - V., ad esempio, sentenze 28 novembre 1991, causa C-186/90, Durighello (Racc. pag. I-5773, punti 8 e 9), 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman e a. (Racc. pag. I-4921, punto 59).

(28) - V., ad esempio, sentenza 6 luglio 1982, causa 61/81, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. 2601, punti 6-9).

(29) - Art. 7, n. 1, del regolamento, in combinato disposto con l'art. 3, lett. b) e d); v. inoltre punto 35 della relazione esplicativa.

(30) - La Commissione ha inoltre rilevato, al punto 2 della relazione esplicativa, che, mentre l'ottenimento di un'autorizzazione di immissione in commercio richiede considerevoli sforzi scientifici, tecnici e finanziari, erano soprattutto i tempi procedurali prolungati all'infinito a provocare una diminuzione effettiva del periodo di tutela apprestata da un brevetto, tempi che riguardano tutti i titolari di brevetto.

(31) - S'intende che spetta al giudice nazionale interpretare il contenuto dell'accordo di licenza originario. Dall'ordinanza di rinvio emerge che il giudice nazionale sembra ritenere che la proroga di un brevetto nell'accordo di licenza del 1988 non si applicasse al periodo di protezione complementare in forza del certificato.

(32) - Il comportamento dovrebbe presumibilmente ricadere in una delle eccezioni, individuate nella sentenza 5 ottobre 1988, causa 238/87, Volvo/Veng (Racc. pag. 6211), alla regola generale secondo cui l'esercizio di diritti esclusivi di proprietà industriale non costituisce, di per sé, un abuso di posizione dominante. Per una elaborazione di queste eccezioni, v. sentenza 6 aprile 1995, cause riunite C-241/91 P e C-242/91 P, RTE e ITP/Commissione (Racc. pag. I-743). Sull'imposizione di diritti per una licenza di brevetto considerevolmente superiore alla norma, v. altresì sentenza del Tribunale 12 dicembre 1991, causa T-30/89, Hilti/Commissione (Racc. pag. II-1439).

(33) - L'esercizio di siffatta facoltà può essere subordinato a talune condizioni, imposte, ad esempio, dalla necessità di proteggere informazioni riservate, punto sul quale tornerò oltre.

(34) - V. altresì punto 48 della relazione esplicativa.

(35) - Art. 6, n. 3, lett. b), c) e e), della proposta della Commissione.

(36) - In origine questa era una prescrizione separata, contenuta nell'art. 6, n. 3, lett. e), della proposta della Commissione.

(37) - L'art. 12, n. 4, del regolamento (CEE) del Consiglio 22 luglio 1993, n. 2309, che stabilisce le procedure comunitarie per l'autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un'Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1), costituisce un precedente per simili cautele. Esso prevede che «su richiesta di qualsiasi interessato, l'Agenzia mette a disposizione la relazione di valutazione del medicinale elaborata dal comitato per le specialità medicinali con la motivazione del parere favorevole all'autorizzazione, previa cancellazione di tutte le informazioni commerciali a carattere riservato. L'esigenza di simili precauzioni sarebbe ovviamente ridotta se i documenti fossero direttamente forniti da un pubblico ufficio all'altro.

(38) - V. altresì punto 9 della relazione esplicativa.

(39) - Punto 16.

(40) - V., ad esempio, rilievi dell'avvocato generale Van Gerven nella causa C-362/89, D'Urso e a. (Racc. 1991, pag. I-4105, paragrafi 33 e 34 delle sue conclusioni), secondo cui l'effetto utile della direttiva del Consiglio 77/187/CEE, sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, sarebbe reso del tutto irrilevante se terzi potessero decidere chi può giovarsi della medesima. Nelle sue conclusioni nella causa 22/86, Rindone/Allgemeine Ortskrankenkasse Bad Urach-Muensingen (Racc. 1987, pag. 1339, in particolare pag. 1354), l'avvocato generale Mischo ha rilevato come la necessità di conseguire l'effetto utile del regolamento (CEE) del Consiglio n. 574/72 imponesse che le autorità dello Stato membro, in determinate circostanze, fossero vincolate dall'accertamento effettuato da un medico nel paese di residenza di un lavoratore in ordine alla sua inabilità al lavoro, anche qualora le loro norme nazionali non imponessero un tale obbligo.

(41) - V. art. 5 del Trattato, quale è stato applicato, ad esempio, nella sentenza 17 maggio 1972, causa 93/71, Leonesio/Ministero dell'Agricoltura e Foreste della Repubblica italiana (Racc. pag. 287, punto 21).

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