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Document 61995CC0084

    Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 30 aprile 1996.
    Bosphorus Hava Yollari Turizm ve Ticaret AS contro Minister for Transport, Energy and Communications e altri.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supreme Court - Irlanda.
    Embargo nei confronti della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) - Sequestro di un aeromobile.
    Causa C-84/95.

    Raccolta della Giurisprudenza 1996 I-03953

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1996:179

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

    JACOBS

    presentate il 30 aprile 1996 ( *1 )

    1. 

    Il presente procedimento riguarda le conseguenze delle sanzioni decise nei confronti della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) e l'interpretazione di un regolamento del Consiglio dell'Unione europea avente lo scopo di attuare le diverse risoluzioni emanate dal Consiglio di sicurezza dell'ONU. Oggetto della causa principale è una decisione del ministro irlandese dei Trasporti, dell'Energia e delle Comunicazioni (in prosieguo: il «Ministro»), presa in attuazione del regolamento, di sequestrare un aeromobile di proprietà della società Yugoslav Airlines (in prosieguo: la «JAT»), ma detenuto e gestito dalla società Bosphorus Hava Yollari Turizm ve Ticaret A. S. (in prosieguo la «Bosphorus Airways»), un operatore turco di voli charter. La detta società aveva preso a nolo l'aeromobile in questione dalla JAT, prima dell'adozione del regolamento, per un periodo di quattro anni. Quando il Ministro emanava la decisione controversa, l'aeromobile era fermo all'aeroporto di Dublino per essere sottoposto ad operazioni di manutenzione. Prima di esaminare dettagliatamente i fatti, esporrò il quadro giuridico in cui si svolge la controversia.

    Quadro giuridico

    2.

    Durante la guerra scoppiata nella ex Iugoslavia il Consiglio di sicurezza dell'ONU, il cui compito fondamentale ai sensi della Carta dell'ONU è il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, ha emanato diverse risoluzioni con le quali ha chiesto agli Stati membri dell'ONU di applicare diverse misure di embargo commerciale e sanzioni di altro tipo. Le misure sono state decise in forza del capitolo VII della Carta e sono perciò vincolanti per tutti gli Stati membri dell'ONU.

    3.

    La prima di queste risoluzioni è stata la risoluzione 713 (1991), adottata il 25 settembre 1991, con la quale il Consiglio di sicurezza ha espresso la propria profonda preoccupazione per i combattimenti in Iugoslavia e ha deciso quanto segue:

    «tutti gli Stati, al fine di garantire la pace e la stabilità in Iugoslavia, attueranno un embargo generale e totale su tutte le consegne di armi e attrezzature militari alla Iugoslavia fino a decisione contraria del Consiglio di sicurezza, a seguito di consultazioni tra il segretario generale e il governo di Iugoslavia» ( 1 ).

    4.

    Nella risoluzione 757 (1992), adottata il 30 maggio 1992, il Consiglio di sicurezza ha criticato l'incapacità delle autorità della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) di prendere provvedimenti efficaci per adempiere quanto previsto dalla risoluzione 752 (1992), che chiedeva di porre fine ai combattimenti nella Repubblica di Bosnia-Erzegovina. Il Consiglio di sicurezza ha deciso ulteriori misure comprendenti l'embargo commerciale e finanziario e decidendo tra l'altro che ( 2 )

    «tutti gli Stati dovranno impedire:

    a)

    l'importazione nei loro territori di tutte le merci e i prodotti originari della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) esportati da quest'ultima a partire dalla data della presente risoluzione;

    b)

    qualsiasi attività dei loro cittadini o nei loro territori aventi lo scopo o l'effetto di promuovere le esportazioni o il transito di tutte le merci o i prodotti originari della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro); qualsiasi commercio da parte dei loro cittadini, navi di bandiera o aeromobili o nei loro territori di tutte le merci e i prodotti originari della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) e da questa esportati a partire dalla data della presente risoluzione, ivi compresi in particolare tutti i trasferimenti di fondi verso la Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) inerenti a tali attività o transazioni;

    c)

    la vendita o fornitura da parte dei loro cittadini o a partire dai loro territori o con l'impiego delle loro navi di bandiera o aeromobili di tutte le merci e i prodotti, siano o meno originari dei loro territori, fatte salve le forniture di prodotti medicinali in senso stretto e di generi alimentari notificati al comitato istituito ai sensi della risoluzione 724 (1991), a qualunque persona o organismo della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) ovvero ad ogni persona o organismo ai fini di ogni transazione eseguita in o operata a partire dalla Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro), nonché qualsiasi attività avente lo scopo o l'effetto di promuovere le vendite o forniture di tali merci o prodotti».

    5.

    Particolarmente rilevante per il presente procedimento è il paragrafo 7 della medesima risoluzione, nel quale il Consiglio di sicurezza ha deciso quanto segue:

    «tutti gli Stati devono:

    a)

    negare il permesso di decollo, sorvolo o atterraggio nel loro territorio a qualsiasi aeromobile diretto nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) ovvero decollato dal territorio di questa, salvo che il singolo volo sia stato autorizzato, per scopi umanitari o conformi alle risoluzioni rilevanti del Consiglio, dal comitato istituito ai sensi della risoluzione 724 (1991);

    b)

    vietare la fornitura da parte dei loro cittadini o a partire dal loro territorio di servizi di controllo e manutenzione agli aeromobili registrati nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) o ai loro componenti, la certificazione di conformità di tali aeromobili, e il pagamento di ogni nuova richiesta inerente a contratti di assicurazione in essere nonché la fornitura di nuovi contratti di assicurazione diretta per tali aeromobili».

    6.

    Nella risoluzione 787 (1992), adottata il 16 novembre 1992, il Consiglio di sicurezza ha deciso inoltre di vietare il transito attraverso la Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) di numerosi prodotti economicamente vitali (v. paragrafo 9). Nel paragrafo 10 è stato inoltre deciso che:

    «ogni imbarcazione in cui una persona o un'impresa della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) ovvero operante a partire dal suo territorio detiene un “interesse” di maggioranza o di controllo sarà considerata, ai fini dell'applicazione delle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza, come un'imbarcazione della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro), indipendentemente dallo Stato di bandiera».

    7.

    Le misure di embargo sono state ulteriormente aggravate con la risoluzione 820 (1993), adottata il 17 aprile 1993, la quale è direttamente pertinente per il presente procedimento. Tale risoluzione contiene talune disposizioni relative al transito di merci e prodotti attraverso la Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) sul Danubio, in merito al quale transito la regola fondamentale è che «potrà avvenire soltanto se espressamente autorizzato dal comitato istituito ai sensi della risoluzione 724 (1991)» (v. paragrafo 15). La risoluzione prevede inoltre il congelamento dei fondi appartenenti alle o controllati dalle autorità della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) ovvero da sue imprese (paragrafo 21). Il Consiglio di sicurezza ha anche deciso «di vietare il trasporto di tutte le merci e i prodotti attraverso le frontiere terrestri ovvero provenienti da o destinate a porti della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro)», con le uniche eccezioni dei generi alimentari, articoli medicinali, rifornimenti umanitari essenziali e trasporti autorizzati (paragrafo 22).

    8.

    Il paragrafo 24 della risoluzione 820 (1993) è centrale nella presente controversia. Nel detto paragrafo il Consiglio di sicurezza:

    «decide che tutti gli Stati debbono porre sotto sequestro ogni imbarcazione, veicolo da trasporto, materiale rotabile e aeromobile nei quali una persona o un'impresa della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) operante a partire dal suo territorio detiene un interesse di maggioranza o di controllo e che tali imbarcazioni, veicoli da trasporto, materiale rotabile e aeromobili possono essere confiscati dallo Stato sequestrante qualora risulti che hanno agito in violazione delle risoluzioni 713 (1991), 757 (1992), 787 (1992) o della presente risoluzione».

    9.

    Strettamente connesso è il paragrafo 25, nel quale è stato deciso che:

    «tutti gli Stati debbono immobilizzare durante le indagini tutte le imbarcazioni, veicoli da trasporto, materiale rotabile, aeromobili e aerei da carico trovati nei loro territori e sospettati di aver violato o di stare violando le risoluzioni 713 (1991), 757 (1992), 787 (1992) o la presente risoluzione, e che, nel caso in cui risulti provata l'infrazione, tali imbarcazioni, veicoli da trasporto, materiale rotabile e aeromobili possono essere sequestrati e, se del caso, confiscati insieme alle merci trasportate, dallo Stato membro che li ha trattenuti».

    10.

    La risoluzione menziona poi la fornitura di servizi (paragrafo 27) e il traffico commerciale marittimo (paragrafo 28). Quest'ultimo è oggetto della causa Ebony Maritime ( 3 ).

    11.

    Le suddette risoluzioni fanno spesso riferimento al comitato istituito dalla risoluzione 724 (1991). I compiti generali di tale comitato sono stati descritti nel paragrafo 5b della stessa risoluzione, emanata il 15 dicembre 1991. Nella detta risoluzione il Consiglio di sicurezza:

    «decide di istituire, conformemente all'art. 28 del suo regolamento di procedura provvisorio, un comitato del Consiglio di sicurezza composto da tutti i membri del Consiglio, cui sono affidati i compiti elencati nel seguito insieme a quello di presentare al Consiglio una relazione sul lavoro svolto, accompagnata dalle sue osservazioni e raccomandazioni:

    i)

    esaminare le relazioni presentate in conformità al precedente comma a) [in riferimento alla risoluzione 713 (1991)];

    ii)

    chiedere a tutti gli Stati ulteriori informazioni in merito alle azioni intraprese riguardanti l'effettiva attuazione dell'embargo deciso in forza del paragrafo 6 della risoluzione 713 (1991);

    iii)

    esaminare ogni informazione sottoposta alla sua attenzione dagli Stati in merito a violazioni dell'embargo e, in tale contesto, formulare raccomandazioni al Consiglio sui modi per aumentare l'efficacia dell'embargo stesso;

    iv)

    raccomandare adeguate misure di risposta alle violazioni dell'embargo generale e totale sulle forniture di armi e di attrezzatura militare alla Iugoslavia e trasmettere regolarmente al segretario generale informazioni destinate alla generalità degli Stati membri».

    12.

    La Comunità ha emanato diversi provvedimenti allo scopo di dare attuazione alle suddette risoluzioni. Nel presente procedimento ha rilevanza il regolamento (CEE) del Consiglio 26 aprile 1993, n. 990, relativo agli scambi tra la Comunità economica europea e la Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) (in prosieguo: il «regolamento») ( 4 ). Il Consiglio, adottando il detto regolamento, ha inteso rafforzare l'embargo nei confronti della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) come deciso dalla risoluzione 820 (1993) ( 5 ). Il regolamento, basato sull'art. 113 del Trattato, ha annullato e sostituito i regolamenti precedenti del Consiglio riguardanti l'embargo ( 6 ).

    13.

    Nel preambolo si considera la situazione in essere nella ex Iugoslavia, in particolare nella Bosnia-Erzegovina, il ruolo della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) e le diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Vi si dice che:

    «la Comunità e i suoi Stati membri hanno deciso di ricorrere a uno strumento comunitario, tra l'altro per garantire un'applicazione uniforme in tutta la Comunità di alcune di tali misure».

    14.

    La maggior parte delle disposizioni del regolamento sostanzialmente riproducono le varie misure di embargo contenute nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza già menzionate. Ai fini del presente procedimento basti citare anzitutto gli artt. 8 e 9, formulati nei seguenti termini:

    «Articolo 8

    Tutte le imbarcazioni, tutti i veicoli da trasporto, tutto il materiale rotabile e tutti gli aeromobili la cui proprietà è detenuta da una persona o da un'impresa stabilita nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) o operante a partire da quest'ultima sono sequestrati dalle autorità competenti degli Stati membri.

    Le spese di sequestro delle imbarcazioni, dei veicoli da trasporto, del materiale rotabile e degli aeromobili possono essere addebitate ai proprietari.

    Articolo 9

    Tutte le imbarcazioni, i veicoli da trasporto, tutto il materiale rotabile, tutti gli aeromobili e gli aerei da carico sospettati di aver violato o di violare il regolamento (CEE) n. 1432/92 o il presente regolamento vengono trattenuti dalle autorità competenti degli Stati membri per l'espletamento delle indagini» ( 7 ).

    15.

    Inoltre l'art. 11 cosi dispone:

    «Il presente regolamento è applicabile nel territorio della Comunità, ivi compreso il suo spazio aereo, e a bordo di qualsiasi aeromobile o imbarcazione soggetti alla giurisdizione di uno Stato membro, o a qualsiasi cittadino di uno Stato membro altrove stabilito o a qualsiasi organismo stabilito altrove, registrato o costituito ai sensi della legge di uno Stato membro».

    16.

    Il regolamento è entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, vale a dire il 28 aprile 1993.

    17.

    In Irlanda si è data attuazione al regolamento mediante gli European Communities [Prohibition of Trade with the Federal Republic of Yugoslavia (Serbia and Montenegro)] Regulations, del 1993, emanati dal ministro del Turismo e del commercio ( 8 ). Fra questi, il Regulation 5 dispone, in quanto è rilevante:

    «il ministro dei Trasporti, dell'Energia e delle Comunicazioni sarà autorità competente ai fini degli artt. 8 e 9 del regolamento del Consiglio (...)».

    18.

    Si può notare infine che il regolamento n. 990/93, è sospeso a decorrere dal 27 febbraio 1996 ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio n. 462/96 ( 9 ), il cui art. 1, punto 2, così dispone:

    «Fintantoché i regolamenti di cui al paragrafo 1 [ivi compreso il regolamento n. 990/93] rimangono sospesi, tutti i capitali e i beni precedentemente congelati o sequestrati a norma di tali regolamenti possono essere liberati dagli Stati membri secondo la legge, purché i capitali o beni che siano oggetto di azioni, vincoli, provvedimenti giurisdizionali o oneri, ovvero che costituiscano capitali o beni di persone, società, persone giuridiche o altri enti di cui sia accertato o presunto lo stato di insolvenza secondo la legge o i principi contabili vigenti in tale Stato membro rimangano congelati o sequestrati sino alla liberalizzazione secondo la legge di applicazione».

    Fatti e procedimento principale

    19.

    I fatti, come descritti nell'ordinanza di rinvio, possono così riassumersi: la Bosphorus Airways è una società fondata in Turchia il 12 marzo 1992. Il 96% del suo capitale azionario è detenuto dal cittadino turco Mustafa Illhameddin Ozbay; il restante 4% è di proprietà di altri cittadini turchi. La società ha per oggetto l'attività di organizzazione di voli charter e di viaggi organizzati.

    20.

    Con contratto datato 17 aprile 1992 la Bosphorus Airways prendeva a nolo dalla Yugoslav Airlines QAT) due aeromobili Boeing 737-330, immatricolati come YUAN-J e YUAN-Η, per un periodo di 48 mesi, contro prestazione di un deposito cauzionale di 1 milione di USD e pagamento di un canone mensile di USD 150000 per ciascun aeromobile. Il noleggio è qualificato come «dry lease», il che significa che la Bosphorus Airways recluta il personale di cabina e di volo degli aeromobili tra i propri dipendenti ed ha il pieno controllo operativo e di utilizzo degli aeromobili. Il contratto di noleggio prevede che la proprietà rimane al noleggiante QAT), ma che il noleggiatore ha il diritto di iscrivere l'aeromobile nel registro turco dell'aviazione civile. Il noleggiatore ha regolarmente iscritto l'aeromobile presso il ministero turco dei Trasporti e delle Comunicazioni. I certificati di registrazione identificano gli aeromobili indicando come proprietario la «Yugoslav Airlines (JAT)» e come esercente la «Bosphorus Hava Yollari A.S.». I detti certificati sono stati rilasciati in conformità alle disposizioni di legge turche pertinenti e alle norme della convenzione di Chicago sull'aviazione civile internazionale del 7 dicembre 1944.

    21.

    Il contratto prevede inoltre che la Bosphorus Airways ha l'opzione di acquistare gli aeromobili entro sei mesi dalla scadenza del contratto, nel caso in cui il proprietario decida di porli in vendita.

    22.

    Si è accertato nel procedimento principale che la Bosphorus Airways non è in alcun modo sospettata di essere coinvolta in un accordo di uso fittizio di bandiera straniera, né sono state avanzate insinuazioni su eventuali tentativi da parte della Bosphorus Airways di violare le sanzioni ONU. Si è parimenti accertato che la transazione tra la Bosphorus Airways e la JAT è stata conclusa in assoluta buona fede. Ancora non vi è dubbio alcuno sul fatto che la JAT non detiene partecipazioni, dirette o indirette, nella Bosphorus Airways né partecipa alla gestione, supervisione o direzione commerciale di tale società. Dopo la consegna, gli aeromobili venivano usati dalla Bosphorus Airways esclusivamente a scopi turistici, per voli fra la Turchia, da un lato e, dall'altro, vari Stati membri della Comunità e la Svizzera.

    23.

    Il 16 aprile 1993 uno dei due aeromobili (registrato come TC-CYO) veniva condotto dalla Bosphorus Airways all'aeroporto di Dublino, per essere sottoposto ad operazioni di revisione e manutenzione, che venivano effettuati dalla TEAM Aer Lingus Limited, società di manutenzione controllata dalla compagnia aerea irlandese, Aer Lingus. Tali operazioni venivano terminate il 28 maggio 1993; l'aeromobile stava per lasciare Dublino allorché l'autorizzazione al decollo veniva ritardata su richiesta del Ministro; successivamente, per ordine dello stesso Ministro, in data 8 giugno 1993, l'aeromobile veniva posto sotto sequestro. L'ordine è stato emanato ai sensi dell'art. 8 del regolamento ( 10 ), con la motivazione che trattavasi di aeromobile «in cui una partecipazione di maggioranza o di controllo» era detenuta «da una persona o da un'impresa stabilita nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro)».

    24.

    Il Ministro si richiama ad una lettera del presidente del comitato del Consiglio di sicurezza istituito ai sensi della risoluzione 724 (1991) (in prosieguo: il «comitato») ( 11 ). La detta lettera costituiva la risposta a una domanda di istruzioni e di autorizzazione per l'intervento di manutenzione effettuato dalla TEAM Aer Lingus. La domanda era stata inoltrata dal rappresentante permanente irlandese presso l'ONU il 26 maggio 1993, vale a dire due giorni prima dell'immobilizzazione dell'aeromobile. Nella lettera, datata 14 giugno 1993, il presidente dichiarava quanto segue:

    «Il comitato ha esaminato il caso durante la sua 71a riunione dell'8 giugno 1993 e ritiene che la fornitura di ogni tipo di servizio in favore di un aeromobile di proprietà di un'impresa della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro), con l'eccezione di quelli espressamente autorizzati preventivamente dal comitato (...), non sarebbe conforme ai requisiti posti dalle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza. I membri del comitato si sono anche richiamati al disposto del paragrafo 24 della risoluzione del Consiglio di sicurezza 820 (1993) concernenti un tale aeromobile, in forza del quale le autorità irlandese avrebbero già dovuto procedere al sequestro dell'aeromobile di cui trattasi (...)».

    25.

    Il Ministro sottolinea inoltre che in una lettera del 28 maggio 1993 all'attenzione del rappresentante permanente turco presso l'ONU, il presidente del comitato dichiarava, in relazione con i due aeromobili gestiti dalla Bosphorus Airways:

    «Il comitato non condivide l'opinione del Suo governo secondo cui l'aeromobile in questione può continuare ad operare e, in proposito, si è richiamato al disposto del paragrafo 24 della risoluzione del Consiglio di sicurezza 820 (1993)».

    26.

    Nel luglio 1993 l'ambasciata turca in Irlanda chiedeva che l'aeromobile sequestrato dal Ministro fosse autorizzato a tornare in Turchia, dove sarebbe stato posto sotto sequestro e confiscato conformemente alle risoluzioni in materia di sanzioni. Le autorità irlandesi sollecitavano il parere del comitato anche su questa richiesta, e in una lettera del 4 agosto 1993 il presidente del comitato scriveva:

    «Ai sensi delle decisioni pertinenti del Consiglio di sicurezza, si chiede alle autorità irlandesi di astenersi dal fornire all'aeromobile in questione ogni tipo di servizio, inclusi quelli necessari a consentirgli di tornare in Turchia. Il comitato ritiene quindi che l'aeromobile debba rimanere sotto sequestro in Irlanda».

    27.

    È anche opportuno menzionare che, secondo quanto afferma la Bosphorus Airways, i canoni di noleggio dell'aeromobile vengono versati in un conto bloccato gestito dalla Banca centrale turca conformemente alla normativa interna di attuazione delle sanzioni ONU. Apparentemente dunque tali pagamenti non raggiungono la JAT.

    28.

    La Bosphorus Airways presentava ricorso presso la High Court di Dublino contro l'ordine di sequestro dell'aeromobile disposto dal Ministro. Nella sentenza e ordinanza 21 giugno 1994, la High Court annullava la decisione del Ministro, con la motivazione che all'aeromobile in questione non era applicabile l'art. 8 del regolamento, in quanto non trattavasi di aeromobile in cui una partecipazione di maggioranza o di controllo era detenuta da una persona o impresa stabilita nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) o operante a partire dal suo territorio ( 12 ).

    29.

    Il Ministro chiedeva alla Supreme Court l'annullamento della sentenza e dell'ordinanza della High Court. La Supreme Court reputa che la soluzione della controversia tra il Ministro e la Bosphorus Airways dipende dall'interpretazione dell'art. 8 del regolamento. Essa ha deciso pertanto di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione:

    «Se l'art. 8 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 aprile 1993, n. 990, debba essere interpretato nel senso che si applica a un aeromobile in cui la partecipazione maggioritaria, o comunque di controllo, sia detenuta da un'impresa avente sede nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia o Montenegro), nel caso in cui tale aeromobile sia stato dato a nolo dal proprietario, per un periodo di quattro anni a partire dal 22 aprile 1992, a un'impresa in cui la partecipazione maggioritaria, o comunque di controllo, non è detenuta da una persona o da un'impresa avente sede nella detta Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) o operante a partire da quest'ultima».

    30.

    All'udienza la Corte è stata informata del fatto che l'aeromobile è stato nel frattempo dissequestrato a seguito della sospensione del regolamento.

    La questione

    31.

    Mentre la Bosphorus Airways contesta decisamente la legittimità della decisione del Ministro di porre l'aeromobile sotto sequestro, i governi austriaco e danese, insieme alla Commissione, sono, con i resistenti, per la correttezza di tale decisione. Ciò è chiaramente quanto suggerisce la lettera dell'art. 8 del regolamento. La sua formulazione, applicata ai fatti della presente controversia, sembra non lasciare molto spazio ai dubbi. L'articolo si riferisce alla «proprietà (...) detenuta da una persona o da un'impresa stabilita nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) o operante a partire da quest'ultima». [Nella versione italiana del regolamento il termine inglese «interest» è stato tradotto come «proprietà», ciò spiega perché in italiano, diversamente che in inglese, la questione non si porrebbe per nulla (n. d. t.)]. Il termine «interest» ha un portata molto ampia, che comprende ogni tipo di interesse proprietario, ed è stato accertato nel procedimento principale che la JAT continua ad essere il solo e unico proprietario dell'aeromobile. Proprio da tale rilievo materiale trae origine la questione della Supreme Court. È vero che il termine «interest» è anche piuttosto vago, ma la maggior parte delle altre versioni linguistiche del regolamento fanno riferimento alla nozione di proprietà, anziché a quella di interesse, che ovviamente ricomprende la temporanea nuda proprietà dell'aeromobile da parte della JAT. La nozione di proprietà fa capolino anche nel secondo comma dell'art. 8, nel quale si dispone che le spese di sequestro possono essere addebitate ai proprietari. Inoltre, il preambolo del regolamento recita che:

    «la Comunità e i suoi Stati membri hanno deciso di ricorrere a uno strumento comunitario, tra l'altro per garantire un'applicazione uniforme in tutta la Comunità (...)».

    L'esigenza di un'interpretazione uniforme del regolamento sembra pertanto particolarmente imperativa. Osserviamo in proposito che in altri Stati membri, nei quali vengono applicate altre versioni linguistiche, non potrebbero mai neppure sorgere i dubbi espressi nell'ordinanza di rinvio, grazie al chiaro riferimento alla proprietà contenuto nelle versioni rilevanti del regolamento.

    32.

    Il fatto che la JAT non disponga di nessun controllo sull'aeromobile per la durata del contratto di noleggio appare irrilevante: l'espressione «majority or controlling interest» nella versione inglese dell'art. 8 suggerisce che, in presenza di una partecipazione di maggioranza, la questione del controllo non sorge.

    33.

    La questione è dunque se esistano, nella presente controversia, ragioni imperative per interpretare il regolamento in modo che si discosti apparentemente dalla sua lettera. Per giurisprudenza consolidata:

    «ai fini dell'interpretazione di una norma di diritto comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte» ( 13 ).

    34.

    Del contesto e degli scopi perseguiti dal regolamento fanno parte essenziale le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che il regolamento si propone di attuare; esaminerò quindi se tali risoluzioni incidano sull'interpretazione del regolamento. Inoltre, la Bosphorus Airways, a sostegno della sua tesi secondo cui l'art. 8 del regolamento non si applica nelle circostanze della presente controversia, si richiama a diversi principi generali del diritto comunitario.

    Il regolamento e le risoluzioni

    35.

    Il preambolo del regolamento si riferisce esplicitamente alle risoluzioni soprammenzionate, e chiarisce che, adottando il regolamento, il Consiglio si proponeva di dare loro attuazione. Non si può dunque dubitare che il regolamento vada interpretato alla luce delle dette risoluzioni. La questione se le risoluzioni, come tali, siano vincolanti per la Comunità, anche se molto interessante, non va risolta in questa sede ( 14 ).

    36.

    È significativo che l'espressione «a majority or controlling interest» usata nel regolamento è ripresa pari pari dal testo del paragrafo 24 della risoluzione 820 (1993). Per giunta in tutte e tre le lingue dell'ONU, che sono anche lingue comunitarie (inglese, francese, spagnolo), viene usata essenzialmente la stessa espressione: «a majority or controlling interest», «un intérêt majoritaire ou prépondérant», «intereses mayoritarios o de control».

    37.

    La Bosphorus Airways, a sostegno della propria tesi secondo cui l'art. 8 del regolamento non si applica, non si fonda sulla formulazione delle risoluzioni pertinenti. Fa però riferimento al ragionamento della High Court, che ha interpretato il regolamento con un approccio teleologico. Il giudice della High Court (il «Justice» Murphy) ritiene che ( 15 )

    «Finalità dichiarata del severo regime commerciale imposto dai regolamenti è quella di dissuadere la Repubblica federale dall'awiare o proseguire attività che conducano ad inaccettabili perdite di vite umane e danni materiali. È chiaro, senza discussione, che i detti regolamenti debbono fungere da punizione, deterrente o sanzione per i cittadini o i governanti di tale agitata Repubblica. Di contro, è altrettanto chiaro che i regolamenti non hanno lo scopo di punire o penalizzare popoli o paesi che non hanno in alcun modo causato né contribuito a questi tragici eventi».

    38.

    Nella sentenza si è giunti ad interpretare il termine «interest» alla luce di tali scopi ( 16 )

    «A mio parere il grado o la portata dell'interesse cui si riferimento nell'articolo deve necessariamente individuare una situazione in cui la persona stabilita nella Iugoslavia o operante dal detto territorio è in grado di rivestire una funzione decisoria in relazione all'utilizzo quotidiano dell'oggetto (l'aeromobile) di cui trattasi. Ogni altra interpretazione parrebbe nel contempo irreale ed ingiusta. Sequestrare un bene per il cui possesso e godimento un soggetto completamente innocente ha pagato una somma di denaro importante solo perché un altro soggetto ha diritto in teoria a ricevere un certo canone non può che essere assurdo. Sicuramente scopo del regolamento è quello di privare la parte colpevole dell'uso dell'aeromobile, veicolo o qualsivoglia mezzo di trasporto che possa essere usato per trasportare merci in violazione dell'embargo imposto dai regolamenti. A mio parere 1'“interest” di cui all'art. 8 è sostanzialmente l'interesse del possessore ovvero il diritto di controllare o disciplinare l'utilizzo dell'oggetto piuttosto che del reddito da questo derivante. Se la preoccupazione dei regolamenti fosse stata quella di privare i cittadini o le imprese iugoslave di un reddito, ciò avrebbe potuto essere fatto con altri mezzi, come questa controversia ha già dimostrato. Fintantoché la situazione è tale che nessun cittadino di Serbia o Montenegro gode dell'utilizzo o del controllo dell'aeromobile in questione o della possibilità di ricevere i redditi che ne derivano, allora mi pare che i regolamenti hanno raggiunto pienamente il loro obiettivo e che il sequestro dell'aeromobile costituisce un'intromissione assolutamente ingiustificata nell'attività della Bosphorus Airways».

    39.

    Potrei condividere questa argomentazione se effettivamente fosse evidente che scopo del paragrafo 24 della risoluzione 820 (1993) era quello di privare la parte colpevole della possibilità di utilizzare eventualmente l'aeromobile per trasportare merci in violazione dell'embargo. Mi pare tuttavia che una siffatta interpretazione restrittiva della risoluzione non sia imperativa. Non è possibile dichiarare che, sulla base del testo delle risoluzioni, l'esigenza di sequestrare i mezzi di trasporto ha come unica finalità quella di rafforzare l'embargo commerciale. Certamente non vi è alcun dubbio sul fatto che il Consiglio di sicurezza, nel prendere la decisione, si proponeva il rafforzamento dell'embargo commerciale. Lo si può inferire dal fatto che la seconda parte del paragrafo 24 prevede che i mezzi di trasporto menzionati «possono essere confiscati dallo Stato membro sequestrante qualora sia accertato che hanno violato le risoluzioni 713 (1991), 757 (1992), 787 (1992) o la presente risoluzione». Tuttavia, non è affatto escluso che il Consiglio di sicurezza intendesse andare oltre. Ci si ricorderà che il Consiglio di sicurezza ha anche deciso di congelare tutti i fondi appartenenti o destinati ad autorità o imprese della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) ( 17 ). La decisione di porre sotto sequestro i mezzi di trasporto nei quali le imprese di tale Repubblica detengono una partecipazione di maggioranza o di controllo può essere vista come un'ulteriore provvedimento di «congelamento» di beni all'estero, anche in assenza di un rischio immediato che vengano utilizzati per eludere l'embargo commerciale. Come i resistenti hanno sostenuto nelle loro osservazioni scritte, lo scopo può essere quello di privare l'impresa iugoslava, in un caso quale quello in esame, anche degli eventuali vantaggi indiretti del fatto che un mezzo di trasporto continui ad operare e continui ad essere revisionato e assicurato.

    40.

    È probabile, a mio avviso, che sia molto più difficile indovinare lo scopo preciso di un provvedimento comunitario di attuazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU di quanto non lo sia normalmente accertare la finalità di un provvedimento comunitario ordinario. Si tratta qui non già dell'intenzione delle istituzioni comunitarie, che è spesso deducibile dal contesto e dal preambolo ed eventualmente anche dalle dichiarazioni di tale istituzione dinanzi alla Corte, bensì dell'obiettivo del Consiglio di sicurezza, organo composto di molti Stati diversi e operante in circostanze ad altissima valenza politica. Per questo motivo può essere più opportuna un'interpretazione letterale del testo normativo.

    41.

    Nelle osservazioni inviate alla Corte anche la Commissione osserva quanto sia rischioso cercare di determinare l'obiettivo preciso della decisione del Consiglio di sicurezza. La Commissione suggerisce tuttavia che la High Court ha adottato una visione troppo restrittiva degli obiettivi perseguiti. Secondo la Commissione la finalità è anche quella di impedire che persone o imprese della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) ritornino in possesso di mezzi di trasporto che sono temporaneamente al di fuori del loro controllo. Essa sottolinea che le sanzioni non sono mai completamente efficaci e potrebbe avere un senso muoversi al più presto per sequestrare i mezzi di trasporto che potrebbero portare vantaggi a cittadini della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) piuttosto che contare sul fatto che tutte le parti interessate si astengano dal trasmetterne il controllo a soggetti di tale Repubblica.

    42.

    Nel caso degli aeromobili questa argomentazione ha una forza particolare, dal momento che, fintantoché un aeromobile è in volo, sussiste sempre il rischio di un inatteso cambiamento di rotta, in questo caso verso la Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro); a seconda del luogo in cui si trovi al momento, il rischio può essere molto maggiore nel caso di un aeromobile che nel caso di un'imbarcazione. Per giunta nel caso di un noleggio non si può escludere il rischio che si ponga termine al contratto di noleggio in un momento precedente la sua scadenza, e che l'aeromobile venga restituito al proprietario. Pertanto, anche se il paragrafo 24 avesse l'unico scopo di aggravare o rafforzare l'embargo commerciale, la decisione di porre sotto sequestro un aeromobile temporaneamente sottratto al controllo del proprietario appare giustificata.

    43.

    È altrettanto impossibile giustificare una visione più restrittiva sul fondamento del linguaggio delle risoluzioni. Come abbiamo visto, nel paragrafo 24 della risoluzione, come pure nel regolamento, viene usata l'espressione «a majority or controlling interest». Parrebbe discenderne la stessa conclusione: nel caso in cui vi sia una partecipazione di maggioranza non è richiesto il controllo. Del pari nella formulazione delle risoluzioni non si può scorgere alcun sostegno all'opinione secondo cui nel caso di un aeromobile il termine «interest» si riferisce allo Stato di registrazione dell'aeromobile, nel caso di specie la Turchia. Sembra che il Consiglio di sicurezza avesse preso in esame la distinzione tra proprietà e registrazione di un aeromobile. Nel paragrafo 7b della risoluzione 757 (1992) ( 18 ), sulla fornitura di servizi di revisione e manutenzione di aeromobili, si fa riferimento agli «aeromobili registrati nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro)». Il fatto che il paragrafo 24 della risoluzione 820 (1993) non impieghi tale definizione suggerisce che lo Stato di registrazione è stato considerato irrilevante.

    44.

    Ancora, nel caso delle imbarcazioni, il paragrafo 10 della risoluzione 787 (1992) ha chiarito che, per determinare se una partecipazione di maggioranza o di controllo sia detenuta da una persona o impresa della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) o operante a partire da tale Repubblica, è irrilevante la bandiera battuta dall'imbarcazione. Mi sembra che in assenza di una qualsiasi dichiarazione in senso contrario, anche nel caso di un aeromobile dovrebbe prevalere un'interpretazione analoga: nel paragrafo 24 della risoluzione 820 (1993), che contiene l'ordine di procedere al sequestro, imbarcazioni e aeromobili sono trattati allo stesso modo.

    45.

    All'udienza i legali della Bosphorus Airways hanno sottolineato che per le imbarcazioni è pratica diffusa battere bandiera straniera, cosa che non succede nel campo dell'aviazione civile, in cui è possibile registrare un aeromobile in uno Stato particolare soltanto nel caso in cui le autorità aeronautiche di tale Stato abbiano la sicurezza di essere in grado di sopraintendere alle attività dell'aeromobile, in particolare per quanto riguarda le esigenze di sicurezza. Secondo me ciò può spiegare perché le risoluzioni non contengono disposizioni relative agli aeromobili analoghe a quelle sulla bandiera delle imbarcazioni. Ciò non dimostra tuttavia che nel caso degli aeromobili il termine «interest» si riferisca soltanto alla partecipazione dell'impresa che ha registrato l'aeromobile in uno Stato determinato.

    46.

    Dal momento che né la lettera né lo scopo delle risoluzioni lasciano trasparire l'erroneità dell'interpretazione del regolamento data dal Ministro, a mio parere non è necessario analizzare a fondo l'impatto del parere emanato dal comitato istituito dalla risoluzione 724 (1991), nel quale si è analogamente suggerito che l'aeromobile doveva essere posto sotto sequestro. Ovviamente, si dovrebbe dare al parere del comitato la debita considerazione; tale comitato è composto da rappresentanti degli Stati membri del Consiglio di sicurezza e le loro opinioni devono avere un peso considerevole. Il comitato è diventato un organismo di rango importante per la supervisione quotidiana dell'applicazione delle sanzioni e può promuovere un'interpretazione e un'applicazione coerenti delle risoluzioni da parte della comunità internazionale ( 19 ). Sembra tuttavia discutibile che nel caso di specie il parere del comitato si possa ritenere vincolante, anche semplicemente perché le disposizioni pertinenti delle risoluzioni non prevedono tale effetto. Come abbiamo visto, in alcuni casi è obbligatorio ottenere l'autorizzazione da parte del comitato ( 20 ), ma la decisione di sequestrare dei mezzi di trasporto non fa parte di tali casi, e il mandato generale del comitato non prevede poteri decisionali ( 21 ). Inoltre, il parere del comitato non contiene o quasi argomenti che possano essere d'ausilio. Per esempio, non illumina sull'interpretazione del termine «interest» né di alcun altro termine del paragrafo 24 della risoluzione 820 (1993).

    47.

    Comunque, anche senza dare al parere del comitato valore decisivo — anche se invero non se ne è tenuto conto — secondo me si può concludere che le risoluzioni del Consiglio di sicurezza non richiedono un'interpretazione che si discosti dalla chiara lettera dell'art. 8 del regolamento.

    I principi della certezza del diritto, della proporzionalità e del rispetto dei diritti fondamentali

    48.

    La Bosphorus Airways si richiama infine a taluni principi generali del diritto comunitario: certezza del diritto, proporzionalità e rispetto dei diritti fondamentali. Per quanto riguarda la certezza del diritto, la Bosphorus Airways sostiene che la conseguenza di una norma giuridica dev'essere chiara e prevedibile per chi vi è assoggettato. Ciò avviene in particolare quando, come lamenta la Bosphorus Airways, la norma ha effetti punitivi, severità draconiana, e si applica ad una parte innocente.

    49.

    Penso che la questione degli effetti del regolamento possa essere meglio esaminata in relazione ai principi di proporzionalità e di rispetto dei diritti fondamentali. Sono del parere che il testo della disposizione in questione è chiaro. In quest'ambito, non vi è violazione del principio della certezza del diritto, e la Bosphorus Airways non ha illustrato in quale altro modo tale principio sia stato infranto. Si pone dunque la questione se vi sia violazione del principio di proporzionalità o del principio del rispetto dei diritti fondamentali. Conviene considerare questi due punti insieme.

    50.

    Questa parte del ricorso della Bosphorus Airways fa sorgere una questione importante e pertanto esaminerò nel dettaglio se l'atto del Ministro abbia infranto qualche diritto fondamentale della Bosphorus Airways e se in tale contesto abbia infranto il principio di proporzionalità.

    51.

    Per giurisprudenza costante i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto comunitario e per garantirne l'osservanza la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e ai trattati internazionali, segnatamente alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, generalmente nota come la Convenzione europea sui diritti dell'uomo, che riveste un significato particolare in tale contesto ( 22 ).

    52.

    L'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, il quale dispone che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario, traduce in un trattato la giurisprudenza della Corte. L'art. F, n. 2, fa parte del titolo I del Trattato, e quindi non rientra nella competenza della Corte nei limiti in cui si applica al Trattato sull'Unione preso nella sua interezza ( 23 ). Quanto al Trattato CE, esso conferma e consolida la giurisprudenza della Corte, sottolineando l'estrema importanza del rispetto dei diritti fondamentali.

    53.

    Il rispetto dei diritti fondamentali costituisce quindi un requisito di legittimità degli atti comunitari ( 24 ) — nel caso di specie, del regolamento. I diritti fondamentali, naturalmente, vincolano anche gli Stati membri quando essi danno esecuzione alle discipline comunitarie ( 25 ). In ogni caso tutti gli Stati membri aderiscono alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo, anche se non in tutti essa è elevata al rango di legge nazionale. Anche se la Comunità come tale non è membro della Convenzione, e non può diventarlo senza che vengono modificati la Convenzione stessa ( 26 ) e il Trattato ( 27 ), e anche se la Convenzione può non essere formalmente vincolante per la Comunità, nondimeno agli effetti pratici la Convenzione può essere considerata parte del diritto comunitario e può essere invocata come tale sia dinanzi a codesta Corte sia dinanzi ai tribunali nazionali quando si discute del diritto comunitario. Ciò è vero in particolare quando, come nel presente caso, sia questione dell'attuazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Il diritto comunitario non può liberare gli Stati membri dalle obbligazioni loro incombenti in forza della Convenzione.

    54.

    La Bosphorus Airways si richiama in particolare al diritto al godimento indisturbato dei propri beni, tutelato dalla Convenzione, così come del diritto di svolgere un'attività commerciale, anch'esso riconosciuto come diritto fondamentale dalla giurisprudenza di codesta Corte. Essa sostiene che l'interpretazione del regolamento adottata dal Ministro comporta una violazione dei detti diritti in quanto tale interpretazione, come sostiene la Bosphorus Airways, effettivamente distruggerebbe e annienterebbe la Bosphorus Airways. Quest'ultima sostiene anche che il regolamento sarebbe nullo, in tutto o in parte, se avesse l'effetto di distruggere i beni di un'impresa interamente innocente nella situazione della Bosphorus Airways.

    55.

    L'art. 1 del primo Protocollo alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo definisce il diritto alla proprietà privata nei seguenti termini:

    «Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà salvo che per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

    Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi giudicate necessarie per regolare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altre contribuzioni o delle ammende».

    56.

    In forza dell'art. 5 del Protocollo l'art. 1 dev'essere considerato, tra le Alte parti contraenti, come un'articolo aggiuntivo alla Convenzione.

    57.

    In una serie di cause a partire dalla Sporrong and Lönnroth ( 28 ) la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato che l'art. 1 del primo Protocollo comprende tre regole distinte. La prima, contenuta nella prima frase del primo comma, ha natura generale ed enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, contenuta nella seconda frase dello stesso comma, riguarda la privazione della proprietà e l'assoggetta a talune condizioni; la terza, enunciata nel secondo comma, riconosce che gli Stati contraenti possono regolare l'uso della proprietà in modo conforme all'interesse generale. Le tre regole non sono distinte nel senso di non collegate; la seconda e la terza riguardano casi particolari di interferenza con il diritto al rispetto dei propri beni e vanno pertanto interpretate alla luce del principio generale enunciato nella prima regola.

    58.

    La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo dichiara che l'art. 1copre interessi del tipo di quelli vantati dalla Bosphorus Airways nell'aeromobile sequestrato: viene data un'interpretazione estensiva al termine «possessions», che comprende gli interessi derivanti da contratti di noleggio ( 29 ). Tuttavia, riconoscendo che gli Stati possono regolare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale, l'art. 1 esige un adeguato contemperamento degli interessi in gioco. In Sporrong and Lönnroth la Corte europea dei diritti dell'uomo ha descritto il proprio compito nei seguenti termini:

    «(...) la Corte deve determinare se vi sia stato equo contemperamento dell'interesse generale della comunità e delle esigenze della tutela dei diritti fondamentali dell'individuo».

    59.

    La questione è dunque come si debba procedere a tale valutazione. Mentre non sembrano esistere decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo vertenti in special modo sul sequestro di beni in applicazione di sanzioni internazionali, nondimeno ci si può giovare dell'approccio generalmente seguito da tale Corte. Così per esempio in AGOSI/Regno Unito ( 30 ), in cui dei Krugerrands aurei (monete d'oro) appartenenti ai ricorrenti erano stati confiscati dalle autorità doganali del Regno Unito a seguito del tentativo di importarle illecitamente nel paese da parte di terzi, la Corte ha applicato il metro di misura delľ«equo contemperamento» alla questione se la confisca fosse giustificata in quanto destinata a far applicare la legge contro il proprietario innocente. Secondo la Corte la «colpa» o altro del proprietario era soltanto uno dei fattori da prendere in considerazione; un altro fattore era la procedura a disposizione del proprietario per opporsi per le vie amministrative alla conferma del sequestro dei suoi beni, e la possibilità di ricorso (judicial review) avverso la decisione amministrativa. La Corte ha rilevato che alla luce delle procedure disponibili non vi era stata alcuna violazione. Approccio analogo è stato adottato in Air Canada/Regno Unito ( 31 ). In quella causa un aeromobile appartenente alla Air Canada e da questa gestito, che si era scoperto, all'atterraggio all'aeroporto di Heathrow, carico di un'enorme quantità di droghe vietate, veniva immobilizzato dalle autorità doganali del Regno Unito, ma in seguito rilasciato, lo stesso giorno, dietro pagamento da parte della compagnia aerea di una multa di 50000 UKL. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che le misure applicate fossero consone all'interesse generale di contrastare il traffico di droga e non fossero sproporzionate rispetto allo scopo perseguito.

    60.

    Approccio analogo ha adottato la Corte di giustizia nel caso in cui sia in questione il diritto alla proprietà privata o il diritto di svolgere un'attività commerciale. Così in Germania/Consiglio ( 32 ), riguardante l'organizzazione comune dei mercati delle banane, la Corte ha ribadito la propria giurisprudenza consolidata.

    «(...) sia il diritto di proprietà sia la libertà di esercizio delle attività professionali fanno parte dei principi generali del diritto comunitario. Detti principi non costituiscono tuttavia prerogative assolute, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale. Ne consegue che possono essere apportate restrizioni all'applicazione del diritto di proprietà e al libero esercizio di un'attività professionale, in particolare nell'ambito di un'organizzazione comune di mercato, a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti».

    61.

    Questa osservazione si basava sulla più incisiva analisi del diritto di proprietà compiuta dalla Corte in Hauer/Land Rheinland-Pfalz ( 33 ), che si ispirava all'art. 1 del primo Protocollo e ai principi costituzionali e alle prassi degli Stati membri. Tale caso verteva su un divieto temporaneo di nuovi impianti di vigneti, e la Corte, accogliendo le conclusioni dell'avvocato generale Capotorti, aveva esaminato tale divieto dal punto di vista di una restrizione dell'uso della proprietà. Dopo un riferimento al principio ribadito nella successiva giurisprudenza dianzi citata, in quel procedimento la Corte ha dichiarato ( 34 )

    «Occorre pertanto individuare gli obiettivi perseguiti col regolamento controverso, onde valutare se esista un rapporto ragionevole fra i provvedimenti disposti con detto regolamento e gli obiettivi perseguiti dalla Comunità».

    62.

    Questa presa di posizione dimostra anche che nel caso oggi in esame il principio di proporzionalità, sebbene presentato come argomento distinto dalla Bosphorus Airways, forma parte essenziale dell'analisi da svolgersi nel riconsiderare l'asserita violazione del diritto sui beni della Bosphorus Airways. Invero, la questione essenziale è se l'ovvia interferenza con il possesso dell'aeromobile da parte della Bosphorus Airways sia un provvedimento proporzionato alla luce degli scopi di interesse generale perseguiti dal regolamento.

    63.

    Non sembra dubbio che nelle circostanze del caso di specie siano in gioco i diritti fondamentali della Bosphorus Airways. Ho già accennato al fatto che la Corte europea dei diritti dell'uomo ritiene che i diritti nascenti da contratti di noleggio rientrino nella serie di applicazione dell'art. 1. Analogamente, nella causa Wachauf ( 35 ) a codesta Corte è bastato che un affittuario invocasse i diritti fondamentali, e sebbene in tale sentenza non si sia espressa-mente riferita al diritto alla proprietà privata, lo ha fatto nella sentenza Hauer, che riguardava taluni diritti di proprietà. È evidente inoltre che il sequestro dell'aeromobile configurava una severa restrizione dell'esercizio da parte della Bosphorus Airways dei suoi diritti sull'aeromobile stesso, restrizione difficile da distinguere, quanto agli effetti, da una privazione temporanea.

    64.

    D'altro canto è anche ovvio che sussiste un interesse pubblico particolarmente forte ad applicare le misure di embargo decise dal Consiglio di sicurezza dell'ONU. Riesco difficilmente a immaginare un tipo di pubblico interesse più forte di quello di porre fine ad una guerra civile tanto distruttiva quanto quella che ha sommerso la ex Iugoslavia, e in particolare la Bosnia-Erzegovina. La comunità internazionale ha deciso che, per porre fine a tale guerra, era necessario far pressione sulla Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) a causa del ruolo rivestito da tale Repubblica nel conflitto bosniaco. Di conseguenza, il Consiglio di sicurezza ha deciso di adottare, e poi di aggravare, sanzioni economiche, che sono state attuate dalla Comunità. Inevitabilmente tali sanzioni colpiscono i diritti alla proprietà, ivi compresi quelli di operatori economici innocenti. A questo proposito la Bosphorus Airways non è affatto l'unica in tale posizione. È probabile che molti altri, inclusi coloro i quali avevano interessi sostanziali nel commercio con la Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro), abbiano subito gravi perdite a causa delle misure di embargo. Tale perdite sono inevitabili se le sanzioni devono essere efficaci.

    65.

    Ciò non significa naturalmente che in tali circostanze sia da tollerare qualunque tipo di interferenza con il diritto alla proprietà. Se tale interferenza si fosse dimostrata assolutamente irragionevole alla luce degli scopi perseguiti dalle autorità competenti, codesta Corte dovrebbe necessariamente intervenire. A questo proposito può essere necessario esaminare se, sulla base di eventuali informazioni venute successivamente alla luce e dopo ulteriore esame delle circostanze, le autorità competenti fossero legittimate a mantenere un provvedimento deciso come provvedimento d'urgenza. Tuttavia nel caso di specie, come ho già detto ( 36 ), non si può considerare la decisione di sequestrare l'aeromobile sulla base del fatto che apparteneva ad un'impresa della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) irragionevole né al momento della sua adozione né in seguito, anche se l'aeromobile non era di fatto sotto il controllo di tale impresa al momento del sequestro. Dunque a mio parere le sanzioni decise giustificano la decisione controversa.

    66.

    La Bosphorus Airways ha insistito su ciò che considera la drastica conseguenza finanziaria e commerciale della decisione. Non sono convinto che si possa attribuire a tale conseguenza l'importanza suggerita dalla Bosphorus Airways. Le conseguenze finanziarie possono cambiare — in altre situazioni, un noleggiatore potrebbe semplicemente essere in grado di annullare il contratto e di prendere a nolo un altro aeromobile. In ogni caso non ritengo possibile disapplicare una misura generale di questo tipo semplicemente a causa delle conseguenze finanziarie che essa può comportare in un caso particolare. La questione rilevante mi sembra se il sequestro di un aeromobile sia conforme alla misura nel caso in cui il proprietario, ma non il noleggiatore, sia un'impresa stabilita nel territorio contro il quale sono dirette le sanzioni. Anche se si dovesse tener conto delle asserite perdite della Bosphorus Airways, non ritengo vi sarebbe una violazione del principio di proporzionalità, alla luce dell'importanza dell'interesse pubblico in gioco.

    67.

    Concludo pertanto che la decisione controversa non ha, per usare il metro di giudizio della Corte europea dei diritti dell'uomo, realizzato un contemperamento iniquo tra le esigenze dell'interesse generale e quelle della tutela dei diritti fondamentali dei singoli. Questa conclusione appare coerente con la giurisprudenza di quella Corte in generale. Invero, la Bosphorus Airways non ha affermato che esista alcuna giurisprudenza nel quadro della Convenzione europea dei diritti dell'uomo a sostegno delle proprie conclusioni.

    68.

    La situazione non sembra diversa se ci si riferisce ai diritti fondamentali quali risultano dalle «tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri», richiamati nella giurisprudenza di codesta Corte e nell'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea. Nella causa Hauer ( 37 ) la Corte ha sottolineato (al punto 20), riferendosi specificamente al Grundgesetz tedesco, alla costituzione irlandese e alla costituzione italiana, che le norme e le prassi costituzionali degli Stati membri consentono al legislatore di disciplinare l'uso della proprietà privata nell'interesse generale. Anche qui non si è parlato di nessuna giurisprudenza a sostegno della tesi secondo cui la decisione controversa violerebbe i diritti fondamentali. La decisione della High Court irlandese si basava, come abbiamo visto, su motivi diversi.

    69.

    Ho affermato che il principio di proporzionalità può essere esaminato insieme con il principio del rispetto dei diritti fondamentali. Se il principio di proporzionalità dovesse essere esaminato in maniera indipendente, si renderebbe necessario un approccio molto simile: sarebbe necessario procedere ad un contemperamento tra l'interferenza con gli interessi della Bosphorus Airways e l'interesse generale. Deve discenderne, a mio parere, la stessa conclusione. L'interesse generale ha, semplicemente, importanza eccezionale.

    Conclusione

    70.

    Di conseguenza ritengo che si debba risolvere nei seguenti termini la questione sollevata dalla Supreme Court irlandese:

    «L'art. 8 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 aprile 1993, n. 990, dev'essere interpretato nel senso che si applica a un aeromobile nel quale un'impresa della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) detiene una partecipazione di maggioranza o di controllo, anche nel caso in cui il proprietario abbia concesso a nolo l'aeromobile per quattro anni ad un'altra impresa che non è stabilita nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) né opera a partire dal suo territorio».


    ( *1 ) Lingua originale: l'inglese.

    ( 1 ) V. paragrafo 6 della risoluzione.

    ( 2 ) Paragrafo 4 della risoluzione.

    ( 3 ) Causa C-177/95, tuttora pendente.

    ( 4 ) GU L 102, pag. 14.

    ( 5 ) Già ciuta al paragrafo 7.

    ( 6 ) Regolamento (CEE) del Consiglio 1o giugno 1992, n. 1432, che proibisce il commercio tra la Comunità economica europea e le Repubbliche di Serbia c di Montenegro (GU L 151, pag. 4); regolamento (CEE) del Consiglio 8 settembre 1992, n. 2655, che limita l'utilizzazione del regime del trasporto internazionale delle merci sotto scorta di carnet TIR (convenzione TIR) per le spedizioni che sono effettuate tra due località situate nella Comunità economica europea e che devono attraversare il territorio delle Repubbliche di Serbia c di Montenegro (GU L 266, pag. 26); regolamento (CEE) dcl Consiglio 8 settembre 1992, n. 2656, concernente talune modalità tecniche connesse con l'applicazione del regolamento (CEE), n. 1432/92, che proibisce il commercio tra la Comunità economica europea e le Repubbliche di Serbia e di Montenegro (GU L 266, pag. 27).

    ( 7 ) Regolamento n. 1432/92, già citato in nota 6.

    ( 8 ) S. I. n. 144 del 1993.

    ( 9 ) Regolamento (CE) del Consiglio 11 marzo 1996, n. 462, che sospende il regolamento (CEE) n. 990/93 c il regolamento (CE) n. 2471/94 e che abroga il regolamento (CE) n. 2472/94 e il regolamento (CE) n. 2815/95, relativi all'interruzione delle relazioni economiche e finanziarie con la Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro), le zone protette dalle Nazioni Unite nella Repubblica di Croazia e le zone della Repubblica di Bosnia-Erzegovina soggette al controllo delle forze serbo-bosniache (GU L 65, pag. 1).

    ( 10 ) Già citato al paragrafo 14.

    ( 11 ) V. supra, paragrafo 11.

    ( 12 ) Sentenza riprodotta in (1994) 2 ILRM 551 e (1994) 3 CMLR 464.

    ( 13 ) V. sentenza 17 ottobre 1995, causa C-83/94, Leifer c a. (Racc. pag. I-3231, punto 22).

    ( 14 ) Per una discussione v. Sebastian Bohr, «Sanctions by the United Nations Security Council and the European Community», European Journal of International Law (1993, pag. 256, in particolare pagg. 262-265).

    ( 15 ) Già citato in nota 12, punto 16 della sentenza.

    ( 16 ) V. punto 17.

    ( 17 ) V. paragrafo 5 della risoluzione 757 (1992).

    ( 18 ) V. supra, paragrafo 5.

    ( 19 ) V. M. P. Scharf e J. L. Dorosin, «Interpreting UN sanctions: the rulings and role of the Yugoslavia Sanctions Committee», Brooklyn Journal of International Law (1993), pagg. 771-827.

    ( 20 ) V. ad esempio paragrafo 15 della risoluzione 820 (1993).

    ( 21 ) V. paragrafo 5b della risoluzione 724 (1991), già citata al paragrafo 11; v. Pieter-Jan Kuyper, «Trade Sanctions, Security and Human Rights and Commercial Policy», in M. Maresceau (cd), The European Community's Commercial Policy after 1992: The Legal Dimension (Martinus Nijhoff 1993), pag. 387, in particolare pag. 397, dove la questione viene discussa in riferimento alle sanzioni contro l'Iraq, caso in cui esiste un comitato analogo.

    ( 22 ) V. recentissimo parere 2/94 del 28 marzo 1996, Racc. pag. I-1759, punti 32 e 33.

    ( 23 ) V. art. L del Trattato.

    ( 24 ) Parere 2/94, punto 34.

    ( 25 ) Sentenza 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf (Racc. pag. 2609, punto 19); sentenza 14 luglio 1994, causa C-351/92, Graff (Racc. pag. I-3361, punto 17).

    ( 26 ) Ai sensi dell'art 59, n. 1, della Convenzione, possono ade-rire alla stessa solo gli Stati membri del Consiglio d'Europa.

    ( 27 ) V. parere 2/94, già citato in nota 22.

    ( 28 ) Sentenza 23 settembre 1982, punto 69.

    ( 29 ) Mettacher/Austria, sentenza 19 dicembre 1989, punto 43.

    ( 30 ) Sentenza 24 ottobre 1986.

    ( 31 ) Sentenza 5 maggio 1995.

    ( 32 ) Sentenza 5 ottobre 1994, causa C-280/93 (Racc. pag. I-4973, punto 78).

    ( 33 ) Sentenza 13 dicembre 1979, causa 44/79 (Racc. pag. 3727, punti 17-30, in particolare punto 23).

    ( 34 ) V. punto 23.

    ( 35 ) Già citata in nota 25.

    ( 36 ) V. paragrafi da 39 a 42.

    ( 37 ) Già citita in nota 33.

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