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Document 61994TJ0161

Sentenza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione ampliata) dell'11 luglio 1996.
Sinochem Heilongjiang contro Consiglio dell'Unione europea.
Antidumping - Ricorso d'annullamento - Ricevibilità - Svolgimento dell'indagine - Pregiudizio.
Causa T-161/94.

Raccolta della Giurisprudenza 1996 II-00695

ECLI identifier: ECLI:EU:T:1996:101

61994A0161

Sentenza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione ampliata) dell'11 luglio 1996. - Sinochem Heilongjiang contro Consiglio dell'Unione europea. - Antidumping - Ricorso d'annullamento - Ricevibilità - Svolgimento dell'indagine - Pregiudizio. - Causa T-161/94.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina II-00695


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Ricorso d' annullamento ° Legittimazione ad agire ° Persone giuridiche ° Nozione ° Possesso della personalità giuridica in base al diritto nazionale o riconoscimento da parte delle istituzioni comunitarie in quanto entità giuridica autonoma

[Trattato CEE, art. 173; regolamento di procedura della Corte, art. 38, n. 5, lett. a); regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 5, lett. a)]

2. Ricorso d' annullamento ° Persone fisiche o giuridiche ° Atti che le riguardano direttamente e individualmente ° Regolamento che istituisce un dazio antidumping ° Impresa esportatrice di un paese terzo oggetto dell' inchiesta, unica ad aver partecipato a quest' ultima

(Trattato CEE, art. 173, secondo comma)

3. Politica commerciale comune ° Difesa contro le pratiche di dumping ° Margine di dumping ° Determinazione del prezzo all' esportazione ° Calcolo sulla base dei dati disponibili ° Uso in mancanza di altri dati realmente utilizzabili, delle sole informazioni contenute nella denuncia all' origine dell' inchiesta ° Ammissibilità

[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 2423/88, artt. 2, n. 8, lett. a), e 7, n. 7, lett. b)]

4. Diritto comunitario ° Principi ° Diritti della difesa ° Rispetto nell' ambito dei procedimenti amministrativi ° Antidumping ° Obblighi delle istituzioni di soddisfare le domande di informazioni delle imprese in questione ° Limiti ° Domanda tardiva

[Regolamenti (CEE) del Consiglio n. 2423/88, art. 7, n. 4, lett. c), sub i), cc), e n. 2833/91, art. 3]

5. Politica commerciale comune ° Difesa contro le pratiche di dumping ° Pregiudizio ° Produzione comunitaria interessata ° Nozione ° Determinazione del pregiudizio nei confronti della sola impresa comunitaria denunciante ° Ammissibilità nel caso di un' impresa che rappresenta più del 25% della produzione comunitaria

(Regolamento del Consiglio n. 2423/88, art. 4, n. 1)

Massima


1. La ricevibilità di un ricorso d' annullamento, presentato da un soggetto ai sensi dell' art. 173 del Trattato, dipende innanzi tutto dalla sua qualità di persona giuridica. Nel sistema di tutela giurisdizionale comunitario una ricorrente ha la qualità di persona giuridica se ha acquistato, al più tardi al momento della scadenza del termine di ricorso, la personalità giuridica in forza del diritto vigente al momento della sua costituzione o se essa è stata trattata dalle istituzioni comunitarie come entità giuridica autonoma.

L' art. 38, n. 5, lett. a), del regolamento di procedura della Corte e l' art. 44, n. 5, lett. a), del regolamento di procedura del Tribunale stabiliscono al riguardo che una persona giuridica di diritto privato deve allegare al ricorso il proprio statuto o un estratto recente del registro delle imprese o un estratto recente del registro delle associazioni o qualsiasi altra prova della sua esistenza giuridica. Costituisce la prova dell' esistenza giuridica di un' entità, in base a queste disposizioni, una licenza attestante la sua registrazione come impresa in possesso di un capitale proprio e di un sistema contabile indipendente.

In ogni caso, la qualità di persona giuridica autonoma di un ente non può essere contestata qualora quest' ultimo sia stato trattato come tale dalle istituzioni comunitarie nel corso della fase amministrativa del procedimento che ha preceduto l' adozione dell' atto impugnato.

2. Benché alla luce dei criteri dell' art. 173, secondo comma, del Trattato i regolamenti istitutivi di dazi antidumping abbiano effettivamente, per la loro natura e per la loro portata, carattere normativo, in quanto si applicano a tutti gli operatori economici interessati, non è tuttavia escluso che le loro disposizioni possano riguardare individualmente determinati operatori economici.

Così, gli atti istitutivi di dazi antidumping sono tali da riguardare direttamente e individualmente le imprese importatrici ed esportatrici che possono dimostrare di essere state individuate negli atti della Commissione o del Consiglio o prese in considerazione nelle indagini preparatorie e, più in generale, ogni operatore economico che possa dimostrare l' esistenza di talune qualità che gli sono peculiari e che lo contraddistinguono rispetto ad ogni altro operatore economico, relativamente al provvedimento di cui trattasi.

Tale è il caso di un' impresa che si è intensamente impegnata nell' indagine preparatoria e la cui posizione è stata esaminata dalla Commissione nell' ambito del procedimento che ha condotto all' istituzione del dazio antidumping, anche se si è deciso alla fine di non tener conto delle informazioni fornite dalla ricorrente e relative al merito della questione. Inoltre, il fatto che essa sia la sola impresa del suo paese ad aver partecipato all' indagine costituisce un elemento che può contraddistinguerla, relativamente al provvedimento cui si è pervenuti a conclusione dell' indagine, rispetto ad ogni altro operatore economico.

3. Le istituzioni comunitarie giustamente decidono, per determinare il prezzo all' esportazione, di applicare l' art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento antidumping di base n. 2423/88 e basano le loro valutazioni esclusivamente sui dati forniti dall' impresa denunciante, che esse ritengono i soli dati disponibili effettivamente utilizzabili, quando, da un lato, i dati forniti dalla sola impresa esportatrice del paese terzo interessato dall' indagine che ha accettato di collaborare a quest' ultima non apparivano rappresentativi e, dall' altro, l' utilizzo di questi dati, quali le statistiche doganali e le informazioni fornite da imprese che praticano la rivendita del prodotto di cui trattasi sul mercato comunitario, provenienti da fonti diverse non sembrava poter portare a constatazioni affidabili.

4. Nell' ambito di un procedimento amministrativo, come quello che precede l' istituzione di dazi antidumping, il rispetto dei diritti della difesa è garantito qualora, nel corso del procedimento, l' impresa interessata sia stata messa in grado di far conoscere il suo punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze allegate nonché, se del caso, sui documenti di cui si è tenuto conto. Non può al riguardo far valere una violazione dell' art. 7, n. 4, lett. c), del regolamento base antidumping n. 2423/88 un' impresa che è stata invitata a far conoscere il suo punto di vista per iscritto e a chiedere di essere ascoltata, e la cui domanda di informazioni sul calcolo del margine dei dazi provvisori è stata presentata solo dopo la scadenza del termine previsto dall' art. 3 del regolamento provvisorio n. 2833/91 per la presentazione di osservazioni e dall' art. 7, n. 4, lett. c), sub i), cc), del regolamento di base per la presentazione di richieste di informazioni.

5. Non si può addebitare alle istituzioni comunitarie di aver introdotto dazi antidumping in considerazione di un danno, subito dall' industria comunitaria, determinato relativamente alla sola impresa comunitaria denunciante, qualora la produzione di quest' ultima, durante il periodo d' indagine, abbia rappresentato il 35% della produzione comunitaria totale del prodotto di cui trattasi.

Infatti, l' "industria comunitaria" di cui all' art. 4, n. 1, del regolamento antidumping di base n. 2423/88 è definita dall' art. 4, n. 5, come il complesso dei produttori comunitari o di quelli tra di essi le cui produzioni, addizionate, costituiscono una proporzione notevole della produzione totale, espressione che dev' essere interpretata nel senso che non richiede una proporzione di almeno il 50%, ma piuttosto di almeno il 25%.

Parti


Nella causa T-161/94,

Sinochem Heilongjiang, società di diritto cinese, con sede ad Harbin (Cina), con l' avv. Izzet M. Sinan, barrister, del foro d' Inghilterra e del Galles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Arendt e Medernach, 8-10, rue Mathias Hardt,

ricorrente,

contro

Consiglio dell' Unione europea, rappresentato dai signori Erik H. Stein e Ramon Torrent, consiglieri giuridici, in qualità di agenti, assistiti dall' avv. Hans-Juergen Rabe, dei fori di Amburgo e Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Bruno Eynard, direttore generale della direzione degli affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

convenuto,

sostenuto da

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Eric L. White, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dal signor Claus-Michael Happe, funzionario nazionale distaccato presso la Commissione, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

interveniente,

avente ad oggetto l' annullamento del regolamento (CEE) del Consiglio 25 novembre 1991, n. 3434, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido ossalico originario dell' India e della Repubblica popolare cinese (GU L 326, pag. 6),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione ampliata),

composto dal signor A. Saggio, presidente, dai signori C.W. Bellamy e A. Kalogeropoulos, dalla signora V. Tiili e dal signor R.M. Moura Ramos, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 23 gennaio 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


Fatti all' origine del ricorso

1 Nel 1982 il Consiglio ha istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni nella Comunità di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese ed ha riscosso definitivamente la cauzione depositata a titolo di dazio provvisorio sull' acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese e della Cecoslovacchia [regolamento (CEE) 17 maggio 1982, n. 1283; GU L 148, pag. 37].

2 Avviata nel 1987, la procedura di riesame delle misure antidumping si è conclusa il 12 dicembre 1988 con la decisione della Commissione 88/623/CEE, recante accettazione degli impegni sottoscritti nel quadro della procedura di riesame riguardante le importazioni di acido ossalico originario della Cina e della Cecoslovacchia (GU L 343, pag. 34). L' impegno relativo alle importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese è stato assunto dalla società Sinochem Beijing. Questo impegno copriva, secondo l' interpretazione delle istituzioni comunitarie, tutte le esportazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese.

3 Nel 1990 la Commissione ha ricevuto una denuncia della società Destilados Agricolos Vimbodi SA (in prosieguo: la "DAVSA"), con cui si chiedeva il riesame delle misure antidumping relative alle importazioni di acido ossalico originarie della Repubblica popolare cinese e della Cecoslovacchia, nonché una domanda di avvio di una procedura nei confronti delle importazioni di acido ossalico originario dell' India.

4 In seguito a questa denuncia, la Commissione ha inviato un questionario agli esportatori cinesi, cecoslovacchi e indiani di cui conosceva l' esistenza. A tale questionario era allegata, tra l' altro, una lettera con cui si avvertivano gli esportatori che nel caso in cui non avessero fornito le informazioni richieste la Commissione avrebbe potuto basare la sua decisione sui "dati disponibili" ai sensi dell' art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento (CEE) del Consiglio 11 luglio 1988, n. 2423, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni da parte di paesi non membri della Comunità economica europea (GU L 209, pag. 1; in prosieguo: il "regolamento di base").

5 I due soli esportatori cinesi conosciuti dalla Commissione erano China National Medicine and Health Products Import/Export Corporation e Sinochem Beijing. La prima società non ha risposto al questionario. La Sinochem Beijing, dal canto suo, ha comunicato alla Commissione che non era venuta meno al suo impegno del 1988 e che, in seguito alla riforma del sistema del commercio estero cinese, numerosi esportatori non dipendevano più da essa a decorrere dall' inizio del 1988 ed erano in grado di esportare acido ossalico verso la Comunità a prezzi che potevano essere inferiori al prezzo fissato nell' impegno.

6 Alla richiesta della Commissione di inviare il questionario agli altri esportatori la Sinochem Beijing ha opposto un rifiuto ed ha proposto alla Commissione di rivolgersi alla camera di commercio cinese degli importatori ed esportatori di metalli, minerali e prodotti chimici. La Commissione ha ottenuto dalla camera di commercio una lista di esportatori e di produttori di acido ossalico, ai quali ha inviato un questionario ed una lettera identici a quelli che la Sinochem Beijing aveva ricevuto.

7 La ricorrente è l' unico esportatore cinese che ha risposto, con lettera in data 24 dicembre 1990. La Commissione ha replicato con un telex del 27 febbraio 1991 così formulato: "considerato che la risposta di codesta società al questionario (...) è incompleta e insufficiente, in particolare relativamente al punto essenziale che riguarda le vendite di codesta società alla Comunità durante i primi otto mesi del 1990 e le condizioni di vendita, vi informiamo che la Commissione intende procedere ai suoi accertamenti sulla base dei fatti disponibili, in conformità all' art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento [di base]". La ricorrente non ha risposto a questo telex.

8 Con il regolamento (CEE) 29 maggio 1991, n. 1742, la Commissione ha istituito un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di acido ossalico originario dell' India e della Cina (GU L 138, pag. 62; in prosieguo: il "regolamento n. 1472/91"). Al punto 13 di questo regolamento la Commissione dichiara, facendo riferimento all' art. 2, n. 5, del regolamento di base, che essa ha dovuto tener conto del fatto che la Repubblica popolare cinese non è un paese ad economia di mercato. Al punto 22 del regolamento n. 1472/91 la Commissione chiarisce che "per quanto riguarda la Cina, in mancanza di risposte soddisfacenti al questionario, per la determinazione provvisoria la Commissione ha utilizzato i dati disponibili, vale a dire quelli riportati nella denuncia; i prezzi utilizzati corrispondono a quelli indicati dall' unico importatore che ha collaborato", e che "su queste basi, la Commissione ha constatato, per i primi otto mesi del 1990, una sottoquotazione media del 25,05%". Al punto 43 la Commissione aggiunge che "nel caso della Cina, la Commissione ha tenuto conto del fatto che nonostante l' impegno assunto, il paese ha continuato le pratiche di dumping, contribuendo al grave pregiudizio subito dall' industria comunitaria". In conclusione, l' art. 1 del regolamento n. 1472/91 fissa al 20,3% l' importo del dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese. L' art. 3 stabilisce che "salvo il disposto dell' art. 7, n. 4, lett. b), del regolamento (di base), le parti interessate possono rendere note le loro osservazioni per iscritto e chiedere un' audizione alla Commissione entro un mese a decorrere dell' entrata in vigore del presente regolamento". In applicazione del suo art. 4, il regolamento n. 1472/91 è entrato in vigore il 2 giugno 1991.

9 Con telex 8 luglio 1991, indirizzato alla Commissione, la ricorrente ha chiesto che fosse organizzata un' audizione al più tardi in settembre. Con lo stesso telex quest' ultima ha chiesto di poter presentare osservazioni scritte prima di questa audizione e di consultare il fascicolo non riservato al fine di avere conoscenza dei dati in base ai quali la Commissione ha determinato il margine dei dazi antidumping provvisori.

10 Con il consenso della Commissione la ricorrente ha depositato osservazioni scritte il 2 settembre 1991, e il 4 settembre 1991 si è svolta un' audizione. Per contro, la Commissione ha rifiutato di dare accesso alle informazioni che la ricorrente aveva chiesto, in quanto tale richiesta non era stata ricevuta nel termine fissato dall' art. 7, n. 4, lett. c), del regolamento di base. La Commissione ha anche dichiarato che non era obbligata a tenere formalmente conto delle osservazioni scritte, in quanto non aveva ricevuto queste osservazioni nel termine fissato dall' art. 3 del regolamento n. 1472/91. Tuttavia essa ha accettato, su proposta del difensore della ricorrente, di considerare le osservazioni scritte come un "promemoria".

11 All' audizione, così come nella corrispondenza scambiata tra la metà di settembre e la fine di novembre 1991, la ricorrente e la Commissione hanno mantenuto le loro rispettive posizioni. La ricorrente ha confermato che aveva fornito tutte le informazioni che rientravano ragionevolmente nell' ambito del questionario, comprese tutte le fatture che riguardavano le sue esportazioni verso la Comunità durante il periodo esaminato (1 aprile 1989-31 agosto 1990). La Commissione, dal canto suo, ha confermato che la risposta della ricorrente al questionario era incompleta e che pertanto la ricorrente era venuta meno al suo obbligo di cooperazione.

12 Con il regolamento (CEE) 23 settembre 1991, n. 2833, il Consiglio ha prorogato il dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di acido ossalico originario dell' India e della Cina per un periodo massimo di due mesi (GU L 272, pag. 2).

13 Il 5 novembre 1991 la Commissione ha proposto al Consiglio di istituire un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido ossalico originario dell' India e della Repubblica popolare cinese [COM(91) 437 def.].

14 Il 25 novembre 1991 il Consiglio ha istituito, con l' atto impugnato, un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido ossalico originario dell' India e della Repubblica popolare cinese, confermando integralmente, per quanto riguarda le importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese, le conclusioni della Commissione nel regolamento n. 1472/91.

Procedimento

15 In tale situazione, con atto depositato nella cancelleria della Corte il 27 febbraio 1992, la ricorrente ha proposto il suo ricorso, che è stato registrato con il numero di ruolo C-61/92.

16 Con ordinanza 30 settembre 1992, il presidente della Corte ha ammesso la Commissione ad intervenire nella causa a sostegno delle conclusioni del convenuto.

17 Con lettera 20 gennaio 1994, la ricorrente ha inviato una perizia ottenuta da una università cinese e relativa al suo stato giuridico. Essa ha chiesto alla Corte di versare al fascicolo questa perizia.

18 La decisione del Consiglio 7 marzo 1994, 94/149/CECA, CE, recante modifica della decisione 93/350/Euratom, CECA, CEE che modifica la decisione 88/591/CECA, CEE, Euratom che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee (GU L 66, pag. 29), stabilisce che, a decorrere dal 15 marzo 1994, il Tribunale è competente a statuire sui ricorsi promossi da persone fisiche o giuridiche in forza degli artt. 173, 175 e 178 del Trattato CE concernenti le misure adottate in caso di dumping e di sovvenzioni. Per tale motivo la Corte, con ordinanza 18 aprile 1994, ha rimesso la causa C-61/92 al Tribunale. Il ricorso è stato registrato nella cancelleria del Tribunale con il numero di ruolo T-161/94.

19 Il Tribunale ha accettato di versare al fascicolo la perizia inviata dalla ricorrente relativa al suo stato giuridico.

20 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Nell' ambito delle misure di organizzazione del procedimento, le parti sono state tuttavia invitate a rispondere per iscritto a taluni quesiti prima dell' udienza.

21 Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all' udienza del 23 gennaio 1996. Alla fine di questa udienza il Tribunale ha invitato la ricorrente a far pervenire alla cancelleria la licenza commerciale di cui essa era titolare al momento della presentazione del ricorso. Dopo aver ricevuto detto documento nonché le osservazioni del convenuto e dell' interveniente ad esso relative, il Tribunale ha chiuso il procedimento.

Conclusioni delle parti

22 Nel ricorso la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

° annullare il regolamento del Consiglio 25 novembre 1991, n. 3434, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido ossalico originario dell' India e della Repubblica popolare cinese (GU L 326, pag. 6; in prosieguo: il "regolamento n. 3434/91");

° condannare il convenuto alle spese.

23 Il convenuto conclude che il Tribunale voglia:

° dichiarare il ricorso irricevibile;

° respingere il ricorso;

° condannare la ricorrente alle spese.

24 Nella replica, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

° dichiarare il ricorso ricevibile;

° annullare il regolamento n. 3434/91 integralmente o per quanto riguarda la ricorrente;

° condannare il convenuto alle spese.

25 L' interveniente conclude che il Tribunale voglia:

° respingere il ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, infondato.

Sulla ricevibilità

26 Il convenuto e l' interveniente deducono in sostanza due motivi di irricevibilità. Un primo motivo si riferisce alla qualità di persona giuridica della ricorrente. Il secondo motivo è basato sul fatto che la ricorrente non sarebbe individualmente interessata.

Sul primo motivo di irricevibilità

Argomenti delle parti

27 Il Consiglio e la Commissione ritengono che il ricorso sia irricevibile, innanzi tutto perché la ricorrente non sarebbe una persona giuridica ai sensi dell' art. 173, secondo comma, del Trattato CE. La mancanza di personalità giuridica risulterebbe dal fatto che la ricorrente è solo una succursale locale della Sinochem. Pertanto, essa farebbe parte della Sinochem Beijing e non sarebbe quindi un' entità giuridica autonoma.

28 Le istituzioni comunitarie sottolineano inoltre che, al momento della presentazione del ricorso, la ricorrente non ha presentato una licenza commerciale che dimostrasse, in base al diritto cinese, la sua personalità giuridica. Inoltre, la licenza che la ricorrente ha fatto pervenire al Tribunale su richiesta di quest' ultimo e di cui essa disponeva verosimilmente all' atto della presentazione del suo ricorso non varrebbe come riconoscimento della sua personalità giuridica. A tal riguardo, le istituzioni comunitarie fanno rilevare che tale licenza reca una data precedente all' adozione di una nuova legge cinese relativa alle registrazioni di imprese in quanto persone giuridiche.

29 La ricorrente contesta la tesi del Consiglio e della Commissione secondo cui essa mancherebbe di indipendenza per adottare decisioni in materia commerciale. Essa fa presente che la Repubblica popolare cinese ha conosciuto profondi mutamenti economici che hanno comportato una soppressione dei controlli che lo Stato esercitava sulle società che effettuano transazioni commerciali. Per quanto riguarda il gruppo Sinochem, la ricorrente precisa che quest' ultimo si è riorganizzato in società indipendenti a livello delle provincie. Essa stessa sarebbe una di queste società ed esporterebbe in maniera indipendente i prodotti realizzati dalle fabbriche della provincia di Heilongjiang per i propri clienti, a prezzi da essa stessa fissati in concorrenza con altre società. Del resto dal procedimento amministrativo all' origine del ricorso risulterebbe che anche la Commissione ha considerato la ricorrente come un operatore singolo.

30 Inoltre, la qualità di entità giuridica indipendente della ricorrente risulterebbe chiaramente dal suo statuto nonché dalla licenza commerciale presentata al Tribunale su domanda di quest' ultimo e recante la data del 15 aprile 1988, cioè molto prima della presentazione del ricorso.

Giudizio del Tribunale

31 Il Tribunale fa presente che la ricevibilità di un ricorso d' annullamento, presentato da un soggetto ai sensi dell' art. 173 del Trattato CE, dipende innanzi tutto dalla sua qualità di persona giuridica. Dalla giurisprudenza della Corte risulta che, nel sistema giudiziario comunitario, una ricorrente ha la qualità di persona giuridica se ha acquistato, al più tardi al momento della scadenza del termine di ricorso, la personalità giuridica in forza del diritto vigente al momento della sua costituzione (sentenza della Corte 27 novembre 1984, causa 50/84, Bensider e a./Commissione, Racc. pag. 3991, punti 7 e 8), o se essa è stata trattata dalle istituzioni comunitarie come entità giuridica autonoma (sentenza della Corte 8 ottobre 1974, causa 175/73, Union syndicale, Massa e Kortner/Consiglio, Racc. pag. 917, punti 11-13, e 8 ottobre 1974, causa 18/74, Syndicat général du personnel/Commissione, Racc. pag. 933, punti 7-9).

32 Occorre ricordare poi che l' art. 38, n. 5, lett. a), del regolamento di procedura della Corte nonché l' art. 44, n. 5, lett. a), del regolamento di procedura del Tribunale stabiliscono che, se la ricorrente è una persona giuridica di diritto privato, deve allegare al ricorso il proprio statuto o un estratto recente del registro delle imprese o un estratto recente del registro delle associazioni o qualsiasi altra prova della sua esistenza giuridica.

33 Nella fattispecie, la ricorrente ha presentato, su domanda del Tribunale, una licenza in data 15 aprile 1988 attestante la sua registrazione, da parte delle autorità della provincia di Heilongjiang, in qualità di impresa in possesso di un capitale proprio e di un sistema contabile indipendente. Il Tribunale ritiene che questo documento abbia valore di estratto recante la prova dell' esistenza giuridica della ricorrente, ai sensi delle disposizioni soprammenzionate.

34 Anche supponendo che, come hanno sottolineato il convenuto e l' interveniente, solo le imprese registrate in conformità alla nuova legge cinese promulgata il 3 giugno 1988 ed entrata in vigore il 1 luglio 1988 abbiano la personalità giuridica, risulta tuttavia che la ricorrente ha la qualità di persona giuridica ai sensi dell' art. 173 del Trattato CEE, dato che essa è stata trattata dalle istituzioni comunitarie come un' entità giuridica autonoma nel corso della fase amministrativa del procedimento. Così, la Commissione ha avuto un abbondante scambio di corrispondenza con la ricorrente e l' ha ammessa come interlocutore all' audizione. In tale situazione, il convenuto e l' interveniente non possono negare alla ricorrente, nella fase contenziosa del procedimento che è succeduta a tale fase amministrativa, la qualità di persona giuridica autonoma.

35 Da tutte queste considerazioni risulta che la ricorrente era, al momento della presentazione del ricorso, una persona giuridica ai sensi dell' art. 173 del Trattato CEE.

Sul secondo motivo di irricevibilità

Argomenti delle parti

36 Il Consiglio e la Commissione sostengono che la ricorrente non è individualmente interessata dal regolamento impugnato, ai sensi dell' art. 173, secondo comma, del Trattato CEE.

37 A sostegno di questa constatazione, essi fanno presente che nei paesi che non hanno un' economia di mercato gli esportatori dipendono dallo Stato per le decisioni in materia commerciale e che, di conseguenza, le procedure ed i regolamenti antidumping sono, in tali casi, rivolti contro lo Stato interessato e non contro i vari esportatori. Infatti, l' istituzione e il calcolo dei dazi antidumping che si riferiscono a prodotti originari di paesi che non hanno un' economia di mercato non sarebbero basati su circostanze specifiche dei singoli esportatori, ma solo su circostanze specifiche dei paesi interessati. Nell' ipotesi in cui si determinasse individualmente il dazio antidumping per ogni esportatore, lo Stato interessato comincerebbe subito ad esportare esclusivamente per il tramite dell' esportatore che versa il dazio antidumping meno elevato. In mancanza di un regime individualizzato, il Consiglio e la Commissione ritengono che solo lo Stato o gli organismi o imprese di Stato che sono responsabili delle esportazioni del prodotto di cui trattasi possano essere considerati individualmente interessati dall' istituzione del dazio antidumping.

38 Secondo la Commissione, la ricorrente potrebbe sfuggire a questo principio solo dimostrando che prende, in piena indipendenza, le decisioni di carattere commerciale. Ora, dai documenti che la ricorrente ha allegato al ricorso, risulterebbe piuttosto il contrario. In particolare, l' art. 2 dello statuto della ricorrente dimostrerebbe che il suo obiettivo principale consiste nel rifornire la Repubblica popolare cinese di valuta straniera. Essa assolverebbe quindi i suoi compiti nell' ambito di una società socialista, invece di essere gestita in funzione delle esigenze del mercato.

39 La Commissione aggiunge che la partecipazione della ricorrente alla procedura antidumping non è sufficiente perché ci sia legittimazione ad agire con un ricorso diretto dinanzi al giudice comunitario. A sostegno di questa tesi essa menziona l' ordinanza 8 luglio 1987 causa 279/86, Sermes/Commissione (Racc. pag. 3109, punto 19), in cui la Corte ha dichiarato che l' argomento della ricorrente, secondo cui la sua partecipazione alle diverse fasi dell' indagine effettuata dalla Commissione dovrebbe comportare la ricevibilità del ricorso, non può essere accolta, in quanto la distinzione tra il regolamento e la decisione può essere basata solo sulla natura dell' atto stesso e sugli effetti giuridici che ha prodotto e non sulle modalità della sua adozione.

40 Il Consiglio fa notare che, anche se la ricorrente fosse un organismo di Stato, comunque non sarebbe individualmente interessata, poiché, come essa stessa ammette, è solo un' intermediaria commerciale che esporta prodotti fabbricati da altre società. In quanto tale, la ricorrente sarebbe indipendente, poiché non è legata ad un produttore specifico. Ora, sarebbe inutile imporre dazi antidumping individuali ad imprese che non sono veri e propri produttori-esportatori, a causa dei rischi di elusione. Infatti, i produttori comincerebbero subito col rivolgersi all' intermediario assoggettato al dazio meno elevato.

41 Il Consiglio ritiene infine che il ricorso sia inoltre irricevibile poiché la ricorrente ha chiesto l' annullamento del regolamento n. 3434/91 nella sua totalità, mentre questo regolamento impone diversi dazi antidumping, in particolare sulle importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese e sulle importazioni di acido ossalico originario dell' India. In tale contesto, il Consiglio sottolinea che costituisce giurisprudenza costante il fatto che un regolamento che impone dazi antidumping diversi ad una serie di imprese riguarda individualmente ciascuna di esse attraverso le sole disposizioni che le impongono un dazio antidumping specifico e ne fissano l' importo (sentenza della Corte 10 marzo 1992, causa C-174/87, Ricoh/Consiglio, Racc. pag. I-1335). Ora, la ricorrente non avrebbe chiesto nemmeno in subordine di annullare il regolamento nella parte in cui la colpisce con il dazio antidumping imposto sulle importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese.

42 La ricorrente ritiene di essere direttamente e individualmente interessata dal regolamento n. 3434/91. Essa fa riferimento alla sentenza 21 febbraio 1984, cause riunite 239/82 e 275/82, Allied Corporation e a./Commissione (Racc. pag. 1005, punto 12), in cui la Corte ha dichiarato che gli atti che istituiscono dazi antidumping possono riguardare direttamente e individualmente le imprese produttrici ed esportatrici che possono dimostrare di essere state individuate negli atti della Commissione o del Consiglio o prese in considerazione nelle indagini preparatorie. La ricorrente ammette che, nella causa menzionata, le informazioni fornite dall' impresa erano state utilizzate dalla Commissione e dal Consiglio per determinare l' importo del dazio antidumping, cosa che non si verifica nella fattispecie. Tuttavia, essa sottolinea da un lato, che è sempre stata trattata come una parte nel procedimento dagli agenti della Commissione incaricati della questione e, dall' altro, che alla base della controversia vi è proprio il rifiuto della Commissione e del Consiglio di utilizzare le informazioni che essa ha fornito. Ora, sarebbe ingiusto che le istituzioni comunitarie traggano profitto da questo rifiuto per sottrarre al controllo del giudice comunitario l' atto definitivo per il quale tale rifiuto è stato determinante.

43 Per quanto riguarda l' argomentazione del Consiglio secondo cui intermediari commerciali indipendenti non sono individualmente interessati dai regolamenti antidumping, la ricorrente fa notare che un tale principio comporterebbe che, in un sistema in cui i produttori e gli esportatori non sono collegati, nessun operatore potrebbe presentare un ricorso dinanzi al giudice comunitario, salvo coloro che sono menzionati dal regolamento o le cui informazioni sono state utilizzate dalle istituzioni comunitarie. Ora, secondo la ricorrente, questo principio non esiste, il che sarebbe del resto dimostrato dal fatto che il Consiglio non ha menzionato alcun precedente a sostegno dei suoi argomenti.

44 Per quanto riguarda l' addebito rivolto alla ricorrente dal Consiglio di aver chiesto l' annullamento del regolamento n. 3434/91 nella sua totalità, la ricorrente sottolinea che, nella causa Ricoh/Consiglio menzionata dal Consiglio, si trattava di società giapponesi alle quali questa istituzione aveva imposto dazi antidumping calcolati individualmente per ciascuna di esse. Ora, il ragionamento della Corte secondo cui una società può solo chiedere l' annullamento delle disposizioni che le impongono un dazio antidumping specifico sarebbe logica ed accettabile nel contesto della causa menzionata, ma non avrebbe alcun senso nel caso in cui un dazio antidumping riguardi società di un paese ad economica pianificata come la Repubblica popolare cinese. Infatti, nei casi che si riferiscono a prodotti originari di paesi che non hanno un' economia di mercato, i dazi antidumping non sono quasi mai stati calcolati e imposti su una base individuale. Se, di conseguenza, il ragionamento utilizzato dalla Corte nella causa Ricoh/Consiglio fosse applicato alle società dei paesi che non hanno un' economia di mercato, si perverrebbe al risultato inaccettabile che nessuna di loro potrebbe presentare un ricorso diretto dinanzi al giudice comunitario. La ricorrente conclude che essa mira esclusivamente alla modifica del regolamento n. 3434/91 laddove la riguarda.

Giudizio del Tribunale

45 Il Tribunale fa presente in via preliminare che, benché alla luce dei criteri dell' art. 173, secondo comma, del Trattato CEE i regolamenti istitutivi di dazi antidumping abbiano effettivamente, per la loro natura e per la loro portata, carattere normativo, in quanto si applicano a tutti gli operatori economici interessati, non è tuttavia escluso che le loro disposizioni possano riguardare individualmente determinati operatori economici (v. sentenza della Corte 16 maggio 1991, causa C-358/89, Extramet Industrie/Consiglio, Racc. pag. I-2501, punto 13).

46 Così, è stato riconosciuto che gli atti istitutivi di dazi antidumping sono tali da riguardare direttamente e individualmente le imprese produttrici ed esportatrici che possono dimostrare di essere state individuate negli atti della Commissione o del Consiglio o prese in considerazione nelle indagini preparatorie (v. sentenze della Corte Allied Corporation e a./Commissione, soprammenzionata, punto 12; 23 maggio 1985, causa 53/83, Allied Corporation e a./Consiglio, Racc. pag. 1621, punto 4, e Extramet Industrie/Consiglio, soprammenzionata, punto 15) e, più in generale, ogni operatore economico che possa dimostrare l' esistenza di talune qualità che gli sono peculiari e che lo contraddistinguono rispetto a ogni altro operatore economico, relativamente al provvedimento di cui trattasi (v. sentenza Extramet Industrie/Consiglio, soprammenzionata, punti 16 e 17).

47 Bisogna constatare che, nella fattispecie, l' impresa ricorrente si è intensamente impegnata nell' indagine preparatoria. In particolare, essa ha risposto al questionario della Commissione ed ha presentato osservazioni scritte. Inoltre, essa ha inviato i suoi rappresentanti a difenderla nel corso di un' audizione organizzata a tal fine dalla Commissione. Infine, ha avuto un regolare scambio di corrispondenza con la Commissione. Tutte le sue informazioni ed argomenti sono stati poi ricevuti ed esaminati dalla Commissione. E' dunque chiaro che la ricorrente è stata, sia dal proprio punto di vista sia da quello della Commissione, un partecipante all' indagine preparatoria e che la sua posizione è stata esaminata dalla Commissione nell' ambito del procedimento che ha condotto all' istituzione del dazio antidumping. Contrariamente a quanto il Consiglio ha sostenuto all' udienza, questa conclusione non è messa in discussione dal fatto che la Commissione abbia alla fine deciso di non tener conto delle informazioni fornite dalla ricorrente e relative al merito della questione.

48 Da tutti questi elementi risulta che la ricorrente, in base alla giurisprudenza soprammenzionata, è stata interessata dalle indagini preparatorie. Inoltre essa è la sola impresa cinese ad aver partecipato all' indagine, il che costituisce un elemento che può contraddistinguerla, relativamente al provvedimento cui si è pervenuti a conclusione dell' indagine, rispetto ad ogni altro operatore economico.

49 Da quanto precede risulta che la ricorrente è direttamente e individualmente interessata dal regolamento n. 3434/91. Questa conclusione non può essere inficiata dal fatto che, nel ricorso, la ricorrente non si è esplicitamente limitata ad impugnare la parte del regolamento n. 3434/91 relativa alle importazioni originarie della Repubblica popolare cinese. A tale riguardo occorre constatare che nessuno dei motivi e degli argomenti dedotti dalla ricorrente può avere un' incidenza sulla parte del regolamento n. 3434/91 che riguarda le importazioni originarie dell' India. In base a queste considerazioni il ricorso ha implicitamente ma chiaramente come oggetto unico l' annullamento del regolamento n. 3434/91 nella parte in cui colpisce la ricorrente con il dazio antidumping imposto sulle importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese.

50 Dall' insieme delle considerazioni che precedono risulta che il ricorso è ricevibile.

Sul merito

51 La ricorrente deduce in sostanza tre motivi. Un primo motivo si fonda sulla violazione, da parte della Commissione e del Consiglio, degli artt. 2, n. 8, lett. a), e 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base. Un secondo motivo si fonda sulla violazione dell' art. 7, n. 4, lett. c), del regolamento di base e dei diritti della difesa. Un terzo motivo si fonda sulla violazione, da parte della Commissione e del Consiglio, dell' art. 4, n. 1, del regolamento di base.

Primo motivo, fondato sulla violazione dell' art. 2, n. 8, lett. a), del regolamento di base e sull' art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base

Argomenti delle parti

52 L' art. 2, n. 8, lett. a), del regolamento di base stabilisce che "il prezzo all' esportazione è il prezzo realmente pagato o pagabile per il prodotto venduto ai fini dell' esportazione verso la Comunità". L' art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base prevede che "qualora una parte interessata (...) rifiuti l' accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro un ragionevole arco di tempo od ostacoli gravemente l' indagine, possono essere elaborate conclusioni finali o preliminari, affermative o negative, in base ai dati disponibili. Se la Commissione constata che una parte interessata (...) ha fornito informazioni false o fuorvianti, essa può non tener conto di tali informazioni e rigettare le eventuali richieste cui esse si riferiscono".

53 La ricorrente fa presente che la sua risposta al questionario della Commissione conteneva tutte le informazioni necessarie, tra l' altro le fatture delle vendite effettuate durante la parte del 1989 che rientrava nel periodo dell' indagine, e menzionava che non vi erano state vendite nel 1990. Di conseguenza, la Commissione e il Consiglio avrebbero dovuto determinare il prezzo all' esportazione applicando l' art. 2, n. 8, lett. a), del regolamento di base e non l' art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base, che entra in gioco solo se la parte interessata non collabora sufficientemente all' indagine.

54 La ricorrente ritiene che ogni esportatore che ha partecipato all' indagine abbia diritto ad una determinazione individuale, basata sulle caratteristiche delle proprie vendite all' esportazione. Secondo la ricorrente, il fatto che la Repubblica popolare cinese non ha un' economia di mercato non cambia nulla al riguardo. Infatti, la Commissione non sarebbe mai stata autorizzata da una decisione del Consiglio, adottata sulla base dell' art. 113 del Trattato, a perseguire una politica diversa nei confronti dei paesi che hanno un' economia di Stato, salvo per quanto riguarda il calcolo del valore normale, nel qual caso l' art. 2, n. 5, del regolamento di base prevede un trattamento diverso. I calcoli non individualizzati della Commissione produrrebbero per taluni esportatori risultati incompatibili con l' art. 13, n. 3, del regolamento di base, che stabilisce che l' importo del dazio antidumping definitivo non può superare il margine di dumping stabilito.

55 Inoltre, la ricorrente fa presente che i "fatti disponibili" sui quali la Commissione e il Consiglio si sono basati, cioè i dati che figurano nella denuncia, sono inesatti e costituiscono prova di partito preso. Essa precisa che, a parte i dati che essa ha fornito, parecchie fonti, che contengono informazioni più esatte e più obiettive dei dati contenuti nella denuncia, erano accessibili alle istituzioni comunitarie, cioè le statistiche dell' Eurostat, i dati forniti da un importatore, Hunan Bremen, che ha risposto ad un questionario destinato agli importatori, ed i dati forniti da un cliente, Metallurgie Hoboken Overpelt, che ha risposto allo stesso questionario.

56 Il Consiglio sostiene che la questione se la ricorrente abbia cooperato o meno non è pertinente, poiché le istituzioni comunitarie non erano comunque in grado di utilizzare le informazioni fornite dalla ricorrente per determinare il prezzo all' esportazione.

57 Infatti, le statistiche dell' Eurostat indicherebbero che vi sono state rilevanti esportazioni di acido ossalico dalla Repubblica popolare cinese verso la Comunità nel 1990 e che queste esportazioni sono state effettuate a prezzi sostanzialmente inferiori a quelli del 1989. Ora, visto che la ricorrente afferma di non aver esportato nel 1990 e in mancanza di risposte al questionario da parte degli altri esportatori cinesi, le istituzioni comunitarie semplicemente non avrebbero avuto altra scelta che determinare il prezzo all' esportazione sulla base di una fonte non cinese. Il Consiglio sospetta poi che molti esportatori abbiano deciso di non rispondere al questionario poiché speravano che le istituzioni comunitarie basassero le loro conclusioni unicamente sulla risposta della ricorrente. Il Consiglio fa notare inoltre che nutre dei dubbi sul fatto che le informazioni fornite dalla ricorrente siano esatte.

58 Per quanto riguarda la determinazione delle informazioni da utilizzare, il Consiglio fa presente che le istituzioni comunitarie dispongono di un ampio margine discrezionale per decidere quali informazioni siano da considerare "dati disponibili". Inoltre nessuna delle fonti menzionate dalla ricorrente sarebbe affidabile. I prezzi che figurano nelle statistiche di Eurostat non corrisponderebbero ai prezzi reali, come indurrebbero a credere gli elementi di prova di cui dispone la Commissione. Nemmeno i dati forniti da Hunan Bremen sarebbero rappresentativi, poiché questa società ha un solo fornitore cinese con il quale costituisce un' impresa comune. Per quanto riguarda i prezzi menzionati dalla Metallurgie Hoboken Overpelt, essi non potrebbero essere qualificati come prezzi all' esportazione, poiché detta società non acquista direttamente dagli esportatori cinesi, ma da altri importatori comunitari.

59 La Commissione sostiene, innanzi tutto, che la risposta della ricorrente al questionario è poco affidabile viste le numerose contraddizioni che essa contiene. Essa fa riferimento alla sua lettera dell' 8 novembre 1991 per maggiori chiarimenti al riguardo.

60 In secondo luogo, la Commissione aggiunge alcuni dati che corroborano gli argomenti del Consiglio relativi alla mancanza di rappresentatività delle informazioni fornite dalla ricorrente. Durante il periodo di indagine, 3 505 tonnellate di acido ossalico sarebbero state esportate dai cinesi verso la Comunità. La ricorrente, secondo le sue informazioni, avrebbe esportato solo 500 tonnellate. Ora, sarebbe impossibile effettuare calcoli sulla base di un volume così parziale.

61 Infine, per quanto riguarda la determinazione della fonte da utilizzare, la Commissione aggiunge agli argomenti del Consiglio che i dati sul valore dell' acido ossalico che figurano nelle statistiche dell' Eurostat non erano utilizzabili poiché le cifre in cui erano espressi riguardavano anche prodotti diversi dall' acido ossalico.

Giudizio del Tribunale

62 Il Tribunale fa presente innanzi tutto che la Commissione ha inviato un questionario a tutti gli esportatori cinesi di acido ossalico che figurano sull' elenco che essa ha ottenuto dalla camera di commercio cinese degli importatori ed esportatori di metalli, minerali e prodotti chimici, e che solo il questionario compilato dalla ricorrente è stato restituito.

63 Occorre constatare poi che le esportazioni effettuate dalla ricorrente durante il periodo cui si riferisce l' indagine, e che sono state dichiarate nella sua risposta al questionario, costituiscono solo una percentuale limitata rispetto al complesso delle esportazioni effettuate dalle imprese cinesi nello stesso periodo. Così, la ricorrente ha dichiarato di aver esportato 500 tonnellate verso la Comunità per il periodo cui si riferisce l' indagine che si è svolta nel 1989 ed ha negato di aver effettuato esportazioni nel 1990. Tenuto conto del fatto che il volume totale delle esportazioni cinesi durante il periodo cui si riferisce l' indagine era dell' ordine di diverse migliaia di tonnellate, il Tribunale ritiene che le informazioni fornite dalla ricorrente fossero troppo poco rappresentative per consentire alle istituzioni comunitarie di effettuare valutazioni affidabili.

64 In considerazione del rifiuto di cooperare all' indagine da parte di tutte le imprese esportatrici cinesi ad eccezione della ricorrente e della mancanza di rappresentatività dei dati forniti dalla ricorrente, il Tribunale ritiene che le istituzioni comunitarie abbiano deciso giustamente di applicare l' art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base e di effettuare valutazioni basandosi esclusivamente sui dati che erano effettivamente utilizzabili. Inoltre dalle stesse circostanze risulta che le istituzioni comunitarie non erano in grado di calcolare ed istituire un dazio antidumping individuale per ogni esportatore cinese. Anche supponendo che l' istituzione di un dazio antidumping individuale nei confronti della ricorrente fosse stata possibile, la giustapposizione, nel regolamento impugnato, di un dazio antidumping individuale per la ricorrente, da un lato, e di un altro dazio antidumping più elevato per tutti gli altri esportatori cinesi, dall' altro, non era concepibile in considerazione del rischio di elusione.

65 Per quanto riguarda poi le fonti non cinesi, il Tribunale ritiene che le istituzioni comunitarie non abbiano commesso un errore manifesto di valutazione nel pervenire alla conclusione che esse non erano in grado di effettuare constatazioni affidabili sulla base delle statistiche dell' Eurostat e dei dati numerici forniti dalle imprese Hunan Bremen e Metallurgie Hoboken Overpelt. A tal proposito occorre constatare che le istituzioni comunitarie hanno studiato le statistiche ed i dati soprammenzionati e hanno rilevato, da un lato, che le statistiche non contengono dati autonomi per il prodotto di cui trattasi e non riflettono inoltre i prezzi d' acquisto presso esportatori cinesi, ma i prezzi di rivendita nella Comunità e, dall' altro, che i dati forniti dalle imprese Hunan Bremen e Metallurgie Hoboken Overpelt non riguardano transazioni dirette con esportatori cinesi. Alla luce di queste considerazioni, le istituzioni comunitarie hanno potuto legittimamente concludere che i dati figuranti nella denuncia fossero i soli "dati disponibili" ai sensi dell' art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base.

66 E' così che, basando i loro calcoli sulle informazioni fornite dall' impresa denunciante e non sulla risposta della ricorrente al questionario e sulle relative fatture, le istituzioni comunitarie non hanno violato né l' art. 2, n. 8, lett. a), del regolamento di base né l' art. 7, n. 7, lett. b), dello stesso regolamento.

67 Da quanto precede risulta che il primo motivo dev' essere respinto.

Secondo motivo, fondato sulla violazione dell' art. 7, n. 4, lett. c), del regolamento di base e dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

68 L' art. 7, n. 4, lett. b), del regolamento di base stabilisce che "gli esportatori (...) del prodotto per cui viene effettuata l' inchiesta (...) possono chiedere di essere informati dei principali fatti e considerazioni sulla cui base si prevede di raccomandare l' imposizione dei dazi definitivi". Nello stesso articolo, alla lett. c), sub i), aa), è previsto che le domande devono essere presentate per iscritto alla Commissione. Quindi alla lett. c), sub i), cc), si prevede che le domande di informazione devono essere ricevute, in caso di imposizione di un dazio provvisorio, non oltre un mese dopo la pubblicazione dell' imposizione di tale dazio. Infine, alla lett. c), sub ii) nonché alla lett. c), sub iii), di detto articolo, si stabilisce il modo in cui la Commissione può fornire l' informazione richiesta ed entro quale termine ciò debba essere fatto.

69 La ricorrente sostiene che, rifiutando di comunicare ogni informazione sul calcolo del margine dei dazi antidumping provvisori, la Commissione ha violato tale disposizione del regolamento di base. Essa fa riferimento alla sentenza della Corte 27 giugno 1991, causa C-49/88, Al-Jubail Fertilizer e Saudi Arabian Fertilizer/Consiglio (Racc. pag. I-3187, punti 15-17), nella quale la Corte ha dichiarato che "per interpretare l' art. 7, n. 4, del regolamento di base, deve aversi riguardo, in particolare, alle esigenze connesse al rispetto dei diritti della difesa, principio del quale la Corte ha più volte ribadito il carattere fondamentale".

70 Ora, la ricorrente constata che, malgrado la sua richiesta, essa non ha ricevuto alcuna informazione né sul prezzo all' esportazione né sul valore normale e che pertanto le era quasi impossibile far valere un qualsiasi argomento per potersi utilmente difendere.

71 Per quanto riguarda il termine che si applica alle richieste di informazione, e che è di un mese dalla pubblicazione da parte dell' istituzione del dazio antidumping provvisorio, la ricorrente osserva che è eccessivo supporre che i cinesi abbiano una conoscenza effettiva di una decisione comunitaria alla data della sua pubblicazione.

72 Il Consiglio fa presente che i diritti della difesa devono essere ponderati con l' obiettivo delle istituzioni comunitarie di condurre le procedure antidumping in maniera efficace e di concluderle entro termini ragionevoli. Il termine previsto dall' art. 7, n. 4, lett. c), sub i), cc), del regolamento di base dovrebbe essere visto come un requisito di forma che garantisce con precisione la chiusura delle procedure entro un termine ragionevole.

73 Inoltre, il Consiglio fa notare che la divulgazione delle informazioni richieste dalla ricorrente non era possibile per motivi di riservatezza.

74 Nella replica la ricorrente conferma che la sua richiesta di informazioni è stata formulata oltre il termine previsto all' art. 7, n. 4, lett. c), sub i), cc), del regolamento di base. Essa ritiene tuttavia che la Commissione avrebbe potuto comunicare le informazioni richieste per semplici ragioni di equità, tenendo conto in particolare della lontananza geografica della ricorrente, che rende difficile il rispetto di termini brevi.

Giudizio del Tribunale

75 Il Tribunale fa presente che, secondo una giurisprudenza costante, la salvaguardia dei diritti della difesa esige che l' impresa interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere il suo punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze allegate nonché, se del caso, sui documenti di cui si è tenuto conto (v., ad esempio, sentenze della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 11, e 7 maggio 1991, causa C-69/89, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 108, nonché sentenze del Tribunale 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-1775, punto 59, e causa T-36/91, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1847, punto 69).

76 Nella fattispecie, dagli atti del fascicolo risulta che la ricorrente è stata messa in grado di far conoscere il suo punto di vista. In particolare, l' art. 3 del regolamento provvisorio ha invitato le parti interessate a far conoscere il loro punto di vista per iscritto e a chiedere alla Commissione di essere ascoltate prima della scadenza del termine di un mese a decorrere dall' entrata in vigore del regolamento, cioè dal 2 giugno 1991.

77 Per quanto riguarda la richiesta di informazioni presentata dalla ricorrente alla Commissione e relativa al calcolo del margine dei dazi provvisori, il Tribunale constata che, dopo l' istituzione dei dazi provvisori sulle importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese, la ricorrente ha ripreso i suoi contatti con la Commissione solo l' 8 luglio 1991, ossia dopo la scadenza del termine previsto all' art. 3 del regolamento provvisorio per la presentazione di osservazioni e dall' art. 7, n. 4, lett. c), sub i), cc), del regolamento di base per la presentazione di richieste di informazioni. Alla luce di queste considerazioni, un' impresa non può far valere una violazione da parte della Commissione dell' art. 7, n. 4, lett. c), del regolamento di base (v. sentenza Nakajima/Consiglio, soprammenzionata, punto 112).

78 Ne deriva che anche il secondo motivo dev' essere respinto.

Terzo motivo, fondato sulla violazione dell' art. 4, n. 1, del regolamento di base

Argomenti delle parti

79 L' art. 4, n. 1, del regolamento di base stabilisce che "il pregiudizio è determinato soltanto se le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni costituiscono, per via degli effetti del dumping e della sovvenzione, la causa del pregiudizio, ossia se arrecano o minacciano di arrecare un danno notevole ad un' industria stabilita nella Comunità oppure ritardano sensibilmente la creazione di siffatta industria".

80 La ricorrente sostiene che la Commissione e il Consiglio hanno ingiustamente concluso nel senso che le importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese hanno causato il pregiudizio lamentato dalla DAVSA. A tal riguardo essa fa rilevare innanzi tutto che le istituzioni comunitarie hanno effettuato un' estrapolazione a partire da dati numerici figuranti nelle statistiche dell' Eurostat relativi ai primi otto mesi del 1990, mentre al momento dell' istituzione dei dazi antidumping definitivi le statistiche dell' Eurostat contenevano dati numerici per tutto il 1990, da cui risultava un calo più netto delle esportazioni cinesi. Essa osserva anche che la Commissione ha indicato, nella sua lettera del 20 settembre 1991, che "il pregiudizio è accertato solo relativamente all' industria comunitaria denunciante e non relativamente all' industria comunitaria nel suo insieme". Secondo la ricorrente, questo chiarimento della Commissione solleva seri dubbi circa l' esattezza della determinazione del nesso di causalità, poiché la società denunciante rappresenta solo il 20,8% dell' industria europea e possiede solo l' 8,5% del mercato europeo, mentre i suoi due grandi concorrenti, cioè le società Hoechst e Rhône-Poulenc, non si lamentavano. In effetti, il danno subito dalla DAVSA sarebbe essenzialmente stato causato dall' enorme aumento delle vendite della Hoechst Francia.

81 La ricorrente deduce da queste constatazioni che la Commissione ha abusato del potere discrezionale di cui dispone per determinare il nesso di causalità.

82 Il Consiglio conferma che il volume delle importazioni di acido ossalico originario della Repubblica popolare cinese è diminuito durante il periodo d' indagine, ma sottolinea che il consumo comunitario di acido ossalico è ulteriormente diminuito durante lo stesso periodo. Esso ritiene che in tale situazione le istituzioni comunitarie avessero ragione nel concludere che gli esportatori cinesi, durante il periodo cui si riferisce l' indagine, hanno potuto aumentare la loro quota sul mercato comunitario. Le istituzioni comunitarie avrebbero inoltre constatato che, al tempo stesso, gli esportatori cinesi vendevano a prezzi sottoquotati e di conseguenza l' industria comunitaria era costretta a vendere in perdita.

83 Il Consiglio conferma, poi, che le istituzioni comunitarie hanno basato i dati annuali sui dati dei primi otto mesi del 1990. Esso fa presente che ciò aveva come sola finalità il confronto dei risultati con quelli di altri anni. Il Consiglio sottolinea che in ogni caso i dati degli ultimi quattro mesi del 1990 non dovevano essere presi in considerazione, poiché questi mesi non rientravano nel periodo d' indagine. Le istituzioni comunitarie non possono tener conto di fatti che si verificano dopo il periodo cui si riferisce l' indagine, poiché ciò le obbligherebbe a rivedere costantemente le loro conclusioni in materia di dumping, di pregiudizio e di nesso di causalità. Per lo stesso motivo, le istituzioni comunitarie non hanno potuto basare le loro conclusioni sulle statistiche dell' Eurostat, che contenevano dati per tutto il 1990.

84 Il Consiglio sottolinea, infine, che le istituzioni comunitarie hanno accuratamente esaminato se le attività della Hoechst e della Rhône-Poulenc avessero contribuito al danno subito dalla DAVSA ed hanno espresso le loro conclusioni al riguardo rispettivamente al punto 40 del regolamento provvisorio e al punto 22 del regolamento definitivo. La Commissione avrebbe inoltre chiarito queste conclusioni alla ricorrente con le lettere 20 settembre e 11 ottobre 1991. Secondo il Consiglio, la ricorrente ha male interpretato i dati di vendita e di produzione della Hoechst che figurano nella versione non riservata della risposta della Hoechst al questionario. Infatti, la ricorrente avrebbe pensato che i dati forniti dalla Hoechst corrispondessero al 1990, mentre in realtà essi corrispondono ai 17 mesi del periodo d' indagine. In verità, dai dati risulterebbe una diminuzione delle vendite della Hoechst e un aumento molto debole della sua produzione.

85 Per quanto riguarda la dimensione della DAVSA, il Consiglio fa notare che, durante il periodo d' indagine, la quota di mercato detenuta da questa società era del 16%. La Commissione ha specificato, nella sua risposta ad un quesito scritto del Tribunale, che la DAVSA rappresentava il 35% dell' industria comunitaria.

Giudizio del Tribunale

86 Il Tribunale fa presente innanzi tutto che, al momento della determinazione del danno, il Consiglio e la Commissione sono tenuti, in forza dell' art. 4, n. 1, del regolamento di base, a valutare se il danno che intendono prendere in considerazione provenga effettivamente dalle importazioni oggetto di dumping e ad escludere invece ogni danno derivante da altri fattori, in particolare quello causato dallo stesso comportamento dei produttori comunitari (sentenza della Corte 11 giugno 1992, causa C-358/89, Extramet Industrie/Consiglio, Racc. pag. I-3813, punti 15 e 16).

87 Nella fattispecie, dal punto 40 del regolamento provvisorio nonché dal punto 22 del regolamento controverso risulta che le istituzioni comunitarie hanno quantomeno preso in considerazione l' attività, durante il periodo d' indagine, dei produttori comunitari. Inoltre dalla risposta della Hoechst Francia al questionario inviato dalla Commissione ai produttori comunitari è confermato che la vendita e la produzione di acido ossalico di tale impresa non sono aumentate sensibilmente durante il periodo d' indagine. Per quanto riguarda la vendita, da parte della Hoechst, dei suoi prodotti all' interno della Comunità, si deve anche constatare una relativa diminuzione, da 160 tonnellate per il 1988 a 190 tonnellate per i 17 mesi del periodo d' indagine. Questi dati contraddicono quanto asserito dalla ricorrente secondo cui il danno subito dal denunciante è stato essenzialmente dovuto all' accresciuta attività della Hoechst Francia.

88 Per quanto riguarda in secondo luogo l' estrapolazione, descritta ai punti 19-20, 25-27, 33 e 37 del regolamento provvisorio, che sono stati del resto confermati dal regolamento controverso, il Tribunale constata subito che questa tecnica ha avuto unicamente come scopo di poter presentare e confrontare i dati su una base annua e non ha affatto avuto per effetto di rendere inesatti i calcoli effettuati sulla base dei dati che si riferiscono al periodo di indagine. Alle istituzioni comunitarie non si può addebitare, in tale contesto, di non aver utilizzato i dati reali relativi agli ultimi quattro mesi del 1990. A tale proposito il Tribunale rileva che non compete alle istituzioni comunitarie incorporare nei loro calcoli dati che si riferiscono al periodo successivo a quello dell' indagine, a meno che questi dati non rilevino nuovi sviluppi che rendono manifestamente inadeguata la prevista istituzione del dazio antidumping. Ora, nel caso di specie, non è stato dimostrato che sviluppi di una tale ampiezza si siano verificati nei quattro mesi che seguivano il periodo d' indagine.

89 La ricorrente non può infine lamentare il fatto che le istituzioni comunitarie abbiano determinato il danno solo in considerazione dell' industria comunitaria denunciante e non in considerazione di tutti i produttori della Comunità. A tale riguardo occorre ricordare che l' espressione "industria comunitaria" che figura all' art. 4, n. 1, del regolamento di base è definita dal n. 5 della stessa disposizione come "il complesso dei produttori (...) nella Comunità o di quelli tra di essi le cui produzioni, addizionate, costituiscono una proporzione notevole della produzione comunitaria totale di tali prodotti". Occorre rilevare che, come del resto le parti hanno sostenuto all' udienza, l' espressione "proporzione notevole" non deve essere interpretata nel senso che richiede una proporzione di almeno il 50%, ma piuttosto nel senso che richiede una proporzione di almeno il 25%. Nel caso di specie, dalla tabella allegata alle risposte della Commissione ai quesiti scritti del Tribunale e relativa alla produzione comunitaria di acido ossalico risulta che, durante il periodo di indagine, l' impresa denunciante ha prodotto il 35% della produzione comunitaria totale di acido ossalico. Ne deriva che le istituzioni comunitarie hanno validamente potuto determinare il danno e, pertanto, il nesso di causalità unicamente in relazione all' industria denunciante.

90 Dalle considerazioni che precedono risulta che nessuno degli argomenti presentati dalla ricorrente può dimostrare che il ragionamento seguito dalle istituzioni comunitarie nell' ambito del regolamento controverso sia viziato da un errore di fatto o di diritto.

91 Il terzo motivo deve pertanto essere respinto.

92 Da tutto quanto precede risulta che il ricorso dev' essere respinto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

93 Ai sensi dell' art. 87, n. 2, del regolamento di procedura il soccombente è condannato alle spese, se ne è stata fatta domanda. La ricorrente è risultata soccombente nei suoi motivi e va quindi condannata alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La ricorrente è condannata alle spese.

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