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Document 61994CJ0092

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) dell'11 agosto 1995.
    Secretary of State for Social Security e Chief Adjudication Officer contro Rose Graham e altre.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal, Civil Division di Londra - Regno Unito.
    Parità di trattamento tra uomini e donne - Prestazioni di invalidità - Collegamento con l'età pensionabile.
    Causa C-92/94.

    Raccolta della Giurisprudenza 1995 I-02521

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1995:272

    61994J0092

    SENTENZA DELLA CORTE (SESTA SEZIONE) DELL'11 AGOSTO 1995. - SECRETARY OF STATE FOR SOCIAL SECURITY E CHIEF ADJUDICATION OFFICER CONTRO ROSE GRAHAM, MARY CONNELL E MARGARET NICHOLAS. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: COURT OF APPEAL, CIVIL DIVISION (ENGLAND) - REGNO UNITO. - PARITA DI TRATTAMENTO TRA UOMINI E DONNE - PRESTAZIONI DI INVALIDITA - COLLEGAMENTO CON L'ETA PENSIONABILE. - CAUSA C-92/94.

    raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-02521


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    ++++

    Politica sociale ° Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale ° Direttiva 79/7 ° Deroga consentita in caso di conseguenze che possono derivare per altre prestazioni dall' esistenza di età pensionabili diverse ° Portata ° Limitazione alle sole discriminazioni necessariamente ed obiettivamente legate alla differenza dell' età di pensionamento ° Discriminazione in materia di prestazioni di invalidità

    [Direttiva del Consiglio 79/7/CEE, art. 7, n. 1, lett. a)]

    Massima


    L' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale, va interpretato nel senso che esso autorizza non solo la fissazione per legge di un' età differente secondo il sesso per la concessione delle pensioni di vecchiaia e di fine lavoro, ma anche le discriminazioni esistenti in altri regimi di prestazioni che sono necessariamente ed obiettivamente legate alle differenze dell' età di pensionamento. Per tale ragione uno Stato membro il quale, applicando la suddetta norma, abbia fissato l' età pensionabile delle donne a 60 anni e quella degli uomini a 65 anni è autorizzato, da un lato, a prevedere che il tasso della pensione di invalidità di cui godono le persone colpite da inabilità al lavoro prima di raggiungere l' età pensionabile venga limitato al tasso effettivo della pensione di fine lavoro a partire dall' età di 60 anni per le donne e di 65 anni per gli uomini e, dall' altro, a riservare il godimento di un assegno di invalidità, versato ad integrazione della pensione di analoga natura, alle persone che abbiano, rispettivamente, meno di 55 anni, se donne, e meno di 60 anni, se uomini, al momento in cui diventano inabili al lavoro. Si tratta infatti di discriminazioni necessariamente ed obiettivamente connesse alla differenza dell' età di pensionamento e il cui divieto comprometterebbe la coerenza del regime pensionistico con quello delle prestazioni di invalidità.

    Parti


    Nel procedimento C-92/94,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CE, dalla Court of Appeal (Civil Division) di Londra nella causa dinanzi ad essa pendente tra

    Secretary of State for Social Security,

    Chief Adjudication Officer

    e

    Rose Graham,

    Mary Connell,

    Margaret Nicholas,

    domanda vertente sull' interpretazione dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24),

    LA CORTE (Sesta Sezione),

    composta dai signori F.A. Schockweiler (relatore), presidente di sezione, P.J.G. Kapteyn, C.N. Kakouris, J.L. Murray e H. Ragnemalm, giudici,

    avvocato generale: C.O. Lenz

    cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore

    viste le osservazioni scritte presentate:

    ° per la signora Graham, appellata nella causa principale, dal signor R. Drabble, barrister, su incarico del signor P. Shiner, solicitor,

    ° per il governo del Regno Unito, dalla signora S.L. Hudson, del Treasury Solicitor' s Department, in qualità di agente, assistita dai signori D. Pannick, QC, e M. Shaw, barrister,

    ° per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora M. Wolfcarius e dal signor N. Khan, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,

    vista la relazione d' udienza,

    sentite le osservazioni orali della signora Graham, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla signorina L. Nicoll, del Treasury Solicitor' s Department, in qualità di agente, assistita dai signori D. Pannick e M. Shaw, e della Commissione, all' udienza del 6 aprile 1995,

    sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 15 giugno 1995,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con ordinanza 18 gennaio 1994, pervenuta alla Corte il 17 marzo successivo, la Court of Appeal (Civil Division) ha sottoposto, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CE, diverse questioni pregiudiziali vertenti sull' interpretazione dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24; in prosieguo: la "direttiva 79/7/CEE").

    2 Dette questioni sono state sollevate nell' ambito di una controversia tra le signore Graham, Connell e Nicholas, da un lato, e il Chief Adjudication Officer (ufficio competente per la concessione delle prestazioni previdenziali), dall' altro, in merito alla riduzione operata sul tasso della loro pensione di invalidità al compimento dell' età pensionabile e, nel caso della signora Graham, alla denegata concessione di un assegno di invalidità.

    3 Nel Regno Unito l' art. 33 del Social Security Contributions and Benefits Act 1992 (legge sui contributi previdenziali e sulle indennità, del 1992, in prosieguo: la "legge del 1992") prevede sostanzialmente che, quando una persona ha percepito o una prestazione di malattia lungo un arco di tempo di 168 giorni per inabilità al lavoro, o assegni di maternità, o ha riscosso, per un periodo di uguale durata, la retribuzione dovuta per legge in caso di malattia, adempiendo gli oneri contributivi concernenti le prestazioni di malattia, essa ha diritto a una pensione di invalidità per ciascun giorno supplementare di inabilità al lavoro qualora non abbia raggiunto l' età pensionabile, stabilita a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne, o qualora, avendo superato tale età di meno di 5 anni, avrebbe potuto reclamare una pensione di vecchiaia se non avesse optato per il suo differimento o per la riscossione di altre prestazioni.

    4 La pensione di invalidità delle persone al di sotto dell' età pensionabile è corrisposta al tasso di una pensione integrale di fine lavoro, versata in regime pubblico. Quella delle persone che hanno superato l' età pensionabile ma hanno optato per il differimento del versamento della loro pensione di fine lavoro è corrisposta al tasso effettivo della loro pensione di fine lavoro, il quale dipende dal numero di anni di attività durante i quali gli interessati hanno versato i contributi prescritti.

    5 In forza dell' art. 34 della legge del 1992, alla persona divenuta inabile al lavoro più di cinque anni prima del compimento dell' età pensionabile viene corrisposto un assegno di invalidità ad integrazione dell' analoga pensione durante il periodo di interruzione del suo rapporto d' impiego. Il tasso dell' assegno di invalidità è tanto più elevato quanto più giovane è l' avente diritto ad esso all' atto in cui si manifesta l' inabilità al lavoro.

    6 Le tre signore Graham, Connell e Nicholas hanno dovuto interrompere le loro attività lavorative per motivi di salute prima di aver raggiunto l' età pensionabile ed hanno in un primo tempo ottenuto una prestazione di malattia, per poi ricevere successivamente una pensione di invalidità al tasso pieno della pensione di fine lavoro. Una volta raggiunta l' età pensionabile tutte e tre hanno scelto di continuare a percepire la loro pensione di invalidità anziché quella di fine lavoro la quale, contrariamente alla prima, è soggetta ad imposizione. Siccome nessuna di loro soddisfaceva i requisiti contributivi per percepire la pensione di fine lavoro a tasso pieno, l' importo della loro pensione di invalidità è stato ridotto al tasso della pensione di fine lavoro che sarebbe stata loro corrisposta se non avessero optato per la sua mancata percezione. Il diritto all' assegno di invalidità è stato peraltro negato alla signora Graham, in quanto essa aveva superato l' età di 55 anni all' epoca in cui era stata colpita da inabilità al lavoro.

    7 Ritenendo che la legittimità delle decisioni con le quali si è proceduto alla riduzione del tasso delle pensioni di invalidità e, nel caso della signora Graham, al diniego dell' assegno di invalidità dipendesse dall' interpretazione dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7/CEE e dalla compatibilità con quest' ultima degli artt. 33 e 34 della legge del 1992, la Court of Appeal, investita in ultimo della controversia, ha disposto la sospensione del giudizio in attesa che la Corte di giustizia risolva le seguenti questioni pregiudiziali:

    "Ai sensi delle pertinenti disposizioni del Social Security Contributions and Benefits Act 1992:

    a) La pensione di invalidità e l' analogo assegno sono prestazioni previdenziali a lungo termine per lavoratori inabili.

    b) Trattasi di prestazioni previdenziali su base contributiva corrisposte soltanto alle persone che soddisfino i relativi requisiti contributivi.

    c) La pensione di invalidità viene corrisposta agli uomini e alle donne che non abbiano raggiunto l' età pensionabile (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne) e agli uomini e alle donne che non abbiano superato di oltre 5 anni l' età pensionabile e che abbiano differito il godimento della rispettiva pensione statale o abbiano optato per non riceverla.

    d) Per le persone che non abbiano raggiunto l' età pensionabile, il tasso della pensione di invalidità è uguale all' aliquota base della pensione di vecchiaia. Nella maggior parte dei casi il diritto alla pensione di invalidità consegue ad un diritto o ad un presunto diritto a percepire un' indennità di malattia, che è un' indennità a breve termine. Tuttavia, i requisiti contributivi per l' indennità di malattia e per la pensione di vecchiaia sono diversi.

    e) Per le persone che abbiano superato, ma di non oltre 5 anni, l' età pensionabile e percepiscano la pensione di invalidità, l' ammontare di tale prestazione si limita a quanto essi avrebbero ricevuto a titolo di pensione statale (in ragione dei rispettivi contributi) se non l' avessero differita o non avessero optato per altre prestazioni.

    f) L' assegno di invalidità viene corrisposto esclusivamente alle persone che abbiano oltre 5 anni in meno dell' età pensionabile (e cioè meno di 60 anni se uomini, meno di 55 se donne) alla data rilevante, cioè alla data in cui ha avuto inizio l' inabilità al lavoro.

    Considerato quanto precede, si desidererebbe sapere

    1) quali criteri i giudici nazionali debbano applicare per stabilire se le disparità di trattamento tra uomini e donne testé descritte siano legittime ai sensi dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7/CEE;

    2) se, nelle circostanze del caso presente, i criteri rilevanti siano soddisfatti nel caso

    a) della differenza tra i tassi delle pensioni di invalidità che vengono corrisposte agli uomini e alle donne di età compresa tra 60 e 65 anni;

    e

    b) della differenza tra le date rilevanti per maturare il diritto all' assegno di invalidità".

    8 Prima di risolvere tali questioni occorre preliminarmente rilevare che, secondo il giudice nazionale, una normativa quale quella di cui trattasi nella causa principale presenta caratteri discriminatori in quanto, da un lato, il tasso della pensione di invalidità delle donne è limitato a quello della pensione di fine lavoro cui esse avrebbero diritto se non avessero optato per il differimento della corresponsione di quest' ultima, a partire dall' età di 60 anni, mentre ciò si verifica per gli uomini solo a partire dall' età di 65 anni, e in quanto, dall' altro, le donne non possono reclamare il godimento di un assegno di invalidità ad integrazione della loro pensione di invalidità quando la loro inabilità si sia manifestata dopo i 55 anni di età, mentre ciò avviene per gli uomini solo qualora l' inabilità si manifesti dopo i 60 anni di età.

    9 Occorre ricordare inoltre che l' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7/CEE consente agli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione non solo la fissazione del limite di età per la concessione delle pensioni di vecchiaia e di fine lavoro, ma anche le conseguenze che possano derivarne per altre prestazioni.

    10 Ciò posto, le questioni pregiudiziali devono ritenersi finalizzate a far precisare se, nel caso in cui, in applicazione dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7/CEE, uno Stato membro abbia fissato l' età pensionabile delle donne a 60 anni e quella degli uomini a 65 anni, detta disposizione l' autorizzi anche, da un lato, a prevedere che il tasso della pensione di invalidità di cui godono le persone colpite da inabilità al lavoro prima di raggiungere l' età pensionabile venga limitato al tasso effettivo della pensione di fine lavoro a partire dall' età di 60 anni per le donne e di 65 anni per gli uomini e, dall' altro, a riservare il godimento di un assegno di invalidità, versato ad integrazione della pensione di invalidità, alle persone che abbiano, rispettivamente, meno di 55 anni, se donne, e meno di 60 anni, se uomini, al momento in cui diventano inabili al lavoro.

    11 Nella sentenza 30 marzo 1993, causa C-328/91, Thomas e a. (Racc. pag. I-1247), la Corte ha dichiarato che, nel caso in cui, a norma dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7/CEE, uno Stato membro preveda un' età di pensionamento diversa per gli uomini e per le donne per la concessione delle pensioni di vecchiaia e di fine lavoro, l' ambito della deroga consentita, definita con l' espressione "conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni", che compare nell' art. 7, n. 1, lett. a), è limitato alle discriminazioni esistenti negli altri regimi di prestazioni che sono necessariamente ed obiettivamente legate alle differenze dell' età di pensionamento.

    12 Ricorre detta ipotesi se dette discriminazioni sono obiettivamente necessarie per evitare di mettere in gioco l' equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale o per garantire la coerenza tra il regime delle pensioni di vecchiaia e il regime delle altre prestazioni (sentenza Thomas e a., citata, punto 12).

    13 Per quanto concerne le discriminazioni di cui trattasi nella causa principale, occorre rilevare che esse sono obiettivamente connesse alla fissazione di un' età pensionabile differente per gli uomini e per le donne, in quanto esse derivano direttamente dal fatto che quest' ultima è stabilita a 60 anni per le prime e a 65 anni per i secondi.

    14 In merito alla questione se dette discriminazioni siano parimenti connesse in modo necessario a detta differenza fra uomini e donne riguardo all' età pensionabile, è importante notare anzitutto che, dal momento che le prestazioni di invalidità hanno la funzione di sostituire il reddito ricavato dall' attività lavorativa, nulla osta a che uno Stato membro preveda che esse cessino di essere corrisposte e vengano sostituite dalla pensione di fine lavoro nel momento in cui i beneficiari smetterebbero comunque di lavorare, avendo raggiunto l' età pensionabile.

    15 Occorre poi rilevare che il fatto di proibire a uno Stato membro, che ha stabilito età pensionabili differenziate, di limitare il tasso delle prestazioni di invalidità da corrispondere alle persone colpite da inabilità al lavoro prima del compimento dell' età pensionabile, a partire da quest' ultimo momento, al tasso effettivo della pensione di vecchiaia cui esse hanno diritto in forza del regime pensionistico di fine lavoro comporterebbe una limitazione, riguardo a detto ambito, della facoltà stessa di fissare età pensionabili differenziate, spettante ad uno Stato membro a norma dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7/CEE.

    16 Un divieto di tal natura comprometterebbe anche la coerenza del regime pensionistico di fine lavoro con quello delle prestazioni di invalidità almeno sotto due profili.

    17 In primo luogo, lo Stato membro di cui trattasi si troverebbe nell' impossibilità di concedere a uomini colpiti da inabilità al lavoro, ma ancora al di sotto dell' età pensionabile, prestazioni di invalidità superiori alle pensioni di fine lavoro ad essi effettivamente spettanti se avessero continuato a lavorare sino all' età pensionabile, salvo concedere alle donne che abbiano già compiuto l' età pensionabile pensioni di fine lavoro superiori a quelle ad esse effettivamente spettanti.

    18 In secondo luogo, se la pensione di invalidità stabilita per le donne venisse ridotta solo a 65 anni, come avviene per gli uomini, al livello della pensione di fine lavoro loro spettante, esse, tra i 60 e i 65 anni ° e quindi dopo aver superato l' età pensionabile ° fruirebbero di una pensione di invalidità di importo pari al tasso pieno della pensione di fine lavoro qualora la loro inabilità al lavoro si sia manifestata prima dell' età pensionabile e, in caso contrario, di una pensione di fine lavoro pari al tasso effettivamente dovuto.

    19 In considerazione di quanto illustrato, occorre concludere che la deroga di cui all' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7/CEE include anche le differenze tra i tassi della pensione di invalidità di cui fruiscono uomini e donne sin dal momento in cui raggiungono l' età pensionabile.

    20 In forza del nesso esistente tra pensione di invalidità e assegno di invalidità, il quale ultimo è corrisposto ad integrazione della prima e quindi solo alle persone aventi diritto alla stessa, tale conclusione si impone parimenti per quanto concerne la differenza tra le date rilevanti prese in considerazione per la concessione dell' assegno di invalidità.

    21 Occorre pertanto risolvere le questioni sollevate dalla Court of Appeal dichiarando che, nel caso in cui, in applicazione dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7/CEE, uno Stato membro abbia fissato l' età pensionabile delle donne a 60 anni e quella degli uomini a 65 anni, detta disposizione l' autorizza anche, da un lato, a prevedere che il tasso della pensione di invalidità di cui godono le persone colpite da inabilità al lavoro prima di raggiungere l' età pensionabile venga limitato al tasso effettivo della pensione di fine lavoro a partire dall' età di 60 anni per le donne e di 65 anni per gli uomini e, dall' altro, a riservare il godimento di un assegno di invalidità, versato ad integrazione della pensione di invalidità, alle persone che abbiano, rispettivamente, meno di 55 anni, se donne, e meno di 60 anni, se uomini, al momento in cui diventano inabili al lavoro.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    22 Le spese sostenute dal governo del Regno Unito e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE (Sesta Sezione),

    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Court of Appeal (Civil Division) con ordinanza 18 gennaio 1994, dichiara:

    Nel caso in cui, in applicazione dell' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, uno Stato membro abbia fissato l' età pensionabile delle donne a 60 anni e quella degli uomini a 65 anni, detta disposizione l' autorizza anche, da un lato, a prevedere che il tasso della pensione di invalidità di cui godono le persone colpite da inabilità al lavoro prima di raggiungere l' età pensionabile venga limitato al tasso effettivo della pensione di fine lavoro a partire dall' età di 60 anni per le donne e di 65 anni per gli uomini e, dall' altro, a riservare il godimento di un assegno di invalidità, versato ad integrazione della pensione di invalidità, alle persone che abbiano, rispettivamente, meno di 55 anni, se donne, e meno di 60 anni, se uomini, al momento in cui diventano inabili al lavoro.

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