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Document 61994CC0230

Conclusioni dell'avvocato generale Cosmas del 28 marzo 1996.
Renate Enkler contro Finanzamt Homburg.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania.
Sesta direttiva IVA - Nozione di attività economica - Base imponibile.
Causa C-230/94.

Raccolta della Giurisprudenza 1996 I-04517

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1996:145

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

GEORGES COSMAS

presentate il 28 marzo 1996 ( *1 )

Il Bundesfinanzhof sottopone alla Corte di giustizia una serie di questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione di talune disposizioni della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme ( 1 ) (in prosieguo: la «sesta direttiva»). Le prime tre questioni riguardano l'ambito di'applicazione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA»), in particolare l'interpretazione della nozione di «attività economica», come definita dall'art. 4, n. 2, della sesta direttiva. Con l'ultima questione, il giudice di rinvio chiede lumi sul preciso significato dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della direttiva, che determina la base imponibile con riferimento a talune operazioni assimilate a prestazioni di servizi a titolo oneroso (che rientrano pertanto nell'ambito di applicazione del sistema comune IVA) in forza dell'art. 6, n. 2, lett. a), della stessa direttiva.

I — I fatti — Le questioni pregiudiziali

1.

La signora Renate Enkler (in prosieguo: la «signora Enkler») è impiegata commerciale nello studio di consulenza tributaria del marito. Il 15 settembre 1984 ha dichiarato al comune di residenza nonché alla locale autorità tributaria (il Finanzamt Homburg, in prosieguo: il «Finanzamt») di svolgere a titolo professionale l'attività di locazione di autocaravan. Qualche giorno più tardi, il 28 settembre 1984, ha effettivamente acquistato un autocaravan al prezzo di 46249 DM, oltre all'imposta sulla cifra di affari, pari a 6474,89 DM.

2.

Nella dichiarazione annuale relativa all'imposta sulla cifra di affari depositata per l'anno 1984, la signora Enkler ha indicato una detrazione d'imposta pari a 7270,77 DM, dichiarando, parallelamente, che nel corso del detto anno aveva fatto dell'autocaravan un uso esclusivamente privato. Nelle dichiarazioni relative ai due anni successivi, essa ha indicato a titolo di cifra di affari, per la locazione del veicolo, i seguenti importi:

1985: introiti complessivi pari a 2535 DM, di cui 2205 DM a titolo di corrispettivo percepito per locazioni al marito;

1986: introiti complessivi pari a 1728 DM, di cui 868 DM a titolo di corrispettivo percepito per locazioni al marito.

3.

Per quanto riguarda le condizioni di acquisto e di utilizzazione del veicolo, dall'ordinanza di rinvio emerge inoltre quanto segue ( 2 ):

Il marito della signora Enkler ha partecipato alle spese di acquisto e di manutenzione del veicolo versando 42321 DM nell'anno 1984, 8270 DM nell'anno 1985 e 8751 DM nell'anno 1986. Nel periodo in cui lo ha preso in locazione, ha versato come corrispettivo un importo giornaliero di 90 DM.

L'autocaravan, immatricolato a nome della signora Enkler, è stato utilizzato per la prima volta dai due coniugi per un viaggio nel corso del quale essi avevano rilevato nel veicolo problemi di impermeabilità. Hanno pertanto chiesto al venditore di eliminare il difetto. Mentre il venditore procedeva ai lavori, il veicolo veniva utilizzato dai coniugi Enkler a fini privati. Dopo la riparazione, il veicolo è stato locato per due volte a terzi e, nel corso di tale periodo di locazione, ha subito alcuni danni a seguito di un incidente.

Il giudice di rinvio, avvalendosi delle informazioni fornitegli dalla stessa signora Enkler, riassume come segue i dati relativi all'utilizzazione del veicolo:

uso complessivo: 250 giorni, distanza percorsa 25781 km,

uso a fini privati: 79 giorni, distanza percorsa 13100 km,

uso da parte del marito: 40 giorni, distanza percorsa 5239 km,

locazione a terzi: 18 giorni, distanza percorsa 3236 km,

tragitti verso e dall'officina: 113 giorni, distanza percorsa 4206 km.

4.

Il giudice di rinvio aggiunge peraltro che:

a)

L'autocaravan era coperto da un'assicurazione privata obbligatoria. Solo per il periodo in cui è stato affidato a terzi è stata stipulata l'assicurazione obbligatoria per i mezzi noleggiati, mentre, in forza di un accordo speciale con l'assicuratore, il coniuge della signora Enkler poteva utilizzare il veicolo senza stipulare un'apposita assicurazione integrativa oltre a quella privata obbligatoria;

b)

la signora Enkler non ha pubblicizzato sulla stampa la locazione del veicolo;

e)

quando non era concesso in locazione, l'autocaravan rimaneva parcheggiato in un luogo coperto vicino all'abitazione dei coniugi Enkler.

5.

Nel 1986 la signora Enkler ha dichiarato che intendeva utilizzare il veicolo a fini esclusivamente privati (evidentemente, dalla data della dichiarazione in poi). Stando alla stessa dichiarazione, come base imponibile dell'imposta sulla cifra di affari dovuta dalla dichiarante doveva essere preso in considerazione l'importo di 19000 DM, mentre per il calcolo dell'imposta da versare in definitiva si doveva, sempre secondo la dichiarante, applicare una detrazione dell'80% che, in forza dell'art. 19, n. 3, dell'Umsatzsteuergesetz 1980 (legge tedesca relativa all'imposta sulla cifra di affari; in prosieguo: l'«UStG»), spettava alla signora Enkler in quanto piccolo imprenditore.

6.

Il Finanzamt aveva inizialmente calcolato l'imposta sulla cifra di affari dovuta dalla signora Enkler per gli anni di cui trattasi (dal 1984 al 1986) sulla scorta delle dichiarazioni presentate da quest'ultima. Successivamente, tuttavia, con avvisi di accertamento rettificativo datati 3 aprile 1989, ha modificato i propri calcoli, prendendo in considerazione, per la determinazione dell'importo che la signora Enkler doveva versare, soltanto gli importi corrispondenti all'imposta sulla cifra di affari fatturata ai locatari del veicolo. Tali avvisi del Finanzamt si fondavano sul fatto che la signora Enkler, a norma dell'art. 14, n. 3, dell'UStG, era soggetta al versamento dell'imposta, in quanto, pur non possedendo la qualità di imprenditore, aveva addebitato ai locatari del veicolo l'imposta sulla cifra di affari.

7.

Il reclamo proposto dalla signora Enkler contro il detto avviso di accertamento rettificativo è stato respinto. Medesima sorte ha avuto il ricorso proposto dinanzi al competente Finanzgericht, il quale ha dichiarato che la signora Enkler, nel concedere in locazione il veicolo, non aveva agito in qualità di imprenditore. Come risulta dall'ordinanza di rinvio, il Finanzgericht ha dichiarato che, affinché il soggetto dedito a una determinata attività sia considerato imprenditore, deve risultare che svolge tale attività continuativamente e perseguendo la realizzazione di introiti, scopo questo la cui sussistenza deve essere dimostrata sulla scorta di criteri oggettivamente verificabili. Dopo aver esaminato se ricorressero o meno nella fattispecie i citati presupposti, il Finanzgericht ha dichiarato che la ricorrente non svolgeva l'attività di locazione di autocaravan in qualità di imprenditore, in quanto:

a)

aveva acquistato un unico veicolo, destinato per sua natura allo svago ed utilizzato in prevalenza a fini personali;

b)

la sua attività professionale principale era un'altra;

c)

essa non disponeva né di un ufficio né di alcun luogo specificamente destinato al parcheggio e alla manutenzione del veicolo;

d)

le spese per l'acquisto ed il mantenimento del veicolo erano state sostenute essenzialmente dal marito;

e)

l'autocaravan era assicurato come veicolo concesso in locazione solo per il periodo di tempo in cui era stato effettivamente concesso a locatari e

f)

la signora Enkler l'aveva tenuto, benché il suo sfruttamento si fosse dimostrato assolutamente in perdita.

8.

Avverso la sentenza del Finanzgericht, la signora Enkler ha proposto ricorso in cassazione (Revision) dinanzi al Bundesfinanzhof, il quale, ritenendo che le disposizioni nazionali pertinenti (artt. 1, n. 1, punto 1, e 2, n. 1, dell'UStG) debbano essere interpretate alla luce delle disposizioni della sesta direttiva (artt. 2, punto 1, e 4, nn. 1 e 2), cui fanno rinvio, ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la locazione di beni materiali debba considerarsi

a)

attività di prestatore di servizi ai sensi dell'art. 4, n. 2, prima frase, della sesta direttiva 77/388/CEE, ovvero

b)

soltanto come prestazione che comporta lo sfruttamento di un bene materiale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità, ai sensi dell'art. 4, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva 77/388/CEE.

2)

Se qualsivoglia concessione in godimento a titolo oneroso di un bene configuri un'attività economica ai sensi dell'art. 4, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva 77/388/CEE, oppure se l'eventuale sussistenza di un'attività economica del genere presupponga che essa sia delimitabile rispetto ad un'attività privata.

Se la delimitazione rispetto ad un'eventuale attività privata debba aver luogo

secondo determinati criteri (come, ad esempio, in base all'entità economica, alla durata della concessione in godimento, all'ammontare del corrispettivo) oppure

attraverso la comparazione con forme tipiche di corrispondenti attività economiche (nella specie: locazione professionale di autocaravan).

3)

Se la locazione di un autocaravan configuri un'attività economica volta a ricavare introiti aventi un certo carattere di stabilità qualora l'autocaravan, nell'arco di più di due anni, sia stato concesso in locazione per due volte a terzi solo per pochi giorni e al coniuge della proprietaria per circa 6 settimane in tutto, per un importo complessivo di circa 4300 DM.

4)

In caso di soluzione affermativa della questione sub 3): se nella base imponibile [art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva (77/388/CEE)], applicabile alle prestazioni di servizi ai sensi dell'art. 6, n. 2, della sesta direttiva (77/388/CEE), debba farsi rientrare anche l'importo delle spese sostenute nel periodo in cui il bene oggetto del contratto di locazione è a disposizione del locatore per uso privato (cosiddetti “periodi morti”)».

II — Le disposizioni rilevanti della sesta direttiva

9.

L'ambito di applicazione del sistema comune IVA introdotto dalla sesta direttiva è definito dall'art. 2 della stessa, ai sensi del quale:

«Sono soggette all'imposta sul valore aggiunto:

1.

le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

2.

le importazioni di beni».

10.

L'art. 4 della stessa direttiva, che rientra nel capo IV, intitolato «Soggetti passivi», dispone quanto segue:

«1.

Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività ( 3 ).

2.

Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

3.

Gli Stati membri possono considerare soggetti passivi anche chiunque effettui a titolo occasionale un'operazione relativa alle attività di cui al paragrafo 2 e in particolare una delle operazioni seguenti (...)

4.

(...)

5.

(...)».

11.

L'art. 6, n. 2, della sesta direttiva, dispone infine:

«Sono assimilati a prestazioni di servizi a titolo oneroso:

a)

l'uso di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo o per l'uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto;

b)

(...)»,

mentre l'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), dispone che la base imponibile è costituita:

«per le operazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 2, dalle spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi».

III — Soluzione delle questioni pregiudiziali

A — Sulla prima questione pregiudiziale

12.

Con la prima questione pregiudiziale, il giudice di rinvio chiede in sostanza alla Corte se, per accertare in che misura la locazione di beni materiali debba essere qualificata come «attività economica», il cui svolgimento a carattere indipendente conferisce a chi la svolge la qualità di soggetto IVA, ci si debba fondare sulla prima frase dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva (ai sensi della quale costituisce «attività economica», nel senso citato, tra l'altro anche l'attività consistente nella prestazione di servizi) oppure sulla seconda frase della stessa norma (ai sensi della quale costituisce «attività economica» l'operazione che comporti «lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità»).

13.

Come emerge dall'ordinanza di rinvio, il Bundesfinanzhof sottopone alla Corte la prima questione pregiudiziale muovendo dalla concezione secondo la quale, mentre la disposizione di cui alla citata prima frase ricomprende nella nozione di «attività economica» la prestazione di servizi, senza esigere che ricorrano altri elementi, la disposizione di cui alla seconda frase, perché vi sia un'«attività economica», oltre allo sfruttamento di un bene materiale richiede anche l'accertamento del fatto che tale sfruttamento avviene con uno scopo preciso, quello cioè di «ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità». Questa concezione del Bundesfinanzhof sembra fondarsi su due elementi:

a)

Ai sensi dell'art. 4, n. 1, della sesta direttiva, è soggetto ad IVA chiunque svolga un'«attività economica», senza che occorra prendere in considerazione lo scopo perseguito o i risultati della detta attività.

b)

La versione tedesca della seconda frase dell'art. 4, n. 2, ai sensi della quale per «attività economica» si considera anche (in greco: «επίσης»; in tedesco: «auch») lo sfruttamento di un bene materiale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità, potrebbe far pensare che la disposizione in oggetto introduca una deroga alla regola (sancita non solo dal n. 1 ma anche dalla prima frase del n. 2 dello stesso articolo), secondo la quale lo scopo di una determinata attività non incide sulla sua qualificazione o meno come «attività economica».

14.

La concezione suesposta non è comunque esatta. Occorre sottolineare che il n. 3 dell'art. 4 della sesta direttiva conferisce agli Stati membri la facoltà di considerare soggetti passivi coloro che effettuino a titolo occasionale una delle operazioni descritte al n. 2. Questa disposizione conduce necessariamente alla seguente conclusione: quand'anche una determinata attività abbia le caratteristiche di una delle attività elencate nella prima frase del n. 2 dell'art. 4, essa non potrà comunque essere qualificata «attività economica», come tale obbligatoriamente soggetta al sistema comune IVA, ove sia esercitata occasionalmente, senza cioè un certo grado di stabilità e di continuità; un'attività del genere può essere qualificata «economica» solo qualora lo Stato membro interessato, avvalendosi della relativa facoltà offertagli dalla citata disposizione, adotti una specifica norma in proposito. In tal modo, tuttavia, la seconda frase del n. 2 dell'art. 4, anziché configurare un'eccezione al principio introdotto con la prima frase, ne rappresenta piuttosto una specifica applicazione ( 4 ). Da questo punto di vista è significativo il fatto che, sebbene secondo la versione tedesca (nonché secondo quella inglese, greca, finlandese, portoghese e svedese) della disposizione in oggetto, lo sfruttamento di un bene materiale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità sia qualificato anch'esso (auch, also, επίσης, myös, igualmente, likaså) come attività economica, stando alle altre versioni linguistiche della stessa seconda frase, lo sfruttamento del bene materiale è qualificato in particolare o tra l'altro come attività economica ( 5 ).

15.

Alla luce di quanto sopra, per stabilire se un'attività consistente nella locazione di beni materiali costituisca «attività economica», occorre, in ciascun caso di specie, verificare se la detta attività sia svolta con una certa stabilità e continuità. Dato che, tuttavia, la locazione di un bene materiale costituisce manifestamente una forma (forse la più abituale) di sfruttamento del bene locato ( 6 ), la relativa ricerca dev'essere orientata ad accertare l'esistenza di quel particolare elemento che conferisce, ai sensi della seconda frase del n. 2 dell'art. 4, stabilità e continuità allo svolgimento dell'attività citata. Occorrerà pertanto verificare se la detta attività sia esercitata «per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

16.

Propongo pertanto di risolvere la prima questione pregiudiziale sollevata dal Bundesfinanzhof nel modo seguente:

«La locazione di un bene materiale costituisce una forma di sfruttamento dello stesso. Di conseguenza, affinché tale forma di sfruttamento sia qualificata come “attività economica”, il cui svolgimento conferisce a colui che la svolge la qualità di soggetto passivo nell'ambito del sistema comune di imposta sul valore aggiunto, occorre verificare, secondo quanto disposto dall'art. 4, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva, se l'attività di cui trattasi sia svolta per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

Β — Sulla seconda e sulla terza questione pregiudiziale

17.

La soluzione che si propone di dare alla prima questione pregiudiziale condiziona anche la soluzione della seconda. Secondo quanto già detto, non costituisce «attività economica» ai sensi della sesta direttiva qualunque attività svolta in modo indipendente e consistente nello sfruttamento di un bene materiale (o, per usare l'espressione dell'ordinanza di rinvio, nella «concessione, verso corrispettivo, dell'uso di un bene materiale»), bensì soltanto quella esercitata allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità. È questo dunque il criterio necessario (ma anche sufficiente) per ricondurre un'attività con le citate caratteristiche all'ambito di applicazione del sistema comune IVA, e non il criterio di cui alla seconda questione pregiudiziale, cioè la possibilità di differenziare l'attività di cui trattasi rispetto ad un'attività corrispondente di natura «privata».

18.

Naturalmente, l'accertamento squisitamente di fatto della circostanza che una determinata attività sia svolta con la finalità innanzi illustrata (o della circostanza che un determinato bene sia stato acquistato per essere utilizzato nell'ambito di un'attività avente il detto scopo ( 7 )) non può essere condotto fondandosi esclusivamente sull'eventuale intenzione manifestata dall'interessato. L'autorità amministrativa o giurisdizionale chiamata a tale giudizio deve valutare il complesso dei dati di ciascun caso specifico, in modo che l'accertamento del fatto che una determinata attività è esercitata allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità si fondi, nella misura del possibile, su elementi oggettivamente verificabili e controllabili ( 8 ). Tra i diversi criteri oggettivi sulla scorta dei quali condurre tale accertamento assumeranno particolare importanza la natura del bene ( 9 ), ma anche il complesso delle circostanze in cui avviene il suo sfruttamento. È infatti evidente che ove il bene sia idoneo esclusivamente ad uno sfruttamento commerciale, tale elemento oggettivo è in via di principio sufficiente a far ritenere che il suo titolare lo gestisca allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità. Ove, al contrario, il bene si presti, per sua natura, ad essere utilizzato dal proprietario a titolo privato, occorre, al fine di accertare che quest'ultimo, nonostante la natura del bene, lo utilizza come fonte di reddito e soprattutto con carattere di stabilità, verificare scrupolosamente il complesso delle circostanze nelle quali avviene tale sfruttamento ( 10 ). Nell'ambito di questo controllo, il raffronto, menzionato nella seconda questione pregiudiziale, tra le circostanze nelle quali l'interessato sfrutta il bene e quelle che caratterizzano abitualmente la corrispondente attività economica può costituire uno degli eventuali metodi che consentono di verificare la sussistenza o meno del criterio rilevante nella specie, che è, come spiegato al paragrafo precedente, l'esercizio dell'attività di cui trattasi allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

19.

Con la terza questione pregiudiziale, il Bundesfinanzhof chiede alla Corte se si possa ritenere che la locazione di un autocaravan sia effettuata per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità qualora:

a)

nel corso di un periodo di più di due anni, il veicolo sia stato locato a terzi soltanto in due casi e soltanto per alcuni giorni;

b)

nel corso di tale periodo, il veicolo sia stato locato per circa sei mesi al coniuge della locatrice e

c)

gli introiti complessivi derivanti dalla locazione del veicolo siano stati pari a 4300 DM.

20.

È evidente che la Corte, la cui competenza nell'ambito del presente procedimento si limita all'interpretazione delle norme comunitarie rilevanti, non può anche procedere ad applicare le disposizioni della sesta direttiva da interpretare alla concreta controversia pendente dinanzi al giudice di rinvio ( 11 ). Di conseguenza, la terza questione pregiudiziale, che proprio questo chiede sostanzialmente alla Corte, non deve essere risolta, tanto più che il punto che essa riguarda, vale a dire l'accertamento del fatto che una determinata attività sia esercitata o meno allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità, può essere verificato, secondo quanto innanzi esposto, soltanto a seguito di una valutazione del complesso delle circostanze di fatto nell'ambito delle quali è sorta la controversia ( 12 ). Tuttavia, per agevolare il compito del giudice nazionale, la Corte dovrà sottolineare, nel risolvere la seconda questione pregiudiziale, che gli elementi di fatto cui si fa riferimento nella terza questione vanno annoverati, in considerazione del loro carattere oggettivo, tra quelli da prendere in considerazione, insieme ad altri (ad esempio, il mancato ricorso a forme di pubblicità), per valutare se l'attività di cui trattasi sia «economica» ai sensi della sesta direttiva. Occorrerà tuttavia sottolineare, parallelamente, che né lo scarso numero di clienti né gli introiti modici o insignificanti possono, di per sé, far ritenere insussistente lo scopo di ricavare introiti aventi un certo carattere di stabilità. Questi elementi possono significare, semplicemente, che lo scopo c'era, ma che non è stato possibile conseguirlo, il che è irrilevante ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui trattasi; come si evince chiaramente dall'art. 4, n. 1, della sesta direttiva, ai fini della nozione di «attività economica» non vengono presi in considerazione i risultati di una determinata attività.

21.

Alla luce di quanto sopra, propongo di non risolvere la terza questione pregiudiziale e di risolvere invece la seconda questione pregiudiziale nel modo seguente:

«Al fine di accertare se un'attività indipendente, consistente nella locazione di un bene materiale, costituisca “attività economica” ai sensi dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva, occorre verificare esclusivamente se tale attività sia esercitata allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità. Si tratta di un accertamento di mero fatto, da condurre sulla scorta di criteri essenzialmente oggettivi, attinenti, ad esempio, alla natura del bene locato nonché al complesso delle circostanze in cui avviene lo sfruttamento del bene. D'altro canto, i risultati di tale attività (volume della clientela, entità degli introiti) non costituiscono di per sé un criterio atto a fondare tale giudizio, ma possono essere presi in considerazione insieme ad altri nel valutare la situazione».

C — Sulla quarta questione pregiudiziale

22.

Stando alla lettera dell'ordinanza di rinvio, la quarta questione pregiudiziale è sollevata «in caso di soluzione affermativa della terza questione». Ritengo tuttavia che quest'ultima questione pregiudiziale debba, in ogni caso, essere risolta. Poiché infatti, per le ragioni innanzi illustrate, l'accertamento della circostanza che una determinata attività sia esercitata allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità costituisce una questione di mero fatto, la cui valutazione spetta al giudice nazionale sulla scorta del complesso dei dati di fatto della controversia dinanzi ad esso pendente, nulla osta a priori a che il Bundesfinanzhof, nell'ambito della controversia dinanzi ad esso pendente tra la signora Enkler e il Finanzamt, si trovi di fronte all'ipotesi sulla quale si fonda la quarta questione pregiudiziale, cioè di fronte al fatto che l'attività controversa sia stata svolta dalla signora Enkler allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità ( 13 ).

23.

La quarta questione pregiudiziale riguarda l'interpretazione dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva. Per interpretare questa norma, è ovviamente indispensabile leggerla in combinato disposto con l'art. 6, n. 2, le cui disposizioni ne sono il presupposto.

24.

L'art. 6, n. 1, della sesta direttiva definisce la nozione di «prestazione di servizi», che, ove effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale, è soggetta ad IVA ai sensi dell'art. 2, n. 1, della stessa direttiva. Tale nozione è definita nel citato n. 1 in negativo: per «prestazione di servizi», nel senso indicato, si intende qualunque operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell'art. 5 della sesta direttiva.

25.

Tuttavia, ai sensi dell'art. 6, n. 2, lett. a) e b), sono assimilate a prestazioni di servizi a titolo oneroso, e sono pertanto soggette ad IVA, due particolari categorie di operazioni che altrimenti non vi sarebbero soggette ( 14 ). La disposizione di cui alla lett. a) (l'unica che rilevi nella fattispecie) equipara, in particolare, ad una prestazione di servizi a titolo oneroso l'uso di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo o del suo personale o, più in generale, a fini estranei alla sua impresa.

26.

L'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), cui fa espressamente riferimento la quarta questione pregiudiziale, definisce peraltro la base imponibile ai fini dell'IVA con riferimento alle operazioni che l'art. 6, n. 2, assimila a prestazioni di servizi a titolo oneroso. La base imponibile è costituita, in tal caso, «dalle spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi».

27.

La questione ermeneutica che il Bundesfinanzhof deve risolvere è la seguente: qualora una persona sia soggetta ad IVA, in quanto svolge in modo indipendente un'attività economica consistente nella locazione di un bene materiale a terzi, la base imponibile dell'IVA che si applica, ai sensi dell'art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, all'utilizzazione del bene per fini privati del soggetto passivo comprende soltanto le spese sostenute nel periodo dell'effettivo uso del bene a fini privati, oppure per «spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi», ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, incluse nella detta base imponibile si devono intendere anche le spese sostenute nel periodo in cui il bene non viene utilizzato dal soggetto passivo per le proprie esigenze personali, pur rimanendo costantemente a sua disposizione per un tale uso?

28.

Per affrontare la questione sollevata dal giudice nazionale è necessario analizzare i due seguenti parametri, tra di loro peraltro strettamente connessi:

a)

lo scopo perseguito dal legislatore comunitario nell'equiparare ad una prestazione di servizi a titolo oneroso l'uso di un bene ai fini enunciati dall'art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva e

b)

il preciso significato della nozione di «uso di un bene» che compare nella disposizione in oggetto.

29.

La finalità della disposizione si evince chiaramente dalla sua ultima frase, secondo la quale l'equiparazione di cui trattasi può avvenire purché il bene dell'impresa utilizzato per scopi estranei alla stessa «abbia consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto». Diviene dunque evidente che la fictio juris introdotta dall'art. 6, n. 2, è volta ad evitare che le operazioni, mediante le quali un determinato bene viene utilizzato ad uno scopo diverso da quelli che, in applicazione dell'art. 17, n. 2, della sesta direttiva, danno diritto ad una deduzione dell'IVA gravante sull'acquisto del bene, siano sottratte alla riscossione dell'IVA ( 15 ). La Corte, infatti, nella sentenza Kühne ( 16 ), ha dichiarato che dal sistema della sesta direttiva risulta che la disposizione di cui all'art. 6, n. 2, lett. a), «è intesa ad evitare la non tassazione di un bene aziendale usato a fini privati» mentre, interpretando la disposizione di cui all'art. 5, n. 6, della sesta direttiva (secondo la quale è assimilato a una cessione a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo che lo destini ad usi estranei all'impresa, a condizione che tale bene abbia consentito una deduzione dell'imposta) — disposizione informata alla stessa logica —, essa ha sottolineato, con la sentenza De Jong ( 17 ), che: «l'obiettivo dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva IVA consiste nell'assicurare la parità di trattamento tra un soggetto d'imposta che preleva un bene dalla propria impresa ed un consumatore ordinario che acquista un bene del medesimo tipo. Al fine di realizzare tale obiettivo, questa disposizione impedisce che un soggetto d'imposta, che ha potuto detrarre l'IVA sull'acquisto di un bene destinato alla propria attività d'impresa, sfugga al pagamento dell'IVA nel momento in cui preleva il bene stesso dal patrimonio dell'impresa stessa per i propri fini privati e che, quindi, possa trarre indebiti vantaggi rispetto ad un consumatore ordinario che acquisti il bene pagando la relativa IVA».

30.

Qual è, tuttavia, il preciso significato del termine «uso di un bene»? La sentenza Kühne, citata al paragrafo 29, potrebbe indurre l'impressione che la Corte intenda tale nozione in modo particolarmente ampio. In quella causa il giudice nazionale aveva chiesto alla Corte di chiarire, tra l'altro, se la base imponibile, ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, comprendesse, nel caso di un'operazione consistente nell'uso privato di un bene aziendale, tutte le spese sostenute dal soggetto passivo (dunque anche quelle che non hanno dato diritto a deduzione) oppure «soltanto i compensi (...) pagati per le cessioni e le prestazioni, in quanto esse abbiano dato diritto alla deduzione dell'imposta sul valore aggiunto». La questione è stata risolta dalla Corte nei seguenti termini ( 18 ): «al riguardo (...) basta precisare che sarebbe conforme al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto non tassare per l'uso privato l'ammortamento di un bene aziendale che non abbia consentito una deduzione dell'imposta sul valore aggiunto, tassando le spese di manutenzione e di utilizzazione del bene per le quali il soggetto passivo abbia diritto di dedurre l'imposta. Una tale soluzione consentirebbe infatti di evitare sia una doppia imposizione del bene stesso sia la non tassazione di un consumo finale». Non sarebbe fuori luogo ipotizzare, di conseguenza, che tutte le «spese di manutenzione e di utilizzazione del bene», che abbiano dato diritto a una deduzione dell'imposta versata a monte, siano soggette ad IVA, quand'anche siano connesse ad un uso del bene a fini estranei a quelli aziendali, e, di conseguenza, tali spese siano prese in considerazione nel determinare la base imponibile dell'IVA sull'utilizzazione del bene a titolo privato. Tuttavia, per valutare la rilevanza del punto della motivazione di cui trattasi occorre considerare che la questione sulla quale si incentrava la causa Kühne non riguardava l'imposizione delle spese citate bensì la misura della sottoposizione ad IVA dell'ammortamento di un bene aziendale utilizzato a fini estranei all'impresa, nel caso in cui non fosse sorto, all'atto dell'acquisto del bene, un diritto alla deduzione. Da questo punto di vista, il «baricentro» del punto della motivazione citata pare essere piuttosto l'accento posto sull'importanza che riveste, come presupposto per la tassazione dell'uso a titolo privato, il sorgere, all'atto dell'acquisto del bene, di un diritto alla deduzione dell'IVA che gravava su tale operazione ( 19 ).

31.

Resta comunque il fatto che, nella successiva sentenza Mohsche (citata in nota 16), la Corte si è pronunciata, con chiarezza tale da non dar adito a dubbi, in favore di un'interpretazione restrittiva della nozione di «uso di un bene». La sentenza de qua è stata pronunciata su una serie di questioni pregiudiziali provenienti, come nella fattispecie, dal Bundesfinanzhof. Con la prima questione pregiudiziale si chiedeva se, nel caso di tassazione di un bene aziendale destinato all'uso privato per il quale vi è stata deduzione dell'imposta gravante sulla sua cessione, debbano essere presi in considerazione, oltre all'utilizzazione del bene, anche le spese per la manutenzione e lo sfruttamento del bene sostenute dal soggetto passivo nel caso in cui quest'ultimo non avesse fruito del diritto alla deduzione dell'IVA gravante su tali spese versata a monte.

32.

Nel risolvere la questione, la Corte è partita dalla considerazione (punto 11) che i termini «uso di un bene», in mancanza di indicazioni nella disposizione de qua, «in sé considerati, possono essere intesi sia in senso stretto, nel senso cioè che riguardano solo l'uso propriamente detto del bene, sia in un senso più ampio, comprensivo delle prestazioni, dei servizi e di altre spese inerenti a tale uso». La Corte ha respinto tuttavia l'interpretazione estensiva della formula, ritenendola incompatibile con la ratio della disposizione. Come sottolineato nella sentenza (punto 13), «contrariamente alle normali prestazioni di servizi, in linea di principio soggette ad imposta e indipendentemente dal fatto che i beni e i servizi impiegati per la loro esecuzione abbiano dato o meno diritto a detrarre l'imposta sul valore aggiunto, l'uso privato di un bene è infatti imponibile solo in via eccezionale». Di conseguenza, conclude la Corte (punto 14), «i termini “uso di un bene” devono essere interpretati in senso stretto, come comprendenti unicamente l'uso vero e proprio del bene» e dunque «le prestazioni accessorie relative a quest'uso non rientrano nell'art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva».

33.

Tenendo conto, alla luce della sentenza Mohsche, dell'esigenza di un'interpretazione restrittiva della nozione di «uso di un bene», come enunciata nella disposizione che equipara a prestazioni di servizi a titolo oneroso l'uso di un bene aziendale a scopi estranei all'impresa, deve essere ovviamente interpretata in senso restrittivo anche la locuzione «spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi», spese che costituiscono, ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. e), della sesta direttiva, la base imponibile per il calcolo dell'IVA che grava su tale «prestazione di servizi» fittizia: nell'ambito di tali spese possono pertanto essere prese in considerazione soltanto quelle derivanti dall'utilizzazione del bene stesso, ma non quelle sostenute per servizi semplicemente connessi all'utilizzazione del bene, quali, ad esempio, le spese di manutenzione e di gestione del bene ( 20 ).

34.

Mi appresto tuttavia a sottolineare che la questione pregiudiziale qui esaminata non riguarda precisamente la questione della natura delle spese che possono essere incluse nella base imponibile dell'IVA applicabile all'uso privato di un bene aziendale, bensì la questione dei periodi da prendere in considerazione per il calcolo di tali spese. Il Bundesfinanzhof sembra infatti ritenere che le spese da prendere in considerazione nella determinazione della base imponibile dell'IVA da applicare all'uso privato del veicolo — qualora la signora Enkler sfruttasse per il resto il veicolo allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità (ipotesi sulla quale si fonda, ricordo, l'analisi della quarta questione pregiudiziale, come illustrato innanzi, al paragrafo 22) — siano esclusivamente gli ammortamenti prorata del deprezzamento del veicolo (v. pag. 13 della traduzione francese dell'ordinanza di rinvio), una spesa cioè che, per antonomasia, può essere considerata collegata «esclusivamente [all']uso del bene stesso», nel senso precisato dalla sentenza Mohsche. Tuttavia, precisare la natura delle spese che possono essere incluse nella base imponibile rende a mio parere chiarissimi i termini in cui si pone il problema ermeneutico che costituisce il nocciolo della quarta questione pregiudiziale: nel calcolare gli ammortamenti di cui trattasi nell'ordinanza di rinvio, devono essere presi in considerazione i periodi in cui il bene, pur non essendo utilizzato per il soddisfacimento di esigenze estranee all'impresa, è comunque in qualche modo a disposizione del soggetto passivo, cosicché un siffatto uso privato sia possibile in qualunque momento?

35.

Ritengo che la questione debba essere risolta in senso affermativo. Ho già rilevato (v. supra, paragrafo 29) come scopo dell'equiparazione dell'uso di un bene aziendale a fini privati ad una prestazione di servizi a titolo oneroso sia quello di collocare colui che ha potuto dedurre l'IVA versata a monte sull'acquisto del bene (in considerazione del fatto che il bene è stato acquistato per le esigenze della sua attività economica o comunque anche per le esigenze di tali attività) nella situazione in cui si troverebbe colui che utilizzasse un bene di tale natura acquistato per il soddisfacimento di esigenze esclusivamente private. Lo scopo dell'assimilazione, tuttavia, non sarebbe integralmente conseguito qualora, per ritenere sussistente un uso del bene aziendale a fini privati, occorresse assolutamente un suo impiego continuato ed ininterrotto per il soddisfacimento di tali bisogni. Vero è che il soddisfacimento di talune esigenze private impone un uso continuativo del bene acquistato; spesso, tuttavia, l'esigenza privata in vista della quale un determinato bene viene acquistato risulta integralmente soddisfatta anche da un uso semplicemente occasionale. In tali casi, ciò che importa soprattutto è che il consumatore abbia comunque la possibilità di utilizzare il bene non appena il suo uso si renda necessario o desiderabile. Peraltro, all'atto dell'acquisto di un bene destinato esclusivamente al soddisfacimento di esigenze private, l'acquirente è soggetto, senza alcuna possibilità di deduzione, all'IVA pagata a monte, rimanendo peraltro ovviamente irrilevante il fatto che l'esigenza privata, che lo ha motivato all'acquisto, venga soddisfatta attraverso un uso continuo, piuttosto che occasionale, del bene acquistato.

36.

Alla luce di quanto sopra, affinché il soggetto passivo subisca lo stesso trattamento del consumatore finale innanzi citato, devono essere considerati periodi di uso del bene aziendale per il soddisfacimento di esigenze private non solo i periodi di uso effettivo, ma anche quelli nel corso dei quali il bene si trova a disposizione del soggetto passivo, in modo che il suo impiego per il soddisfacimento di tali esigenze private sia in ogni momento possibile ( 21 ). Questa soluzione (assolutamente compatibile, a mio parere, con il principio, sancito dalla sentenza Mohsche, d'interpretazione restrittiva dei termini «uso di un bene», laddove dà rilevanza, secondo l'interpretazione qui proposta, esclusivamente al bene stesso) ha quale conseguenza necessaria che nella determinazione della base imponibile dell'IVA applicata sull'uso privato di un bene dell'impresa devono essere prese in considerazione anche le spese sostenute nei periodi in cui il bene dell'impresa è disponibile, nel senso sopra precisato, per il soddisfacimento di esigenze estranee a quelle aziendali. Spese del genere possono essere considerate gli ammortamenti per deprezzamento del bene nel corso dei citati periodi di «disponibilità», ma non (in considerazione dei principi sanciti nella sentenza Mohsche) le spese attinenti a prestazioni di servizi effettuate durante tali periodi e semplicemente connesse al bene.

37.

Il fatto comunque che il bene dell'impresa si trovi a disposizione del soggetto passivo per uso privato non esclude ovviamente l'eventualità che tale periodo di «disponibilità» abbia fine con l'utilizzazione del bene per le esigenze dell'impresa. Ciò considerato, come hanno giustamente osservato in proposito il governo del Regno Unito nelle sue osservazioni scritte nonché il Finanzamt in udienza, nella base imponibile dell'IVA applicata all'uso privato del bene dell'impresa non deve essere ricompreso il complesso delle spese sostenute nel periodo di «disponibilità» del bene, bensì, seguendo un'appropriata ripartizione, una parte di tali spese, proporzionata al rapporto intercorrente tra la durata complessiva dell'uso effettivo del bene per il soddisfacimento di esigenze tanto private quanto aziendali, e la durata dell'uso effettivo del bene per scopi estranei all'impresa. In questo modo, la finalità della fictio juris introdotta dall'art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva è raggiunta, senza essere travalicata. Il soddisfacimento, con un bene dell'impresa, di esigenze private è soggetto ad IVA, in modo da garantire la parità di trattamento tra il consumatore ordinario e il soggetto passivo senza, d'altra parte, trascurare il fatto che, nel periodo in cui il bene rimane a disposizione di quest'ultimo a fini privati, resta comunque possibile un suo uso ai fini dell'attività economica.

38.

Propongo pertanto di risolvere la quarta questione pregiudiziale nel modo seguente:

«Nel determinare la base imponibile dell'imposta sul valore aggiunto sulle operazioni assimilate a prestazioni di servizi, in forza dell'art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, devono essere prese in considerazione, ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della stessa direttiva, non soltanto le spese sostenute nel periodo di effettiva utilizzazione del bene dell'impresa per fini estranei alla stessa, bensì anche le spese sostenute nel periodo in cui il bene si trova a disposizione del soggetto passivo in modo tale che il suo uso per scopi estranei all'impresa sia in ogni momento possibile. La parte di queste ultime spese definitivamente ricompresa nella base imponibile dev'essere determinata a seguito di ripartizione ed è proporzionata al rapporto intercorrente tra il periodo complessivo di uso effettivo del bene e il periodo di uso effettivo del bene per fini estranei all'impresa».

IV — Conclusione

Alla luce di quanto sin qui esposto, propongo di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesfinanzhof come segue:

«1)

La locazione di un bene materiale costituisce una forma di sfruttamento dello stesso. Di conseguenza, affinché tale forma di sfruttamento sia qualificata come “attività economica”, il cui svolgimento conferisce a colui che la svolge la qualità di soggetto passivo nell'ambito del sistema comune di imposta sul valore aggiunto, occorre verificare, secondo quanto disposto dall'art. 4, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, se l'attività di cui trattasi sia svolta per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

2)

Al fine di accertare se un'attività indipendente, consistente nella locazione di un bene materiale, costituisca “attività economica” ai sensi dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva 77/388, occorre verificare esclusivamente se tale attività sia esercitata allo scopo di ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità. Si tratta di un accertamento di mero fatto, da condurre sulla scorta di criteri essenzialmente oggettivi, attinenti, ad esempio, alla natura del bene locato nonché al complesso delle circostanze nelle quali avviene lo sfruttamento del bene. D'altro canto, i risultati di tale attività (volume della clientela, entità degli introiti) non costituiscono di per sé un criterio atto a fondare tale giudizio, ma possono essere presi in considerazione insieme ad altri nel valutare la situazione.

3)

Nel determinare la base imponibile dell'imposta sul valore aggiunto sulle operazioni assimilate a prestazioni di servizi, in forza dell'art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva 77/388, devono essere prese in considerazione, ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della stessa direttiva, non soltanto le spese sostenute nel periodo di effettiva utilizzazione del bene dell'impresa per fini estranei alla stessa, bensì anche le spese sostenute nel periodo in cui il bene si trova a disposizione del soggetto passivo in modo tale che il suo uso per scopi estranei all'impresa sia in ogni momento possibile. La parte di queste ultime spese definitivamente ricompresa nella base imponibile dev'essere determinata a seguito di ripartizione ed è proporzionata al rapporto intercorrente tra il periodo complessivo di uso effettivo del bene e il periodo di uso effettivo del bene per fini estranei all'impresa».


( *1 ) Lingua originale: il greco.

( 1 ) GU L 145, pag. 1.

( 2 ) Il fatto che la signora Enkler (pur senza mettere in dubbio l'utilità delle questioni pregiudiziali sollevate) contesti, nelle osservazioni scritte presentate alla Corte, l'esattezza di quanto esposto dal Bundesfinanzhof in ordine alle condizioni di acquisto e di utilizzazione del veicolo controverso non ha alcuna rilevanza nell'ambito del presente procedimento. Come ripetutamente sottolineato dalla Corte, l'art. 177 del Trattato non consente alla Corte di giudicare su questioni attinenti alle circostanze di fatto della causa principale né, a maggior ragione, di risolvere una controversia sul punto tra le parti. Il giudizio su tutte le questioni connesse ad una valutazione del fatto spetta infatti esclusivamente al giudice nazionale. Pertanto, nel risolvere la questione pregiudiziale, la Corte deve attenersi esclusivamente ai fatti illustrati nell'ordinanza di rinvio [v., a titolo indicativo, sentenze 23 gennaio 1975, causa 51/74, Van der Hulst (Race. pag. 79, punto 12); 15 novembre 1979, causa 36/79, Dcnkavit (Race, pag. 3439, punto 12); 29 aprile 1982, causa 17/81, Pabst & Richarz (Racc. pag. 1331, punto 12); 3 luglio 1985, causa 243/83, Binon (Racc. pag. 2015, punto 24); 31 maggio 1988, causa 74/87, Goerrig (Racc. pag. 2771, punto 10), e 2 giugno 1994, causa C-30/93, AC-ATEL Electronics Vertriebs (Race, pag. I-2305, punti 16 e 17)].

( 3 ) Questa nota riguarda soltanto il testo greco delle presenti conclusioni.

( 4 ) V., precisamente in questo senso, il paragrafo 12 delle con-clusioni dell'avvocato generale Van Gerven nella causa C-186/89, sentenza 4 dicembre 1990, Van Tiem (Racc. pag. I-4363), nonché le conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn nella causa 268/83, sentenza 14 febbraio 1985, Rompelman (Racc. pag. 655).

( 5 ) La versione danese utilizza i termini «blandt andet», quella spagnola «en especial», quella francese «notamment», quella italiana «in particolare» e quella olandese «onder andere».

( 6 ) V, in particolare, sentenza Rompclman (citata in nota 4), in particolare punto 20, nonché le conclusioni dell'avvocato generale Sir Gordon Slynn nella stessa causa. V. altresì sentenza Van Tiem (anch'essa citata in nota 4), punto 18, nonché il paragrafo 10 delle conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven nella stessa causa.

( 7 ) Come la Corte ha dichiarato, per «attività economica» ai sensi dell'art. 4, n. 1, della sesta direttiva si deve intendere anche l'acquisizione di un bene necessario all'esercizio di un'attività economica [v. sentenza Rompelman (citata in nota 4), punto 22, nonché le sentenze 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz (Racc. pag. I-3795, punto 13), e 29 febbraio 1996, causa C-110/94, Inzo (Race. pag. I-857, punto 15)].

( 8 ) V., sul punto, sentenze Rompelman (citata in nota 4), punto 24, e Lcnnartz (citata nella nota precedente), punto 20.

( 9 ) V., in proposito, sentenze Rompelman (citata in nota 4), punto 24, e Lcnnartz (citata in nota 7), punto 20. Secondo quest'ultima sentenza, tra gli elementi da prendere in considerazione per valutare se detcrminati beni siano stati acquistati per le esigenze di un'attività economica v'è anche il periodo di tempo intercorso tra l'acquisto degli stessi e il loro uso ai fini delle attività economiche del soggetto passivo.

( 10 ) V. il paragrafo 42 delle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa Lcnnartz (citata in nota 7).

( 11 ) Della giurisprudenza sul punto ricordo, a titolo esemplifi-cativo, le sentenze 9 luglio 1969, causa 5/69, Volk (Racc, pag. 295, punto 2); 12 luglio 1973, causa 11/73, Gctrcidc-Import (Racc. pag. 919, punti 2 e 3); 15 dicembre 1976, causa 35/76, Simmenthal (Race. pag. 1871, punto 8); 18 dicembre 1986, causa 10/86, VAG France (Racc. pag. 4071, punto 7); 8 febbraio 1990, causa C-320/88, Shipping and Forwarding Enterprise Safe (Racc. pag. I-285, punti 10 e seguenti), e 8 luglio 1992, causa C-102/91, Knoch (Race, pag. I-4341, punti 18 e seguenti).

( 12 ) V, in particolare, il punto 11 della sentenza Shipping and Forwarding Enterprise Safe (citata nella nota precedente).

( 13 ) V. sentenza 27 ottobre 1993, causa C-127/92, Endcrby (Racc. pag. I-5535), secondo la quale (v., in particolare, il punto 12), qualora la Corte debba pronunciarsi su una questione pregiudiziale che non sia manifestamente priva di rapporto con la realtà o con l'oggetto della causa principale, deve risolverla senza doversi interrogare essa stessa sulla validità dell'ipotesi su cui la questione si fonda; secondo la stessa sentenza, spetta al giudice nazionale accertare, ove necessario, la validità della detta ipotesi.

( 14 ) Secondo l'ultimo comma dell'art. 6, n. 2, della sesta direttiva, gli «Stati membri hanno la facoltà di derogare alle disposizioni del presente paragrafo a condizione che tale deroga non dia luogo a distorsioni di concorrenza». Manifestamente, la Repubblica federale di Germania non si è avvalsa di tale facoltà.

( 15 ) Ai sensi dell'art. 17, n. 2, della sesta direttiva, il privato che acquisti un bene d'investimento ha diritto in via di principio a una deduzione integrale dell'IVA gravante sull'acquisto qualora egli acquisti il bene al fine di utilizzarlo esclusivamente per le esigenze delle sue operazioni professionali tassate, ma anche qualora egli l'acquisti al fine di utilizzarlo in parte per tali esigenze e in parte per le sue esigenze private [v., in proposito, sentenza Lennartz (citata in nota 7), punto 26, nonché sentenza 4 ottobre 1995, causa C-291/92, Armbrecht (Racc. pag. I-2775, punto 20)].

( 16 ) Sentenza 27 giugno 1989, causa 50/88 (Racc. pag. 1925, punto 8). V. altresì la sentenza 25 maggio 1993, causa C-193/91, Mohsche (Racc. pag. I-2615, punto 8).

( 17 ) Sentenza 6 maggio 1992, causa C-20/91 (Race. pag. I-2847, punto 15).

( 18 ) Sentenza Kühne, punto 29.

( 19 ) V, in questo senso, il paragrafo 20 delle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa Mohsche (citata in nota 16).

( 20 ) Come risulta dalla sentenza Mohsche (punto 4), le spese di manutenzione e di sfruttamento, la cui presa in considerazione all'atto della determinazione della base imponibile dell'IVA applicabile all'uso privato di un bene aziendale (nella fattispecie, un'automobile) aveva dato luogo alla controversia principale, riguardavano il canone di locazione dell'autorimessa, l'imposta di circolazione, l'assicurazione e le spese di posteggio.

( 21 ) Non va quindi considerato periodo durante il quale il bene dell'impresa si trova a disposizione del soggetto passivo per fini estranei a quelli dell'impresa il lasso di tempo in cui il bene, pur non essendo utilizzato per lo svolgimento dell'attività economica, non sia tuttavia, per qualche ragione, facilmente utilizzabile a fini privati a discrezione del soggetto passivo.

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