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Document 61994CC0133

    Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 11 gennaio 1996.
    Commissione delle Comunità europee contro Regno del Belgio.
    Valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti - Direttiva del Consiglio 85/337/CEE.
    Causa C-133/94.

    Raccolta della Giurisprudenza 1996 I-02323

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1996:3

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

    PHILIPPE LÉGER

    presentate l'11 gennaio 1996 ( *1 )

    1. 

    Con il presente ricorso la Commissione vi chiede di dichiarare che il Regno del Belgio, non avendo trasposto completamente e correttamente nel diritto belga la direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati ( 1 ) (in prosieguo: la «direttiva»), è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza della detta direttiva e degli artt. 5 e 189 del Trattato CE.

    La normativa comunitaria

    2.

    La direttiva è stata emanata sul fondamento degli artt. 100 e 235 del Trattato CEE. Lo scopo perseguito dal legislatore comunitario, quale risulta in particolare dal primo e undicesimo ‘considerando’, è di promuovere una politica di prevenzione delle perturbazioni o inquinamenti ambientali. In tale ottica la direttiva istituisce un regime di valutazione delle ripercussioni sull'ambiente di determinati progetti pubblici e privati.

    3.

    L'art. 2 della direttiva impone agli Stati membri di adottare le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto.

    4.

    L'art. 4 definisce tali progetti e li suddivide in due categorie: per i progetti elencati nell'allegato I della direttiva, la valutazione dell'impatto ambientale è obbligatoria mentre quelli di cui all'allegato II devono essere sottoposti a valutazione solo quando gli Stati membri ritengono che le loro caratteristiche lo richiedano.

    5.

    L'art. 2, n. 2, consente agli Stati membri di determinare il modo in cui la valutazione deve avvenire dal punto di vista procedurale. La direttiva stabilisce però taluni limiti: infatti l'art. 3 dispone che la valutazione deve individuare, descrivere e valutare in modo appropriato gli effetti diretti e indiretti di un progetto su un certo numero di fattori. Le informazioni che il committente deve fornire per la valutazione dell'impatto ambientale sono elencate nell'art. 5.

    6.

    È altresì posto l'obbligo di informare il pubblico e gli altri Stati membri eventualmente interessati dai detti progetti. L'art. 6 dispone infatti che le informazioni fornite dal committente, e precisate dall'art. 5 della direttiva, nonché la domanda di autorizzazione sono messe a disposizione delle autorità responsabili della tutela ambientale nonché del pubblico interessato. Inoltre, quando un progetto può avere un impatto oltre frontiera, le informazioni riunite ai sensi dell'art. 5 devono altresì essere trasmesse allo Stato membro interessato conformemente all'art. 7 della direttiva.

    7.

    L'art. 8 riguarda l'esito delle citate consultazioni e prevede che esse debbano essere prese in considerazione nell'ambito del procedimento di autorizzazione. L'art. 9 dispone inoltre che il tenore del provvedimento definitivo deve essere comunicato al pubblico interessato e allo Stato membro di cui trattasi.

    8.

    Ai sensi dell'art. 12, n. 1, gli Stati membri devono trasporre le disposizioni della direttiva nel loro diritto interno entro il 3 luglio 1988. Il n. 2 del detto articolo impone loro di comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano.

    La normativa nazionale belga

    9.

    La trasposizione della direttiva in diritto belga rientra nella competenza delle tre regioni: la Regione valiona, la Regione Bruxelles-Capitale e la Regione fiamminga. Il procedimento di valutazione dell'impatto ambientale attuato dalla direttiva è stato integrato nei procedimenti di autorizzazione esistenti.

    10.

    L'I 1 settembre 1985, il consiglio regionale vallone ha emanato un decreto che disciplina la valutazione dell'impatto ambientale nella regione valiona ( 2 ). Il 31 ottobre 1991 l'esecutivo regionale vallone ha emanato un provvedimento di attuazione del detto decreto ( 3 ).

    11.

    Il 24 maggio 1988 la Cour d'arbitrage ha parzialmente annullato il decreto 11 settembre 1985 ( 4 ) nella parte in cui prescriveva una valutazione degli impianti utilizzati esclusivamente per il magazzinaggio permanente o l'eliminazione definitiva delle scorie radioattive mentre le regioni non sono competenti ad emanare disposizioni relative a tali progetti.

    12.

    Il 23 luglio 1992, il consiglio della Regione Bruxelles-Capitale ha emanato un'ordinanza relativa alla previa valutazione dell'impatto di taluni progetti nella Regione Bruxelles-Capitale ( 5 ).

    13.

    Tale disciplina non contiene nessuna disposizione inerente alla consultazione di altri Stati membri per i progetti il cui impatto ambientale si estenda oltre frontiera.

    14.

    Nella Regione fiamminga la trasposizione della direttiva è stata effettuata, per quanto riguarda gli impianti nocivi, con il decreto relativo all'autorizzazione antinquinamento 28 giugno 1985 (in prosieguo: il «decreto relativo all'autorizzazione antinquinamento») ( 6 ) e, per quanto riguarda gli impianti diversi da quelli nocivi, dalla legge organica sull'assetto territoriale e l'urbanismo 29 marzo 1962 (in prosieguo: la «legge organica 29 marzo 1962») ( 7 ).

    15.

    Per quanto riguarda gli impianti nocivi, il decreto relativo all'autorizzazione antinquinamento istituisce un sistema di autorizzazione previa per taluni impianti nocivi per l'uomo e l'ambiente. L'attuazione è devoluta al governo fiammingo. Infatti gli artt. 2 e 3 dispongono che il governo fiammingo prepara l'elenco degli impianti soggetti ad autorizzazione. L'art. 7 impone altresì al governo fiammingo un compito normativo per quanto riguarda la procedura, il tenore, le condizioni e la forma dello studio di impatto ambientale. Inoltre l'art. 11 prevede che qualunque provvedimento relativo ad una domanda di autorizzazione deve essere preceduto da un'indagine pubblica. La determinazione delle modalità di tale indagine è lasciata al governo fiammingo.

    16.

    Il 23 marzo 1989 il governo fiammingo emanava un certo numero di decreti per attuare le disposizioni della direttiva. Tali decreti si riferiscono sia al decreto relativo all'autorizzazione antinquinamento sia alla legge organica 29 marzo 1962.

    17.

    Il decreto 89-928 ( 8 ) riguarda la disciplina della valutazione dell'impatto ambientale degli impianti che rientrano nell'ambito di applicazione del decreto relativo all'autorizzazione antinquinamento.

    18.

    Il decreto 89-928 non contiene disposizioni relative alla consultazione degli altri Stati membri il cui ambiente potrebbe eventualmente essere colpito da un progetto realizzato nelle Fiandre. La consultazione del pubblico è invece garantita dal decreto sull'autorizzazione ecologica e dal relativo decreto d'attuazione VLAREM I ( 9 ).

    19.

    Il decreto 89-929 ( 10 ) disciplina la valutazione dell'impatto ambientale per i lavori e atti che rientrano nell'ambito d'applicazione della legge organica 29 marzo 1962. La normativa corrisponde mutatis mutandis a quella di cui al decreto 89-928. L'art. 2 di tale decreto contiene l'elenco dei progetti che devono essere sottoposti a valutazione dell'impatto ambientale.

    20.

    Come il decreto 89-928, il decreto 89-929 non contiene disposizioni che disciplinano la consultazione degli altri Stati membri. Viceversa, la consultazione del pubblico nella Regione fiamminga è garantita dal regio decreto 22 ottobre 1971, relativo all'attuazione dell'art. 63 della legge organica 29 marzo 1962.

    Procedimento

    21.

    Con lettera di diffida 29 dicembre 1989 la Commissione ha comunicato al Regno del Belgio di ritenere che la trasposizione della direttiva in diritto belga fosse incompleta e inesatta. Conformemente alle disposizioni dell'art. 169 del Trattato CEE, ha altresì chiesto al Regno del Belgio di trasmetterle le sue osservazioni in merito entro il termine di due mesi. Il governo dello Stato membro, dopo aver ottenuto una proroga del termine, ha risposto con lettera 25 maggio 1990 e ha inviato informazioni integrative il 26 luglio 1991. Le risposte fornite dallo Stato belga alla lettera di diffida non hanno consentito alla Commissione di modificare la sua opinione ed ha pertanto emesso un parere motivato con lettera 3 dicembre 1991 impartendo allo Stato membro un termine di due mesi per adottare i necessari provvedimenti. Anche in questo caso le risposte fornite dal Regno del Belgio non hanno consentito alla Commissione di cambiare opinione. La Commissione ha pertanto presentato un ricorso alla Corte il 2 maggio 1994.

    22.

    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    «—

    dichiarare che il Regno del Belgio, non avendo trasposto completamente e correttamente nel diritto belga la direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza della detta direttiva e degli artt. 5 e 189 del Trattato CE;

    condannare il Regno del Belgio alle spese».

    23.

    Più precisamente la Commissione ha mosso tre censure vertenti rispettivamente: a) sulla trasposizione non corretta dell'art. 2, n. 1, e dell'art. 4, n. 1, della direttiva; b) sulla trasposizione non corretta dell'art. 2, n. 1, e dell'art. 4, n. 2, della direttiva; e) sulla mancata trasposizione degli artt. 7 e 9 della direttiva. Visto il controricorso del governo belga, la Commissione ha rinunciato alla censura relativa alla mancata trasposizione dell'art. 6, n. 2, e dell'art. 9 della direttiva ( 11 ).

    24.

    Va ricordato che se la Corte dichiara che il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi specifici che gli incombono in forza della direttiva, è irrilevante esaminare la questione se sia quindi venuto meno anche agli obblighi derivanti dall'art. 5 del Trattato ( 12 ).

    Osservazioni

    A — La censura reviva alla trasposizione non corretta dell'art. 2, n. 1 ( 13 ), e dell'art. 4, n. 1 ( 14 ), della direttiva

    25.

    Secondo la Commissione, ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva, tutti i progetti di cui all'allegato I formano oggetto di valutazione dell'impatto ambientale. Gli Stati membri non possono istituire nessuna limitazione in questa materia. Ora, in Belgio la valutazione obbligatoria dell'impatto ambientale non è garantita per tutti i progetti elencati nell'allegato I.

    26.

    Questo motivo è diviso in due parti. La Commissione addebita:

    in primo luogo allo Stato belga di non aver trasposto entro i termini a livello nazionale il punto 2 dell'allegato I per quanto riguarda l'art. 4, n. 1, della direttiva, relativamente alle centrali, agli altri reattori nucleari e agli impianti utilizzati unicamente per il magazzinaggio permanente o l'eliminazione definitiva delle scorie radioattive;

    in secondo luogo al governo fiammingo di non aver correttamente trasposto il punto 6 dell'allegato I per quanto riguarda l'art. 4, n. 1, della direttiva ( 15 ).

    a) La trasposizione non corretta del punto 2 dell'allegato I per quanto riguarda l'art. 4, n. 1, della direttiva

    27.

    Il Regno del Belgio contesta questa censura e sostiene che il decreto 28 febbraio 1963 relativo alla disciplina generale della tutela della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti è stato modificato il 23 dicembre 1993 con un regio decreto che prescrive una valutazione dell'impatto ambientale ( 16 ) conforme a quella richiesta dalla direttiva per i progetti di cui al punto 2 dell'allegato I della direttiva ( 17 ).

    28.

    Tuttavia la Commissione conferma l'addebito. Essa ha precisato in udienza che in realtà, sebbene la trasposizione effettuata dal detto regio decreto 23 dicembre 1993 sia conforme ai precetti della direttiva, cionondimeno non è stata effettuata entro il termine stabilito dal parere motivato.

    29.

    Dalla costante giurisprudenza della Corte ( 18 ) risulta che la Commissione può in casi del genere chiedere la declaratoria che lo Stato membro di cui è causa è venuto meno all'obbligo di trasporre nel proprio diritto nazionale una direttiva in tempo utile. La censura della Commissione dovrà pertanto essere accolta.

    b) La trasposizione non conforme del punto 6 dell'allegato I per quanto riguarda l'art. 1, n. 1, della direttiva

    30.

    La disposizione nazionale controversa è contenuta nell'art. 3 del citato decreto 89-928. Tale articolo stabilisce l'elenco degli impianti che devono essere soggetti a valutazione dell'impatto ambientale. Il punto 6 di tale disposizione definisce gli impianti chimici integrati come impianti «per la trasformazione mediante processi chimici di:

    a)

    idrocarburi alifatici insaturi contenenti meno di 5 atomi di carbonio per molecola;

    b)

    idrocarburi ciclici insaturi ivi compresi composti aromatici comportanti meno di 9 atomi di carbonio per molecola;

    aventi una capacità di 100000 tonnellate all'anno o più».

    31.

    Secondo la Commissione dall'analisi di questa disposizione è dato desumere che unicamente gli impianti destinati al trattamento delle sostanze di cui ai punti a) ( 19 ) e b) ( 20 ) e, fra di essi, unicamente quelli la cui capacità minima di trattamento è almeno pan a 100000 tonnellate sono soggetti alla procedura di valutazione dell'impatto ambientale. Ora, il punto 6 dell'allegato I all'art. 4, n. 1, della direttiva non conterrebbe siffatte restrizioni.

    32.

    Il Regno del Belgio contesta tale censura. A suo parere la nozione di «impianti chimici integrati» è troppo vaga. La Commissione lo ha riconosciuto poiché ha proposto di modificare la direttiva su tale punto ( 21 ). Non si può pertanto censurare il Regno del Belgio per aver interpretato questa nozione, alla luce della natura stessa della direttiva. Viceversa, il Regno del Belgio riconosce che la normativa fiamminga non menziona gli impianti che trasformano mediante processi chimici gli idrocarburi saturi fra i progetti industriali privati o pubblici che debbono essere sottoposti alla procedura di studio dell'impatto ambientale. Esso giustifica tale carenza con il fatto che gli idrocarburi sono scarsamente utilizzati come elementi in chimica di base. Tuttavia riconosce del resto che quel tipo di idrocarburi viene utilizzato nell'industria petrolchimica, settore per il quale il legislatore comunitario impone una valutazione obbligatoria dell'impatto ambientale ( 22 ).

    33.

    In conclusione il Regno del Belgio sostiene che la definizione fiamminga della nozione di «impianti chimici integrati» ricomprende gli impianti chimici di maggior rilevanza situati nel territorio della Regione fiamminga.

    34.

    La mia posizione è che anche su questo punto il Regno del Belgio contravviene agli obblighi incombentigli in forza della direttiva.

    35.

    In primo luogo, il dettato della direttiva mi pare privo di qualunque ambiguità. Per quanto riguarda gli impianti chimici integrati, la direttiva non effettua restrizioni all'obbligo di valutazione. Ora, quando il legislatore comunitario ha ritenuto utile limitare tale obbligo, lo ha espressamente previsto ( 23 ).

    Inoltre, ammettere l'interpretazione proposta dal Regno del Belgio rischierebbe di mettere in discussione l'equilibrio istituito dalla direttiva fra i progetti di cui all'allegato I e quelli di cui all'allegato II, poiché taluni limiti voluti dal legislatore comunitario determinano inoltre il rapporto esistente fra l'art. 4, n. 1 (valutazione obbligatoria), e l'art. 4, n. 2 (valutazione eventuale), della direttiva ( 24 ).

    36.

    Per quanto riguarda l'argomento secondo cui tale nozione è incerta va osservato che

    la nozione «impianti chimici integrati» di cui all'allegato I dev'essere raffrontata a quanto risulta dal punto 6 dell'allegato II. Pertanto gli impianti chimici rientrano nell'allegato II e gli impianti chimici integrati nell'allegato I;

    inoltre, sebbene all'art. 4, n. 1, della direttiva, la Commissione abbia inteso precisare il punto 6 dell'allegato I, tale inciso non riguarda ciò che va inteso per «impianto chimico» bensì il termine «integrato», elemento che definisce la nozione in epigrafe. Ai sensi della detta proposta, gli impianti chimici integrati rappresentano: «[gli] impianti situati in una zona geografica dove si trovano affiancati vari stabilimenti di produzione industriale di prodotti chimici che appartengono o meno alla stessa società e che sono funzionalmente connessi tra di loro» ( 25 ).

    37.

    Ora, ne deriva necessariamente che, sebbene il Regno del Belgio sostenga che il concetto di «integrato» di cui alla nozione controversa è vago, la normativa fiamminga non lo precisa né lo definisce.

    38.

    Se la caratteristica di integrato di questi impianti costituisce l'elemento decisivo, la questione se un impianto chimico sia o meno integrato non dipende dalla capacità di trattamento né dal tipo di materie chimiche che sono trasformate da questa categoria di impianti; essa dipende dall'esistenza di unità di produzione collegate fra di loro e che costituiscono nel loro funzionamento un'unità produttiva unica.

    Lo scopo specificamente perseguito dal legislatore comunitario nel caso di specie è di evitare le perturbazioni ambientali provocate dall'insediamento di industrie di dimensioni talora modeste ma la cui nocività, a causa dell'integrazione delle sue unità di produzione, può risultare notevole.

    39.

    In secondo luogo, la ratio legis della direttiva osta a un'interpretazione del genere. Abbiamo visto che la direttiva istituisce un regime di valutazione dell'impatto ambientale al fine di promuovere una politica di prevenzione delle perturbazioni o inquinamenti ambientali ( 26 ):

    «[...] la migliore politica ecologica consiste nell'evitare fin dall'inizio inquinamenti ed altre perturbazioni, anziché combatterne successivamente gli effetti; [pertanto] in tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si deve tener subito conto delle eventuali ripercussioni sull'ambiente; [...] a tal fine [è necessaria] l'adozione [delle] procedure per valutare queste ripercussioni» ( 27 ).

    40.

    Lo scopo del legislatore comunitario è quindi di costringere gli Stati membri a dotarsi di strumenti giuridici che consentano loro rapidamente e prima del verificarsi di danni ambientali di far fronte a situazioni future. Ora, la normativa regionale fiamminga trascura manifestamente questo obiettivo non anticipando le situazioni future.

    41.

    Fra i mezzi cui fa ricorso la direttiva per perseguire tale risultato — attuazione di una politica di prevenzione delle perturbazioni e inquinamenti ambientali — il legislatore comunitario istituisce una procedura di autorizzazione in cognizione di causa dei progetti che possono causare le dette perturbazioni e inquinamenti. Per «autorizzazione in cognizione di causa» intendo un'autorizzazione concessa dalle autorità pubbliche competenti in esito ad un procedimento che consenta loro di ottenere tutte le informazioni utili relativamente ai rischi corsi: «[...] l'autorizzazione di progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente va concessa solo previa valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull'ambiente; che questa valutazione deve essere fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato dal progetto» ( 28 ).

    42.

    L'interpretazione restrittiva proposta dal Regno del Belgio sottrae pertanto alle autorità competenti in materia di autorizzazione il parere del pubblico interessato dai progetti di rilevante entità e per i quali il legislatore comunitario impone uno studio dell'impatto.

    B — La censura di trasposizione non corretta dell'art. 2, n. 1, e dell'art. 4, n. 2 ( 29 ), della direttiva

    43.

    Secondo L Commissione, dall'art. 4, n. 2, della direttiva emerge che gli Stati membri devono esaminare le caratteristiche (in particolare la natura, le dimensioni o l'ubicazione) dei progetti elencati nell'allegato II in concreto e caso per caso, indi, a seconda dei risultati dell'esame, decidere se la valutazione dell'impatto ambientale è necessaria o no. L'art. 4, n. 2, secondo comma, consente loro di facilitare tale studio specificando i tipi di progetti o fissando criteri e/o soglie limite. L'art. 4, n. 2, implica pertanto che gli Stati membri devono concretamente effettuare uno studio delle caratteristiche per ognuno dei progetti elencati nell'allegato IL Pertanto essi non possono sottrarre anticipatamente da tale studio taluni progetti di cui all'allegato IL

    44.

    Secondo il Regno del Belgio, la Commissione effettuerebbe un'interpretazione erronea delle disposizioni della direttiva. Esso suggerisce di leggere l'art. 2, n. 1, in combinato disposto con l'art. 4, n. 2, della direttiva. Gli Stati membri disporrebbero infatti di un margine discrezionale per valutare e stabilire essi stessi fra i progetti di cui all'allegato II quelli che devono essere sottoposti alla valutazione obbligatoria dell'impatto ambientale. Gli Stati membri potrebbero ritenere in generale e a priori che le caratteristiche di determinati progetti di cui all'allegato II rendono superflua una valutazione.

    45.

    Per tale motivo, nei decreti 23 marzo 1989, il governo fiammingo ha considerato, vista l'attuale situazione ambientale nella Regione fiamminga, che solo talune categorie di progetti di cui all'allegato II che soddisfano alle soglie limite e agli altri criteri previamente stabiliti, in particolare a causa della loro natura, vanno sottoposti a procedimento di valutazione dell'impatto ambientale. Implicitamente ha ritenuto che le caratteristiche di tutti gli altri progetti di cui all'allegato II fossero tali da non renderne necessaria la valutazione dell'impatto ambientale nella Regione fiamminga.

    46.

    governo tedesco ritiene, nella memoria di intervento, che l'interpretazione dell'art. 4, n. 2, della direttiva da parte del governo belga sia corretta.

    47.

    A mio parere, la tesi sviluppata dal Regno del Belgio e dalla Repubblica federale di Germania è incompatibile con la definizione ampia di ambiente data dal legislatore comunitario e si pone in contrasto con la finalità perseguita dalla direttiva.

    48.

    Per quanto riguarda la ratio legis detta direttiva, che ho analizzato in precedenza ( 30 ), essa non può essere soddisfatta da un'interpretazione del genere in quanto il procedimento istituito dal governo fiammingo non gli consente di anticipare e prevenire efficacemente e rapidamente danni futuri.

    49.

    Inoltre, conformemente allo scopo perseguito, l'art. 2, n. 1, della direttiva va considerato come la disposizione che enuncia il principio dell'obbligo fondamentale in materia di valutazione dell'impatto ambientale; gli Stati membri devono garantire che i progetti atti ad avere conseguenze notevoli sull'ambiente siano sottoposti a valutazione. L'applicazione di questo principio è prevista dall'art. 4; i progetti di cui all'allegato I hanno necessariamente conseguenze sull'ambiente ai sensi dell'art. 2, n. 1, mentre quelli di cui all'allegato II incidono sull'ambiente solo eventualmente. Uno studio caso per caso è pertanto necessario. Per quanto riguarda i progetti di cui all'allegato II, l'art. 4, n. 2, secondo comma, consente agli Stati membri di facilitare tale studio fissando criteri e/o soglie limite.

    50.

    La libertà di valutazione concessa agli Stati membri dall'art. 4, n. 2, per quanto riguarda il procedimento da seguire in materia, riguarda la possibilità di esaminare in particolare, alla luce delle caratteristiche di un progetto, se la valutazione dell'impatto ambientale sia necessaria o meno. Libertà di valutazione significa valutare e non rinunciare anticipatamente a farlo. Ora, questo sarebbe il risultato della lettura dell'art. 4, n. 2, proposta dal Regno del Belgio.

    51.

    È manifesto che l'elenco dei progetti sottoposti al procedimento di valutazione di cui alla disciplina regionale fiamminga non riguarda tutti i progetti di cui all'allegato II. La previa esclusione di un'intera categoria di progetti di cui all'allegato II comporta che la realizzazione concreta di un progetto che fa parte della categoria così esclusa non sarà mai sottoposta a valutazione dei rischi ambientali mentre talune caratteristiche concrete potrebbero rendere necessaria la detta valutazione. Infatti, l'ubicazione, la destinazione di una zona (industriale, residenziale) sono elementi, caratteristiche che possono essere valutati solo in concreto atteso che, inoltre, ognuno di tali elementi può subire alterazioni nel tempo. La prassi scelta dal Regno del Belgio è quindi inconciliabile con la finalità di prevenzione perseguita dal legislatore comunitario.

    52.

    Quest'ultima osservazione dimostra che la determinazione del contenuto stesso della nozione di «ambiente» ai sensi della direttiva è di importanza fondamentale.

    53.

    Mentre nel complesso dei testi normativi comunitari relativi alla tutela ambientale non sussiste una definizione esplicita di tale nozione, si deve osservare che la direttiva contiene, per la prima volta, taluni elementi di risposta.

    54.

    Nel terzo ‘considerando’ della direttiva, il legislatore comunitario precisa che «[...] risulta inoltre necessario realizzare uno degli obiettivi della Comunità nel settore della protezione dell'ambiente e della qualità della vita» ( 31 ); nell'undicesimo ‘considerando’ indica «[...] che gli effetti di un progetto sull'ambiente debbono essere valutati per proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita» ( 32 ).

    55.

    Lo scopo perseguito dal legislatore comunitario non è quindi unicamente la prevenzione dei rischi per la salute umana bensì anche il miglioramento del benessere dell'uomo in tutti gli aspetti della vita. Pertanto, riferendosi espressamente alla nozione di «qualità della vita», il legislatore comunitario ha sottolineato la sua preferenza per una definizione ampia di «ambiente».

    56.

    La scelta del legislatore comunitario di adottare una definizione ampia di tale nozione si deduce altresì dall'analisi delle disposizioni della direttiva. Infatti il contenuto della nozione di «ambiente» può essere ricavato dall'elenco dei settori per i quali il legislatore intende venga effettuato lo studio e la valutazione dell'impatto di un progetto di attività. Pertanto la considerazione dei «fattori» come l'uomo, la fauna, la flora, il suolo, l'aria, il clima e il paesaggio, l'interazione tra questi diversi fattori, i beni materiali e il patrimonio culturale ( 33 ), l'ubicazione, la progettazione e le dimensioni di un progetto ( 34 ), consente di concluderne che tale elenco costituisce una descrizione utile del contenuto della nozione ( 35 ).

    57.

    Ora, l'interpretazione proposta dal Regno del Belgio comporterebbe una definizione restrittiva della nozione di ambiente in contrasto con la direttiva stessa.

    C — La censura di mancata trasposizione degli artt. 7 ( 36 ) e 9 della direttiva

    58.

    Nei casi in cui l'impatto ambientale si esplica oltre frontiera, l'art. 7 della direttiva prevede modalità secondo le quali lo Stato membro che rischia di subire tale impatto viene coinvolto nel procedimento. L'art. 9 gli attribuisce il diritto di essere informato dalla decisione presa.

    59.

    Secondo h Commissione la normativa della Regione fiamminga e quella della Regione Bruxelles-Capitale non prevedono disposizioni di attuazione degli artt. 7 e 9 della direttiva.

    60.

    Il governo belga nel controricorso ammette che, per le Regioni fiamminga e Bruxelles-Capitale non esiste nessuna disposizione di attuazione degli artt. 7 e 9 della direttiva. Esso riconosce la fondatezza della censura mossa dalla Commissione per quanto riguarda la Regione fiamminga e annuncia provvedimenti che garantiranno la trasposizione in diritto interno dei detti articoli ( 37 ).

    61.

    Occorre effettivamente rilevare che il Regno del Belgio non ha trasposto nella sua normativa regionale fiamminga le disposizioni degli artt. 7 e 9 della direttiva. Infatti, finché i provvedimenti annunciati dal governo belga non saranno emanati e entrati in vigore, il Regno del Belgio continuerà a non aver adempiuto ai suoi obblighi.

    62.

    Il Regno del Belgio contesta l'inadempimento per quanto riguarda la Regione Bruxelles-Capitale. L'argomento mosso dal Regno del Belgio consiste nell'affermare che la situazione geografica della Regione Bruxelles-Capitale e la caratteristica di zona urbana escludono l'ubicazione di impianti industriali atti a produrre un impatto ambientale che si ripercuota oltre le frontiere in altri Stati membri. Pertanto la trasposizione non sarebbe necessaria.

    63.

    Questo argomento va respinto. Esso muove dall'ipotesi secondo cui unicamente i progetti frontalieri possono causare eventuali perturbazioni agli altri Stati membri — ovviamente frontalieri — e che nessuna industria rilevante è ubicata nella zona interessata. Ora, è stato dimostrato, se non altro allo stato attuale, che la natura di zona essenzialmente urbana non esclude l'ubicazione di impianti industriali atti a produrre conseguenze sull'ambiente oltre le frontiere. Infatti, l'agente della Commissione ha osservato in udienza che nella Regione Bruxelles-Capitale vi sono impianti chimici, petrolchimici delle imprese Solvay, Chevron, BP e Petrofina. Pertanto la definizione di ambiente data dal legislatore comunitario ( 38 ) e lo scopo perseguito dal legislatore comunitario ( 39 ) sono difficilmente conciliabili con un'interpretazione del genere. Se ne desume che gli argomenti svolti dal Regno del Belgio corrispondono ad una visione superata delle perturbazioni occasionate all'ambiente, che non ricomprende in particolare tutte le forme di inquinamento, segnatamente l'inquinamento dell'aria e dell'acqua.

    La censura mossa dalla Commissione dovrà altresì essere accolta per quanto riguarda questo punto.

    64.

    Vi propongo pertanto di dichiarare:

    «—

    che il Regno del Belgio, non avendo trasposto completamente e correttamente in diritto belga la direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza della detta direttiva ed in particolare degli artt. 2, 4, 7, 9 e 12;

    che il Regno del Belgio va condannato alle spese».


    ( *1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 1 ) GU L 175, pag. 40.

    ( 2 ) Moniteur belge del 24 gennaio 1986.

    ( 3 ) Moniteur belge del 22 novembre 1991, pag. 26157.

    ( 4 ) Sentenza n. 54, Moniteur belge dell'I 1 giugno 1988.

    ( 5 ) Moniteur belge del 1o agosto 1992, pag. 17340.

    ( 6 ) Moniteur belge del 17 settembre 1985, pag. 13304.

    ( 7 ) Moniteur belge del 12 aprile 1962.

    ( 8 ) Moniteur belge del 17 maggio 1989, pag. 8442.

    ( 9 ) Controricorso, pag. 7 della versione francese.

    ( 10 ) Moniteur belge del 17 maggio 1989, pag. 8450.

    ( 11 ) Replica, pag. 2 della versione francese.

    ( 12 ) V. in particolare, fra le ultime sentenze, la sentenza 19 gennaio 1995, causa C-66/94, Commissione/Belgio (Race. pag. I-149, punto 6).

    ( 13 ) «1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell'articolo 4».

    ( 14 ) «1. Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 3, i progetti appartenenti alle classi elencate nell'allegato I formano oggetto di valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10».

    ( 15 ) Impianti chimici integrati.

    ( 16 ) Moniteur belge del 2 febbraio 1994, pag. 2133.

    ( 17 ) «Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, nonché centrali nucleari e altri reattori nucleari (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 kW di durata permanente termica)».

    ( 18 ) V., da ultimo, sentenza 13 luglio 1995, causa C-216/94, Commissione/Belgio (Race. pag. I-2155, punti 10 e 11).

    ( 19 ) Cioc il bucano, il metano, il propano c l'etano.

    ( 20 ) Cioè le operazioni relative al benzene.

    ( 21 ) Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 85/337/CEE [COM(93) 575 def. del 16 marzo 1994].

    ( 22 ) Punto 1 dell'allegato I.

    ( 23 ) V. punti 1, 2, 5, 7 e 8 dell'allegato I.

    ( 24 ) V, ad esempio, il punto 10, sub d), dell'allegato II; i porti di navigazione interna a seconda della loro capacità.

    ( 25 ) Proposta di direttiva che modifica la direttiva S5/337.

    ( 26 ) V. supra, paragrafo 2.

    ( 27 ) Primo ‘considerando’ della direttiva.

    ( 28 ) Sesto ‘considerando’ della direttiva.

    ( 29 ) «2. I progetti appartenenti alle classi elencate nell'allegato II formano oggetto di una valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10 quando gli Stati membri ritengono che le loro caratteristiche lo richiedano. A tal fine, gli Stati membri possono, tra l'altro, specificare alcuni tipi di progetti da sottoporre ad una valutazione d'impatto o fissare criteri c/o soglie limite per determinare quali dei progetti appartenenti alle classi elencate nell'allegato II debbano formare oggetto di una valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10».

    ( 30 ) V. supra, paragrafi 38-42.

    ( 31 ) Il corsivo c mio.

    ( 32 ) Il corsivo è mio.

    ( 33 ) Art. 3 della direttiva.

    ( 34 ) Art. 5 della direttiva.

    ( 35 ) V, in tal senso, Krämer, L.: «Environnement», in Jurísclasseur, fascicolo 1900, 1994, pag. 13.

    ( 36 ) «Qualora uno Stato membro constati che un progetto può avere un impatto importante sull'ambiente di un altro Stato membro, o qualora uno Stato membro che potrebbe essere considerevolmente danneggiato ne faccia richiesta, lo Stato membro nel cui territorio si intende realizzare il progetto trasmette le informazioni raccolte ai sensi dell'articolo 5 all'altro Stato membro e contemporaneamente le mette a disposizione dei propri cittadini. Dette informazioni costituiscono la base per qualsiasi consultazione che si renda necessaria nell'ambito delle relazioni bilaterali tra i due Stati membri su un piano di reciprocità e di parità».

    ( 37 ) Controricorso, punto 5.

    ( 38 ) V. le mie conclusioni su questo punto.

    ( 39 ) V. supra, paragrafi 38-42.

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