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Document 61994CC0110

Conclusioni dell'avvocato generale Lenz del 23 novembre 1995.
Intercommunale voor zeewaterontzilting (INZO) contro Stato belga.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Rechtbank van eerste aanleg Brugge - Belgio.
IVA - Nozione di attività economica - Qualità di soggetto passivo - Attività limitata ad uno studio sulla redditività di un progetto, cui fa seguito l'abbandono di quest'ultimo.
Causa C-110/94.

Raccolta della Giurisprudenza 1996 I-00857

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1995:403

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

CARL OTTO LENZ

presentate il 23 novembre 1995 ( *1 )

A — Introduzione

1.

Nella presente causa il Rechtbank van eerste aanleg di Bruges chiede un'interpretazione della nozione «attività economiche» ai sensi della sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra d'affari — Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «sesta direttiva») ( 1 ). Ciò deriva da una controversia tra la Inzo (Intercommunale voor zeewaterontzilting), una società di diritto privato avente la forma di una società per azioni in liquidazione, e lo Stato belga. La Inzo è stata fondata nel 1974 tra l'altro dalle province della Fiandra occidentale e della Fiandra orientale e da diversi comuni costieri, al fine di sviluppare ed applicare procedimenti connessi alla lavorazione dell'acqua di mare e dell'acqua salmastra e di trasformare quest'acqua in acqua potabile e commercializzarla. Al riguardo la Inzo ha istituito un ufficio ed ha concluso diversi contratti di mutuo, nonché un contratto con la città di Ostenda relativamente all'acquisizione di un'area per un impianto di dissalamento. Prima di tutto però ha ordinato negli anni successivi al 1976 uno studio sulla redditività.

2.

La società è stata registrata come soggetto passivo dalle autorità fiscali belghe e per il periodo 1978-1982 ha fatto valere una deduzione d'imposta di 4913001 BFR per la menzionata attività, cosa che è stata accettata dalle autorità fiscali.

3.

Dopo che dallo studio erano emersi numerosi problemi di redditività ed alcuni investitori si erano ritirati, l'assemblea generale in data 27 maggio 1988 decretava lo scioglimento anticipato della società, per cui la programmata commercializzazione non era più possibile.

4.

Già nel 1983, in occasione di un controllo fiscale, l'autorità fiscale aveva stabilito che la Inzo non aveva effettuato fino ad allora alcuna operazione imponibile. Per tale motivo è stata chiesta la restituzione dell'imposta recuperata nell'ambito della deduzione. L'ordine di pagamento dell'autorità fiscale di Ostenda, a cui si oppone la Inzo, è datato 3 febbraio 1992 ed è stato dichiarato esecutivo il 14 febbraio 1992. Con esso si richiede la restituzione dell'imposta recuperata per l'ammontare di 4913001 BFR, maggiorata di 736500 BFR a titolo di ammenda ed interessi di mora. Come motivazione viene addotto il fatto che non sussiste alcun diritto a deduzione, poiché la Inzo non è un soggetto passivo ai sensi della legge sull'IVA. Secondo il giudice nazionale è necessario sottoporre alla Corte di giustizia, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, una questione di interpretazione dell'art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva. Queste disposizioni così recitano:

«1.

Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2.

Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

5.

La norma pertinente della sesta direttiva sulle deduzioni così recita:

«Articolo 17

Origine e portata del diritto a deduzione

(...)

   

2.   Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore:

a)

l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(...)».

6.

Il giudice nazionale ha quindi proposto la seguente questione pregiudiziale:

«Se debba essere considerata un'attività economica, ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva 17 maggio 1977, l'attività di una società, istituita con uno scopo ben determinato (vale a dire: “la ricerca e lo studio, l'organizzazione e lo sfruttamento economico, la promozione di tutti i procedimenti per trattare, ottenere e vendere l'acqua marittima e salmastra”), la cui attività in concreto si è limitata soltanto a ordinare e a pagare un vasto studio sulla redditività relativo al procedimento da istituire, il quale ha dimostrato la mancanza di redditività, e al tempo stesso ha comportato la liquidazione della stessa società».

B — Parere

7.

È pacifico che la Inzo non ha mai intrapreso l'attività economica prevista perciò non ha effettuato alcuna operazione imponibile. L'autorità fiscale nazionale ha certo registrato la società come soggetto passivo e le ha riconosciuto il diritto a deduzione, ma la Inzo ha solo commissionato lo studio sulla redditività ed ha compiuto altri atti solo preparatori. In ciò risiede la differenza sostanziale rispetto ai casi finora decisi dalla Corte.

8.

Ad esempio, nella sentenza Rompelman ( 2 ), menzionata in tutte le memorie, si trattava della questione se un'attività preparatoria potesse essere considerata parte di un'attività economica intrapresa successivamente e, in caso affermativo, a quali condizioni, con la conseguenza che colui che compie l'attività può essere considerato come soggetto passivo con diritto a deduzione. In altri termini, al tempo della decisione della Corte l'attività economica era già stata avviata. La Corte decideva quindi a posteriori se un atto fosse da considerare come atto preparatorio di un'attività economica. La Corte ha dichiarato che un'attività economica ai sensi dell'art. 4 della sesta direttiva può consistere in vari atti consecutivi, per cui gli atti preparatori devono essere considerati parte dell'attività economica ( 3 ). Ciò significa però che gli atti preparatori di per sé non costituiscono ancora un'attività economica, ma devono essere considerati come tali.

9.

Nella presente causa non si tratta della questione se un'attività possa essere considerata come un atto preparatorio di una successiva attività economica, ma della questione se una decisione delle autorità nazionali di considerare un atto come atto preparatorio e di registrare colui che compie l'atto come soggetto passivo con diritto a deduzione possa essere annullata qualora risulti che l'attività economica prevista non è stata mai intrapresa e non è stata effettuata alcuna operazione imponibile.

10.

Secondo l'attrice questo non è possibile. Essa sostiene che la sua attività in base alla giurisprudenza nella causa Rompelman debba essere considerata come un atto preparatorio e quindi come un'attività economica. Il fatto che l'attività economica non sia stata intrapresa per motivi che la Inzo non è tenuta ad esporre non ha alcuna importanza. Dopo che ha compiuto l'atto preparatorio, la Inzo va considerata come un soggetto passivo. Tale qualità non le può essere disconosciuta successivamente. Al riguardo essa fa riferimento alla sentenza Rompelman, secondo cui il sistema comune d'imposta sul valore aggiunto garantisce la perfetta neutralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche indipendentemente dal loro scopo e dal loro risultato ( 4 ).

11.

A mio parere la giurisprudenza nella causa Rompelman non può essere trasferita puramente e semplicemente alla presente causa. Nella causa Rompelman era accertato che l'attività economica era stata intrapresa. Conscia di tale fatto la Corte ha esaminato a posteriori la situazione esistente al momento degli atti preparatori. Al riguardo essa ha dichiarato che per motivi di neutralità fiscale ogni attività economica deve essere trattata allo stesso modo, anche per quanto riguarda gli atti preparatori. Non sarebbe giustificato negare la qualità di soggetto passivo fino al definitivo avvio dell'attività economica e quindi non concedere un diritto a deduzione per attività preparatorie dell'attività economica. Non si può ad esempio distinguere arbitrariamente tra spese di investimento prima e durante l'attività economica. Anche se una deduzione viene concessa, ma solo dopo l'inizio dell'attività economica, sussiste un onere finanziario, che è incompatibile con un'imposizione fiscale neutrale ( 5 ). In altri termini, già al momento dell'atto preparatorio, cioè in anticipo, si deve decidere sulla possibilità della deduzione. La Corte dichiara inoltre che colui che fa valere un diritto a deduzione deve dimostrare di soddisfare le condizioni necessarie, cioè che egli è un soggetto passivo ai sensi dell'art. 4, n. 1, della sesta direttiva. L'amministrazione fiscale nazionale in tale contesto ha la possibilità di esigere che l'intenzione dichiarata di svolgere un'attività economica venga confermata da elementi oggettivi ( 6 ).

12.

La Corte è tuttavia in tal caso partita dal fatto che la prevista attività economica sia stata anche avviata. In altri termini, anche se la società ha dimostrato, secondo le autorità nazionali, la sua intenzione di svolgere un'attività economica, non è ancora chiaro quale decisione si debba adottare se l'attività economica non viene avviata.

13.

Se la Corte nella sentenza Rompelman dichiara che tutte le attività economiche indipendentemente dal loro scopo o dai loro risultati devono essere assoggettate ad imposta in maniera neutrale, ciò significa: indipendentemente da quale risultato si ottenga dall'attività economica. Nel presente caso non vi è tuttavia alcuna attività economica, quindi non può esistere alcun risultato della stessa. L'atto preparatorio (l'aver commissionato lo studio sulla redditività) ha comportato un risultato: il risultato negativo che l'attività economica non si doveva intraprendere. Tuttavia l'atto preparatorio non rappresenta ancora di per sé alcuna attività economica. Esso potrebbe al massimo essere considerato come tale. Se questo sia possibile ovvero se una tale considerazione possa essere mantenuta qualora l'attività economica non sia intrapresa costituisce la questione da risolvere nella presente fattispecie.

14.

Al riguardo è irrilevante il fatto che la Inzo non deve giustificare la completa cessazione dell'attività; e quest'ultima rimane ancora una questione irrisolta, in quanto l'attività è stata completamente conclusa soprattutto per mancanza di redditività — e ciò rientra nella responsabilità della Inzo.

15.

Nella fattispecie non si tratta tuttavia dei motivi del mancato avvio dell'attività economica. Sorge piuttosto la questione se la sola intenzione di svolgere un'attività economica sia sufficiente perché qualcuno sia considerato come soggetto passivo, anche se l'atto preparatorio non può essere attribuito ad alcuna successiva attività economica.

16.

Anche nella sentenza Lennartz ( 7 ), nella quale la Corte fa riferimento ancora una volta alla sua giurisprudenza nella causa Rompelman, si tratta di esaminare a posteriori se un investimento, che solo successivamente viene utilizzato per un'attività economica, fosse da considerare già al momento in cui viene effettuato come attività economica. Anche in tale fattispecie la Corte era partita dal fatto che l'attività economica prevista era stata anche avviata. Essa indica perfino come criterio per l'esame della questione il periodo di tempo intercorso tra l'investimento e il successivo svolgimento dell'attività economica ( 8 ).

17.

Da ciò risulta, a mio parere, che la giurisprudenza nella causa Rompelman non può essere applicata in maniera pura e semplice alla presente fattispecie, nella quale la società non ha mai svolto attività economica.

18.

Anche la Commissione nelle sue osservazioni fa riferimento alla differenza tra la situazione nella causa Rompelman e la presente fattispecie. Certo essa perviene alla conclusione che si debba applicare la giurisprudenza Rompelman anche alla presente fattispecie. Dal momento in cui qualcuno si dichiara soggetto passivo ai sensi dell'art. 22, n. 1, della sesta direttiva e tale dichiarazione non presenta alcun intento fraudolento e secondo le autorità fiscali nazionali è basata su elementi obiettivi, non ha alcuna importanza se le operazioni imponibili siano state effettuate o meno. Se non sono state effettuate, ciò non impedisce di considerare gli investimenti come attività economica ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva e di concedere un diritto a deduzione ai sensi dell'art. 17 di tale direttiva. Le autorità fiscali, se in base agli atti di cui dispongono riscontrano l'intenzione di svolgere un'attività economica e perciò registrano qualcuno come soggetto passivo e gli concedono un diritto a deduzione, non possono annullare ciò a posteriori sulla base di un evento successivo imprevisto. Ciò è possibile solo se l'interessato abbia fornito false dichiarazioni con intento fraudolento.

19.

La Commissione si basa al riguardo sul principio della tutela dell'affidamento, il quale vieta di disconoscere successivamente un diritto a deduzione già concesso. Certo la Commissione stessa prevede un limite: l'autorità fiscale nazionale è vincolata dalla sua decisione, finché non vi sia stata alcuna modifica nell'attività del soggetto passivo.

20.

La situazione nella presente fattispecie, a mio parere, potrebbe essere considerata anch'essa come una modifica dell'attività economica, e persino come la più drastica possibile: non viene avviata alcuna attività economica. Ciò non cambia forse nulla circa l'intenzione e l'attività preparatoria stessa, ma la prevista attività economica, nella quale si fa rientrare l'atto preparatorio, non viene avviata. In altri termini si tratta di una modifica, la quale — anche secondo la Commissione — ha come conseguenza che l'amministrazione nazionale non è più vincolata alla sua precedente decisione.

21.

Un argomento a mio parere importante a favore della possibilità di revocare la deduzione concessa si riscontra nel fatto che la sesta direttiva stessa prevede all'art. 20 una rettifica delle deduzioni. Una tale rettifica può essere operata qualora l'importo della deduzione cambi, ad esempio se un acquisto viene annullato o si ottiene una riduzione di prezzo. Da ciò deriva anzitutto che una deduzione già concessa può in ogni caso essere rettificata.

22.

Sorge poi la questione perché, se è possibile una rettifica della deduzione in caso di una modifica dell'importo, la deduzione non debba essere modificata, qualora non vi sia alcuna attività economica e quindi non sussista alcun diritto a deduzione. Perché colui che non svolge alcuna attività economica ed al quale non spetta quindi alcun diritto a deduzione non deve sottostare ad alcuna modifica, mentre un soggetto passivo in caso di una modifica dell'importo della deduzione deve restituire la differenza? Non risulta alcuna giustificazione per tale disparità. Una ripetizione della deduzione concessa deve perciò essere possibile.

23.

Questo può far sorgere problemi connessi alla tutela dell'affidamento. Ciò però dipende soprattutto dalla normativa nazionale. Il governo tedesco ad esempio ha sostenuto che nel caso di atti preparatori la decisione sulla qualità di imprenditore ed il diritto a deduzione sono in un primo tempo provvisori, cioè dipendono dalla condizione sospensiva che vengano poi effettuate prestazioni a titolo oneroso. Solo se vengono effettivamente svolte operazioni a titolo oneroso la decisione diventa definitiva.

24.

Non risulta da alcuna parte che la sesta direttiva prescriva un tale modo di procedere. Non è tuttavia difficile riscontrare che in una tale normativa nazionale difficilmente sorgono problemi connessi alla tutela dell'affidamento, se una deduzione già concessa viene di nuovo richiesta — salvo che sussistano circostanze eccezionali, come ad esempio un lasso di tempo eccessivamente lungo tra la decisione provvisoria e l'annullamento stesso.

25.

Proprio questo fa sorgere problemi nella presente fattispecie. La deduzione è stata concessa la prima volta per il 1978. Fino alla prima verifica fiscale da parte delle autorità nazionali sono trascorsi cinque anni e fino alla notifica dell'ordine di pagamento altri nove anni. Al riguardo possono sorgere problemi connessi alla tutela dell'affidamento. Spetta tuttavia al giudice nazionale decidere al riguardo nel singolo caso nell'ambito della normativa nazionale.

26.

La Corte per contro deve pronunciarsi sulla questione fondamentale se sia possibile una ripetizione della deduzione. Poiché, come sopra indicato, anche in caso di una ripetizione possono trovare sufficiente considerazione gli aspetti connessi alla tutela dell'affidamento, una ripetizione è a mio parere possibile, tanto più che la sesta direttiva stessa prevede una rettifica. In altri termini la possibilità della ripetizione della deduzione concessa non viene meno per motivi di tutela dell'affidamento.

27.

Come ulteriore argomento contro la possibilità di una ripetizione della deduzione la Commissione fa valere il principio della neutralità fiscale su cui la Corte si è basata nella causa Rompelman. In base a tale principio tutti gli imprenditori devono essere trattati in maniera neutrale relativamente all'imposizione fiscale, indipendentemente dal fatto che essi compiano solo atti preparatori o effettuino già operazioni imponibili.

28.

Anche in tale contesto va di nuovo rilevato che nella presente fattispecie non è stata avviata alcuna attività economica. Per tale motivo a mio parere si contravverrebbe al principio della neutralità fiscale, se la deduzione concessa non venisse restituita. Per un'attività che non costituisce un'attività economica non viene concessa alcuna deduzione. Taluni atti preparatori vengono al riguardo compiuti, perché e se possono essere fatti rientrare in una successiva attività economica. Se tuttavia ciò non è possibile, perché manca una successiva attività economica, neanche una deduzione è possibile. È importante non l'atto preparatorio, ma l'attività economica, che costituisce la base di tutte le considerazioni. Essa deve essere trattata in maniera neutrale presso tutti gli imprenditori. Anche il convenuto sostiene questo nelle sue osservazioni. Perché quindi chi non svolge un'attività economica dovrebbe essere trattato allo stesso modo di chi svolge una tale attività?

29.

In tale contesto sia il convenuto sia il governo tedesco fanno giustamente riferimento all'art. 17, n. 2, della sesta direttiva, secondo cui una deduzione è possibile solo se le spese del soggetto passivo sono effettuate «ai fini di sue operazioni soggette ad imposta».

30.

Anche qui si potrebbe di nuovo argomentare che importante è solo l'intenzione e che non ha importanza se in conclusione vengano effettivamente svolte operazioni. Ai sensi dell'art. 17, n. 2, della sesta direttiva solo un soggetto passivo è autorizzato alla deduzione e, ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva, è tale chiunque eserciti un'attività economica — non chiunque intenda esercitare una tale attività.

31.

Come giustamente sostiene il governo tedesco, nella causa Rompelman si trattava di accertare quando questa attività economica, che viene svolta, sia incominciata. Nell'interesse della neutralità dell'imposizione si è ammesso, con riferimento al nesso tra l'atto preparatorio e la successiva attività economica, che questa comincia con l'atto preparatorio. Se l'interessato successivamente non svolge alcuna attività economica, queste considerazioni vengono meno. Non vi è alcun motivo per concedere un diritto a deduzione se non sussiste alcuna attività economica.

32.

Di importanza almeno pari al principio della neutralità fiscale è un altro principio, cui fanno riferimento il convenuto e il governo tedesco. Si tratta del principio secondo cui l'IVA ricade sempre sul singolo consumatore finale. In altri termini, ci si basa su una catena di prestazioni. Un soggetto passivo che effettua operazioni ed esegue prestazioni per altri non si trova alla fine della catena e può perciò far valere la deduzione. L'imposta ricadrà sul singolo consumatore finale per il quale egli ha eseguito la prestazione. Il «soggetto passivo» però, se non effettua alcuna operazione e quindi non esegue alcuna prestazione, è praticamente il consumatore finale. In altri termini l'IVA ricade su di lui. Se gli venisse concesso un diritto a deduzione, la sua attività rimarrebbe esente da imposta. Come il convenuto giustamente sostiene, questo sarebbe incompatibile con un principio fondamentale del sistema dell'IVA. Per tale motivo non si può più attribuire alla Inzo alcun diritto a deduzione. È accertato che la Inzo non ha mai svolto un'attività economica e quindi non ha mai effettuato operazioni. La società va perciò considerata come un consumatore finale, che viene assoggettato all'IVA. Per questo motivo la Inzo deve restituire la deduzione che le è stata concessa.

33.

Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, ciò non comporta uno sconvolgimento del sistema dell'IVA. La Commissione sostiene che, se non venisse concesso alcun diritto a deduzione, il soggetto passivo dovrebbe pagare l'IVA anche se successivamente effettuasse un'operazione. In tal modo l'IVA sarebbe pagata due volte e verrebbe ripercossa dal soggetto passivo a seconda delle circostanze sul prezzo del prodotto.

34.

Questa non è però la situazione che si presenta nella fattispecie, nella quale è stata concessa una deduzione ed ora, dopo che è accertato che la Inzo non effettuerà mai alcuna operazione, viene chiesta la restituzione di tale deduzione. È pacifico quindi che la Inzo è il consumatore finale. In altri termini, non sussiste il pericolo di una doppia imposizione, ma il pericolo che una prestazione non venga affatto assoggettata ad imposta. Questo costituisce uno sconvolgimento del sistema dell'IVA.

35.

All'udienza il governo tedesco ha inoltre giustamente fatto riferimento al pericolo di abuso. L'intenzione di una persona o di una società di svolgere attività economica è difficile da accertare a priori. Un inganno è molto facilmente possibile e perciò è corrispondentemente alto anche il pericolo di abuso. In altri termini in molti casi potrebbe essere concesso un diritto a deduzione, benché in realtà non sia stata programmata alcuna attività economica. Per tale motivo deve essere possibile effettuare controlli a posteriori ed eventualmente rettifiche della deduzione. Come già sopra chiarito, può sufficientemente essere tenuta in considerazione al riguardo la tutela dell'affidamento. Se è possibile una ripetizione della deduzione, ciò non significa che in singoli casi non si possa rinunciare ad una ripetizione per motivi connessi alla tutela dell'affidamento.

36.

Inoltre il governo tedesco nelle sue osservazioni fa riferimento alla sentenza nella causa Staatssecretaris van Financiën ( 9 ), in cui la Corte ha dichiarato che chi presta servizio a titolo gratuito non può essere considerato soggetto passivo. Da ciò il governo tedesco deduce che a maggior ragione non può essere considerato soggetto passivo chi non effettua alcuna prestazione. Questo argomento non mi sembra molto adatto alla presente fattispecie, in quanto non si tratta della delimitazione tra prestazioni a titolo gratuito e prestazioni a titolo oneroso, ma di accertare se sia sufficiente solo l'intenzione di svolgere un'attività economica o l'attività debba essere anche realizzata. La Inzo aveva l'intenzione di svolgere un'attività a titolo oneroso. Vi è solo la questione se tale intenzione da sola fosse sufficiente per considerare la Inzo come soggetto passivo. Come ho già indicato, a mio parere l'intenzione da sola non è sufficiente.

37.

Tutte le parti si occupano poi della questione se, nel momento in cui è stato disposto lo studio sulla redditività, effettivamente sussistesse l'intenzione di svolgere un'attività economica. Il convenuto sostiene ad esempio che la Inzo solo in presenza dei risultati dello studio intendeva decidere se avviare effettivamente l'attività economica, e che tutta l'attività era fino ad allora sottoposta a tale riserva. Non approfondirò ulteriormente questo argomento, in quanto con esso si impugna l'originaria decisione dell'amministrazione fiscale nazionale, in cui si dichiara che la Inzo è un soggetto passivo e ha diritto a deduzione. In altri termini, ciò non riguarda la circostanza che la Inzo non ha svolto successivamente alcuna attività economica, ma si sostiene che la Inzo fin da allora non avrebbe dovuto essere registrata come soggetto passivo. Non spetta alla Corte valutare ciò.

38.

Se l'autorità nazionale possa rivedere la sua precedente valutazione è una questione di diritto amministrativo nazionale su cui deve pronunciarsi il giudice nazionale nel rispetto della tutela dell'affidamento.

39.

Al riguardo intendo solo rilevare quanto segue. Non si può ritenere che la Inzo non avesse alcuna intenzione di svolgere un'attività economica. Piuttosto è pacifico che la Inzo avesse la ferma intenzione di svolgere un'attività economica in caso di esito positivo dello studio sulla redditività. Se in un tale caso si rifiuta fin dall'inizio la deduzione, bisogna considerare se ciò non sia incompatibile con il principio della neutralità fiscale, in quanto, in caso di esito positivo dello studio, viene avviata l'attività economica. Questa — in caso di rifiuto del diritto a deduzione — verrebbe tuttavia trattata diversamente dal punto di vista fiscale rispetto ad un'attività economica ed ai relativi atti preparatori, che vengono intrapresi senza un previo studio sulla redditività. Non vi è alcun fondamento giuridico per una tale disparità.

40.

Non è questo però il vero problema della causa. Esso risiede nello stabilire cosa si debba fare se l'attività economica non è stata avviata. In un tale caso gli atti preparatori da soli non possono essere considerati come attività economica. È possibile — come già sopra indicato — la ripetizione della deduzione già concessa (nel rispetto della tutela dell'affidamento da parte del giudice nazionale).

C — Conclusione

41.

Propongo perciò la seguente soluzione della questione pregiudiziale:

«L'attività di una società, rivolta ad una futura attività economica della società stessa, non può essere considerata attività economica ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva 17 maggio 1977, dopo che si è accertato che la società è stata sciolta senza aver svolto alcuna attività economica».


( *1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 1 ) Direttiva 17 maggio 1977, 77/388/CEE (GU L 145, pag. 1).

( 2 ) Sentenza 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman (Racc. pag. 655).

( 3 ) Causa 268/83, citata, punto 22.

( 4 ) Causa 268/83, ciuta, punto 19.

( 5 ) Causa 268/83, citata, punto 23.

( 6 ) Causa 268/83, citata, punto 24.

( 7 ) Sentenza 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz (Racc. pag. I-3795).

( 8 ) Causa C-97/90, citata, punto 20.

( 9 ) Sentenza 1° aprile 1982, causa 89/81, Staatssecretaris van Financiën/Hong-Kong Trade (Racc. pag. 1277, in particolare pag. 1286, punto 10).

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