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Document 61993CJ0005

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) dell'8 luglio 1999.
    DSM NV contro Commissione delle Comunità europee.
    Ricorso contro un'ordinanza del Tribunale di primo grado - Domanda di revocazione - Ricevibilità.
    Causa C-5/93 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 1999 I-04695

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1999:364

    61993J0005

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) dell'8 luglio 1999. - DSM NV contro Commissione delle Comunità europee. - Ricorso contro un'ordinanza del Tribunale di primo grado - Domanda di revocazione - Ricevibilità. - Causa C-5/93 P.

    raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-04695


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    1 Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Ricorso contro un'ordinanza che respinge una domanda di revocazione - Interpretazione della nozione di fatto nuovo e decisivo di cui all'art. 41 dello Statuto della Corte - Questione di diritto - Ricevibilità

    (Statuto CE della Corte di giustizia, artt. 41, primo comma, e 49, primo comma)

    2 Ricorso di annullamento - Competenza del giudice comunitario - Competenza anche di merito - Ingiunzione nei confronti di un'istituzione - Inammissibilità

    [Trattato CE, artt. 172 (divenuto art. 229 CE) e 173 (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE); regolamento del Consiglio n. 17, art. 17]

    3 Procedura - Revocazione di una sentenza - Presupposti di ricevibilità della domanda - Fatti anteriori alla pronuncia della sentenza impugnata - Fatti ignoti alla parte che domanda la revocazione

    (Statuto CE della Corte di giustizia, art. 41)

    Massima


    1 Può essere impugnata una decisione del Tribunale con la quale esso dichiari irricevibili ricorsi per revocazione. Una soluzione opposta sarebbe manifestamente contraria all'art. 49, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, in forza del quale può essere proposta impugnazione dinanzi alla Corte contro le decisioni del Tribunale che concludono il procedimento.

    L'interpretazione della nozione di «fatto di natura tale da avere un'influenza decisiva e che, prima della pronuncia della sentenza, era ignoto alla Corte e alla parte che domanda la revisione» ai sensi dell'art. 41, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia è una questione di diritto che può essere esaminata nell'ambito di un'impugnazione.

    2 Nell'ambito del sindacato di legittimità basato sull'art. 173 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE), il giudice comunitario non è competente a pronunciare ingiunzioni. Lo stesso vale quando il giudice comunitario dispone, in forza dell'art. 17 del regolamento n. 17, di una competenza anche di merito conformemente all'art. 172 del Trattato (divenuto art. 229 CE).

    3 Deriva proprio dal dettato dell'art. 41 dello Statuto della Corte di giustizia che, affinché una domanda di revocazione sia ricevibile, occorre che, al momento della pronuncia della sentenza, il fatto invocato fosse ignoto alla parte che domanda la revocazione. Correttamente quindi il Tribunale ha deciso che, non essendo soddisfatta tale condizione, non era necessario accertare se i fatti invocati fossero nuovi.

    D'altra parte, conformemente al secondo comma della disposizione citata, solo quando il giudice adito accerta l'esistenza di un fatto nuovo, ne riconosce i caratteri che consentono di aprire il procedimento di revocazione e dichiara per questo motivo ricevibile l'istanza, egli può esaminare la causa nel merito. Ne consegue che, fintantoché l'esistenza di un fatto nuovo non sarà accertata, non si può far ricorso al procedimento di revocazione per far sì che il giudice investito della causa disponga nuovi provvedimenti istruttori. Pertanto bisogna riconoscere che il Tribunale ha applicato in modo corretto l'art. 41 dello Statuto della Corte di giustizia rifiutandosi di disporre provvedimenti istruttori diretti a scoprire fatti la cui esistenza non era stata dimostrata da un ricorrente nella sua domanda e ha limitato giustamente il suo esame ai fatti che il ricorrente aveva sollevato in tale domanda.

    Parti


    Nel procedimento C-5/93 P,

    DSM NV, con sede a Heerlen (Paesi Bassi), con l'avv. I.G.F. Cath, del foro dell'Aia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. L. Dupong, 14 A, rue des Bains,

    ricorrente,

    avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento dell'ordinanza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Prima Sezione) il 4 novembre 1992, nella causa T-8/89 Rev., DSM/Commissione (Racc. pag. II-2399), procedimento in cui l'altra parte è: Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor B.J. Drijber, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor C. Gómez de la Cruz, membro dello stesso servizio, Centre Wagner, Kirchberg, convenuta in primo grado,

    LA CORTE

    (Sesta Sezione),

    composta dai signori P.J.G. Kapteyn, presidente di sezione, G. Hirsch, G.F. Mancini (relatore), J.L. Murray e H. Ragnemalm, giudici,

    avvocato generale: G. Cosmas

    cancellieri: H. von Holstein, cancelliere aggiunto, e signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

    vista la relazione d'udienza,

    sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 12 marzo 1997,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 15 luglio 1997,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 7 gennaio 1993, la DSM NV (in prosieguo: la «DSM») ha proposto, in forza dell'art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, un ricorso contro l'ordinanza del Tribunale di primo grado, 4 novembre 1992, causa T-8/89 Rev., DSM/Commissione (Racc. pag. II-2399; in prosieguo: l'«ordinanza impugnata»), con la quale quest'ultimo ha dichiarato irricevibile la domanda di revocazione da essa presentata contro la sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-8/89, DSM/Commissione (Racc. pag. II-1833).

    Fatti e procedimento dinanzi al Tribunale

    2 I fatti all'origine del ricorso, come emergono dalla sentenza DSM/Commissione, citata, e dall'ordinanza impugnata, sono i seguenti.

    3 Diverse imprese operanti nell'industria europea dei prodotti petrolchimici hanno proposto dinanzi al Tribunale un ricorso d'annullamento contro la decisione della Commissione 23 aprile 1986, 86/398/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CEE (IV/31.149 - Polipropilene) (GU L 230, pag. 1; in prosieguo: la «decisione polipropilene»).

    4 Secondo quanto accertato dalla Commissione, e successivamente confermato dal Tribunale, il mercato del polipropilene era rifornito, prima del 1977, da dieci produttori, di cui quattro [Montedison SpA (in prosieguo: la «Monte»), Hoechst AG, Imperial Chemical Industries plc e Shell International Chemical Company Ltd] rappresentavano insieme il 64% del mercato. A seguito della scadenza dei brevetti di controllo detenuti dalla Monte, nuovi produttori si sono affacciati sul mercato nel 1977, cosa che ha portato ad un sostanziale aumento della capacità produttiva reale alla quale tuttavia non ha fatto riscontro un corrispondente aumento della domanda. Ciò ha avuto come conseguenza un tasso di utilizzazione delle capacità di produzione compreso tra il 60% nel 1977 ed il 90% nel 1983. Ciascuno dei produttori stabiliti all'epoca nella Comunità vendeva in tutti o quasi tutti gli Stati membri.

    5 La DSM fa parte dei nuovi produttori affacciatisi sul mercato nel 1977. La sua quota di mercato in Europa occidentale oscillava tra circa il 3,1 ed il 4,8%.

    6 A seguito di verifiche effettuate simultaneamente in numerose imprese del settore, la Commissione ha rivolto a numerosi produttori di polipropilene richieste di informazioni ai sensi dell'art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204). Dal punto 6 della sentenza DSM/Commissione, citata, emerge che le informazioni ottenute hanno condotto la Commissione alla conclusione che tra il 1977 e il 1983 i produttori interessati avevano, in violazione dell'art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE), fissato regolarmente prezzi obiettivo attraverso iniziative in materia di prezzi ed elaborato un sistema di controllo annuale delle vendite allo scopo di ripartirsi il mercato disponibile in base ai quantitativi o a percentuali convenute. Ciò ha condotto la Commissione ad intraprendere la procedura prevista all'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17 e ad indirizzare una comunicazione scritta degli addebiti a svariate imprese, tra cui la DSM.

    7 A conclusione del procedimento, la Commissione ha adottato la decisione polipropilene, con la quale essa ha accertato che la DSM aveva violato l'art. 85, n. 1, del Trattato partecipando con altre imprese - a partire, per quanto riguarda la DSM, da un momento indeterminato tra il 1977 ed il 1979 fino almeno al novembre 1983 - , ad un accordo e ad una pratica concordata risalenti alla metà del 1977, in forza dei quali i produttori che rifornivano di polipropilene il territorio del mercato comune:

    - si tenevano in contatto reciproco e si incontravono periodicamente (dall'inizio del 1981, due volte al mese) in una serie di riunioni segrete per discutere e definire le proprie politiche commerciali;

    - stabilivano periodicamente prezzi «obiettivo» (o minimi) per la vendita del prodotto in ciascuno Stato membro della Comunità;

    - concordavano vari provvedimenti intesi a facilitare l'attuazione di tali prezziobiettivo, compresi (a titolo principale) riduzioni temporanee della produzione, lo scambio d'informazioni particolareggiate sulle proprie forniture, l'organizzazione di riunioni locali e, dagli ultimi mesi del 1982, un sistema di «direzione contabile», volto ad applicare gli aumenti di prezzi a singoli clienti;

    - aumentavano simultaneamente i prezzi in applicazione di detti obiettivi;

    - si ripartivano il mercato assegnando a ciascun produttore un obiettivo o una «quota» di vendite annue (1979, 1980 e almeno parte del 1983) o, in mancanza di un accordo definitivo riguardante l'intero anno, chiedendo ai produttori di limitare le proprie vendite di ciascun mese prendendo come base un periodo precedente (1981 e 1982) (art. 1 della decisione polipropilene).

    8 La Commissione ha poi ingiunto alle diverse imprese interessate di porre fine immediatamente a tali infrazioni e di astenersi in futuro da ogni accordo o pratica concordata che potesse avere oggetto o effetto identico o analogo. La Commissione ha ingiunto loro altresì di porre termine a qualsiasi sistema di scambio di informazioni normalmente coperto dal segreto commerciale e di fare in modo che qualsiasi sistema di scambio di dati generali (come il sistema Fides) fosse gestito in modo da escludere ogni informazione che consentisse di individuare il comportamento dei singoli produttori (art. 2 della decisione polipropilene).

    9 Un'ammenda di 2 750 000 ECU, ossia 6 657 640 HFL, è stata inflitta alla DSM (art. 3 della decisione polipropilene).

    10 Il 31 luglio 1986 la DSM ha proposto un ricorso d'annullamento contro tale decisione dinanzi alla Corte, la quale, con ordinanza 15 novembre 1989, ha rinviato la causa davanti al Tribunale, ai sensi della decisione del Consiglio 24 ottobre 1988, 88/591/CECA, CEE, Euratom, che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee (GU L 319, pag. 1).

    11 La DSM ha chiesto al Tribunale che la decisione polipropilene fosse annullata o dichiarata nulla, interamente o parzialmente, che l'ammenda ad essa inflitta fosse annullata o ridotta, che fossero adottate tutte quelle disposizioni o provvedimenti che il Tribunale giudicasse opportuni e che la Commissione fosse condannata alle spese.

    12 La Commissione ha concluso chiedendo che il ricorso fosse respinto e la ricorrente condannata alle spese.

    13 Con la sentenza DSM/Commissione, citata, il Tribunale ha respinto il ricorso e condannato la DSM alle spese.

    14 A seguito della pronuncia da parte del Tribunale della sentenza 27 febbraio 1992, cause riunite T-79/89, da T-84/89 a T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89, BASF e a./Commissione (Racc. pag. II-315; in prosieguo: la «sentenza PVC»), la DSM ha rivolto alla Commissione, il 5 maggio 1992, una richiesta diretta ad ottenere o il rimborso, in quanto pagamento indebito, dell'ammenda da essa versata e delle spese e degli interessi relativi alla garanzia bancaria che essa aveva dovuto costituire ai fini del procedimento nella causa T-8/89, o spiegazioni, prima del 19 maggio 1992, nel caso in cui la Commissione avesse ritenuto che l'ammenda non fosse stata pagata indebitamente. La Commissione non ha risposto a tale richiesta.

    15 Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 26 maggio 1992, la DSM ha proposto, ai sensi degli artt. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia e 125 del regolamento di procedura del Tribunale, un ricorso per revocazione della sentenza DSM/Commissione, citata.

    16 La DSM ha concluso chiedendo al Tribunale di dichiarare che la domanda di revocazione era stata presentata nei termini; di disporre provvedimenti istruttori, più in particolare quelli di cui all'art. 64, n. 3, lett. c) e d), del suo regolamento di procedura; di revocare la sentenza DSM/Commissione, citata, dichiarando inesistente o quanto meno nulla la decisione polipropilene; di annullare o almeno ridurre l'ammenda ad essa inflitta; di ordinare alla Commissione il rimborso immediato dell'ammenda che la ricorrente le aveva pagato in base ad un titolo inesistente, o quanto meno nullo, ivi compresi gli interessi e le spese come indicati nella lettera speditale dalla ricorrente il 5 maggio 1992; di condannare la Commissione alle spese del procedimento, ivi comprese quelle del procedimento che si è concluso con la sentenza DSM/Commissione, citata. Dal punto 6 dell'ordinanza impugnata emerge che, secondo la DSM, occorre dubitare dell'esistenza della decisione polipropilene per il fatto che questa potrebbe essere inficiata dagli stessi vizi di quella oggetto della sentenza PVC.

    17 La Commissione ha concluso, in via principale, che il Tribunale voglia dichiarare irricevibili le domande, in via subordinata, che le respinga in quanto infondate e, in ogni caso, che condanni la DSM alle spese del giudizio.

    L'ordinanza impugnata

    18 Dal punto 14 dell'ordinanza impugnata risulta che il Tribunale, dopo aver ricordato il contenuto dell'art. 41, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, applicabile ai procedimenti di fronte al Tribunale in forza dell'art. 46, primo comma, di tale Statuto, ha dichiarato che da tale disposizione deriva che la revocazione non è un mezzo d'appello, bensì un mezzo di ricorso straordinario che consente di superare l'autorità propria delle sentenze definitive in conseguenza degli accertamenti di fatto sui quali il giudice si è fondato. La revocazione presuppone la scoperta di elementi di fatto precedenti la pronuncia della sentenza, ignoti fino a quel momento tanto al giudice che l'ha pronunciata quanto alla parte richiedente la revocazione e che avrebbero indotto il giudice, ove questi li avesse potuti prendere in considerazione, a risolvere diversamente la controversia.

    19 Il Tribunale ha ritenuto, al punto 15, che la questione da risolvere fosse quella di sapere se la ricorrente per revocazione avesse dimostrato di essere venuta a conoscenza dei fatti allegati nella sua domanda di revocazione - cioè la mancata deliberazione da parte del collegio dei commissari del testo della decisione polipropilene notificatole, in particolare della sua versione olandese, nonché gli altri vizi rilevati nella sentenza PVC - solo dopo la pronuncia della sentenza DSM/Commissione, citata. A tal proposito il «fatto nuovo» di cui si avvale la DSM a sostegno della sua richiesta sarebbe dimostrato dalla combinazione di fatti ed indizi di natura differente, verificatisi e manifestatisi in momenti diversi. Il Tribunale ha quindi indicato, al punto 16, che conveniva esaminare se la DSM, tenuto conto di questi fatti e di questi indizi, fosse a conoscenza, prima della pronuncia della sentenza DSM/Commissione, citata, dei fatti da essa invocati.

    20 Il Tribunale ha rilevato, al punto 17, che, per quanto riguarda le asserite modifiche e aggiunte materiali apportate al testo della decisione polipropilene notificata alla DSM, le differenze tipografiche riscontrate dalla DSM erano presenti nel testo della decisione polipropilene notificato il 30 maggio 1986 e che, di conseguenza, erano state portate a conoscenza di quest'ultima fin da tale data. Secondo il Tribunale lo stesso vale per il carattere discontinuo della numerazione delle pagine della decisione polipropilene, per la dicitura «progetto di decisione 23 maggio 1986» che figura sulla copertina di tale decisione notificata, nonché per il lungo lasso di tempo intercorso fra la data di adozione della decisione polipropilene e la data della sua notifica.

    21 Al punto 18 della sua ordinanza il Tribunale ha affermato:

    «Occorre inoltre sottolineare che le modifiche e le aggiunte riscontrate dalla ricorrente per revocazione sono state sufficientemente chiarite in ordine alla loro portata nell'udienza del 10 dicembre 1991 nelle cause riunite PVC, nel corso della quale gli agenti della Commissione hanno dichiarato che la procedura seguita in queste cause corrispondeva ad una prassi costante. Orbene, la ricorrente per revocazione assisteva a tale udienza e vi era rappresentata dallo stesso avvocato che la rappresentava nel procedimento che si è concluso con la sentenza 17 dicembre 1991. Di conseguenza, essa avrebbe potuto, prima della pronuncia della sentenza, presentare una domanda di riapertura della fase orale, facendo valere i fatti citati nel precedente punto 6. E' vero che la ricorrente per revocazione non disponeva ancora, a differenza delle ricorrenti nelle cause riunite da T-9/89 a T-15/89 (v. sentenze 10 marzo 1992, causa T-9/89, Hüls/Commissione, Racc. pag. II-499, punti 382-385 della motivazione; causa T-10/89, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II-629, punti 372-375 della motivazione; causa T-11/89, Shell/Commissione, Racc. pag. II-757, punti 372-374 della motivazione; causa T-12/89, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-907, punti 345-347 della motivazione; causa T-13/89, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1021, punti 399-401 della motivazione; causa T-14/89, Montedipe/Commissione, Racc. pag. II-1155, punti 389-391 della motivazione, e causa T-15/89, Linz/Commissione, Racc. pag. II-1275, punti 393-395 della motivazione), della valutazione giuridica espressa dal Tribunale sulla decisione PVC nella sentenza 27 febbraio 1992. Tuttavia questa circostanza non modifica affatto la constatazione che la ricorrente per revocazione ha conosciuto i fatti di cui trattasi prima della pronuncia della sentenza (v. sentenza della Corte 19 marzo 1991, causa C-403/85 Rev., Ferrandi/Commissione, Racc. pag. I-1215, punto 13 della motivazione)».

    22 Il Tribunale ne ha concluso, al punto 19, che le diverse modifiche ed aggiunte menzionate dalla DSM e la loro portata erano sufficientemente evidenti per consentirle di venire a conoscenza dei fatti menzionati nella domanda di revocazione già dalla lettura della decisione polipropilene e, in ogni caso, dall'udienza del 10 dicembre 1991 nelle cause PVC. Di conseguenza, questi fatti non potevano in nessun caso essere considerati fatti ignoti alla DSM prima della pronuncia della sentenza DSM/Commissione, citata, ai sensi dell'art. 41, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, e pertanto non erano tali da giustificare la revocazione di detta sentenza.

    23 Il Tribunale ha aggiunto, al punto 20, che la sentenza PVC in quanto tale nonché la richiesta spedita alla Commissione il 5 maggio 1992 e il fatto che questa sia rimasta senza risposta erano irrilevanti poiché non avevano portato a conoscenza della DSM fatti che le erano fino a quel momento ignoti.

    24 Il Tribunale ha così concluso al punto 21:

    «Da quanto precede risulta che i fatti addotti dalla ricorrente nella sua domanda né presi singolarmente né considerati congiuntamente gli uni con gli altri possono costituire un fatto nuovo ai sensi dell'art. 41 dello Statuto della Corte e che, di conseguenza, la domanda di revocazione è irricevibile».

    Il ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado

    25 Nel suo ricorso la DSM conclude che la Corte voglia:

    - dichiarare il ricorso tempestivo;

    - annullare l'ordinanza impugnata;

    - annullare la sentenza DSM/Commissione, citata;

    - dichiarare inesistente, o quanto meno nulla, la decisione polipropilene di cui essa è destinataria annullando, o per lo meno riducendo, l'ammenda inflittale dalla Commissione;

    - ordinare alla Commissione di rimborsare immediatamente l'ammenda che le era stata pagata il 19 febbraio 1992, in forza di tale decisione e della sentenza DSM/Commissione, citata, ivi compresi gli interessi e le spese, come più ampiamente illustrato nella lettera da essa inviata alla Commissione, sulla base di un titolo inesistente, o quanto meno nullo;

    - in via subordinata, annullare l'ordinanza impugnata e rinviare la causa di fronte al Tribunale affinché, conformemente alla decisione della Corte, quest'ultimo esamini nel merito la domanda di revocazione presentata dalla DSM, più in particolare disponendo provvedimenti istruttori nonché le richieste formulate dalla DSM, o quei provvedimenti che la Corte riterrà opportuni, oppure, per lo meno, adottare quei provvedimenti che la Corte o il Tribunale, conformemente alla decisione della Corte, riterrà opportuni;

    - condannare la Commissione alle spese del presente procedimento, ivi comprese quelle effettuate o da effettuare in sede di impugnazione, in particolare quelle del procedimento relativo alla sentenza DSM/Commissione, citata.

    26 La Commissione conclude che la Corte voglia:

    - in via principale, dichiarare il ricorso, o almeno il quinto punto delle conclusioni della DSM, irricevibile;

    - in via subordinata, respingere il ricorso;

    - in ogni caso condannare la DSM alle spese del giudizio.

    27 A sostegno del suo ricorso la DSM invoca dieci motivi relativi, in primo luogo, alla violazione del diritto comunitario dovuto ad una interpretazione inesatta dell'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia; in secondo luogo, alla violazione dell'obbligo di motivazione in quanto l'esame dei fatti ai sensi dell'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia si sarebbe limitato ai fatti di cui ai punti 6 e 15 dell'ordinanza impugnata; in terzo luogo, alla violazione dell'obbligo di motivazione nella parte in cui il Tribunale avrebbe qualificato come «fatti nuovi» le modifiche e le aggiunte apportate al testo della decisione polipropilene notificato rispetto al testo adottato dalla Commissione; in quarto luogo, alla violazione dell'obbligo di motivazione nella parte in cui il Tribunale, fondandosi sui dibattiti svoltisi all'udienza nelle cause PVC, avrebbe ritenuto che le modifiche e le aggiunte apportate successivamente sarebbero state rese note alla DSM; in quinto luogo, alla violazione dell'obbligo di motivazione nella parte in cui il Tribunale avrebbe qualificato come «sufficientemente evidenti» le modifiche e le aggiunte indicate dalla DSM, e nello stesso tempo le avrebbe qualificate come «fatti» giuridicamente pertinenti; in sesto luogo, alla violazione dell'obbligo di motivazione nella parte in cui il Tribunale avrebbe ritenuto che la sentenza PVC, in quanto tale, nonché una lettera inviata dalla DSM alla Commissione e la mancata risposta fossero irrilevanti; in settimo luogo, alla violazione dell'obbligo di motivazione dato che il Tribunale non avrebbe esaminato il merito della domanda di revocazione; in ottavo luogo, alla violazione del principio di uguaglianza nella parte in cui il Tribunale, a differenza della posizione adottata nelle cause PVC, non avrebbe esaminato il merito della domanda di revocazione; in nono luogo, alla violazione del principio di uguaglianza nella parte in cui il Tribunale avrebbe posto le imprese coinvolte nel procedimento polipropilene in situazioni differenti, a seconda della data della sentenza in questione e, in ultimo luogo, alla violazione del diritto comunitario nella parte in cui il Tribunale non avrebbe tenuto in considerazione che ogni motivo relativo all'inesistenza di un atto delle istituzioni è di ordine pubblico.

    28 Con decisione del presidente della Corte 28 luglio 1993, in assenza di eccezioni delle parti, il procedimento è stato sospeso fino al 15 settembre 1994 per esaminare le conseguenze da trarre dalla sentenza della Corte 15 giugno 1994, causa C-137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I-2555).

    Sulla ricevibilità

    29 La Commissione ritiene, in via principale, che il ricorso sia irricevibile. Da un lato, l'accertare se si sia verificato un fatto od un fatto nuovo costituirebbe una questione di fatto, cosicché il ricorso non avrebbe ad oggetto questioni di diritto come richiesto dall'art. 51 dello Statuto CE della Corte di giustizia. D'altro lato, se una domanda di revocazione deve essere dichiarata irricevibile in mancanza di un fatto nuovo, una tale conclusione si imporrebbe a fortiori allorché la DSM afferma di non essere neppure stata in grado di scoprire un fatto.

    30 Quanto al primo punto, occorre rilevare, anzitutto, che l'argomento sostenuto dalla Commissione, se accolto, avrebbe come conseguenza il venir meno della possibilità di impugnare decisioni con le quali il Tribunale dichiara irricevibili i ricorsi per revocazione. Un tale risultato sarebbe manifestamente contrario all'art. 49, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, in forza del quale può essere proposta impugnazione dinanzi alla Corte contro le decisioni del Tribunale che concludono il procedimento.

    31 Inoltre, ed in ogni caso, l'interpretazione della nozione di «fatto di natura tale da avere un'influenza decisiva e che, prima della pronuncia della sentenza, era ignoto alla Corte e alla parte che domanda la revisione» ai sensi dell'art. 41, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia è una questione di diritto che può essere esaminata nell'ambito di un'impugnazione.

    32 Infine, e con riserva di un esame individuale dei diversi motivi fatti valere dalla DSM, taluni di questi possono anch'essi comportare altre questioni di diritto relative ad irregolarità del procedimento dinanzi al Tribunale o alla violazione del diritto comunitario ai sensi dell'art. 51, primo comma, dello statuto CE della Corte di giustizia, che possono essere oggetto di un ricorso conformemente a questa stessa disposizione.

    33 Ne risulta che l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione deve essere respinta in quanto si riferisce al ricorso nel suo complesso.

    34 In subordine, la Commissione fa valere che, in ogni caso, la domanda della DSM con la quale essa chiede alla Corte di ordinare alla Commissione il rimborso dell'ammenda è irricevibile, non potendo, né la Corte né il Tribunale, pronunciare un tale provvedimento nell'ambito dell'art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE).

    35 A questo proposito, occorre rilevare che tale domanda della DSM presuppone che la Corte accolga il ricorso della DSM, annulli l'ordinanza impugnata, si pronunci sulla ricevibilità della domanda di revocazione della sentenza DSM/Commissione, citata, la dichiari ricevibile, proceda all'esame nel merito di tale domanda, la accolga ed esamini il ricorso d'annullamento presentato in primo grado. In questo ambito, in forza dell'art. 17 del regolamento n. 17, la Corte disporrebbe di una competenza anche di merito ai sensi dell'art. 172 del Trattato CE (divenuto art. 229 CE).

    36 Orbene, secondo una costante giurisprudenza, nell'ambito del sindacato di legittimità basato sull'art. 173 del Trattato, il giudice comunitario non è competente a pronunciare ingiunzioni (v., in particolare, ordinanza 26 ottobre 1995, cause riunite C-199/94 P e C-200/94 P, Pevasa e Inpesca/Commissione, (Racc. pag. I-3709, punto 24). Lo stesso vale quando il giudice comunitario dispone di una competenza anche di merito conformemente all'art. 172 del Trattato.

    37 Pertanto, il ricorso è irricevibile nella parte in cui si richiede alla Corte di ordinare alla Commissione il rimborso dell'ammenda pagata dalla DSM.

    Nel merito

    Sul primo e sul secondo motivo: violazione del diritto comunitario dovuto ad un'interpretazione inesatta dell'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia e violazione dell'obbligo di motivazione in quanto l'esame dei fatti ai sensi dell'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia sarebbe stato limitato ai fatti menzionati ai punti 6 e 15 dell'ordinanza impugnata

    38 Con il suo primo motivo, la DSM sostiene che i punti 14 e 15 dell'ordinanza impugnata poggiano su un'interpretazione errata dell'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia, applicabile anche al procedimento di revocazione dinanzi al Tribunale ai sensi dell'art. 46 di tale Statuto.

    39 Tale motivo si articola in tre parti. In primo luogo, la condizione di anteriorità dei fatti che danno diritto alla revocazione, indicata al punto 14 dell'ordinanza impugnata, non risulterebbe dall'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia, che indica unicamente la condizione per cui, prima della pronuncia della sentenza, il fatto invocato dovrebbe essere ignoto al giudice ad alla parte che domanda la revocazione. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe, a torto, limitato il suo esame alla condizione del carattere ignoto, senza esaminare la condizione previa della scoperta del fatto nuovo. In terzo luogo, non sarebbe dimostrato che i fatti ai sensi di detto art. 41 fossero già stati scoperti, cioè che fossero a disposizione del giudice e della ricorrente sotto forma di documentazione ed informazioni. La DSM rileva a tal proposito che la domanda da essa indirizzata alla Commissione il 5 maggio 1992 era diretta precisamente ad ottenere tale documentazione e che quella diretta a che il Tribunale ordinasse tali provvedimenti istruttori, formulata nell'ambito del procedimento di revocazione, si inseriva in tale contesto. Non procedendo ad un esame diretto a tale scopo, il Tribunale avrebbe interpretato in maniera inesatta l'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia.

    40 Con il suo secondo motivo, la DSM sostiene che il Tribunale ha violato il diritto comunitario, in particolare l'obbligo di motivazione, limitando il suo esame ai «fatti» di cui ai punti 6 e 15 dell'ordinanza impugnata, vertenti sulla mancata deliberazione da parte del collegio dei commissari del testo della decisione polipropilene notificata ed in particolare della sua versione olandese, nonché agli altri vizi rilevati nella sentenza PVC, e trascurando la circostanza che la domanda di revocazione comportava diversi «fatti» nuovi, che i provvedimenti istruttori richiesti avevano come scopo di determinare.

    41 Per quanto riguarda la prima parte del primo motivo, è sufficiente rilevare che, se il Tribunale ha fatto riferimento, al punto 14 dell'ordinanza impugnata, alla condizione di anteriorità dei fatti che danno diritto a revocazione, non ha tratto da ciò alcuna conseguenza e non si è fondato su tale condizione per respingere la domanda di revocazione della DSM. Pertanto, tale censura è inefficace e non deve essere esaminata dalla Corte.

    42 Riguardo alla seconda parte del primo motivo, deriva proprio dal dettato dell'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia che, affinché una domanda di revocazione sia ricevibile, occorre che, al momento della pronuncia della sentenza, il fatto invocato fosse ignoto alla parte che domanda la revocazione. Correttamente quindi il Tribunale ha deciso che, non essendo soddisfatta tale condizione, non era necessario accertare se i fatti invocati fossero nuovi.

    43 Infine, riguardo alla terza parte del primo motivo e del secondo motivo, che occorre esaminare congiuntamente, bisogna ricordare che, in forza dell'art. 41, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, una domanda di revocazione deve fondarsi sulla scoperta di uno o più fatti nuovi. Conformemente al secondo comma di tale disposizione, solo quando il giudice adito accerta l'esistenza di un fatto nuovo, ne riconosce i caratteri che consentono di aprire il procedimento di revocazione e dichiara per questo motivo ricevibile l'istanza, egli può esaminare la causa nel merito.

    44 Ne consegue che, fintantoché l'esistenza di un fatto nuovo non sarà accertata, non si può far ricorso al procedimento di revocazione per far sì che il giudice investito della causa disponga nuovi provvedimenti istruttori. D'altronde, occorre rilevare che, nel caso di specie, la DSM avrebbe già potuto richiedere, nell'ambito del procedimento principale, i provvedimenti istruttori da essa richiesti in sede di revocazione. Pertanto bisogna riconoscere che il Tribunale ha applicato in modo corretto l'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia rifiutandosi di disporre provvedimenti istruttori diretti a scoprire fatti la cui esistenza non era stata dimostrata dalla DSM nella sua domanda e ha limitato giustamente il suo esame ai fatti che la DSM aveva sollevato nella sua domanda di revocazione.

    45 Occorre quindi respingere il primo ed il secondo motivo.

    Sul terzo motivo: la violazione dell'obbligo di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe qualificato come «fatti nuovi» le modifiche e le aggiunte apportate al testo della decisione polipropilene notificato rispetto al teso adottato dalla Commissione

    46 La DSM ricorda di aver fatto, nella sua domanda di revocazione, un'esposizione dettagliata delle possibili modifiche del testo della decisione polipropilene, fondandosi su alcune differenze nel tipo di caratteri utilizzati nell'esemplare notificato. Essa non avrebbe sostenuto che tali supposte modifiche ed aggiunte costituiscano un fatto qualificabile come particolarmente grave ed evidente ai sensi della sentenza PVC, dato che l'esistenza di tale fatto nuovo non avrebbe potuto rivelarsi se non disponendo del testo autentico, messo a disposizione dalla Commissione. Mancando la possibilità di una tale verifica, l'affermazione del Tribunale secondo cui le differenze tipografiche in questione sarebbero state note alla DSM fin dal momento della notifica non sarebbe pertinente. Lo stesso varrebbe riguardo alle altre indicazioni da essa fornite, come la numerazione discontinua delle pagine e la menzione «progetto di decisione della Commissione 23 maggio 1986» sulla copertina, nonché il tempo che si asserisce trascorso tra l'adozione della decisione polipropilene e la sua notifica. Si tratterebbe anche in questi casi di supposizioni e non di fatti dimostrati, che potrebbero esserlo solo grazie alla documentazione richiesta alla Commissione. Ne conseguirebbe che il giudizio del Tribunale su questo punto è inesatto in punto di fatto, trattandosi di fatti che, a tutt'oggi, sono sconosciuti tanto al Tribunale quanto alla DSM.

    47 Nei limiti in cui tale motivo riguarda l'esame svolto dal Tribunale delle discordanze tipografiche che figurano nel testo della decisione polipropilene notificato il 30 maggio 1986, è sufficiente rilevare che tali fatti sono stati sollevati dalla DSM nella sua domanda e che spettava dunque al Tribunale, così come ha fatto, pronunciarsi.

    48 Nei limiti in cui contesta al Tribunale di aver esaminato solo i fatti dimostrati nella domanda di revocazione, tale motivo si confonde con la terza parte del primo motivo e con il secondo motivo e dev'essere respinto per le stesse ragioni.

    49 Occorre quindi respingere il terzo motivo.

    Sul quarto motivo: violazione dell'obbligo di motivazione in quanto il Tribunale, basandosi su quanto emerso durante l'udienza nelle cause PVC, avrebbe ritenuto che le modifiche e le aggiunte apportate a posteriori sarebbero state rese note alla DSM

    50 In una prima parte di tale motivo la DSM fa valere che la dichiarazione dell'agente della Commissione durante l'udienza delle cause PVC, secondo cui l'art. 12 del regolamento interno di tale istituzione non veniva applicato, riguardava un'altra causa e non dava alcuna risposta riguardo alla possibilità che fossero intervenute modificazioni nella decisione polipropilene. La valutazione del Tribunale, al punto 18 dell'ordinanza impugnata, secondo cui la DSM sarebbe stata al corrente, già prima della pronuncia della sentenza, dei fatti da essa invocati nell'ambito delle discussioni relative alle cause PVC non sarebbe pertanto giuridicamente pertinente e sarebbe inesatta in punto di fatto.

    51 In una seconda parte la DSM sostiene che essa non aveva l'obbligo di domandare la riapertura della fase orale, poiché il Tribunale, ai sensi dell'art. 62 del suo regolamento di procedura, può, di sua propria iniziativa, ordinare una tale riapertura. Secondo la DSM, il Tribunale sarebbe stato persino, nel caso di specie, obbligato a procedere d'ufficio ad un tale esame. Inoltre, una domanda di riapertura non avrebbe avuto conseguenze pratiche, poiché, il 10 dicembre 1991 - data dell'udienza nelle cause PVC -, la sentenza la cui pronuncia era fissata al 17 dicembre 1991 avrebbe innegabilmente già assunto una forma definitiva.

    52 Per quanto riguarda la prima parte del quarto motivo, occorre ricordare che, ai sensi degli artt. 168 A del Trattato CE (divenuto art. 225 CE) e 51, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, un'impugnazione può poggiare solo su motivi attinenti alla violazione, da parte del Tribunale, delle norme di diritto, ad esclusione di ogni valutazione di fatto. Come rilevato giustamente dalla Commissione, con questa parte del motivo la DSM contesta un accertamento di fatto compiuto dal Tribunale, cosicché esso è irricevibile nell'ambito di un'impugnazione.

    53 Riguardo alla seconda parte di tale motivo, censurando il Tribunale per non aver riaperto d'ufficio la fase orale, essa non si riferisce all'ordinanza impugnata, ma alla sentenza DSM/Commissione, citata, che non è oggetto del presente ricorso.

    54 Il quarto motivo deve quindi anch'esso essere respinto.

    Sul quinto motivo: violazione dell'obbligo di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe qualificato come «sufficientemente evidenti» le modifiche e le aggiunte menzionate dalla DSM nonché la loro portata, qualificandole altresì come «fatti» pertinenti in punto di diritto

    55 Riferendosi al punto 19 dell'ordinanza impugnata, la DSM ritiene che il Tribunale abbia violato l'obbligo di motivazione nel qualificare le modifiche ed aggiunte indicate dalla DSM e la loro portata come «sufficientemente evidenti», qualificandole altresì come «fatti» pertinenti in punto di diritto. La qualifica di «sufficientemente evidenti» data ai supposti fatti sarebbe inappropriata in punto di diritto e inesatta in punto di fatto.

    56 Nei limiti in cui tale motivo contesta la valutazione svolta dal Tribunale riguardo al carattere sufficientemente evidente delle modifiche ed aggiunte menzionate dalla DSM, esso verte su questioni di fatto, che non possono quindi essere esaminate nell'ambito di un'impugnazione.

    57 Nei limiti in cui esso contiene una censura nei confronti del Tribunale per aver ritenuto che tali modifiche ed aggiunte fossero pertinenti, è sufficiente affermare che queste erano state invocate dalla DSM nella sua domanda, di modo che spettava al Tribunale esaminarle.

    58 Occorre dunque respingere il quinto motivo.

    Sul sesto motivo: violazione dell'obbligo di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe ritenuto che la sentenza PVC, in quanto tale, nonché una lettera inviata dalla DSM alla Commissione e la mancata risposta non fossero pertinenti

    59 La DSM sostiene che il Tribunale ha violato l'obbligo di motivazione in quanto, al punto 20 dell'ordinanza impugnata, ha ritenuto che la sentenza PVC, in quanto tale, nonché la lettera inviata alla Commissione il 5 maggio 1992 e la mancata risposta non fossero pertinenti. Orbene, la lettera inviata alla Commissione avrebbe avuto in particolare come scopo di ottenere la documentazione necessaria a prendere conoscenza dei fatti, fino ad allora ignoti alla DSM, e sarebbe quindi pertinente. Le parti avrebbero il diritto di domandare la revocazione di una sentenza se esse hanno motivo di ritenere che esistano fatti nuovi di natura tale da svolgere un'influenza determinante sull'esito del procedimento.

    60 A tal proposito, occorre rilevare, da un lato, che la valutazione di cui al punto 20 dell'ordinanza impugnata, secondo cui la sentenza PVC come la lettera inviata dalla DSM alla Commissione il 5 maggio 1992 ed il fatto che questa sia rimasta senza risposta non hanno portato a conoscenza della DSM fatti che le erano fino ad allora ignoti, è una constatazione di fatto che sfugge alla competenza della Corte nell'ambito di un'impugnazione.

    61 D'altro lato, risulta espressamente dall'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia che una domanda di revocazione deve fondarsi sulla scoperta di un fatto. Giustamente quindi il Tribunale ha ritenuto che semplici supposizioni da verificare in sede istruttoria non fossero pertinenti nell'ambito del procedimento di revocazione.

    62 Occorre dunque respingere il sesto motivo.

    Sul settimo e sull'ottavo motivo: violazione dell'obbligo di motivazione e del principio di uguaglianza in quanto il Tribunale, a differenza della posizione tenuta nelle cause PVC, non avrebbe esaminato nel merito la domanda di revocazione

    63 Con il suo settimo motivo, la DSM afferma che il Tribunale ha violato l'obbligo di motivazione in quanto, contrariamente alla propria giurisprudenza in materia, non ha proceduto all'esame del merito della domanda di revocazione.

    64 Con il suo ottavo motivo, la DSM sostiene che il Tribunale ha violato il principio di uguaglianza in quanto, a differenza di quanto effettuato nelle cause PVC, non ha svolto un esame del merito della domanda di revocazione sulla base delle indicazioni fornite dalla DSM. I provvedimenti istruttori disposti dal Tribunale in queste ultime cause non sarebbero diversi dalle richieste d'informazioni sollecitate dalla DSM.

    65 Tali motivi, che conviene esaminare congiuntamente, poggiano su un'analisi erronea della procedura di revocazione. Infatti, l'art. 41 dello Statuto CE della Corte di giustizia prevede espressamente, nel suo secondo comma, che la procedura di revocazione si apre con una sentenza che constata espressamente l'esistenza di un fatto nuovo, riconoscendone i caratteri che consentono l'adito alla revocazione, dichiarando per questo motivo ricevibile l'istanza. Ai sensi dell'art. 127, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, «senza pregiudicare il merito, il Tribunale, viste le osservazioni scritte delle parti, statuisce sulla ricevibilità della domanda». Conformemente al n. 3 di tale disposizione, solo se il Tribunale dichiara ricevibile la domanda, esso procede all'esame nel merito.

    66 Tale articolazione della procedura in due fasi, la prima riguardante la ricevibilità e la seconda il merito, si spiega per il rigore delle condizioni di apertura della revocazione, a sua volta comprensibile per il fatto che tale mezzo d'impugnazione pone nel nulla la forza del giudicato (v. sentenza 10 gennaio 1980, causa 116/78 REV.; Bellintani e a./Commissione, Racc. pag. 23, punto 3).

    67 Non si può quindi censurare il Tribunale per essersi pronunciato unicamente sulla ricevibilità della domanda né per aver tratto argomenti dal modo in cui esso ha proceduto nell'ambito delle cause PVC.

    68 Il settimo e l'ottavo motivo devono, quindi, essere respinti.

    Sul nono motivo: violazione del principio di uguaglianza per il fatto che il Tribunale avrebbe posto le imprese interessate dal procedimento polipropilene in situazioni differenti a seconda della data della sentenza in questione

    69 La DSM sostiene che il Tribunale ha violato il principio di uguaglianza in quanto ha posto le imprese interessate dal procedimento polipropilene in situazioni differenti a seconda della data della sentenza in questione. In tre casi, la sentenza sarebbe stata resa il 24 ottobre 1991, in quattro casi il 17 dicembre successivo e in sette casi il 10 marzo 1992. Queste ultime avrebbero così potuto presentare un ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado basandosi su motivi desunti dalla sentenza PVC. Trattandosi, nel caso di specie, di cause riunite, tale differenza di trattamento rivestirebbe un'importanza ancora maggiore dal momento che le parti non avrebbero potuto esercitare alcuna influenza sulle date in cui il Tribunale si è pronunciato. Al punto 18 dell'ordinanza impugnata verrebbe riconosciuta tale differenza di situazione, ma non se ne farebbe derivare alcuna conseguenza, per il fatto che la DSM sarebbe già stata al corrente dei fatti in questione prima della pronuncia della sentenza. La DSM ritiene che tale valutazione non solo non sia pertinente giuridicamente ed inesatta in fatto, ma non sia neppure in grado di giustificare la differenza di trattamento.

    70 A questo proposito, occorre riconoscere, da un lato, che la censura nei confronti del Tribunale per non aver pronunciato le sue sentenze lo stesso giorno in cause connesse riguarda il procedimento principale, terminato con la sentenza DSM/Commissione, citata, e non il procedimento di revocazione che ha dato luogo all'ordinanza impugnata, oggetto del presente ricorso.

    71 D'altra parte, nei limiti in cui esso è diretto a rimettere in discussione l'accertamento effettuato dal Tribunale secondo cui la DSM sarebbe stata al corrente dei fatti invocati a sostegno della domanda di revocazione prima della pronuncia della sentenza oggetto della revocazione, tale motivo verte su questioni di fatto ed è quindi irricevibile nell'ambito di un'impugnazione.

    72 Occorre quindi respingere il nono motivo.

    Sul decimo motivo: violazione del diritto comunitario in quanto il Tribunale non avrebbe considerato il fatto che ogni motivo relativo all'inesistenza di un atto delle istituzioni è di ordine pubblico

    73 Secondo la DSM, il Tribunale ha violato il diritto comunitario in quanto non ha considerato il fatto che ogni motivo attinente all'inesistenza di un atto delle istituzioni è di ordine pubblico, può essere sollevato dalle parti senza limiti di tempo e deve essere sollevato d'ufficio dal giudice comunitario. Nella sentenza PVC il Tribunale avrebbe ritenuto che un motivo attinente all'inesistenza di un atto delle istituzioni è di ordine pubblico, può essere sollevato dalle parti nel corso del procedimento senza limiti di tempo e deve essere sollevato d'ufficio dal giudice comunitario. La parte ricorrente avrebbe dunque la facoltà di far valere tale motivo in ogni fase del procedimento, e quindi anche dopo la pronuncia della sentenza, senza limiti di tempo, ed il Tribunale sarebbe obbligato ad esaminarne la fondatezza. Ove provvedimenti istruttori siano necessari a tale effetto, il Tribunale sarebbe tenuto a procedervi.

    74 A tal proposito, senza che occorra esaminare l'interpretazione della nozione di inesistenza fatta propria dalla sentenza PVC né le condizioni nelle quali l'inesistenza di un atto può essere accertata nell'ambito di un giudizio d'annullamento, basta rilevare che, nell'ordinanza impugnata, il Tribunale doveva pronunciarsi solo sulla ricevibilità della domanda di revocazione della sentenza DSM/Commissione, citata, e, in questo ambito, non era competente a conoscere della decisione polipropilene.

    75 Tale decimo motivo deve essere respinto.

    76 Alla luce di quanto detto, non essendo stato accolto alcuno dei motivi sollevati dalla DSM, occorre respingere il ricorso nel suo insieme.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    77 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura applicabile al procedimento d'impugnazione in forza dell'art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Essendo la DSM rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese del presente giudizio.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    (Sesta Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1) Il ricorso è respinto.

    2) La DSM NV è condannata alle spese.

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