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Document 61993CC0384

    Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 26 gennaio 1995.
    Alpine Investments BV contro Minister van Financiën.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal College van Beroep voor het Bedrijfsleven - Paesi Bassi.
    Libera prestazione dei servizi - Art. 59 del Trattato CEE - Divieto di marketing telefonico per servizi finanziari.
    Causa C-384/93.

    Raccolta della Giurisprudenza 1995 I-01141

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1995:15

    61993C0384

    Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 26 gennaio 1995. - ALPINE INVESTMENTS BV CONTRO MINISTER VAN FINANCIEN. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: COLLEGE VAN BEROEP VOOR HET BEDRIJFSLEVEN - PAESI BASSI. - LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI - ART. 59 DEL TRATTATO CEE - DIVIETO DI MARKETING TELEFONICO PER SERVIZI FINANZIARI. - CAUSA C-384/93.

    raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-01141


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    1. Nel presente procedimento, il College van Beroep voor het Bedrijfsleven (Tribunale amministrativo per il commercio e l' industria) dei Paesi Bassi ha proposto alcune questioni sull' interpretazione dell' art. 59 del Trattato. Il giudice a quo chiede, in sostanza, se il divieto della pratica di marketing nota come "cold calling", imposto a norma della legge olandese 30 ottobre 1985 sui contratti relativi ai valori mobiliari, sia compatibile con le norme del Trattato sulla libera circolazione dei servizi nella misura in cui esso impedisce ad un' impresa stabilita nei Paesi Bassi di contattare possibili clienti stabiliti in altri Stati membri.

    2. La Alpine Investments BV è un' impresa stabilita nei Paesi Bassi che fornisce servizi finanziari ed è specializzata negli scambi di contratti a termine (futures) su merci. Essa agisce come intermediario presentatore, ossia riceve ordini da clienti per operazioni sui mercati dei futures su merci e li passa per l' esecuzione ad intermediari operanti su tali mercati dentro e fuori la Comunità. Essa intrattiene con i clienti tre tipi di conti: amministrati, semi-amministrati e non amministrati. Nel caso dei conti amministrati, il cliente autorizza l' impresa ad effettuare discrezionalmente per lui operazioni sul mercato dei futures su merci. Nel caso dei conti semi-amministrati, l' impresa comunica le varie opportunità di investimento nel mercato dei futures su merci al cliente, cui spetta decidere se investire. Nel caso dei conti non amministrati, l' impresa non fornisce consulenza per gli investimenti, ma si limita ad eseguire le istruzioni del cliente.

    3. All' epoca dei fatti, i servizi finanziari nei Paesi Bassi erano disciplinati dalla legge 30 ottobre 1985 sugli scambi di valori mobiliari (Wet Effectenhandel, in prosieguo: la "WEH") (1). L' art. 6, n. 1, della legge vieta a chiunque di agire come intermediario in operazioni su valori mobiliari senza una licenza. L' art. 6, nn. 2 e 3, enumera i requisiti che un soggetto deve possedere per ottenere una licenza. L' art. 8, n. 1, dispone che il ministro delle finanze (in prosieguo: "il ministro") può concedere un' esenzione dal divieto di cui all' art. 6, n. 1. L' art. 8, n. 2, stabilisce che l' esenzione può essere accompagnata da condizioni allo scopo di prevenire sviluppi indesiderati nel commercio dei titoli mobiliari.

    4. In data 6 settembre 1991 il ministro concedeva un' esenzione alla Alpine Investments a norma dell' art. 8 della WEH, abilitandola a collocare ordini presso la Merrill Lynch Inc. Con decisione 12 novembre 1991 il ministro aggiungeva all' esenzione una condizione che in sostanza vietava alla Alpine Investments il cold calling, ossia l' approccio di possibili clienti per telefono o di persona a meno che questi non avessero già acconsentito esplicitamente per iscritto ad essere contattati in questo modo e finché tale consenso non fosse stato revocato con lettera raccomandata. Tale consenso doveva risultare da una dichiarazione datata firmata dal cliente che doveva essere conservata nei registri della Alpine Investments. La dichiarazione doveva essere conservata per cinque anni dopo l' ultima operazione o la fine dei rapporti tra la Alpine Investments ed il cliente.

    5. La Alpine Investments presentava un ricorso amministrativo avverso la decisione del ministro 12 novembre 1991, ma il 14 gennaio 1992 il ministro revocava l' esenzione concessa alla Alpine Investments e ne concedeva una nuova che le consentiva di collocare ordini presso la Rodman & Renshaw Inc. Anche questa esenzione era sottoposta alla condizione che vietava alla Alpine Investments di avvicinare possibili clienti per telefono o di persona a meno che questi non avessero già acconsentito esplicitamente per iscritto ad essere avvicinati in questo modo. Il 13 febbraio 1992 la Alpine Investments presentava un ricorso amministrativo contro la decisione del ministro 14 gennaio 1992.

    6. Risulta che tutte le esenzioni ex art. 8 della WET concesse dopo il 1º ottobre 1991 recavano la condizione del divieto di cold calling. Nel 1991 il ministro aveva ricevuto numerosi esposti di investitori che affermavano di essersi impegnati, a causa del cold calling, in operazioni delle quali si erano poi pentiti. Conseguentemente, il ministro aveva deciso di vietare il cold calling in generale ed aveva annunciato tale decisione in un comunicato stampa del 1º ottobre 1991.

    7. Il ministro adottava il 29 aprile 1992 una decisione che respingeva i ricorsi amministrativi della Alpine Investments. Questa impugnava tale decisione dinanzi al giudice a quo. Nel procedimento principale, la Alpine Investments ha tra l' altro sostenuto la contrarietà del divieto di cold calling all' art. 59 del Trattato. Esso impediva alla Alpine Investments di avvicinare possibili clienti in altri Stati membri ed era una restrizione alla libera prestazione dei servizi non giustificata per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica o sanità pubblica. A causa di tale argomentazione, le seguenti questioni sono state sottoposte alla Corte:

    "1) Se l' art. 59 del Trattato CEE debba essere interpretato nel senso che si estende a servizi che il prestatore offre telefonicamente a partire dallo Stato membro in cui è stabilito a (potenziali) clienti stabiliti in un altro Stato membro, e, di conseguenza, presta anche a partire da quello Stato membro.

    2) Se l' art. 59 si applichi anche alle prescrizioni e/o limitazioni che nello Stato membro di stabilimento del prestatore di servizi disciplinano il legittimo esercizio della professione o attività di cui trattasi, ma non valgono, o almeno non allo stesso modo e nella stessa misura, per l' esercizio della menzionata professione o attività nello Stato membro di stabilimento di (potenziali) destinatari del servizio di cui trattasi e perciò possono costituire per il prestatore di servizi nell' offerta dei suoi servizi a (potenziali) committenti, stabiliti in un altro Stato membro, ostacoli che non incontrano prestatori di analoghi servizi stabiliti nell' altro Stato membro.

    In caso di soluzione affermativa della questione sub 2):

    3) a) Se interessi relativi alla tutela del consumatore e alla tutela della reputazione della prestazione di servizi finanziari nei Paesi Bassi, posti a base di una prescrizione intesa a contrastare sviluppi indesiderati nel commercio dei valori mobiliari, possano essere considerati come ragioni imperative di interesse pubblico, che giustifichino una limitazione quale quella indicata nella questione di cui sopra.

    b) Se una prescrizione relativa ad un' esenzione, che vieti il cosiddetto 'cold calling' , debba essere considerata come obiettivamente indispensabile per la tutela degli interessi menzionati e proporzionata al fine perseguito".

    8. La Alpine Investments, i governi dei Paesi Bassi, della Repubblica ellenica e del Regno Unito, e la Commissione, hanno presentato osservazioni scritte. Inoltre, il governo belga ha presentato osservazioni orali alla Corte.

    9. Non può esservi dubbio quanto al fatto che le attività della Alpine Investments rientrino nell' ambito di applicazione dell' art. 60. Questo articolo definisce servizi quelle prestazioni che vengono fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. La Alpine Investments propone servizi finanziari. Come già detto, questi comprendono l' esecuzione di ordini secondo le istruzioni dei clienti, la consulenza ai clienti e la gestione dei loro conti.

    10. Benché il divieto contestato impedisca alla Alpine Investments di approcciare i clienti telefonicamente o di persona se questi non vi hanno previamente acconsentito per iscritto, emerge dall' ordinanza di rinvio e dalla prima questione proposta che il giudice nazionale è interessato in particolare al divieto di contattare i clienti per telefono.

    11. Risulta che la Alpine Investments usa il cold calling per commercializzare i propri servizi. In particolare, essa telefona a possibili clienti in altri Stati membri per chiedere loro se sono interessati a ricevere ulteriori informazioni o per invitarli a riunioni d' informazione nel corso delle quali vengono illustrati i servizi che essa offre. Essa afferma che nessuno si è mai lamentato del modo in cui essa commercializza i propri servizi.

    12. Sarà utile, prima di occuparci delle questioni sottoposte, passare brevemente in rassegna le norme della legislazione comunitaria che possono interessare il cold calling.

    13. L' obiettivo della direttiva del Consiglio 93/22/CEE, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (2) è di facilitare per le imprese di investimento la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi.

    14. La direttiva sui servizi di investimento, anche se rilevante in questa materia, non si applica al presente caso perché all' epoca dei fatti non era ancora stata adottata. Essa è comunque rilevante perché mostra il quadro normativo scelto dalla Comunità per facilitare la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi da parte delle imprese di investimento. Occorre notare che la direttiva non armonizza le norme degli Stati membri relative alla commercializzazione di investimenti.

    15. A norma della direttiva, un' impresa di investimento non può svolgere tale attività se non ha ricevuto un' autorizzazione dalle competenti autorità nel proprio Stato membro di origine (3). Ricevuta l' autorizzazione, essa può svolgere l' attività di investimento mediante la creazione di una succursale o mediante la libera prestazione dei servizi in tutta la Comunità. Lo Stato membro ospitante non può subordinare lo svolgimento dell' attività di investimento sul proprio territorio ad autorizzazione né al requisito di una dotazione di capitale né ad altra misura di effetto equivalente (4).

    16. Lo Stato membro di origine deve esigere che un' impresa rispetti in qualsiasi momento le condizioni necessarie per la concessione dell' autorizzazione (5). Lo Stato membro di origine deve elaborare norme prudenziali che l' impresa d' investimento deve osservare in permanenza. I principi generali di tali regole sono posti dalla direttiva (6). La vigilanza prudenziale su un' impresa di investimento spetta allo Stato membro di origine (7).

    17. Gli Stati membri devono elaborare le norme di comportamento che le imprese di investimento devono osservare in permanenza. Il contenuto di tali norme è indicato in termini generali dalla direttiva (8). L' art. 11, n. 2, stabilisce che:

    "Fatte salve le decisioni da prendere nel quadro di un' armonizzazione delle norme di comportamento, l' applicazione e il controllo del rispetto di queste ultime rimangono di competenza dello Stato membro in cui è fornito il servizio".

    18. A norma del suo art. 13, la direttiva non impedisce alle imprese d' investimento autorizzate in un altro Stato membro di fare pubblicità ai loro servizi con tutti i mezzi di comunicazione disponibili nello Stato membro ospitante, purché rispettino le regole che disciplinano la forma ed il contenuto di detta pubblicità adottate per motivi di interesse generale.

    19. Peraltro, non è del tutto chiaro nella direttiva quale sia la divisione dei compiti tra le autorità dello Stato di origine e quelle dello Stato ospitante. Comunque, in casi determinati, potrebbe non essere sempre evidente il luogo ove un determinato servizio vene fornito.

    20. Il 20 dicembre 1985 il Consiglio ha adottato la direttiva 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (9), il cui scopo è di tutelare i consumatori contro pratiche commerciali abusive nel settore delle vendite a domicilio (10). La direttiva non riguarda i contratti conclusi per telefono ed i "contratti relativi ai valori mobiliari" (11). Per quanto riguarda i contratti che rientrano nella sua sfera di applicazione, la direttiva non vieta quello che potrebbe essere definito un cold calling porta a porta, ma attribuisce al consumatore un diritto di recesso. Essa consente agli Stati membri di adottare misure più severe a tutela dei consumatori (12).

    21. La Commissione ha presentato nell' ottobre 1993 una proposta modificata di direttiva del Consiglio riguardante la tutela dei consumatori in materia di contratti negoziati a distanza (vendita a distanza) (13). La direttiva proposta tende all' approssimazione delle legislazioni degli Stati membri sui "contratti negoziati a distanza tra consumatori e fornitori nonché le sollecitazioni a sottoscrivere questo tipo di contratto e gli atti preparatori che li riguardano" (14).

    22. L' art. 4 richiederebbe agli Stati membri di adottare le disposizioni necessarie affinché il consumatore che abbia manifestato la volontà di non essere oggetto di sollecitazioni possa essere protetto in modo efficace contro le stesse. Il secondo comma dell' art. 4 dispone:

    "L' impiego delle tecniche riportate in appresso necessita del consenso preliminare del consumatore:

    ° telefax (telecopia),

    ° posta elettronica,

    ° telefono.

    ° dispositivo automatico di chiamata".

    Pertanto, la direttiva proposta, così com' è, vieta il cold calling telefonico. Risulta che la direttiva proposta si applica ai contratti riguardanti la prestazione di servizi finanziari, compresi quelli del tipo fornito dalla Alpine Investments (15).

    23. L' esposizione ora svolta mostra che, come sostiene la Commissione, attualmente la legislazione comunitaria non vieta il cold calling telefonico o di persona e non impedisce agli Stati membri di vietarlo.

    24. Passiamo ora alle questioni sottoposte.

    Prima questione

    25. Con la prima questione, il giudice a quo intende sostanzialmente determinare se l' art. 59 si applichi ai servizi che un soggetto fornisce dallo Stato membro dove è stabilito a un soggetto stabilito in un altro Stato membro. A mio parere, non vi è dubbio che tale questione debba ricevere risposta affermativa.

    26. Poiché lo scopo dell' art. 59 è l' abolizione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi nella Comunità, la sua applicazione richiede l' esistenza di un elemento transfrontaliero. Come ha stabilito la Corte, i servizi in questione devono avere "natura transfrontaliera" (16). L' art. 59 non si applica quando tutti gli elementi dell' attività sono confinati in un solo Stato membro (17).

    27. Si ravvisa un elemento transfrontaliero laddove il prestatore e il destinatario dei servizi sono stabiliti in Stati membri diversi (18). In questo caso l' art. 59 si applica indipendentemente dallo Stato membro dove i servizi vengono prestati. Tale interpretazione trova conferma nella formulazione dell' art. 59, il cui n. 1 prevede l' abolizione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi "nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione".

    28. Tale interpretazione trova ulteriore conferma nella giurisprudenza della Corte, che chiarisce come le disposizioni del Trattato sulla libera prestazione dei servizi si applichino nei casi seguenti: quando il prestatore dei servizi si sposta in un altro Stato membro allo scopo di prestare i servizi (19), quando il destinatario dei servizi si sposta in un altro Stato membro allo scopo di ricevere i servizi (20), quando sia il prestatore sia il destinatario sono stabiliti nello stesso Stato membro, ma il prestatore si sposta in un altro Stato membro allo scopo di offrire i propri servizi (21), e quando né il prestatore né il destinatario si spostano fisicamente ed i servizi vengono prestati attraverso la posta o telecomunicazioni, quali il telefono, il fax o la posta elettronica (22).

    29. La Alpine Investments afferma che i servizi oggetto del presente caso appartengono all' ultima categoria di cui sopra. Ritengo che ai fini del presente procedimento non sia necessario stabilire esattamente il luogo dove i servizi vengono prestati. Un elemento transfrontaliero sussiste in quanto il prestatore e il destinatario dei servizi sono stabiliti in Stati membri diversi.

    30. Il governo dei Paesi Bassi sostiene che il contestato divieto di cold calling riguarda situazioni puramente interne. Tale tesi è fallace. Questa controversia riguarda il divieto di cold calling in quanto impedisce alla Alpine Investments di contattare possibili clienti in altri Stati membri. Lo stesso governo dei Paesi Bassi, nelle sue osservazioni relative alla seconda questione sottoposta, ammette che il divieto riguarda anche il contattare per telefono dai Paesi Bassi persone stabilite in altri Stati membri.

    31. Il governo dei Paesi Bassi sostiene inoltre che la grande maggioranza delle operazioni su futures sul mercato delle materie prime ha luogo nella borsa merci di Chicago, ossia fuori del territorio comunitario. Comunque ciò non vuol dire che l' art. 59 non sia applicabile nel presente caso, nel quale viene vietato all' interno della Comunità l' uso di una tecnica di marketing e viene quindi vietato ad un soggetto stabilito in uno Stato membro di fornire servizi a un cliente residente in un altro Stato membro.

    32. Il governo dei Paesi Bassi e quello del Regno Unito richiamano la sentenza Keck e Mithouard (23) e sostengono che l' interpretazione data dalla Corte all' art. 30 in quel caso va trasposta sull' art. 59. Essi argomentano che il controverso divieto di cold calling non costituirebbe pertanto una restrizione alla libera prestazione dei servizi e concludono che la soluzione della prima questione dovrebbe essere che l' art. 59 non si applica in questo caso.

    33. Tale argomentazione mi sembra fondata su un' errata lettura della questione. Come chiarito sopra, con tale questione il giudice a quo chiede semplicemente se l' art. 59 si applichi a servizi che il prestatore fornisce dallo Stato membro dove è stabilito ad un soggetto residente in un altro Stato membro. Egli non chiede se il contestato divieto di cold calling sia una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Questo è l' oggetto della seconda questione ed è nell' ambito di tale questione che vanno esaminate le tesi del governo dei Paesi Bassi e di quello del Regno Unito.

    34. Concludo che la prima questione sottoposta deve ricevere soluzione affermativa.

    Seconda questione

    35. Con la seconda questione, il giudice a quo intende sostanzialmente determinare se il contestato divieto di cold calling sia una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell' art. 59.

    36. Dall' ordinanza di rinvio emerge in particolare che il giudice a quo desidera risolvere due punti. In primo luogo, egli desidera sapere se l' applicazione dell' art. 59 non possa essere esclusa dal fatto che il divieto controverso è imposto dallo Stato membro dove è stabilito il prestatore dei servizi. In secondo luogo, egli vuole sapere se tale divieto sia una restrizione ai sensi dell' art. 59 per via del fatto che gli Stati membri dove sono stabiliti i destinatari dei servizi non impongono lo stesso divieto, o almeno non nella stessa misura, ai prestatori di servizi stabiliti sul loro territorio.

    37. Per quanto concerne il primo punto, occorre notare che le disposizioni del Trattato sulla libera prestazione dei servizi impongono obblighi non solo allo Stato membro di destinazione, ma anche a quello di origine. La Corte ha ritenuto che la libera prestazione dei servizi può essere invocata da un' impresa contro lo Stato membro dove è stabilita, se i servizi sono destinati ad un soggetto stabilito in un altro Stato membro (24). Ne discende che il divieto controverso non è sottratto all' applicazione dell' art. 59 a motivo del fatto che esso è imposto dallo Stato dove è stabilito il prestatore dei servizi.

    38. Per quanto concerne il secondo punto, occorre notare innanzi tutto che il divieto contestato non è discriminatorio. Esso si applica senza discriminazioni a tutti i prestatori di servizi stabiliti nei Paesi Bassi. Esso si applica indipendentemente dalla fatto che i possibili clienti della Alpine Investments risiedano nei Paesi Bassi o in un altro Stato membro. Quindi, esso si applica senza discriminazione verso i destinatari dei servizi.

    39. Il fatto che diversi Stati membri possano imporre restrizioni diverse non costituisce una discriminazione e non si risolve in una situazione incompatibile con il Trattato. Il divieto di cold calling imposto dalla legge olandese, che si applica ugualmente a tutti coloro che vi sono soggetti, non può essere incompatibile con il Trattato solo perché altri Stati membri possono imporre norme meno severe ai prestatori di servizi stabiliti sul loro territorio (25).

    40. Rimane tuttavia la questione se il divieto controverso sia una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell' art. 59. La Alpine Investments e la Commissione sostengono che tale questione deve essere risolta in senso positivo; il governo del Regno Unito e quello dei Paesi Bassi sono di avviso contrario.

    41. La Alpine Investments sostiene che, poiché il divieto contestato colpisce la pratica di contattare possibili clienti fuori dei Paesi Bassi, esso limita la sua libertà di prestare servizi. Essa conclude che la seconda questione andrebbe risolta nel senso che l' art. 59 osta a regole imposte dallo Stato membro dove è stabilito il prestatore intese a disciplinare il modo in cui i servizi vengono prestati in altri Stati membri, nella misura in cui tali regole limitano la prestazione transfrontaliera dei servizi.

    42. Il governo del Regno Unito sostiene che tale divieto non è una restrizione alla libera prestazione dei servizi perché è di applicazione generale, non è discriminatorio e non ha l' effetto o lo scopo di procurare un vantaggio per il mercato nazionale rispetto ai prestatori di servizi di altri Stati membri. Il governo dei Paesi Bassi segue lo stesso ragionamento.

    43. La maggioranza dei casi in materia di prestazione di servizi trattati dalla Corte sinora riguarda restrizioni imposte dallo Stato membro di destinazione. Per quanto riguarda tali situazioni, la giurisprudenza della Corte chiarisce che l' art. 59 non entra in gioco solo quando si tratta di restrizioni a carattere discriminatorio, ossia che discriminano un prestatore di servizi a motivo della sua nazionalità o del fatto che è stabilito in uno Stato membro diverso da quello dove il servizio viene prestato: l' art. 59 riguarda anche restrizioni non discriminatorie. Ciò è stato chiarito nella sentenza Saeger/Dennemeyer, in cui la Corte ha così dichiarato (26):

    "(...) l' art. 59 del Trattato prescriv[e] non solo l' eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi a causa della sua nazionalità, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali ed a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da vietare o da ostacolare in altro modo le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi.

    In particolare, uno Stato membro non può subordinare l' esecuzione della prestazione di servizi sul suo territorio all' osservanza di tutte le condizioni prescritte per lo stabilimento, perché altrimenti priverebbe di qualsiasi effetto utile le norme del Trattato dirette a garantire appunto la libera prestazione dei servizi. Tale restrizione è tanto meno ammissibile qualora (...) il servizio sia fornito, diversamente dalla fattispecie di cui all' art. 60, ultimo comma, del Trattato, senza che il prestatore debba recarsi sul territorio dello Stato membro ove la prestazione è fornita".

    44. La Corte ha confermato nella sentenza Schindler (27) che le restrizioni non discriminatorie rientrano nell' art. 59.

    45. A mio parere, simili principi si applicano alle restrizioni alla libera prestazione dei servizi imposte dallo Stato membro dove è stabilito il prestatore. Norme di quello Stato non discriminatorie, ossia applicabili a tutti i prestatori stabiliti sul suo territorio e senza distinzione tra servizi nazionali o intracomunitari, possono costituire, in determinate circostanze, restrizioni ai sensi dell' art. 59.

    46. Come sottolinea la Alpine Investments, l' art. 59 riguarda l' abolizione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi senza distinguere tra quelle discriminatorie e quelle non discriminatorie. Inoltre, come già indicato, la giurisprudenza della Corte insegna che l' art. 59 vieta anche le restrizioni non discriminatorie imposte dallo Stato membro di destinazione. Sarebbe incongruo adottare la linea opposta per le restrizioni imposte dallo Stato membro di origine. Per quanto possibile, devono applicarsi gli stessi principi a tutte le restrizioni alla prestazione di servizi, che siano imposte dallo Stato membro di origine, dallo Stato membro del destinatario dei servizi, o addirittura da un terzo Stato membro che non sia né quello del prestatore né quello del destinatario dei servizi, se il servizio viene colà prestato.

    47. Se una norma dello Stato membro di origine costituisca una restrizione alla libera prestazione dei servizi, deve essere determinato con riferimento ad un criterio funzionale, ossia se essa ostacola sensibilmente la capacità di un soggetto stabilito nel suo territorio di fornire servizi all' interno della Comunità. Mi sembra che tale criterio sia coerente con la nozione di mercato interno e migliore del criterio della discriminazione.

    48. Dal punto di vista della realizzazione del mercato interno, non conta se le regole di uno Stato membro sono discriminatorie, ma se hanno effetto negativo sulla sua instaurazione o sul suo funzionamento. La Corte ha dichiarato che la nozione di mercato comune implica l' eliminazione di tutti gli intralci agli scambi intracomunitari "al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il più possibile simile ad un vero e proprio mercato interno" (28). Le regole nazionali, sia dello Stato membro "importatore" sia di quello "esportatore", che ostacolano l' esercizio della libera prestazione dei servizi pregiudicano l' instaurazione ed il funzionamento del mercato comune e quindi rientrano nell' area di applicazione del Trattato.

    49. Tale posizione è corroborata dalla recente sentenza della Corte nella causa Commissione/Francia (29). In questo caso, la Corte ha ritenuto che la libera prestazione dei servizi osta all' applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l' effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della semplice prestazione di servizi all' interno di uno Stato membro. La Corte non ha comunque detto che le regole nazionali costituiscono una restrizione alla libera prestazione dei servizi solo quando rendono la prestazione di servizi interni più favorevole della prestazione di quelli intracomunitari. Al contrario, la Corte ha dichiarato, in termini generali, che "l' art 59 osta all' applicazione di qualsiasi normativa nazionale che, senza obiettiva giustificazione, ostacoli il prestatore dei servizi nell' effettivo esercizio di tale libertà" (30). La Corte ha altresì affermato che la libera prestazione dei servizi deve essere intesa "nella prospettiva di un mercato unico allo scopo di consentire la realizzazione dei suoi obiettivi" (31).

    50. La posizione secondo la quale l' art. 59 riguarda anche le restrizioni non discriminatorie è coerente con gli obiettivi del Trattato; inoltre, essa non viola gli interessi legittimi degli Stati membri in quanto il fatto che una regola nazionale costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi non significa che essa sia incompatibile con il Trattato. Ciò sarebbe vero solo se essa non rispondesse a talune condizioni che, secondo la giurisprudenza della Corte, sono più rigide nel caso si misure discriminatorie che in quello di misure non discriminatorie.

    51. In questo caso, il divieto controverso è una restrizione ai sensi dell' art. 59 perché si applica non solo alla prestazione di servizi all' interno del territorio dei Paesi Bassi, ma anche alla prestazione di servizi intracomunitari. Uno Stato membro è libero di disciplinare la commercializzazione sul proprio territorio di servizi forniti da un soggetto stabilito nello Stato. Tuttavia, esso non ha una libertà illimitata di disciplinare la commercializzazione di tali servizi sul territorio di altri Stati membri. Regole di uno Stato membro che limitino la commercializzazione di servizi forniti da un soggetto stabilito nello Stato sul territorio di altri Stati membri ricadono nel campo dell' art. 59 e non possono essere compatibili con il diritto comunitario se non sono giustificate.

    52. Viene tuttavia avanzata l' ipotesi che sia applicabile per analogia la giurisprudenza della Corte in materia di libera circolazione delle merci e che, secondo tale giurisprudenza, nel caso dello Stato membro "esportatore", ricadano nella disciplina del Trattato solo le restrizioni discriminatorie.

    53. E' vero che la Corte ha interpretato la nozione di restrizioni all' esportazione di merci ai sensi dell' art. 34 del Trattato in modo più stretto della nozione di restrizioni all' esportazione ai sensi dell' art. 30. L' applicazione dell' art. 34 richiede l' esistenza di discriminazioni di diritto o di fatto, mentre nell' ambito dell' art. 30 rientrano anche regole non discriminatorie. Nella sentenza Groenveld la Corte ha ritenuto che l' art. 34 (32):

    "(...) riguarda i provvedimenti nazionali che hanno per oggetto o per effetto di restringere specificamente le correnti di esportazione e di costituire in tal modo una differenza di trattamento fra il commercio interno di uno Stato membro ed il suo commercio d' esportazione, così da assicurare un vantaggio particolare alla produzione nazionale od al mercato interno dello Stato interessato, a detrimento della produzione o del commercio di altri Stati membri".

    54. La stessa formula è stata ripetuta in casi successivi (33). Nella sentenza Oebel la Corte ha ritenuto che l' art. 34 non si applica a una normativa (34):

    "che rientra nella politica economica e sociale e si applica, in funzione di criteri obiettivi, a tutte le imprese di un settore determinato, stabilite sul territorio nazionale, senza creare alcuna differenza di trattamento in ragione della nazionalità degli operatori e senza distinguere fra il commercio interno dello Stato e quello d' esportazione".

    55. Può comunque dubitarsi che la giurisprudenza della Corte sull' art. 34 si applichi a regole dello Stato membro esportatore relative alla commercializzazione di merci. Uno Stato membro può vietare ai commercianti stabiliti sul suo territorio di usare una tecnica di marketing per vendere i propri prodotti nello Stato. Ciò non vuol dire però che esso sia autorizzato a vietare loro l' uso di detta tecnica per vendere i loro prodotti in altri Stati membri. Chiaramente lo Stato membro esportatore non può, senza una buona ragione, imporre ad un commerciante di non usare, in un altro Stato membro, per vendervi i suoi prodotti, una forma di pubblicità vietata nello Stato membro esportatore ma permessa nell' altro Stato membro.

    56. In ogni caso, qualunque possa essere la posizione relativa alle merci ex art. 34, una restrizione alla commercializzazione di servizi in un altro Stato membro va considerata una restrizione alla libera circolazione dei servizi. Come già detto sopra, il divieto controverso in questo caso è una restrizione ai sensi dell' art. 59 perché vale non solo per i clienti residenti nei Paesi Bassi, ma anche per quelli residenti in altri Stati membri.

    57. La recente sentenza della Corte nella causa Peralta (35) non contraddice tale posizione. In quel caso la Corte aveva a conoscere di norme del diritto italiano che vietano a tutte le navi, indipendentemente dalla loro nazionalità, di scaricare sostanze nocive per l' ambiente marino nelle acque territoriali italiane e nelle acque marittime interne. Le navi battenti bandiera italiana non possono scaricare tali sostanze nemmeno fuori delle acque territoriali italiane. Il signor Peralta, cittadino italiano, era il comandante di una nave cisterna battente bandiera italiana, attrezzata per il trasporto di prodotti chimici. Egli era accusato di avere ordinato lo scarico in mare del liquido di risciacquo contenente soda caustica mentre la nave si trovava fuori delle acque territoriali italiane. La Corte ha respinto la tesi secondo la quale la differenza di trattamento tra le navi battenti bandiera italiana e quelle battenti bandiera di altri Stai membri fosse una discriminazione vietata dal Trattato. Essa ha poi esaminato la tesi secondo la quale la normativa italiana in questione, anche se non fosse stata ritenuta discriminatoria, dava luogo a restrizioni alla libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo verso altri Stati membri. La Corte ha respinto la tesi affermando che (36):

    "(...) una normativa del tipo di quella italiana, che vieta lo scarico di sostanze chimiche nocive in mare, si applica obiettivamente a tutte le navi senza distinzione, sia che esse effettuino trasporti interni all' Italia sia che effettuino trasporti a destinazione degli altri Stati membri. Essa non prevede un regime diverso per i prodotti esportati e per i prodotti messi in commercio in Italia. Essa non assicura alcun beneficio specifico al mercato interno italiano, ai trasporti italiani o ai prodotti italiani".

    58. Dalla sentenza Peralta non discende che le regole di uno Stato membro che si applicano senza distinzione a tutti i prestatori di servizi stabiliti sul suo territorio e senza tener conto del fatto che i servizi vengano prestati all' interno del territorio nazionale o in un altro Stato membro, non possano essere mai considerate una restrizione ai sensi dell' art. 59. Le norme oggetto del caso Peralta si possono distinguere da quelle oggetto del presente caso sia con riguardo alla loro materia sia con riguardo ai loro effetti. Le norme oggetto del caso Peralta non disciplinavano la prestazione né la commercializzazione di servizi. Per contro, nel presente caso, il divieto controverso limita la commercializzazione di servizi intracomunitari. Inoltre, nel caso Peralta, l' effetto delle norme dello Stato membro di origine sulla libera prestazione dei servizi era tanto lontano, lieve ed indiretto da costituire difficilmente una restrizione ai sensi dell' art. 59. Tale non è la situazione nel caso presente, in cui il divieto controverso limita direttamente la possibilità per la Alpine Investments di svolgere la propria attività in altri Stati membri.

    59. Il Governo del Regno Unito e quello dei Paesi Bassi richiamano anche la sentenza Keck (37) sull' ambito di applicazione dell' art. 30 del Trattato e sostengono che la stessa impostazione debba essere seguita in questo caso in merito all' ambito di applicazione dell' art. 59. Nella Sentenza Keck, la Corte ha ritenuto che le norme dello Stato importatore che limitino o vietino talune modalità di vendita non ricadono nel campo di applicazione dell' art. 30, a condizione che si applichino a tutti i commercianti interessati che operano sul territorio nazionale e che incidano allo stesso modo, di diritto e di fatto, sulla commercializzazione delle merci nazionali e di quelle importate. Viene sostenuto che, analogamente, l' art. 59 non si applica alle misure non discriminatorie che incidono sul modo in cui i servizi vengono prestati, quale il divieto di cold calling in esame.

    60. Pur ammettendo, in generale, che l' interpretazione degli artt. 30 e 59 debba fondarsi sugli stessi principi, non credo che il richiamo alla sentenza Keck possa essere di aiuto nel presente caso. In primo luogo, esistono difficoltà nel determinare gli effetti della sentenza Keck persino relativamente all' art. 30 (38). Inoltre, anche ammettendo che fosse qui opportuna un' analogia con il caso Keck, vi è una rilevante differenza tra il caso Keck ed il presente. Nel primo, la Corte aveva a conoscere di norme dello Stato importatore riguardanti modalità di vendita per lo smercio di prodotti nel territorio dello Stato. Nel presente, lo Stato esportatore esige il rispetto delle proprie norme di commercializzazione non solo per la prestazione di servizi sul suo territorio, ma anche su quello degli altri Stati membri.

    61. Vi è un ulteriore motivo per il quale il principio sancito dalla Corte nella sentenza Keck non è applicabile in questo caso. Se si ammettesse che il principio si applica sia alle norme sulle modalità di vendita imposte dallo Stato membro di esportazione sia a quelle imposte da quello di importazione, ne discenderebbe che entrambe le discipline, se non discriminatorie, uscirebbero dalla sfera di applicazione dell' art. 59. Un soggetto che esporta servizi dovrebbe quindi conformarsi ad entrambe le discipline anche se esse non fossero obiettivamente giustificate. Ciò renderebbe nulla la libera prestazione dei servizi. Inoltre dette discipline potrebbero persino imporre condizioni contrastanti.

    62. Concludo pertanto che il controverso divieto di cold calling è una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell' art. 59.

    Terza questione

    63. Prima di esaminare la terza questione, è necessario occuparci di un aspetto preliminare. Per quanto riguarda le restrizioni alla libera prestazione dei servizi imposte dallo Stato membro di destinazione, la giurisprudenza della Corte traccia una distinzione tra restrizioni a carattere discriminatorio e restrizioni a carattere non discriminatorio.

    64. Le restrizioni a carattere discriminatorio sono compatibili con il Trattato solo se rientrano in una deroga esplicita come quella di cui all' art. 56 (39). Le restrizioni a carattere non discriminatorio possono essere compatibili con il Trattato anche se non fruiscono di una deroga esplicita. La Corte ha ammesso che la libera prestazione dei servizi possa essere limitata da norme non discriminatorie dello Stato membro nel quale il servizio è prestato se sono soddisfatte le condizioni seguenti: le norme sono giustificate da motivi imperativi di pubblico interesse, una adeguata tutela del pubblico interesse in questione non può essere ottenuta con mezzi meno restrittivi, l' interesse in questione non è adeguatamente tutelato dalla legge dello Stato membro dove è stabilito il prestatore dei servizi (40).

    65. Il tema della terza questione è se il divieto controverso sia giustificato da motivi imperativi di pubblico interesse e se tale interesse non possa essere tutelato adeguatamente con norme meno restrittive. Il punto da risolvere ora è se possa sostenersi che l' interesse in questione può essere tutelato in modo adeguato dalla legge dello Stato membro ove è stabilito il possibile cliente.

    66. La Alpine Investments sostiene che il ministro non può vietarle di effettuare il cold calling verso possibili clienti in altri Stati membri. A suo parere, contattando possibili clienti in altri Stati membri essa deve conformarsi alla legge dello Stato dove questi sono stabiliti e non a quella dei Paesi Bassi.

    67. Non credo che questa tesi sia convincente. E' evidente che lo Stato membro dal quale viene effettuata la chiamata telefonica è in grado di disciplinare il cold calling meglio dello Stato di destinazione. Anche se lo Stato membro verso il quale viene effettuata la chiamata vieta il cold calling, esso non ha la possibilità di bloccare le telefonate provenienti da un altro Stato membro, senza la collaborazione delle autorità di controllo di quest' ultimo. I servizi prestati attraverso i mezzi di telecomunicazione possono essere controllati più tempestivamente dallo Stato membro di esportazione, ove il prestatore è assoggettato a controllo, che da quello di importazione. In un caso come il presente, tuttavia, non è corretto dire che le restrizioni imposte dallo Stato membro dove è stabilito il prestatore sono compatibili con il Trattato solo se il pubblico interesse che esse perseguono non possa essere adeguatamente tutelato dalle norme dello Stato membro di destinazione. Inoltre, come si vedrà dalla soluzione alla terza questione, il primo Stato membro può avere un interesse legittimo a vietare la prestazione di servizi verso un altro Stato membro, indipendentemente da qualsiasi interesse di quest' ultimo.

    68. Passo ora all' esame della terza questione, che si divide in due capi. Col primo si chiede se la sollecitudine di tutelare i consumatori e quella di salvaguardare la reputazione dei mercati mobiliari olandesi, che sono i motivi sottostanti al divieto controverso, possono essere considerate motivi imperativi di pubblico interesse tale da giustificare l' imposizione di restrizioni alla libera circolazione dei servizi. Il secondo capo chiede se il controverso divieto di cold calling può essere considerato oggettivamente necessario per tutelare gli investitori e la reputazione dei mercati finanziari e se esso può ritenersi proporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti. Esaminerò in successione i due capi della questione.

    69. A mio parere, non può esservi dubbio che la sollecitudine di tutelare i consumatori e quella di salvaguardare la reputazione dei mercati mobiliari olandesi possono giustificare l' imposizione di restrizioni alla libera circolazione dei servizi.

    70. La Corte ha riconosciuto che la tutela dei consumatori è un motivo di deroga relativo al pubblico interesse (41). Tale posizione viene confermata dall' art. 100 A, n. 3, del Trattato, che stabilisce che la Commissione, nelle sue proposte di misure che hanno per oggetto l' instaurazione ed il funzionamento del mercato interno in materia di protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato.

    71. Alcune osservazioni particolari vanno formulate relativamente alla tutela di persone che investono sui mercati dei valori mobiliari e delle merci. E' notorio che gli investimenti su tali mercati comportano un elemento di rischio elevato e si prestano ad abusi. A causa della natura dell' investimento, l' investitore esercita sul suo valore un controllo scarso, se non nullo. A differenza di quanto accade per i beni, il valore reale dell' investimento non dipende dalle sue caratteristiche fisiche, ma piuttosto da un insieme di fattori esterni che il comune investitore non è in grado di determinare né di influenzare. Tali considerazioni valgono in particolare per gli investimenti sui mercati delle merci, che sono caratterizzati da un' elevata speculazione e vengono ritenuti particolarmente rischiosi per il semplice investitore.

    72. Un investitore sui mercati dei valori mobiliari o delle merci dipende dal parere di un intermediario più di una persona che investe, per esempio, in proprietà immobiliari, sia per quanto riguarda la scelta dell' investimento adatto alle sue esigenze, sia per quanto riguarda il momento giusto per effettuare l' investimento. Per questo motivo tutti i paesi con mercati finanziari sviluppati hanno cercato di disciplinarli adottando norme non solo sugli emittenti di titoli di investimento, ma anche sugli intermediari finanziari.

    73. Come osserva la Commissione, l' esigenza di salvaguardare la reputazione dei mercati finanziari è strettamente connessa a quella di tutelare gli investitori. E' corretto dire che se la legge non assicura una soddisfacente tutela degli investitori, questi perdono la fiducia nei mercati finanziari e alla fine si indirizzeranno verso altre forme di investimento. Il nesso tra la tutela degli investitori e la reputazione dei mercati finanziari è ben evidenziato da un rinvio ai lavori preparatori della WEH e dal programma comunitario di armonizzazione dei servizi finanziari.

    74. Dai lavori preparatori della WEH risulta che la disciplina dei servizi dei mercati finanziari nei Paesi Bassi prima della sua emanazione era meno sviluppata

    rispetto ad altri Stati membri, e che un certo numero di imprese straniere si erano stabilite nei Paesi Bassi allo scopo di trarre profitto dalla disciplina fiscale applicabile svolgendo attività disoneste. Per questo motivo, a norma dell' art. 8 della WEH, quando il ministro concede un' esenzione per un intermediario finanziario, dispone del potere discrezionale di corredarla di condizioni allo scopo di impedire sviluppi indesiderati negli scambi di valori mobiliari.

    75. Inoltre, l' esigenza di tutelare gli investitori e quella di salvaguardare la reputazione dei mercati finanziari sono obiettivi connessi, come si evince dal programma comunitario di armonizzazione nel settore dei servizi finanziari.

    76. Tale programma mira a fornire standard per la tutela degli investitori equivalenti in tutta la Comunità, facilitando in questo modo l' interpenetrazione dei mercati nazionali dei valori mobiliari e, infine, l' instaurazione di un mercato europeo dei capitali (42). Le direttive di armonizzazione, pur prescrivendo regole minime, mirano ad assicurare un livello elevato di tutela per gli investitori. Esse riconoscono che il rafforzamento della fiducia degli investitori nei mercati dei valori mobiliari promuoverà il loro funzionamento ordinato (43). Attraverso la creazione di un quadro normativo, esse incoraggeranno gli investimenti e permetteranno così ai mercati dei titoli mobiliari di adempiere la propria funzione economica consistente nell' efficiente allocazione delle risorse (44).

    77. La Alpine Investments sostiene che la tutela degli investitori di altri Stati membri, a differenza di quella degli investitori olandesi, non è un motivo imperativo di pubblico interesse che possa autorizzare le autorità olandesi ad imporre restrizioni alla libera prestazione dei servizi. La tesi è fallace, in quanto pratiche inique o abusive di intermediari finanziari stabiliti nei Paesi Bassi nei confronti di investitori stranieri possono proprio avere effetto negativo sulla reputazione dei mercati finanziari olandesi.

    78. Concludo pertanto che la sollecitudine di tutelare i consumatori e quella di salvaguardare la reputazione dei mercati mobiliari olandesi possono giustificare l' imposizione di restrizioni alla libera prestazione di servizi finanziari.

    79. Passo ora all' esame del secondo capo della terza questione, nel quale, come abbiamo visto, il giudice a quo chiede se il controverso divieto di cold calling può essere considerato oggettivamente necessario per tutelare gli investitori e la reputazione dei mercati finanziari e se esso può ritenersi proporzionato rispetto a tali obiettivi.

    80. Secondo la giurisprudenza, le condizioni imposte ai prestatori di servizi devono essere tali da garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati e non devono andare al di là di quanto necessario al raggiungimento di tali obiettivi. In altri termini, deve risultare impossibile ottenere lo stesso risultato attraverso norme meno restrittive (45).

    81. La Alpine Investments sostiene che il divieto controverso non possiede il requisito di proporzionalità in quanto esistono altri mezzi meno restrittivi in grado di ottenere lo stesso risultato. Essa si riferisce ai meno stringenti divieti in vigore nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

    82. Nel Regno Unito, in particolare, i servizi finanziari sono soggetti al quadro normativo creato dal Financial Services Act 1986. A norma di tale legge, un soggetto non può svolgere attività nel settore degli investimenti a meno che abbia ricevuto un' autorizzazione o sia un soggetto esente. Un soggetto può ricevere un' autorizzazione in virtù dell' appartenenza a un' organizzazione autodisciplinata riconosciuta. Una di queste organizzazioni è la Securities and Futures Authority (Autorità dei titoli mobiliari e dei futures, in prosieguo: la "SFA"). La Alpine Investments ricorda che, secondo le Conduct of Business Rules (norme per l' esercizio dell' attività) della SFA, l' impresa deve istituire e procurare il rispetto di procedure volte a garantire che tutti i dipendenti e gli agenti dell' impresa osservino le norme relative alle telefonate a privati investitori non richieste. Le procedure per l' osservanza devono comprendere la registrazione su nastro di ogni telefonata non richiesta fatta agli investitori e la conservazione di registrazioni documentarie di tutte le telefonate di questo tipo al momento in cui vengono effettuate. La Alpine Investments conclude che è possibile tutelare gli investitori registrando su nastro le telefonate. Essa ricorda le analoghe norme adottate negli Stati Uniti dalla National Futures Association.

    83. La Alpine Investments sostiene altresì che, poiché il divieto di cold calling si estende in generale a tutte le imprese, la condotta di una singola impresa non viene presa in considerazione per imporre il divieto. Esso è quindi indiscriminato ed impone un onere non necessario alle imprese che svolgono attività legittime.

    84. Non ritengo che l' argomentazione sia convincente. Nell' ordinanza di rinvio sono spiegati i motivi che hanno condotto il ministro ad imporre il divieto controverso. Il ministro aveva ricevuto nel 1991 numerosi esposti da parte di persone che, a causa del cold calling, si erano impegnate in operazioni delle quali si erano poi pentite. Conseguentemente, il ministro aveva raggiunto la conclusione che il cold calling fosse indesiderabile ed aveva deciso di vietarlo in via generale. Coerentemente con questa politica, tutte le esenzioni rilasciate ai sensi dell' art. 8 della WEH dopo l' ottobre 1991 sono state accompagnate da un divieto analogo a quello imposto alla Alpine Investments.

    85. La decisione di vietare il cold calling non è a mio parere sproporzionata se vista alla luce dei fatti che hanno condotto alla sua adozione. Benché il divieto si applichi indiscriminatamente a tutte le imprese, indipendentemente dalla loro condotta individuale, il suo scopo è di ripristinare e conservare la fiducia degli investitori nel mercato dei titoli mobiliari che, in ultima analisi, gioverà a tutti i prestatori di servizi su tale mercato. Inoltre, se il ministro avesse imposto il divieto solo ad alcune imprese, a seconda della loro condotta pregressa, ciò avrebbe comportato maggiori difficoltà e costi amministrativi, avrebbe potuto dare luogo a ingiustizie e avrebbe potuto rivelarsi inefficace.

    86. Non è nemmeno corretto dire che il divieto di cold calling è sproporzionato rispetto ai propri effetti. Non si vieta affatto alla Alpine Investments di commercializzare i propri servizi. Le si vieta solo di contattare i possibili clienti per telefono o di persona senza il loro previo esplicito consenso scritto. Questo non è un obbligo eccessivamente restrittivo. In primo luogo, esso riguarda solo i nuovi clienti della Alpine Investments, in quanto i clienti esistenti avranno certamente la possibilità di prestare il proprio consenso scritto ai futuri contatti. In secondo luogo, mi sembra, tutto quello che la Alpine Investments deve fare è contattare i possibili clienti per posta chiedendo loro di rispondere per iscritto se desiderano essere contattati in seguito. Questa mi sembra una tecnica di marketing che è, da un lato, economica per il prestatore di servizi, e dall' altro, semplice e non invadente per il possibile cliente.

    87. Il divieto di cold calling presenta due ulteriori elementi di tutela dal punto di vista del possibile cliente. Il prestatore dei servizi, essendo tenuto a contattare il possibile cliente per iscritto, spiegherà probabilmente in modo più chiaro e dettagliato il tipo di servizi che offre. Inoltre, il possibile cliente avrà più tempo per riflettere sulle informazioni ricevute e non dovrà prendere una decisione rapida in un momento nel quale non è preparato a farlo, come avverrebbe se dovesse rispondere per telefono. Non riesco a vedere come una persona che prenda seriamente in considerazione un investimento sul mercato delle materie prime e desideri fruire dei servizi della Alpine Investments sia danneggiata dal fatto che questa non può contattarla di persona o per telefono senza il suo previo consenso.

    88. Non trovo convincente nemmeno l' argomentazione della Alpine Investments secondo cui, nel Regno Unito, le Conduct of Business Rules della SFA impongono un divieto meno severo. Il fatto che un altro Stato membro imponga norme meno severe non significa che quelle dei Paesi Bassi violino il principio di proporzionalità. Infatti le direttive di armonizzazione nel campo della tutela dei consumatori solitamente permettono agli Stati membri di imporre prescrizioni più severe o aggiuntive. A fortiori, ove non siano state introdotte misure di armonizzazione, le norme di uno Stato membro non possono essere considerate contrarie al principio di proporzionalità solo perché un altro Stato ne applica di meno severe. Ciò è confermato dalla sentenza Oosthoek (46). In quel caso, la legge olandese proibiva di distribuire omaggi come mezzo di promozione delle vendite salvo che il consumo o l' uso dell' omaggio fosse collegato al prodotto per il cui acquisto veniva fatto l' omaggio. La Corte ritenne che la condizione dell' uso o consumo collegato non andasse al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, benché non esistesse nella legge di altri Stati membri.

    89. Come già detto, la direttiva sui servizi di investimento non armonizza le norme nazionali sul marketing degli investimenti. Il preambolo della direttiva afferma espressamente che "la vendita a domicilio e la sollecitazione a domicilio dei valori mobiliari non devono essere contemplati dalla presente direttiva e devono essere disciplinati dalle disposizioni nazionali" (47).

    90. E' pertanto chiaro che, in assenza di norme di armonizzazione, ciascuno Stato membro può discrezionalmente determinare il grado di tutela degli investitori sul proprio territorio. Una diversa soluzione implicherebbe che, quando non vi sono norme di armonizzazione, gli Stati membri debbano allineare la propria legislazione a quella dello Stato membro che impone le condizioni meno onerose. Ciò potrebbe avere l' effetto di minare la fiducia degli investitori, anziché promuoverla.

    91. Per decidere se una restrizione imposta dal diritto nazionale all' impiego di una tecnica di marketing sia conforme al criterio della proporzionalità, occorre avere riguardo, tra l' altro, alle condizioni che prevalgono nel mercato nazionale e ai motivi che hanno condotto alla sua adozione. A mio parere, il divieto controverso non contrasta con il principio di proporzionalità. Esso è stato introdotto per fronteggiare delle pratiche abusive a causa delle quali taluni investitori avevano subito perdite finanziarie; esso costituiva una contromisura ragionevole in relazione allo scopo di tutelare gli investitori su mercati sui quali essi sono particolarmente vulnerabili; esso inoltre non impedisce a imprese come la Alpine Investments di commercializzare i propri servizi, ma solo di impiegare una particolare tecnica di marketing.

    Conclusioni

    92. Sono pertanto del parere che le questioni sottoposte dal giudice nazionale debbano essere risolte nei seguenti termini:

    "1) L' art. 59 del Trattato deve essere interpretato nel senso che esso trova applicazione nel caso in cui un soggetto stabilito in uno Stato membro offre per telefono a potenziali clienti in un altro Stato membro di prestare loro dei servizi.

    2) La legislazione di uno Stato membro che vieti ad un soggetto stabilito nel suo territorio di effettuare telefonate non sollecitate a potenziali clienti in altri Stati membri allo scopo di commercializzare i propri servizi costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi.

    3a) La preoccupazione di tutelare gli investitori e di salvaguardare la reputazione dei mercati finanziari può giustificare l' imposizione di restrizioni alla libera prestazione dei servizi.

    3b) L' art. 59 non osta ad una normativa che, allo scopo di prevenire abusi suscettibili di danneggiare gli investitori, vieti la pratica di effettuare telefonate non sollecitate a potenziali clienti residenti in altri Stati membri allo scopo di offrire loro servizi relativi all' investimento in titoli mobiliari ed in merci".

    (*) Lingua originale: l' inglese.

    (1) ° Stb. 1985, 570. La legge è stata abrogata il 15 giugno 1992 e sostituita dalla WET Toezicht Effectenverkeer (WTE), Stb. 1991, 141.

    (2) ° GU 1993, L 141, pag. 27.

    (3) ° Art. 3, n. 1.

    (4) ° Art. 14, nn. 1 e 2.

    (5) ° Art. 8, nn. 1 e 2.

    (6) ° Art. 10.

    (7) ° Art. 8, n. 3.

    (8) ° Art. 11, n. 1

    (9) ° GU 1985, L 372, pag. 31.

    (10) ° Preambolo, terzo considerando .

    (11) ° Art. 3, n. 2, lett. e).

    (12) ° Art. 8.

    (13) ° COM(93) 396, GU 1993, C 308, pag. 18. Proposta iniziale COM(92) 11, GU 1992, C 156, pag. 14.

    (14) ° Art. 1.

    (15) ° V. artt. 1, 2, e 12 della direttiva proposta.

    (16) ° Sentenza 26 aprile 1988, causa 352/85, Bond van Adverteerders/Stato olandese (Racc. pag. 2085, punto 13).

    (17) ° Sentenze 26 febbraio 1991, causa C-198/89, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-727, punto 9), 18 marzo 1980, causa 52/79, Procuratore del Re/Debauve (Racc. pag. 833, punto 9), e 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner e Elser (Racc. pag. I-1979, punti 37-39).

    (18) ° V. sentenza 4 maggio 1993, causa C-17/92, Distribuidores Cinematográficos (Racc. pag. I-2239, punto 11).

    (19) ° V. ad esempio la sentenza 10 febbraio 1982, causa 76/81, Transporoute/Ministero dei lavori pubblici (Racc. pag. 417).

    (20) ° Sentenza 31 gennaio 1984, cause riunite 286/82 e 26/83, Luisi e Carbone/Ministero del Tesoro (Racc. pag. 377).

    (21) ° Si vedano le cause relative alle guide turistiche: sentenze 26 febbraio 1991, causa C-154/89, Commissione/Francia (Racc. pag. I-659), causa C-180/89, Commissione/Italia (Racc. pag. I-709), e causa C-198/89, Commissione/Grecia (citata in nota 17).

    (22) ° V. ad esempio la sentenza 25 lugllio 1991, causa C-76/90, Saeger (Racc. pag. I-4221). V. altresì le cause Mediawet : sentenze 25 luglio 1991, cause C-288/89, Collectieve Antennevoorziening Gouda (Racc. pag. I-4007), e C-353/89, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I-4069), e sentenza 5 ottobre 1994, causa C-23/93, TV10 (Racc. pag. I-4795).

    (23) ° Sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91 (Racc. pag. I-6097).

    (24) ° Sentenze 17 maggio 1994, causa C-18/93, Corsica Ferries (Racc. pag. I-1783, punto 30), 14 luglio 1994, causa C-379/92, Peralta (Racc. pag. I-3453, punto 40), e 5 ottobre 1994, causa C-381/93, Commissione/Francia (Racc. pag. I-5145, punto 14).

    (25) ° V. sentenza Peralta (citata in nota 24), punto 48. V. altresì sentenze 3 luglio 1979, cause riunite da 185/78 a 204/78, Van Dam (Racc. pag. 2345, punto 10), e 19 gennaio 1988, causa 223/86, Pesca Valentia/Ministero della pesca e delle foreste (Racc. pag. 83, punto 18).

    (26) ° Sentenza Saeger (citata in nota 22), punti 12 e 13. V. altresì le sentenze Gouda e Paesi Bassi (citate in nota 22).

    (27) ° Sentenza 24 marzo 1994, causa C-275/92 (Racc. pag. I-1039).

    (28) ° Sentenza 5 maggio 1982, causa 15/81, Schul/Ispettore dei tributi d' importazione e delle accise (Racc. pag. 1409, punto 33).

    (29) ° Causa C-381/93 (citata in nota 24).

    (30) ° Punto 16.

    (31) ° Punto 17.

    (32) ° Sentenza 8 novembre 1979, causa 15/79, Groenveld/Produktschap voor Vee en Vlees (Racc. pag. 3409, punto 7).

    (33) ° V. sentenze 14 luglio 1981, causa 155/80, Oebel (Racc. pag. 1993, punto 15); 10 marzo 1983, causa 172/82, Fabricants raffineurs d' huile de graissage/Inter-Huiles (Racc. pag. 555, punto 12), e 9 giugno 1992, causa C-47/90, Delhaize (Racc. pag. I-3669, punto 12).

    (34) ° Causa 155/80 (citata in nota 33), punto 16.

    (35) ° Citata in nota 24.

    (36) ° Punto 51.

    (37) ° Cit. in nota 23.

    (38) ° V. le mie conclusioni sulla causa C-412/93, Leclerc-Siplec (sentenza 9 febbraio 1995, Racc. pag. I-179).

    (39) ° V. sentenza Gouda (citata in nota 22), punti 10 e 11.

    (40) ° V. sentenza Saeger (citata in nota 22), punto 15, e giurisprudenza ivi citata.

    (41) ° V. le sentenze 4 dicembre 1986 in materia di assicurazioni: causa 205/84, Commissione/Germania (Racc. pag. 3755, punti 30-33), causa 220/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 3663, punto 20), e le cause Mediawet : Gouda (citata in nota 22), punto 14, e Paesi Bassi (citata in nota 22), punto 18.

    (42) ° V. per esempio la Direttiva del Consiglio 79/279/CEE, concernente il coordinamento delle condizioni per l' ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale di una borsa valori (GU 1979, L 66, pag. 21), preambolo, primo considerando .

    (43) ° V. per esempio la direttiva del Consiglio 89/592/CEE, sul coordinamento delle normative concernenti le operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate (insider trading) (GU 1989, L 334, pag. 30), preambolo, dal primo al quarto considerando .

    (44) ° V. la raccomandazione della Commissione 25 luglio 1977, 77/534/CEE, di un codice di condotta europeo concernente le transazioni sui valori mobiliari (GU 1977, L 212, pag. 37), Relazione.

    (45) ° Sentenze Gouda (citata in nota 22), punto 15, C-154/89, Commissione/Francia (citata in nota 21), punto 15, e C-198/89, Commissione/Grecia (citata in nota 17), punto 19.

    (46) ° Sentenza 15 dicembre 1982, causa 286/81, Oosthoek' s Uitgevermaatschappij (Racc. pag. 4575). V. anche sentenza 25 luglio 1991, cause riunite C-1/90 e C-176/90, Aragonesa de Publicidad Exterior e Publivía (Racc. pag. I-4151, punti 16 e 17).

    (47) ° Preambolo, ottavo considerando .

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