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Document 61992CJ0382

    Sentenza della Corte dell'8 giugno 1994.
    Commissione delle Comunità europee contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
    Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese.
    Causa C-382/92.

    Raccolta della Giurisprudenza 1994 I-02435

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1994:233

    61992J0382

    SENTENZA DELLA CORTE DELL'8 GIUGNO 1994. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD. - SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TRASFERIMENTO DI IMPRESE. - CAUSA C-382/92.

    raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-02435
    edizione speciale svedese pagina I-00169
    edizione speciale finlandese pagina I-00205


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    ++++

    1. Politica sociale ° Ravvicinamento delle legislazioni ° Trasferimento di imprese ° Mantenimento dei diritti dei lavoratori ° Direttiva 77/187 ° Obbligo del cedente e del cessionario di informare e consultare i rappresentanti dei lavoratori ° Normativa nazionale che non prevede un meccanismo per la designazione dei rappresentanti dei lavoratori in caso di opposizione del datore di lavoro ° Inammissibilità

    (Direttiva del Consiglio 77/187/CEE, art. 6)

    2. Politica sociale ° Ravvicinamento delle legislazioni ° Trasferimento di imprese ° Mantenimento dei diritti dei lavoratori ° Direttiva 77/187 ° Sfera di applicazione ° Impresa senza scopo di lucro ° Inclusione

    (Direttiva del Consiglio 77/187, art. 1, n. 1)

    3. Politica sociale ° Ravvicinamento delle legislazioni ° Trasferimento di imprese ° Mantenimento dei diritti dei lavoratori ° Direttiva 77/187 ° Obbligo del cedente e del cessionario di informare e consultare i rappresentanti dei lavoratori ° Normativa nazionale che non prevede l' obbligo di ricercare un accordo ° Inammissibilità

    (Direttiva del Consiglio 77/187, art. 6)

    4. Politica sociale ° Ravvicinamento delle legislazioni ° Trasferimento di imprese ° Mantenimento dei diritti dei lavoratori ° Direttiva 77/187 ° Obbligo degli Stati membri di sanzionare le violazioni della normativa comunitaria ° Portata ° Sanzione che colpisce il datore di lavoro che non abbia rispettato l' obbligo di informare e consultare i rappresentanti dei lavoratori ° Risarcimento danni che può confondersi con l' indennizzo dovuto in caso di violazione della normativa sui licenziamenti per motivi economici ° Sanzione non dissuasiva ° Inammissibilità

    (Trattato CEE, art. 5; direttiva del Consiglio 77/187, art. 6)

    Massima


    1. Nonostante il carattere limitato dell' armonizzazione delle norme in materia di tutela dei lavoratori nel caso di trasferimento di imprese che la direttiva 77/187 ha inteso realizzare, una normativa nazionale che, omettendo di prevedere un meccanismo per la designazione dei rappresentanti dei lavoratori nell' impresa qualora il datore di lavoro si opponga al riconoscimento di tali rappresentanti, lasci al datore di lavoro la possibilità di eludere la tutela prevista a favore dei lavoratori dall' art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva dev' essere considerata incompatibile con tali disposizioni.

    2. L' articolo 1, n. 1, della direttiva 77/187, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, osta a che uno Stato membro circoscriva l' applicazione delle disposizioni nazionali d' attuazione alle sole imprese che perseguono un fine di lucro.

    Infatti un ente può esercitare un' attività economica ed essere considerato come un' "impresa" per l' applicazione delle norme del diritto comunitario anche se non persegue fini di lucro.

    3. Non garantisce una corretta attuazione della direttiva 77/187, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, una normativa nazionale che obbliga semplicemente il cedente o il cessionario che intenda adottare provvedimenti nei confronti dei lavoratori interessati da un trasferimento ad avviare consultazioni con i rappresentanti sindacali da esso riconosciuti, a prendere in considerazione tutte le osservazioni formulate da tali rappresentanti, a rispondere a dette osservazioni e, se le respinge, a indicarne i motivi, mentre l' art. 6, n. 2, della direttiva impone di consultare i rappresentanti dei lavoratori "al fine di ricercare un accordo".

    4. Qualora una direttiva comunitaria non contenga una specifica sanzione in caso di violazione delle proprie disposizioni, ovvero rinvii al riguardo alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali, l' art. 5 del Trattato impone agli Stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l' efficacia del diritto comunitario. A tal fine, pur conservando un potere discrezionale in merito alla scelta delle sanzioni, essi devono vegliare a che le violazioni del diritto comunitario siano sanzionate, sotto il profilo sostanziale e procedurale, in termini analoghi a quelli previsti per le violazioni del diritto interno simili per natura e per importanza, e che in ogni caso conferiscano alla sanzione stessa un carattere di effettività, di proporzionalità e di capacità dissuasiva.

    Non può essere considerato sufficientemente dissuasivo per i datori di lavoro che non rispettino l' obbligo di consultazione e di informazione dei rappresentanti dei lavoratori previsto dall' art. 6 della direttiva 77/187 il risarcimento danni che, nel caso in cui risultino dovute anche indennità per violazione della normativa sui licenziamenti per motivi economici, si confonda in parte con queste ultime.

    Parti


    Nella causa C-382/92,

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla signora Karen Banks, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Georgios Kremlis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

    ricorrente,

    contro

    Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente dalla signora Sue Cochrane, poi dal signor John E. Collins, del Treasury Solicitor' s Department, in qualità di agente, assistito dal signor Derrick Wyatt, QC, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l' ambasciata del Regno Unito, 14, boulevard Roosevelt,

    convenuto,

    avente ad oggetto la domanda diretta a far dichiarare che, avendo omesso di recepire correttamente nell' ordinamento interno diverse disposizioni della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26), il Regno Unito è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi del Trattato CEE,

    LA CORTE,

    composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida e M. Diez de Velasco, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, R. Joliet, F.A. Schockweiler, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse (relatore), P.J.G. Kapteyn e J.L. Murray, giudici,

    avvocato generale: W. Van Gerven

    cancelliere: J.-G. Giraud

    vista la relazione d' udienza,

    sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 12 gennaio 1994,

    sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 2 marzo 1994,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 21 ottobre 1992, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell' art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare che, omettendo di recepire correttamente nell' ordinamento interno diverse disposizioni della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26, in prosieguo: la "direttiva"), il Regno Unito è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma del Trattato.

    2 La direttiva, che si fonda in particolare sull' art. 100 del Trattato, mira a "proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti" (secondo 'considerando' ). Vi si considera che sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l' entità della protezione dei lavoratori in questo settore e che occorre attenuare tali differenze (terzo 'considerando' ). Vi si sottolinea che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato comune (quarto 'considerando' ). Perciò si ritiene necessario "promuovere il ravvicinamento nel progresso delle legislazioni in materia, ai sensi dell' art. 117 del Trattato" (quinto 'considerando' ).

    3 La direttiva si applica, ai sensi del suo art. 1, n. 1, ai "trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione".

    4 Essa prevede, all' art. 3, che i diritti e gli obblighi che risultano da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro siano trasferiti al cessionario, per il solo fatto del trasferimento dell' impresa. L' art. 4 dispone che il trasferimento dell' impresa non può costituire motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. L' art. 5 della direttiva tutela, in talune situazioni, lo status e la funzione dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal trasferimento. Infine l' art. 6 della direttiva impone al cedente e al cessionario taluni obblighi di informazione e di consultazione nei confronti dei lavoratori interessati dal trasferimento.

    5 Ai sensi dell' art. 8, gli Stati membri erano tenuti a conformarsi alla direttiva nel termine di due anni a decorrere dalla sua notifica. Poiché la direttiva è stata notificata al Regno Unito il 16 febbraio 1977, detto termine è scaduto il 16 febbraio 1979.

    6 Le disposizioni della direttiva sono state recepite nel Regno Unito con il Transfer of Undertakings (Protection of Employment) Regulations del 1981 (regolamento del 1981 in materia di tutela dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, in prosieguo: il "regolamento"). Detto regolamento è stato modificato in alcuni suoi punti dal Trade Union Reform and Employment Rights Act del 1993 (legge sulla riforma dei sindacati e sui diritti dei lavoratori) successivamente alla proposizione del ricorso.

    7 La Commissione ritiene che il Regno Unito sia venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma della direttiva e dell' art. 5 del Trattato per i motivi di seguito precisati. In primo luogo, il regolamento non consente di garantire l' informazione e la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori in tutti i casi considerati dalla direttiva, dal momento che né il regolamento né alcun' altra disposizione del diritto britannico prevedono la designazione di rappresentanti dei lavoratori nel caso in cui il datore di lavoro rifiuti di riconoscere tali rappresentanti. In secondo luogo, l' ambito d' applicazione del regolamento si limita alle fattispecie in cui l' impresa trasferita è di proprietà del cedente. In terzo luogo, l' ambito d' applicazione del regolamento non si estende alle imprese senza scopi di lucro. In quarto luogo, il regolamento non impone al cedente o al cessionario che intendono prendere provvedimenti nei confronti dei rispettivi lavoratori di avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti di detti lavoratori, al fine di ricercare un accordo. In quinto luogo, il regolamento non predispone adeguate sanzioni in caso di violazione, da parte del datore di lavoro, degli obblighi di consultazione o informazione delle rappresentanze dei lavoratori contemplati dalla direttiva.

    Sulla prima censura

    8 La prima censura della Commissione riguarda l' attuazione, nell' ordinamento britannico, dell' art. 6 della direttiva.

    9 Questo articolo dispone che il cedente e il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti dei rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento sui motivi del trasferimento, sulle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento nonché sulle misure previste nei confronti dei lavoratori. Il cedente è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile prima dell' attuazione del trasferimento. Il cessionario è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile e in ogni caso prima che i suoi lavoratori siano direttamente lesi nelle loro condizioni di impiego e di lavoro dal trasferimento (n. 1). Se il cedente e il cessionario prevedono misure nei confronti dei rispettivi lavoratori, essi sono inoltre tenuti ad avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi lavoratori al fine di ricercare un accordo (n. 2).

    10 Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti ai menzionati nn. 1 e 2 ai casi in cui il trasferimento comporta una modifica a livello dello stabilimento che possa implicare svantaggi sostanziali per una parte consistente dei lavoratori, qualora la legislazione nazionale preveda la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ad un' istanza di arbitrato per ottenere una decisione sulle misure da adottare nei confronti dei lavoratori (art. 6, n. 3). Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti ai nn. 1-3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano, per quanto riguarda il numero di lavoratori occupati, le condizioni per l' elezione o la designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori (art. 6, n. 4). Infine, gli Stati membri possono prescrivere che, qualora in un' impresa o in uno stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori, i lavoratori interessati debbono essere informati preventivamente dell' imminenza del trasferimento (art. 6, n. 5).

    11 Ai sensi dell' art. 2, lett. c), della direttiva, per "rappresentanti dei lavoratori" ai sensi della direttiva si intendono "i rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri, eccettuati i membri degli organi di amministrazione, di direzione o di controllo di società che in alcuni Stati membri occupano un posto in tali organi in qualità di rappresentanti dei lavoratori".

    12 La Commissione sostiene che il Regno Unito è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma dell' art. 6 della direttiva, omettendo di prevedere un meccanismo per la designazione dei rappresentanti dei lavoratori nell' impresa nel caso in cui il datore di lavoro rifiuti di riconoscere tali rappresentanti. A suo avviso, perché l' art. 6 della direttiva abbia pratica efficacia occorre che gli Stati membri adottino tutte le disposizioni necessarie affinché, salvo casi eccezionali, si proceda nell' impresa alla designazione di rappresentanti dei lavoratori, altrimenti non sarebbe possibile adempiere gli obblighi di informazione e di consultazione di cui all' art. 6 della direttiva. Essa sostiene che la legge britannica, impedendo la designazione di rappresentanti dei lavoratori nell' impresa qualora manchi il consenso del datore di lavoro, non soddisfa tale condizione.

    13 Il governo britannico riconosce che nel Regno Unito la rappresentanza dei lavoratori nell' impresa si basa, tradizionalmente, sul riconoscimento spontaneo dei sindacati da parte del datore di lavoro e che perciò il datore di lavoro che non riconosce alcun sindacato non è soggetto agli obblighi di informazione e di consultazione di cui all' art. 6 della direttiva. Esso sostiene però che la direttiva non ha inteso modificare le regole o le prassi nazionali in materia di designazione dei rappresentanti dei lavoratori. Esso sottolinea che all' art. 2, lett. c), la direttiva precisa che per rappresentanti dei lavoratori si intendono i rappresentanti dei lavoratori "previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri" e fa inoltre valere che la direttiva si limita ad un' armonizzazione parziale delle norme di tutela dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, che essa non impone agli Stati membri l' obbligo di prevedere una rappresentanza specifica dei lavoratori per soddisfare gli obblighi da essa definiti e che lo stesso legislatore comunitario ha previsto la possibilità che il diritto nazionale non imponga alcuna rappresentanza dei lavoratori nell' impresa trasferita, come emerge dall' art. 6, n. 5, della direttiva.

    14 Il punto di vista del governo del Regno Unito non può essere accolto.

    15 Armonizzando le norme applicabili al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, il legislatore comunitario ha voluto contemporaneamente assicurare una protezione analoga dei diritti dei lavoratori nei diversi Stati membri e ravvicinare gli oneri che queste norme di protezione comportano per le imprese della Comunità.

    16 A tal fine, l' art. 6 della direttiva introduce, ai nn. 1 e 2, il principio dell' obbligo di informazione e, se del caso, di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, tanto da parte del cedente quanto da parte del cessionario, salvo le eccezioni previste, in particolare al n. 4.

    17 Ai sensi dell' art. 8, n. 1, della direttiva, gli Stati membri disponevano di un periodo di due anni a decorrere dalla notifica della direttiva per modificare, se necessario, le rispettive normative nazionali per renderle conformi alla direttiva su questo punto.

    18 Contrariamente a quanto sostiene il governo del Regno Unito, l' interpretazione dell' art. 6 della direttiva non è rimessa in discussione dalla formulazione dell' art. 2, lett. c), della direttiva. Infatti, l' art. 2, lett. c), della direttiva non contiene un rinvio puro e semplice alle norme in vigore negli Stati membri per quanto riguarda la designazione dei rappresentanti dei lavoratori. Esso lascia unicamente agli Stati membri il compito di determinare le modalità in base alle quali devono essere designati i rappresentanti dei lavoratori che vanno obbligatoriamente informati e consultati ai sensi dell' art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva.

    19 L' interpretazione proposta dal governo del Regno Unito consentirebbe agli Stati membri di determinare in quali casi sia possibile informare e consultare rappresentanze dei lavoratori, in quanto l' informazione e la consultazione di rappresentanti dei lavoratori sono possibili soltanto nelle imprese nelle quali la normativa nazionale prevede la designazione di rappresentanti dei lavoratori. Essa consentirebbe dunque agli Stati membri di privare l' art. 6 della direttiva della sua piena efficacia.

    20 Orbene, la Corte ha già dichiarato, in particolare nella sentenza 6 luglio 1982, causa 61/81, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. 2601), che una normativa nazionale che consenta di ostacolare la tutela garantita ai lavoratori, in maniera incondizionata, da una direttiva è contraria al diritto comunitario.

    21 Il governo del Regno Unito obietta altresì che, a quanto risulta dalla stessa formulazione dell' art. 6, n. 5, della direttiva, il legislatore comunitario ha previsto che la normativa o la prassi nazionali possano non contemplare alcuna rappresentanza dei lavoratori in fattispecie diverse da quelle assai limitate considerate dalla Commissione, giacché ha autorizzato, senza alcuna restrizione, gli Stati membri a prevedere la possibilità che i lavoratori interessati siano informati direttamente dell' imminenza del trasferimento nel caso in cui, in un' impresa o in uno stabilimento determinati, non vi sia alcuna rappresentanza dei lavoratori.

    22 L' art. 6, n. 5, della direttiva prende in considerazione, è vero, l' ipotesi dell' assenza di rappresentanti dei lavoratori in un' impresa o in uno stabilimento. Tuttavia, non è possibile interpretare questa disposizione in maniera isolata e indipendente rispetto alle altre disposizioni dell' art. 6 della direttiva.

    23 Come sopra ricordato, l' art. 6 della direttiva prevede, ai nn. 1 e 2, un obbligo di informazione e di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nel caso di trasferimento di impresa. I nn. 3 e 4 elencano i casi in cui gli Stati membri possono limitare, in talune circostanze, questo obbligo. Il n. 4, in particolare, consente agli Stati membri di esonerare da questo obbligo le imprese o gli stabilimenti che non soddisfano, quanto al numero di lavoratori occupati, le condizioni per l' elezione o la designazione di un organo collegiale di rappresentanza dei lavoratori. Al fine di evitare che i lavoratori, in questo caso, rimangano sprovvisti di ogni protezione, il n. 5 dell' art. 6 della direttiva consente agli Stati membri di prevedere che i lavoratori siano comunque obbligatoriamente informati dell' imminenza del trasferimento.

    24 Non era dunque nelle intenzioni del legislatore comunitario consentire ai diversi ordinamenti giuridici nazionali di tollerare l' assenza di designazione di rappresentanti dei lavoratori, mentre quest' ultima è necessaria per soddisfare gli obblighi previsti dall' art. 6 della direttiva.

    25 Il governo del Regno Unito sostiene altresì che la direttiva non impone agli Stati membri di predisporre uno specifico meccanismo di rappresentanza dei lavoratori al solo scopo di soddisfare gli obblighi sanciti dalla direttiva, qualora nell' impresa non esista una rappresentanza dei lavoratori in forza del diritto nazionale.

    26 Anche se la direttiva non contiene alcuna disposizione diretta a disciplinare esplicitamente un' ipotesi del genere, ciò non incide sul combinato disposto degli artt. 6 e 8 della direttiva, che impone agli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti necessari affinché i lavoratori siano informati e consultati, attraverso rappresentanti, nel caso di trasferimento di impresa.

    27 Infine, il governo del Regno Unito non può basarsi sul fatto che la direttiva realizza un' armonizzazione soltanto parziale delle norme in materia di tutela dei lavoratori e non ha inteso modificare le norme nazionali in materia di rappresentanza dei lavoratori.

    28 Certo, la direttiva assicura un' armonizzazione soltanto parziale delle norme in materia di tutela dei lavoratori nel caso di cambiamento di imprenditore (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1985, causa 105/84, Danmols Inventar, cosiddette "Mikkelsen", Racc. pag. 2639, punto 26, e 10 febbraio 1988, causa 324/86, Daddy' s Dance Hall, Racc. pag. 739, punto 16). Essa non mira dunque ad un' armonizzazione globale dei sistemi nazionali di rappresentanza dei lavoratori nell' impresa. Nondimeno, il carattere limitato di una tale armonizzazione non può privare di pratica efficacia le disposizioni della direttiva, e soprattutto quelle di cui all' art. 6. In particolare, esso non può impedire che gli Stati membri siano obbligati ad adottare tutti i provvedimenti utili per designare rappresentanti dei lavoratori ai fini dell' informazione e della consultazione di cui all' art. 6 della direttiva.

    29 Lo stesso governo del Regno Unito riconosce che, allo stato attuale del diritto britannico, i lavoratori interessati da un trasferimento di impresa non possono avvalersi della tutela prevista dall' art. 6 della direttiva, qualora il datore di lavoro si opponga all' esistenza di una rappresentanza dei lavoratori nella sua impresa.

    30 Di conseguenza, la legge britannica, che lascia al datore di lavoro la possibilità di eludere la tutela prevista a favore dei lavoratori dall' art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva, dev' essere considerata incompatibile con l' art. 6 della direttiva (v., per analogia, sentenza Commissione/Regno Unito, già citata).

    31 Si deve quindi accogliere la prima censura della Commissione.

    Sulla seconda censura

    32 Con la sua seconda censura, la Commissione fa valere che il regolamento, così come lo interpretano i giudici britannici, non si applica ai trasferimenti non accompagnati da un trasferimento della proprietà dell' impresa, contrariamente a quanto previsto dall' art. 1, n. 1, della direttiva, così come interpretato dalla Corte. La Commissione si richiama, su questo aspetto, alla sentenza 17 dicembre 1987, causa 287/86, Ny Moelle Kro (Racc. pag. 5465), e alla citata sentenza Daddy' s Dance Hall.

    33 Il governo del Regno Unito fa valere che, poiché, secondo la giurisprudenza della House of Lords, il regolamento dev' essere interpretato alla luce della direttiva e dell' interpretazione che ne dà la Corte, l' ambito d' applicazione del regolamento è identico a quello della direttiva, anche se questo regolamento non precisa esplicitamente che un trasferimento ai sensi del regolamento stesso non implica necessariamente il trasferimento della proprietà dell' impresa.

    34 L' art. 3 del regolamento stabilisce che esso si applica al "trasferimento, da un soggetto ad un altro, di un' impresa o di una parte di impresa situate, immediatamente prima del trasferimento, nel Regno Unito".

    35 Queste disposizioni, di per sé, non escludono dall' ambito di applicazione del regolamento i cambiamenti di imprenditore che non si ricolleghino ad un trasferimento della proprietà dell' impresa.

    36 Inoltre, si deve valutare la portata delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali tenendo conto dell' interpretazione che ne danno i giudici nazionali (v. sentenza 16 dicembre 1992, cause riunite C-132/91, C-138/91 e C-139/91, Katsikas e a., Racc. pag. I-6577, punto 39).

    37 Occorre rilevare che le decisioni dei giudici britannici invocate dalla Commissione a sostegno della sua seconda censura sono anteriori alla sentenza della House of Lords menzionata dal governo del Regno Unito, che è stata pronunciata il 16 marzo 1989 e dalla quale risulta, come riconosce la Commissione, che il regolamento dev' essere interpretato, nella massima misura possibile, conformemente alla lettera e alle finalità della direttiva oltre che all' interpretazione che ne dà la Corte. La Commissione non produce alcuna decisione giudiziaria successiva a questa sentenza e contraria alle disposizioni dell' art. 1, n. 1, della direttiva, così come interpretato dalla Corte.

    38 Pertanto, la Commissione non ha dimostrato che alla scadenza del termine fissato dal parere motivato, e cioè il 26 marzo 1991, l' art. 3 del regolamento aveva la portata che essa gli attribuisce.

    39 Per questo motivo, la seconda censura della Commissione dev' essere respinta.

    Sulla terza censura

    40 Con la sua terza censura, la Commissione fa valere che il regolamento, così come interpretato dai giudici britannici, non si applica alle imprese senza fini di lucro, contrariamente a quanto previsto dal disposto dell' art. 1, n. 1, della direttiva, nell' interpretazione datane dalla Corte. La Commissione si riferisce, su questo punto, alla sentenza 19 maggio 1992, causa C-29/91, Redmond Stichting (Racc. pag. I-3189).

    41 Il governo del Regno Unito sostiene che la direttiva non può essere applicata, come pretende la Commissione, ai trasferimenti di imprese senza fini di lucro in quanto queste imprese, che non esercitano una "attività economica" ai sensi del Trattato, non rientrano nell' ambito di applicazione di quest' ultimo.

    42 L' art. 2, n. 1, del regolamento definisce la nozione di "impresa" come comprensiva di "ogni attività industriale o commerciale", ma esclude esplicitamente "ogni impresa o parte di impresa che non abbia il carattere di un' impresa fondata sul rischio commerciale". Come sostiene la Commissione, le cui affermazioni non sono seriamente contestate dal governo del Regno Unito, il regolamento dev' essere interpretato nel senso che esso non si applica ai trasferimenti di imprese senza fini di lucro.

    43 Questo argomento deve essere respinto.

    44 Infatti la Corte ha già riconosciuto, almeno implicitamente, in contesti come quelli del diritto della concorrenza (v. sentenza 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hoefner e Elser, Racc. pag. I-1979) o del diritto sociale (v., precisamente, per l' applicazione della direttiva, la citata sentenza Redmond Stichting), che un ente può esercitare un' attività economica ed essere considerato come un' "impresa" per l' applicazione delle norme del diritto comunitario anche se non persegue fini di lucro.

    45 Risulta da questa giurisprudenza che l' assenza di carattere lucrativo dell' attività esercitata da un' impresa non è idonea, di per sé, a privare detta attività del suo carattere economico né a far escludere l' impresa dall' ambito d' applicazione della direttiva.

    46 L' ambito d' applicazione della direttiva non può dunque essere circoscritto alle sole imprese che perseguono un fine di lucro, come sostiene il governo del Regno Unito.

    47 Ne consegue che, limitando l' applicazione delle norme nazionali di attuazione della direttiva ai trasferimenti di imprese aventi fini di lucro, il governo del Regno Unito è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma dell' art. 1, n. 1, della direttiva. La terza censura della Commissione è dunque fondata.

    Sulla quarta censura

    48 La Commissione sostiene che il regolamento attua in maniera incompleta le disposizioni dell' art. 6, n. 2, della direttiva, in quanto obbliga semplicemente il cedente o il cessionario che intenda adottare provvedimenti nei confronti dei lavoratori interessati da un trasferimento ad avviare consultazioni con i rappresentanti sindacali da esso riconosciuti, a prendere in considerazione tutte le osservazioni formulate da tali rappresentanti, a rispondere a dette osservazioni e, se le respinge, a indicarne i motivi, mentre l' art. 6, n. 2, della direttiva impone di consultare i rappresentanti dei lavoratori "al fine di ricercare un accordo".

    49 Il governo del Regno Unito riconosce che la propria legislazione non è conforme alla direttiva su questo punto.

    50 A questo proposito, basti rilevare che le disposizioni del regolamento non impongono, al cedente o al cessionario che intenda adottare provvedimenti nei confronti dei lavoratori interessati da un trasferimento, la consultazione dei rappresentanti di tali lavoratori "al fine di ricercare un accordo", come richiede l' art. 6, n. 2, della direttiva.

    51 La quarta censura della Commissione deve pertanto essere accolta.

    Sulla quinta censura

    52 La Commissione sostiene che le sanzioni previste dall' art. 11 del regolamento in caso di mancato rispetto da parte del cedente o del cessionario del loro obbligo di consultazione e di informazione dei rappresentanti dei lavoratori non sono sufficientemente dissuasive per i datori di lavoro. Essa fa valere che il risarcimento danni che il datore di lavoro può, eventualmente, essere condannato a versare ai dipendenti sulla base dell' art. 11 del regolamento ° risarcimento che, d' altronde, è soggetto ad un massimale ° è detraibile dalle indennità cosiddette "di protezione" che il datore di lavoro può essere condannato, del resto, a versare ai dipendenti qualora non rispetti le disposizioni dell' art. 99 dell' Employment Protection Act del 1975 (in prosieguo: l' "EPA"), che impongono al datore di lavoro di consultare i rappresentanti dei lavoratori nel caso di licenziamento per motivi economici.

    53 La censura riguarda l' ipotesi in cui il datore di lavoro proceda contemporaneamente ad un trasferimento di impresa o di stabilimento e ad un licenziamento per motivi economici.

    54 Il governo del Regno Unito sostiene che la propria normativa è conforme alla direttiva nei limiti in cui prevede la possibilità di fissare un massimale per le somme che il datore di lavoro può essere condannato a corrispondere ai propri dipendenti, pur riconoscendone la non conformità alla direttiva nei limiti in cui prevede che le indennità corrisposte ai salariati si sostituiscono in tutto o in parte alle somme che il datore di lavoro è tenuto a versare loro ad altro titolo. Esso fa valere altresì che un progetto di legge, attualmente in via di adozione, dovrebbe modificare la normativa su questi due punti.

    55 Qualora una direttiva comunitaria non contenga una specifica sanzione in caso di violazione delle proprie disposizioni, ovvero rinvii al riguardo alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali, l' art. 5 del Trattato impone agli Stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l' efficacia del diritto comunitario. A tal fine, pur conservando un potere discrezionale in merito alla scelta delle sanzioni, essi devono vegliare a che le violazioni del diritto comunitario siano sanzionate, sotto il profilo sostanziale e procedurale, in termini analoghi a quelli previsti per le violazioni del diritto interno simili per natura e per importanza, e che in ogni caso conferiscano alla sanzione stessa un carattere di effettività, di proporzionalità e di capacità dissuasiva (v., per i regolamenti comunitari, sentenze 21 settembre 1989, causa 68/88, Commissione/Grecia, Racc. pag. 2965, punti 23 e 24, e 2 ottobre 1991, causa C-7/90, Vandevenne e a., Racc. pag. I-4371, punto 11).

    56 Ai sensi dell' art. 11, n. 4, del regolamento, il datore di lavoro che omette di consultare i rappresentanti dei lavoratori in occasione di un trasferimento di impresa può essere condannato a versare un risarcimento adeguato ai lavoratori interessati dal trasferimento stesso. In forza del n. 11 del medesimo articolo, l' ammontare del risarcimento non può superare un massimale, che è stato portato da due a quattro settimane di salario del lavoratore interessato dal Trade Union Reform and Employment Rights Act del 1993. Tuttavia, ai sensi dell' art. 11, n. 7, qualora inoltre il datore di lavoro licenzi dei lavoratori per motivi economici e ometta di consultare i rappresentanti dei lavoratori, in violazione di quanto previsto all' art. 99 dell' EPA, il risarcimento danni è detraibile dalle indennità cosiddette "di protezione" che il datore di lavoro può essere successivamente condannato a corrispondere al lavoratore sulla base dell' EPA e, inversamente, queste indennità "di protezione" sono detraibili dal risarcimento danni che il datore di lavoro può essere successivamente condannato a versare al lavoratore.

    57 Così, quando i dipendenti dell' impresa oggetto del trasferimento subiscono un licenziamento per motivi economici e il datore di lavoro viene condannato a versare loro un' indennità "di protezione" per non aver rispettato gli obblighi di consultazione e informazione dei rappresentanti dei lavoratori in conformità all' art. 99 dell' EPA, il datore di lavoro è colpito dalla sanzione pecuniaria cui viene condannato in forza del regolamento soltanto nella misura in cui l' importo di questa sanzione superi l' importo dell' indennità "di protezione". Questa sanzione pecuniaria è in tal modo mitigata, se non addirittura eliminata. Per giunta, la fissazione di un massimale al risarcimento danni cui può essere condannato il datore di lavoro sulla base del regolamento, soprattutto a livello stabilito prima dell' entrata in vigore del Trade Union Reform and Employment Rights Act del 1993, limita i casi in cui l' indennità "di protezione" viene superata.

    58 Ne risulta che, nell' ipotesi in cui il datore di lavoro sia anche condannato in base all' EPA, la sanzione non presenta un carattere realmente dissuasivo. La normativa britannica, non è dunque conforme, su questo punto, agli obblighi di cui all' art. 5 del Trattato.

    59 Ne consegue che la quinta censura della Commissione dev' essere accolta.

    60 Risulta dal complesso delle considerazioni in precedenza svolte che, omettendo di prescrivere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori nel caso in cui la designazione stessa non ottenga il consenso del datore di lavoro, escludendo le imprese senza fini di lucro dall' ambito d' applicazione del regolamento, omettendo di imporre al cedente o al cessionario che intenda adottare provvedimenti nei confronti dei propri lavoratori di avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali provvedimenti con i rappresentanti dei lavoratori stessi al fine di ricercare un accordo e omettendo di comminare sanzioni efficaci in caso di mancata consultazione o informazione dei rappresentanti dei lavoratori da parte del datore di lavoro, il Regno Unito è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma della direttiva e dell' art. 5 del Trattato CEE.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    61 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. Tuttavia, ai sensi del n. 3, primo comma, del medesimo articolo, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

    62 Poiché il Regno Unito è rimasto sostanzialmente soccombente, esso dev' essere condannato alle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    dichiara e statuisce:

    1) Omettendo di prescrivere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori nel caso in cui la designazione stessa non ottenga il consenso del datore di lavoro, escludendo le imprese senza fini di lucro dall' ambito d' applicazione del regolamento destinato ad attuare la direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, omettendo di imporre al cedente o al cessionario che intenda adottare provvedimenti nei confronti dei propri lavoratori di avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali provvedimenti con i rappresentanti dei lavoratori stessi al fine di ricercare un accordo e omettendo di comminare adeguate sanzioni in caso di mancata consultazione o informazione dei rappresentanti dei lavoratori da parte del datore di lavoro, il Regno Unito è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma della direttiva e dell' art. 5 del Trattato CEE.

    2) Per il resto, il ricorso è respinto.

    3) Il Regno Unito è condannato alle spese.

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