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Document 61991CJ0155

Sentenza della Corte del 17 marzo 1993.
Commissione delle Comunità europee contro Consiglio delle Comunità europee.
Direttiva sui rifiuti - Fondamento giuridico.
Causa C-155/91.

Raccolta della Giurisprudenza 1993 I-00939

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1993:98

61991J0155

SENTENZA DELLA CORTE DEL 17 MARZO 1993. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO CONSIGLIO DELLE COMUNITA EUROPEE. - DIRETTIVA RIFIUTI - BASE GIURIDICA. - CAUSA C-155/91.

raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-00939
edizione speciale svedese pagina 00067
edizione speciale finlandese pagina I-00061


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Atti delle istituzioni ° Scelta del fondamento giuridico ° Criteri

2. Ambiente ° Smaltimento dei rifiuti ° Direttiva intesa ad attuare il principio di correzione alla fonte dei danni causati all' ambiente ° Fondamento giuridico ° Art. 130 S del Trattato ° Effetti secondari sul funzionamento del mercato interno ° Irrilevanza

(Trattato CEE, artt. 30, 100 A, 130 R, n. 2, e 130 S; direttiva del Consiglio 91/156/CEE)

3. Procedura ° Intervento ° Istanza che non ha per oggetto l' adesione alle conclusioni di una delle parti ° Irricevibilità

(Statuto della Corte di giustizia delle Comunità europee, art. 37, terzo comma)

Massima


1. Nell' ambito del sistema di competenze comunitarie, la scelta del fondamento giuridico di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale. Tra tali elementi figurano in particolare lo scopo e il contenuto dell' atto.

2. La direttiva 91/156/CEE relativa ai rifiuti mira a garantire la gestione di queste materie, siano esse di origine industriale o domestica, conformemente alle esigenze della salvaguardia dell' ambiente. Se è vero che i rifiuti, riciclabili o meno, vanno considerati prodotti la cui circolazione, ai sensi dell' art. 30 del Trattato, non andrebbe di regola vietata, la direttiva di cui trattasi non può per questo essere considerata come intesa ad attuare la libera circolazione di questi prodotti, in quanto essa attua invece il principio di correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all' ambiente, principio stabilito per l' azione della Comunità in materia ambientale dall' art. 130 R, n. 2, del Trattato. La direttiva poteva pertanto essere validamente emanata sul solo fondamento dell' art. 130 S del Trattato.

Il fatto che talune delle disposizioni della direttiva incidano sul funzionamento del mercato interno non è sufficiente affinché vada applicato l' art. 100 A del Trattato. Il richiamo a questa disposizione non è infatti giustificato allorché, come nel caso di specie, l' atto da adottare abbia solo accessoriamente come effetto quello di armonizzare le condizioni del mercato all' interno della Comunità.

3. Secondo l' art. 37, terzo comma, dello Statuto (CEE) della Corte di giustizia, le conclusioni dell' istanza di intervento possono avere come oggetto soltanto l' adesione alle conclusioni di una delle parti. Tale condizione non viene soddisfatta allorché le conclusioni dell' interveniente divergono da quelle della parte a cui assertivamente aderiscono, la quale chiede l' annullamento di un atto nel suo complesso, in quanto, basandosi su motivi del tutto estranei a quelli fatti valere da quest' ultima, esse sono dirette solo all' annullamento di una delle disposizioni dell' atto impugnato.

Parti


Nella causa C-155/91,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Rolf Waegenbaur, consigliere giuridico principale, e Ingolf Pernice, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Roberto Hayder, rappresentante del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

sostenuta dal

Parlamento europeo, rappresentato dal signor Jorge Campinos, giureconsulto, assistito dal signor Kieran Bradley, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il segretariato generale del Parlamento europeo, Kirchberg,

interveniente,

contro

Consiglio delle Comunità europee, rappresentato dal signor Arthur Alan Dashwood, direttore del servizio giuridico, e dalla signora Jill Aussant, amministratore principale presso lo stesso servizio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Joerg Kaeser, direttore degli affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer, Kirchberg,

convenuto,

sostenuto dal

Regno di Spagna, rappresentato dal signor Alberto José Navarro Gonzáles, direttore generale del coordinamento giuridico e istituzionale comunitario, e dal signor Antonio Hernández-Mora, abogado del Estado, del servizio del contenzioso comunitario, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l' ambasciata di Spagna, 4-6, boulevard Emmanuel Servais,

interveniente,

avente ad oggetto il ricorso diretto all' annullamento della direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti (GU L 78, pag. 32),

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, C.N. Kakouris, M. Zuleeg e J.L. Murray, presidenti di sezione, G.F. Mancini, R. Joliet, F.A. Schockweiler, J.C. Moitinho de Almeida, F. Grévisse, M. Diez de Velasco e P.J.G. Kapteyn, giudici,

avvocato generale: G. Tesauro

cancelliere: H. von Holstein, vicecancelliere

vista la relazione d' udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 25 novembre 1992,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 1 dicembre 1992,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte l' 11 giugno 1991, la Commissione delle Comunità europee ha chiesto, a norma dell' art. 173, primo comma, del Trattato CEE, l' annullamento della direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti (GU L 78, pag. 32).

2 La direttiva 75/442 ha introdotto, a livello comunitario, una disciplina relativa allo smaltimento dei rifiuti. Per tener conto dell' esperienza acquisita nell' applicazione di questa direttiva da parte degli Stati membri, il 16 agosto 1988 la Commissione presentava una proposta per l' emanazione della direttiva 91/156, dianzi citata. Il fondamento giuridico scelto dalla Commissione era l' art. 100 A del Trattato. Il Consiglio esprimeva tuttavia un orientamento comune inteso a basare la futura direttiva sull' art. 130 S del Trattato. Nonostante le obiezioni mosse dal Parlamento europeo che, consultato dal Consiglio conformemente all' art. 130 S, aveva ritenuto appropriato il fondamento giuridico scelto dalla Commissione, il Consiglio adottava la direttiva considerata in base all' art. 130 S del Trattato.

3 A sostegno del ricorso la Commissione deduce un unico motivo relativo alla scelta errata del fondamento giuridico della direttiva di cui trattasi. Il Parlamento, intervenuto a sostegno delle conclusioni della Commissione, chiede inoltre l' annullamento dell' art. 18 della direttiva.

4 Per una più ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento del procedimento, nonché dei mezzi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

Sul fondamento giuridico

5 La Commissione, sostenuta dal Parlamento europeo, deduce in sostanza che la direttiva mira sia alla salvaguardia dell' ambiente sia all' instaurazione e al funzionamento del mercato interno. Pertanto, questa avrebbe dovuto essere emanata unicamente in base all' art. 100 A del Trattato, come la direttiva relativa ai rifiuti dell' industria del biossido di titanio, che è stata oggetto della sentenza 11 giugno 1991, causa C-300/89, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I-2867; in prosieguo: la "sentenza biossido di titanio").

6 Il Consiglio sostiene invece che l' art. 130 S del Trattato costituisce il fondamento giuridico corretto della direttiva 91/156 che, tenuto conto del suo scopo e del suo contenuto, mira essenzialmente alla salvaguardia della salute e dell' ambiente.

7 Secondo una giurisprudenza oramai consolidata, nell' ambito del sistema delle competenze comunitarie la scelta del fondamento giuridico di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale. Tra detti elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell' atto (v., da ultimo, sentenza 7 luglio 1992, causa C-295/90, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-4193, punto 13 della motivazione).

8 In ordine allo scopo perseguito, il quarto, il sesto, il settimo e il nono "considerando" della direttiva 91/156 sottolineano che, per conseguire un elevato livello di protezione dell' ambiente, gli Stati membri devono adottare misure intese a limitare la formazione di rifiuti promuovendo il loro riciclaggio e la loro riutilizzazione come materie prime e devono essere capaci di garantire essi stessi lo smaltimento dei loro rifiuti e ridurne i movimenti.

9 Quanto al contenuto della direttiva, si deve rilevare come questa obblighi gli Stati membri, in particolare, a promuovere la prevenzione o la riduzione della produzione dei rifiuti, il loro recupero e il loro smaltimento senza rischi per la salute dell' uomo e per l' ambiente, e a vietare l' abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti (artt. 3 e 4). La direttiva obbliga quindi gli Stati membri a creare una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento che consenta alla Comunità nel suo insieme e ai singoli Stati membri di garantire essi stessi lo smaltimento dei propri rifiuti in uno degli impianti più vicini (art. 5). Per realizzare questi obiettivi, gli Stati membri definiscono dei piani di gestione dei rifiuti e possono impedire movimenti di rifiuti non conformi a questi piani (art. 7). Infine, la direttiva obbliga gli Stati membri a sottoporre le imprese e gli impianti di smaltimento a regimi di autorizzazione, registrazione e controllo (artt. 9-14) e, in materia di smaltimento dei rifiuti, conferma il principio "chi inquina paga" di cui all' art. 130 R, n. 2, del Trattato (art. 15).

10 Gli elementi che precedono evidenziano il fatto che la controversa direttiva, avuto riguardo al suo scopo e al suo contenuto, mira a garantire la gestione dei rifiuti, siano essi di origine industriale o domestica, conformemente alle esigenze della salvaguardia dell' ambiente.

11 Tuttavia, la Commissione aggiunge che la direttiva attua il principio della libera circolazione dei rifiuti destinati ad essere recuperati e subordina a condizioni compatibili con il mercato interno la libera circolazione dei rifiuti destinati ad essere smaltiti.

12 E' vero che i rifiuti, riciclabili o meno, vanno considerati prodotti la cui circolazione, ai sensi dell' art. 30 del Trattato, non andrebbe di regola impedita (sentenza 9 luglio 1992, causa C-2/90, Commissione/Regno del Belgio, Racc. pag. I-4431, punto 28 della motivazione).

13 Tuttavia, la Corte ha affermato che esigenze imperative connesse alla salvaguardia dell' ambiente giustificano eccezioni alla libera circolazione dei rifiuti. In quest' ambito la Corte ha riconosciuto che il principio di correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all' ambiente, principio stabilito per l' azione della Comunità in materia ambientale dall' art. 130 R, n. 2, del Trattato, comporta che spetta a ciascuna regione, comune o altro ente locale adottare le misure adeguate per garantire la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti; questi vanno quindi smaltiti, per quanto possibile, vicino al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo il trasporto (sentenza Commissione/Regno del Belgio, dianzi citata, punto 34 della motivazione).

14 L' attuazione di questi orientamenti costituisce l' oggetto della direttiva. In ispecie nell' art. 5, essa sancisce il principio della vicinanza del luogo di smaltimento dei rifiuti a quello della loro produzione, al fine di garantire, per quanto possibile, che ciascuno Stato membro proceda allo smaltimento dei propri rifiuti. Inoltre, l' art. 7 della direttiva consente agli Stati membri di impedire i movimenti dei rifiuti destinati ad essere recuperati o ad essere smaltiti, non conformi ai loro piani di gestione.

15 Pertanto, la direttiva non può essere considerata come intesa ad attuare la libera circolazione dei rifiuti all' interno della Comunità, come la Commissione ha del resto riconosciuto all' udienza.

16 La Commissione deduce ancora che la direttiva conduce ad un ravvicinamento delle legislazioni in quanto, nell' art. 1, introduce un' unica definizione dei rifiuti e delle relative attività. In quest' ambito essa si richiama in ispecie al quinto "considerando" della direttiva secondo cui una disparità tra le legislazioni degli Stati membri in materia di smaltimento e di recupero dei rifiuti può incidere sulla qualità dell' ambiente e sul buon funzionamento del mercato interno.

17 La Commissione sostiene infine che la direttiva contribuisce anche all' armonizzazione delle condizioni di concorrenza, sia a livello della produzione industriale che a quello dell' attività di smaltimento dei rifiuti. A questo proposito essa fa valere che questa direttiva pone fine, in certa misura, ai vantaggi di cui fruiscono le industrie di taluni Stati membri a livello dei costi di produzione, a causa di discipline relative al trattamento dei rifiuti meno rigorose che in altri Stati membri. Così, il testo dell' art. 4, che prevede il recupero e lo smaltimento dei rifiuti "senza creare rischi per l' acqua, l' aria, il suolo e per la fauna e la flora", sarebbe sufficientemente preciso per garantire, se fedelmente attuato dagli Stati membri, che gli oneri degli operatori economici siano oramai ampiamente equivalenti in tutti gli Stati membri.

18 E' vero che occorre ammettere che talune disposizioni della direttiva, ed in ispecie le definizioni contenute nell' art. 1, incidono sul funzionamento del mercato interno.

19 Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il solo fatto che siano interessati l' instaurazione o il funzionamento del mercato interno non è sufficiente affinché vada applicato l' art. 100 A del Trattato. Dalla giurisprudenza della Corte emerge infatti che non è giustificato il rinvio all' art. 100 A allorché l' atto da adottare abbia solo accessoriamente come effetto quello di armonizzare le condizioni del mercato all' interno della Comunità (sentenza 4 ottobre 1991, causa C-70/88, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-4529, punto 17 della motivazione).

20 Ciò si verifica nel caso di specie. L' armonizzazione di cui all' art. 1 della direttiva mira principalmente a garantire, allo scopo di salvaguardare l' ambiente, l' efficacia della gestione dei rifiuti nella Comunità, quale che ne sia l' origine, e solo in subordine ha effetti sulle condizioni della concorrenza e degli scambi. Essa si distingue pertanto dalla direttiva del Consiglio 21 giugno 1989, 89/428/CEE, che fissa le modalità di armonizzazione dei programmi per la riduzione, al fine dell' eliminazione, dell' inquinamento provocato dai rifiuti dell' industria del biossido di titanio (GU L 201, pag. 56), la quale è stata oggetto della sentenza "biossido di titanio", già citata, e la quale mira al ravvicinamento delle norme nazionali relative alle modalità di produzione in un determinato settore dell' industria allo scopo di eliminare le distorsioni di concorrenza in questo settore.

21 Occorre pertanto considerare che la direttiva impugnata è stata validamente emanata sul solo fondamento dell' art. 130 S del Trattato. Il motivo relativo alla scelta errata del fondamento giuridico della direttiva deve, di conseguenza, essere respinto.

Sull' art. 18 della direttiva

22 Il Parlamento chiede l' annullamento dell' art. 18 della direttiva 91/156 in quanto la procedura del comitato di disciplina in esso prevista non sarebbe conforme al Trattato.

23 Secondo l' art. 37, terzo comma, dello Statuto della Corte, le conclusioni dell' istanza di intervento possono avere come oggetto soltanto l' adesione alle conclusioni di una delle parti.

24 Si deve constatare che, se le conclusioni della Commissione sono dirette all' annullamento della direttiva 91/156, quelle del Parlamento sono intese all' annullamento dell' art. 18 della direttiva per motivi del tutto estranei a quelli fatti valere dalla Commissione. Questi ultimi non possono perciò essere ritenuti avere lo stesso oggetto di quelli della Commissione e sono di conseguenza irricevibili.

25 Da tutte le considerazioni che precedono emerge che il ricorso deve essere respinto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

26 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. La Commissione è rimasta soccombente e va pertanto condannata alle spese. Conformemente all' art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, il Regno di Spagna e il Parlamento europeo sopporteranno le proprie spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Commissione è condannata alle spese. Il Regno di Spagna e il Parlamento europeo sopporteranno le proprie spese.

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