Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 61991CC0126

Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 15 settembre 1992.
Schutzverband gegen Unwesen in der Wirtschaft e.V. contro Yves Rocher GmbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof - Germania.
Libera circolazione delle merci - Restrizioni quantitative - Misure di effetto equivalente - Divieto di praticare una pubblicità vertente su un confronto di prezzi.
Causa C-126/91.

Raccolta della Giurisprudenza 1993 I-02361

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1992:342

61991C0126

Conclusioni dell'avvocato generale Darmon del 15 settembre 1992. - SCHUTZVERBAND GEGEN UNWESEN IN DER WIRTSCHAFT CONTRO YVES ROCHER GMBH. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: BUNDESGERICHTSHOF - GERMANIA. - LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI - RESTRIZIONI QUANTITATIVE - MISURE DI EFFETTO EQUIVALENTE - DIVIETO DI PRATICARE UNA PUBBLICITA COMPARATIVA DEI PREZZI. - CAUSA C-126/91.

raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-02361
edizione speciale svedese pagina I-00191
edizione speciale finlandese pagina I-00201


Conclusioni dell avvocato generale


++++

Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Una normativa nazionale che vieti le pubblicità che si valgono di confronti fra i prezzi praticati per lo stesso prodotto durante periodi diversi, qualora queste indicazioni siano "vistose", è in contrasto con l' art. 30 del Trattato CEE? Questa è, in sostanza, la questione sottopostavi dal Bundesgerichtshof.

2. La questione trae origine dai seguenti fatti:

La Yves Rocher GmbH vende in Germania, soprattutto per corrispondenza, i cosmetici fornitile dalla società capogruppo, la francese Yves Rocher. La pubblicità è predisposta in modo uniforme dalla capogruppo per la maggior parte degli Stati della Comunità e si serve di cataloghi e di prospetti di vendita. Così, un prospetto diffuso in Germania indicava, sotto la scritta "risparmiate fino al 50% e oltre su 99 dei vostri prodotti Yves Rocher preferiti" e, accanto al vecchio prezzo cancellato con un trattino e stampato in caratteri normali, il nuovo prezzo del prodotto, più basso, stampato in grassetto con inchiostro rosso (1).

3. La Schutzverband gegen Unwesen in der Wirtschaft (associazione contro la concorrenza sleale) ha esperito contro la Yves Rocher GmbH un' azione inibitoria (2), sostenendo che detta pubblicità era in contrasto con la normativa tedesca sulla concorrenza sleale.

4. L' art. 6(e) della legge tedesca sulla concorrenza sleale (Gesetz gegen den unlauteren Wettbewerb, in prosieguo: l' "UWG"), emendato dalla legge 25 luglio 1986, dispone fra l' altro che:

"1) Nei rapporti commerciali con il consumatore finale, chiunque confronti in pubblicazioni o avvisi destinati a un gran numero di persone i prezzi effettivamente praticati per talune merci o prestazioni commerciali, messi in rilievo nell' offerta complessiva a prezzi superiori, o dichiari dei ribassi di un' entità o di una percentuale determinata, dando l' impressione che il prezzo precedentemente praticato fosse il prezzo superiore indicato, si espone a un' azione inibitoria.

2) Il n. 1 non si applica:

1. alle indicazioni di prezzo che non siano messe in rilievo per attirare lo sguardo;

2. se ci si riferisce, senza indicazioni vistose, a un prezzo superiore, indicato in un catalogo precedente o in un prospetto di vendita analogo contenente un' offerta completa di merci o di servizi (...)".

5. Ritenendo che il nuovo prezzo fosse stato messo in evidenza in modo da attirare lo sguardo, il Landgericht accoglieva la domanda.

6. Il giudice d' appello, al contrario, decideva che la Yves Rocher GmbH poteva valersi della deroga di cui all' art. 6(e), n. 2, punto 2 dell' UWG.

7. Il Bundesgerichtshof adito in "Revision", considera assodato che (i) il nuovo prezzo è messo in evidenza in modo vistoso, (ii) la deroga di cui all' art. 6(e), n. 2, punto 2 dell' UWG non si applica e (iii) la pubblicità contestata ricade sotto l' art. 6(e), n. 1 della stessa legge (3).

8. Considerando che il divieto posto da tale articolo incide sugli scambi intracomunitari, il Bundesgerichtshof vi ha sottoposto la seguente questione:

"Se l' art. 30 del Trattato CEE debba essere interpretato nel senso che osta all' applicazione di una disposizione della normativa di uno Stato membro A la quale vieti a un' impresa con sede in tale Stato e che vende per corrispondenza, su catalogo o su prospetto, merci importate dallo Stato membro B, di praticare una pubblicità vertente sui prezzi nell' ambito della quale, mentre il nuovo prezzo è messo in evidenza in modo da attirare lo sguardo, ci si richiama ad un prezzo più alto indicato in un catalogo o un prospetto precedente" (4).

9. Rilevo subito l' estrema precisione della questione sottopostavi dal giudice a quo. Non dovete pronunciarvi infatti sulla compatibilità con l' art. 30 del Trattato del divieto di pubblicità mediante confronto fra i prezzi in generale, bensì di una certa forma di pubblicità di questo tipo (5).

10. L' art. 6(e) dell' UWG, che ha dato luogo alla questione del giudice proponente, pone il principio che è ammessa l' azione inibitoria contro la pubblicità consistente nel giustapporre il vecchio ed il nuovo prezzo dello stesso prodotto, indipendentemente dal fatto che il vecchio prezzo indicato sia veridico.

11. Questo divieto non vale quando la pubblicità non si serve di indicazioni di prezzo messe in rilievo per attirare lo sguardo (6). Secondo i lavori preparatori della legge 25 luglio 1986 che emenda l' UWG, questa deroga mira a consentire al commerciante al minuto, in caso di riduzione dei prezzi, di cancellare con un trattino il vecchio prezzo e di indicare accanto il nuovo prezzo senza doversi servire di una nuova etichetta (7).

12. Una seconda eccezione è contemplata per la pubblicità "non vistosa" su catalogo (8). La pubblicità su catalogo che comprenda un confronto di prezzi è quindi illecita qualora venga posto in evidenza il nuovo prezzo in modo vistoso, indipendentemente dall' esattezza dei prezzi indicati. Appunto quest' ultimo divieto è stato sottoposto dal Bundesgerichtshof al vostro esame. In altri termini, uno Stato membro può vietare il confronto di prezzi, anche veridico, per il motivo che esso è effettuato in modo che l' indicazione del nuovo prezzo attira lo sguardo?

13. Questo tipo di pubblicità è disciplinata sul piano comunitario unicamente qualora si tratti di pubblicità ingannevole. Questa costituisce oggetto della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (9). Orbene, il giudice a quo vi sottopone una normativa la quale vieta confronti di prezzi che possono essere veridici. Osservo d' altro canto che una proposta di direttiva del Consiglio riguardante la pubblicità comparativa e che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole (10), autorizzando a talune condizioni la pubblicità comparativa, non è stata ancora adottata. Essa non riguarda del resto la pubblicità consistente nel confrontare i vari prezzi successivi dello stesso prodotto (11).

14. Dalla vostra costante giurisprudenza in fatto di libera circolazione delle merci si desume che

"In mancanza di una normativa comune in materia di produzione e di commercio del prodotto di cui trattasi, spetta agli Stati membri disciplinare, ciascuno nel suo territorio, tutto ciò che riguarda la produzione, la distribuzione e il consumo di tale prodotto, rispettando tuttavia la condizione che le varie normative non ostacolino direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari" (12).

15. Se da tali disparità tra le normative nazionali derivano ostacoli per la libertà degli scambi, questi

"vanno accettati qualora tali prescrizioni possano ammettersi come necessarie per rispondere ad esigenze imperative attinenti, in particolare (...), alla lealtà dei negozi commerciali e alla difesa dei consumatori" (13).

16. Esaminiamo in primo luogo se una normativa del tipo di quella che ci è stata sottoposta dal giudice a quo, la quale non implica alcuna discriminazione nei confronti dei prodotti importati, in quanto la pubblicità mediante confronto fra i prezzi è vietata indipendentemente dall' origine dei prodotti che ne costituiscono oggetto, possa pregiudicare il commercio intracomunitario.

17. La normativa che disciplina la pubblicità riguarda un servizio. Essa non condiziona direttamente le importazioni di merci. E' forse atta a restringerne il volume per il fatto che pregiudica le possibilità di smercio dei prodotti importati?

18. Il divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative posto dall' art. 30 del Trattato si estende, secondo la vostra costante giurisprudenza dalla sentenza 11 luglio 1974, Procuratore del Re/Dassonville (14), a qualsiasi normativa commerciale degli Stati membri la quale possa

"ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza il commercio intracomunitario" (15).

Basta che il provvedimento sia obiettivamente atto ad ostacolare gli scambi, senza che sia necessario provare che si è effettivamente tradotto in una diminuzione delle importazioni o che ha pregiudicato in misura rilevante gli scambi intracomunitari (16).

19. Nella causa Oosthoek' s (17), dovevate giudicare della compatibilità con gli artt. 30 e 34 del Trattato CEE della normativa olandese che limitava la libertà di offrire premi in natura nell' ambito dell' esercizio dell' attività commerciale.

20. Un editore olandese inviava libri come premio ai sottoscrittori di enciclopedie importate, in parte, dal Belgio. Voi avete ammesso che si trattava in quel caso di "negozi commerciali intracomunitari" (18) e, per quanto riguarda le disposizioni del tipo di quelle della legge olandese esaminate alla luce dell' art. 30 del Trattato, avete affermato che "una normativa che limiti o vieti determinate forme di pubblicità e determinati mezzi di promozione delle vendite può essere idonea, pur non condizionando direttamente le importazioni, a restringere il volume delle stesse incidendo sulle possibilità di distribuzione dei prodotti importati. Non si può escludere che il fatto che l' operatore interessato sia costretto ad adottare diversi sistemi di pubblicità o di promozione delle vendite a seconda degli Stati membri in cui svolge la sua attività, ovvero a rinunciare ad un sistema da lui ritenuto particolarmente efficace, può costituire un ostacolo per le importazioni, anche qualora detta normativa si applichi indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati" (19).

21. Voi avete persino ammesso che rientrava nel campo d' applicazione dell' art. 30 la legge lussemburghese la quale aveva l' effetto di vietare la diffusione nel Granducato di opuscoli pubblicitari dell' impresa belga GB-INNO-BM che incitavano i consumatori stabiliti nel Lussemburgo a recarsi a fare i loro acquisti in supermercati situati nel territorio belga (20).

22. Come la Commissione osserva, lo stesso deve valere a fortiori, quando, in modo perfettamente manifesto, il divieto di pubblicità riguarda, nello Stato membro in cui risiedono i potenziali acquirenti, le vendite di merci che vi sono importate da un altro Stato membro (21).

23. Quindi, la normativa che pone condizioni ignote nella maggior parte degli altri Stati membri, vietando la pubblicità consistente nell' indicare sul supporto il vecchio prezzo, più alto, ed il nuovo, qualora questo sia messo in evidenza in modo da colpire lo sguardo è atta ad incidere sul volume delle vendite e perciò sugli scambi intracomunitari. Ciò è tanto più vero quando

1) i prodotti di cui trattasi sono esclusivamente importati;

2) la tecnica pubblicitaria usata è particolarmente efficace.

24. Infine il governo tedesco non può sostenere che una pubblicità, destinata unicamente al mercato di un solo Stato membro, non incide sul commercio intracomunitario. Dal momento che la pubblicità ha appunto lo scopo di promuovere in questo paese le merci importate, essa pregiudica il commercio intracomunitario.

25. Il divieto di pubblicità mediante il confronto fra i prezzi, che ha dato origine alla questione sollevata dal giudice a quo, può restringere le importazioni di prodotti da uno Stato membro all' altro e costituisce quindi una misura di effetto equivalente ai sensi dell' art. 30 del Trattato.

26. La restrizione costituita da questo divieto dev' essere accettata quando, valendo indistintamente per i prodotti nazionali e per quelli importati, possa, secondo la vostra giurisprudenza, essere giustificata, in mancanza di normativa comunitaria, da esigenze impellenti attinenti alla difesa del consumatore o alla lealtà dei negozi commerciali (22). Dico esigenze impellenti, non già semplici ragioni, sia pure gravi, come suggerisce l' associazione attrice nella causa principale, la quale sostiene che il criterio dell' esigenza impellente non può essere il solo (23).

27. Senza dubbio una normativa del genere può servire a questi scopi di protezione del consumatore e di garanzia della lealtà dei negozi commerciali giacché impedisce, all' occorrenza, i confronti di prezzo ingannevoli. Ma è forse proporzionata, dal momento che può colpire del pari i confronti di prezzo esatti, quindi limitare senza motivo l' informazione del consumatore?

28. Come abbiamo visto, il divieto vale, se le indicazioni di prezzo attirano lo sguardo, indipendentemente dal fatto che questi siano esatti. La ratio di una normativa del genere emerge dalla relazione sul progetto governativo riguardante l' art. 6(e) dell' UWG richiamata dalla convenuta nella causa principale: porre rimedio ai numerosi abusi in fatto di uso di prezzi cancellati da un trattino o di indicazioni analoghe, eliminare i rischi derivanti dall' effetto di richiamo particolare e dal pericolo di essere indotti in errore (24). Secondo il governo tedesco, "non si tratta di un inganno effettivo (...) si tratta del rischio astratto di inganno che deriva in generale da una siffatta 'Lockvogelwerbung' (' pubblicità specchio per le allodole' )" (25). Indubbiamente la pubblicità mediante confronto fra i prezzi si presta facilmente a pratiche dubbie, come quella del prezzo di riferimento artificialmente gonfiato per far apparire una riduzione di prezzo in realtà ingannevole. Se ciò non bastasse, il consumatore non è sempre in grado di controllare la veridicità del vecchio prezzo di riferimento. Infine, come ha rilevato A. Reuter, la pubblicità vistosa accresce il rischio di inganno "denn der Blickfang verkuerzt, und wer verkuerzt, sagt haeufig nicht die ganze Wahrheit" (26).

29. Questa normativa stabilisce quindi per le indicazioni di prezzo "vistose" una specie di presunzione di frode da parte di chi l' effettua, la quale la induce, allo scopo di proteggere il consumatore, a vietare questo tipo di pubblicità, nello stesso modo in cui essa vieta la pubblicità menzognera o ingannevole. Sono vietate non solo le pubblicità ingannevoli, ma anche quelle che, dato il modo in cui vengono realizzate, potrebbero facilmente esserlo. Il divieto è quindi totale, mentre la frode o la semplice esattezza nell' indicazione dei prezzi è solo possibile e quindi incerta.

30. Come si vede, dietro la pubblicità "vistosa", è di fatto la pubblicità "ingannevole" quella che si ha di mira. Il divieto della sola pubblicità ingannevole è considerato insufficiente per motivi di prova. Molte pubblicità ingannevoli o menzognere non possono essere provate: è in particolare molto difficile, in caso di pubblicità mediante confronto fra i prezzi, il provare che il prezzo anteriore di riferimento è stato effettivamente praticato. Per ovviare a questa difficoltà di prova, il legislatore si è valso della nozione di pubblicità vistosa ° facile da provarsi concretamente, anche se la valutazione può esserne soggettiva ° presumendo che pubblicità siffatte nascondano un inganno, o quantomeno sopprimendo qualsiasi "rischio astratto" in materia.

31. Dirò subito che un divieto di questo genere non mi sembra necessario per soddisfare le esigenze impellenti attinenti alla protezione del consumatore e dalla lealtà dei negozi commerciali.

32. Questa Corte, in occasione della citata causa GB-INNO-BM, si è già occupata di normative nazionali in fatto di pubblicità mediante confronto fra i prezzi.

33. Ed infatti il regolamento granducale 23 dicembre 1974, riguardante la concorrenza sleale, stabiliva che le offerte implicanti una riduzione di prezzo non dovevano contenere né le indicazioni della durata dell' offerta, né dei riferimenti ai vecchi prezzi, per quanto esatti.

34. L' impresa belga GB-INNO-BM aveva diffuso nel Lussemburgo opuscoli di pubblicità contenenti indicazioni sulla limitazione nel tempo di riduzioni di prezzo come pure la segnalazione di prezzi ridotti con riferimento ai vecchi prezzi.

35. Voi avete rilevato che il principale effetto della normativa lussemburghese era quello di impedire al consumatore di ottenere determinate informazioni, mentre la protezione del consumatore richiede una migliore informazione, come dimostra la politica comunitaria in materia (27) ed avete posto il seguente principio:

"(...) il diritto comunitario in materia di protezione dei consumatori considera l' informazione di questi ultimi come una delle esigenze principali. Pertanto, l' art. 30 del Trattato non può essere interpretato in un senso secondo cui una normativa nazionale che neghi l' accesso dei consumatori a talune informazioni possa essere giustificata da esigenze imperative attinenti alla protezione dei consumatori" (28).

36. Ne avete dedotto che l' art. 30 del Trattato osta a che venga applicata ad un' azione pubblicitaria una normativa nazionale comportante il divieto di indicare il vecchio prezzo della pubblicità commerciale (29). Il provvedimento che privi il consumatore di talune informazioni non può essere considerato diretto alla sua protezione.

37. Ravviso nella necessità di dare al consumatore le opportune informazioni che gli consentano di prendere la decisione di acquistare o di non acquistare in piena cognizione di causa uno dei temi conduttori della vostra giurisprudenza in fatto di esigenze imperative attinenti alla sua protezione.

38. Quindi, mentre dichiarate in contrasto con l' art. 30 le normative nazionali in fatto di pubblicità che limitino senza giustificazione l' informazione del consumatore (30), dichiarate compatibile con tale articolo la normativa nazionale che protegga il consumatore insufficientemente informato (31).

39. Voi ammettete le restrizioni dell' informazione del consumatore unicamente quando questa può essere fonte di confusioni o tale da indurre in errore (32).

40. Ad esempio, in fatto di etichettatura dei prodotti, il divieto di apporre talune informazioni sul prodotto è una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa vietata dall' art. 30, a meno che tali informazioni non siano atte ad indurre in errore l' acquirente (33).

41. Il fatto che l' indicazione del nuovo prezzo venga effettuata in modo "vistoso" è di per sé atto ad indurre in errore il consumatore?

42. La normativa alla quale il giudice proponente si riferisce si distingue dalla normativa lussemburghese della causa GB-INNO-BM ° la quale poneva il divieto puro e semplice di indicare il vecchio prezzo ° o dalla normativa di altri Stati membri ° che autorizza questo tipo di indicazione ° per la nozione di "publicité accrocheuse" (vistosa) la quale traduce male l' espressione "blickfangmaessig" ("che cattura lo sguardo").

43. Questa nozione costituisce qui il criterio decisivo. A seconda che l' indicazione dei prezzi catturi o meno lo sguardo, la pubblicità è vietata oppure autorizzata. Quello che la legge condanna non è l' informazione, il contenuto della pubblicità, ma la sua forma, la sua presentazione, in una parola la sua "visibilità".

44. Non dissimulerò qui la mia perplessità. Senza voler esagerare coi paradossi, non si potrebbe sostenere che la natura vistosa è proprio il criterio di una buona pubblicità? A cosa serve una pubblicità che non catturi lo sguardo? Vietare la pubblicità che cattura lo sguardo non è forse vietare senz' altro la pubblicità? In che modo la messa in rilievo di quello che più importa l' acquirente ° il nuovo prezzo ° può essere in contrasto con gli interessi dello stesso o sleale nei confronti dei concorrenti?

45. Oltre a ciò, in quale momento la pubblicità diviene vistosa e quindi può essere vietata? Se la pubblicità è giudicata vistosa quando il nuovo prezzo è indicato in grandi caratteri in un cerchio rosso, cosa succede se il cerchio è grigio? Non è possibile evitare qui la valutazione soggettiva, fonte di incertezza, come dimostrano, nella presente causa, le diverse valutazioni dei giudici di merito. Questa nozione mi sembra quindi un sicuro fattore di incertezza giuridica.

46. La nozione di "pubblicità vistosa" trae la sua giustificazione, come abbiamo visto, dal fatto che, secondo il governo tedesco (34), essa consente di eliminare "un rischio astratto di inganno". Ma qual è, in proposito, il valore del criterio di "pubblicità vistosa"?

47. Rilevo anzitutto che la pubblicità vistosa, nel senso della questione sollevata dal giudice proponente, è quella che pone in rilievo il nuovo prezzo senza valersi di alcuna astuzia, furbizia o sottigliezza particolare. Essa non tenta, ad esempio, di spacciare per prezzo di vendita una cifra, contenuta nella pubblicità, che non lo sia. Essa non è fonte di confusione per il consumatore giacché distingue il vecchio prezzo dal nuovo. Il "rischio di inganno" deriva unicamente dalla difficoltà di controllare il vecchio prezzo di vendita indicato.

48. Orbene, nel campo della vendita per corrispondenza su catalogo, in modo particolarissimo, il divieto di effettuare confronti di prezzo in modo vistoso mi sembra tanto meno giustificato in quanto il vecchio prezzo, indicato in un catalogo è molto facile da controllare (35). La difficoltà di provare l' inesattezza del vecchio prezzo indicato nella pubblicità è perciò in tal caso inesistente.

49. Approverei la nozione di "pubblicità vistosa" se consentisse di scoprire ogni volta le inesattezze. Il caso che ci è stato sottoposto dal giudice proponente dimostra in modo convincente che esso può avere l' effetto di vietare confronti di prezzo veritieri. E' chiaro che la distinzione pubblicità vistosa/pubblicità non vistosa non corrisponde alla distinzione pubblicità ingannevole/pubblicità leale.

50. Il divieto dei confronti di prezzo con indicazioni di prezzo vistose potrebbe inoltre avere come effetto lo sviluppo di pubblicità formulate in modo vago che informino, in modo generico, delle riduzioni di prezzo senza indicare né il vecchio né il nuovo prezzo e quindi molto meno ricche di informazioni e molto meno protettive per gli interessi del consumatore della pubblicità mediante confronto fra i prezzi anche vistosa (36).

51. D' altro canto, altri mezzi meno restrittivi devono consentire di raggiungere lo scopo perseguito.

52. L' esame delle normative su questo tipo di pubblicità negli altri Stati membri dimostra che esigenze di informazione particolari riguardanti

1) il periodo durante la quale il prezzo di riferimento è stato praticato,

2) l' indicazione del vecchio e del nuovo prezzo,

consentono di conciliare l' informazione del consumatore e la sua tutela. Ciò vale, nel Regno Unito, per il Consumer Protection (Code of Practice for Traders on Price Indications) Approval Order del 1988 emanato dal Secretary of State (37). Così pure, la legge belga 14 luglio 1991 sulle pratiche del commercio e sull' informazione e la protezione del consumatore stabilisce che qualsiasi pubblicità la quale parli di una riduzione di prezzi deve indicare il prezzo praticato "in precedenza ed in modo abituale per prodotti identici" e deve corrispondere a riduzioni effettive comprovabili, in particolare per quanto riguarda il prezzo di riferimento (38). In Portogallo, il decreto legge 25 agosto 1986, n. 253, relativo alla disciplina delle vendite di prodotti con riduzione di prezzo (39), impone l' indicazione del "prezzo praticato in precedenza" definito come il prezzo più basso per il prodotto praticato nello stesso luogo di vendita durante i trenta giorni che precedono l' inizio della riduzione. Spetta al venditore provare il prezzo praticato in precedenza. Nel diritto francese, la disciplina molto rigorosa (40) della scelta da parte dell' offerente del prezzo di riferimento indicato nella pubblicità ne garantisce la veridicità e vieta al commerciante di aumentare il prezzo di riferimento poco prima di annunciare la riduzione. Il rafforzamento della tutela del consumatore si vale del rafforzamento della sua informazione, non già della limitazione della stessa.

53. Insomma, il divieto di questo tipo di pubblicità mediante confronto fra i prezzi, qualora l' indicazione del nuovo prezzo sia vistosa, non sembra possa essere giustificato da esigenze impellenti attinenti alla protezione del consumatore.

54. Per quanto riguarda la protezione della lealtà della concorrenza, non vedo come i legittimi interessi dei concorrenti e dell' autorità della pubblicità potrebbero essere lesi se i confronti di prezzo non sono né inesatti né ingannevoli (41). La lealtà dei negozi commerciali sarà protetta dal semplice divieto di indicazioni di prezzo ingannevoli, a norma dell' art. 4, n. 1, della citata direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE.

55. I confronti di prezzo esatti non alterano le condizioni della concorrenza. Questa può invece essere perturbata da una legge che può avere la conseguenza di vietare confronti del genere, che sono tuttavia praticati da altri Stati membri.

56. Il governo tedesco sostiene inoltre che il divieto della pubblicità mediante confronti fra i prezzi mira a rendere superfluo il controllo dell' esattezza dei prezzi indicati che la Germania ° la quale non possiede un servizio di controllo dei prezzi ° dichiara di non poter effettuare (42).

57. Osservo in proposito che gli scopi di semplificazione amministrativa non fanno parte delle esigenze imperative che possono limitare la libera circolazione delle merci e che il controllo dell' esattezza dei prezzi praticati viene effettuato tanto dalle associazioni dei consumatori, quanto dalle imprese concorrenti (43).

58. Infine una normativa come quella di cui trattasi non può essere considerata compatibile con l' art. 30 perché causerebbe un ostacolo solo "del tutto marginale" per la libera circolazione delle merci (44). Voi avete disatteso in questo campo la teoria "de minimis". Inoltre, "il fatto che un provvedimento possa avere effetti restrittivi economicamente trascurabili è irrilevante ai fini dell' applicazione dell' art. 30 del Trattato, dato che il divieto da questo posto è assoluto, qualunque sia l' entità degli effetti restrittivi, sia pure minimi" (45).

59. Mi sembra infine che l' art. 7 della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, la quale consente agli Stati membri di adottare disposizioni volte a garantire una tutela più ampia del consumatore, non li autorizzi ad adottare un divieto dei confronti fra i prezzi qualora questi siano veritieri. Le indicazioni corrispondenti al vero non mi sembra infatti possano rientrare nel campo d' applicazione di una direttiva adottata in fatto di pubblicità ingannevole.

60. Vi propongo quindi di risolvere come segue la questione pregiudiziale:

"L' art. 30 del Trattato CEE deve essere interpretato nel senso che osta all' applicazione di una disposizione della normativa di uno Stato membro A la quale vieti ad un' impresa con sede in tale Stato e che vende per corrispondenza, su catalogo o su prospetto, merci importate da uno Stato membro B di praticare una pubblicità vertente sui prezzi nell' ambito della quale, mentre il nuovo prezzo viene messo in evidenza in modo da attirare lo sguardo, ci si richiama ad un prezzo più alto indicato in un catalogo o in un prospetto precedente".

(*) Lingua originale: il francese.

(1) - V. l' allegato 5 delle osservazioni della Yves Rocher.

(2) - L' azione inibitoria può avere come effetto il divieto giudiziario totale della pubblicità contestata.

(3) - Domanda pregiudiziale, pag. 4 della traduzione francese.

(4) - Si noterà che il giudice proponente si riferisce alla normativa che vieta questo tipo di pubblicità mediante confronto dei prezzi, non già quella che autorizza l' azione inibitoria contro tale pubblicità che può condurre al divieto giudiziale della stessa.

(5) - Si intende infatti generalmente per pubblicità comparativa quella consistente nel confrontare il prezzo di un prodotto con quelli della concorrenza.

(6) - Art. 6(e), n. 2, punto 1 dell' UWG.

(7) - V. le osservazioni della convenuta, a pag. 11 della traduzione francese.

(8) - Art. 6(e), n. 2, punto 2 dell' UWG. Se la pubblicità dell' impresa francese Yves Rocher non fosse stata realizzata in modo vistoso , il confronto di prezzi sarebbe stato lecito.

(9) - GU L 250, pag. 17.

(10) - [COM(91) 147 def.], GU C 180 dell' 11 luglio 1991, pag. 14.

(11) - Ibidem, art. 1.

(12) - Sentenza 26 giugno 1980, causa 788/79, Procedimento penale a carico di Gilli e Andres (Racc. pag. 2071, punto 5 della motivazione).

(13) - Sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe (Racc. pag. 649, punto 8 della motivazione).

(14) - Causa 8/74 (Racc. pag. 837).

(15) - Ibidem, punto 5, il corsivo è mio.

(16) - V. sentenze 20 febbraio 1975, causa 12/74, Commissione/Germania (Racc. pag. 181, punto 14 della motivazione) e 13 marzo 1984, causa 16/83, Prantl (Racc. pag. 1299, punto 20 della motivazione).

(17) - Sentenza 15 dicembre 1982, causa 286/81 (Racc. pag. 4575).

(18) - Punto 9.

(19) - Punto 15; v. del pari sentenza 10 luglio 1980, causa 152/78, Commissione/Francia (Racc. pag. 2299, punto 11 della motivazione), sentenza 7 marzo 1990, causa C-362/88, GB-INNO-BM (Racc. pag. I-667, punto 7 della motivazione), sentenza 12 dicembre 1990, causa C-241/89, SARPP (Racc. pag. I-4695, punto 29 della motivazione), sentenza 25 luglio 1991, cause riunite C-1/90 e C-176/90, Aragonesa de publicidad (Racc. pag. I-4151, punti 10 e 11 della motivazione).

(20) - Sentenza sopra citata, punto 8 della motivazione.

(21) - Osservazioni della Commissione, pag. 10 della traduzione francese.

(22) - Sentenza 20 febbraio 1979, Rewe, già citata, punto 8 della motivazione, e giurisprudenza costante di seguito; v. in particolare la citata sentenza 3 marzo 1980, GB-INNO-BM, punto 10 della motivazione.

(23) - Osservazioni dell' attrice nella causa principale, pag. 9 della traduzione francese.

(24) - V. le osservazioni della Yves Rocher, pag. 12 della traduzione francese.

(25) - Osservazioni del governo tedesco, pag. 7 della traduzione francese.

(26) - Giacché la pubblicità vistosa abbrevia e chi abbrevia non dice generalmente tutta la verità, A. Reuter, Neues zu Euro-Marketing un §§ 6(e), 7 UWG, Betriebsberater, 1990, pag. 1652.

(27) - V. la citata sentenza 7 marzo 1990, GB-INNO-BM, punti 13 e 14 della motivazione.

(28) - Punto 18 della motivazione.

(29) - Punto 21 della motivazione.

(30) - Sentenza 7 marzo 1990, GB-INNO-BM, soprammenzionata.

(31) - V. sentenza 16 maggio 1989, causa 382/87, Buet (Racc. pag. 1235, in particolare punto 13 della motivazione) nella quale è detto che l' applicazione a prodotti importati del divieto di visite a domicilio per quanto riguarda la vendita di materiale pedagogico, divieto posto da una normativa nazionale relativa alla tutela dei consumatori, non è incompatibile con l' art. 30 del Trattato.

(32) - Sentenza 17 marzo 1983, causa 94/82, De Kikvorsch (Racc. pag. 947, punti 11 e 12 della motivazione).

(33) - Ibidem, punto 13. V. del pari la direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti l' etichettatura e la presentazione delle derrate alimentari destinate al consumatore finale nonché la pubblicità fatta nei loro riguardi (GU L 33, pag. 1).

(34) - V. le osservazioni del governo tedesco, pag. 6 della traduzione francese.

(35) - V. in questo senso la pag. 7 delle osservazioni del governo francese.

(36) - V. in questo senso Reuter, op. cit., pag. 1652.

(37) - Statutory Instrument 1988, n. 2078.

(38) - V. art. 43 della citata legge, Moniteur belge del 29 agosto 1991.

(39) - Diário da República del 25 agosto 1986, n. 194.

(40) - V. art. 3 de l' arrêté n. 77-105 P del 2 settembre 1977, BOSP del 3 dicembre 1977.

(41) - Questa osservazione ribatte del pari al suggerimento del governo tedesco (pag. 5 della traduzione francese) che vi invita ad applicare qui l' art. 36 del Trattato per il motivo che, secondo la convenzione di Parigi, la protezione contro la concorrenza sleale costituisce uno degli scopi della proprietà industriale .

(42) - Ibidem, pag. 10 della traduzione francese.

(43) - V. in questo senso le conclusioni dell' avvocato generale Lenz nella causa GB-INNO-BM, soprammenzionata, paragrafo 39.

(44) - Osservazioni del governo tedesco, pag. 11 della traduzione francese.

(45) - Mattera, Le marché unique européen, Jupiter 1990, pag. 235; v. sentenza 13 marzo 1984, causa 16/83, Prantl (Racc. pag. 1299, punto 20 della motivazione), e 5 aprile 1984, cause riunite 177/82 e 178/82, Van de Haar e Kaveka de Meern (Racc. pag. 1797).

Top