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Document 61991CC0109

    Conclusioni riunite dell'avvocato generale Van Gerven del 28 aprile 1993.
    Gerardus Cornelis Ten Oever contro Stichting Bedrijfspensioenfonds voor het Glazenwassers- en Schoonmaakbedrijf.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Kantongerecht di Utrecht - Paesi Bassi.
    Parità di retribuzioni fra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Pensione di reversibilità - Limitazione dell'efficacia nel tempo della sentenza C-262/88, Barber.
    Causa C-109/91.
    Michael Moroni contro Collo GmbH.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Arbeitsgericht di Bonn - Germania.
    Parità di retribuzioni fra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Pensioni erogate da regimi convenzionali d'impresa - Limitazioni dell'efficacia nel tempo della sentenza C-262/88, Barber.
    Causa C-110/91.
    David Neath contro Hugh Steeper Ltd.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Industrial Tribunal di Leeds - Regno Unito.
    Parità di retribuzioni fra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Pensioni erogate da regimi convenzionali privati - Utilizzazione di indici attuariali diversi a seconda del sesso - Limitazione dell'efficacia nel tempo della sentenza C-262/88, Barber.
    Causa C-152/91.
    Coloroll Pension Trustees Ltd contro James Richard Russell e altri.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice dell'Inghilterra e del Galles, Chancery Division.
    Parità di retribuzioni fra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Pensioni aziendali - Utilizzazione di indici attuariali diversi a seconda del sesso - Limitazione nel tempo degli effetti della sentenza C-262/88, Barber.
    Causa C-200/91.

    Raccolta della Giurisprudenza 1993 I-04879

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1993:158

    61991C0109

    CONCLUSIONI RIUNITE DELL'AVVOCATO GENERALE VAN GERVEN DEL 28 APRILE 1993. - GERARDUS CORNELIS TEN OEVER CONTRO STICHTING BEDRIJFSPENSIOENFONDS VOOR HET GLAZENWASSERS- EN SCHOONMAAKBEDRIJF. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: KANTONGERECHT UTRECHT - PAESI BASSI. - CAUSA C-109/91. - MICHAEL MORONI CONTRO COLLO GMBH. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: ARBEITSGERICHT BONN - GERMANIA. - CAUSA C-110/91. - DAVID NEATH CONTRO HUGH STEEPER LTD. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: INDUSTRIAL TRIBUNAL LEEDS - REGNO UNITO. - CAUSA C-152/91. - COLOROLL PENSION TRUSTEES CONTRO JAMES RICHARD RUSSELL E ALTRI. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: HIGH COURT OF JUSTICE, CHANCERY DIVISION - REGNO UNITO. - CAUSA C-200/91.

    raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-04879
    edizione speciale svedese pagina I-00341
    edizione speciale finlandese pagina I-00375


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    Signor Presidente,

    Signori Giudici,

    1. Nelle presenti cause sono sottoposte alla Corte varie questioni pregiudiziali relative all' interpretazione dell' art. 119 del Trattato CEE, in particolare alla luce della sentenza Barber pronunziata il 17 maggio 1990 (1). Nella causa Moroni (sentenza 14 dicembre 1993, causa C-110/91, non ancora pubblicata nella Raccolta), sono formulate inoltre varie questioni di interpretazione, relative alla relazione fra l' articolo e la sentenza precitati, da un lato, e, dall' altro, riguardanti la direttiva del Consiglio 24 luglio 1986, 86/378/CEE, concernente l' attuazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne nei sistemi professionali di previdenza sociale (2).

    2. Data la vastità e la complessità delle questioni sollevate e delle osservazioni presentate alla Corte, propongo di procedere come segue. Esaminerò anzitutto la questione a mio avviso più importante, che in qualche modo costituisce il filo conduttore di dette cause, vale a dire la questione della precisa portata nel tempo dell' efficacia della sentenza Barber. Esaminerò inoltre la questione se detta sentenza, nonché la limitazione nel tempo che essa comporta, si applichino anche a regimi pensionistici diversi da quello di cui trattavasi in detta sentenza. Esaminerò poi la questione, sollevata in particolare nelle cause Neath (sentenza 22 dicembre 1993, causa C-152/91, non ancora pubblicata nella Raccolta) e Coloroll (causa C-200/91, ancora dinanzi alla Corte), relativa alla compatibilità con l' art. 119 dell' uso, per il calcolo dei contributi e delle prestazioni pensionistiche, di elementi di calcolo attuariale basati sul sesso. Infine, esaminerò varie altre questioni formulate nelle presenti cause, vale a dire i) la questione se il versamento di una pensione per vedovo sia contemplato dall' art. 119 [questione formulata nella causa Ten Oever, causa (C-109/91)]; ii) la possibilità, per il coniuge del lavoratore deceduto, di invocare l' art. 119, e ciò contro i trustees di un regime pensionistico (una delle questioni fondamentali sollevate nella causa Coloroll) e iii) varie questioni relative alle modalità concrete e alla responsabilità collegate all' attuazione del principio della parità di trattamento, sancito dall' art. 119, nell' ambito dei regimi pensionistici professionali (formulate nuovamente nella causa Coloroll).

    E' però prima utile ricordare per sommi capi la sentenza Barber e descrivere gli antefatti delle varie cause principali, nella misura in cui questi sono rilevanti ai fini delle presenti conclusioni.

    La giurisprudenza della Corte relativa all' art. 119 del Trattato CEE e la sentenza Barber

    3. E' assodato che l' art. 119 del Trattato comporta per gli Stati membri l' obbligo di garantire il principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e i lavoratori di sesso femminile per lo stesso lavoro. Il secondo comma di detto articolo definisce la "retribuzione" come "il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell' impiego di quest' ultimo". A partire dalla sentenza Defrenne I la Corte ha adottato un' ampia interpretazione della nozione di retribuzione, così definita: questa nozione comprende:

    "tutti i vantaggi, in contanti o in natura, attuali o futuri, purché siano pagati, sia pure indirettamente, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell' impiego di quest' ultimo" (3).

    Inoltre, nella sentenza Defrenne II la Corte ha aggiunto che l' art. 119

    "si applica direttamente, e senza necessità di provvedimenti di applicazione più dettagliati da parte della Comunità o degli Stati membri, ad ogni forma di discriminazione diretta e palese, che possa essere accertata con l' ausilio dei soli criteri di identità del lavoro e parità di retribuzione indicati da detto articolo" (4).

    Quanto all' interpretazione del termine "vantaggi" ai sensi dell' art. 119, nella sentenza Defrenne I la Corte ha considerato che i regimi o le prestazioni previdenziali, in specie le pensioni di vecchiaia, benché, in linea di principio, non siano del tutto estranei alla nozione di retribuzione, non sono compresi in detta nozione di "vantaggi". La Corte è arrivata a tale conclusione basandosi sulle seguenti caratteristiche dei regimi di previdenza sociale: i) essi sono direttamente disciplinati dalla legge al di fuori di qualsiasi concertazione nell' ambito dell' impresa o della categoria professionale interessata e sono obbligatoriamente applicabili per categorie generali di lavoratori; e ii) permettono ai lavoratori di fruire di un sistema legale al cui finanziamento i lavoratori, i datori di lavoro ed eventualmente la pubblica amministrazione contribuiscono non tanto in funzione del rapporto di lavoro fra datore di lavoro e lavoratore, quanto in base a considerazioni di politica sociale, di modo che il contributo del datore di lavoro al finanziamento di tali sistemi non può essere considerato pagamento, diretto o indiretto, al lavoratore, ai sensi dell' art. 119 (5). Tuttavia, nella sentenza Bilka del 13 maggio 1986, applicando tali criteri, la Corte è giunta a qualificare vantaggi ai sensi dell' art. 119 prestazioni nell' ambito di un regime pensionistico aziendale che aveva la sua origine in un accordo, stipulato fra il datore di lavoro e il consiglio di impresa e che faceva parte integrante dei contratti di lavoro (6).

    4. Nella sentenza Barber la Corte doveva statuire su un regime pensionistico di deroga convenzionale ("contracted-out") approvato in base alla legge britannica, vale a dire un regime professionale di pensioni istituito o in seguito a concertazioni fra le parti sociali, oppure mediante decisione unilaterale del datore di lavoro, il cui finanziamento è interamente a carico del datore di lavoro o contemporaneamente di quest' ultimo e dei lavoratori, e al quale i lavoratori possono iscriversi a titolo di sostituzione parziale della loro pensione legale. Dai precedenti principi la Corte ha dedotto che

    "le pensioni versate dai regimi di deroga convenzionale costituiscono senz' altro vantaggi pagati dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell' impiego di quest' ultimo e rientrano pertanto nella sfera di applicazione dell' art. 119 del Trattato" (7).

    Chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con l' art. 119 di un regime nel quale un lavoratore di sesso maschile licenziato per motivi economici può aver diritto soltanto ad una pensione con pagamento differito all' età normale di pensionamento, mentre una donna nelle stesse condizioni riscuote immediatamente una pensione di vecchiaia, la Corte ha risposto negativamente. Il motivo fornito dalla Corte, nel punto 32 della sentenza, è il seguente:

    "l' art. 119 vieta qualsiasi discriminazione in materia di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile, quale che sia il meccanismo che genera questa ineguaglianza. Pertanto, la fissazione di un requisito di età che varia a seconda del sesso per le pensioni versate nel contesto di un regime di deroga convenzionale è in contrasto con l' art. 119, anche se la differenza fra l' età di pensionamento degli uomini e quella delle donne è analoga a quella stabilita dal regime legale nazionale".

    5. Tuttavia, la Corte era cosciente delle rilevanti conseguenze finanziarie della sua sentenza. Inoltre, essa riteneva che, date le eccezioni al principio della parità di trattamento per quanto attiene all' età pensionabile, contemplate dalle direttive 79/7/CEE (8) e 86/378/CEE (9), gli Stati membri hanno potuto ragionevolmente ritenere che l' art. 119 non si applicasse a pensioni erogate da regimi di deroga convenzionale. Questi sono i due motivi per i quali la Corte ha deciso di limitare nel tempo l' efficacia della sua sentenza:

    "Stando così le cose, considerazioni tassative di certezza del diritto ostano alla rimessa in discussione di rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato dal momento che in tal caso l' equilibrio finanziario di numerosi regimi pensionistici di deroga convenzionale rischierebbe di essere retroattivamente sconvolto. Si deve tuttavia predisporre un' eccezione a favore di chi si sia adoperato in tempo utile per salvaguardare i propri diritti. Va precisato infine che non può essere ammessa alcuna limitazione degli effetti di detta interpretazione per quanto riguarda il diritto alla pensione a decorrere dalla data della presente sentenza" (10).

    La Corte ha quindi deciso che

    "l' efficacia diretta dell' art. 119 del Trattato non può essere fatta valere per chiedere il riconoscimento del diritto alla pensione con effetto da una data precedente a quella della presente sentenza, ad eccezione dei lavoratori o dei loro aventi diritto, che, prima di questa data, hanno esperito un' azione giurisdizionale o proposto un ricorso equivalente a norma del diritto nazionale" (11).

    Riguardo alle espressioni "rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato", "diritto alla pensione a decorrere dalla data della presente sentenza" e "diritto alla pensione con effetto da una data precedente a quella della presente sentenza" sorge la problematica relativa alla limitazione nel tempo degli effetti della sentenza Barber, oggetto delle presenti cause.

    Antefatti delle presenti cause

    6. La causa Ten Oever. Il signor Ten Oever era coniugato con la signora F. Heeren, che aveva lavorato nel settore delle pulizie. Il datore di lavoro della signora Heeren l' aveva iscritta ad un regime pensionistico gestito dalla fondazione Stichting Bedrijfspensioenfonds voor het Glazenwassers- en Schoonmaakbedrijf (in prosieguo: la "Stichting"). Si tratta di un regime collettivo professionale di pensioni finanziato dai datori di lavoro e dai lavoratori. Fin dal 1 gennaio 1989 il regolamento pensionistico della Stichting prevedeva soltanto pensioni per vedove; a partire da questa data esso prevede anche pensioni per vedovi, tuttavia irretroattivamente. Dopo il decesso della moglie, avvenuto il 13 ottobre 1988, il signor Ten Oever chiedeva ° secondo l' ordinanza di rinvio, prima del 17 maggio 1990 ° una pensione per superstiti con effetto dal 13 ottobre 1988. La Stichting respingeva tale domanda, basandosi sul fatto che al momento del decesso una pensione del genere non era contemplata dal regolamento del regime di cui trattasi.

    L' 8 giugno 1990 il signor Ten Oever proponeva un' azione dinanzi al kantonrechter di Utrecht affinché questo disponesse che gli fosse concessa una pensione per vedovo a partire dal 13 ottobre 1988. Secondo il signor Ten Oever, tale pensione fa parte della retribuzione ai sensi dell' art. 119 del Trattato e il diniego di accordare una pensione per vedovo ° la quale, se egli fosse donna e se il suo coniuge fosse uomo, gli sarebbe stata versata in quanto pensione per vedova ° è in contrasto col principio della parità di retribuzione fra gli uomini e le donne, formulato da detto articolo. La Stichting controdeduce la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza Barber, nella quale, per la prima volta, la Corte ha affermato che i versamenti a titolo di regimi pensionistici extra-legali hanno natura di retribuzione. Poiché, secondo la Stichting, all' epoca della sentenza Barber ancora non era stato promosso il procedimento in esame, il signor Ten Oever non avrebbe diritto alla pensione.

    Il kantonrechter considerava opportuno sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali aventi ad oggetto dette questioni (12).

    7. La causa Moroni. Il signor Moroni (nato nel 1948) lavorava alle dipendenze della società Collo GmbH dal 1968 al 1983. Nel 1983 prendeva servizio presso un altro datore di lavoro. All' atto della sua assunzione da parte della Collo aveva ottenuto una promessa in materia pensionistica in forza del regime di pensioni di detta impresa, secondo cui, fra l' altro, i lavoratori subordinati avrebbero ottenuto il diritto alla pensione se, dopo aver raggiunto l' età di 65 anni (per le donne, dopo aver raggiunto l' età di 60 anni), avessero lasciato l' impresa e l' attività lavorativa, purché in detto momento avessero lavorato per almeno dieci anni presso la Collo. Il 6 novembre 1990 il signor Moroni adiva l' Arbeitsgericht di Bonn in merito alla sua lite con la Collo. Invocando l' art. 119 del Trattato CEE e gli artt. 5 e 6 della direttiva 83/378/CEE, egli sostiene che la pensione aziendale promessagli deve essergli versata non appena raggiunta l' età di 60 anni e che il valore delle sue aspettative pensionistiche deve essere calcolato come se il versamento della pensione gli fosse stato promesso non appena raggiunta detta età. Per contro, la Collo adduce l' art. 8 della precitata direttiva. Ritenendo che la soluzione della causa dipenda dall' interpretazione che va fornita per le considerate disposizioni del diritto comunitario, l' Arbeitsgericht di Bonn sottopone alla Corte varie questioni pregiudiziali (13).

    Occorre descrivere la pertinente normativa tedesca. In base a tale legge, il signor Moroni ha ottenuto nei confronti della Collo, nonostante il ritiro anticipato dall' attività lavorativa, in base al suo rapporto di lavoro e al periodo in cui, prima di lasciare l' impresa, ha ricevuto la promessa in materia pensionistica, alcune aspettative pensionistiche ("Versorgungsanwartschaft") irrevocabili che, quanto alla controversa pensione di vecchiaia, danno luogo a diritti a pensione ("Versorgungsanspruch") all' età di 65 anni (14). In caso di ritiro anticipato, il calcolo di tale diritto avviene come segue: la pensione aziendale che sarebbe dovuta se avesse raggiunto l' età di 65 anni nell' impresa viene proporzionalmente diminuita in base alla durata effettiva del rapporto di lavoro rispetto alla durata che tale rapporto di lavoro avrebbe avuto sino alla fine del suo sessantacinquesimo anno di età (15). Per contro, la lavoratrice che abbia ottenuto aspettative in materia di pensione di vecchiaia irrevocabili subisce, in caso di ritiro anticipato, secondo il regime pensionistico della Collo, una riduzione proporzionalmente minore quanto al calcolo dei suoi diritti a pensione: per quanto attiene alla durata possibile del rapporto di lavoro, si tiene conto, nel suo caso, soltanto del periodo che scade all' età di 60 anni (momento in cui essa può terminare di lavorare senza che ciò comporti una diminuzione della pensione).

    In base alla legge tedesca, il signor Moroni ha inoltre la possibilità di chiedere anticipatamente il diritto alla pensione aziendale ottenuto presso la Collo, vale a dire prima della fine del suo sessantacinquesimo anno di età (e al più presto, prima della fine del suo sessantesimo anno di età) (16). Tuttavia, a questo proposito, per i lavoratori di sesso maschile è stabilita la condizione secondo la quale essi possono far valere il loro diritto alla pensione di vecchiaia in base al regime legale, e secondo cui essi lo fanno effettivamente: il che, oltre al compimento di alcuni periodi assicurativi nell' ambito del regime legale di assicurazione vecchiaia, presuppone in genere un periodo relativamente lungo di disoccupazione prima dell' età di 60 anni. Questa condizione non si applica ai lavoratori di sesso femminile (17). Inoltre, per fruire anticipatamente dei suoi diritti a pensione, il signor Moroni deve, per di più, consentire una riduzione supplementare: oltre alla suddetta riduzione proporzionale in funzione dell' anzianità, il lavoratore di sesso maschile deve consentire ciò che si è convenuto chiamare una riduzione attuariale ("versicherungsmathematischer Abschlag"). Per contro, la lavoratrice che abbia maturato i periodi assicurativi richiesti dal regime legale di vecchiaia, può, senza problemi, far liquidare la sua pensione di vecchiaia anticipata: in caso di partenza anticipata dall' impresa con aspettative pensionistiche imprescrittibili, essa deve consentire soltanto la riduzione che ne consegue, non una riduzione proporzionale, né una riduzione attuariale a seguito del pensionamento anticipato.

    Tale trattamento degli uomini e delle donne nel regime pensionistico professionale corrisponde al regime legale della pensione di vecchiaia che è servito ad esso come modello (18).

    8. La causa Neath. Il signor Neath (nato nel 1935) lavorava dal 1973 presso la Hugh Steeper Ltd fino al suo licenziamento avvenuto per motivi economici il 29 giugno 1990, vale a dire dopo la sentenza Barber. In detta data aveva 54 anni e 11 mesi. Durante questo periodo il signor Neath era stato di volta in volta iscritto a due regimi pensionistici professionali gestiti dalla Hugh Steeper. Fra il dicembre 1975 e il dicembre 1978 era stato iscritto al regime pensionistico n. 5; dal gennaio 1979 fino al suo licenziamento era stato iscritto al regime pensionistico n. 4, un regime di deroga convenzionale, al quale erano stati trasferiti i diritti da lui maturati nell' ambito del primo regime.

    Questi due regimi sono finanziati mediante contributi del datore di lavoro nonché dei lavoratori e l' importo dei contributi versati da questi ultimi è lo stesso per gli uomini e per le donne. Tuttavia, alcune modalità dei regimi erano diverse a seconda del sesso del lavoratore. Così, una donna poteva andare in pensione con una pensione aziendale completa all' età di 60 anni, mentre un uomo poteva farlo soltanto all' età di 65 anni.

    Un lavoratore iscritto al regime pensionistico n. 4 poteva, col consenso del datore di lavoro e dei trustees di detto regime pensionistico, ottenere una pensione anticipata, con effetto immediato, in ogni momento dopo il compimento del suo cinquantesimo anno di età. Se tale consenso viene dato, la pensione viene calcolata in base alla pensione che l' iscritto avrebbe ricevuto alla data normale del pensionamento, tenendo conto tuttavia della durata del versamento della pensione anticipata. Al riguardo, si applica una riduzione del 6% per ciascun anno e per ciascun mese fra la data effettiva del pensionamento e l' età normale del pensionamento stesso. Se il datore di lavoro e i trustees non autorizzano il pensionamento anticipato di un iscritto, questi, qualora lasci il suddetto regime n. 4 dopo il suo cinquantesimo anno di età e prima della data normale della pensione, ha diritto soltanto ad una pensione differita o ad un trasferimento ad un altro regime pensionistico dei suoi diritti acquisiti. Se egli opta per una pensione differita, il regime pensionistico n. 4 gli deve la parte della pensione costituitasi durante la sua iscrizione a detto regime. Per contro, se l' iscritto opta per un trasferimento dei diritti acquisiti, un importo attuariale pari alla somma da lui costituita durante la sua iscrizione al regime pensionistico n. 4 viene trasferito ad un altro regime pensionistico di sua scelta. Ciò implica che il regime pensionistico n. 4 non è più tenuto a versare prestazioni a detta persona.

    All' atto del licenziamento del signor Neath, non gli veniva accordata l' autorizzazione necessaria per il suo immediato pensionamento; egli non poteva quindi che scegliere fra una pensione differita e un trasferimento dei suoi diritti. Gli veniva precisato che, se avesse optato per un trasferimento dei suoi diritti, gli sarebbe stata trasferita la somma di 30 672,50 (lire sterline) UKL. Il calcolo di questo valore di trasferimento veniva effettuato supponendo che la data normale del pensionamento del signor Neath, per prestazioni in base ad un' attività compiuta dopo il 17 maggio 1990 (vale a dire dopo la sentenza Barber), sarebbe stata l' età di 60 anni. Per contro, si riteneva che la sentenza Barber non si sarebbe applicata ai periodi lavorativi precedenti la data della sentenza. Inoltre, ci si è basati sul principio secondo il quale l' art. 119 del Trattato non vietava l' uso di elementi di calcolo attuariale. Dai calcoli attuariali per quanto riguarda il regime pensionistico n. 4 emerge che se, per il calcolo delle prestazioni del signor Neath per tutto il periodo della sua occupazione, ci si fosse basati sulla data normale della pensione al compimento di 60 anni di età, il valore del trasferimento dei suoi diritti sarebbe ammontato a 39 934,56 UKL in base agli elementi di calcolo attuariale stabiliti per gli uomini. Se ci si fosse basati sugli elementi di calcolo attuariale stabiliti per le donne, il valore del trasferimento dei suoi diritti sarebbe ammontato invece a 41 486,25 UKL: tale differenza è dovuta al fatto che questi ultimi elementi di calcolo si basano su un' aspettativa di vita più lunga per le donne, di modo che i costi che, nel regime pensionistico n. 4, sono collegati alle prestazioni destinate alle donne sono considerati più elevati di quelli relativi agli uomini.

    Dopo che gli erano state esposte le possibilità di scelta offertegli il signor Neath citava Steeper dinanzi all' Industrial Tribunal di Leeds, in quanto le condizioni che gli venivano offerte erano meno favorevoli di quelle che sarebbero state offerte ad una donna nelle stesse condizioni. Per quanto attiene alla possibilità di scegliere una pensione differita, egli avrebbe dovuto attendere cinque anni in più per ottenerla rispetto ad una donna; se avesse voluto far valere in quel momento il suo diritto di scambiare una parte della sua pensione con una prestazione in capitale, egli avrebbe ricevuto una somma inferiore (17 193,94 UKL) rispetto a quella che una donna avrebbe ricevuto in una situazione analoga (21 029,02 UKL). Questa differenza sarebbe stata anch' essa basata su elementi di calcolo attuariale che suppongono un' aspettativa di vita più lunga per le donne. Il signor Neath ritiene che tali differenze siano in contrasto con l' art. 119 del Trattato, come interpretato dalla Corte nella causa Barber. L' Industrial Tribunal ha deciso di adire la Corte a questo proposito (19).

    9. La causa Coloroll. La causa principale è sorta con il crollo finanziario, avvenuto verso la metà del 1990, del Coloroll Group of Companies, e con la conseguente necessità di liquidare alcuni regimi pensionistici di dette imprese. Non si tratta di una lite classica, ma di un' azione di interesse collettivo (cosiddetta "representative action"), esperita dinanzi alla High Court dalla Coloroll Pension Trustees Ltd (in prosieguo: i "Coloroll Trustees"), ancora attualmente trustee di otto regimi pensionistici del Coloroll Group. Essa intende ottenere dalla High Court indicazioni in merito a materie che rientrano nell' ambito del potere di controllo in materia di trust di detto organo giurisdizionale. Le "convenute" nella causa principale sono varie persone scelte dai trustees di Coloroll, rappresentative dei vari interessi e punti di vista (20).

    I trustees della Coloroll devono esaminare vari elementi che possono influenzare le loro decisioni relative alla liquidazione dei regimi pensionistici. Tutti questi regimi dispongono norme diverse a seconda che si tratti di uomini o di donne. La differenza maggiore consiste nel fatto che tutti i regimi pensionistici stabiliscono come data normale per il pensionamento per gli uomini l' età di 65 anni e per le donne quella di 60 anni, vale a dire l' età in cui nel Regno Unito è dovuta la pensione statale. Ne consegue che diversi importi di pensioni sono dovuti a lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile aventi la stessa età e lo stesso numero di anni di attività. Inoltre, se una prestazione sostitutiva viene accordata in base ad una capitalizzazione di diritti a pensione, ci si basa su elementi di calcolo attuariale che, date le differenze quanto all' aspettativa di vita e alla data del pensionamento degli uomini e delle donne, producono per loro risultati diversi. Infine, due dei regimi pensionistici presentano una particolare caratteristica, nel senso che essi non riguardano lavoratori di sesso femminile; tuttavia, anche in questo caso, i precitati fattori di calcolo, collegati al sesso, influenzano le prestazioni dovute a taluni lavoratori di sesso maschile.

    Da tali differenze di trattamento basate sul sesso risulta che i trustees della Coloroll non possono stabilire definitivamente gli obblighi di cui devono garantire l' adempimento in caso di liquidazione dei regimi pensionistici. In particolare, essi temono che le norme di ripartizione contenute negli atti costitutivi dei trustees e le norme dei regimi pensionistici possano, in alcuni casi, essere vietate dall' art. 119 del Trattato CEE. Fintantoché che la Corte non abbia precisato in quale misura detto articolo si applichi alla specie, secondo i trustees della Coloroll non si può stabilire con certezza come i fondi debbano essere ripartiti. Tenendo conto di quanto precede, la Chancery Division della High Court sottopone varie questioni alla Corte (21).

    L' efficacia nel tempo della sentenza Barber

    10. Le interpretazioni possibili. Come si è già osservato, la questione chiave sollevata nelle presenti cause riguarda l' efficacia precisa nel tempo della sentenza Barber. Dalle osservazioni presentate alla Corte risulta che l' importanza pratica della soluzione di detta questione è enorme. Mi dedicherò pertanto ad esaminare immediatamente il nocciolo del problema. A quanto pare, vi sono quattro interpretazioni possibili della limitazione che la Corte ha inteso apportare all' efficacia nel tempo della sentenza Barber.

    Una prima interpretazione consisterebbe nell' applicare il principio della parità di trattamento soltanto ai lavoratori i quali, a partire dal 17 maggio 1990, sono divenuti membri di un regime pensionistico professionale e hanno iniziato a effettuare versamenti per detto regime. Questa concezione toglie alla sentenza Barber pressocché qualsiasi effetto retroattivo. In pratica, essa porta a far sì che questa sentenza produca la sua piena efficacia soltanto fra una quarantina d' anni.

    Una seconda interpretazione consiste nell' applicare il principio della parità di trattamento soltanto alle prestazioni dovute per periodi di attività successivi al 17 maggio 1990. L' efficacia diretta dell' art. 119 non riguarderebbe i periodi precedenti questa data.

    Secondo una terza interpretazione, il principio della parità di trattamento deve essere applicato a tutte le pensioni che sono esigibili o che sono erogate per la prima volta dopo il 17 maggio 1990, indipendentemente dal fatto che la totalità della pensione o una parte della stessa sia stata costituita durante detti periodi di lavoro precedenti tale data o mediante contributi versati prima della data stessa. In altri termini, a svolgere un ruolo decisivo non sono i periodi di attività (precedenti o successivi alla sentenza Barber), ma la data in cui matura la pensione.

    Una quarta interpretazione consiste nell' applicare la parità di trattamento a tutte le prestazioni pensionistiche erogate dopo il 17 maggio 1990, comprese le prestazioni relative a pensioni che sono maturate già prima di detta data e in tal caso anche, come secondo la precedente interpretazione, indipendentemente dalla data dei periodi di attività durante i quali la pensione è stata costituita. Questa interpretazione è innegabilmente quella con una portata più radicale (22).

    11. Le discussioni dinanzi alla Corte hanno riguardato soprattutto la seconda e la quarta interpretazione. La prima concezione non è stata sostenuta da nessuna delle parti nelle presenti cause. La terza interpretazione è stata caldeggiata dalla Commissione, quando questa ha presentato le sue osservazioni scritte nelle cause Ten Oever, Moroni e Neath. Tuttavia, nelle sue osservazioni scritte nella causa Coloroll e all' udienza, la Commissione ha aderito alla seconda tesi.

    Attualmente, oltre alla Commissione, la seconda tesi è sostenuta dinanzi alla Corte da tutti i fondi pensionistici o dai trustees che sono intervenuti e da tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni (Danimarca, Repubblica federale di Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito). Nella causa Coloroll, essa è stata ripresa anche dai due convenuti, vale a dire la signora Broughton e il Coloroll Group.

    Quattro convenuti nella causa principale Coloroll (i signori Russell, Parker, Sharp e la signora Fuller) si sono espressi a favore della quarta tesi.

    12. Per ben inquadrare l' attuale problematica, occorre anche tener conto del "Protocollo sull' art. 119 del Trattato che istituisce la Comunità europea", allegato al Trattato sull' Unione europea (23), anche se questo Trattato, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, non è ancora entrato in vigore. Detto Protocollo è redatto come segue:

    "Ai fini dell' applicazione dell' art. 119 del Trattato, le prestazioni in virtù di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione se e nella misura in cui esse possono essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990, eccezione fatta per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di detta data, abbiano intentato un' azione giudiziaria o introdotto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile".

    Tornerò in seguito ad esaminare l' importanza di questo Protocollo per l' interpretazione che va data circa l' efficacia temporale della sentenza Barber.

    13. La giurisprudenza della Corte relativa all' efficacia nel tempo delle sentenze. Prima di prendere una posizione quanto all' efficacia nel tempo della sentenza Barber, ritengo importante precisare i motivi per i quali la Corte ha introdotto detta limitazione nella sua sentenza. E' innegabile che si tratta al riguardo di un modo di procedere non consueto, tenuto conto della natura declaratoria connessa, in via di principio, all' interpretazione della Corte sul diritto comunitario in forza dell' art. 177 del Trattato (24). La Corte ha affermato ciò come segue, nelle sentenze Salumi e Denkavit Italiana:

    "L' interpretazione di una norma di diritto comunitario data dalla Corte nell' esercizio della competenza ad essa attribuita dall' art. 177 chiarisce e precisa, quando ve ne sia il bisogno, il significato e la portata della norma, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma così interpretata può, e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa, se, per il resto, sono soddisfatte le condizioni che consentono di portare alla cognizione dei giudici competenti una controversia relativa all' applicazione di detta norma.

    Soltanto in via eccezionale la Corte di giustizia, come ha essa stessa riconosciuto nella sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne/Sabena, Racc. 1976, pag. 455, potrebbe essere indotta, in base ad un principio generale di certezza del diritto, inerente all' ordinamento giuridico comunitario, e tenuto conto dei gravi sconvolgimenti che la sua sentenza potrebbe provocare per il passato nei rapporti giuridici stabiliti in buona fede, a limitare la possibilità degli interessati di far valere la disposizione così interpretata per rimettere in questione tali rapporti giuridici.

    Una limitazione del genere può tuttavia essere ammessa soltanto nella sentenza stessa relativa all' interpretazione richiesta. L' esigenza fondamentale dell' applicazione uniforme e generale del diritto comunitario implica la competenza esclusiva della Corte di giustizia a decidere sui limiti temporali da apporre all' interpretazione da essa data" (25).

    14. Dal precitato brano emerge che, nella sua decisione di limitare nel tempo la portata di una sentenza, la Corte si basa su due considerazioni principali, vale a dire su un principio generale di certezza del diritto inerente all' ordinamento giuridico comunitario e sull' intento di evitare che alcuni rapporti giuridici che sono stati istituiti in buona fede siano seriamente compromessi da un' applicazione retroattiva integrale della sentenza. Tuttavia, va aggiunto che, come la Corte lo ha confermato iteratamente, il mero fatto che una pronuncia giudiziaria comporti notevoli conseguenze pratiche di per sé non costituisce motivo sufficiente per impedirne l' applicazione integrale. La Corte l' ha affermato nel seguente modo nella sentenza Blaizot, facendo riferimento alla sentenza Defrenne II:

    "Per stabilire se si debba limitare la portata di una sentenza nel tempo, secondo la giurisprudenza della Corte (v. in particolare la sopra indicata sentenza 8 aprile 1976) è necessario tener conto del fatto che, benché le conseguenze pratiche di qualsiasi pronuncia del giudice vadano vagliate accuratamente, non si può tuttavia spingersi fino a sminuire l' obiettività del diritto e compromettere la sua applicazione futura a motivo delle ripercussioni che la pronuncia può avere per il passato" (26).

    15. E' assodato che il principio della certezza del diritto fa parte integrante dell' ordinamento giuridico comunitario (27). Ciò porta a ritenere che la Corte sia disposta, tenuto conto di circostanze particolari, a non mettere in discussione rapporti giuridici stabiliti nel passato, benché una sua precisazione data nel frattempo avesse indotto a farlo. Dalla giurisprudenza risulta che la Corte riconosce la buona fede o il legittimo affidamento (28), per quanto attiene alle parti interessate o per gli Stati membri, come una circostanza particolare di detto tipo qualora l' applicazione retroattiva della pronuncia giurisdizionale comporti seri problemi per dette parti o per gli Stati membri. Siffatta buona fede sussiste qualora, quando sono stati stabiliti rapporti giuridici, le parti o gli Stati membri "hanno potuto ragionevolmente ritenere" (29) che la concezione da essi addottata fosse conforme al diritto comunitario, come ad esempio quando la portata di una disposizione di diritto comunitario non era del tutto chiara. A fortiori la Corte ha riconosciuto la buona fede nei casi nei quali le stesse istituzioni comunitarie avevano creato l' impressione di una validità del diritto comunitario, approvando un atto determinato di diritto comunitario derivato che ammetteva l' esistenza delle prassi in questione (sentenze Pinna I (30), Barber, Legros), o trascurando di intentare un' azione ex art. 169 contro lo Stato membro che non rispettava i suoi obblighi comunitari (Defrenne II, Legros), oppure adottando un atteggiamento esitante circa la questione della compatibilità (sentenza Blaizot).

    Se però è pacifico che le parti o gli Stati membri, tenuto conto in particolare di una giurisprudenza chiara e ben nota della Corte, non potevano avere dubbi sui loro obblighi comunitari, la condizione della buona fede non è soddisfatta. Come risulta dalle sentenze Worringham (31) e Essevi e Salengo (32), la Corte non è obbligata in tal caso a limitare l' efficacia nel tempo della sua pronuncia.

    16. La buona fede degli interessati o degli Stati membri costituisce così una circostanza particolare, la quale può giustificare la limitazione nel tempo dell' efficacia di una sentenza, qualora, in mancanza di detta limitazione, i rapporti giuridici stabiliti nel passato siano seriamente compromessi. Secondo la Corte, siffatto problema sussiste quando, indipendentemente dagli elementi propri del procedimento in esame, la sentenza di cui trattasi può comportare importanti conseguenze economiche e finanziarie, di carattere generale. Ad esempio, nella sentenza Defrenne II la Corte ha tenuto conto del timore, espresso dai governi britannico e irlandese, di notevoli difficoltà finanziarie per numerose imprese a seguito di rivendicazioni imprevedibili in materia di retribuzione (33). Data in particolare la buona fede (summenzionata) degli operatori economici, la Corte ha considerato che:

    "nell' ignoranza del livello complessivo al quale le retribuzioni sarebbero state fissate, considerazioni imprescindibili di certezza del diritto riguardanti il complesso degli interessi in gioco, tanto pubblici quanto privati, ostano in modo assoluto a che vengano rimesse in discussione le retribuzioni relative al passato. Di conseguenza, l' efficacia diretta dell' art. 119 non può essere fatta valere a sostegno di rivendicazioni relative a periodi di retribuzione anteriori alla data della presente sentenza, eccezione fatta per i lavoratori che abbiano già promosso un' azione giudiziaria o proposto un reclamo equipollente" (34).

    L' attenzione prestata dalla Corte al "complesso degli interessi in gioco, tanto pubblici quanto privati" (35), comprese le notevoli conseguenze finanziarie di una sentenza per le parti o per le autorità che hanno agito in buona fede, risulta anche da varie sentenze recenti. Ad esempio, nella sentenza Blaizot la Corte ha tenuto conto della possibilità che la sua pronuncia, con cui dichiarava incompatibili con l' art. 7 del Trattato CEE diritti d' iscrizione supplementari per gli studenti universitari stranieri, "sconvolgerebbe retroattivamente il sistema di finanziamento dell' insegnamento universitario e potrebbe implicare conseguenze imprevedibili per il buon funzionamento degli istituti universitari" (36). Del pari, nella sentenza Barber la Corte ha affermato (v. il brano citato al paragrafo 5) che "l' equilibrio finanziario di numerosi regimi pensionistici di deroga convenzionale rischierebbe di essere retroattivamente sconvolto". Inoltre, sempre recentemente, nella sentenza Legros, con cui ha dichiarato incompatibile con il Trattato una tassa riscossa dai dipartimenti francesi di oltremare (cosiddetta "octroi de mer"), la Corte è stata disposta a limitare l' efficacia nel tempo della sua sentenza a causa delle catastrofiche ripercussioni finanziarie per i dipartimenti francesi d' oltremare a seguito dell' esigibilità delle tasse indebitamente versate:

    "Stando così le cose, condizioni tassative di certezza del diritto ostano alla possibilità di rimettere in discussione rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato, dal momento che ciò sconvolgerebbe retroattivamente il sistema di finanziamento degli enti territoriali dei DOM francesi" (37).

    17. Spiegazione dell' efficacia nel tempo della sentenza Barber. Alla luce della giurisprudenza summenzionata deve essere interpretato il punto della sentenza Barber riguardante la limitazione nel tempo degli effetti di questa sentenza.

    Tuttavia, in via preliminare, formulerò ancora le seguenti osservazioni: ai fini della problematica ora esaminata, ha importanza decisiva comprendere come sono costituiti e gestiti i regimi pensionistici professionali (di deroga convenzionale o complementari). Come risulta dalle osservazioni presentate dai governi che sono intervenuti dinanzi alla Corte e dai regimi pensionistici, la maggior parte dei regimi pensionistici è caratterizzata dalla costituzione progressiva della pensione. In concreto, il lavoratore costituisce diritti a pensione in funzione dei periodi lavorativi da lui svolti presso il datore di lavoro in questione. A questo scopo, il lavoratore e/o il datore di lavoro versano periodicamente ad un fondo pensionistico privato contributi per alcuni periodi di lavoro (calcolati in base ad elementi di calcolo attuariale) (38).

    In diritto, detto carattere di costituzione progressiva della pensione riguardante regimi pensionistici professionali porta a distinguere fra la nascita dei diritti a pensione, vale a dire a seguito della costituzione progressiva della pensione in funzione dei periodi lavorativi svolti, e il sopraggiungere dell' esigibilità di detti diritti, vale a dire in occasione della maturazione del diritto alla pensione.

    Dal punto di vista finanziario ed economico, l' equilibrio di detti regimi pensionistici professionali si basa, fra l' altro, su vari presupposti, fra i quali figurano elementi relativi all' età pensionabile e alle possibilità di sopravvivenza degli uomini e delle donne (v., in seguito, paragrafi 34-39).

    18. Ritengo che anche la Corte nella sentenza Barber riconosca, anche se implicitamente, la differenza fra la costituzione e la maturazione della pensione aziendale. E' così che occorre interpretare la conclusione della Corte secondo la quale le pensioni versate da un regime di deroga convenzionale "costituiscono senz' altro vantaggi pagati dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell' impiego di quest' ultimo" (39). Infatti, dal punto di vista dell' art. 119 del Trattato CEE le prestazioni versate nell' ambito di una pensione professionale vanno considerate come una forma di retribuzione "differita", che il lavoratore ha costituito grazie all' attività da lui svolta per uno o più datori di lavoro, durante un periodo di lavoro determinato.

    Del resto, la summenzionata distinzione spiega cosa, nel punto 44 della sentenza Barber, la Corte intenda per "diritto alla pensione a decorrere dalla data della presente sentenza". Poiché è il lavoro stesso e, se del caso, i contributi in questione, che fanno sorgere i diritti a pensione del lavoratore e i corrispondenti obblighi a carico del datore di lavoro e/o dei regimi pensionistici (dei trustees di questi ultimi), la Corte in questo caso fa chiaramente riferimento ai periodi di lavoro successivi al 17 maggio 1990. Qualsiasi discriminazione basata sul sesso che avviene dopo questa data in tale materia ° in particolare se ci si basa su un' età pensionabile diversa per il calcolo dei contributi e/o delle prestazioni dovute a seguito di detti contributi ° cade sotto il divieto stabilito dall' art. 119.

    19. Secondo me, la distinzione fra la costituzione della pensione (o la nascita dei diritti a pensione) e la maturazione dei diritti a pensione (o l' esigibilità della stessa) è importante anche per ben comprendere cosa la Corte intende precisare nel punto 44 della sentenza Barber, quando essa afferma che non devono essere rimessi in discussione i "rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato". Si deve soprattutto evitare di interpretare questo punto letteralmente, diversamente da quanto fanno alcune parti nella causa principale Coloroll (in particolare i signori Russell, Parker e Sharp). Se si interpreta il suddetto punto letteralmente, si può infatti sostenere che gli effetti di una pensione aziendale sono totalmente esauriti solo dopo che la pensione sia stata versata integralmente al lavoratore (pensionato). Da siffatta interpretazione discenderebbe che la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza, stabilita dalla Corte, in pratica non avrebbe alcuna importanza e che l' effetto utile della limitazione apportata dalla Corte verrebbe meno quasi del tutto (40).

    La distinzione fra la costituzione della pensione e la maturazione del diritto alla pensione consente anche di apportare alcune precisazioni su questo punto. Poiché è il lavoro stesso, e, se del caso, i contributi di cui trattasi, che fanno sorgere i diritti e gli obblighi del lavoratore e del datore di lavoro (e/o degli amministratori del regime pensionistico), si può ragionevolmente ammettere che, con l' espressione "rapporti giuridici che hanno esaurito i loro effetti nel passato", la Corte ha considerato situazioni nelle quali il diritto alla pensione era già acquisito per i periodi lavorativi precedenti la sentenza Barber. Infatti, la nascita di un diritto a pensione in base ad un periodo lavorativo trascorso comporta una situazione giuridica i cui effetti sono esauriti, nel senso che il lavoratore ha definitivamente acquisito il diritto alla pensione relativo a detto periodo di lavoro.

    20. Il motivo per il quale la Corte ha optato a favore di una limitazione dell' efficacia della sua sentenza ai diritti a pensione come sopra interpretati può essere direttamente collegato all' intento formulato espressamente dalla Corte di non sconvolgere retroattivamente l' equilibrio finanziario dei regimi pensionistici di deroga convenzionale. La certezza del diritto implica, in questo ambito, che la portata di detti diritti sia determinata basandosi sulla norma comunitaria che si applicava al momento del periodo lavorativo in base al quale detti diritti sono stati acquisiti, vale a dire l' art. 119 come interpretato prima della sentenza Barber.

    Ciò non costituisce affatto una novità nel diritto comunitario. Si può menzionare un precedente nella giurisprudenza comunitaria in materia di regimi di previdenza sociale, vale a dire la sentenza 12 ottobre 1978, Belbouab. Questa causa riguardava il regolamento (CEE) n. 1408/71. Essa riguardava un lavoratore algerino che ha fruito della cittadinanza francese prima dell' indipendenza dell' Algeria e che aveva svolto un lavoro in Francia e nella Repubblica federale di Germania, in quanto cittadino francese. Quando detto lavoratore presentava la sua domanda di pensione di minatore nella Repubblica federale di Germania gli veniva opposto il rifiuto di tener conto dei periodi assicurativi maturati in Francia, in quanto egli non soddisfaceva più il requisito della cittadinanza di uno Stato membro prescritto dall' art. 2, n. 1, di detto regolamento. La Corte ha confutato come segue l' assunto su cui si basava il giudica a quo, secondo cui il requisito della cittadinanza stabilito dall' art. 2, n. 1, del regolamento avrebbe riguardato la cittadinanza al momento della presentazione della domanda della pensione:

    "In ossequio al principio della certezza del diritto, il quale esige, fra l' altro, che qualsiasi situazione di fatto venga di regola, e purché non sia espressamente disposto il contrario, valutata alla luce delle norme giuridiche vigenti al momento in cui essa si è prodotta, la seconda delle suddette condizioni (il requisito della cittadinanza stabilito dall' art. 2, n. 1), va interpretata nel senso che lo status di cittadino di uno Stato membro deve sussistere all' epoca dello svolgimento dell' attività lavorativa, del versamento dei contributi relativi ai periodi di assicurazione e dell' acquisto dei diritti corrispondenti" (41).

    Pertanto, non è il momento in cui una domanda di pensione viene presentata che è decisivo per l' applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71, e in particolare del requisito di cittadinanza da esso stabilito, ma il periodo di attività lavorativa o i periodi di assicurazione: decisivi sono i periodi durante i quali i contributi sono versati, e, come dichiara espressamente la Corte nella sentenza Belbouab, in cui sono acquisiti i diritti corrispondenti, compreso il diritto ad una pensione legale (42).

    La sentenza Pinna I offre un' applicazione analoga del principio della certezza del diritto, questa volta nel settore degli assegni familiari. Dichiarando nullo l' art. 73, n. 2, del regolamento (CEE) n. 1408/71, nella versione allora vigente ° che, in materia di assegni familiari, stabiliva, per i lavoratori occupati in Francia, un regime che derogava a quello stabilito dal n. 1 di detta disposizione per gli altri Stati membri ° la Corte ha tuttavia limitato l' efficacia nel tempo della sua pronuncia. Secondo la Corte, "esigenze imperative di certezza del diritto attinenti all' insieme degli interessi in gioco, sia pubblici che privati, impediscono in linea di principio di rimettere in discussione la percezione delle prestazioni familiari per periodi precedenti la pronuncia della presente sentenza" (43). In concreto la Corte ha considerato che l' invalidità della disposizione considerata non poteva essere fatta valere "a sostegno di pretese riguardanti prestazioni relative a periodi anteriori alla data della presente sentenza" (44)

    21. L' interpretazione proposta. Alla luce di quanto precede, il punto 45 della motivazione e il punto 5 del dispositivo della sentenza Barber, nei quali la Corte dichiara che l' art. 119 non può essere fatto valere per "chiedere il riconoscimento del diritto alla pensione con effetto da una data precedente a quella della presente sentenza" (v. sopra, paragrafo 5), devono essere interpretati nel senso che essi riguardano il diritto alla pensione che è stato acquisito per periodi lavorativi precedenti la sentenza Barber. In altri termini, opto per la seconda interpretazione soprammenzionata (v. paragrafo 10).

    Tale interpretazione è quella che meglio corrisponde alla buona fede dei datori di lavoro e dei regimi pensionistici aziendali. Infatti, si deve tener conto della loro convinzione secondo la quale erano leciti requisiti di età pensionabile diversi a seconda del sesso. La Corte l' ha ammesso espressamente nella sentenza Barber: alla luce delle deroghe al principio della parità di trattamento contenute nelle direttive 79/7/CEE e 86/378/CEE, gli Stati membri e i "settori interessati" hanno potuto "ragionevolmente" ritenere "che l' art. 119 non si applicasse a pensioni erogate dai regimi di deroga convenzionale e che in materia continuassero ad essere ammesse eccezioni al principio di parità tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile" (45).

    Il fatto che occorra prendere in considerazione la buona fede delle parti, in particolare dei datori di lavoro e dei regimi pensionistici professionali, implica che prima della sentenza Barber, tenuto conto della convinzione secondo cui l' art. 119 non era applicabile, esse potessero promettere pensioni e basare prestazioni su un' età pensionabile diversa per gli uomini e per le donne. L' equilibrio finanziario dei regimi pensionistici di cui trattasi poteva quindi, prima della sentenza, basarsi su detto fondamento. Solo per quanto attiene ai periodi di lavoro successivi alla sentenza Barber i datori di lavoro sapevano che bisognava tener conto di una stessa età pensionabile per gli uomini e per le donne quanto alla gestione dei regimi pensionistici professionali e al calcolo dei relativi contributi. Se non si prendesse in considerazione la loro buona fede e quella degli amministratori dei regimi pensionistici vi sarebbero gravi problemi finanziari per i regimi pensionistici. Tutto ciò porta a che non vengano rimessi in discussione gli obblighi assunti e i versamenti effettuati prima della data della sentenza Barber (46).

    22. Incidentalmente, vorrei segnalare che, a mio avviso, non può in alcun caso essere accolta la terza interpretazione, secondo la quale la maturazione del diritto alla pensione dopo il 17 maggio 1990 è proposta come criterio decisivo (e ciò indipendentemente dal momento in cui si situano i periodi lavorativi cui la pensione si riferisce). Credo che non sia auspicabile accogliere un' interpretazione del genere, non soltanto date le modalità già menzionate, con cui i diritti a pensione sono costituiti, ma anche a causa dell' iniquità manifesta che questa interpretazione comporterebbe per numerosi lavoratori: nessun lavoratore la cui pensione aziendale non è stata esigibile o erogata per la prima volta prima della data precitata potrebbe avvalersi del principio della parità della retribuzione. Situazioni del tutto identiche, diverse tra loro solo perché portavano all' acquisizione del diritto alla prestazione prima o dopo il 17 maggio 1990, sarebbero in tal caso trattate in modo molto diverso.

    Infine, secondo me, la quarta interpretazione è troppo radicale. Infatti, essa non tiene affatto conto dell' equilibrio finanziario dei regimi pensionistici professionali, come un regime costituito in buona fede in base a fattori di calcoli che presupponevano un' età pensionabile diversa per gli uomini e per le donne.

    (65) ° Sentenza Macarthys, punto 10 della motivazione; sentenza Worringham, punto 23 della motivazione; sentenza Jenkins, punto 17 della motivazione; sentenza Barber, punto 37 della motivazione.

    (66) ° Sentenza Defrenne II, punto 21 della motivazione.

    (67) ° Sentenza Defrenne II, punti 22 e 23 della motivazione, sentenza Macarthys, punto 10 della motivazione, sentenza Worringham, punto 23 della motivazione; sentenza Jenkins, punto 17 della motivazione.

    (68) ° Per questi obiettivi, v. sentenza Defrenne II, punti 8-12 della motivazione.

    (69) ° Sentenza Defrenne II, punto 19 della motivazione. Nelle conclusioni nella causa Burton (Racc. 1982, pag. 582, punto 2.6), riferendosi alla sentenza Jenkins, l' avvocato generale VerLoren van Themaat ha sostenuto, in modo convincente, che la questione della portata dell' efficacia diretta dall' art. 119 dipende essenzialmente dal se la disparità di trattamento possa essere accertata basandosi su un esame meramente giuridico delle circostanze del caso di specie, e non dipende tanto dal se sussistano discriminazioni dirette o indirette , palesi o dissimulate .

    (70) ° V., a questo proposito, quanto alla discriminazione basata sul sesso relativa alle condizioni d' accesso al fondo pensioni, oggetto della causa Barber, in particolare il requisito dell' età, figurante nel regime pensionistico di Guardian, le mie conclusioni in detta causa (Racc. 1990, pagg. I-1934-1935, paragrafo 47).

    (71) ° V. sentenza Barber, punto 38 della motivazione.

    (72) ° Per esempi di altre discriminazioni, più indirette, nei regimi pensionistici aziendali, v. D. Curtin, art. cit., C.M.L.Rev., 1987, pag. 216.

    (73) ° Qualora il regime pensionistico sia finanziato anche con contributi dei datori di lavoro e/o con contributi pubblici, secondo me per il calcolo di detti contributi si può tener conto di fattori attuariali collegati al sesso se le differenze che ne conseguono non portano in alcun caso a differenze quanto all' onere dei contributi dei lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile, e se neanche le prestazioni erogate agli uomini o alle donne grazie a detti contributi presentano natura discriminatoria.

    (74) ° Il Civil Rights Act vieta fra l' altro to discriminate against any individual with respect to his compensation, terms, conditions, or privileges of employment, because of such individual' s (...) sex (di effettuare discriminazioni nei confronti di ogni individuo relative alla sua retribuzione, alle condizioni, alla situazione o ai vantaggi collegati al lavoro, a causa del sesso di detta persona): 42 USC § 2000e(a)(1).

    (75) ° V., nello stesso senso, D. Curtin, Scalping the Community legislator: occupational pensions and Barber C.M.L.Rev., 1990, (475), pag. 495.

    (76) ° Sentenza 4 febbraio 1988, causa 157/86 (Racc. pag. 673, punto 9 della motivazione); v. anche le conclusioni dell' avvocato generale Lenz nella stessa causa (Racc. pag. 684, punto 12 della motivazione).

    (77) ° 435 US 677, in particolare pag. 710; 55 L Ed 2d 657, pag. 666.

    (78) ° V., in particolare, sentenza Equal Opportunities, vertente sull' interpretazione di una deroga al principio della parità di trattamento fra uomini e donne, contemplata dall' art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva n. 79/7/CEE: sentenza 7 luglio 1992, causa C-9/91 (Racc. pag. I-4297, in particolare punti 15-18 della motivazione). Questa giurisprudenza è stata ancora recentemente confermata e precisata dalla Corte: v. sentenza 30 marzo 1993, causa C-328/91, Thomas (Racc. pag. I-1247, in particolare punti 9-12 della motivazione). Anche nella recente sentenza Poucet, dedicata essenzialmente alla questione se un organismo incaricato della gestione di un regime speciale di previdenza sociale debba essere considerato impresa ai sensi degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE, la Corte ha sottolineato la necessità dell' equilibrio finanziario di siffatto regime: sentenza 17 febbraio 1993, cause riunite C-159/91 e C-160/91 (Racc. pag. I-637, in particolare, punto 13 della motivazione). Si può anche menzionare la sentenza Celant, nella quale la Corte, quanto alla presa in considerazione dei periodi di assicurazione maturati quando era in vigore un regime nazionale pensionistico nell' ambito del regime pensionistico comunitario, ha del pari sottolineato la necessità di una sana gestione finanziaria di detto regime: sentenza Celant, citata alla nota 56, punto 27 della motivazione.

    (79) ° V. A. Laurent, loc. cit., pag. 760.

    (80) ° Penso in particolare agli Stati Uniti, ove è pacifico che l' uso di fattori attuariali diversi a seconda del sesso ai fini del calcolo dei contributi per i regimi pensionistici è in contrasto con il Civil Rights Act 1964 a partire dalla sentenza della Corte suprema americana nella causa Los Angeles Department of Water and Power v. Manhart, 435 U.S. 702, 55 L. Ed. 2d 657, 98 S. Ct. 1370 (1978). Nel 1983 la Corte suprema ha considerato che anche l' uso di siffatti fattori per le prestazioni nell' ambito di simili sistemi era in contrasto con il principio di non discriminazione: Arizona Governing Committee for Tax Deferred Annuity and Deferred Compensation Plans v Norris, 463 U.S. 1073, 77 L. Ed. 2d 1236, 103 S. Ct. 3492 (1983); v. anche Florida v Long, 487 U.S. 223, 101 L. Ed. 2d 206, 108 S. Ct. 2354 (1988).

    (81) ° Ai sensi dell' art. 2, n. 1, lett. c), del regolamento pensionistico della Stichting, in vigore a partire dal 1 gennaio 1989.

    (82) ° Legge 17 marzo 1949, Staatsblad J 121.

    (83) ° Art. 3, n. 1, della legge sull' iscrizione obbligatoria a una cassa pensione professionale.

    (84) ° GU 1987, C 309, pag. 10. Il quinto considerando di detta proposta rinvia espressamente all' art. 9, lett. b), della direttiva 86/378/CEE.

    (85) ° Va osservato che l' art. 4 fa parte del titolo I della proposta di direttiva, riguardante le prestazioni di superstiti e, in questo titolo, è accompagnato da disposizioni che mirano a realizzare il principio della parità di trattamento nel settore delle prestazioni per orfano (art. 5) e delle prestazioni per altri superstiti (art. 6).

    (86) ° Sentenza Newstead, citata nella nota 62, punto 21 della motivazione.

    (87) ° Sentenza Newstead, punto 15 della motivazione.

    (88) ° Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all' applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto concerne l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro, GU 1987, L 39, pag. 40.

    (89) ° Sentenza Newstead, punti 25-27 della motivazione.

    (90) ° Sentenza Newstead, punto 28 della motivazione. L' art. 1, n. 2, di questa direttiva rinvia, per garantire la progressiva attuazione del principio della parità di trattamento in materia di previdenza sociale, a disposizioni adottate dal Consiglio, su proposta della Commissione, che ne preciseranno in particolare il contenuto, la portata e le modalità di applicazione.

    (91) ° Sentenza Barber, punto 30 della motivazione e punto 2 del dispositivo.

    (92) ° Art. 2, n. 1, prima frase, del regolamento pensionistico nella sua versione in vigore a partire dal 1 gennaio 1989.

    (93) ° Sentenza Barber, punto 25 della motivazione.

    (94) ° La stessa situazione si presentava nella sentenza Barber: v. punto 25 di questa sentenza.

    (95) ° Sentenza Barber, punto 26 della motivazione.

    (96) ° Del resto, la Commissione propone un criterio analogo nella summenzionata proposta di direttiva 27 ottobre 1987, il cui art. 13, n. 2, dispone che, per quanto concerne l' applicazione del principio della parità di trattamento alle prestazioni del coniuge superstite, la direttiva non può essere invocata per domande presentate prima della data della sua applicazione.

    (97) ° Sentenza 11 luglio 1991, cause riunite C-87/90, C-88/90 e C-89/90 (Racc. pag. I-3757, punto 23 della motivazione).

    (98) ° Sentenza Verholen, punto 24 della motivazione.

    (99) ° Sentenza Verholen, punto 26 della motivazione e punto 3 del dispositivo.

    (100) ° Sentenza Barber, punto 29 della motivazione.

    (101) ° Sentenza 27 giugno 1990, causa C-33/89, Kowalska (Racc. pag. I-2591, punto 12 della motivazione) con riferimento alla sentenza Defrenne II, punto 39 della motivazione; quanto ai contratti collettivi di lavoro, v. anche sentenza 7 febbraio 1991, causa C-184/89, Nimz (Racc. pag. I-297, punto 17 della motivazione).

    (102) ° V. sentenza 15 giugno 1978, causa 149/77, Defrenne III (Racc. pag. 1365, punto 27 della motivazione); sentenza 20 marzo 1984, cause riunite 75/82 e 117/82, Razzouk e Beydoun/Commissione (Racc. pag. 1509, punto 16 della motivazione). Proprio la natura fondamentale del principio della parità di trattamento nell' ordinamento giuridico comunitario ha indotto più volte la Corte a fornire un' interpretazione restrittiva delle deroghe a detto principio autorizzate dal giudice comunitario. V. sentenze 26 febbraio 1986, causa 151/84, Roberts (Racc. pag. 703, punto 35 della motivazione); causa 152/84, Marshall (Racc. pag. 723, punto 54 della motivazione), e causa 262/84, Beets-Proper (Racc. 1986, pag. 773, punto 38 della motivazione).

    (103) ° Per la loro esatta formulazione, v. relazione d' udienza.

    (104) ° Si tratta di una giurisprudenza costante della Corte: v., fra l' altro, sentenza 19 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame I (Racc. pag. I-2433, punto 19 della motivazione), e sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e Bonifaci (Racc. pag. I-5357, punto 32 della motivazione).

    (105) ° V. sentenza Murphy, citata alla nota 76, punto 11 della motivazione; sentenza Nimz, citata alla nota 101, punto 19 della motivazione; sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal (Racc. pag. 629, punto 21 della motivazione).

    (106) ° Sentenza Defrenne II, punto 15 della motivazione.

    (107) ° Sentenza Razzouk e Beydoun, citata alla nota 102, punto 19 della motivazione; v., per quanto concerne il criterio del solo sistema di riferimento valido utilizzato in detta sentenza, J. Mertens de Wilmars, Le système communautaire de contrôle des sanctions dans le domaine de l' égalité de traitement entre hommes et femmes , in Egalité de traitement entre les hommes et les femmes, Revue du Travail, aprile-maggio-giugno 1990, (731), pag. 735.

    (108) ° La Corte ha utilizzato tale criterio in particolare per garantire l' applicazione del principio della parità di trattamento sancito dall' art. 4, n. 1, della direttiva 79/7/CEE, fintantoché il legislatore nazionale non proceda alla (completa) attuazione di detta direttiva: v. sentenza 4 dicembre 1986, causa 71/85, FNV (Racc. pag. 3855, punto 22 della motivazione); sentenza 24 marzo 1987, causa 286/85, McDermott e Cotter (Racc. pag. 1453, punto 18 della motivazione); sentenza 24 giugno 1987, causa 384/85, Borrie Clarke (Racc. pag. 2865, punto 12 della motivazione), sentenza 13 dicembre 1989, causa C-102/88, Ruzius-Wilbrink (Racc. pag. 4311, punto 20 della motivazione); sentenza Kowalska, citata alla nota 101, punto 20 della motivazione; sentenza Nimz, citata nella stessa nota, punto 18 della motivazione; sentenza 11 luglio 1991, causa C-31/90, Johnson (Racc. pag. I-3723, punto 36 della motivazione).

    (109) ° Sentenza 12 luglio 1984, causa 184/83, Hofmann (Racc. pag. 3047, punto 27 della motivazione); sentenza 7 maggio, 1991, causa C-229/89, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-2205, punto 22 della motivazione); sentenza 19 novembre 1992, causa C-226/91, Molenbroek (Racc. pag. I-5943, punto 15 della motivazione).

    (110) ° La Corte l' ha del resto espressamente confermato nelle cause relative alla parità di trattamento: v., quanto alla direttiva 79/7/CEE, la sentenza Verholen, citata alla nota 97, nonché la sentenza 25 luglio 1991, causa C-208/90, Emmott (Racc. pag. I-4269, punto 16 della motivazione). V., più in particolare, per quanto concerne il ricorso per risarcimento, la sentenza Francovich e Bonifaci, punto 43 della motivazione. Le tre sentenze rinviano su questo punto alla sentenza 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio (Racc. pag. 3595, in particolare punto 12 della motivazione).

    (111) ° Sentenza Barber, punto 28 della motivazione; v. già l' ultima frase del punto 25 della motivazione: Detti regimi rientrano pertanto tra i vantaggi che il datore di lavoro propone ai lavoratori .

    (112) ° Sentenza Barber, punto 25 della motivazione.

    (113) ° Sentenza Worringham, punto 17 della motivazione.

    (114) ° Sentenza Macarthys, punto 15 della motivazione.

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