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Document 61990CJ0362

Sentenza della Corte del 31 marzo 1992.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana.
Inadempimento di uno Stato - Appalti pubblici di forniture - Ricevibilità.
Causa C-362/90.

Raccolta della Giurisprudenza 1992 I-02353

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1992:158

61990J0362

SENTENZA DELLA CORTE DEL 31 MARZO 1992. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA ITALIANA. - INADEMPIMENTO DA PARTE DI UNO STATO - APPALTI PUBBLICI DI FORNITURE - RICEVIBILITA. - CAUSA C-362/90.

raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-02353


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

Ricorso per inadempimento - Cessazione dell' inadempimento prima della scadenza del termine indicato nel parere motivato - Irricevibilità

(Trattato CEE, art. 169, secondo comma)

Massima


Ai sensi dell' art. 169, secondo comma, del Trattato si può adire la Corte con un ricorso per inadempimento solo qualora lo Stato membro di cui trattasi non si sia conformato al parere motivato entro il termine impartitogli dalla Commissione. Un ricorso per inadempimento è dunque irricevibile se, alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato, non sussisteva più l' inadempimento addebitato, che aveva prodotto i suoi effetti senza che la Commissione adoperasse tutti gli strumenti di cui disponeva per impedirlo.

Parti


Nella causa C-362/90,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal signor Guido Berardis, e successivamente dal signor Antonio Aresu, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Roberto Hayder, rappresentante del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal prof. Luigi Ferrari Bravo, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Ivo M. Braguglia, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l' ambasciata d' Italia, 5, rue Marie-Adelaïde,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far constatare che, avendo imposto l' Unità sanitaria locale n. 11 di Genova 2 che il 50% dell' importo minimo di forniture, realizzato nell' ultimo triennio e richiesto per poter partecipare ad un appalto di forniture, sia stato effettuato in favore di amministrazioni pubbliche, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU 1977, L 13, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, R. Joliet, F.A. Schockweiler e P.J.G. Kapteyn, presidenti di sezione, G.F. Mancini, C.N. Kakouris, G.C. Rodríguez Iglesias, M. Díez de Velasco e J.L. Murray, giudici,

avvocato generale: C.O. Lenz,

cancelliere: J.A. Pompe, vicecancelliere

vista la relazione d' udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 16 gennaio 1992, nel corso della quale la Commissione è stata rappresentata dal signor Antonio Aresu, membro del servizio giuridico, in qualità d' agente,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 26 febbraio 1992,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte l' 11 dicembre 1990, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell' art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far constatare che, avendo imposto l' Unità sanitaria locale n. 11 di Genova 2 (in prosieguo: l' "USL") che il 50% dell' importo minimo di forniture, realizzato nell' ultimo triennio e richiesto per poter partecipare ad un appalto di forniture, sia stato effettuato in favore di amministrazioni pubbliche, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU 1977, L 13, pag. 1).

2 L' USL faceva pubblicare nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, parte II, 10 ottobre 1988, n. 238, un bando di gara per la fornitura di vari prodotti, tra i quali in particolare carne bovina fresca per un importo di 5 800 000 000 di LIT. Il bando subordinava l' ammissione alla gara alla condizione che i potenziali offerenti avessero effettuato, nell' ultimo triennio (1985/1987), la fornitura di prodotti identici per un ammontare pari almeno a sei volte il valore di ciascuna fornitura per la quale intendevano fare un' offerta; il 50% di detto ammontare doveva essere costituito da forniture ad amministrazioni pubbliche.

3 La Commissione riteneva che detta condizione, in quanto faceva riferimento alla fornitura dei prodotti considerati ad amministrazioni pubbliche nella misura del 50%, fosse in contrasto con l' art. 23 della citata direttiva 77/62, norma che stabilisce in maniera limitativa i mezzi di prova che le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere per dimostrare le capacità tecniche dei fornitori, e, pertanto a norma dell' art. 14, lett. d), della medesima direttiva, detta condizione non dovesse figurare nel bando di gara dell' USL.

4 Con lettera 10 febbraio 1989, la Commissione, ai sensi dell' art. 169 del Trattato, ha invitato il governo italiano a comunicarle, entro quindici giorni, le sue osservazioni sull' inadempimento addebitatogli. Ritenendo che le spiegazioni inviatele dal governo italiano con lettera 30 giugno 1989 non fossero soddisfacenti, la Commissione ha invitato la Repubblica italiana, con parere motivato 27 marzo 1990, ad adottare i provvedimenti richiesti per conformarsi a detto parere entro quindici giorni a decorrere dalla sua notificazione.

5 Per una più ampia illustrazione degli antefatti della causa, dello svolgimento del procedimento e dei mezzi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

6 Nel controricorso il governo italiano ha fatto valere che il ricorso della Commissione era privo di oggetto poiché il contratto di fornitura seguito alla gara d' appalto per l' anno 1989 aveva esaurito ogni suo effetto il 31 dicembre 1989, e che i bandi di gara per gli anni 1990 e 1991, pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 4 novembre 1989, S 213, e 3 novembre 1990, S 216, non recavano la condizione controversa. Di conseguenza, esso ha chiesto alla Commissione di rinunciare al proprio ricorso e, qualora questa avesse proseguito la sua azione, ha invitato la Corte a respingerlo. Nella controreplica detto governo ha aggiunto che l' inadempimento addebitato era terminato prim' ancora della scadenza del termine di 15 giorni impartitogli dalla Commisione nel parere motivato 27 marzo 1990 e, di fronte al diniego della Commissione di rinunciare al ricorso, ha chiesto che il ricorso stesso fosse dichiarato irricevibile.

7 Nella replica la Commissione ha negato che il proprio ricorso fosse privo di oggetto poiché, tenuto conto delle obiezioni formulate dal governo italiano riguardo al merito della causa, non era affatto dimostrato che la condizione controversa non sarebbe stata inserita in futuro in un altro bando di gara. All' udienza la Commissione ha osservato inoltre che il 17 agosto 1989 aveva emesso un primo parere motivato, e che aveva formulato il parere motivato 27 marzo 1990 soltanto per tener conto della risposta del governo italiano alla sua diffida, pervenutale il 6 luglio 1989.

8 In via preliminare si deve rilevare come il fatto che il governo italiano abbia formalmente eccepito l' irricevibilità del ricorso soltanto nella fase della controreplica non può impedire alla Corte di esaminare la ricevibilità del ricorso stesso. Infatti, gli argomenti sostenuti al riguardo dal governo italiano erano già stati formulati nel controricorso, nel quale esso aveva formalmente chiesto il rigetto del ricorso. La Commissione ha avuto quindi la possibilità di confutare questi argomenti nella replica. D' altro canto, la Corte, in ogni caso, può esaminare d' ufficio se ricorrano i presupposti contemplati dall' art. 169 del Trattato perché sia proposto un ricorso per inadempimento.

9 A questo proposito si deve ricordare in primo luogo che dalla lettera stessa dell' art. 169, secondo comma, del Trattato emerge che la Commissione può adire la Corte con un ricorso per inadempimento solo qualora lo Stato membro di cui trattasi non si sia conformato a detto parere entro il termine impartitogli dalla Commissione a tale scopo.

10 In secondo luogo si deve osservare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, l' oggetto del ricorso proposto ai sensi dell' art. 169 consiste nel far dichiarare che lo Stato di cui trattasi è venuto meno agli obblighi impostigli dal Trattato, e che esso non ha posto termine a questo inadempimento entro il termine fissato a tal fine nel parere motivato della Commissione (sentenza 13 dicembre 1990, Commissione/Repubblica ellenica, punto 40 della motivazione, causa 347/88, Racc. pag. I-4747). La Corte ha del pari costantemente affermato che la sussistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine fissato nel parere motivato (sentenza 27 novembre 1990, Commissione/Reppublica ellenica, punto 13 della motivazione, causa 200/88, Racc. pag. I-4299).

11 Orbene, nella fattispecie è pacifico che il controverso bando di gara aveva esaurito ogni suo effetto il 31 dicembre 1989, vale a dire ancora prima dell' emissione del parere motivato 27 marzo 1990. Inoltre, i bandi di gara per gli anni 1990 e 1991, pubblicati rispettivamente il 4 novembre 1989, vale a dire prima della formulazione del parere motivato, e il 3 novembre 1990, vale a dire prima della proposizione del presente ricorso, non recavano più la condizione controversa.

12 Si deve rilevare inoltre che la Commissione non ha agito in tempo utile per evitare, con i procedimenti di cui dispone, che l' inadempimento addebitato producesse effetti, e non ha neanche eccepito l' esistenza di circostanze che le avrebbero impedito di terminare il procedimento precontenzioso, contemplato dall' art. 169 del Trattato, prima che detto inadempimento avesse cessato di sussistere. Il fatto, addotto all' udienza, che essa avesse già emesso un primo parere motivato il 17 agosto 1989 è a questo proposito irrilevante, dato che questo parere non è stato menzionato nel corso del procedimento e che il ricorso non è fondato su di esso. Peraltro, lo stesso fatto non può costituire un elemento di diritto o di fatto emerso durante il procedimento, ai sensi dell' art. 42, n. 2, del regolamento di procedura, di modo che qualsiasi mezzo basato su di esso dev' essere ritenuto tardivo e perciò irricevibile.

13 Dalle considerazioni che precedono emerge che alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato della Commissione 27 marzo 1990 l' inadempimento addebitato non era più sussistente. Il ricorso della Commissione dev' essere pertanto dichiarato irricevibile.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

14 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. La Commissione è rimasta soccombente e dev' essere quindi condannata alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è irricevibile.

2) La Commissione è condannata alle spese.

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