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Document 61990CJ0159

Sentenza della Corte del 4 ottobre 1991.
Society for the Protection of Unborn Children Ireland Ltd contro Stephen Grogan e altri.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court - Irlanda.
Libera circolazione dei servizi - Divieto di diffondere informazioni su cliniche che praticano interruzioni volontarie della gravidanza in altri Stati membri.
Causa C-159/90.

Raccolta della Giurisprudenza 1991 I-04685

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1991:378

61990J0159

SENTENZA DELLA CORTE DEL 4 OTTOBRE 1991. - THE SOCIETY FOR THE PROTECTION OF UNBORN CHILDREN IRELAND LTD CONTRO STEPHEN GROGAN E ALTRI. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: HIGH COURT - IRLANDA. - LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI - DIVIETO DI DIFFONDERE INFORMAZIONI IN ORDINE A CLINICHE CHE EFFETTUANO INTERRUZIONI VOLONTARIE DI GRAVIDANZA IN ALTRI STATI MEMBRI. - CAUSA C-159/90.

raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-04685
edizione speciale svedese pagina 00019
edizione speciale finlandese pagina I-00445


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Questioni pregiudiziali - Rinvio alla Corte - Necessità di una decisione pregiudiziale per una causa pendente dinanzi al giudice che opera il rinvio - Presupposto per l' esercizio della facoltà di rinvio - Competenza non esaurita del giudice

(Trattato CEE, art. 177)

2. Libera prestazione dei servizi - Servizi - Nozione - Interruzione della gravidanza per intervento medico - Inclusione

(Trattato CEE, art. 60)

3. Libera prestazione dei servizi - Servizi - Nozione - Attività non economica - Esclusione - Divieto, ad opera di uno Stato che proibisce l' interruzione della gravidanza per intervento medico, di diffondere notizie sulle possibilità di ricorrere per questo scopo a prestatori di servizi che esercitano legalmente la loro attività in un altro Stato membro - Diffusione delle notizie effettuata da un gruppo non legato ai prestatori di servizi - Divieto che non viola il diritto comunitario

(Trattato CEE, artt. 59 e 60)

Massima


1. Gli organi giurisdizionali nazionali hanno la facoltà di adire la Corte in via pregiudiziale, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, solo se è pendente dinanzi ad essi una controversia nel cui ambito è loro richiesta una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale. Ne risulta che la Corte non è competente a conoscere del rinvio pregiudiziale qualora, nel momento in cui esso viene effettuato, il giudizio dinanzi al giudice a quo sia ormai concluso.

2. L' interruzione della gravidanza per intervento medico, effettuata in conformità al diritto dello Stato in cui essa avviene, è un servizio ai sensi dell' art. 60 del Trattato.

3. La diffusione di informazioni concernenti un' attività economica non dev' essere considerata come una prestazione di servizi, ai sensi dell' art. 60 del Trattato CEE, quando tali informazioni non sono diffuse per conto di un operatore economico, ma costituiscono semplicemente una manifestazione della libertà d' espressione.

Di conseguenza, il diritto comunitario non si oppone a che uno Stato membro in cui l' interruzione della gravidanza mediante intervento medico è proibita vieti ad associazioni studentesche di diffondere informazioni sull' identità e l' ubicazione di cliniche di un altro Stato membro in cui sono lecitamente praticate interruzioni volontarie della gravidanza, nonché sulle modalità per entrare in contatto con tali cliniche, quando le cliniche di cui trattasi non sono in alcun modo all' origine della diffusione di dette informazioni.

Parti


Nel procedimento C-159/90,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, dalla High Court di Dublino, nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Society for the Protection of Unborn Children Ireland Ltd

e

Stephen Grogan e altri,

domanda vertente sull' interpretazione degli artt. 59-66 del Trattato CEE,

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, T.F. O' Higgins, J.C. Moitinho de Almeida, G.C. Rodríguez Iglesias, M. Díez de Velasco, presidenti di sezione, Sir Gordon Slynn, C.N. Kakouris, R. Joliet, F.A. Schockweiler, F. Grévisse, M. Zuleeg, P.J.G. Kapteyn, giudici,

avvocato generale: W. Van Gerven

cancelliere: sig.ra D. Louterman, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Society for the Protection of Unborn Children Ireland Ltd, dai sigg. James O' Reilly, SC, e Anthony M. Collins, barrister-at-law, su incarico di Collins, Crowley & Co., solicitors;

- per i sigg. Grogan e a., dalla sig.ra Mary Robinson, SC, e M. Seamus Woulfe, barrister-at-law, su incarico di Taylor & Buchalter, solicitors;

- per il governo irlandese, dal sig. Louis J. Dockery, chief state solicitor, in qualità di agente, assistito dai sigg. Dermot Gleeson, SC, e Aindries O' Caoimh, barrister-at-law;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra Karen Banks, membro del servizio giuridico, in qualità di agente;

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali della Society for the Protection of Unborn Children Ltd, rappresentata dai sigg. James O' Reilly, SC, e Shane Murphy, barrister-at-law, dei sigg. Grogan e a., rappresentati dai sigg. John Rodgers, SC, e Seamus Woulfe, barrister-at-law, del governo irlandese e della Commissione, all' udienza del 6 marzo 1991,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza dell' 11 giugno 1991,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 5 marzo 1990, pervenuta in cancelleria il 23 marzo seguente, la High Court di Dublino ha posto, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali relative all' interpretazione del diritto comunitario, ed in particolare dell' art. 60 del Trattato CEE.

2 Tali questioni sono state sollevate nell' ambito di una controversia che oppone la Society for the Protection of Unborn Children Ireland Ltd (in prosieguo: la "SPUC") a Stephen Grogan e quattordici altri responsabili di associazioni studentesche circa la diffusione in Irlanda di informazioni dettagliate concernenti l' identità e l' ubicazione di cliniche di un altro Stato membro, dove vengono praticate interruzioni della gravidanza per intervento medico.

3 L' aborto è sempre stato vietato in Irlanda, prima dalla common law, successivamente dalla legge. Le disposizioni pertinenti attualmente in vigore sono gli artt. 58 e 59 dell' Offences Against the Person Act (legge sui reati contro la persona) del 1861, riportati nello Health (Family Planning) Act (legge relativa alla salute: pianificazione familiare) del 1979.

4 Nel 1983 un emendamento costituzionale approvato con referendum ha inserito nell' art. 40, n. 3, della Costituzione irlandese un terzo comma così formulato: "Lo Stato riconosce il diritto alla vita del nascituro. Esso s' impegna a rispettare tale diritto nelle proprie leggi e, nella misura in cui ciò è realizzabile, a difenderlo e a farlo valere con le proprie leggi, tenendo nel debito conto l' uguale diritto della madre alla vita".

5 Secondo la giurisprudenza dei giudici irlandesi (High Court, sentenza 19 dicembre 1986, e Supreme Court, sentenza 16 marzo 1988, The Attorney General at the relation of the Society for the Protection of Unborn Children Ireland Ltd / Open Door Counselling Ltd e Dublin Wellwoman Centre Ltd, 1988 Irish Reports 593), l' art. 40, n. 3, terzo comma, della Costituzione irlandese vieta l' attività consistente nell' aiutare donne incinte che si trovano sul territorio irlandese a recarsi all' estero affinché sia ad esse ivi praticata un' interruzione della gravidanza per intervento medico, in particolare informandole circa l' identità e l' ubicazione di una o più cliniche determinate che praticano l' interruzione della gravidanza per intervento medico, nonché sulle modalità per entrare in contatto con tali cliniche.

6 La SPUC, attrice nella causa principale, è un' associazione di diritto irlandese, costituita in particolare al fine di impedire la depenalizzazione dell' aborto e per affermare, difendere e promuovere la vita umana fin dal momento del concepimento. I sigg. Grogan e a., convenuti nella causa principale, erano, nel corso degli anni 1989/1990, membri dei direttivi di associazioni studentesche che pubblicavano opuscoli destinati agli studenti. Questi ultimi contenevano informazioni circa la possibilità di far effettuare legalmente interruzioni della gravidanza per intervento medico nel Regno Unito, nonché sull' identità e l' ubicazione di talune cliniche che praticano tale intervento nel Regno Unito e sulle modalità per entrare in contatto con dette cliniche. E' pacifico che le associazioni studentesche non avevano alcun rapporto con le cliniche stabilite in un altro Stato membro.

7 Nel settembre 1989, la SPUC chiedeva ai convenuti nella causa principale, nella loro qualità di responsabili delle loro rispettive associazioni, di impegnarsi a non pubblicare nel corso dell' anno accademico 1989/1990 informazioni del tipo di quelle sopra indicate. Non avendo ricevuto risposta da parte di detti convenuti, la SPUC ha adito la High Court al fine di ottenere una dichiarazione con cui si accertasse l' illiceità della diffusione di tali informazioni, nonché un' ingiunzione che vietasse tale diffusione.

8 Con sentenza 11 ottobre 1989, la High Court ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia talune questioni pregiudiziali, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, prima di pronunciarsi sull' ingiunzione richiesta dall' attrice. Tale sentenza ha costituito oggetto di un appello dinanzi alla Supreme Court la quale, il 19 dicembre 1989, ha concesso l' ingiunzione richiesta, ma non ha riformato la decisione della High Court di adire la Corte di giustizia in via pregiudiziale. Per il resto, ciascuna delle parti è stata autorizzata a presentare una domanda alla High Court, al fine di ottenere una modifica della decisione della Supreme Court alla luce della pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia.

9 La High Court, ritenendo che, come essa aveva già indicato nella sentenza 11 ottobre 1989, la controversia sollevasse problemi di interpretazione del diritto comunitario, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se un' attività organizzata o una pratica dirette a procurare l' aborto o l' interruzione della gravidanza per intervento medico rientrino nella definizione di 'servizi' contemplata nell' art. 60 del Trattato CEE.

2) Se, in mancanza di qualsiasi misura che stabilisca il ravvicinamento delle normative degli Stati membri relative alle attività organizzate o alle pratiche per procurare l' aborto o l' interruzione della gravidanza per intervento medico, uno Stato membro possa vietare la diffusione di specifiche informazioni sull' identità, l' ubicazione di una o più cliniche determinate di un altro Stato membro in cui vengono praticati aborti o sulle modalità per entrare con esse in contatto.

3) Se nel diritto comunitario un soggetto disponga del diritto di diffondere nello Stato membro A specifiche informazioni sull' identità, l' ubicazione di una o più determinate cliniche di uno Stato membro B in cui vengono praticati aborti e sulle modalità per entrare con esse in contatto, qualora il procurato aborto sia vietato dalla costituzione e dalla legge penale dello Stato membro A, ma sia lecito, a determinate condizioni, nello Stato membro B".

10 Per una più ampia illustrazione degli antefatti della causa principale, dello svolgimento del procedimento nonché delle osservazioni scritte presentate dinanzi alla Corte, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati in prosieguo solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

Sulla competenza della Corte

11 Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha rilevato che la soluzione della questione se l' ordinanza di rinvio fosse stata adottata nell' ambito dell' azione principale o in quello del procedimento d' ingiunzione non risultava chiaramente.

12 A tal riguardo, occorre ricordare che, come la Corte ha dichiarato nella sentenza 21 aprile 1988, Pardini, punto 11 della motivazione (causa 338/85, Racc. pag. 2041), gli organi giurisdizionali nazionali hanno la facoltà di adire la Corte in via pregiudiziale ai sensi dell' art. 177 del Trattato solo se è pendente dinanzi ad essi una controversia nell' ambito della quale ad essi è richiesta una pronunzia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale. Invece, la Corte non è competente a conoscere del rinvio pregiudiziale qualora, al momento in cui esso viene effettuato, il giudizio dinanzi al giudice a quo sia ormai concluso.

13 Per quanto riguarda il presente procedimento, occorre osservare che, se la High Court ha adito la Corte nell' ambito del procedimento d' ingiunzione, la Supreme Court l' ha esplicitamente autorizzata a modificare, alla luce della sentenza pregiudiziale della Corte, l' ingiunzione concessa. Se invece le questioni pregiudiziali sono state poste nell' ambito del procedimento principale, la High Court dovrà risolvere tale causa con una decisione sul merito. In entrambi i casi, al giudice nazionale è richiesta una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale. Di conseguenza, esso è autorizzato a sottoporre, ai sensi dell' art. 177 del Trattato, questioni pregiudiziali alla Corte, la quale è competente a risolverle.

14 La SPUC, da parte sua, ha sostenuto che nessuna questione di diritto comunitario si poneva nel presente procedimento e che la Corte deve rifiutare di risolvere le questioni sottoposte. Da un lato, i convenuti nella causa principale avrebbero distribuito le informazioni di cui trattasi al di fuori di qualsiasi attività economica, il che escluderebbe l' applicazione delle norme del Trattato sulla libera prestazione dei servizi la cui interpretazione è richiesta. Dall' altro, l' attività di informazione, essendosi svolta interamente in Irlanda e non coinvolgendo alcun altro Stato membro, sarebbe estranea a dette disposizioni del Trattato.

15 A tal riguardo, è sufficiente constatare che le circostanze fatte valere dalla SPUC rientrano nel merito delle questioni poste dal giudice nazionale. Di conseguenza, pur potendo essere prese in considerazione al fine di risolvere tali questioni, esse sono irrilevanti qualora si tratti di valutare la competenza della Corte a pronunciarsi sulla domanda pregiudiziale (v. sentenza 28 giugno 1984, Moser, causa 180/83, Racc. pag. 2539). Pertanto occorre procedere all' esame delle questioni sottoposte.

Sulla prima questione

16 Con la sua prima questione, il giudice nazionale intende in sostanza sapere se l' interruzione della gravidanza per intervento medico, effettuata in conformità al diritto dello Stato in cui essa avviene, sia un servizio ai sensi dell' art. 60 del Trattato CEE.

17 In base al primo comma di detta disposizione, sono considerate come servizi ai sensi del Trattato le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. Il secondo comma, punto d), dello stesso art. 60 indica esplicitamente che le attività delle libere professioni rientrano nella nozione di servizi.

18 Ora, occorre rilevare che l' interruzione della gravidanza, così come lecitamente praticata in diversi Stati membri, è un' attività medica normalmente fornita dietro retribuzione e che può essere praticata nell' ambito di una libera professione. In ogni caso, la Corte ha già dichiarato nella sentenza 31 gennaio 1984, Luisi e Carbone, punto 16 della motivazione (cause riunite 286/82 e 26/83, Racc. pag. 377) che le attività mediche rientrano nel campo di applicazione dell' art. 60 del Trattato.

19 La SPUC sostiene tuttavia che l' interruzione della gravidanza per intervento medico non può essere considerata un servizio poiché essa è gravemente immorale ed implica la distruzione della vita di un terzo, cioè del nascituro.

20 Indipendentemente dal valore di tali argomenti dal punto di vista morale, occorre ritenere che essi non possono avere alcuna influenza sulla soluzione della prima questione posta. Infatti, non spetta alla Corte sostituire la sua valutazione a quella del legislatore degli Stati membri in cui le attività di cui trattasi sono lecitamente praticate.

21 Pertanto occorre risolvere la prima questione posta dal giudice nazionale nel senso che l' interruzione della gravidanza per intervento medico, effettuata in conformità al diritto dello Stato in cui essa avviene, è un servizio ai sensi dell' art. 60 del Trattato.

Sulla seconda e terza questione

22 In considerazione delle circostanze della causa principale, occorre ritenere che il giudice nazionale, con la sua seconda e terza questione, intende in sostanza sapere se il diritto comunitario si opponga a che uno Stato membro in cui l' interruzione della gravidanza per intervento medico è proibita vieti ad associazioni studentesche di diffondere informazioni sull' identità e l' ubicazione di cliniche di un altro Stato membro in cui sono lecitamente praticate interruzioni volontarie della gravidanza, nonché sulle modalità per entrare in contatto con queste cliniche, quando le cliniche di cui trattasi non sono in alcun modo all' origine della diffusione di dette informazioni.

23 Anche se le questioni poste dal giudice nazionale fanno riferimento al diritto comunitario nel suo insieme, la Corte ritiene che il suo esame debba riguardare le disposizioni degli artt. 59 e seguenti del Trattato CEE, relative alla libera prestazione dei servizi, nonché l' argomento relativo ai diritti fondamentali, che ha costituito oggetto di ampi sviluppi nelle osservazioni presentate dinanzi ad essa.

24 Per quanto riguarda anzitutto le disposizioni dell' art. 59 del Trattato, che vietano qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, dalle circostanze della causa principale risulta che il nesso tra l' attività delle associazioni studentesche di cui i sigg. Grogan e a. sono i responsabili e le interruzioni della gravidanza per intervento medico praticate dalle cliniche di un altro Stato membro è troppo tenue perché il divieto di diffondere informazioni possa essere ritenuto come una restrizione di cui all' art. 59 del Trattato.

25 Infatti, una situazione in cui le associazioni studentesche che diffondono le informazioni oggetto della causa principale non collaborano con le cliniche di cui esse pubblicano gli indirizzi si distingue da quella che ha dato luogo alla sentenza 7 marzo 1990, GB-Inno-BM (causa C-362/88, Racc. pag. I-667), nella quale la Corte ha dichiarato che un divieto di diffondere pubblicità commerciale poteva costituire un ostacolo alla libera circolazione delle merci e doveva quindi essere represso a norma degli artt. 30, 31 e 36 del Trattato CEE.

26 Ora, le informazioni alle quali si riferiscono le questioni pregiudiziali non sono diffuse per conto dell' operatore economico stabilito in un altro Stato membro. Al contrario, queste informazioni costituiscono una manifestazione della libertà di espressione e di informazione, indipendente dall' attività economica svolta dalle cliniche stabilite in un altro Stato membro.

27 Ne deriva che, in ogni caso, un divieto di diffondere informazioni in circostanze quali quelle della causa principale non può essere considerato come una restrizione di cui all' art. 59 del Trattato.

28 In secondo luogo, dev' essere esaminato l' argomento dei convenuti nella causa principale secondo cui il divieto di cui trattasi, in quanto si basa su un emendamento costituzionale approvato nel 1983, è incompatibile con la disposizione dell' art. 62 del Trattato CEE, in virtù della quale gli Stati membri non introducono nuove restrizioni alla libertà effettivamente raggiunta, per quanto riguarda la prestazione dei servizi, al momento dell' entrata in vigore del Trattato.

29 A tal riguardo è sufficiente constatare che la disposizione dell' art. 62, che ha un carattere complementare rispetto a quelle dell' art. 59, non può vietare restrizioni che non rientrano nel campo di applicazione di quest' ultimo articolo.

30 In terzo ed ultimo luogo, i convenuti nella causa principale sostengono che i diritti fondamentali, e in particolare la libertà di espressione e di informazione riconosciuta in ispecie dall' art. 10, n. 1, della Convenzione europea dei diritti dell' uomo, si oppongono ad un divieto quale quello di cui trattasi nella causa principale.

31 A tal proposito, occorre ricordare che, come risulta in particolare dalla sentenza 18 giugno 1991, Ellinikí Radiophonía Tileórasi, punto 42 della motivazione (causa C-260/89, Racc. pag. I-2925), dal momento che una normativa nazionale entra nel campo di applicazione del diritto comunitario, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi di interpretazione necessari per la valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità di tale normativa con i diritti fondamentali di cui la Corte assicura il rispetto, quali essi risultano, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell' uomo. Per contro, essa non ha tale competenza nei confronti di una normativa nazionale che non si colloca nell' ambito del diritto comunitario. In considerazione delle circostanze della causa principale e tenuto conto delle conclusioni precedenti relative alla portata delle disposizioni degli artt. 59 e 62 del Trattato, risulta che tale è il caso del divieto che costituisce oggetto della causa dinanzi al giudice nazionale.

32 Occorre quindi risolvere la seconda e terza questione posta dal giudice nazionale nel senso che il diritto comunitario non si oppone a che uno Stato membro in cui l' interruzione della gravidanza per intervento medico è proibita vieti ad associazioni studentesche di diffondere informazioni sull' identità e l' ubicazione di cliniche di un altro Stato membro in cui sono lecitamente praticate interruzioni volontarie della gravidanza, nonché sulle modalità per entrare in contatto con tali cliniche, quando le cliniche di cui trattasi non sono in alcun modo all' origine della diffusione di dette informazioni.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

33 Le spese sostenute dal governo irlandese nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulla questione ad essa sottoposta dalla High Court di Dublino con ordinanza 5 marzo 1990, dichiara:

1) L' interruzione della gravidanza per intervento medico, effettuata in conformità al diritto dello Stato in cui essa avviene, è un servizio ai sensi dell' art. 60 del Trattato CEE.

2) Il diritto comunitario non si oppone a che uno Stato membro in cui l' interruzione della gravidanza per intervento medico è proibita vieti ad associazioni studentesche di diffondere informazioni sull' identità e l' ubicazione di cliniche di un altro Stato membro in cui sono lecitamente praticate interruzioni volontarie della gravidanza, nonché sulle modalità per entrare in contatto con tali cliniche, quando le cliniche di cui trattasi non sono in alcun modo all' origine della diffusione di dette informazioni.

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