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Document 61990CC0373

Conclusioni dell'avvocato generale Tesauro del 24 ottobre 1991.
Istruttoria contro X.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal de grande instance di Bergerac - Francia.
Autoveicoli - Pubblicità ingannevole.
Causa C-373/90.

Raccolta della Giurisprudenza 1992 I-00131

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1991:408

61990C0373

Conclusioni dell'avvocato generale Tesauro del 24 ottobre 1991. - PROCEDIMENTO PENALE A CARICO DI X. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: TRIBUNAL DE GRANDE INSTANCE DE BERGERAC - FRANCIA. - AUTOMOBILI - PUBBLICITA INGANNEVOLE. - CAUSA C-373/90.

raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-00131


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Con una laconica missiva del 12 dicembre 1990, il giudice istruttore presso il Tribunal de grande instance di Bergerac pone alla Corte un quesito relativo alla pubblicità diffusa da un importatore parallelo di autoveicoli.

Il procedimento pendente dinanzi al giudice nazionale ha avuto inizio con una denuncia per pubblicità menzognera presentata dall' importatore esclusivo di veicoli Nissan sul territorio francese nei confronti di un garage di Bergerac, che diffonde una pubblicità del tipo: "comprate il vostro autoveicolo nuovo a minor prezzo". Tale pubblicità si riferisce a veicoli importati dal Belgio che, pur non avendo mai circolato, sono stati immatricolati ai fini dell' importazione; risulta poi dalle precisazioni del giudice a quo che si tratta di veicoli venduti ad un prezzo inferiore rispetto a quello praticato dai concessionari francesi e meno accessoriati dei modelli normalmente commercializzati da questi ultimi.

2. Al fine di meglio precisare la portata del quesito posto dal giudice di rinvio, che si limita a chiedere "se una tale pratica di vendita sia conforme alle vigenti disposizioni europee", è qui utile richiamare il contesto normativo nazionale e comunitario in cui si inquadra la controversia.

La disposizione di diritto francese della cui violazione si fa carico all' importatore parallelo è l' art. 44 della legge 73-1193, del 27 dicembre 1973, sull' orientamento del commercio e dell' artigianato, detta legge "Royer", ai cui sensi è vietata ogni pubblicità che implichi, in qualsiasi forma, accenni, indicazioni o presentazioni non veritiere che possano indurre in errore, allorché dette informazioni vertono su uno o più dei seguenti elementi: esistenza, natura, composizione, quantità, modo e data di fabbricazione, proprietà, prezzi e condizioni di vendita dei beni o dei servizi che costituiscono oggetto della pubblicità, condizioni del loro impiego, risultati che possono essere sperati dalla loro utilizzazione, motivi o procedimenti di vendita o prestazione di servizi, portata degli impegni assunti dall' autore della pubblicità, identità, qualità o capacità del fabbricante, dei rivenditori, dei promotori o dei prestatori.

La citata legge è stata notificata alla Commissione quale misura atta ad assicurare in Francia l' applicazione della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (1). E' dunque alla luce del testo e degli obiettivi perseguiti dalla direttiva che la legge in questione va interpretata ed applicata dal giudice nazionale.

Risulta infatti dalla giurisprudenza della Corte che l' obbligo degli Stati membri di ottenere il risultato previsto da una direttiva, nonché il loro dovere, in virtù dell' art. 5 del Trattato, di adottare tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l' esecuzione di tale obbligo, s' impongono a tutte le autorità nazionali, ivi comprese, nel quadro delle proprie competenze, le autorità giurisdizionali. Pertanto, nell' applicare il diritto nazionale, sia che si tratti di disposizioni anteriori che successive alla direttiva, il giudice adito è tenuto ad interpretare la normativa in questione, per quanto possibile, alla luce del testo e della finalità della direttiva stessa, al fine di raggiungere il risultato da questa perseguito e conformarsi quindi all' art. 189, terzo comma, del Trattato (2).

3. Come emerge in particolare dal suo stesso preambolo, la direttiva in questione persegue al contempo due obiettivi; essa mira da un canto a garantire una soddisfacente tutela dei consumatori, fissando criteri minimi oggettivi in base ai quali si possa giudicare se una determinata forma di pubblicità è ingannevole; e, dall' altro, ad assicurare la libera circolazione di merci e servizi, favorendo la realizzazione di campagne pubblicitarie in più Stati membri.

Infatti, come la Corte ha avuto modo di precisare, una normativa che limiti o vieti determinate forme di pubblicità o mezzi di promozione delle vendite può essere idonea, pur non condizionando direttamente le importazioni, a restringere il volume delle stesse incidendo sulle possibilità di distribuzione dei prodotti importati (3).

La nozione di pubblicità ingannevole è definita dagli artt. 2 e 3 della direttiva. In particolare, ai sensi dell' art. 2, n. 2, deve ritenersi "ingannevole" ogni pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere ingannevole, possa condizionare il comportamento di dette persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente. E' importante sottolineare sin d' ora che, come emerge chiaramente dal testo della norma, i due requisiti richiesti perché possa parlarsi di pubblicità ingannevole, vale a dire induzione in errore e condizionamento del comportamento del consumatore, sono cumulativi.

Il successivo art. 3 contiene poi un elenco illustrativo degli elementi e delle caratteristiche di cui occorre tener conto per determinare il carattere ingannevole della pubblicità.

Infine, ai sensi dell' art. 7, l' atto non si oppone al mantenimento o all' adozione da parte degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela dei consumatori, delle persone che esercitano un' attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, nonché del pubblico in generale.

4. Prima di esaminare la portata delle norme testé richiamate in relazione alla fattispecie prospettata alla Corte, mi sembra necessario porre in evidenza che l' eventuale interdizione del tipo di pubblicità che ci occupa è suscettibile di pregiudicare, in pratica, in misura più rilevante proprio gli importatori paralleli, impedendo loro di fare un' adeguata pubblicità del proprio prodotto. In primo luogo, l' utilità di pubblicizzare il carattere nuovo dell' autoveicolo riguarda soprattutto gli importatori paralleli e specificamente quelli che vendono macchine già immatricolate in un altro Paese comunitario; ed in proposito va sottolineato che, come la Commissione ha confermato in udienza, la ancora necessaria omologazione nel Paese di importazione "parallela" è resa più spedita e meno onerosa quando il veicolo sia già stato immatricolato in un altro Paese comunitario. In secondo luogo, il profilo del minor prezzo rappresenta l' elemento qualificante della vendita plurimarche dell' importatore parallelo, il quale acquista evidentemente in un Paese dove già i prezzi di listino sono, a parità di accessori, inferiori rispetto al Paese di importazione: è questo d' altra parte il fenomeno che è all' origine e che solo giustifica commercialmente le importazioni parallele.

5. Merita di essere ugualmente segnalata la circostanza che il diritto comunitario accorda una specifica tutela alle importazioni parallele dei prodotti in genere e degli autoveicoli in particolare.

Ricordo al riguardo che il regolamento (CEE) della Commissione, 12 dicembre 1984, n. 123/85, relativo all' applicazione dell' art. 85, n. 3, del Trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla clientela (4), dispone al suo art. 10 che la Commissione può ritirare il beneficio dell' esenzione accordato al sistema selettivo di distribuzione in particolare quando il costruttore o un' impresa della rete distributiva impedisce in maniera continuata o sistematica a utilizzatori finali o ad altre imprese della rete di distribuzione di acquistare all' interno del mercato comune prodotti contrattuali o prodotti corrispondenti e di ottenere il relativo servizio di assistenza.

Alcuni esempi di impedimenti abusivi sono poi illustrati dalla Comunicazione della Commissione relativa al citato regolamento (CEE) n. 123/85 (5); essi possono in particolare consistere nel rifiuto opposto dal distributore ad eseguire lavori in garanzia su autoveicoli che egli non ha venduto e che sono stati importati da altri Stati membri, nel rifiuto del costruttore o dei suoi importatori a cooperare per l' immatricolazione di autoveicoli che siano stati importati da consumatori finali europei da altri Stati membri, ed ancora nei tempi di consegna anormalmente lunghi.

6. Un tale approccio è poi ulteriormente confermato dalla Comunicazione della Commissione concernente le procedure di omologazione e di immatricolazione di veicoli già immatricolati in un altro Stato membro (6), nonché dalla giurisprudenza della Corte volta a limitare gli ostacoli amministrativi all' immatricolazione delle automobili in uno Stato diverso da quello d' acquisto, a garantire una adeguata tutela dei consumatori nei confronti degli ostacoli posti da fabbricanti o concessionari per il rilascio del certificato di conformità e ad assicurare una adeguata assistenza post-vendita al consumatore finale.

Già nella sentenza General Motors (7), la Corte, dopo aver affermato che la delega da parte di uno Stato membro (sotto forma di esclusiva legale) della funzione di diritto pubblico consistente nell' omologazione dei veicoli ai fini dell' ammissione alla circolazione - delega rilasciata al costruttore o al suo mandatario designato dalla competente autorità - unitamente alla facoltà di quest' ultimo di stabilire liberamente il prezzo della sua prestazione, implica la costituzione di una posizione dominante, ha poi precisato che lo sfruttamento abusivo di tale posizione può consistere, in particolare, nella riscossione di un prezzo sproporzionato al valore economico della prestazione, che abbia l' effetto di frenare le importazioni parallele in quanto annulla il vantaggio costituito dai prezzi inferiori eventualmente praticati in altre zone della Comunità, ovvero si risolve in transazioni non eque ai sensi dell' art. 86, secondo comma, lett. a), del Trattato.

Inoltre, nella causa ETA/DK Investment (8), relativa all' importazione di orologi, la Corte ha affermato, in termini generali, che un sistema di garanzia in cui il fornitore di merci riservi la garanzia ai soli clienti del concessionario esclusivo pone quest' ultimo ed i suoi rivenditori in una posizione privilegiata rispetto agli importatori e distributori paralleli e, di conseguenza, deve ritenersi abbia l' oggetto o l' effetto di restringere la concorrenza ai sensi dell' art. 85, n. 1, del Trattato.

Ancora, nella causa Gofette e Gilliard (9), la Corte ha precisato che gli artt. 30 e 36 del Trattato vanno interpretati nel senso che l' istituzione in uno Stato membro di un sistema di omologazione per i veicoli importati da un altro Stato membro, nel quale siano già stati ricevuti od omologati, è conforme al trattato soltanto qualora: a) il procedimento di controllo non implichi spese o tempi eccessivi e le pubbliche autorità garantiscano che questo presupposto sia pienamente osservato quando il costruttore o i suoi rappresentanti sono incaricati di effettuare i controlli prescritti; b) l' importatore possa sostituire le operazioni di controllo con la produzione di documenti rilasciati nello Stato membro esportatore, purché detti documenti contengano i dati necessari, basati su controlli già effettuati.

Infine, dalla sentenza pronunciata il 17 giugno 1987 in causa 154/85, Commissione/Italia (10), risulta che costituisce violazione dell' art. 30 del Trattato l' appesantimento da parte di uno Stato membro delle formalità amministrative relative alla produzione di documenti per l' importazione parallela di veicoli da altri Stati membri.

7. E' dunque alla luce del contesto sopra delineato che deve essere apprezzata la legittimità e la ragionevolezza del divieto di un tipo di pubblicità che, in relazione ad automobili commercializzate da importatori paralleli, mette in evidenza da un lato il carattere nuovo e dall' altra il minor costo dell' autoveicolo.

Quanto al primo aspetto, dirò subito che a mio avviso non si può considerare ingannevole una pubblicità che qualifichi come nuovo un veicolo che, sebbene già immatricolato, non ha mai circolato, giacché l' immatricolazione del veicolo non lo trasforma da nuovo in usato, ma semplicemente in ... immatricolato. Usato sarà viceversa il veicolo che avrà circolato su strada, anche, a voler essere fiscali, per un esiguo numero di chilometri.

In secondo luogo, date le particolari caratteristiche del mercato automobilistico, una tale pubblicità non è comunque suscettibile di condizionare il comportamento dei consumatori, come richiesto dall' art. 2 della direttiva. Infatti, il consumatore che si rivolge ad un importatore parallelo conferisce normalmente a quest' ultimo un apposito mandato scritto per l' acquisto dell' autoveicolo (11) ed è dunque perfettamente consapevole di utilizzare un particolare circuito di vendita, con sue caratteristiche peculiari. A ciò si aggiunga che, a differenza di altre merci, la compravendita di automobili è normalmente preceduta da un certo negoziato tendente ad accertare con precisione le caratteristiche del prodotto.

8. Occorre poi avere ben presente che una cosa è rendere accattivante l' acquisto di un prodotto vantandone le qualità ed altro è nasconderne le caratteristiche precise nel momento in cui ha luogo la transazione commerciale.

Invero, qualora si consideri che l' avvenuta immatricolazione del veicolo costituisca un' informazione essenziale per il consumatore, la tutela di quest' ultimo potrebbe essere assicurata applicando le comuni regole che in ogni Paese garantiscono il corretto svolgimento delle transazioni commerciali e sanzionando il comportamento del venditore che al momento dell' acquisto non renda edotto il consumatore di questa caratteristica del veicolo; ciò, peraltro, anche indipendentemente dalla pubblicità utilizzata per reclamizzare il prodotto (12).

9. Le considerazioni sopra svolte valgono in larga misura anche per l' altro aspetto della pubblicità, relativo al costo del prodotto pubblicizzato.

A tale proposito mi sembra anzitutto doveroso sottolineare, sul piano generale, che normalmente il minor costo del veicolo "parallelo" non è dovuto al minor numero di accessori che lo accompagnano bensì, come già ricordato, al minor costo del veicolo nel Paese di provenienza. Ciò non esclude ovviamente che in casi particolari al minor costo si accompagni anche un minor numero di accessori: ed è questa l' ipotesi che sembra essersi verificata nel caso di specie. Anche a fronte di tale ultima ipotesi, tuttavia, non mi sembra che si possa senz' altro parlare di pubblicità menzognera.

Al fine di determinare se una tale pubblicità sia effettivamente suscettibile di condizionare il comportamento economico delle persone cui essa si rivolge, occorre tener conto della circostanza che il mercato delle automobili è caratterizzato da una certa trasparenza dei prezzi e che il consumatore medio - che mi ostino a ritenere non del tutto incapace di discernimento - è portato ad effettuare, anche in considerazione dell' elevata spesa cui va incontro, un attento confronto dei prezzi che gli sono proposti, informandosi, talora molto puntigliosamente, presso il venditore circa gli accessori di cui dispone l' autoveicolo. Mi sia consentito ricordare a tale proposito che, secondo un antico brocardo, vigilantibus non dormientibus iura succurrunt.

Voglio dire che, relativamente alla problematica che ci occupa, l' attenzione va spostata dal momento della pubblicità al momento della transazione commerciale, nel senso che non mi sembra corretto dedurre dalla sempre possibile slealtà di una transazione, come tale perseguibile, il carattere menzognero di un tipo di pubblicità.

10. Quanto infine alla considerazione che l' art. 7 della direttiva consente l' adozione da parte degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela dei consumatori, mi limiterò ad osservare che nel caso di specie non si tratta di misure specifiche volte ad assicurare tale tutela, ma dell' interpretazione delle stesse definizioni generali fornite dalla direttiva e che, in ogni caso, la citata norma non può avere l' effetto di giustificare misure che ostacolino in maniera specifica la pubblicità utilizzata dagli importatori paralleli di autoveicoli, qualora, come nel caso di specie, la tutela dei consumatori sia perseguibile attraverso misure meno pregiudizevioli per la commercializzazione dei prodotti in questione.

11. Per i motivi esposti, suggerisco alla Corte di rispondere come segue al quesito posto dal giudice di rinvio:

"La direttiva n. 84/450/CEE, alla cui luce devono essere applicate le disposizioni nazionali che le danno esecuzione, deve essere interpretata nel senso che essa consente di pubblicizzare come nuovi e più economici degli autoveicoli che, pur non avendo mai circolato, sono stati immatricolati ai fini dell' importazione e sono commercializzati ad un prezzo inferiore rispetto a quello praticato dai concessionari che operano nello Stato membro in questione, anche se meno accessoriati dei modelli normalmente commercializzati da questi ultimi".

(*) Lingua originale: l' italiano.

(1) GU L 250, pag. 17.

(2) Sentenza 13 novembre 1990, Marleasing, causa C-106/89, Racc. pag. I-4135, punto 8 della motivazione.

(3) Sentenza 7 marzo 1990, GB INNO, causa C-362/88, Racc. pag. I-667, punto 7 della motivazione; e sentenza 15 dicembre 1982, Oosthoek' s, causa 286/81, Racc. pag. 4575, punto 15 della motivazione.

(4) GU L 15, pag. 16.

(5) GU C 17 del 18 gennaio 1985, pag. 4.

(6) GU C 281 del 4 novembre 1988, pag. 9.

(7) Sentenza del 13 novembre 1975, causa 26/75, Racc. pag. 1367, punti 7, 8, 9 e 12 della motivazione.

(8) Sentenza del 10 dicembre 1985, causa 31/85, Racc. pag. 3933, punto 14 della motivazione.

(9) Sentenza dell' 11 giugno 1987, causa 406/85, Racc. pag. 2525, punto 12 della motivazione.

(10) Racc. pag. 2717, punti 12 a 14 della motivazione.

(11) E ciò per effetto del citato regolamento (CEE) n. 123/85, che impone ai produttori di consentire ai concessionari la vendita almeno ai mandatari del consumatore finale.

(12) In tale ottica non posso concordare con l' affermazione, a mio avviso eccessivamente perentoria, contenuta in una recente sentenza della Corte di cassazione francese del 19 aprile 1989, secondo cui un' automobile può essere qualificata come nuova solo qualora non sia stata già immatricolata, mentre condivido la conclusione cui tale giudice perviene, annullando la sentenza del giudice di Appello che aveva assolto il venditore, e ciò in considerazione del fatto che nel caso di specie quest' ultimo aveva taciuto all' acquirente, all' atto della vendita, l' avvenuta immatricolazione.

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