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Document 61989TJ0120

    Sentenza del Tribunale di primo grado (Prima Sezione) del 27 giugno 1991.
    Stahlwerke Peine-Salzgitter AG contro Commissione delle Comunità europee.
    CECA - Responsabilità extracontrattuale della Comunità.
    Causa T-120/89.

    Raccolta della Giurisprudenza 1991 II-00279

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:1991:32

    61989A0120

    SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (PRIMA SEZIONE) DEL 27 GIUGNO 1991. - STAHLWERKE PEINE-SALZGITTER AG CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - CECA - RESPONSABILITA EXTRACONTRATTUALE DELLA COMUNITA. - CAUSA T-120/89.

    raccolta della giurisprudenza 1991 pagina II-00279


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    1. Ricorso per risarcimento danni - CECA - Danno subito a causa di decisioni - Ricevibilità - Presupposti - Previo annullamento - Limiti

    (Trattato CECA, art. 34)

    2. Ricorso per risarcimento danni - CECA - Danno subito a causa di decisioni annullate - Domanda di risarcimento pecuniario - Ricevibilità - Presupposti - Previa constatazione di un illecito della Comunità che abbia provocato un danno diretto e particolare - Osservanza di un termine ragionevole che consenta alla Commissione di adottare i provvedimenti riparatori

    (Trattato CECA, art. 34)

    3. Responsabilità extracontrattuale - CECA - Atto normativo - Responsabilità della Comunità - Presupposti

    (Trattato CECA, art. 34; Trattato CEE, art. 215, secondo comma)

    4. Responsabilità extracontrattuale - CECA - Atto normativo - Regime delle quote di produzione e di consegna dell' acciaio - Fissazione delle quote di un' impresa - Fissazione risultante da una valutazione erronea della nozione di circostanze eccezionali e della natura degli aiuti riscossi - Grave e manifesto misconoscimento dei limiti posti all' esercizio del potere discrezionale - Sorgere della responsabilità

    (Trattato CECA, art. 34)

    5. Responsabilità extracontrattuale - CECA - Atto normativo - Regime delle quote di produzione e di consegna dell' acciaio - Mantenimento ad opera della Commissione di un rapporto inadeguato fra quote di produzione e quote di consegna in ragione di una valutazione erronea della portata delle sue competenze - Misconoscimento grave e manifesto dei limiti posti all' esercizio del potere discrezionale - Sorgere della responsabilità

    (Trattato CECA, art. 34)

    6. Responsabilità extracontrattuale - CECA - Atto normativo - Presupposti - Danno diretto e particolare - Impresa che non ha ottenuto, nell' ambito del regime delle quote di produzione e di consegna dell' acciaio, le quote corrispondenti alla sua situazione

    (Trattato CECA, art. 34)

    Massima


    1. In forza dell' art. 34 del Trattato CECA, la Commissione è tenuta, qualora una sentenza annulli una decisione il cui effetto era limitato ad un periodo di tempo ben definito, da un lato, ad adottare i provvedimenti che comporta l' esecuzione della sentenza, non solo per quanto riguarda l' atto annullato, ma altresì per quanto riguarda gli atti espliciti o impliciti che hanno in sostanza lo stesso contenuto dell' atto annullato adottati tra la data di effetto dell' atto annullato e la sentenza di annullamento, e, dall' altro, ad adottare, nei confronti degli atti individuali, i provvedimenti che comporta l' annullamento dell' atto di portata generale di cui essi costituivano misure di applicazione. Di conseguenza non si può ritenere irricevibile, con riferimento ai requisiti posti dal citato art. 34, per mancanza di previo annullamento da parte della Corte, il ricorso inteso ad ottenere, nell' ambito di un' azione di risarcimento, la declaratoria del carattere illecito di questi atti posteriori o di applicazione ed a far constatare il danno che ne è risultato.

    2. Il ricorso per danni proposto da un' impresa, in conformità all' art. 34, secondo comma, del Trattato CECA, a seguito di una sentenza d' annullamento, è ricevibile solo se, da un lato, i giudici comunitari hanno previamente accertato che l' atto annullato è viziato da un illecito atto a far sorgere la responsabilità della Comunità e se, dall' altro, la Commissione ha disposto, dopo questo accertamento, di un termine ragionevole per adottare i provvedimenti atti ad assicurare un equo risarcimento del danno e per concedere, per quanto necessario, un giusto indennizzo.

    3. Da quanto dispone l' art. 34 del Trattato CECA risulta che l' annullamento di un atto normativo della Commissione non è sufficiente per far sorgere la responsabilità della Comunità. In considerazione della necessità, nell' ambito di un ordinamento giuridico unico, benché istituito da tre Trattati diversi, di assicurare il meglio possibile l' uniforme applicazione del diritto comunitario nonché la coerenza del sistema di tutela giurisdizionale istituito dai diversi Trattati, sembra adeguato, di fronte all' illegittimità di un atto normativo, interpretare la nozione di illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità, ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA, alla luce dei criteri stabiliti dalla Corte nella sua giurisprudenza relativa all' art. 215, secondo comma, del Trattato CEE.

    4. Vista la giurisprudenza della Corte, la Commissione non poteva ignorare, adottando, dal 1985, nell' ambito del regime delle quote di produzione e di consegna dell' acciaio, le decisioni con cui si rifiutava di adeguare le quote di consegna per certe imprese e per certi prodotti, che non era autorizzata a tener conto, per accertare l' esistenza di difficoltà eccezionali, della situazione delle altre categorie di prodotti e, pertanto, che essa non poteva legittimamente basare la sua decisione di diniego sul fatto che l' impresa realizzava complessivamente dei profitti. Inoltre, la gravità dell' errore commesso dalla convenuta è anche accentuata dal fatto che essa ha mutato atteggiamento, senza apparente motivo, rispetto alla prassi seguita in precedenza ed ha concesso in più casi quote supplementari ad imprese che realizzavano profitti, violando così in modo manifesto il principio della parità di trattamento tra gli operatori economici.

    Non potendo inoltre ignorare, tenuto conto della giurisprudenza della Corte, che l' effetto che un aiuto può esercitare sul conto profitti e perdite di un' impresa non può essere considerato come un criterio valido per individuare gli aiuti destinati a coprire le perdite di gestione, la Commissione, nel considerare come tali gli aiuti concessi a determinate imprese e nel negare loro, di conseguenza, qualsiasi adeguamento delle rispettive quote, ha commesso, nell' interpretazione della nozione di perdite di gestione, un errore che deve essere qualificato ingiustificabile. Ne risulta che la Commissione ha misconosciuto, in modo manifesto e grave, i limiti che essa deve osservare esercitando il suo potere discrezionale nell' ambito dell' attuazione del regime delle quote di produzione e che, di conseguenza, ha commesso un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA.

    5. Non avendo proceduto, nell' ambito del regime delle quote di produzione e di consegna dell' acciaio, alla modifica del rapporto sfavorevole tra le quote di consegna e le quote di produzione di numerose imprese, modifica che essa stessa riteneva necessaria al fine di stabilire le quote su una base equa, motivando che il Consiglio non aveva dato il suo assenso, benché dalla giurisprudenza della Corte risultasse chiaramente che l' assenso del Consiglio era richiesto solo per l' istituzione del regime delle quote di produzione, la Commissione ha misconosciuto in modo manifesto e grave i limiti che essa deve osservare esercitando il suo potere discrezionale nell' ambito dell' attuazione del regime delle quote di produzione, il che costituisce da parte sua un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità, ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA.

    6. L' impresa che, nell' ambito del sistema delle quote di produzione e di consegna dell' acciaio, a causa del diniego, al tempo stesso illegittimo ed illecito, della Commissione di concederle modifiche alle sue quote di consegna, sia stata costretta a smerciare una parte importante della sua produzione sul mercato dei paesi terzi, a condizioni non redditizie, ha subito un danno diretto ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA. Tale danno è ugualmente particolare, ai sensi della predetta disposizione, in quanto è pacifico che l' impresa di cui trattasi fa parte del numero ristretto e nettamente delimitato di imprese, vittime di una violazione ingiustificata del principio della parità di trattamento fra operatori economici, che hanno subito un danno ampiamente superiore ai limiti dei rischi economici propri delle attività del settore interessato.

    Parti


    Nella causa T-120/89,

    Stahlwerke Peine-Salzgitter AG, società di diritto tedesco, con sede in Salzgitter (Repubblica federale di Germania), con l' avv. Sedemund, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l' avv. Aloyse May, 31, Grand-Rue,

    ricorrente,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. Rolf Waegenbaur, consigliere giuridico, in qualità di agente, assistito dal sig. Eberhard Grabitz, docente presso la libera università di Berlino, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il sig. Guido Berardis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

    convenuta,

    avente ad oggetto una domanda di risarcimento ai sensi degli artt. 34 e 40 del Trattato CECA,

    IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

    composto dai signori J.L. Cruz Vilaça, presidente, R. Schintgen, D.A.O. Edward, R. García-Valdecasas e K. Lenaerts, giudici,

    avvocato generale: J. Biancarelli

    cancelliere: J. Hung

    vista la fase scritta del procedimento e a seguito della trattazione orale del 19 settembre 1990,

    viste le conclusioni scritte dell' avvocato generale, depositate il 30 gennaio 1991,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    Antefatti

    1 In forza della propria decisione generale 31 gennaio 1984, n. 234/84/CECA (GU L 29, pag. 1, in prosieguo: la "decisione generale n. 234/84"), che proroga il sistema di sorveglianza e la disciplina di quote di produzione di alcuni prodotti per le imprese dell' industria siderurgica per il 1984 e il 1985, la Commissione ha fissato trimestralmente, per impresa, le quote di produzione e la parte di tali quote che possono essere consegnate nel mercato comune (in prosieguo: la "quota di consegna") in base alle produzioni ed ai quantitativi di riferimento stabiliti dalla suddetta decisione, previa applicazione a tali produzioni e quantitativi di riferimento di determinati tassi di riduzione fissati trimestralmente.

    2 L' art. 14 della decisione generale n. 234/84 dispone:

    "Qualora a causa dell' alto tasso di riduzione di una data categoria di prodotti fissato per un trimestre, la disciplina di quote crei difficoltà eccezionali ad un' impresa che durante i dodici mesi precedenti il trimestre in questione:

    - non ha ricevuto aiuti autorizzati dalla Commissione per coprire perdite di gestione,

    - non è stata oggetto di sanzioni per quanto riguarda le norme sui prezzi o ha pagato le ammende dovute,

    la Commissione (...) procede, per il trimestre in questione, ad un idoneo adeguamento delle quote e/o delle parti di quote che possono essere consegnate nel mercato comune per la o le categorie di prodotti in questione (...)".

    3 Consapevole delle difficoltà incontrate dalla ricorrente, impresa dell' industria siderurgica tedesca, a causa del rapporto sfavorevole tra la sua quota di consegna e la sua quota di produzione (il cosiddetto rapporto I:P), e su richiesta della stessa, la Commissione procedeva ad un adeguamento della quota di consegna per il secondo, il terzo e il quarto trimestre del 1984, a norma dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84. Tuttavia, la Commissione si rifiutava, con decisione 11 giugno 1985, di concedere alla ricorrente adeguamenti di quote per i primi due trimestri del 1985, dato che le autorità della Repubblica federale di Germania le avevano concesso, nel corso del quarto trimestre del 1984, aiuti destinati a miglioramenti strutturali per ammortamenti speciali, autorizzati dalla Commissione. Secondo la Commissione, tali aiuti per miglioramenti strutturali andavano considerati aiuti per coprire perdite di gestione che, in forza del suddetto art. 14, ostavano alla concessione di quote supplementari a norma dello stesso articolo. Peraltro, la Commissione rilevava che, dato che i risultati dell' impresa ricorrente erano in complesso positivi dal quarto trimestre del 1984, non sussistevano più "difficoltà eccezionali" ai sensi dell' art. 14.

    4 Con sentenza 14 luglio 1988, Stahlwerke Peine-Salzgitter AG / Commissione (causa 103/85, Racc. pag. 4145), la Corte annullava la decisione della Commissione 11 giugno 1985 in quanto negava l' adeguamento, a norma dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84, delle quote di consegna della ricorrente per i prodotti della categoria III e per il primo trimestre del 1985.

    5 La Corte rilevava, in primo luogo, che la ricorrente Stahlwerke Peine-Salzgitter produce, in particolare, acciai laminati della categoria III, che costituivano allora il 16% della sua produzione globale, e che, per tale categoria di prodotti, il rapporto I:P era allora eccezionalmente sfavorevole nel caso della ricorrente.

    6 La Corte considerava, in secondo luogo, che, per la determinazione dell' esistenza di difficoltà eccezionali, la Commissione non poteva tener conto della situazione dell' impresa nel suo insieme, ma soltanto della situazione prevalente nelle categorie di prodotti alle quali si applicava un tasso di riduzione elevato e che, di conseguenza, essa non poteva basare il suo rifiuto di adeguare le quote ai sensi dell' art. 14 sulla circostanza che l' impresa fosse nel suo complesso in attivo. La Corte considerava pure che gli aiuti di cui trattavasi, che erano stati concessi in funzione di un programma di ristrutturazione particolarmente utile e che potevano essere restituiti qualora l' impresa revocasse la chiusura o la limitazione di capacità, non potevano essere considerati aiuti destinati a coprire perdite di gestione ai sensi dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84.

    7 Indipendentemente dallo svolgimento del procedimento davanti alla Corte, la Commissione, essendole note le difficoltà economiche eccezionali provocate alla ricorrente nonché ad altre imprese siderurgiche, esprimeva più volte l' intenzione di riesaminare il problema del rapporto I:P, prima di prorogare per un nuovo biennio la disciplina delle quote. Dopo aver sentito il Comitato consultivo, essa chiedeva al Consiglio di emettere parere conforme a nuove norme previste a questo proposito. Ma il Consiglio si rifiutava di dare parere conforme all' adeguamento del rapporto I:P.

    8 Stando così le cose, la Commissione adottava, il 27 novembre 1985, la decisione generale n. 3485/85/CECA, che proroga il sistema di sorveglianza e di quote di produzione per taluni prodotti delle imprese dell' industria siderurgica per il 1986 e il 1987 (GU L 340, pag. 5, in prosieguo: la "decisione generale n. 3485/85"). Tale decisione non contemplava l' adeguamento del rapporto I:P che la stessa Commissione aveva proposto al Consiglio. In forza dell' art. 5 di detta decisione, la Commissione doveva fissare trimestralmente, per ciascuna impresa, le quote di produzione e le quote di consegna in base alle produzioni e alle quantità di riferimento stabilite dalla stessa decisione e previa applicazione, a tali produzioni e quantità di riferimento, di taluni tassi di riduzione fissati trimestralmente.

    9 In base a detta disposizione, la Commissione inviava alla ricorrente, il 30 dicembre 1985 e il 21 marzo 1986, decisioni individuali che fissavano, per il primo e il secondo trimestre del 1986, le quote di consegna ad essa applicabili per i prodotti delle categorie Ia, Ib, Ic e III.

    10 Con sentenza pronunciata del pari il 14 luglio 1988, Stahlwerke Peine-Salzgitter AG e Hoogovens Groep BV / Commissione (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86, Racc. pag. 4309), la Corte annullava l' art. 5 della decisione generale n. 3485/85.

    11 La Corte rilevava che la ricorrente Stahlwerke Peine-Salzgitter fabbrica, tra l' altro, prodotti delle categorie Ia, Ib, Ic e III e che, per tali categorie, il rapporto I:P era allora eccezionalmente sfavorevole.

    12 Nelle suddette cause Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86) la questione sottoposta alla Corte era se la Commissione, per modificare il rapporto I:P, fosse tenuta a chiedere il parere conforme del Consiglio o, al contrario, avesse l' obbligo di agire da sola ed avesse omesso di farlo.

    13 La Corte, previa disamina dell' art. 58, nn. 1 e 2, del Trattato CECA e della relativa giurisprudenza, considerava che i poteri attribuiti alla Commissione dal Trattato CECA sarebbero sviati dal loro scopo legittimo se risultasse che la Commissione, servendosi illegittimamente della procedura contemplata per l' istituzione della disciplina delle quote, abbia omesso di esercitare i propri poteri per adottare le norme che essa ritiene necessarie per garantire l' equità delle quote.

    14 Nel caso di specie la Corte rilevava che, non procedendo, in conformità all' art. 58, n. 2, del Trattato CECA, alla modifica del rapporto I:P da essa ritenuta necessaria per stabilire equamente le quote, la Commissione aveva perseguito uno scopo diverso da quello che tale norma le imponeva di raggiungere ed aveva così commesso uno sviamento di potere nei confronti della ricorrente. Quindi, la Corte annullava l' art. 5 della decisione generale n. 3485/85, nella parte in cui non consentiva di determinare le quote di consegna in un modo che la Commissione riteneva equo nei riguardi delle imprese il cui rapporto tra la quota di produzione e la quota di consegna era notevolmente inferiore alla media comunitaria.

    15 Le decisioni individuali 30 dicembre 1985 e 21 marzo 1986, adottate dalla Commissione nei riguardi della ricorrente, che erano basate in parte sullo stesso art. 5 della decisione generale n. 3485/85 e il cui annullamento era stato pure richiesto, venivano annullate con la medesima sentenza.

    16 Da quanto precede risulta che, in primo luogo, la Corte (sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter, causa 103/85) ha annullato la decisione della Commissione 11 giugno 1985 nella parte in cui rifiutava di adeguare, ai sensi dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84, le quote della ricorrente per il primo trimestre del 1985 e che, in secondo luogo, la Corte (sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter e a., cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86) ha annullato, assieme all' art. 5 della decisione generale n. 3485/85, le decisioni individuali adottate dalla convenuta nei confronti della ricorrente il 30 dicembre 1985 e il 21 marzo 1986, nella parte in cui fissavano le quote di consegna dell' impresa Peine-Salzgitter rispettivamente per il primo e il secondo trimestre del 1986.

    17 Per contro, non hanno costituito oggetto di sentenza di annullamento della Corte la decisione della Commissione 11 giugno 1985, nella parte in cui negava l' adeguamento delle quote della ricorrente per il secondo trimestre del 1985, nonché le decisioni tacite della Commissione recanti diniego di adeguare le quote della ricorrente per il terzo e il quarto trimestre del 1985. Analogamente, non hanno costituito oggetto di sentenza di annullamento della Corte le decisioni individuali rivolte dalla convenuta alla ricorrente il 5 agosto 1986, il 28 novembre 1986, il 5 marzo 1987, il 9 giugno 1987, il 12 agosto 1987, il 3 dicembre 1987, l' 11 marzo 1988 e il 6 giugno 1988, in quanto fissavano le quote di consegna dell' impresa Peine-Salzgitter per i due ultimi trimestri del 1986, il quarto trimestre del 1987 ed i due primi trimestri del 1988.

    18 Il Tribunale rileva che, poco tempo dopo la pronuncia delle due sentenze della Corte del 14 luglio 1988, la ricorrente cercò, in base all' art. 34, primo comma, del Trattato CECA, di ottenere un indennizzo o un equo risarcimento del danno provocatole dalle decisioni illegittime della Commissione. Così, il suo presidente - direttore generale si rivolgeva direttamente, a tal fine, al vicepresidente della Commissione, sig. Narjes, già il 12 agosto 1988. Una riunione tra i collaboratori della ricorrente e i servizi della Commissione si teneva il 21 settembre 1988. Il rappresentante della Commissione, sig. Kutscher, dichiarava in quella sede che la Commissione non poteva nemmeno risarcire una parte del danno subito dalla ricorrente perché il sistema delle quote era scaduto il 30 giugno 1988 e perché la Commissione non disponeva più dei mezzi necessari per provvedere ad una compensazione finanziaria. Il presidente - direttore generale della ricorrente scriveva quindi di nuovo, il 5 dicembre 1988, al vicepresidente della Commissione, segnalandogli che la ricorrente, per motivi attinenti al regime giuridico delle società per azioni e alla legislazione finanziaria, non poteva rinunciare al suo diritto ad un indennizzo ed avrebbe eventualmente presentato ricorso davanti alla Corte di giustizia. Un' altra riunione si svolgeva il 9 dicembre 1988 fra i vari collaboratori della ricorrente ed i rappresentanti della direzione generale III della Commissione. Nel corso di quella riunione il sig. Kutscher sottolineava che solo una sentenza della Corte avrebbe potuto indurre la Commissione a risarcire il danno lamentato dalla ricorrente.

    19 In una lettera inviata il 28 dicembre 1988 alla ricorrente, il sig. Kutscher faceva presente che, tenuto conto delle conseguenze da trarre dalle sentenze della Corte 14 luglio 1988, il rapporto I:P della ricorrente al 1 gennaio 1986 era del 65,8%. Egli dichiarava che non era possibile procedere ad un calcolo dei riferimenti e delle quote della ricorrente per i trimestri successivi tenendo conto delle suddette sentenze. Infine, il sig. Kutscher proponeva che la Commissione rinunciasse a perseguire asseriti superamenti di quote da parte della ricorrente nel corso del terzo e del quarto trimestre del 1986. In compenso, la ricorrente doveva impegnarsi a non presentare un nuovo ricorso contro la Commissione in relazione alle sentenze pronunciate dalla Corte il 14 luglio 1988.

    20 Poiché naufragavano nuove trattative fra le parti, la ricorrente informava la Commissione che, a suo parere, il "termine ragionevole" previsto dall' art. 34, secondo comma, del Trattato CECA scadeva all' inizio dell' aprile del 1989 e che essa intendeva presentare un ricorso per risarcimento davanti alla Corte qualora la Commissione non le avesse sottoposto, prima di tale data, una proposta soddisfacente per compensare il danno da essa subito.

    21 La Commissione non accoglieva tale domanda.

    22 Il Tribunale prende atto, d' altronde, del fatto che, con sentenza pronunciata il 14 giugno 1989, Hoogovens Groep BV e a. / Commissione (cause riunite 218/87 e 223/87, 72/88 e 92/88, Racc. pag. 1711), la Corte ha annullato l' art. 5 della decisione generale della Commissione 6 gennaio 1988, n. 194/88/CECA, che proroga il sistema di sorveglianza e di quote di produzione per taluni prodotti delle imprese dell' industria siderurgica per il primo semestre del 1988 (GU L 25, pag. 1, in prosieguo: la "decisione generale n. 194/88"), disposizione che confermava il tenore dell' art. 5 della decisione generale n. 3485/85 e costituiva il supporto legale delle decisioni individuali adottate dalla Commissione per il primo e per il secondo trimestre del 1988.

    Procedimento

    23 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 3 luglio 1989, la ricorrente ha proposto il presente ricorso contro la Commissione. Essa chiede, in via principale, ai sensi dell' art. 34 del Trattato CECA, o in subordine, ai sensi dell' art. 40 dello stesso Trattato, un indennizzo in quanto la Commissione non ha adottato, entro un termine ragionevole, i provvedimenti necessari per l' esecuzione delle due sentenze d' annullamento pronunciate dalla Corte il 14 luglio 1988.

    24 A sostegno della sua domanda, la ricorrente assume che le decisioni illegittime adottate dalla Commissione e annullate dalla Corte sono viziate da un illecito che fa sorgere la responsabilità della Comunità. Essa valuta in 73 065 405 DM, come somma principale, il danno pecuniario particolare subito a causa delle decisioni illegittime. Nel corso del giudizio, essa ha aumentato la somma principale richiesta a 77 603 528 DM. Tale danno consisterebbe nella differenza fra gli introiti che essa avrebbe potuto realizzare se la Commissione le avesse debitamente assegnato una quota di consegna superiore per il mercato della Comunità, in cui i prezzi erano più alti, e gli introiti che ha effettivamente realizzato essendo obbligata a vendere a basso prezzo in paesi terzi.

    25 Con ordinanza 15 novembre 1989, la Corte ha rinviato la causa al Tribunale, ai sensi dell' art. 14 della decisione del Consiglio 24 ottobre 1988, che istituisce il Tribunale di primo grado delle Comunità europee.

    26 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. In questa fase del procedimento, il presidente del Tribunale ha designato un avvocato generale.

    27 I rappresentanti delle parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all' udienza del 19 settembre 1990 e l' avvocato generale ha depositato le sue conclusioni scritte nella cancelleria del Tribunale il 30 gennaio 1991.

    28 La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

    1) dichiarare che le seguenti decisioni della Commissione sono viziate da un illecito che fa sorgere la responsabilità della Comunità:

    a) l' art. 5 della decisione generale della Commissione 27 novembre 1985, n. 3485/85/CECA, in quanto non consente alla Commissione di fissare le quote di consegna da essa ritenute adeguate per le imprese per le quali il rapporto fra quote di consegna e quote di produzione è notevolmente inferiore alla media comunitaria;

    b) le decisioni individuali della Commissione 30 dicembre 1985 e 21 marzo 1986 rivolte alla ricorrente, in quanto fissano le quote di consegna della ricorrente per le categorie di prodotti Ia, Ib, Ic e III per il primo e il secondo trimestre del 1986;

    c) le decisioni individuali, rivolte alla ricorrente, recanti fissazione delle quote di consegna della ricorrente per le categorie di prodotti Ia, Ib, Ic e III per il terzo trimestre del 1986 nonché per tutti i successivi trimestri fino al secondo trimestre del 1988 incluso;

    d) la decisione della Commissione 11 giugno 1985 recante diniego di adeguare le quote della ricorrente per i prodotti della categoria III per il primo trimestre del 1985 ai sensi dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84/CECA;

    e) le successive decisioni della Commissione recanti diniego di adeguare le quote della ricorrente per i prodotti della categoria III per il secondo, terzo e quarto trimestre del 1985 ai sensi dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84/CECA;

    2) condannare la Commissione a pagare alla ricorrente la somma di 77 603 528 DM, maggiorata degli interessi maturati alla fine del regime delle quote (30 giugno 1988) e degli interessi del 6% dal 1 luglio 1988;

    3) condannare la Commissione alle spese.

    29 La convenuta conclude che il Tribunale voglia:

    1) respingere il ricorso;

    2) condannare la ricorrente alle spese.

    Sulla ricevibilità

    30 La convenuta contesta la ricevibilità del ricorso basato sull' art. 34 del Trattato CECA, deducendo due mezzi relativi il primo alla mancanza di previe decisioni di annullamento e il secondo alla mancanza di una previa decisione della Corte accertante un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità.

    Sul mezzo relativo alla mancanza di previe decisioni di annullamento

    31 La convenuta conclude per l' irricevibilità della domanda di risarcimento presentata in base all' art. 34 del Trattato CECA nella parte in cui riguarda le decisioni individuali che si riferiscono al secondo, terzo e quarto trimestre del 1985, ai due ultimi trimestri del 1986, ai quattro trimestri del 1987 e ai due primi trimestri del 1988, in quanto tali decisioni non hanno costituito oggetto di un previo annullamento da parte della Corte.

    32 A sostegno di tale mezzo, essa ricorda che la ricevibilità di un ricorso a norma dell' art. 34 del Trattato CECA è subordinata alla condizione che sia stata prima ottenuta una decisione di annullamento in base all' art. 33 dello stesso Trattato (v. sentenza della Corte 10 giugno 1986, Usinor / Commissione, cause riunite 81/85 e 119/85, Racc. pag. 1777).

    1. Per quanto riguarda gli ultimi tre trimestri dell' anno 1985

    33 La convenuta deduce che la condizione dell' esistenza di una previa decisione di annullamento non è soddisfatta per gli ultimi tre trimestri del 1985, dato che nessun ricorso d' annullamento è stato proposto entro il termine di un mese né contro la decisione generale n. 234/84 né contro le decisioni individuali d' attuazione che si riferiscono a tali trimestri.

    34 La ricorrente, pur ammettendo che l' esistenza di una previa decisione di annullamento condizioni, in linea di principio, la presentazione di una domanda in base all' art. 34 del Trattato CECA, assume che la mancanza di previe decisioni d' annullamento non può nel caso di specie ostare ad una sentenza nel merito in considerazione delle assicurazioni formali fornitele per iscritto dalla Commissione.

    35 Essa si richiama, in proposito, ad un carteggio scambiato con la convenuta, che ha, fra l' altro, il seguente tenore:

    - Lettera 11 luglio 1985 dell' avv. Sedemund alla Commissione:

    "(...)

    Dato che il termine impartito per proporre ricorso contro la decisione di reiezione della Commissione 11 giugno 1985 per il secondo trimestre del 1985 scadrà al più presto, vorrei fornirVi a proposito di detta proposta le seguenti precisazioni:

    1. La nostra cliente rinuncia a impugnare la decisione di reiezione 11 giugno 1985 per il secondo trimestre del 1985, purché la Commissione le assicuri formalmente che, una volta che sarà stata pronunciata la sentenza della Corte di giustizia nella causa 103/84 (in realtà 103/85) attualmente pendente, la Commissione statuirà di nuovo, entro breve tempo e in conformità alla motivazione di tale sentenza, sulla domanda di adeguamento di quote a norma dell' art. 14 della decisione n. 234/84/CECA presentata dalla nostra cliente per il secondo trimestre del 1985.

    2. Se la Commissione riserva la sua decisione sulle domande della nostra cliente ai sensi dell' art. 14 della decisione n. 234/84/CECA per il terzo e il quarto trimestre del 1985 fino a che la Corte di giustizia abbia pronunciato la sua sentenza nella causa 103/84 (in realtà 103/85) e le assicuri formalmente che essa statuirà poi entro breve tempo su tali domande in conformità alla motivazione della sentenza, la nostra cliente non proporrà, entro il termine decorrente dal deposito delle sue domande, il ricorso per carenza previsto dall' art. 35, terzo comma.

    (...)".

    - Lettera di risposta 12 luglio 1985 del prof. Waegenbaur all' avv. Sedemund:

    "(...)

    1. Appena sarà stata pronunciata la sentenza nella causa 103/84 (in realtà 103/85), la Commissione ne trarrà senza indugio le conseguenze e adotterà una decisione al fine di modificare, se del caso, le decisioni fino ad allora emesse. Ciò è peraltro ovvio.

    2. Su Sua espressa domanda, la Commissione riserverà le decisioni formali sulle domande ai sensi dell' art. 14 a partire del terzo trimestre 1985 fino a che non sia stata pronunciata la sentenza nella causa 103/85".

    36 La ricorrente dichiara di aver rinunciato ad altre domande di annullamento facendo affidamento sull' impegno, assunto dalla Commissione nei suoi confronti, di trarre senza indugio le conseguenze derivanti dalla sentenza che la Corte doveva pronunciare nella causa 103/85 (per il primo trimestre del 1985), al fine di modificare le decisioni individuali successive a quella del primo trimestre del 1985. Essa sostiene che l' accordo stipulato tra le parti aveva lo scopo di evitare per tali trimestri altre domande di annullamento inutili in considerazione dell' identità dell' oggetto del contenzioso. La ricorrente ammette, cionondimeno, che nel loro carteggio le parti non hanno espressamente menzionato la possibilità di un indennizzo.

    37 La ricorrente sostiene che l' impegno assunto dalla convenuta di comportarsi, per i trimestri susseguenti al primo trimestre del 1985, come se fossero state pronunciate sentenze d' annullamento era perfettamente chiaro, tanto con riguardo ad un risarcimento nell' ambito del regime delle quote quanto con riguardo ad un indennizzo pecuniario. I termini dell' accordo non autorizzerebbero alcuna interpretazione contraria.

    38 La ricorrente addebita, in tale contesto, alla convenuta di violare il suo legittimo affidamento invocando, nonostante le assicurazioni date, la mancanza di previe decisioni di annullamento come mezzo d' irricevibilità.

    39 Essa sostiene, inoltre, che il carteggio fra le parti esprime la conclusione, tra loro, di una convenzione di diritto pubblico, con cui esse hanno convenuto di estendere gli effetti giuridici dell' art. 34 del Trattato CECA ai trimestri per i quali non erano state impugnate le decisioni di fissazione delle quote. Il suo diritto al risarcimento risulterebbe, quindi, direttamente da questa convenzione nel caso in cui non derivi direttamente dall' art. 34 del Trattato CECA.

    40 Dal canto suo, la convenuta ribatte che, dato che la ricorrente ha chiesto soltanto un adeguamento delle quote in base alla pronuncianda sentenza della Corte, la Commissione si è limitata a far presente nella sua lettera che le conseguenze promesse sarebbero consistite unicamente nell' attribuzione di una quota più favorevole per la ricorrente. Infatti, essa avrebbe previsto, alla metà del 1985, di mantenere in vigore il regime delle quote durante un periodo di tre anni a decorrere dal 1 gennaio 1986 e di farlo seguire poi, eventualmente, da un regime facoltativo di quote ai sensi dell' art. 46 del Trattato CECA. Per questo le parti avrebbero previsto implicitamente la possibilità di soddisfare le eventuali domande della ricorrente con la concessione di quote più favorevoli. Infatti, dato che il regime delle quote era ancora in vigore all' epoca del carteggio, le parti avrebbero ritenuto che la pronuncia della Corte sarebbe intervenuta prima della fine di tale regime, il 30 giugno 1988. La convenuta aggiunge che un indennizzo non è mai stato prospettato dalle parti.

    41 Si deve ricordare, in via preliminare, che, secondo la giurisprudenza della Corte (v. la citata sentenza 10 giugno 1986, Usinor, cause riunite 81/85 e 119/85), un ricorso per risarcimento basato sull' art. 34 del Trattato CECA è ricevibile solo previo annullamento della decisione che assertivamente è all' origine del danno e dopo che sia stato dimostrato che la Commissione non intende adottare provvedimenti necessari per il risarcimento del danno causato dalla dichiarata illegittimità.

    42 Il Tribunale rileva che nel caso di specie, in primo luogo, nessun ricorso di annullamento ai sensi dell' art. 33 del Trattato CECA è stato proposto contro la decisione individuale della Commissione 11 giugno 1985, nella parte in cui si riferiva al secondo trimestre del 1985, e, in secondo luogo, che nessun ricorso d' annullamento ai sensi dell' art. 35 del Trattato CECA è stato proposto avverso le decisioni tacite di rifiuto, relative ai due ultimi trimestri del 1985, che si consideravano risultare dalla mancanza di decisioni sulle domande della ricorrente, la cui esistenza, non contestata dalla Commissione, è attestata dal soprammenzionato carteggio. Tali decisioni sono inficiate dallo stesso vizio di legittimità - come ha ammesso la Commissione - che inficia la decisione 11 giugno 1985, annullata dalla Corte con la sentenza 14 luglio 1980, pronunciata nella causa 103/85, in quanto si riferiva al primo trimestre del 1985.

    43 Occorre ricordare che, nella sentenza pronunciata il 26 aprile 1988, Asteris e a. e Repubblica ellenica / Commissione, punti 29 e 30 della motivazione (cause riunite 97/86, 193/86, 99/86 e 215/86, Racc. pag. 2181), la Corte ha avuto occasione di precisare gli obblighi che derivano da una sentenza di annullamento per l' istituzione da cui emana l' atto annullato. Essa ha affermato che, in caso di annullamento di una decisione il cui effetto sia limitato ad un periodo di tempo ben definito, "l' istituzione da cui emana l' atto ha innanzitutto l' obbligo di escludere dalle nuove normative che devono essere emanate dopo la sentenza di annullamento (...) qualsiasi disposizione che abbia lo stesso contenuto di quella ritenuta illegittima", e che, "in forza dell' efficacia retroattiva che accompagna le sentenze di annullamento, la dichiarazione di illegittimità risale alla data di entrata in vigore della normativa annullata", per dedurne che "l' istituzione interessata ha anche l' obbligo di eliminare dalle norme già emanate all' atto della sentenza di annullamento (...) le disposizioni che hanno lo stesso contenuto di quella dichiarata illegittima".

    44 Il Tribunale rileva che nel caso presente, per quanto riguarda i quattro trimestri del 1985, la situazione fattuale è analoga a quella su cui verteva la citata causa Asteris e a. e Repubblica ellenica (cause riunite 97/86, 193/86, 99/86 e 215/86). Infatti, in ambedue i casi, si tratta di atti normativi di portata generale, la cui legittimità non è messa in discussione, che servono da base legale ad atti - espliciti o impliciti - di applicazione consecutivi, la cui portata è limitata nel tempo e di cui uno solo ha costituito oggetto di una sentenza di annullamento della Corte.

    45 Nella citata sentenza Asteris e a. e Repubblica ellenica (cause riunite 97/86, 193/86, 99/86 e 215/86), si trattava di regolamenti della Commissione, vertenti su stagioni agricole consecutive, adottati in attuazione di un regolamento del Consiglio la cui legittimità non era contestata. Dato che il regolamento della Commissione relativo ad una delle stagioni agricole considerate era stato annullato in un prima sentenza, la Corte ha dichiarato, in una seconda sentenza, che la Commissione era tenuta ad adottare, ai sensi dell' art. 176 del Trattato CEE, i provvedimenti necessari per l' esecuzione della sentenza d' annullamento non soltanto per quanto riguarda il regolamento annullato, ma anche per quanto riguarda il regolamento, il cui annullamento non era stato richiesto, riguardante la stagione agricola compresa tra quella per la quale il regolamento era stato annullato e la data della sentenza d' annullamento.

    46 Nella presente causa la questione sottoposta al Tribunale è se la Commissione sia tenuta ad adottare, ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA, i provvedimenti necessari per l' esecuzione della sentenza d' annullamento per quanto riguarda il secondo, il terzo e il quarto trimestre del 1985. Per tali trimestri sono state adottate una decisione di rifiuto espressa per il secondo trimestre e decisioni implicite per il terzo e il quarto trimestre, aventi in sostanza lo stesso contenuto della decisione annullata dalla Corte con la sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter (causa 103/85, già citata), decisioni che sono state adottate dopo la data di effetto dell' atto annullato e prima della sentenza d' annullamento.

    47 Deriva dalla citata sentenza della Corte 26 aprile 1988, Asteris e a. e Repubblica ellenica (cause riunite 97/86, 193/86, 99/86 e 215/86), che, ai fini dell' applicazione dell' art. 176 del Trattato CEE, si devono equiparare all' atto annullato gli atti espliciti o impliciti che hanno in sostanza lo stesso contenuto dell' atto annullato adottati tra la data di effetto dell' atto annullato e la sentenza d' annullamento. Si deve estendere questa soluzione all' applicazione dell' art. 34 del Trattato CECA, nella misura in cui questa disposizione è redatta in termini analoghi a quelli dell' art. 176 del Trattato CEE per quanto riguarda l' obbligo dell' istituzione da cui emana l' atto annullato di adottare i provvedimenti necessari per l' esecuzione della sentenza di annullamento.

    48 Il Tribunale rileva che nella lettera 12 luglio 1985 la convenuta ha assunto nei confronti della ricorrente l' impegno di trarre senza indugio le conseguenze dalle eventuali sentenze d' annullamento della Corte e di modificare, se necessario, le decisioni che avrebbe adottato fino ad allora. Qualificando tale impegno come per essa ovvio, la convenuta ha espressamente ammesso di sapere, sin dal 12 luglio 1985, di avere l' obbligo di adottare, ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA, i provvedimenti necessari per l' esecuzione di siffatte sentenze d' annullamento per quanto riguarda non solo l' atto annullato, ma anche gli atti successivi aventi in sostanza lo stesso contenuto dell' atto annullato.

    49 Ne consegue che, nell' ambito della domanda basata in via principale sull' art. 34 del Trattato CECA, il primo mezzo di irricevibilità va disatteso nella parte in cui si riferisce alle decisioni individuali relative agli ultimi tre trimestri del 1985.

    2. Per quanto riguarda gli ultimi due trimestri del 1986, del 1987 e i primi due trimestri del 1988

    50 La convenuta assume che il ricorso è irricevibile per gli ultimi due trimestri del 1986, i quattro trimestri dell' anno 1987, nonché in sostanza per i primi due trimestri del 1988, poiché le decisioni individuali che fissano le quote per tali trimestri non hanno costituito oggetto di alcun ricorso di annullamento.

    51 Essa sostiene che il successivo annullamento dell' art. 5 della decisione generale n. 3485/85, che costituisce la base legale delle decisioni individuali soprammenzionate, non ha potuto inficiare tali decisioni. Infatti, dato che queste sono divenute definitive dopo la scadenza del termine di un mese previsto dall' art. 33, terzo comma, del Trattato CECA, la loro sorte sarebbe indipendente da quella della decisione generale che ne costituisce il supporto legale, in considerazione del principio della certezza del diritto e del principio dell' autorità dell' atto, i quali ostano a che l' autorità delle decisioni individuali possa essere cancellata tramite un ricorso per risarcimento proposto dopo il decorso del termine perentorio previsto dall' art. 33, terzo comma, del Trattato CECA. Essa aggiunge che, nelle citate cause Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), la Corte ha annullato non soltanto la decisione generale n. 3485/85, ma anche le decisioni individuali 30 dicembre 1985 e 21 marzo 1986 vertenti sui primi due trimestri del 1986.

    52 La ricorrente, pur ammettendo che l' esistenza di una previa decisione di annullamento condizioni, in linea di principio, la proposizione di una domanda in base all' art. 34 del Trattato CECA, ribadisce che la mancanza di previe decisioni di annullamento non può, nel caso di specie, ostare ad un giudizio nel merito in ragione delle assicurazioni formali fornitele per iscritto dalla Commissione.

    53 Essa si richiama, in proposito, a un secondo carteggio con la convenuta, che ha, fra l' altro, il seguente tenore:

    - Lettera 23 aprile 1986 dell' avv. Sedemund alla Commissione:

    "(...)

    Com' è noto, la Commissione non ha nemmeno modificato il rapporto I:P della decisione individuale 21 marzo 1986 ((SG(86) D/3433)), relativa alla fissazione delle quote di produzione e di consegna per il secondo trimestre del 1986, notificata il 3 aprile 1986. Sarebbe quindi prudente proporre, anche per tale trimestre, un ricorso identico nel merito a quello proposto nella causa 44/86, al fine di impedire che la decisione 21 marzo 1986 divenga definitiva.

    Per evitare una serie di processi identici quanto al contenuto - poiché lo stesso problema si pone, infatti, per i successivi trimestri durante il periodo di validità della decisione n. 3485/85/CECA fintantoché la Commissione non migliori stabilmente il rapporto I:P della nostra cliente -, propongo l' accordo seguente, che è d' altronde già stato concluso fra la Commissione e la nostra cliente nella vigenza della decisione n. 234/84/CECA per i trimestri successivi, relativamente ai quali la Corte doveva pronunciarsi nella causa 103/84 (in realtà 103/85).

    Appena sarà stata pronunciata la sentenza della Corte di giustizia nella causa 44/86, la Commissione trarrà senza indugio le conseguenze necessarie tenuto conto della motivazione di tale sentenza, al fine di modificare non soltanto l' impugnata decisione individuale 30 dicembre 1985, riguardante il primo trimestre del 1986 ((SG(85) D/17043)), ma anche tutte le decisioni successive riguardanti le quote di consegna della nostra cliente per il primo trimestre del 1986 e i trimestri successivi per il periodo di applicazione della decisione n. 3485/85/CECA.

    Una volta in possesso della Vostra conferma dell' accettazione di detta proposta da parte della Commissione, la nostra cliente non proporrà ricorsi per mancato adeguamento del suo rapporto I:P contro la decisione 21 marzo 1986 e contro le successive decisioni durante il periodo di applicazione della decisione n. 3485/85/CECA. Tenuto conto del termine in corso, Vi sarei grato se vi pronunciaste entro il 1 maggio 1986".

    - Lettera di risposta 16 maggio 1986 del prof. Waegenbaur all' avv. Sedemund:

    "(...)

    Appena sarà stata pronunciata la sentenza della Corte nella causa 44/86 (Peine-Salzgitter / Commissione), la Commissione trarrà senza indugio le conseguenze necessarie tenuto conto della motivazione di tale sentenza e modificherà in particolare, ove occorra, le decisioni fino allora adottate. Ciò vale per il primo trimestre 1986 nonché per i trimestri successivi.

    Ritengo che tali assicurazioni - che sono d' altronde ovvie per la Commissione - Le consentiranno di non proporre nuovi ricorsi per i trimestri successivi".

    54 La ricorrente dichiara di aver rinunciato ad altre domande di annullamento facendo assegnamento sull' impegno, che la Commissione aveva assunto nei suoi confronti, di trarre senza indugio le conseguenze derivanti dalla sentenza che la Corte doveva pronunciare nelle cause 33/86, 44/86 e 110/86 (per i primi due trimestri del 1986), al fine di modificare le decisioni individuali successive ai primi due trimestri del 1986. Essa sostiene che l' accordo stipulato fra le parti aveva lo scopo di evitare, per tali trimestri, altre domande di annullamento inutili in considerazione dell' identità dell' oggetto del contezioso. La ricorrente ammette, cionondimeno, che nel loro carteggio le parti non hanno menzionato espressamente la possibilità di un indennizzo.

    55 Essa assume che la convenuta non può trarre argomento dal fatto che la Corte ha non soltanto annullato la decisione generale n. 3485/85, ma anche le decisioni individuali vertenti sui primi due trimestri del 1986; infatti, ciò facendo, la Corte si sarebbe limitata ad accogliere le conclusioni delle parti senza voler per questo dissociare la sorte delle decisioni individuali non impugnate da quella della decisione generale, che ne costituisce la base legale. La ricorrente ritiene, quindi, che l' annullamento della decisione generale n. 3485/85 abbia comportato l' annullamento delle decisioni individuali d' attuazione basate su essa.

    56 La ricorrente ribatte all' argomento relativo alla mancata osservanza del termine perentorio di cui all' art. 33, terzo comma, del Trattato CECA che la certezza del diritto non è compromessa nel caso di specie, giacché solo per motivi di economia di procedura la ricorrente non ha proposto nuovi ricorsi d' annullamento.

    57 La convenuta ribatte che, dato che i termini processuali sono d' ordine pubblico, le parti non hanno potuto disporre mediante accordo del termine perentorio previsto dall' art. 33, terzo comma, del Trattato CECA. Anche supponendo che l' esistenza di una convenzione del genere possa essere provata, essa sarebbe comunque priva di effetto.

    58 Il Tribunale rileva che, a seguito della citata sentenza della Corte 14 luglio 1988 nelle cause Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), che annullano non soltanto l' art. 5 della decisione generale n. 3485/85, ma anche le decisioni individuali 30 dicembre 1985 e 21 marzo 1986, relative ai primi due trimestri del 1986, la Commissione era tenuta ad eliminare dalle normative già emanate al momento della sentenza di annullamento le disposizioni aventi in sostanza lo stesso contenuto di quelle dichiarate illegittime e cioè le decisioni individuali che si riferiscono agli ultimi due trimestri del 1986, ai quattro trimestri del 1987, nonché ai primi due trimestri del 1988. Per quanto riguarda questi ultimi, si deve rilevare che tali decisioni hanno, in sostanza, lo stesso contenuto delle decisioni individuali annullate, giacché danno attuazione all' art. 5 della decisione generale n. 194/88, che è identico all' art. 5 della decisione generale n. 3485/85 e che peraltro è stato, come quest' ultimo, annullato dalla Corte (sentenza 14 giugno 1989, Hoogovens, cause riunite 218/87 e 223/87, 72/88 e 92/88, già citata).

    59 Il Tribunale osserva peraltro che nella lettera 16 maggio 1986 la convenuta ha assunto nei confronti della ricorrente l' impegno di trarre senza indugio le conseguenze da eventuali sentenze di annullamento della Corte e di modificare, se necessario, le decisioni che avrebbe adottato fino ad allora. Qualificando tale impegno come per essa ovvio, la convenuta ha espressamente ammesso di sapere, fin dal 16 maggio 1986, di avere l' obbligo di adottare, ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA, i provvedimenti necessari per l' esecuzione di siffatte sentenze di annullamento per quanto riguarda non solo gli atti annullati, ma anche per gli atti successivi aventi in sostanza lo stesso contenuto di questi.

    60 A questo proposito, il Tribunale rileva inoltre che, se la Commissione aveva l' obbligo di adottare, ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA, i provvedimenti necessari per l' esecuzione di una sentenza di annullamento per quanto riguarda non solo l' atto annullato, ma anche gli atti successivi, relativi a periodi successivi e inficiati dallo stesso vizio di legittimità, essa era a maggior ragione tenuta ad adottare tali provvedimenti per tutti gli atti d' attuazione di un atto generale annullato.

    61 Nel caso di specie, la Corte, annullando l' art. 5 delle decisioni generali nn. 3485/85 e 194/88 nelle citate sentenze 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), e 14 giugno 1989, Hoogovens (cause riunite 218/87 e 223/87, 72/88 e 92/88), ha privato le decisioni individuali, relative agli ultimi due trimestri del 1986, ai quattro trimestri del 1987 nonché ai primi due trimestri del 1988, della loro base legale a partire dalla data di effetto delle disposizioni generali annullate. Di conseguenza, la Commissione era tenuta ad adottare, in esecuzione di tali sentenze d' annullamento, gli stessi provvedimenti che avrebbe avuto l' obbligo di adottare qualora le suddette decisioni individuali fossero state esse stesse annullate.

    62 Da quanto precede risulta che, per gli stessi motivi che hanno indotto il Tribunale a disattendere il primo mezzo di irricevibilità nella parte in cui riguarda le decisioni individuali relative agli ultimi tre trimestri del 1985, si deve disattenderlo pure nella parte in cui esso si riferisce alle decisioni individuali vertenti sul terzo e quarto trimestre del 1986, sui quattro trimestri del 1987 nonché sui primi due trimestri del 1988.

    Sul mezzo relativo alla mancanza di una previa sentenza della Corte che accerti un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità

    63 La convenuta conclude per l' irricevibilità del ricorso per risarcimento eccependo che l' accertamento, da parte della Corte, della sussistenza di un illecito deve precedere la proposizione di domande di risarcimento ai sensi dell' art. 34, secondo comma, del Trattato CECA. Infatti, sarebbe indispensabile che la Comunità possa disporre, dopo l' accertamento di un illecito, di un termine adeguato per reagire alla minaccia di una condanna di risarcimento. All' udienza la convenuta ha inoltre precisato, in primo luogo, che non è prescritto che il ricorso diretto all' accertamento dell' illecito sia proposto nell' ambito dello stesso giudizio del ricorso d' annullamento e, in secondo luogo, che il ricorso diretto a far accertare l' illecito e l' azione di danni devono costituire oggetto di giudizi separati, dato che l' azione di danni è ricevibile solo dopo che la Corte abbia accertato la sussistenza di un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità.

    64 All' udienza la ricorrente ha ammesso che, in conformità all' art. 34 del Trattato CECA, un termine adeguato doveva effettivamente essere concesso alla Commissione dopo l' accertamento dell' illecito. Tuttavia, a suo parere, il detto articolo non vieta che il ricorso per l' accertamento dell' illecito e quello per risarcimento siano proposti nell' ambito di uno stesso giudizio, dato che il termine necessario per una reazione della Commissione è scaduto da tempo.

    65 Si deve ricordare che la Corte, nella citata sentenza 14 luglio 1988 nelle cause Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), si è limitata ad annullare l' art. 5 della decisione generale n. 3485/85 nonché le decisioni individuali adottate il 30 dicembre 1985 e il 21 marzo 1986, senza dichiarare che le disposizioni annullate erano viziate da un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità. Analogamente, nella citata sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter (causa 103/85), la Corte si è limitata ad annullare la decisione individuale 11 giugno 1985, adottata ai sensi dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84, senza dichiarare che detta decisione individuale era viziata da un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità.

    66 Il Tribunale considera che, quando, a seguito di una sentenza d' annullamento, un' impresa eserciti il proprio diritto di ricorso per chiedere solo l' accertamento di un illecito della Comunità e del danno diretto e particolare da essa subito, il successivo ricorso per risarcimento ai sensi dell' art. 34, secondo comma, del Trattato CECA può essere proposto solo dopo il decorso di un termine ragionevole successivo alla sentenza che accerta l' illecito, in modo da consentire alla Commissione di adottare i provvedimenti idonei a garantire un equo risarcimento del danno e a concedere, per quanto necessario, un giusto indennizzo.

    67 Il ricorso in oggetto mira, anzitutto, a far accertare da parte del Tribunale, in base all' art. 34, primo comma, la sussistenza di un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità e di un danno diretto e particolare subito dalla ricorrente.

    68 Di conseguenza, le conclusioni della ricorrente intese a far condannare - nel contempo - la convenuta, in base all' art. 34, secondo comma, al pagamento della somma di 77 603 528 DM sono, in questa fase, premature e devono quindi essere dichiarate irricevibili.

    69 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la domanda della ricorrente, in quanto basata sull' art. 34 del Trattato CECA, è ricevibile solo nella misura in cui mira a far dichiarare da parte del Tribunale che le decisioni individuali relative ai quattro trimestri del 1985, del 1986 e del 1987 e ai primi due trimestri del 1988 sono viziate da un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità e che esse sono all' origine del danno diretto e particolare lamentato dalla ricorrente. Per contro, le conclusioni della ricorrente miranti all' attribuzione di un risarcimento pecuniario per gli stessi trimestri sono, in questa fase, premature.

    Nel merito

    70 Quanto al merito, si deve stabilire, in primo luogo, se le decisioni illegittime siano viziate da un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità e, in secondo luogo, se a causa di tali decisioni l' impresa ricorrente abbia subito un danno da risarcire.

    Sulla disciplina della responsabilità nell' ambito del Trattato CECA

    71 La ricorrente sostiene che la giurisprudenza della Corte relativa all' art. 215, secondo comma, del Trattato CEE non può essere estesa al presente ricorso, proposto in base all' art. 34 del Trattato CECA, a motivo delle differenze di struttura tra queste due disposizioni. Essa aggiunge di potere, tutt' al più, intravedere l' esistenza di un rapporto tra l' art. 215, secondo comma, del Trattato CEE e l' art. 40, primo comma, del Trattato CECA. Infine, nella fase orale la ricorrente ha ancora sostenuto che gli autori del Trattato CECA erano partiti dall' ipotesi che le decisioni della Commissione, nell' ambito del Trattato CECA, avessero solo un carattere essenzialmente amministrativo e che per questo motivo, in tale Trattato, i poteri erano stati attribuiti quasi esclusivamente alla Commissione e non al Consiglio. Quindi, la giurisprudenza della Corte relativa all' art. 215, secondo comma, del Trattato CEE, che riguarda provvedimenti di natura legislativa, non può essere trasposta tale e quale all' applicazione dell' art. 34 del Trattato CECA.

    72 La convenuta ritiene, al contrario, che ai fini dell' applicazione dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA sia necessario far riferimento alla giurisprudenza della Corte relativa all' art. 215, secondo comma, del Trattato CEE per definire la nozione di "illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità" in caso di atto normativo illegittimo. Per questo motivo la convenuta asserisce che la responsabilità della Comunità a causa di un atto normativo, o di qualsiasi atto che implichi delle scelte di politica economica e l' esercizio di un potere discrezionale, può sorgere solo in caso di violazione sufficientemente grave di una norma giuridica di rango superiore posta a tutela dei singoli, oppure nel caso in cui l' istituzione abbia disconosciuto, in modo palese e grave, i limiti che si impongono all' esercizio dei suoi poteri. Essa aggiunge, basandosi sulla sentenza della Corte 5 dicembre 1979, Scholten-Honig / Consiglio e Commissione (causa 143/77, Racc. pag. 3583), che la responsabilità della Comunità può sussistere solo in caso di "comportamento che confini con l' arbitrio".

    73 La questione che il Tribunale deve risolvere è se, per circoscrivere la nozione di illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità ex art. 34, primo comma, del Trattato CECA, sia necessario richiamarsi ai criteri definiti dalla Corte nella sua giurisprudenza relativa al regime di responsabilità istituito dall' art. 215, secondo comma, del Trattato CEE, ovvero se la natura diversa dei Trattati CECA e CEE implichi l' esistenza di regimi differenti di responsabilità.

    74 A questo proposito, è opportuno rilevare, in via preliminare, come dalla giurisprudenza della Corte risulti che un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità ai sensi del secondo comma dell' art. 215 del Trattato CEE può sussistere solo qualora l' atto viziato da illegittimità comporti una violazione sufficientemente grave di una norma giuridica superiore che tutela i singoli (v. sentenze della Corte 2 dicembre 1971, Aktien-Zuckerfabrik Schoeppenstedt / Consiglio, causa 5/71, Racc. pag. 975; 24 ottobre 1973, Merkur Aussenhandels GmbH / Commissione, causa 43/72, Racc. pag. 1055; 13 novembre 1973, Wilhelm Werhahn Hansamuehle e a. / Consiglio, cause riunite 63/72-69/72, Racc. pag. 1229; 2 luglio 1974, Holtz e a. / Consiglio e Commissione, causa 153/73, Racc. pag. 675; 31 marzo 1977, Compagnie industrielle et agricole du comté de Loheac e a. / Consiglio e Commissione, cause riunite 54/76-60/76, Racc. pag. 645; 25 maggio 1978, Bayerische HNL Vermehrungsbetriebe GmbH und Co. KG e a. / Consiglio e Commissione, cause riunite 83/76 e 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, Racc. pag. 1209), ovvero qualora l' istituzione, adottando l' atto viziato da illegittimità, non abbia tenuto conto, in modo manifesto e grave, dei limiti che si impongono all' esercizio dei suoi poteri (v. sentenze della Corte 25 maggio 1978, Bayerische HNL, già citata; 4 ottobre 1979, Ireks-Arkady GmbH / Consiglio e Commissione, causa 238/78, Racc. pag. 2955; 4 ottobre 1979, DGV, Deutsche Getreideverwertung und Rheinische Kraftfutterwerke GmbH e a. / Consiglio e Commissione, cause riunite 241/78, 242/78, 245/78-250/78, Racc. pag. 3017; 5 dicembre 1979, G.R. Amylum NV e a. / Consiglio e Commissione, cause riunite 116/77 e 124/77, Racc. pag. 3497; 26 giugno 1990, Sofrimport SARL / Commissione, causa C-152/88, Racc. pag. I-2477). PER LA CONTINUAZIONE DEI MOTIVI VEDI SOTTO NUMERO : 689A0120.2

    75 Peraltro, dal combinato disposto degli artt. 33 e 34 del Trattato CECA risulta che l' annullamento di una decisione della Commissione in forza dell' art. 33 non può risultare dalla valutazione della situazione derivante da fatti o da circostanze economiche in base alla quale è stata adottata la suddetta decisione, salvo qualora si addebiti alla Commissione di aver commesso uno sviamento di potere o di aver trasgredito, in modo palese, le disposizioni del Trattato o qualsiasi principio giuridico relativo alla sua applicazione, e che l' annullamento di una decisione della Commissione può far sorgere la responsabilità della Comunità ex art. 34 solo qualora un danno diretto e specifico ne sia risultato e il giudice competente abbia ammesso che la decisione annullata è viziata da un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità.

    76 Ne consegue che il mero annullamento da parte della Corte di un atto normativo della Commissione non è sufficiente per far sorgere la responsabilità della Comunità ex art. 34, primo comma, del Trattato CECA.

    77 A questo proposito, va rilevato che questa conclusione, basata sulla lettera stessa del Trattato CECA, è molto simile a quanto la Corte ha deciso nell' ambito del Trattato CEE per quanto riguarda la responsabilità della Comunità a causa di atti normativi illegittimi.

    78 In considerazione della necessità, nell' ambito di un ordinamento giuridico unico, benché istituito da tre trattati diversi, di assicurare quanto più possibile l' uniforme applicazione del diritto comunitario in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità a causa di atti normativi illegittimi nonché la coerenza del sistema di tutela giurisdizionale istituito dai vari trattati (v., da ultimo, sentenza 22 febbraio 1990, Busseni / Commissione, punti 13-16 della motivazione, causa C-221/88, Racc. pag. I-519), sembra adeguato, di fronte all' illegittimità di un atto normativo, interpretare la nozione di illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA alla luce dei criteri stabiliti dalla Corte nella sua giurisprudenza relativa all' art. 215, secondo comma, del Trattato CEE.

    Sugli effetti dell' illegittimità censurata con la sentenza della Corte 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter (causa 103/85)

    79 La ricorrente assume che la decisione della Commissione 11 giugno 1985, con cui essa si rifiuta di adeguare, in forza dell' art. 14 della decisione generale n. 234/847, le quote della ricorrente per alcuni prodotti della categoria III per quanto attiene al primo trimestre del 1985, annullata dalla Corte con sentenza pronunciata il 14 luglio 1988 nella summenzionata causa Peine-Salzgitter (causa 103/85), in quanto essa si basava su un' errata interpretazione del suddetto art. 14, è viziata da un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità. Essa ritiene infatti che l' errata interpretazione data dalla Commissione alle nozioni di "difficoltà eccezionali" e di "aiuti per coprire perdite di gestione", di cui all' art. 14 della decisione generale n. 234/84, costituisca un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità.

    80 Peraltro, la ricorrente deduce che le decisioni con le quali la Commissione ha negato di adeguare le quote della ricorrente per il secondo, il terzo e il quarto trimestre del 1985, che non sono state impugnate davanti alla Corte, sono pure viziate da un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità, poiché esse sono viziate dalla stessa illegittimità della decisione 11 giugno 1985.

    81 La ricorrente sostiene, da un lato, che per la convenuta doveva essere evidente ch' essa non poteva tener conto, al fine di determinare l' esistenza di difficoltà eccezionali ai sensi dell' art. 14, né della situazione di altre categorie di prodotti, né del fatto che l' impresa fosse globalmente in attivo, in quanto nella sentenza 22 giugno 1983, Usine Gustave Boël e Fabrique de fer de Maubeuge / Commissione (causa 317/82, Racc. pag. 2041), la Corte aveva già affermato che la Commissione può procedere ad un adeguamento delle quote in circostanze eccezionali, quando un siffatto adeguamento è necessario per le categorie che costituiscono oggetto di un elevato tasso di riduzione.

    82 Essa fa riferimento inoltre al fatto che, in vari altri casi, la Commissione aveva dato un' interpretazione corretta della nozione controversa concedendo quote supplementari ad imprese che realizzavano degli utili: ciò dimostra che, nel caso di specie, la Commissione doveva essersi resa conto del suo errore.

    83 La ricorrente assume, d' altra parte, che per la Commissione doveva essere evidente che gli aiuti ad essa accordati in forza della direttiva del ministro federale dell' Economia 28 dicembre 1983, relativa alla concessione di aiuti per il miglioramento delle strutture delle imprese siderurgiche, che sarebbero stati effettivamente atti a promuovere la ristrutturazione e il miglioramento della competitività, non potevano essere considerati aiuti volti a coprire perdite di gestione ai sensi dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84, giacché, secondo il tenore della sentenza della Corte 15 gennaio 1985, Finsider / Commissione (causa 250/83, Racc. pag. 131), tali aiuti non possono costituire aiuti in grado di ritardare la ristrutturazione auspicata. Qualificando questi aiuti come aiuti per coprire perdite di gestione, la Commissione ha dato un' interpretazione manifestamente ed apertamente errata della nozione di aiuti destinati a coprire perdite di gestione ai sensi dell' art. 14.

    84 Dal canto suo, la convenuta sostiene che essa non ha commesso un errore manifesto nell' interpretazione del criterio delle difficoltà eccezionali. Essa ricorda che nella succitata sentenza 22 giugno 1983, Usine Gustave Boël (causa 317/82), la Corte si è limitata unicamente ad affermare che solo le difficoltà che sono la conseguenza diretta dell' instaurazione e dell' applicazione del regime delle quote possono essere considerate all' atto dell' applicazione dell' art. 14 e che, di conseguenza, è solo per le categorie che costituiscono oggetto di un elevato tasso di riduzione che, in casi eccezionali, un adeguamento può risultare necessario e che la Corte non ha pertanto chiarito le nozioni nuove di "conseguenza diretta" e di "circostanze eccezionali". Secondo la convenuta, seri indizi l' hanno del resto indotta a ritenere che le difficoltà della ricorrente fossero imputabili non già al regime delle quote, bensì a difetti strutturali dell' impresa e, in particolare, alla capacità produttiva superiore al fabbisogno del treno universale a travi costruito negli anni '70.

    85 La convenuta fa valere soprattutto come non fosse del tutto chiaro che gli aiuti per il miglioramento strutturale previsti dalla summenzionata direttiva del ministro federale dell' Economia non dovessero considerarsi come aiuti intesi a coprire perdite di gestione. Pur ammettendo che nella succitata sentenza 15 gennaio 1985, Finsider (causa 250/83), la Corte aveva enunciato il principio che tutte le forme di aiuti che sono effettivamente atte a promuovere la ristrutturazione non ostano all' adeguamento delle quote, la convenuta sostiene che la Corte non ha fornito per questo una soluzione chiara alla questione se gli aiuti controversi per il miglioramento strutturale fossero conformi effettivamente a tale finalità. Essa osserva che l' estensione di tali aiuti ad impianti non pienamente funzionanti ha legittimamente indotto la Commissione a considerarli come aiuti dissimulati miranti a coprire perdite di gestione, in quanto, secondo la sua decisione generale 7 agosto 1981, n. 2320/81/CECA, che istituisce norme comunitarie per gli aiuti alla siderurgia (GU L 228, pag. 14, denominata in genere "codice degli aiuti CECA"), soltanto chiusure definitive possono essere considerate come vere e proprie misure di ristrutturazione.

    86 Il Tribunale rileva che la decisione individuale 11 giugno 1985 con cui si nega di adeguare, a norma dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84, le quote della ricorrente per il primo trimestre del 1985 è stata annullata dalla Corte, in conformità all' art. 33 del Trattato CECA, in considerazione della violazione di un principio giuridico relativo all' applicazione del Trattato e che la responsabilità della Comunità a causa di una decisione individuale annullata dalla Corte può sussistere ai termini dell' art. 34 solo qualora la decisione sia riconosciuta, inoltre, come viziata da un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità.

    87 Esso ricorda che devono essere equiparati a detta decisione individuale relativa al primo trimestre del 1985 le decisioni individuali relative agli ultimi tre trimestri del 1985, poiché per tali decisioni la Commissione doveva trarre le stesse conseguenze che per la decisione annullata.

    88 Il Tribunale ricorda che la responsabilità della Comunità può sorgere a causa delle sue decisioni individuali con cui essa nega di adeguare le quote per i quattro trimestri del 1985 solo qualora la convenuta non abbia tenuto conto, in modo manifesto e grave, dei limiti che si impongono all' esercizio dei suoi poteri.

    89 A questo proposito, si deve rilevare in primo luogo che, tenuto conto della succitata sentenza della Corte 22 giugno 1983, Usine Gustave Boël (causa 317/82), la convenuta non poteva ignorare, adottando le decisioni con cui si rifiutava di adeguare le quote, che essa non era autorizzata a tener conto per la determinazione dell' esistenza di difficoltà eccezionali della situazione delle altre categorie di prodotti e, di conseguenza, che essa non poteva legittimamente basare la sua decisione di diniego sul fatto che l' impresa fosse complessivamente in attivo.

    90 Ne consegue che l' interpretazione seguita dalla convenuta era viziata da un errore manifesto tenuto conto del testo dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84 e dell' interpretazione che ne aveva dato la Corte.

    91 Inoltre, la gravità dell' errore commesso dalla convenuta è ancora accentuata da altri due fatti: in primo luogo, dopo aver interpretato nel 1984 la disposizione di cui trattasi senza prendere in considerazione il fatto che la ricorrente realizzava complessivamente degli utili, la convenuta, senza un motivo evidente, ha mutato atteggiamento a partire dal 1985; in secondo luogo, come la Corte ha rilevato nella succitata sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter (causa 130/85), dai documenti versati agli atti risulta che in più casi la convenuta ha concesso quote supplementari in forza dell' art. 14, mentre le imprese interessate realizzavano degli utili.

    92 Se ne deve concludere che la convenuta ha violato in modo manifesto il principio della parità di trattamento tra gli operatori economici.

    93 Va rilevato, in secondo luogo, che la succitata sentenza della Corte 15 gennaio 1985, Finsider (causa 250/83), aveva chiaramente enunciato il principio che unicamente le imprese che hanno ricevuto una forma di aiuto atta a ritardare la ristrutturazione possono essere escluse dal beneficio delle quote supplementari, la cui concessione è del pari atta a diminuire l' incentivo a tale ristrutturazione.

    94 Di conseguenza, la convenuta non poteva ignorare, adottando le decisioni con cui ha negato di adeguare le quote per i quattro trimestri del 1985, che l' effetto che un aiuto può esercitare sul conto profitti e perdite di un' impresa non può essere considerato come un criterio valido per individuare gli aiuti destinati a coprire le perdite di gestione ai sensi dell' art. 14, dato che qualsiasi aiuto può produrre l' effetto di compensare in tutto o in parte eventuali perdite di gestione.

    95 Ne consegue che l' errore commesso dalla convenuta nell' interpretazione della nozione di perdite di gestione dev' essere qualificato ingiustificabile.

    96 Da quanto precede risulta che, negando alla ricorrente il beneficio per i quattro trimestri del 1985 dell' applicazione delle disposizioni dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84, la convenuta non ha tenuto conto in modo manifesto e grave dei limiti che essa deve osservare nell' esercizio del suo potere discrezionale in occasione dell' attuazione del regime delle quote di produzione basato sull' art. 58, n. 2, del Trattato CECA e che, di conseguenza, essa ha commesso un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA.

    Sugli effetti delle illegittimità censurate con la sentenza della Corte 14 luglio 1988, nelle cause Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), e con la sentenza della Corte 14 giugno 1989, nelle cause Hoogovens e a. (cause riunite 218/87 e 223/87, 72/88 e 92/88)

    97 La ricorrente deduce che la decisione generale n. 3485/85 nonché le decisioni individuali basate su di essa sono viziate da un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità in quanto la Corte nella sentenza 14 luglio 1988, pronunciata nelle cause riunite Peine-Salzgitter e a. (cause 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), ha rilevato che la convenuta aveva perseguito uno scopo diverso da quello che le prescriveva l' art. 58, n. 2, del Trattato CECA non procedendo alla modifica del rapporto I:P, da essa ritenuta necessaria al fine di stabilire le quote su una base equa, e che la stessa aveva quindi commesso un manifesto sviamento di potere nei confronti della ricorrente. In base a tale considerazione la Corte ha annullato l' art. 5 della decisione generale n. 3485/85 nonché le decisioni individuali che fissano, su tale fondamento, le quote di consegna delle ricorrenti per i primi due trimestri del 1986.

    98 A questo proposito, essa assume che la Commissione, non procedendo di propria iniziativa alla modifica del rapporto I:P della ricorrente, ha violato in modo particolarmente grave l' art. 58, n. 2, del Trattato CECA, poiché così facendo avrebbe agito in modo contrario alla propria comunicazione al Consiglio 25 settembre 1985, nella quale essa aveva ritenuto indispensabile procedere ad un adeguamento dei riferimenti considerati per il calcolo delle quote di consegna e in quanto, inoltre, la Commissione, chiedendo il parere conforme del Consiglio, non avrebbe tenuto conto delle sentenze pronunciate dalla Corte l' 11 maggio 1983, Kloeckner-Werke AG / Commissione (causa 244/81, Racc. pag. 1451), e 21 febbraio 1984, Walzstahl-Vereinigung e Thyssen AG / Commissione (cause riunite 104/82, 146/82, 221/82 e 226/82, Racc. pag. 951).

    99 La ricorrente contesta anche la tesi dell' errore di diritto in cui sarebbe incorsa la convenuta, opponendo che la situazione giuridica, alla luce della giurisprudenza della Corte ed in particolare della succitata sentenza 11 maggio 1983, Kloeckner-Werke (causa 244/81), era perfettamente chiara. Essa rileva, del resto, che la Commissione ha adottato la decisione generale 20 maggio 1987, n. 1433/87/CECA, relativa alla trasformazione di una parte delle quote di produzione in quote di consegna all' interno del mercato comune (GU L 136, pag. 37), senza aver chiesto il parere conforme del Consiglio.

    100 Basandosi sulla giurisprudenza della Corte (sentenza 4 ottobre 1979, Ireks-Arkady, causa 238/78, già citata), la ricorrente considera che vi è stata trasgressione manifesta e grave dei limiti che si impongono all' esercizio dei poteri da parte della Commissione, poiché il comportamento della stessa rimane privo di sufficiente giustificazione.

    101 Essa sostiene inoltre che, anche ammettendo che possa sussistere trasgressione grave da parte della Commissione dei limiti che si impongono all' esercizio dei suoi poteri solo qualora il comportamento di quest' ultima sia ritenuto confinante con l' arbitrio, nel caso di specie è provato che la convenuta l' ha svantaggiata e le ha nociuto deliberatamente a causa di considerazioni di opportunità politica, sacrificando, sotto la pressione politica, i diritti della ricorrente di cui essa aveva riconosciuto l' esistenza.

    102 Infine, la ricorrente osserva che, in ogni caso, l' attenuazione di responsabilità, che può essere invocata dalla convenuta nei confronti di decisioni che implicano scelte di politica economica operate nell' ambito dell' ampio potere discrezionale conferitole dal Trattato CECA, non può essere invocata nei confronti di decisioni che sono dovute ad un' errata valutazione giuridica, in quanto la valutazione giuridica non rientra nell' ambito riservato alla valutazione delle scelte di politica economica.

    103 All' udienza il rappresentante della ricorrente ha sostenuto inoltre che detta attenuazione di responsabilità della Comunità può essere fatta valere solo nei confronti di atti normativi caratterizzati dall' esercizio di un ampio potere discrezionale. Orbene, riferendosi al fatto che nella succitata sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzigitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), la Corte ha qualificato l' adeguamento delle quote come riordinamento di dettaglio del sistema, la ricorrente nega che all' art. 5 della decisione generale n. 3485/85 possa essere attribuita la qualifica di atto di natura normativa caratterizzato dall' esercizio di un ampio potere discrezionale.

    104 La convenuta controdeduce che il suo comportamento si è basato su un errore di diritto. Dato che la Corte nella succitata sentenza 11 maggio 1983, Kloeckner-Werke (causa 244/81), ha affermato che la Commissione ha una competenza propria ai fini di determinare le modalità del sistema di quote, senza tuttavia tracciare chiaramente i limiti dei poteri devoluti alla Commissione, la convenuta ritiene di essere stata legittimata a qualificare l' adeguamento del rapporto I:P non già come modalità, bensì, al contrario, come un atto essenziale che richiede il parere conforme del Consiglio.

    105 Essa aggiunge che solamente la precitata sentenza pronunciata dalla Corte il 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), ha qualificato l' adeguamento del rapporto I:P come riordinamento di dettaglio del sistema delle quote di produzione istituito in base all' art. 58 del Trattato CECA.

    106 La convenuta sostiene inoltre che può sussistere trasgressione grave da parte di un' istituzione dei limiti che si impongono all' esercizio dei suoi poteri solo qualora vi sia stato un comportamento che confini con l' arbitrio. In ogni caso, nel caso di specie non si può addebitare alla Commissione un comportamento arbitrario che sia dovuto ad una deliberata volontà di sfavorire la ricorrente, in quanto, chiedendo al Consiglio l' adozione di un parere conforme per la modifica del rapporto I:P, la convenuta ha appunto cercato di tener conto delle preoccupazioni della ricorrente.

    107 Il Tribunale ricorda che, ai termini dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA, la responsabilità della Comunità a causa di una decisione annullata dalla Corte può sorgere solo qualora la Corte abbia anche riconosciuto che detta decisione era viziata da un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità, poiché un semplice annullamento non è sufficiente a comportare la responsabilità della Comunità stessa.

    108 Si deve di conseguenza accertare se la decisione annullata della Commissione si basi su una concezione errata, ma scusabile, di un problema giuridico irrisolto o, al contrario, su una trasgressione ad opera della Commissione manifesta e grave, e pertanto ingiustificabile, dei limiti che si impongono all' esercizio dei suoi poteri.

    109 A questo proposito, il Tribunale rileva come nella precitata sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), la Corte abbia affermato che, non avendo proceduto alla modifica del rapporto I:P da essa stessa ritenuta necessaria al fine di stabilire le quote su una base equa, la convenuta avesse commesso uno sviamento di potere. Dichiarando che l' art. 5 della decisione generale n. 3485/85 era viziato da illegittimità risultante da uno sviamento di potere, la Corte ha evidentemente censurato, in conformità all' art. 33, primo comma, seconda frase, del Trattato CECA, un atto normativo caratterizzato dall' esercizio di un ampio potere discrezionale. Questa osservazione vale del pari per l' art. 5 della decisione generale n. 194/88, annullato per gli stessi motivi dalla succitata sentenza pronunciata dalla Corte il 14 giugno 1989, Hoogovens (cause riunite 218/87 e 223/87, 72/88 e 92/88), giacché il suddetto art. 5 ha riprodotto l' art. 5 della decisione generale n. 3485/85.

    110 La Corte ha considerato che le decisioni individuali adottate ogni trimestre per fissare le quote di produzione e di consegna della ricorrente in base tanto all' art. 5 della decisione generale n. 3485/85 quanto all' art. 5 della decisione generale n. 194/88, poiché costituivano decisioni di applicazione delle suddette decisioni generali, dovevano essere annullate. Ciò significa, di conseguenza, che esse si trovavano necessariamente inficiate dallo stesso sviamento di potere che inficia le decisioni generali che ne costituivano la base legale.

    111 Il Tribunale ritiene che, nelle circostanze della presente causa, lo sviamento di potere rilevato dalla Corte nonché il palese misconoscimento tanto dell' art. 58, n. 2, del Trattato CECA quanto del principio della parità di trattamento integrano gli estremi di un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA.

    112 Infatti, occorre rilevare, in primo luogo, che nella citata sentenza 11 maggio 1983, Kloeckner (causa 244/81), la Corte aveva chiaramente stabilito che l' assenso del Consiglio era richiesto solo per l' istituzione del regime di quote di produzione in base all' art. 58 del Trattato CECA, e che la Commissione non eccedeva affatto i poteri conferitile dall' art. 58 fissando produzioni e quantitativi di riferimento distinti per l' applicazione dei tassi di riduzione validi per la determinazione rispettivamente della quota di produzione e della parte della produzione che può essere consegnata nel mercato comune.

    113 Si deve rilevare, in secondo luogo, che la Commissione stessa nella causa 119/81 (v. sentenza della Corte 7 luglio 1982, Kloeckner / Commissione, causa 119/81, Racc. pag. 2627) aveva osservato che "la condizione del parere conforme posto dall' art. 58 sarebbe quindi soddisfatta in quanto il Consiglio ha dato il suo assenso al principio dell' istituzione di un regime di quote" e che non sarebbe "necessario che il Consiglio si pronunci sui particolari delle modalità del regime stesso".

    114 Infine, si deve osservare, in terzo luogo, che nella sentenza 21 febbraio 1984, Walzstahl e a. / Commissione (cause riunite 140/82, 146/82, 221/82 e 226/82, Racc. pag. 951), la Corte aveva chiaramente considerato che i poteri attribuiti alla Commissione dal Trattato CECA sarebbero sviati dal loro scopo legittimo se si dovesse ritenere che la Commissione se ne sia valsa allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di eludere un procedimento appositamente contemplato dal Trattato per far fronte alle circostanze dinanzi alle quali essa si trova.

    115 Orbene, il Tribunale rileva che nel caso di specie la convenuta, dopo aver proceduto all' esame della particolare situazione delle imprese Peine-Salzgitter e Hoogovens e dopo aver concluso, in occasione delle discussioni con le imprese interessate nella sede del Comitato consultivo e, soprattutto, nella sua comunicazione al Consiglio 25 settembre 1985, che i rapporti I:P di dette imprese dovevano essere adeguati al fine di stabilire le quote su una base equa, non ha per questo adottato, in base all' art. 58, n. 2, del Trattato CECA, le disposizioni richieste dall' attuazione di detta conclusione. Infatti, nonostante il fatto che il Consiglio avesse già dato il suo assenso al principio dell' istituzione del regime di quote, la convenuta si è limitata a presentare al Consiglio un progetto in base all' art. 58, n. 1, mentre la stessa non poteva ignorare che non era necessario che il Consiglio si pronunciasse sulla fissazione delle produzioni e dei quantitativi di riferimento ai fini dell' applicazione dei tassi di riduzione validi per determinare le quote di produzione e di consegna delle imprese.

    116 Il Tribunale rileva inoltre che, senza aver ottenuto il parere conforme del Consiglio, la convenuta ha adottato le decisioni generali nn. 3485/85 e 194/88 senza apportarvi modifiche relative al regime delle quote di consegna.

    117 Alla luce di quanto precede, il Tribunale considera, in primo luogo, che la convenuta non potesse ignorare che essa aveva l' obbligo di stabilire sotto la sua esclusiva responsabilità le quote di consegna su una base equa, vigilando a che il principio di parità dinanzi agli oneri pubblici sia rispettato in qualsiasi momento e nel modo più scrupoloso (v. sentenza 13 luglio 1961, Meroni e a. / Alta Autorità della CECA, cause riunite 14/60, 16/60, 17/60, 20/60, 24/60, 26/60, 27/60 e 1/61, Racc. pag. 307), e, in secondo luogo, che essa non potesse ignorare che, a seguito del suo disconoscimento di tale obbligo, il principio di un' equa ripartizione delle quote di consegna non era osservato nei confronti di un numero limitato di imprese per le quali il rapporto I:P era divenuto eccezionalmente sfavorevole.

    118 Ne consegue che, adottando l' art. 5 della decisione generale n. 3485/85 e le decisioni individuali emanate a norma di tale articolo nonché l' art. 5 della decisione generale n. 194/88 e le decisioni individuali adottate in applicazione di tale articolo, la Commissione ha misconosciuto in modo manifesto e grave i limiti ch' essa deve osservare nell' esercizio del suo potere discrezionale per l' attuazione del regime delle quote di produzione basato sull' art. 58, n. 2, del Trattato CECA, il che costituisce un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA.

    Sul danno

    119 Si deve infine accertare se la ricorrente, a causa delle decisioni qui sopra dichiarate illecite tanto da comportare la responsabilità della Comunità, abbia subito un danno diretto e particolare, consistente nella differenza fra gli introiti ch' essa avrebbe potuto realizzare qualora la Commissione le avesse debitamente assegnato una quota di consegna superiore per il mercato comunitario, dove i prezzi erano più alti, e gli introiti ch' essa ha effettivamente realizzato essendo obbligata a vendere a prezzi bassi in paesi terzi.

    Sul carattere diretto del danno

    120 La ricorrente assume che si deve stabilire se lo stesso danno si sarebbe verificato in mancanza dell' atto illecito. Nel caso di specie sarebbero le decisioni illegittime della Commissione che avrebbero direttamente causato il danno da essa subito, in quanto esse le avrebbero impedito di praticare prezzi di vendita più alti per i quantitativi supplementari che avrebbe potuto smerciare nella Comunità in mancanza delle decisioni viziate da illegittimità.

    121 La convenuta sostiene che l' asserito danno è stato provocato da cause diverse dalle decisioni illegittime adottate dalla Commissione, vale a dire, in particolare, dal livello dei prezzi praticati sul mercato mondiale, che la convenuta non poteva controllare. Del resto, il nesso di causalità dovrebbe essere individuato nelle decisioni individuali non impugnate, non nelle decisioni generali annullate. Infine, la ricorrente, uscita indenne dalla crisi grazie al regime delle quote, non potrebbe essere legittimata, scaduto tale regime, a far valere un danno in un momento in cui essa realizza di nuovo introiti notevoli.

    122 Il Tribunale rileva che, anche se, da un lato, le imprese, per giustificare il loro diritto all' indennizzo, non possono far riferimento ai provvedimenti restrittivi imposti nell' ambito del regime delle quote nell' interesse del risanamento del mercato e della sua redditività a più lungo termine, non si può ammettere, d' altro canto, che la Commissione possa essere esentata dalla sua responsabilità solo perché, al termine del regime delle quote, una congiuntura favorevole nel settore dell' acciaio ha consentito alle imprese uscite indenni dalla crisi di realizzare nuovamente degli utili.

    123 Peraltro, anche se il danno iniziale è stato causato, fra l' altro, dalle decisioni generali nn. 3485/85 e 194/88, che sono state dichiarate illegittime, è pur vero che anche talune decisioni individuali sono state annullate dalla Corte in quanto inficiate dalla stessa illegittimità della decisione generale n. 3485/85 e che tutte le altre decisioni individuali - anche se non annullate - sono state viziate della stessa illegittimità; esse avrebbero quindi subito la stessa sorte se avessero costituito oggetto di un ricorso di annullamento davanti alla Corte. Inoltre, per quanto riguarda il 1985, il danno è stato causato da una decisione individuale annullata dalla Corte nonché da altre tre decisioni individuali, le quali - pur non annullate - sono inficiate dalla stessa illegittimità.

    124 Inoltre, il danno subito dalla Peine-Salzgitter non risulta dal calo dei prezzi dell' acciaio in taluni mercati dei paesi terzi, bensì, al contrario, dall' obbligo nel quale essa si è trovata, a causa di una serie di decisioni illegittime della Commissione, di smerciare la sua produzione su tali mercati in condizioni non redditizie.

    125 Infine, va rilevato che la ricorrente non chiede il ristabilimento delle quote relative di mercato che essa assume di aver perso rispetto ai suoi concorrenti che hanno fruito indebitamente delle quote di consegna che le erano state illegittimamente negate, bensì essa chiede un compenso pecuniario del danno diretto causato dalle decisioni illegittime e viziate da un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità.

    126 Si deve, quindi, rilevare che il comportamento illecito della Commissione ha causato il danno menzionato dalla ricorrente.

    Sulla particolarità del danno

    127 La ricorrente sostiene che nel presente caso il danno subito supera il "comune disagio" che dev' essere uniformemente sopportato da tutti gli operatori economici. Infatti, solo la ricorrente e la società Hoogovens avrebbero subito perdite di redditi a causa del diniego della Commissione di adeguare il loro rapporto I:P.

    128 Essa sottolinea, inoltre, che la Corte ha rilevato espressamente, nella citata sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), l' esistenza di "difficoltà eccezionali" per la ricorrente.

    129 La ricorrente assume, infine, che non si tratta di accertare se essa realizzi degli utili dopo la scadenza del regime delle quote, ma se essa abbia subito una discriminazione durante l' applicazione di tale disciplina. A suo avviso, le imprese concorrenti avrebbero realizzato sul mercato comunitario, a causa del comportamento della Commissione, degli utili supplementari che le sarebbero dovuti spettare. Gli utili perduti dalla ricorrente durante il periodo primo trimestre 1985 - secondo trimestre 1988, a causa delle decisioni illecite della Commissione, avrebbero definitivamente compromesso gli investimenti e l' ammortamento dei debiti della ricorrente. Essa sarebbe stata sfavorita giacché, dalla scadenza del regime delle quote, essa dovrebbe far fronte ad una nuova situazione concorrenziale pur assumendo l' onere delle perdite da essa subito in passato.

    130 La convenuta sostiene che nel caso di specie non vi è alcun danno da risarcire in forza dell' art. 34 del Trattato CECA che, secondo la giurisprudenza della Corte (v. ordinanza 2 maggio 1988, Assider / Commissione, causa 92/88 R, Racc. pag. 2425), richiede una "perdita di relatività" duratura. Dopo l' abolizione del regime delle quote tale danno duraturo verrebbe meno giacché le imprese, sottoposte di nuovo alla concorrenza, avrebbero la possibilità di aumentare le loro quote di mercato e potrebbero, perciò, compensare le perdite subite quando vigeva il regime delle quote. Essa aggiunge che grazie al regime delle quote e alle condizioni economiche positive create dalla Comunità la ricorrente è stata in grado di realizzare di nuovo notevoli utili in un mercato risanato.

    131 Il Tribunale ricorda che la nozione della particolarità del danno riguarda, in primo luogo, l' intensità speciale del danno e, in secondo luogo, il fatto di incidere su un numero ristretto e delimitabile di operatori economici.

    132 Per quanto riguarda la particolarità del danno subito a causa dell' applicazione dell' art. 5 della decisione generale n. 3485/85, si deve, in primo luogo, rilevare che la considerazione svolta dalla Corte nella citata sentenza 14 luglio 1988, Peine-Salzgitter e a. (cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86), secondo la quale "è pacifico che i rapporti I:P sfavorevoli provocano difficoltà economiche eccezionali alle ricorrenti", consente di concludere che il danno subito a causa dell' illegittimità che inficia le decisioni della Commissione supera ampiamente ciò che si può esigere che un singolo sopporti, entro limiti ragionevoli, senza ottenere il risarcimento dai fondi pubblici, a causa di una lesione pregiudizievole dei suoi interessi economici causata da un atto normativo illecito.

    133 D' altra parte, il presupposto dell' incidenza su un numero ristretto e delimitabile di operatori economici è del pari soddisfatto, dato che nove imprese siderurgiche, nominatamente designate, hanno subito difficoltà considerevoli a causa di un rapporto I:P particolarmente sfavorevole.

    134 Per quanto riguarda la particolarità del danno risultante dalla decisione annullata 11 giugno 1985 e dalle decisioni relative agli ultimi tre trimestri dello stesso anno, recanti il diniego di adeguare le quote di consegna in conformità all' art. 14 della decisione generale n. 234/84, va osservato, in primo luogo, che in una lettera inviata all' impresa ricorrente nel dicembre 1988 la stessa Commissione ha valutato in 7 000 tonnellate per trimestre per l' anno 1985 il volume del tonnellaggio supplementare interessato dall' art. 14, stima confermata dalla valutazione dei tonnellaggi supplementari fornita dalla stessa ricorrente. Tale danno supera ampiamente i limiti di ciò che ragionevolmente può essere richiesto da un singolo.

    135 D' altra parte, il presupposto dell' incidenza su un numero ristretto e delimitabile di operatori economici interessati dalle decisioni illecite è soddisfatto anche per il fatto, non contestato dalla convenuta, che solo all' impresa Peine-Salzgitter la Commissione ha negato l' adeguamento, ai sensi dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84, del rapporto I:P per il 1985.

    136 E' quindi provato che la Commissione ha infranto senza giustificazione la parità di trattamento fra gli operatori economici, e che questa violazione ha colpito un gruppo ristretto e nettamente delimitato di operatori e che l' asserito danno supera i limiti dei rischi economici propri dell' attività del settore di cui trattasi (v. sentenze 4 ottobre 1979, Ireks-Arkady, causa 238/78, già citata; DGV, cause riunite 241/78, 242/78, 245/78-250/78, già citata; Interquell e Diamalt / Consiglio e Commissione, cause riunite 261/78 e 262/78, Racc. pag. 3045).

    137 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che le decisioni individuali relative ai quattro trimestri degli anni 1985, 1986, 1987 e ai primi due trimestri del 1988 sono inficiate, ai sensi dell' art. 34, primo comma, del Trattato CECA, da un illecito tale da comportare la responsabilità della Comunità e che, a causa di dette decisioni, la ricorrente ha subito un danno diretto e particolare.

    138 Si deve, quindi, rinviare il presente caso alla Commissione, che è tenuta ad adottare i provvedimenti idonei a garantire un equo risarcimento del danno direttamente risultante dalle decisioni elencate in precedenza e a concedere, se necessario, un equo indennizzo.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    139 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, che si applica mutatis mutandis al procedimento davanti al Tribunale, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie la convenuta è rimasta sostanzialmente soccombente, salvo per quanto riguarda la richiesta di pagamento della somma di 77 603 528 DM. Si deve quindi far sopportare alla convenuta le proprie spese e il 90% di quelle della ricorrente. Questa sopporterà il 10% delle proprie spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1) Le seguenti decisioni della Commissione sono viziate da un illecito tale da far sorgere la responsabilità della Comunità:

    a) le decisioni della Commissione recanti diniego di adeguare, a norma dell' art. 14 della decisione generale n. 234/84/CECA, le quote di consegna della ricorrente per i prodotti della categoria III per i quattro trimestri dell' anno 1985;

    b) le decisioni della Commissione che fissano, a norma dell' art. 5 delle decisioni generali nn. 3485/85/CECA e 194/88/CECA, le quote di consegna della ricorrente per i prodotti delle categorie Ia, Ib, Ic e III a decorrere dal primo trimestre del 1986 fino al secondo trimestre del 1988.

    2) La ricorrente ha subito un danno diretto e particolare per effetto di dette decisioni.

    3) La richiesta di versamento della somma di 77 603 528 DM, maggiorata dagli interessi, è respinta in quanto prematura.

    4) Il presente caso è rinviato alla Commissione, che è tenuta ad adottare i provvedimenti idonei a garantire un equo risarcimento del danno direttamente risultante dalle decisioni elencate in precedenza e a concedere, se necessario, un equo indennizzo.

    5) La Commissione sopporterà le proprie spese e il 90% di quelle della ricorrente. La ricorrente sopporterà il 10% delle proprie spese.

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