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Document 61988CC0347

Conclusioni dell'avvocato generale Tesauro del 23 maggio 1990.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica ellenica.
Importazioni, esportazioni e commercializzazione di petrolio greggio e di prodotti petroliferi - Monopolio nazionale - Prezzi.
Causa C-347/88.

Raccolta della Giurisprudenza 1990 I-04747

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1990:225

61988C0347

Conclusioni dell'avvocato generale Tesauro del 23 maggio 1990. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA ELLENICA. - IMPORTAZIONI, ESPORTAZIONI E DISTRIBUZIONE DEL PETROLIO GREGGIO E DEI SUOI DERIVATI - MONOPOLIO NAZIONALE - PREZZI. - CAUSA 347/88.

raccolta della giurisprudenza 1990 pagina I-04747


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Nella presente procedura la Commissione contesta la compatibilità con il diritto comunitario di diversi aspetti della normativa ellenica relativa all' importazione, all' esportazione ed alla distribuzione del petrolio greggio e dei suoi derivati. Tale regime, sia per quanto concerne la sua originaria formulazione, prevista dalla legge n. 1571 del 21 ottobre 1985, sia per quanto riguarda successivi emendamenti e misure di applicazione, è dettagliatamente descritto nella relazione d' udienza, cui si rinvia; ci si riferisce altresì a detta relazione per l' esposizione delle diverse questioni di ricevibilità e merito sollevate dal presente ricorso.

Sulla ricevibilità

2. Nei confronti di talune delle censure mosse dalla Commissione riguardo alla normativa di cui trattasi, la Repubblica ellenica ha opposto delle eccezioni di irricevibilità. Ad alcune di queste, che saranno esaminate per prime, è possibile fornire una risposta abbastanza agevole ad una prima lettura; altre, che concernono gli addebiti formulati nei riguardi della regolamentazione di controllo dei prezzi dei prodotti in questione, richiedono viceversa un' analisi più attenta.

3. In primo luogo la Repubblica ellenica rileva che, nel parere motivato, la Commissione ha inequivocabilmente affermato di voler rinunciare a proseguire la procedura d' infrazione in relazione ad alcuni degli addebiti contestati nella lettera di messa in mora, fra cui, in particolare, quello inerente alla facoltà del governo, prevista dall' art. 4, n. 3, della legge n. 1571/85, di revocare, in casi eccezionali, la liberalizzazione realizzata nel settore, ripristinando i diritti di commercializzazione esclusiva soppressi. In contrasto con tali affermazioni - precisa sempre il governo ellenico - la Commissione, nel ricorso, dimostrerebbe di considerare tale possibilità di revoca come un' autonoma infrazione alle norme comunitarie.

Al riguardo basti osservare che la Commissione, nel parere motivato, prendendo atto delle assicurazioni fornite dal governo ellenico, precisa che "il n' y a pas lieu dans ces conditions de poursuivre la procédure d' infraction sur ce point": è indubbio pertanto che questo aspetto sia da considerarsi escluso dall' oggetto del ricorso e che l' eccezione sia dunque fondata.

4. La Repubblica ellenica ha poi sostenuto l' irricevibilità delle censure relative ai requisiti prescritti dalla legislazione in causa ed in particolare dall' art. 15 della legge n. 1571/85 per l' esercizio del commercio dei prodotti petroliferi (quote di messa in commercio, presentazione di programmi di fornitura e detenzione di una determinata capacità di trasporto), censure che non sarebbero state debitamente sollevate nella fase precontenziosa.

Va tuttavia rilevato che, contrariamente a quanto asserito dal governo resistente, tali addebiti risultano precisamente individuati sia nella lettera di messa in mora ((lett. c ), quarto trattino) )) sia nel parere motivato (punto 9) e trovano del resto un puntuale riscontro nelle difese in merito sviluppate dalla Repubblica ellenica nel corso della procedura precontenziosa. L' eccezione mi sembra dunque infondata.

5. Più complesse, come si diceva, appaiono viceversa le altre questioni di ricevibilità sollevate dal presente ricorso e che investono le censure mosse dalla Commissione nei confronti del regime ellenico di regolamentazione dei prezzi dei prodotti petroliferi.

A tal proposito, per rendere più agevole la lettura delle osservazioni che seguono, ritengo indispensabile riportare i passaggi pertinenti del parere motivato e del ricorso. Nel parere motivato (punto 10), la Commissione sostiene l' incompatibilità di tale regime di prezzi massimi con l' art. 30 deducendo quanto segue: "Il ne tient pas suffisamment compte des frais spécifiques qui grèvent les produits importés (frais d' approche), la fixation des prix n' intervient qu' à intervalles particulièrement longs (tous les trois mois seulement) et le taux de conversion entre le dollar américain et la drachme reste inchangé pendant des périodes particulièrement longues également (trois mois aussi)"; inoltre, avendo indicato che in queste condizioni non è sempre possibile commercializzare i prodotti importati a prezzi remunerativi, la Commissione conclude che il regime in questione potrà considerarsi in armonia con le disposizioni comunitarie soltanto allorché sarà stato riordinato "de telle sorte que les frais qui grèvent les produits importés soient incorporés dans le calcul des prix maximaux imposés". Altro non v' è nel parere motivato.

Nel ricorso, dopo aver riportato il testo dell' art. 11, n. 1, della legge n. 1571/85, quale nel frattempo modificato dalla legge n. 1769/88, la Commissione conferma che detta disposizione, unitamente agli atti amministrativi di applicazione, è in contrasto con l' art. 30, formulando i tre addebiti seguenti:

"a) ils ((i prezzi amministrati)) ne tiennent pas suffisamment compte des frais particuliers afférents aux produits importés (par exemple, frais de transport);

b) une importance disproportionnée est accordée aux critères purement nationaux (grecs) pour la formation des prix;

c) il appartient à l' administration hellénique (article 11, paragraphe 1, de la loi n 1571/85 modifié) de déterminer les facteurs intervenant dans la formation du prix de base, ainsi que les modalités de leur prise en compte et leur pondération."

Nessun' altra argomentazione o semplice precisazione di circostanze di fatto o di diritto figura nel ricorso a sostegno dell' asserita non conformità rispetto al diritto comunitario del regime di prezzi massimi di cui si tratta.

6. La Repubblica ellenica rileva anzitutto che l' addebito formulato nel ricorso alla lett. c), relativo alla discrezionalità dell' amministrazione nel determinare i fattori di formazione dei prezzi, è irricevibile in quanto non contemplato nel parere motivato. Alla luce di un confronto fra i testi sopra riportati, l' osservazione mi sembrerebbe fondata.

D' altro canto, va detto che nel prosieguo della procedura la Commissione ha riformulato la sua contestazione su questo specifico punto, affermando che essa non ha inteso contestare in apicibus la circostanza che gli Stati membri possano abilitare l' amministrazione a stabilire regole di applicazione di un regime di prezzi, ma le modalità concrete secondo cui tale regime sarebbe stato istituito ed organizzato. In altre parole ciò che sarebbe in discussione non è il potere di regolamentare i prezzi, ma il contenuto della regolamentazione adottata nell' esercizio di tale potere. Se ciò è vero, ne consegue che l' addebito formulato alla lett. c) non va più considerato come una censura distinta ed autonoma: piuttosto esso è da ritenersi assorbito nelle altre due censure contemplate nel ricorso e formulate alle lett. a) e b) e che concernono, sia pure in termini estremamente vaghi, il contenuto della regolamentazione in causa. Mi sembra pertanto si possa concludere che la Corte non è chiamata a statuire specificamente su questo punto.

7. In secondo luogo, la Repubblica ellenica fa valere che gli addebiti enunciati nel parere motivato e non ripresi nel ricorso non debbono più ritenersi far parte dell' oggetto della controversia. Concretamente il problema si pone in relazione a due censure formulate nel parere motivato, come già nella lettera di messa in mora, riguardo al regime dei prezzi: quella secondo cui la fissazione degli stessi interviene ad intervalli particolarmente lunghi (soltanto ogni tre mesi) e quella secondo cui il tasso di conversione dollaro-dracma resta del pari invariato per un periodo, ritenuto eccessivo, di tre mesi.

La Commissione replica di aver fatto rinvio, nel ricorso, al testo della lettera di messa in mora e del parere motivato, il cui contenuto, di conseguenza, dovrebbe ritenersi parte integrante dell' atto introduttivo del giudizio.

8. Mi sembra tuttavia che dall' art. 19 dello Statuto della Corte di giustizia e dall' art. 38, n. 1, del regolamento di procedura della stessa risulti chiaramente che il contenuto dell' istanza mediante la quale la Corte è adita deve tassativamente indicare taluni elementi, fra cui, in particolare, l' oggetto della controversia, l' esposizione sommaria dei motivi invocati e le conclusioni del ricorrente. Ne consegue che nel caso della procedura ex art. 169, sulla Commissione gravi comunque l' onere di precisare nell' atto introduttivo del giudizio (così come del resto negli atti della fase precontenziosa) sia il contenuto materiale delle censure rivolte allo Stato convenuto sia, almeno sommariamente, le ragioni di diritto e di fatto su cui tali censure si fondano. Queste esigenze - peraltro non particolarmente gravose dal punto di vista redazionale -, oltre che per una rituale delimitazione del thema decidendum dinanzi alla giurisdizione adita, appaiono altresì essenziali in quanto permettono di verificare, senza possibilità di dubbi o ambiguità, che la Commissione non abbia rinunciato a qualcuno degli addebiti evocati nel corso della fase precontenziosa.

Ritengo pertanto che in linea di principio, e conformemente ad un criterio che mi sembra tutt' altro che estraneo alle tradizioni processuali degli Stati membri, non sia ammissibile nell' atto introduttivo del giudizio la deduzione di censure e motivi per relationem ad altri atti. Resta viceversa possibile, ma si tratta di un' ipotesi diversa e chiaramente in linea con le prescrizioni appena richiamate, far riferimento, nel ricorso ex art. 169, alle argomentazioni e circostanze della lettera di messa in mora e del parere motivato, qualora si voglia semplicemente chiarire la portata degli addebiti e dei motivi comunque individuati nel ricorso giurisdizionale.

9. Questo in linea di principio; ma v' è di più. Anche qualora si ammettesse che è possibile introdurre nel ricorso ex art. 169 addebiti e motivi facendo rinvio puramente e semplicemente agli atti della procedura precontenziosa, va pur sempre rilevato che, nel caso di specie, il rinvio operato dalla Commissione nel suo ricorso non può comunque riferirsi agli addebiti, contemplati nel parere motivato, inerenti al termine di tre mesi previsto per la determinazione dei prezzi e per la fissazione del tasso di conversione dracma-dollaro. Risulta infatti che, successivamente al parere motivato e prima dell' introduzione del ricorso, il regime greco è stato modificato dalla legge n. 1769/88, che ha istituito termini ben inferiori per la determinazione di questi elementi. Vi è dunque ormai da ritenere che la Commissione, non formulando nel ricorso alcuna contestazione o osservazione a questo specifico riguardo, abbia ritenuto che, a seguito della modifica suindicata, la legislazione greca sia stata riportata in armonia con le esigenze comunitarie e che pertanto sia stato posto fine all' infrazione su questi punti particolari. Il che del resto risulta confermato anche dalla circostanza che, nel prosieguo della procedura scritta e in udienza, la Commissione non ha più mosso alcuna obiezione sul fatto che i prezzi e i relativi tassi di conversione fossero stabiliti dal governo a scadenze troppo distanti l' una dall' altra. Ritengo pertanto che le censure enunciate nel parere motivato in relazione a questi due punti siano da considerarsi estranee al thema decidendum del presente giudizio.

10. La Repubblica ellenica considera poi irricevibili le censure mosse dalla Commissione riguardo al modo in cui le autorità greche avrebbero valutato i fattori "costo di conservazione delle scorte" e "tendenza del mercato" ai fini della determinazione dei prezzi massimi dei prodotti petroliferi. Dette censure, sottolinea il governo resistente, sono contenute e sviluppate soltanto nella memoria di replica. Inoltre, esse riguarderebbero disposizioni (l' art. 2, n. 5, del decreto presidenziale n. 27 del 17 gennaio 1989) adottate molto tempo dopo l' instaurazione del giudizio.

Al riguardo, occorre premettere che l' art. 11 della legge n. 1571/85 (anche nella versione emendata dalla legge n. 1769/88) prevedeva che nella determinazione dei prezzi si sarebbero presi in considerazione, fra l' altro, i fattori "tendenza del mercato" e "costo di conservazione delle scorte"; eppure, sino alla memoria di replica, tale previsione non ha suscitato alcun cenno di critica o perplessità da parte della Commissione. Vero è poi che il decreto presidenziale n. 27/89, successivo alla procedura precontenziosa e persino al ricorso, inerente alle modalità di calcolo dei fattori che intervengono nella formazione del prezzo base dei prodotti petroliferi, unitamente ad un insieme di altri elementi (i prezzi internazionali dei prodotti, il costo-trasporto da porti situati in Italia verso porti greci, le perdite incorse durante detto trasporto, i premi di assicurazione del trasporto), ha previsto e regolato altresì la determinazione delle variabili "tendenza del mercato" e "costo di conservazione delle scorte".

Ora, come ricordato, nella memoria di replica la Commissione, basandosi sul disposto di tale decreto, ha contestato l' introduzione o comunque le modalità di calcolo di queste due variabili e ciò malgrado che nelle fasi precedenti nessun riferimento fosse stato fatto a questo specifico riguardo e che, di conseguenza, la Repubblica ellenica non avesse avuto, prima della controreplica, alcuna possibilità di esprimersi su questi punti.

11. La Commissione tuttavia obietta che nella fase precontenziosa e nel ricorso essa ha inteso contestare in generale il regime dei prezzi massimi in questione in quanto idoneo a pregiudicare le importazioni. Le censure avanzate nella replica andrebbero quindi lette come una semplice specificazione di tale addebito più generale e non costituirebbero delle autonome e nuove contestazioni.

In proposito va però precisato che, se è vero che la Corte riconosce la possibilità di contestare nel ricorso fatti intervenuti successivamente al parere motivato, qualora siano "della medesima natura di quelli considerati nel parere motivato e che costituiscono uno stesso comportamento" (v. sentenza 22 marzo 1983, Commissione / Francia, causa 42/82, Racc. pag. 1013, e sentenza 2 febbraio 1988, Commissione / Italia, causa 113/86, Racc. pag. 607), è anche vero che la Corte ha più volte ribadito che, per evitare che le finalità essenziali della procedura preconteziosa siano frustrate, l' oggetto della controversia deve risultare circoscritto sin dalla lettera di messa in mora (v., fra le tante, sentenza 15 dicembre 1982, Commissione / Danimarca, causa 211/81, Racc. pag. 4547). Ne consegue quindi: che è impossibile ampliare nel parere motivato l' ambito degli addebiti enunciati nella lettera di messa in mora (v. sentenza 11 luglio 1984, Commissione / Italia, causa 51/83, Racc. pag. 2793); che in particolare l' oggetto del ricorso giurisdizionale è definitivamente stabilito dalla procedura precontenziosa e che, di conseguenza, "il parere motivato della Commissione e il ricorso devono essere basati sui medesimi motivi e mezzi" (v. sentenza 7 febbraio 1984, Commissione / Italia, causa 166/82, Racc. pag. 459); che, infine, in armonia con tali principi, gli atti della fase precontenziosa debbono obbedire, sia pure in misura diversa, ad inderogabili requisiti di precisione: meno rigidi nel caso della messa in mora, che consiste solo "in un primo e breve riassunto degli addebiti", i quali possono essere precisati (ma come si è visto non ampliati) nel parere motivato, e ben più rigidi nel parere motivato, il quale, come più volte ribadito, "deve contenere un' esposizione coerente e particolareggiata dei motivi" (v. sentenza 28 marzo 1985, Commissione / Italia, causa 274/83, Racc. pag. 1077).

12. Ciò premesso, e venendo al caso di specie, ritengo che nella memoria di replica la Commissione non si sia limitata a precisare censure e motivi già sufficientemente individuati al momento della definizione dell' oggetto della controversia, ma al contrario abbia voluto far rientrare nel quadro di una procedura già radicata dinanzi alla Corte dei nuovi addebiti risultanti dall' emanazione di nuove disposizioni nazionali.

Del pari non mi sembra che queste nuove censure concernano fatti della stessa natura di quelli già contestati nel parere motivato e che costituiscano uno stesso comportamento. Come risulta dalle sentenze nelle cause 42/82 e 113/86, precitate, l' identità di natura e comportamento può ravvisarsi qualora una medesima pratica, già contestata nel parere motivato (ad esempio una serie di ritardi nell' espletamento di adempimenti amministrativi), si protragga anche successivamente; solo in questa ipotesi infatti si può stimare che l' oggetto della controversia sia rimasto sostanzialmente invariato e che, soprattutto, non vi sia stata una violazione delle prerogative della difesa. Nella presente procedura, viceversa, ciò che in realtà viene contestato nella memoria di replica è l' instaurarsi di nuovi comportamenti che costituiscono autonome e distinte infrazioni, comportamenti, è bene ripeterlo ancora una volta, su cui lo Stato convenuto non ha avuto la possibilità di pronunciarsi nei tempi e nelle forme prescritte. A questo va aggiunto che, in ossequio ai principi procedurali suenunciati, la Corte ha dimostrato una ragionevole prudenza allorché si è trattato di consentire un allargamento dell' oggetto della controversia a fatti successivi al parere motivato; così, ad esempio, nell' ipotesi di ritardato pagamento di determinati premi agricoli, ripetuto nel corso di successive campagne, si è ritenuto che l' inadempimento contestato non riguardasse "un atto unico i cui effetti si protrarrebbero per un lungo lasso di tempo, bensí ritardi nel pagamento di premi dovuti per ciascuna campagna che costituirebbero un inadempimento distinto per ciascuna campagna" (v. sentenza 22 febbraio 1986, Commissione / Italia, causa 309/84, Racc. pag. 599). Una tale prudenza si impone ancor piú allorché non è in questione la ripetizione di un analogo comportamento, ma l' adozione da parte dello Stato resistente di atti materialmente diversi da quelli contestatigli nel parere motivato e addirittura nel ricorso (v. sentenza 10 marzo 1970, Commissione /Italia, causa 7/69, Racc. pag. 111).

13. Quanto all' obiezione secondo cui le censure formulate nella replica sarebbero ricomprese nelle contestazioni globalmente indirizzate al regime dei prezzi in questione nel parere motivato e nel ricorso, ritengo che debba essere respinta. In effetti, se si seguisse questa linea di ragionamento si potrebbe facilmente eludere il rispetto dei principi procedurali, in quanto basterebbe che la Commissione formulasse nella fase precontenziosa degli addebiti dal contenuto estremamente vago e generico, individuando solo successivamente il vero oggetto delle sue censure. In questo caso la regola secondo cui l' oggetto della controversia va individuato tempestivamente e non può essere successivamente ampliato verrebbe svuotata di ogni significato - il che frustrerebbe la funzione conciliativa della fase precontenziosa - e lo Stato convenuto verrebbe privato di ogni effettiva possibilità di difesa.

In definitiva, mi sembra si debba concludere che le censure dedotte nella memoria di replica in relazione al "costo di conservazione delle scorte" ed alla "tendenza del mercato" siano state introdotte nel giudizio tardivamente e vadano dunque dichiarate irricevibili.

14. In secondo luogo, quanto sin qui esposto mi porta ad un' ulteriore considerazione. V' è da chiedersi cioè se gli addebiti contemplati nel ricorso in relazione al regime dei prezzi ed enunciati alle lett. a) e b) non siano essi stessi irricevibili in quanto formulati in termini troppo vaghi e generici. A questo riguardo è pertinente osservare che la Commissione si è limitata ad enunciare il quid demostrandum (vale a dire che i prezzi massimi non tengono sufficientemente conto dei costi afferenti ai prodotti importati e che accordano importanza sproporzionata agli elementi di costo interni), mentre dal ricorso non risultano le ragioni su cui tale conclusione si fonda né gli elementi e le circostanze che sarebbero stati presi in considerazione per pervenire ad un tale risultato.

Sottolineo altresì che un' esigenza di precisazione al riguardo appariva tanto più pressante in quanto la legislazione in causa, che di per sé non può ritenersi incompatibile con il diritto comunitario, ha un contenuto articolato e complesso, prevedendo analiticamente una molteplicità di fattori, taluni di carattere interno, altri di carattere internazionale, per la determinazione dei prezzi di cui si tratta.

15. In queste condizioni sono propenso a ritenere che la Commissione non abbia debitamente definito il contenuto materiale di tali addebiti e che non abbia altresì fornito un' esposizione "coerente e particolareggiata" dei relativi motivi. Se ciò è vero, ci si trova allora di fronte ad una questione non di merito, ma di procedura, nel senso che un' incerta e vaga definizione del thema decidendum oltre a mettere in discussione il rispetto dei principi processuali suenunciati rende impossibile alla Corte di esercitare il suo controllo giurisdizionale. A quest' ultimo riguardo mi sembra particolarmente significativa una recente sentenza (sentenza 5 aprile 1990, Commissione / Repubblica ellenica, causa C-132/88, Racc. pag. I-1567) in cui la Corte ha ritenuto che non rientrasse nell' ambito oggettivo della controversia una censura che nel ricorso era stata semplicemente enunciata dalla Commissione senza essere suffragata da nessuna argomentazione (argomentazioni che peraltro - diversamente dal caso di specie - risultavano quanto meno sviluppate nel parere motivato). In presenza di tali circostanze la Corte ha dichiarato non luogo a statuire su tale censura, soluzione cui mi sembra si possa pervenire a fortiori nel caso di specie.

Credo pertanto che la Corte debba astenersi dallo statuire anche sulle censure relative al regime di prezzi massimi indicate alle lett. a) e b) del ricorso.

Nel merito

16. Terminata la disamina delle questioni di ricevibilità, che avrebbe forse potuto essere almeno in parte evitata se solo l' istituzione agente avesse dimostrato maggiore rigore nello svolgimento e nell' articolazione della procedura, è possibile dedicarsi all' analisi dei profili di merito seguendo l' ordine in cui questi sono stati esposti nella relazione di udienza.

a) I diritti esclusivi di importazione

17. La Commissione sostiene che con la legge n. 1571/85 la Repubblica ellenica si è riservata dei diritti esclusivi d' importazione per il petrolio greggio ed i prodotti petroliferi. Tali diritti esclusivi sarebbero da ritenersi contrari tanto all' art. 30 quanto all' art. 37 del Trattato, in quanto idonei a determinare un ostacolo agli scambi nonché illegittime discriminazioni fra gli operatori comunitari.

Ai fini della valutazione di questo addebito è necessario distinguere fra i diritti relativi all' importazione di prodotti finiti e semifiniti e i diritti relativi alle importazioni di greggio.

- diritti relativi alle importazioni di prodotti finiti e semifiniti

18. Va anzitutto premesso che alla stregua dell' art. 40 dell' Atto di adesione la "Repubblica ellenica procede, a decorrere dal 1 gennaio 1981, ad un progressivo riordinamento dei monopoli nazionali che presentano un carattere commerciale, ai sensi dell' art. 37, n. 1, del Trattato CEE, in modo che venga esclusa, anteriormente al 31 dicembre 1985, qualsiasi discriminazione fra i cittadini degli Stati membri per quanto riguarda le condizioni relative all' approvvigionamento ed agli sbocchi"; l' art. 40 detta disposizioni più rigorose per quanto riguarda i diritti esclusivi di esportazione ed i diritti esclusivi di importazione per taluni prodotti diversi dal petrolio e suoi derivati, diritti di cui è prevista l' abolizione a decorrere dal 1 gennaio 1981.

Va poi rilevato che la legge n. 1571/85 prevede un monopolio pubblico di raffinazione del greggio, monopolio che la Commissione non ritiene in contrasto con le norme comunitarie. La legge n. 1571/85 contemplava altresì un monopolio pubblico d' importazione di prodotti petroliferi finiti e semifiniti (art. 7); tuttavia, in virtù del rinvio ad altra disposizione (art. 4), era anche prescritto che tale monopolio sarebbe stato riordinato a partire dal 1 gennaio 1986.

E' pacifico che al momento dell' introduzione del presente ricorso la Repubblica ellenica aveva proceduto ad un riordino solo parziale dei diritti esclusivi di importazione sui derivati del petrolio, nel senso che il 40% delle importazioni risultava ancora soggetto all' esclusiva statale.

In presenza di tali circostanze, e basandosi sull' art. 40 dell' Atto di adesione, la Commissione ha ritenuto che il mantenimento di un' esclusiva, sia pur parziale, costituisse un' infrazione agli artt. 30 e 37 del Trattato.

19. Dirò subito che l' ipotesi qui esaminata si presenta analoga a quella oggetto della sentenza 13 febbraio 1976, Manghera (causa 59/75, Racc. pag. 91), ove pure si trattava di un monopolio pubblico nel quale si concentravano sia la produzione che l' importazione di determinati prodotti. In questa situazione, come sottolineato dalla Commissione, è legittimo presumere che il monopolista tenderà razionalmente a privilegiare la commercializzazione dei propri prodotti rispetto ai prodotti importati, i quali risulteranno pertanto obiettivamente discriminati. E' su questo sfondo che la Corte ha statuito nella sentenza Manghera che l' obiettivo proprio dell' art. 37 non sarebbe raggiunto "se non si garantisse in uno Stato membro in cui esista un monopolio commerciale la libera circolazione, in provenienza da altri Stati membri, di merci simili a quelle per cui vige il monopolio". Ora, nel caso di specie questa giurisprudenza risulta pienamente applicabile, dal momento che in virtù del monopolio di raffinazione lo Stato produce gli stessi prodotti per i quali si riserva un parziale diritto esclusivo d' importazione.

Quanto alla circostanza che al momento dell' introduzione del ricorso tale diritto esclusivo fosse stato ridotto al 40%, questa mi sembra non avere rilievo determinante dal momento che una tale percentuale è comunque sufficiente per consentire all' organismo pubblico di influenzare sensibilmente, ai sensi dell' art. 37, n. 1, le importazioni di cui trattasi.

Ritengo quindi fondata la censura secondo cui i diritti in questione rappresenterebbero una violazione dell' art. 37, senza che sia necessario esaminare se essi comportino egualmente una violazione dell' art. 30.

- diritto esclusivo di importazione del petrolio greggio

20. Diversa è la situazione per quanto riguarda il petrolio greggio. Al riguardo va precisato che l' art. 1, n. 2, della legge n. 1571/85 prevedeva il diritto esclusivo dello Stato "di raffinare e di conseguenza d' importare il petrolio greggio". La disposizione è stata modificata dalla legge n. 1769/88 che, pur mantenendo il diritto esclusivo di raffinare, ha soppresso tale diritto per quanto riguarda le importazioni. Malgrado detto emendamento, la Commissione rileva che ai sensi dell' art. 7, nn. 1 e 2, della legge n. 1571/85, non modificato, le importazioni di greggio, così come quelle dei prodotti lavorati, resterebbero pur sempre soggette all' esclusiva dello Stato. La Repubblica ellenica puntualizza tuttavia che alla stregua dell' art. 7, n. 2, dette importazioni debbono essere realizzate "conformemente all' art. 1" della legge medesima: dal momento che, come sottolineato, l' art. 1 è stato modificato nel senso di sopprimere l' esclusiva d' importazione del greggio, si dovrebbe concludere che l' art. 7, laddove si riferisce ai diritti esclusivi dello Stato in materia d' importazione, concerne soltanto i prodotti lavorati e non più il petrolio greggio.

21. La questione che la Corte è chiamata ad esaminare sulla base delle opposte allegazioni delle parti è se successivamente alle modifiche introdotte con la legge n. 1769/88 lo Stato risulti ancora titolare di un diritto esclusivo d' importazione per il petrolio greggio. Ritengo doveroso precisare che, a mio avviso, non dovrebbero esservi ostacoli procedurali all' apprezzamento da parte della Corte di tale questione. In effetti, ancorché si tratti di prendere in considerazione emendamenti legislativi successivi al termine prescritto nel parere motivato, ciò non vale a modificare né la natura né l' oggetto dell' accertamento della Corte: quest' ultima è pur sempre chiamata a verificare se lo Stato si sia effettivamente conformato al parere motivato eliminando l' infrazione già debitamente contestatagli, e non se, in virtù di emendamenti normativi, siano state poste in essere nuove infrazioni che richiederebbero necessariamente un autonomo, previo, esame precontenzioso. Se dunque, e nella misura in cui è richiesto alla Corte di non statuire su censure e per motivi diversi da quelli che avevano formato oggetto della fase precontenziosa, è da ritenere che non vi sia né un allargamento dell' oggetto della controversia né, di conseguenza, una compressione delle prerogative della difesa. D' altra parte, mi sembra che una diversa soluzione rischierebbe di pervenire a conseguenze difficilmente giustificabili: mentre, nel caso in cui lo Stato inquisito adottasse provvedimenti nei termini di cui al parere motivato, la Commissione potrebbe pacificamente chiedere alla Corte di constatare che tali provvedimenti non sono tali da eliminare l' infrazione, viceversa, nel caso, più grave, in cui lo Stato agisse tardivamente, la Commissione non potrebbe più ottenere che la Corte dichiari che i provvedimenti tardivamente adottati sono inadeguati per una completa regolarizzazione e che dunque la situazione di infrazione permane nonostante tali provvedimenti. Del resto, mi sembra che la Corte, nella citata causa 7/69, abbia riconosciuto di poter verificare se al momento della proposizione del ricorso sussista ancora una situazione di infrazione, prendendo a tal fine in considerazione anche i provvedimenti assunti dallo Stato dopo il termine del parere motivato.

22. Ciò precisato, e venendo al merito della questione, debbo in primo luogo rilevare che con la legge n. 1769/88 la Repubblica ellenica ha sicuramente abrogato la fondamentale disposizione (art. 1 della legge n. 1571/85) che prescriveva il monopolio statale delle importazioni di greggio. Quanto all' art. 7 di detta legge, questo stabilisce in generale, al n. 1, che l' importazione tanto di greggio che di prodotti lavorati "s' inscrive nel quadro dell' interesse generale dell' economia nazionale e mira in particolare a garantire un approvvigionamento regolare e stabile del mercato greco"; è vero dunque che l' art. 7, n. 1, si riferisce anche al greggio, ma ciò nel quadro di una norma il cui significato è quello di sancire che, in generale, le transazioni petrolifere con l' estero costituiscono un' attività d' interesse pubblico. L' art. 7, n. 2, assume viceversa una portata più specifica; esso prevede sì che le importazioni di cui al n. 1 siano realizzate esclusivamente dallo Stato, ma "conformemente all' art. 1" della legge stessa. Ora, nella misura in cui il legislatore ha emendato l' art. 1 abrogando il monopolio d' importazione di greggio prima contemplatovi, mi sembra che le normali regole ermeneutiche non consentano di trarre argomento dal testo dell' art. 7, n. 2, per affermare che questa disposizione continua ad attribuire, in contrasto con il disposto dell' art. 1, cui è esplicitamente subordinata, la titolarità allo Stato di un diritto esclusivo per le importazioni di greggio. D' altra parte, va anche osservato che la Commissione non ha dedotto alcun elemento da cui risulti che l' art. 7, n. 2, sia stato applicato nel senso di attribuire allo Stato un tale diritto monopolistico.

Mi sembra pertanto che la tesi della Commissione secondo cui, nonostante l' emendamento dell' art. 1 della legge n. 1571/85, la Repubblica ellenica avrebbe mantenuto il monopolio pubblico delle importazioni di greggio sia infondata.

23. Ma anche ammettendo che possa ravvisarsi un diritto esclusivo di importazione di greggio, non ritengo comunque che tale diritto possa di per sé, in assenza di altri elementi, considerarsi in contrasto con le norme comunitarie. La Repubblica ellenica ha infatti sottolineato, ancora una volta senza essere precisamente contraddetta dalla Commissione, che la produzione interna di greggio è del tutto marginale e in ogni caso destinata ad esaurirsi entro il 1990; ne consegue che il paese è totalmente dipendente dalle importazioni per il suo approvvigionamento. Questo quadro fattuale si configura essenzialmente diverso da quello che - come innanzi precisato - costituiva lo sfondo della sentenza Manghera, atteso che nella specie non esiste un' effettiva produzione nazionale di greggio che il titolare dei diritti esclusivi d' importazione avrebbe interesse a favorire con inevitabile pregiudizio del prodotto importato. Ora, in presenza di questa situazione di fatto, non credo si possa ragionevolmente presumere che l' asserito diritto esclusivo sia tale da determinare un impedimento alle importazioni, comunque indispensabili per l' esercizio dell' attività di raffinazione, e tanto meno un' illegittima discriminazione, che in ogni caso andrebbe dimostrata in concreto.

24. Ma v' è di piú. In effetti, nella specie, che un monopolio legale d' importazione di greggio esista o non esista appare del tutto ininfluente ai fini dell' andamento degli scambi intracomunitari, dal momento che, in ogni caso, lo Stato detiene legittimamente il monopolio della raffinazione e dunque controlla completamente la domanda del greggio importato. Come è emerso in udienza, il fatto che i terzi godano o meno, in astratto, della facoltà di importare greggio risulta, nella situazione concreta presentata alla Corte ed in assenza di diverse indicazioni di fatto, un aspetto da cui non scaturiscono reali conseguenze economiche; in ogni caso, infatti, le raffinerie pubbliche (e quelle private che operano su concessione statale) provvederanno direttamente ad assicurare il proprio approvvigionamento di materia prima e, di conseguenza, eventuali importatori liberi greci appaiono destinati a non trovare alcuno sbocco effettivo sul mercato nazionale di raffinazione. Ora, questo controllo di fatto delle importazioni di greggio, che sussiste indipendentemente dalla censurata prescrizione normativa in quanto risultante dal monopolio pubblico di raffinazione, non è stato minimamente discusso dalla Commissione, né appare discutibile, atteso che esso rappresenta proprio la conseguenza diretta, quasi il corollario, del monopolio di raffinazione la cui legittimità la Commissione stessa ha più volte ribadito. Pertanto, anche ad ammettere che esista un diritto dello Stato ad importare in forma esclusiva il petrolio greggio, mi sembra che la Commissione, nel valutarne la legittimità, non abbia tenuto presente che una tale privativa non avrebbe altro effetto, a meno che non si dimostri il contrario, che quello di formalizzare una situazione già esistente per ragioni di fatto e, per di più, una situazione che, in quanto intrinsecamente inerente al monopolio di raffinazione, non appare poter essere censurata se non contestualmente al monopolio di raffinazione medesimo.

Alla luce di queste considerazioni ritengo che l' addebito relativo ai diritti esclusivi d' importazione di greggio debba essere respinto.

b) I diritti esclusivi di commercializzazione di prodotti petroliferi

25. Ai sensi dell' art. 4 della legge n. 1571/88, la Repubblica ellenica ha riordinato il monopolio di commercializzazione di prodotti petroliferi in misura tale che all' atto dell' introduzione del ricorso le società private di distribuzione risultavano obbligate a rifornirsi per una quota del 40% presso le raffinerie pubbliche; per il restante 60%, restavano viceversa libere di scegliere il proprio fornitore.

Al riguardo la Repubblica ellenica sostiene di aver dovuto ritardare la completa liberalizzazione del commercio dei derivati del petrolio (liberalizzazione completata soltanto a decorrere dal 1 gennaio 1990), onde consentire alle raffinerie pubbliche un volume minimo di sbocchi garantiti. In tal modo le raffinerie pubbliche sono state temporaneamente protette dalla concorrenza delle raffinerie private e delle importazioni.

Può pertanto considerarsi acquisito che i diritti in questione abbiano inciso negativamente sugli scambi, dal momento che in assenza di tali diritti le società di distribuzione si sarebbero almeno in parte approvvigionate presso fornitori diversi dalle raffinerie pubbliche, in particolare presso fornitori stabiliti in altri Stati membri. Ne consegue che nella specie vi è stata una discriminazione a danno dei prodotti importati, che rientra certamente sia nell' ambito di applicazione dell' art. 30 che in quello dell' art. 37.

26. La Repubblica ellenica si è però difesa sostenendo che l' impedimento agli scambi sarebbe stato giustificato dalle stesse esigenze di sicurezza pubblica riconosciute dalla Corte nella nota sentenza 10 luglio 1984, Campus Oil (causa 72/83, Racc. pag. 2727), ove pure si trattava di valutare la compatibilità con il Trattato di una normativa che imponeva alle società di distribuzione di prodotti petroliferi di rifornirsi per una determinata percentuale presso una raffineria pubblica. In particolare, secondo il governo ellenico anche nel caso di specie il diritto speciale di cui hanno goduto le raffinerie pubbliche sarebbe stato necessario ad assicurare il mantenimento in vita di queste ultime e dunque a garantire al paese, in caso di crisi energetica, la presenza di una capacità nazionale di raffinazione sufficiente ad assicurare la copertura del fabbisogno petrolifero essenziale.

27. Malgrado la delicatezza, ampiamente sottolineata dalla Corte nella causa Campus Oil, delle questioni inerenti alla sicurezza energetica, non mi sembra che nell' ipotesi in esame possa automaticamente riproporsi la soluzione adottata dalla Corte nel precedente appena citato. Nel caso di specie, infatti, anche ad ammettere che in mancanza dei diritti speciali di cui si tratta le raffinerie pubbliche avessero dovuto arrestare la propria attività (il che appare smentito dalla circostanza che già a partire dal 1 gennaio 1990 tali diritti sono stati definitivamente soppressi), resta in ogni caso incontestato che le raffinerie private esistenti in Grecia erano comunque in grado di garantire una produzione superiore al fabbisogno energetico essenziale del paese (e ciò anche includendo all' interno di questo fabbisogno le necessità di approvvigionamento delle forze armate eventualmente implicate in una crisi internazionale).

In presenza di tali elementi, e tenuto conto della necessità di interpretare restrittivamente le eccezioni di cui all' art. 36 - necessità puntualmente ribadita anche nella causa Campus Oil - non ritengo che nella specie sussistessero esigenze di sicurezza pubblica tali da giustificare, al momento dell' introduzione del ricorso, l' obbligo delle società di distribuzione di rifornirsi per il 40% presso le raffinerie pubbliche. La censura risulta pertanto fondata, senza che sia necessario esaminare, su un piano generale, se le eccezioni previste all' art. 36 si applicano ugualmente alle misure e pratiche nazionali contemplate all' art. 37.

c) Le procedure d' importazione ed esportazione

28. La Commissione ha contestato la compatibilità con gli artt. 30, 34 e 37 di talune procedure istituite dalla legislazione in causa, da cui risulterebbe che le importazioni e le esportazioni di prodotti petroliferi sono subordinate ad un regime di autorizzazione governativa.

La Repubblica ellenica ha obiettato che la natura di tali formalità è stata fraintesa dalla Commissione, in quanto tratterebbesi non di autorizzazioni, ma di semplici dichiarazioni dirette ad assicurare un controllo statistico delle transazioni petrolifere con l' estero.

Il testo delle disposizioni pertinenti conforta la tesi del governo convenuto, la quale peraltro non risulta contraddetta da nessun altro elemento fornito dalla Commissione.

29. Ciò precisato, deve tuttavia rilevarsi che, alla stregua della giurisprudenza della Corte (v. sentenza 16 marzo 1977, Commissione / Francia, causa 68/76, Racc. pag. 515), anche mere formalità che non implicano il rilascio di un' autorizzazione discrezionale da parte dell' autorità competente costituiscono una misura di effetto equivalente, per i ritardi e comunque per l' effetto dissuasivo che comportano sugli scambi.

30. D' altro canto, ed anche se in linea di principio non può escludersi che nel caso specifico delle transazioni petrolifere possano rivelarsi indispensabili delle forme di controllo più penetranti di quelle richieste per altri prodotti e che pertanto possa essere necessario richiedere agli operatori economici, senza che ciò rilevi ex art. 30 o art. 34, elementi di informazione più dettagliati di quelli risultanti dalle normali dichiarazioni doganali, va rilevato che, nel caso di specie, la Repubblica ellenica non ha dimostrato la sussistenza di tali esigenze. Ne consegue che anche questa censura deve ritenersi fondata, sia pur con riferimento ai soli artt. 30 e 34, atteso che le procedure in questione, una volta dichiarati illegittimi i diritti esclusivi di commercializzazione dianzi esaminati, non rilevano di per sé ex art. 37.

d) I requisiti per la messa in commercio

31. La Commissione sostiene che siano incompatibili con l' art. 30 i seguenti requisiti imposti dalla legislazione in parola alle società di distribuzione per poter esercitare la commercializzazione di prodotti petroliferi: la presentazione di programmi annuali relativi alle forniture di prodotti petroliferi, l' istituzione di un regime di quote annuali di commercializzazione e l' obbligo di detenere una capacità minima di trasporto per i prodotti in questione.

32. La Repubblica ellenica, pur contestando che le misure di cui trattasi costituiscono una violazione dell' art. 30, non invoca le disposizioni dell' art. 36.

33. Riguardo alle quote di commercializzazione ed ai programmi di rifornimento, è pacifico si trattasse di prescrizioni strumentali per la ripartizione fra le società di distribuzione della percentuale di forniture corrispondente alla quota non riordinata del monopolio pubblico di commercializzazione. Una volta stabilita l' illegittimità di tale monopolio - che risulta peraltro abolito a decorrere dal 1 gennaio 1990 - detti requisiti imposti per l' esercizio della commercializzazione all' interno del paese da parte delle società di distribuzione appaiono per lo più svuotati della loro funzione economica e giuridica. Ciò tuttavia non è di per sé determinante, nella misura in cui resta pur sempre da chiedersi se le prescrizioni in questione si configurino, indipendentemente dal loro collegamento funzionale con il monopolio pubblico di commercializzazione, come delle autonome infrazioni.

34. In merito, mi sembra che il regime in questione (malgrado le imprese abbiano la possibilità di discostarsi, a talune condizioni, dai quantitativi indicati dal governo per le vendite e le forniture) introduca comunque un elemento di rigidità, nella misura in cui impedisce agli operatori interessati di determinare in piena libertà il volume della propria attività commerciale. Si tratta pertanto di prescrizioni che si può ragionevolmente ipotizzare abbiano un' influenza restrittiva sulle correnti d' importazione e che rispondono inoltre ad un obiettivo ingiustificato alla luce dell' ordinamento comunitario, dal momento che, come riconosciuto dalla Repubblica ellenica, sono state introdotte al solo fine di garantire il rispetto dei diritti di commercializzazione esclusivi dello Stato. In presenza di tali elementi ritengo che le quote di commercializzazione ed i programmi di forniture di cui trattasi siano incompatibili con l' art. 30.

35. Per converso, non mi sembra costituisca un' infrazione a detta disposizione l' obbligo di detenere una determinata capacità di trasporto. Detto requisito concerne negli stessi termini la distribuzione dei prodotti nazionali ed importati; inoltre, nessun elemento è stato dedotto che permetta di ipotizzare un prevedibile e ragionevole collegamento fra tale misura e l' evoluzione degli scambi intracomunitari; infine, si tratta di una disposizione adottata nel quadro di una disciplina della distribuzione commerciale e che risponde ad una reale esigenza, certo non incompatibile rispetto agli obiettivi generali previsti dall' ordinamento comunitario: vale a dire, quella di assicurare la continuità delle forniture su tutto il territorio nazionale.

36. Ritengo pertanto si debba concludere che la misura in questione sia in armonia con l' art. 30 in quanto non comporta alcun prevedibile effetto restrittivo sugli scambi (alla stregua di quanto sancito dalla Corte nella recente sentenza 7 marzo 1990, Krantz, causa C-69/88, Racc. pag. I-583) o comunque in quanto, anche ad ammettere che tali effetti sussistano - ciò che mi sembra tuttavia decisamente da escludere - si tratterebbe pur sempre di restrizioni che (conformemente a quanto statuito da ultimo nella causa 23 novembre 1989, Torfaen Borough Council, causa 145/88, Racc. pag. 3851) non "vanno al di là degli effetti propri di una regolamentazione commerciale".

e) Il regime dei prezzi

37. Come già rilevato nell' esame della ricevibilità, le censure avanzate dalla Commissione soltanto allo stadio della memoria di replica sono a mio avviso da ritenersi del tutto estranee all' ambito oggettivo del presente ricorso; ritengo dunque di non doverle esaminare nel merito. Quanto alla censura formulata alla lett. c) del ricorso in relazione al regime dei prezzi, questa non è in ogni caso da intendersi come un' autonoma contestazione. Quanto infine alle censure alle lett. a) e b) del ricorso stesso, le uniche sulla cui irricevibilità potrebbe sussistere un minimo margine di dubbio, queste, proprio per il loro carattere assolutamente vago e generico, debbono ritenersi manifestamente non dimostrate.

38. Alla luce di queste considerazioni concludo proponendo alla Corte di:

1) dichiarare irricevibili:

- la censura inerente alla possibilità, riservata al governo, di revocare la soppressione dei diritti di commercializzazione esclusiva di prodotti petroliferi;

- le censure inerenti al regime di formazione dei prezzi massimi dei prodotti petroliferi, formulate nel ricorso alle lett. a), b) e c);

2) dichiarare fondate:

- le censure relative ai diritti esclusivi d' importazione e di commercializzazione dei prodotti petroliferi finiti e semifiniti;

- le censure relative alle procedure d' importazione ed esportazione dei prodotti stessi;

- la censura relativa all' obbligo delle società di distribuzione di attenersi al regime di quote annuali di commercializzazione e di presentare programmi annuali di rifornimento;

3) respingere il ricorso per le restanti censure;

4) compensare le spese tra le parti, entrambe parzialmente soccombenti.

(*) Lingua originale: l' italiano.

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