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Document 61988CC0131

    Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 25 settembre 1990.
    Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania.
    Inadempimento da parte di uno Stato - Mancata attuazione di una direttiva - Acque sotterranee.
    Causa C-131/88.

    Raccolta della Giurisprudenza 1991 I-00825

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1990:332

    61988C0131

    Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 25 settembre 1990. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA. - INADEMPIMENTO DI UNO STATO - MANCATA TRASPOSIZIONE DI UNA DIRETTIVA - ACQUE SOTTERRANEE. - CAUSA C-131/88.

    raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-00825


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    Signor Presidente,

    Signori Giudici,

    1. La Commissione vi chiede, nella presente causa, di dichiarare che la Repubblica federale di Germania, avendo omesso di adottare tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alle norme della direttiva del Consiglio 80/68/CEE, concernente la protezione delle acque sotterranee dall' inquinamento provocato da certe sostanze pericolose (in prosieguo: la "direttiva") (1), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE. Il termine per la trasposizione della direttiva nel diritto nazionale è scaduto il 19 dicembre 1981.

    La controversia tra le parti riguarda tanto la questione di principio relativa alla portata dell' obbligo di attuazione imposto agli Stati membri dall' art. 189, terzo comma, del Trattato quanto la questione concreta di accertare se le disposizioni richiamate dalla Repubblica federale di Germania siano idonee a recepire nel diritto nazionale le norme dettate dalla direttiva. Le presenti conclusioni si sviluppano secondo la stessa partizione; la soluzione data alla prima questione assumerà necessariamente notevole importanza nell' analisi del problema concreto sollevato dalla seconda.

    A titolo introduttivo, esaminerò dapprima globalmente le disposizioni della direttiva nonché quelle del diritto tedesco rilevanti nella presente controversia.

    Esame globale della direttiva e del metodo tedesco di attuazione

    2. La direttiva mira ad impedire l' inquinamento delle acque sotterranee vietando o limitando l' immissione di un certo numero di sostanze alla falda freatica. Le norme della direttiva riguardano due categorie di sostanze, raggruppate in due distinti elenchi allegati alla direttiva. Quanto alle sostanze appartenenti all' elenco I, gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per impedire la loro immissione nelle acque sotterranee; quanto alle sostanze appartenenti all' elenco II, gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per limitare la loro immissione nelle acque sotterranee al fine di evitare l' inquinamento delle acque da parte di tali sostanze (v. art. 3). A questo scopo la direttiva contiene una serie di dettagliate disposizioni per l' attuazione dei principi di base formulati all' art. 3. Esaminerò ora rapidamente le disposizioni richiamate dalle parti.

    L' art. 4 enuncia in modo concreto e dettagliato l' obbligo di impedire l' immissione nelle acque sotterranee delle sostanze di cui all' elenco I; l' art. 5 concerne i limiti all' immissione delle sostanze di cui all' elenco II. Gli artt. 7 e 8 riguardano l' indagine preliminare (al rilascio di un' autorizzazione) che dev' essere effettuata in determinati casi ad opera delle competenti autorità degli Stati membri. Gli artt. 9 e 10 precisano le prescrizioni che devono comparire nelle autorizzazioni che, a determinate condizioni, gli Stati membri possono rilasciare. Gli artt. da 11 a 13 disciplinano il rilascio, il diniego o la revoca delle autorizzazioni nonché il controllo del rispetto delle prescrizioni imposte nelle autorizzazioni. L' art. 14 consente agli Stati membri di prevedere un periodo transitorio per gli scarichi di sostanze già in atto al momento della notifica della direttiva. L' art. 18 dispone che l' applicazione delle misure adottate a norma della direttiva non deve in alcun caso provocare, direttamente o indirettamente, l' inquinamento delle acque sotterranee. Infine, l' art. 19 autorizza gli Stati membri a stabilire disposizioni più severe di quelle previste dalla direttiva.

    3. Il governo tedesco ritiene che tutte le disposizioni della direttiva siano state correttamente trasposte nel diritto nazionale. Esso fa riferimento a tre leggi federali, cioè al Wasserhaushaltsgesetz (legge sul regime delle acque) del 1976 (in prosieguo: il "WHG") (2), all' Abfallgesetz (legge sui rifiuti) del 1986 (in prosieguo: l' "AbfG") (3) ed al Verwaltungsverfahrensgesetz, cioè la legge federale sul procedimento amministrativo. Nessuna di queste leggi è stata specificamente adottata al fine di recepire la direttiva; ciò vale anche per un' altra serie di disposizioni adottate a livello di Laender (gli Stati che compongono la Repubblica federale) che, secondo il governo tedesco, colmano le lacune ancora esistenti nella normativa federale. Riguarda invece specificamente l' attuazione della direttiva il progetto di "Musterverwaltungsvorschrift" (istruzione amministrativa tipo; v. il punto 22, infra), elaborato a livello di Laender e che dev' essere approvato da ciascuno di essi. Secondo le dichiarazioni rese in udienza dal rappresentante della Repubblica federale di Germania, solo sette Laender hanno finora approvato il progetto.

    4. Prima di procedere nell' analisi, vorrei soffermarmi un momento su un fatto verificatosi nel corso del procedimento scritto. Dopo il deposito del ricorso, il ministro tedesco dell' Ambiente faceva sapere alla Commissione, con lettera 29 giugno 1988, che in esito ad un' approfondita analisi degli argomenti svolti nel ricorso il governo tedesco era giunto alla conclusione che le censure della Commissione relative alla mancanza di misure di attuazione erano in gran parte fondate. Assicurava che in breve tempo sarebbero stati adottati, sia a livello federale, sia a livello dei Laender, i provvedimenti normativi necessari per ovviare al difetto di recepimento. Al fine di consentire ai rappresentanti del governo federale di concordare con la Commissione i provvedimenti da adottare e il relativo calendario, l' agente del governo federale chiedeva alla Corte, il 4 luglio e il 13 settembre 1988, di sospendere il procedimento oppure di prorogare al 31 dicembre 1988 il termine assegnato per il deposito del controricorso.

    Come risulta, in particolare, da una lettera della Commissione 20 settembre 1988, gli incontri tra i rappresentanti della Commissione e quelli del governo federale non sono tuttavia sfociati in alcun risultato ed il 28 ottobre 1988 il governo tedesco ha depositato un controricorso in cui sostiene che le norme della direttiva sono state correttamente recepite nella normativa tedesca vigente. (E' vero che il controricorso è stato depositato senza pregiudizio dell' esito degli "intensi negoziati" in corso tra la Commissione il governo tedesco in vista di un amichevole componimento della controversia). Nella controreplica, il governo tedesco dichiara che le lettere citate si devono iscrivere nell' ambito delle conversazioni intercorse tra la Commissione e il governo tedesco e che pertanto sono state redatte sotto riserva di un esame più approfondito dei provvedimenti attuativi supplementari richiesti dalla Commissione. Secondo il governo tedesco, detta lettera non conterrebbe il riconoscimento della fondatezza dei rilievi avanzati dalla Commissione, ma esprimerebbe piuttosto la volontà di cooperazione del governo tedesco.

    5. Occorre dunque chiedersi se una violazione del Trattato possa essere dimostrata sulla scorta di un' ammissione di inadempimento successivamente ritrattata. Considerato il carattere oggettivo che un' infrazione deve rivestire ai sensi dell' art. 169 del Trattato e considerato altresì che l' ammissione dell' inadempimento era stata resa da un membro del governo che non rappresenta la Repubblica federale di Germania nel presente procedimento dinanzi alla Corte, ritengo si debba risolvere la questione in senso negativo. Con ciò non intendo dire tuttavia che la lettera del governo tedesco sia del tutto irrilevante. Essa dimostra infatti che il governo tedesco era conscio del fatto che le precise e dettagliate disposizioni della direttiva non avrebbero potuto se non assai difficilmente essere recepite per mezzo di norme preesistenti, relativamente generiche, anziché per mezzo di norme specificamente ispirate dalla direttiva. L' analisi che segue illustra i molteplici profili di questo problema.

    Portata dell' obbligo di attuazione

    6. Le parti sostengono punti di vista diametralmente opposti quanto alla portata dell' obbligo di recepire una direttiva nel diritto interno a norma dell' art. 189, terzo comma, del Trattato. Le loro tesi differiscono sia con riferimento alle misure permesse (e sufficienti) per la trasposizione sia con riferimento ai criteri cui tali misure di trasposizione devono rispondere. Cercherò di risolvere questa divergenza di principio fondandomi sulla giurisprudenza elaborata dalla Corte in questi ultimi anni.

    7. Punto di partenza è sempre la considerazione che, ai sensi dell' art. 189, le direttive vincolano gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, lasciando poi agli Stati membri stessi la scelta in merito alla forma e ai mezzi. In applicazione di detto principio, la Corte ha dichiarato che il recepimento di una direttiva in diritto interno non esige necessariamente la riproduzione formale e testuale delle sue disposizioni in una norma giuridica espressa e specifica; tenuto conto del contenuto della direttiva, un contesto giuridico generale può essere sufficiente, a condizione che quest' ultimo garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso (4). La Corte ha aggiunto tuttavia che l' adozione di misure di trasposizione chiare e precise è particolarmente importante nel caso in cui la direttiva in oggetto miri ad attribuire dei diritti ai singoli; una normativa ambigua che non ponga i destinatari in grado di conoscere la piena portata dei diritti loro conferiti dal diritto comunitario (nel caso di direttive mirate a tutelare l' ambiente, si tratterà talvolta anche di obblighi) né di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali non costituisce adempimento dell' obbligo imposto agli Stati membri dall' art. 189 del Trattato CEE (5).

    Esaminerò ora la direttiva 80/68 alla luce di questa giurisprudenza. La direttiva ha lo scopo di prevenire l' inquinamento delle acque sotterranee vietando o limitando scarichi, riversamenti e altri trattamenti di un certo numero di sostanze. A questo scopo, il diritto interno degli Stati membri deve prevedere determinati divieti, nonché un regime di autorizzazioni e procedure di controllo. In altri termini, la direttiva impone agli Stati membri di predisporre un insieme di diritti e di obblighi tra le autorità nazionali e i soggetti che trattano le sostanze di cui la direttiva si occupa, e ha dunque per oggetto la creazione di diritti in favore dei privati. Una trasposizione chiara e precisa delle norme enunciate nella direttiva può inoltre essere importante per quei terzi (come i gruppi ecologisti o i frontisti) che desiderino costringere la pubblica autorità od altri privati a rispettare i divieti e le limitazioni previsti dalla direttiva.

    8. Sempre con riferimento ai criteri di valutazione che la Corte dovrà applicare nel caso di specie, la Commissione afferma ch' essi devono essere particolarmente stretti e rigorosi. Sostiene che, quando il rispetto dell' interesse tutelato (cioè la pulizia delle acque sotterranee) non può essere garantito dall' azione di privati che abbiano un interesse economico ad esigerlo né si dispone di mezzi semplici che consentano di controllare l' osservanza delle prescrizioni della direttiva, l' esigenza di precisione e di chiarezza nella trasposizione si fa ancora più importante (6). Il governo tedesco non condivide questo punto di vista: a suo parere, si tratta solo di garantire effettivamente la piena applicazione della direttiva per mezzo di norme giuridiche interne e di prassi amministrative; ritiene eccessivo esigere, come a suo parere fa la Commissione, che le disposizioni della direttiva siano riprese testualmente nel diritto interno.

    Su questo punto concordo con il governo tedesco, in quanto la realizzazione dell' obiettivo perseguito dalla direttiva in causa non implica necessariamente una riproduzione testuale di tutte le norme che la stessa contiene. D' altronde, la Commissione non afferma nulla di simile. E' necessario, tuttavia, che "il contesto giuridico generale dello Stato membro garantisca l' applicazione delle direttive" in modo che non esista alcun rischio pratico o teorico di un' applicazione scorretta delle norme poste dalla direttiva in oggetto (7). Il governo tedesco ritiene che, per quanto riguarda l' attuazione della direttiva nella Repubblica federale di Germania, tale rischio non esista. Afferma infatti che l' applicazione delle norme di diritto interno già esistenti interpretate in senso "conforme alla direttiva" dalle autorità competenti esclude praticamente qualsiasi rischio che siano rilasciate autorizzazioni per scarichi proibiti dalla direttiva.

    Argomenti di questo tipo sono già stati respinti più volte dalla Corte: la trasposizione di direttive che, come nel caso di specie, contengono disposizioni precise e dettagliate non potrebbe essere garantita dall' applicazione combinata di norme generiche preesistenti, da una parte, e di prassi amministrative (seppure irreversibili), dall' altra (8). L' argomento del governo tedesco si fonda di fatto sulla premessa che le disposizioni precise e dettagliate di una direttiva possano essere recepite per mezzo di prassi amministrative prive di sufficiente notorietà, tesi che la Corte ha sempre respinto (9). La Corte ha inoltre costantemente sottolineato che né la pretesa inesistenza di prassi incompatibili con la direttiva né l' addotta conformità delle prassi amministrative seguite in uno Stato membro alle prescrizioni di una direttiva dispensano lo Stato membro dall' obbligo di recepire integralmente la direttiva nel diritto interno (10). Ciò vale in particolare allorché una direttiva contiene una disposizione proibitiva: norme del genere devono essere espressamente riprodotte in un testo di legge nazionale (11). Giustamente la Commissione ha sottolineato l' importanza di quest' ultimo punto: l' effettiva e completa applicazione di una norma proibitiva può essere garantita solo ove le autorità pubbliche incaricate dell' applicazione della direttiva, che devono decidere sulla domanda di autorizzazione allo scarico, possano valersi di una norma di diritto interno che espressamente enunci il divieto.

    9. Nella ricerca di criteri di controllo, è del pari necessario tener conto della natura degli interessi tutelati dalla direttiva e del modo in cui è ripartita tra la Comunità e gli Stati membri la competenza ad adottare e a far rispettare le norme di tutela. A ragion veduta, secondo me, la Commissione ha posto l' accento sulla mancanza di vantaggi economici che stimolino i privati ad esigere il rispetto della direttiva in esame, nonché sulla difficoltà di adottare misure di indagine e di controllo in relazione ai comportamenti che possono provocare l' inquinamento delle acque sotterranee. E' evidente il parallelismo con la direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (12), che pone problemi analoghi quanto al rispetto delle norme che contiene e quanto al controllo stesso di questa osservanza. Orbene, in una causa avente ad oggetto la trasposizione di detta direttiva, la Corte ha dichiarato che la precisione nel recepimento ha particolare importanza quando la gestione del patrimonio comune è affidata, per il rispettivo territorio, agli Stati membri (13); mi pare che questa considerazione valga, a maggior ragione, nella presente controversia, che ha come oggetto la tutela delle acque sotterranee.

    10. Infine, vi sono ancora altre ragioni che richiedono una trasposizione chiara e precisa delle norme istituite dalla direttiva in oggetto: essa è volta ad instaurare pari condizioni di concorrenza tra le imprese addette agli scarichi, sopprimendo le disparità esistenti tra le diverse disposizioni nazionali relative allo scarico di certe sostanze pericolose nelle acque sotterranee (14). Questa armonizzazione può avvenire solo con la formulazione di norme molto precise e molto dettagliate.

    11. Le considerazioni che precedono mi portano a concludere che la direttiva 80/68 lascia agli Stati membri un margine di valutazione piuttosto ristretto quanto alla trasposizione delle norme che contiene. La stessa concezione ispirava secondo me anche una precedente sentenza in cui la Corte, sempre con riferimento alla trasposizione della presente direttiva, ha dichiarato che un certo numero di norme della direttiva stessa dovessero essere recepite "con la precisione e la chiarezza richieste per soddisfare pienamente la certezza del diritto" (15).

    Divieto di scarichi diretti di sostanze appartenenti all' elenco I

    12. Le prime censure della Commissione vertono sui provvedimenti che devono essere adottati al fine di adempiere l' obbligo, previsto dall' art. 3, lett. a), della direttiva, di impedire l' immissione nelle acque sotterranee di sostanze appartenenti all' elenco I. Le misure che gli Stati membri devono adottare a tal fine sono previste dall' art. 4 della direttiva.

    13. Esaminerò innanzitutto il regime degli scarichi diretti. Ai sensi del primo trattino dell' art. 4, n. 1, della direttiva,

    "gli Stati membri vietano ogni scarico diretto di sostanze dell' elenco I".

    Il governo tedesco ha sostenuto, tanto nel corso del procedimento precontenzioso quanto nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, che la Repubblica federale di Germania ha assolto gli obblighi imposti agli Stati membri da detta norma adottando gli artt. 1 a, n. 1, 2, n. 1, 3, n. 1, punto 5, e 34, n. 1, del WHG. Gli artt. 1 a, n. 1, 2, n. 1, e 3, n. 1, punto 5, del WHG contengono due principi generali. In primo luogo, le acque (ivi comprese le acque sotterranee), in quanto componenti dell' ecosistema, devono essere gestite in modo da servire all' interesse generale, conciliandolo con l' interesse dei singoli e prevenendo ogni danno che possa essere evitato. In secondo luogo, ogni utilizzazione delle acque è teoricamente soggetta al rilascio di un' autorizzazione o di una concessione, a norma dell' art. 2, n. 1, del WHG, e l' obbligo di utilizzare le acque con cura si estende anche all' immissione di sostanze nelle acque sotterranee. La norma più importante per la trasposizione dell' art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva è comunque l' art. 34, n. 1, del WHG. Poiché tale articolo assume rilievo anche nella valutazione delle altre censure della Commissione, lo citerò per esteso:

    "1) L' autorizzazione ad immettere sostanze nelle acque sotterranee può essere rilasciata solo ove non vi sia motivo di temere alcun inquinamento nocivo delle acque sotterranee né alcuna altra alterazione delle loro proprietà.

    2) Le sostanze possono essere immagazzinate o interrate solo in modo che non vi sia motivo di temere alcun inquinamento nocivo delle acque sotterranee né alcuna altra alterazione delle loro proprietà. La presente disposizione si applica anche ai trasporti di liquidi e di gas per mezzo di condutture".

    E' evidente che la normativa tedesca è manifestamente incompatibile con la direttiva: mentre l' art. 4, n. 1, primo trattino, tende inequivocabilmente a sancire un obbligo di vietare ogni scarico diretto di sostanze dell' elenco I, l' art. 34, n. 1, del WHG predispone un sistema di autorizzazioni per le "sostanze" in generale e subordina un eventuale divieto di immissione di sostanze nelle acque sotterranee ad una valutazione, da parte dell' autorità nazionale competente, del pericolo che l' immissione può rappresentare per la falda freatica.

    14. Il governo tedesco afferma cionondimeno che detta libertà di valutazione è compatibile con l' art. 4, n. 1, della direttiva. Ritiene infatti che questa norma debba essere letta in connessione con l' art. 2, lett. b), della direttiva, che ha il seguente tenore:

    "La presente direttiva non si applica:

    (...)

    b) agli scarichi nei quali si constati da parte dell' autorità competente dello Stato membro interessato la presenza di sostanze degli elenchi I o II in quantità e concentrazione sufficientemente piccole da escludere qualsiasi rischio presente o futuro di deterioramento della qualità delle acque sotterranee riceventi".

    Secondo il governo tedesco, dal combinato disposto di queste due norme discende che il divieto di immettere sostanze dell' elenco I nelle acque sotterranee, previsto dall' art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva, non è assoluto ma ammette eccezioni; in altre parole, l' applicazione del divieto è assoggettata all' apprezzamento dell' autorità nazionale competente. Ora - afferma il governo tedesco- le condizioni per il rilascio di un' autorizzazione allo scarico previste dall' art. 34, n. 1, del WHG equivalgono sostanzialmente ai criteri di non applicabilità della direttiva contenuti nell' art. 2, lett. b), della stessa, talché l' applicazione del WHG produrrebbe precisamente il risultato cui la direttiva tende.

    15. Tali argomenti non reggono ad un attento esame del testo della direttiva e dell' intento ch' essa esprime. Emerge dagli artt. 3 e 4 che la direttiva intende effettivamente istituire un divieto assoluto di ogni scarico diretto di sostanze dell' elenco I, senza lasciare alle autorità degli Stati membri il potere di valutare il pericolo rappresentato da detti scarichi per le acque sotterranee. L' art. 2, lett. b), della direttiva, che precede gli artt. 3 e 4, non mira a modificare il divieto snaturandolo in un regime di autorizzazioni (giustamente la Commissione fa osservare che, se così fosse, l' art. 4 avrebbe potuto essere redatto sul modello dell' art. 5 della direttiva, che effettivamente introduce un regime di autorizzazioni per lo scarico di sostanze dell' elenco II). L' art. 2, lett. b), prevede invece che le sostanze diverse da quelle inserite negli elenchi I o II (e che pertanto non sono oggetto della direttiva), che contengano sostanze degli elenchi I o II in quantità o concentrazioni infime, non rientrano nel campo di applicazione della direttiva. Questa norma si ispira a considerazioni di ordine pratico: potrebbe infatti rivelarsi impossibile depurare una sostanza diversa di cui si chieda lo scarico da ogni traccia di sostanze degli elenchi I o II. Le autorità nazionali competenti possono pertanto constatare che la quantità o concentrazione di sostanze degli elenchi I o II contenuta nella sostanza da scaricare è così piccola da "escludere qualsiasi rischio presente o futuro di deterioramento della qualità delle acque sotterranee riceventi". L' art. 2, lett. b), non può comunque in nessun caso paralizzare l' applicazione della direttiva quanto agli scarichi di sostanze dell' elenco I (allo stato puro o in soluzione): questi scarichi restano vietati dall' art. 4, n. 1, primo trattino, senza alcuna possibilità di eccezione.

    Così considerato, il regime istituito dall' art. 34, n. 1, del WHG è incompatibile con quello predisposto dalla direttiva: dà infatti degli artt. 2, lett. b), e 4, n. 1, della direttiva una lettura che permette all' autorità competente di valutare il rischio di inquinamento provocato dallo scarico di sostanze dell' elenco I, mentre l' art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva sancisce per tali scarichi un divieto assoluto. Per quanto sottile, questa differenza è essenziale per una trasposizione della direttiva corretta tanto sul piano strutturale quanto su quello del contenuto: la tutela integrale ed efficace del bene che è oggetto della direttiva (nella specie, le acque sotterranee) può essere garantita solo dall' espressa riproduzione dei divieti di cui alla direttiva in una norma di diritto interno che non lasci all' autorità competente alcun margine di valutazione del rischio di inquinamento.

    16. L' art. 2, lett. b), della direttiva non è stato correttamente recepito nel diritto interno della Repubblica federale di Germania in quanto il potere di valutazione conferito dall' art. 34, n. 1, del WHG travalica il potere rigorosamente circoscritto di constatare la non applicabilità della direttiva conferito alle autorità competenti dall' art. 2, lett. b), della stessa. Infatti, né l' art. 34, né altre disposizioni del WHG prevedono che la "valutazione" fatta dall' autorità competente si limiti ad una constatazione della presenza di una quantità o di una concentrazione così piccole di sostanze degli elenchi I o II nei materiali da scaricare che sia escluso ogni rischio presente o futuro di deterioramento della qualità delle acque sotterranee riceventi.

    17. Ho già sottolineato (ai punti 7-10) la necessità di una trasposizione precisa e dettagliata delle norme della direttiva nel diritto nazionale (in particolare per quanto riguarda le norme di divieto). Il problema interpretativo sollevato sul punto dalla normativa tedesca non può che rafforzare tali considerazioni: simili norme non sono tali da garantire la certezza del diritto. S' impone pertanto la conclusione che il divieto previsto dall' art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva dev' essere riprodotto espressamente nel diritto nazionale. Così pure l' avvalersi dell' art. 2, lett. b), della direttiva, che prevede la non applicabilità della stessa, presuppone che le modalità contenute in detta disposizione siano chiaramente e precisamente fissate da una norma di diritto interno.

    Divieto di scarichi indiretti di sostanze appartenenti all' elenco I

    18. Occorre ora esaminare come sia stato recepito nel diritto tedesco l' obbligo previsto dall' art. 4, n. 1, secondo trattino. Si tratta in questo caso di misure che gli Stati membri devono adottare per impedire lo scarico indiretto di sostanze dell' elenco I nelle acque sotterranee. Detta norma stabilisce in particolare che:

    "(Gli Stati membri) sottopongono ad indagine preventiva le operazioni di eliminazione o di deposito ai fini dell' eliminazione di tali sostanze che possono comportare uno scarico indiretto. In base ai risultati di tale indagine, gli Stati membri vietano l' operazione o rilasciano un' autorizzazione a condizione che siano osservate tutte le precauzioni tecniche atte ad impedire tale scarico".

    Il governo tedesco afferma di aver assolto quest' obbligo per mezzo dell' art. 3, n. 1, quinto comma, e degli artt. 19 a, 19 g e 34, nn. 1 e 2, del WHG. Queste norme distinguono i casi di scarichi indiretti a seconda ch' essi vengano effettuati i) mediante trasporto con condutture, ii) mediante altri impianti, iii) senza condutture né impianti o iv) per mezzo di interramento definitivo. Esaminerò in quale misura queste norme diano sufficiente esecuzione ai vari obblighi istituiti dall' art. 4, n. 1, secondo trattino (che a mio parere sono quattro).

    19. In primo luogo, la citata norma della direttiva concreta l' obbligo d' impedire l' immissione di sostanze dell' elenco I nelle acque sotterranee. A questo scopo, gli Stati membri devono sia vietare determinate operazioni, sia subordinarle ad un' autorizzazione soggetta a sua volta alla condizione che siano rispettate tutte le misure tecniche preventive necessarie per impedire uno scarico. Il governo tedesco non ha inteso le cose in questo modo: anche su questo punto, afferma che l' art. 4, n. 1, secondo trattino, deve essere letto in connessione con l' art. 2, lett. b), della direttiva, e che gli Stati membri devono pertanto imporre solo un divieto condizionato.

    Per rispondere a questo argomento, rinvio ai chiarimenti già forniti a proposito del rapporto esistente tra gli artt. 2 e 4 della direttiva. In concreto, per quanto riguarda l' art. 4, n. 1, secondo trattino, ciò significa che gli Stati membri devono dettare norme con cui si vietino incondizionatamente gli atti descritti nella disposizione in oggetto oppure si garantisca che tali atti non provochino uno scarico indiretto. Un sistema come quello tedesco, che subordina l' eventuale divieto o autorizzazione ad una valutazione del rischio di inquinamento da parte dell' autorità competente, non è conforme a questa esigenza. In altre parole, il WHG mira unicamente a prevenire ogni inquinamento dell' acqua (o semplicemente a rimediarvi; v., ad esempio, gli artt. 19 b e 34, n. 2, del WHG nonché la pag. 10 della controreplica presentata dal governo tedesco), mentre la direttiva impone agli Stati membri d' impedire puramente e semplicemente ogni scarico di sostanze dell' elenco I.

    20. In secondo luogo, l' art. 4, n. 1, secondo trattino, esige che il divieto o il regime di autorizzazioni siano applicati "alle operazioni di eliminazione o di deposito ai fini dell' eliminazione di (...) sostanze (dell' elenco I) che possono comportare uno scarico indiretto". Il governo tedesco ritiene che la lettura combinata dei ricordati articoli del WHG (punto 18) garantisca perfettamente questa applicazione: l' art. 19 a del WHG con riguardo al trasporto di "sostanze pericolose" con condutture (v. punto 21 infra); l' art. 19 g con riferimento agli impianti di trattamento di tali sostanze. Ma queste norme non ricomprendono tutte le "operazioni" di eliminazione o di deposito ai fini dell' eliminazione delle sostanze dell' elenco I che possono comportare uno scarico indiretto.

    Il governo tedesco ritiene peraltro che questa lacuna sia colmata dall' art. 34 del WHG (che sottopone ad autorizzazione tutte le "immissioni" di sostanze nelle acque sotterranee e tutti i "depositi o interramenti") nonché dall' Abfallgesetz, con riferimento all' evacuazione di sostanze che si trovino in impianti di stoccaggio dei rifiuti. La Commissione non ha contestato che l' ambito di applicazione dell' art. 34, n. 2, del WHG sia sufficientemente ampio da ricomprendere le operazioni vietate dall' art. 4, n. 1, secondo trattino, della direttiva. Come ho già detto, questo articolo non comporta però il divieto richiesto dalla direttiva (né lo fanno altre disposizioni del WHG o dell' AbfG) (v. sopra).

    Queste considerazioni ci conducono alla conclusione che la normativa tedesca non è conforme al divieto posto dall' art. 4, n. 1, secondo trattino. Dato il loro limitato ambito di operatività, gli artt. 19 a - 19 g del WHG non soddisfano le esigenze espresse dall' art. 4 della direttiva.

    21. In terzo luogo, il divieto o il regime di autorizzazioni di cui all' art. 4, n. 1, secondo trattino, devono essere applicati a tutte le sostanze dell' elenco I. Ma le norme del WHG sono poco precise: si applicano "alle sostanze che costituiscono un pericolo per le acque". Quest' espressione viene definita (dagli artt. 19 a, n. 2, e 19 g, n. 5, del WHG) in maniera diversa a seconda delle modalità di trasporto delle sostanze in oggetto. Le relative definizioni non richiamano le sostanze menzionate nell' elenco I, ma contengono descrizioni vaghe come "le altre sostanze liquide o gassose che possono inquinare le acque o alterarne in altro modo le proprietà" (art. 19 a, n. 2, del WHG (16) o "le sostanze tossiche che possono alterare in modo durevole le proprietà fisiche, chimiche o biologiche dell' acqua" (art. 19 g, n. 5, del WHG). Per il caso in cui le sostanze siano smaltite o scaricate senza far uso di impianti o siano definitivamente interrate la legge tedesca non fornisce nemmeno una definizione, ed occorre nuovamente far riferimento alla norma generale dell' art. 3, n. 1, punto 5, e dell' art. 3, n. 2, punto 2, del WHG, che definisce come "utilizzazione" dell' acqua (necessitante di un' autorizzazione o una concessione) anche "le misure capaci di provocare, in modo permanente o in proporzioni non trascurabili, alterazioni delle proprietà fisiche, chimiche o biologiche dell' acqua".

    Indipendentemente dal problema se il combinato disposto di tali norme ricomprenda effettivamente tutte le sostanze dell' elenco I, si deve comunque constatare che esse non definiscono né delineano con la necessaria chiarezza e precisione l' attuazione dell' art. 4, n. 1, secondo trattino. Occorre invece indicare chiaramente ai soggetti interessati a dedicarsi ad una delle operazioni previste dalla norma in oggetto (o intenzionati ad impedirle) che il divieto si riferisce alle sostanze dell' elenco I.

    22. E' vero che il governo tedesco ha promesso di adottare una "Verwaltungsvorschrift" (che dovrebbe essere ratificata dai diversi Laender) in cui le norme applicabili sarebbero precisate con riferimento agli elenchi I e II della direttiva, ma, come già detto (al punto 3), solo sette Laender l' hanno ratificata; gli altri, che hanno già emanato loro norme proprie, non vedrebbero la necessità di tale ratifica. Peraltro, occorre ancora chiedersi se una Verwaltungsvorschrift possa prevalere sulle norme del WHG sopra richiamate. Rinvio in proposito alla giurisprudenza della Corte secondo cui le direttive devono essere recepite nel diritto interno mediante disposizioni vincolanti aventi lo stesso valore giuridico di quelle che devono essere modificate (17).

    23. In quarto luogo, l' art. 4, n. 1, secondo trattino, dispone che le operazioni ivi previste possono essere autorizzate solo in seguito ad un' indagine preliminare e che l' autorizzazione può essere rilasciata solo sulla base dei risultati di detta indagine e a condizione che siano rispettate tutte le precauzioni tecniche necessarie per evitare scarichi indiretti. Il contenuto dell' indagine è descritto più precisamente dall' art. 7 della direttiva; le condizioni e limitazioni da apporre all' eventuale autorizzazione sono dettagliatamente previste negli artt. 10 e 11. Nessuna di queste norme è stata espressamente recepita da una disposizione del diritto tedesco.

    Il governo tedesco ritiene che la trasposizione dell' art. 7 sia superflua poiché "è ovvio" ("es ist eine Selbstverstaendlichkeit") che ogni provvedimento amministrativo è preceduto da un' indagine preliminare (18); fa anche riferimento al Verwaltungsverfahrensgesetz, ai cui sensi l' autorità deve promuovere d' ufficio un' indagine sui fatti utilizzando i mezzi di prova che ritenga necessari. E' assai dubbio però che queste disposizioni generali siano atte a garantire che i dettagliati studi previsti dall' art. 7 siano sempre effettuati. Ed è tanto più importante la trasposizione accurata delle prescrizioni dell' art. 7 in quanto può essere essenziale per i privati che sollecitino un' autorizzazione ai sensi dell' art. 4, n. 1, secondo trattino, venire a conoscenza delle norme dettagliate relative ai tipi di studi che devono essere effettuati ed essere informati sull' oggetto di detti studi. La Corte ha avuto modo di dichiarare, a proposito di una norma della direttiva che non forma oggetto della presente causa, che, quando la direttiva pone una condizione per il rilascio di un' autorizzazione, detta condizione dev' essere espressamente riprodotta in una norma di diritto interno; non è sufficiente far riferimento ad una prassi amministrativa costante (19). Ciò vale mutatis mutandis anche nel caso che qui ci occupa.

    24. Occorre inoltre sottolineare che la mancanza di norme chiare e precise relative all' indagine preliminare a sua volta si ripercuote sulle autorizzazioni che possono essere eventualmente rilasciate in base all' art. 4, n. 1, secondo trattino: la direttiva indica infatti con chiarezza che le autorizzazioni possono essere rilasciate solo sulla scorta dei risultati dell' indagine. In altre parole, le condizioni a cui un' autorizzazione può essere rilasciata devono rigorosamente tenere conto dei risultati dell' indagine. La mancata trasposizione delle norme in oggetto ha dunque conseguenze sostanziali per la politica delle acque sotterranee.

    Il governo tedesco non ritiene inoltre necessario recepire le norme degli artt. 10 e 11: le condizioni e limitazioni ch' essi contengono risulterebbero già dall' obbligo imposto alle autorità competenti di negare l' autorizzazione quando vi sia motivo di temere per la qualità delle acque. Nemmeno questo argomento può essere accolto, per ragioni analoghe a quelle già esposte.

    Obbligo di impedire gli altri scarichi indiretti di sostanze dell' elenco I

    25. L' art. 4, n. 1, terzo trattino, della direttiva impone agli Stati membri di adottare

    "tutte le misure appropriate da essi ritenute necessarie per evitare qualsiasi scarico indiretto di sostanze dell' elenco I, dovuto ad operazioni effettuate sul suolo o nel suolo diverse dalle operazioni menzionate al secondo trattino (...)".

    26. A comprovare l' attuazione di detta norma, il governo tedesco richiama le stesse norme che, a suo parere, assicurano la sufficiente trasposizione dell' art. 4, n. 1, secondo trattino, ossia gli artt. 19 a e seguenti, 19 g e seguenti, 3, n. 2, e 34 del WHG.

    Come già detto, l' art. 4 della direttiva mira a concretare l' obbligo imposto agli Stati membri dall' art. 3, lett. a), della direttiva d' impedire l' immissione nelle acque sotterranee di sostanze appartenenti all' elenco I. L' art. 4, n. 1, terzo trattino, contiene una norma residuale: gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le misure appropriate da essi ritenute necessarie per evitare qualsiasi scarico indiretto di sostanze dell' elenco I, dovuto ad operazioni effettuate sul suolo o nel suolo diverse dalle operazioni menzionate al secondo trattino. Il governo tedesco sostiene che anche questa disposizione debba essere letta in connessione con l' art. 2, lett. b), della direttiva, e dunque l' obbligo incombente agli Stati membri sarebbe solo condizionale. Questa affermazione è inesatta per le ragioni già illustrate (ai punti 15 e 16).

    27. Devo pertanto ribadire la conclusione precedente, cioè che il regime istituito dal WHG, che non mira ad impedire tutti gli scarichi diretti o indiretti di sostanze dell' elenco I, ma solo a prevenire l' inquinamento delle acque (e che, in quest' ottica, consente alle autorità di concedere eventualmente un' autorizzazione allo scarico), non costituisce sufficiente trasposizione della direttiva.

    Di più, le osservazioni svolte a proposito delle altre lacune del WHG, che rendono questa legge inidonea a recepire l' art. 4, n. 1, secondo trattino, della direttiva, valgono anche qui, mutatis mutandis. Il problema principale consiste nel fatto che l' elenco I non è debitamente riprodotto in una norma del diritto tedesco: le definizioni di "sostanze pericolose per l' acqua", che compaiono nel WHG, non sono sufficientemente chiare né precise. Peraltro, non è affatto certo che le norme indicate dal governo tedesco assicurino effettivamente l' attuazione del principio dell' art. 4 con riguardo alle operazioni effettuate sul suolo o nel suolo diverse da quelle menzionate al secondo trattino. Ho già evidenziato la ristrettezza dell' ambito operativo degli artt. 19 a e 19 g del WHG. L' art. 34, n. 2, del WHG parrebbe del pari insufficiente, posto che vi si tratta solo di scarico o interramento di sostanze o del loro trasporto mediante condutture. Se è vero che l' art. 2 del WHG esige un' autorizzazione o una concessione per ogni tipo di utilizzazione delle acque, nessuna norma del WHG subordina detta autorizzazione o concessione alla condizione che l' utilizzo autorizzato non dia poi luogo a scarichi indiretti.

    28. Infine la Commissione ha dimostrato, in modo convincente e senza essere contraddetta sul punto dal governo tedesco, che le disposizioni di attuazione adottate dai Laender non rimediano alle lacune della legge federale. Alcune disposizioni adottate dai Laender (20) riguardano solo le operazioni previste dall' art. 19 g del WHG e non le operazioni diverse da quelle menzionate al secondo trattino dell' art. 4, n. 1, come esige la direttiva. Del resto, non tutti i Laender hanno riprodotto l' elenco I (21) nella propria normativa od hanno trasformato la normativa del WHG relativa al divieto di ogni inquinamento in una normativa tendente ad impedire gli scarichi indiretti (22).

    Limitazioni agli scarichi di sostanze appartenenti all' elenco II

    29. Il secondo obbligo principale che la direttiva impone agli Stati membri è di

    "limitare l' immissione nelle acque sotterranee di sostanze dell' elenco II, al fine di evitare il loro inquinamento da parte di tali sostanze" ((art. 3, lett. b) )).

    Detto obbligo viene precisato all' art. 5 della direttiva, il cui tenore è il seguente:

    "1) Per soddisfare all' obbligo di cui all' art. 3, lett. b), gli Stati membri sottopongono a indagine preventiva

    - qualsiasi scarico diretto di sostanze dell' elenco II, in modo da limitare tali scarichi;

    - le operazioni di eliminazione o di deposito ai fini dell' eliminazione di dette sostanze che possano comportare uno scarico indiretto.

    In base ai risultati di tale indagine, gli Stati membri possono rilasciare un' autorizzazione a condizione che siano osservate tutte le precauzioni tecniche che permettono di evitare l' inquinamento delle acque sotterranee ad opera di tali sostanze.

    2) Gli Stati membri prendono inoltre tutte le misure appropriate da essi ritenute necessarie per limitare qualsiasi scarico indiretto di sostanze dell' elenco II, dovuto ad operazioni effettuate sul suolo o nel suolo diverse dalle operazioni menzionate al primo paragrafo".

    Il governo tedesco afferma di aver recepito questa disposizione facendo riferimento agli articoli del WHG che, a suo parere, già assicurerebbero la corretta trasposizione dell' art. 4, n. 1, secondo e terzo trattino. Sostiene che la normativa tedesca, non facendo distinzione tra gli scarichi di sostanze degli elenchi I e II, è persino più severa della direttiva, perlomeno ove si legga l' art. 5 di quest' ultima in connessione con l' art. 2, lett. b). In merito a quest' ultimo punto, rinvio nuovamente alle osservazioni già svolte a proposito dell' esatta portata dell' art. 2 della direttiva. Come ho detto, l' art. 2 prevede un certo numero di casi in cui la direttiva non è applicabile, mentre l' art. 5 precisa l' obbligo contenuto nell' art. 3, lett. b). L' art. 2 non attenua gli obblighi posti dall' art. 5 come già non attenuava quelli posti dall' art. 4.

    30. Il primo obbligo contenuto nell' art. 5 della direttiva concerne lo scarico diretto di sostanze dell' elenco II. Si tratta di un obbligo articolato in due parti: innanzitutto, gli Stati membri devono assoggettare tutti questi scarichi (e tutte le operazioni che possono produrre tali scarichi) ad un' indagine preliminare al fine di limitarli; in secondo luogo, l' autorizzazione può essere rilasciata, in base ai risultati di detta indagine, solo a condizione che siano rispettate tutte le precauzioni tecniche che evitino l' inquinamento delle acque sotterranee ad opera di tali sostanze. Occorre quindi accertare se l' art. 34, n. 1, del WGH, preveda requisiti almeno altrettanto rigorosi.

    Quanto all' indagine preliminare, che dev' essere effettuata in conformità alle disposizioni dell' art. 7 della direttiva, si è già detto come la normativa tedesca non sia sufficientemente chiara né precisa. Come già per l' art. 4, n. 1, secondo trattino, questa carenza di precisione e di chiarezza ha anch' essa ripercussioni sostanziali: infatti, le autorizzazioni allo scarico possono essere rilasciate solo in base ai risultati dell' indagine preliminare.

    31. Nonostante la sussistenza dell' inadempimento già possa dirsi accertata sulla scorta delle osservazioni che precedono, occorre, per un completo chiarimento, rispondere ancora all' affermazione del governo tedesco secondo il quale le condizioni cui l' art. 5 assoggetta il rilascio di un' autorizzazione già sarebbero soddisfatte con l' applicazione dell' art. 34 del WHG. La Commissione nutre dubbi in proposito: ricorda che il "Besorgnisgrundsatz" (principio della vigilanza) sancito dall' art. 34 del WHG è interpretato dalla giurisprudenza nel senso che, seppure la pratica dimostra che non sussiste alcun rischio reale di inquinamento, un rischio teorico non può tuttavia mai essere totalmente escluso (23). L' art. 5 della direttiva sarebbe più severo: esso esige che siano rispettate tutte le precauzioni tecniche che permettono di evitare l' inquinamento delle acque sotterranee ad opera di tali sostanze.

    In effetti sembra esistere una (leggera) differenza d' intensità tra queste disposizioni. Un autore ha osservato come la giurisprudenza non abbia ancora espressamente confermato, a tutt' oggi, che l' art. 34, n. 2, del WHG contenga un divieto assoluto di tutti gli scarichi inquinanti (24). Per questo motivo pare preferibile una trasposizione dell' art. 5, n. 1, della direttiva nel diritto interno per mezzo di una norma altrettanto chiara e precisa.

    32. L' art. 5, n. 1, della direttiva riguarda anche il regime degli scarichi indiretti di sostanze dell' elenco II. Anche in questo caso si richiede un' indagine preliminare, e le autorizzazioni possono essere rilasciate solo alle stesse condizioni poste agli scarichi diretti. Rinvio pertanto alle considerazioni già svolte in merito.

    33. Il n. 2 dell' art. 5 obbliga infine gli Stati membri a prendere tutte le misure appropriate da essi ritenute necessarie per limitare qualsiasi scarico indiretto di sostanze dell' elenco II, dovuto ad operazioni effettuate sul suolo o nel suolo diverse dalle operazioni menzionate al primo paragrafo.

    Nel corso dell' udienza, la Commissione ha citato una serie di esempi di operazioni che richiederebbero dette misure: può trattarsi di scarichi indiretti di sostanze dell' elenco II risultanti dall' attività di imprese agricole, di stazioni di servizio o di autorimesse; così come può trattarsi dell' immagazzinamento di sostanze dell' elenco II al fine di una loro successiva riutilizzazione. Dato che il governo tedesco sostiene che la trasposizione della norma in esame non necessita di alcuna misura specifica, e non ne ha pertanto adottate, è necessario anche su questo punto ritenere che sussista l' inadempimento.

    Norme procedurali della direttiva

    34. Prima di esaminare, articolo per articolo, se e come le norme procedurali istituite dalla direttiva siano state recepite nel diritto tedesco, è necessario soffermarsi su un argomento del governo tedesco che riveste carattere più generale. Tale governo sostiene che non è necessario riprodurre le norme procedurali della direttiva in specifiche disposizioni di diritto interno. Infatti, norme più generali che disciplinano i procedimenti amministrativi, sia a livello federale sia a livello dei Laender, già permetterebbero in pratica di ottenere il risultato cui mira la direttiva.

    Questa tesi non regge per le ragioni più volte esposte: trasposizione chiara e precisa significa che le norme dettagliate della direttiva devono essere riprodotte expressis verbis nella legge nazionale. Mi si consenta di ricordare che non si tratta qui di una semplice esigenza formale: una trasposizione insufficiente comporta anche conseguenze sostanziali, come già evidenziato in merito all' esigenza di un' indagine preliminare al rilascio di un' autorizzazione. Questo ragionamento può essere generalizzato: qualora, come pretende il governo della Repubblica federale di Germania, la maggior parte delle norme procedurali debba essere applicata da parte dei Laender, si rende necessario che le autorità competenti di questi ultimi siano debitamente informate del loro contenuto. Così, l' art. 8 della direttiva dispone che le autorizzazioni previste agli artt. 4 e 5 della stessa possono essere rilasciate dalle competenti autorità degli Stati membri solo dopo aver verificato che sia garantita la sorveglianza delle acque sotterranee, in particolare della loro qualità. Una trasposizione insufficiente può avere conseguenze sostanziali anche nei confronti dei privati la cui posizione giuridica sia influenzata dalle norme della direttiva. Può ad esempio rivestire importanza per chi desideri effettuare (o, all' opposto, impedire) uno scarico conoscere su quali elementi verterà precisamente l' indagine preliminare e a quali condizioni e limitazioni sarà assoggettata l' eventuale autorizzazione. Proprio in quest' ottica la Corte ha dichiarato, in una recente sentenza pronunciata in merito ad una norma procedurale della direttiva, che le condizioni per il rilascio di un' autorizzazione previste dall' art. 6 della direttiva devono essere espressamente riprodotte nella normativa nazionale (25).

    Non basta affermare che diversi aspetti delle norme procedurali non attengono alla competenza del "Bund" ma a quella dei Laender per evitare la censura di violazione del diritto comunitario. Se è vero infatti che ciascuno Stato membro è libero di attribuire come meglio crede sul piano interno le competenze conferitegli dal diritto comunitario e di attuare quest' ultimo mediante provvedimenti adottati dalle autorità regionali o locali, detta facoltà di ripartire le competenze non può, tuttavia, dispensarlo dall' obbligo di garantire una corretta trasposizione delle disposizioni del diritto comunitario nel diritto interno (26).

    35. Esaminiamo ora in concreto il modo in cui le norme procedurali contenute nella direttiva sono state recepite nella Repubblica federale di Germania. Quanto all' art. 7 della direttiva, che contiene norme dettagliate relative all' oggetto e allo scopo dell' indagine preliminare di cui agli artt. 4 e 5, sarò breve. Ho già detto (al punto 23) che i criteri sanciti dagli artt. 24 e 26 del Verwaltungsverfahrensgesetz non sono sufficientemente chiari né precisi per garantire una corretta trasposizione dell' articolo in oggetto. Occorre una normativa specifica, a livello federale o federato, che sia soggetta a pubblicazione e possa essere invocata dai singoli. Sul punto, la Commissione ha dimostrato con argomenti convincenti che le norme esistenti a livello di Laender non sono tali da colmare le lacune individuate nella normativa federale (27).

    36. Analoghe considerazioni valgono in merito all' art. 8 della direttiva, in forza del quale le autorizzazioni allo scarico permesse dalla direttiva possono essere concesse solo dopo che le autorità competenti degli Stati membri abbiano accertato che è garantita la sorveglianza delle acque sotterranee ed in particolare della loro qualità. Una trasposizione chiara e precisa di questa norma è importante sotto un duplice profilo. Innanzitutto, lo scopo della direttiva di creare pari condizioni di concorrenza in materia di scarico di certe sostanze pericolose presuppone che le autorità competenti dei diversi Stati membri applichino al rilascio delle autorizzazioni i medesimi criteri. In secondo luogo, questi criteri devono poter essere invocati dai terzi che intendano contestare a titolo privato la legittimità di un' autorizzazione. Si può nuovamente fare riferimento alla sentenza in cui la Corte ha dichiarato che le condizioni imposte dalla direttiva al rilascio di un' autorizzazione allo scarico devono essere riprodotte espressamente nel diritto interno (28).

    37. Neppure gli artt. 9 e 10 della direttiva, che prevedono una serie di prescrizioni che devono essere riportate nelle autorizzazioni allo scarico rilasciate in forza della direttiva, sono stati recepiti per mezzo di una norma specifica nel diritto della Repubblica federale di Germania. Anche qui il governo federale richiama le disposizioni generali già esistenti a livello federale e federato. Ritiene inoltre che le norme contenute negli artt. 9 e 10 possano essere perfettamente riprodotte dalle autorità competenti nelle autorizzazioni ch' esse rilasciano, e che l' effettiva attuazione della direttiva sia garantita nella prassi da un' interpretazione conforme alla direttiva delle norme generali applicabili.

    A tali argomenti occorre ribattere, facendo riferimento alle osservazioni già svolte (al punto 34), che l' armonizzazione delle condizioni da apporre agli scarichi e la tutela dei diritti dei privati sono garantite solo ove la riproduzione delle norme contenute negli artt. 9 e 10 della direttiva sia non facoltativa ma obbligatoria. Ho già spiegato (al punto 8) perché un' interpretazione o un' applicazione del diritto interno conforme alla direttiva non sia sufficiente.

    38. Quanto alla trasposizione dell' art. 11, posso rinviare alle considerazioni già svolte a proposito dell' art. 8 della direttiva. In mancanza di norme precise che garantiscano detta trasposizione, anche in questo caso si può ritenere sussistente l' inadempimento.

    39. Nel parere motivato, la Commissione aveva avanzato nei confronti della Repubblica federale di Germania anche il rilievo di non aver recepito gli artt. 12 e 13 della direttiva. Nel ricorso essa ha menzionato soltanto l' art. 13. Il suo rappresentante ha dichiarato in udienza che si è trattato di una dimenticanza. Ne consegue che l' art. 12 non fa parte del petitum del ricorso proposto dalla Commissione. Mi si consenta pertanto di non prenderlo in considerazione.

    L' art. 13 prevede che le autorità competenti degli Stati membri debbano vigilare sull' osservanza delle condizioni prescritte dalle autorizzazioni nonché sugli effetti degli scarichi sulle acque sotterranee. La Commissione addebita alla Repubblica federale di Germania di non aver trasposto questa disposizione in una norma specifica, obbligatoria e soggetta a pubblicazione. Posto che il controllo dell' osservanza delle condizioni fissate dalle autorizzazioni appartiene, nella Repubblica federale di Germania, alla competenza dei Laender, correttamente la Commissione sostiene che proprio a questi ultimi è necessario imporre l' effettiva osservanza di queste norme. La trasposizione della norma in oggetto richiede dunque una previsione normativa espressa, mentre non sono sufficienti allo scopo semplici direttive interne che possono essere modificate da un giorno all' altro. E' vero che in questo caso gli Stati membri dispongono di un certo margine di apprezzamento, posto che, contrariamente agli artt. da 7 a 11 della direttiva, l' art. 13 non è tale da creare diritti in capo ai privati. Pertanto l' unica condizione richiesta è che si possa individuare dal contesto normativo generale, a livello di "Bund" (Federazione) o a livello di Laender (Stati federati), un obbligo di controllo a carico delle autorità competenti (29).

    Conclusioni

    L' analisi fin qui svolta mi porta a concludere che il ricorso proposto dalla Commissione debba essere accolto nella sua globalità. Vi invito quindi a dichiarare che la Repubblica federale di Germania, avendo omesso di trasporre correttamente la direttiva 80/68/CEE nel proprio diritto interno, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE, e a condannarla pertanto alle spese.

    (*) Lingua originale: l' olandese.

    (1) Direttiva del Consiglio 17 dicembre 1979 (GU 1980, L 20, pag. 43).

    (2) La versione cui si fa riferimento è quella modificata del 23 settembre 1986 (BGBl. 1986, I, pagg. 1529 e 1654).

    (3) Gesetz ueber die Vermeidung und Entsorgung von Abfaellen del 27 agosto 1986 (BGBl. 1986, I, pagg. 1410 e 1501).

    (4) V. sentenza 23 maggio 1985, Commissione / Germania, punto 23 della motivazione (causa 29/84, Racc. pag. 1661 e seguenti).

    (5) V. sentenza 23 maggio 1985, già citata; v. anche sentenza 9 aprile 1987, Commissione / Italia, punto 7 della motivazione (causa 363/85, Racc. pag. 1733), e sentenza 3 marzo 1988, Commissione / Italia, punto 21 della motivazione (causa 116/86, Racc. pag. 1323).

    (6) La Commissione si riferisce alla sentenza 27 aprile 1988, Commissione / Francia, punto 5 della motivazione (causa 252/85, Racc. pag. 2243 e seguenti).

    (7) V. sentenza 9 aprile 1987, Commissione / Italia, punti 10-12 della motivazione (causa 363/85, Racc. pag. 1733).

    (8) V., in particolare, causa 29/84, citata alla nota 4, punti 5-38 della motivazione.

    (9) V., in particolare, sentenza 3 marzo 1988, Commissione / Italia (causa 116/86, Racc. pag. 1323), e sentenza 23 febbraio 1988, Commissione / Italia (causa 429/85, Racc. pag. 849 e seguenti).

    (10) V. sentenza 15 marzo 1990, Commissione / Paesi Bassi, punti 22-25 e 32 della motivazione (causa C-339/87, Racc. pag. I-851).

    (11) V. sentenza 27 aprile 1988, Commissione / Francia, punti 18 e 19 della motivazione (causa 252/85, Racc. pag. 2243 e seguenti), nonché la sentenza pronunciata nella causa C-339/87, già citata, punti 35 e 36 della motivazione. Queste cause riguardavano l' interpretazione della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE (GU L 103, pag. 1), concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

    (12) Citata alla nota 11.

    (13) V. sentenza 252/85, punto 5 della motivazione, già citata alla nota 6.

    (14) V. quarto "considerando" del preambolo della direttiva.

    (15) V. sentenza 17 settembre 1987, Commissione / Paesi Bassi, punto 15 della motivazione (con riferimento all' art. 4, n. 3, della direttiva; causa 291/84, Racc. pag. 3483 e seguenti); v. anche i punti 16-18 (con riferimento all' art. 6).

    (16) L' art. 19 a, n. 2, dispone che dette sostanze saranno definite più precisamente in sede regolamentare. Si tratta della Verordnung ueber wassergefaehrdende Stoffe bei der Befoerderung in Rohrleitungsanlagen (regolamento sul trasporto con condutture di sostanze pericolose per la qualità delle acque) 19 dicembre 1973 (BGBl. 1973, I, pag. 1946). Come sottolineato dalla Commissione, neppure questo regolamento richiama le sostanze appartenenti all' elenco I.

    (17) V., in particolare, sentenza 3 marzo 1988, Commissione / Italia, in particolare i punti 17 e seguenti della motivazione (causa 116/86, Racc. pag. 1323 e seguenti).

    (18) V. controricorso, pag. 20, punto 30.

    (19) V. sentenza pronunciata nella causa 291/84, punti 16-18 della motivazione, già citata alla nota 15 (a proposito dell' art. 6 della direttiva).

    (20) La Commissione si è riferita al regolamento adottato dal Land Schleswig-Holstein.

    (21) La Commissione ha fatto riferimento, in particolare, al Land di Amburgo, dell' Assia, del Baden-Wuerttenberg, della Baviera, della Renania-Palatinato e di Brema.

    (22) Ne offre un esempio il Land Schleswig-Holstein.

    (23) Si tratta della sentenza pronunciata il 16 luglio 1965 dal Bundesverwaltungsgericht (ZfW 1965, pagg. 113 e 116).

    (24) V. Kromarek P.: "Federal Republic of Germany: Water and Waste", European Community Environmental Policy in Practice, vol. 4, 1986, pag. 82.

    (25) V. sentenza pronunciata nella causa 291/84, punti 16-18 della motivazione, citata alla nota 15.

    (26) V. sentenza 14 gennaio 1988, Commissione / Belgio, punti 9 e 10 della motivazione (cause 227/85, 228/85, 229/85 e 230/85, Racc. pag. 1).

    (27) La Commissione ha affermato per esempio, senza essere contraddetta dal governo tedesco, che le legislazioni della Bassa Sassonia, dell' Assia e della Baviera non contengono alcuna norma in merito agli studi previsti dall' art. 7 della direttiva. Il governo federale non ha precisato in udienza se uno o più di questi Laender abbia ratificato la Musterverwaltungsvorschrift di cui sopra.

    (28) V. causa 291/84, punti 16-18 della motivazione, citata alla nota 15.

    (29) Sotto questo profilo, l' art. 13 della direttiva può essere paragonato all' art. 18, ai sensi del quale le misure di applicazione della direttiva non devono in alcun caso provocare, direttamente o indirettamente, l' inquinamento delle acque. A proposito di quest' ultima disposizione, la Corte ha dichiarato, nella sentenza pronunciata nella causa 291/84 (citata alla nota 15), che essa non deve necessariamente essere trasposta per mezzo di una norma distinta e specifica (v. i punti 19-21 della motivazione).

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